La valle dell'amore

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Giulio Buonanno

La valle dell’amore


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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it

ISBN: 978-88-96926-86-4

Giulio Buonanno, La valle dell’amore, Antipodes, Palermo 2015


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Ogni eventuale riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale.


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Nota dell’autore La storia narrata in questo libro inizia a Keansburg, piccola città della contea di Monmouth nello stato del New Jersey, e trae ispirazione da racconti di guerra di sopravvissuti al secondo conflitto mondiale. Tra loro, vi è anche quello di mio padre. I protagonisti di questo racconto, alcuni realmente esistiti e altri di pura fantasia, si muovono in luoghi reali, in un periodo della storia umana rivelatosi tragico per molti popoli. Un olocausto di uomini, donne e bambini motivato esclusivamente da mire imperialiste che nella storia dell’umanità sono destinate a fallire in breve tempo, se non accompagnate da atti democratici nei confronti dei popoli sottomessi. La libertà di ogni individuo è un valore inestimabile, ma spesso e tutt’ora, viene calpestata da uomini ambiziosi, assetati di potere. Gli oltre cinquanta milioni di caduti dell’ultima guerra mondiale sembrano non aver insegnato nulla. Ancor oggi esistono “piccoli” e “grandi” dittatori che offendono la dignità dell’uomo, negando la libertà ai propri simili e causando sofferenze indicibili. Basti pensare che mentre sono qui a scrivere quest’introduzione, il Nord Africa è in fiamme: gruppi terroristici compiono atroci delitti in nome del loro “Dio”. Le tenebre sembrano essere scese nuovamente sulla terra accecando la ragione e alimentando l’odio tra le diverse comunità e religioni. Nessuna religione può giustificare persecuzioni ed esecuzioni sommarie verso uomini inermi e minoranze etniche. 5


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Non immuni da colpe sono, tuttavia, i paesi evoluti. Nelle cosiddette “società moderne e democratiche” esistono sacche di povertà; di emarginazione assoluta dovute alla cattiva gestione delle risorse economiche. Le ricchezze della terra sembrano essere concentrate nelle mani di una minoranza la quale continua ad ignorare le sofferenze di milioni di persone. Questo stato di cose e l’eterna lotta tra religioni potrebbe, in un futuro prossimo, innescare una nuova guerra totale dalle conseguenze imprevedibili. Per questo motivo, il ricordo di certi tragici avvenimenti del passato, seppure inseriti in una storia d’amore, può contribuire, anche se in piccola parte, a far riflettere che non è con le armi da fuoco che si affrontano i dissidi, ma bensì con quelle della diplomazia.

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All’amore che ho dato, che ho perso, che ho bramato, che ho plasmato in statue di creta e posto al sicuro, all’amore che ho raccontato fra pagine grondanti di pianto, all’amore accasciato all’angolo di una stanza all’ingresso di ogni giorno, a quello abbandonato ai bordi di una strada deserta, all’amore che luccica d’entusiasmo in quegli occhi innocenti in quella pelle attecchita al sentimento, all’amore nascosto da uno scudo palesato e mai trovato, all’amore che parla in silenzio all’amore folle e audace svestito e fragile, indifeso eppure immenso. Sicché d’amore puoi morire vivere cibandotene e non saziartene mai. Donarlo ancora quell’amore che malgrado tutto ama ancora. Anna Bonarrigo, All’amore

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1 “Scrivo per raccontare di chi vive, ricordare coloro che sono morti e far vivere quelli che non sono mai nati” ‹‹No! Non mi fidanzerò con quel bell’imbusto che tu hai scelto per me! Mai e poi mai!›› gridò Kate all’indirizzo della madre, mentre a passo svelto percorreva gli ultimi metri che la separavano dall’uscio di casa. ‹‹Mai! Ho detto… Miseria ladra!›› esclamò nuovamente, sbattendo la porta d’ingresso e soffocando la voce della madre che la richiamava all’ubbidienza, rimproverandola per quel comportamento ribelle. Kate uscì di casa convinta che non avrebbe potuto più avere, dopo quell’assurda richiesta, una convivenza pacifica con sua madre. Le liti, sempre più frequenti, erano superate con tregue fatte di diversi giorni di silenzi, ma quel mattino era stato raggiunto un limite che Kate riteneva non più sopportabile. Il suo buon cuore e l’amore incondizionato verso chi l’aveva messa al mondo, la portava a limitarsi nei gesti e nelle parole. Era uscita di casa in quel modo proprio per non voler cadere nella tentazione di rivolgere frasi che avrebbero minato nel profondo, quel rapporto già giunto al limite. L’estate del 1939 era arrivata con tutto il suo splendore e le strade di Keansburg, piccola città della contea di Monmouth nello Stato del New Jersey, erano ravvivate dalla luce del sole. Le abitazioni avvolte per tutto l’inverno dal grigiore della nebbia, scintillavano ora sotto l’effetto dei raggi del sole, sembrando diverse, nuove. 9


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Uomini e donne passeggiavano indossando abiti dalle diverse tonalità di colore, facendo somigliare le strade a lunghe aiuole fiorite. Anche Kate, piccolo fiore, indossava un abito bianco adornato da ricami di margherite di colore giallo di cui alcuni si sviluppavano subito sotto il seno; altri prendevano forma all’altezza delle cosce e quasi sul bordo del vestito. Quest’ultimo terminava prima delle caviglie. Sul capo, un cappellino bianco decorato da un fiocco azzurro che scendeva sino al collo, confondendosi con i lunghi capelli neri. Camminava tra la folla a passo svelto con animo inquieto, ma quando scorse la prima vetrina, incominciò a calmarsi e sostò, causando un piccolo ingorgo tra i numerosi passanti desiderosi di vivere all’aperto quei primi giorni d’estate. I suoi grandi occhi neri scrutavano la vetrina di turno: cappellini, vestiti, scarpe e altre novità incuriosivano quel fiore di ragazza. Da poco aveva compiuto ventitré anni. Nel pieno della maturità fisica, non poteva nascondere la sua bellezza, oggetto di attenzioni da parte degli uomini. «Lo sa che ha degli occhi stupendi?» «Signorina mi permette di offrirle questo fiore? Vorrei farle da cavaliere!» Frasi galanti e inviti, spesso insistenti, caratterizzavano le passeggiate di Kate. Amava essere corteggiata, ma quando qualcuno diventava troppo sfrontato allora rispondeva “graffiando”. Kate, figlia della Baronessa Clara Boné e discendente di una nobile famiglia francese trasferitasi in America alla fine dell’Ottocento, viveva la sua giovinezza con innocente spensieratezza che la madre semplicemente considerava sintomo d’immaturità e superficialità e ciò innervosiva terribilmente 10


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