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{Romanzo}
Mike Papa
NESSUNO È INNOCENTE
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Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-99751-64-7
Mike Papa, Nessuno è innocente, Antipodes, Palermo 2018
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Prologo
Un libro è come una pompa. Non dà niente se non sei tu a dargli qualcosa per primo. Una pompa si innesca con acqua propria, si aziona con le proprie forze. Questo uno lo fa perché si aspetta di ricevere in cambio più di quanto ha dato... a tempo debito. Stephen King- Uomini bassi in soprabito giallo
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I
In città
l tipo in giacca e cravatta arriva un po’ ansante davanti alla porta a vetri smerigliati e lì si ferma, per riprendere fiato e per dare un’occhiata all’orologio che porta al polso destro. Quasi le undici, neanche tanto tardi per una domenica mattina. Deve appoggiarsi con una mano allo stipite per il fiato corto che non riesce a trovare una via libera dai polmoni alla bocca, mentre cerca nella tasca della giacca qualche caramella balsamica. Sa di non essere in forma come una volta, ma non sente nessuna necessità di esserlo. È da tempo che non deve correre per le strade, sono anni che ha smesso di essere quello che era ed è un’eternità che… Interrompe qui le sue riflessioni, tanto sa bene come andrà a finire, quindi le lacrime dopo, fra non molto ma dopo. Prova la maniglia della porta su cui campeggia la scritta di un rosso sbiadito JACK SLOANE-ASSICURAZIONI e con sorpresa vede che cede, l’uscio si apre e finalmente entra. L’accoglie un ambiente luminoso che gli fa male agli occhi, il sole di tarda mattina entra a suo piacimento dalla finestra panoramica che lui sa affacciarsi su uno schifoso cortile con l’asfalto inesistente, su cui i ragazzi del quartiere hanno tracciato con vernice gialla alcune linee di demarcazione, non si capisce con quale criterio, ma che per loro sembrano andare più che bene per trasfor5
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mare l’angusto spazio sia in campo da basket sia in stadio da calcio sia in ring per le numerose scazzottate che ingaggiano, non si sa quanto per gioco. La scrivania che si trova di fronte è di un bianco immacolato che sembra riflettere come uno specchio quella pioggia di luce, tanto che per un attimo pensa di essere entrato in Paradiso, solo che il San Pietro che lo accoglie è molto più terreno: una biondina in tuta da ginnastica intenta a strofinare per terra con uno straccio. Al suono del cicalino fissato sulla porta, che emette un indecente prot-prot ogni volta che si varca la linea di confine tra il corridoio semibuio e quella esplosione di luce, la ragazza si volta: i capelli le arrivavano fino alle spalle e nel movimento che fa le ondeggiano di qua e di là, un biondo non volgare rovinato solo alla radice da una ricrescita decisamente più scura. «Buongiorno, signor Sloane.» «Buongiorno, Susan. Che ci fai qui di domenica?» «Ero a casa ad annoiarmi e mi sono detta Andiamo a fare un po’ di pulizie. Neanch’io pensavo che venisse, oggi.» «Ho delle cose da fare. Ma tu fa’ come se non ci fossi.» «Ricevuto, signor Sloane.» Jack si dirige verso la porta del suo ufficio, situata alla destra della scrivania linda della segretaria, pensando che non ha mai visto Susan in abiti sportivi, in orario di ufficio solo tailleur. Quando ha la mano sulla maniglia si volta a guardarla. Ha l’impressione che la ragazza non gli abbia staccato gli occhi da dosso. «Susan, da quand’è che lavori per me?» «Sono… sei settimane martedì.» «E non ti sembra ora di lasciar perdere quel signor Sloane? Jack va bene. Per tutti.» «D’accordo, sign… Jack!» 6
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L’ uomo non ci avrebbe giurato, non davanti ad una corte, questo no, ma ha l’impressione che la ragazza non aspettasse altro, che quel piccolo passo verso una… vogliamo chiamarla amicizia, o complicità, o quel che è… fosse quello che desiderasse da tempo. Non ne rimane neanche sorpreso: sa di esser ancora un bell’uomo, forse anche desiderabile, comunque interessante. Quante volte, nei bar dove va la sera a mangiare un toast e bere una e un’unica birra, è stato abbordato da donne sole come lui che prima gli offrono qualcosa di forte (offerte che lui rifiuta sempre con educazione) e poi magari qualcos’altro. Non poche sono addirittura arrivate a insinuargli una mano nel cavallo dei pantaloni, e se non è offerta questa! E lui, a quelle… sfacciataggini reagisce sempre allo stesso modo: semplicemente si alza e va via, non deve spiegazioni a nessuna, solo non si sente pronto. Non ancora. Non dopo Darla. Entra nel suo sancta sanctorum. Al confronto del lindore maniacale della stanza di prima, il suo ufficio sembra la tana di una belva malata: la scrivania gemella di quella di Susan è opaca di polvere, non riesce a riflettere altro che la trascuratezza del signor Sloane, ingombra com’è di centinaia di cose, il cestino della carta è da tempo tracimato e allarga la sua pozza a dismisura, il pavimento ha senz’altro bisogno di un’energica spazzolata. Ha perso non poche occasioni di stipulare nuove polizze perché gente con la puzza sotto il naso non si è fidata di un assicuratore che lavora in quel disordine. A lui non è mai importato un fico secco. Per un attimo pensa di fare il famoso strappo alla regola che vieta alla segretaria di entrare a (profanare) pulire quella stanza, poi si ricorda che ha cose più importanti da fare. 7
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Si siede sulla poltrona di cuoio dietro la scrivania e lancia un occhio al datario, tanto per essere sicuro. L’aggeggio, che segna il 23, è in un angolo stranamente risparmiato dalla flora che cresce indisturbata per tutta la superficie laccata. In quell’angolo c’è lui, l’aggeggio, e una piccola cornice con dentro una foto ancora più piccola: una bella ragazza rossiccia sorride eternamente a chiunque abbia il privilegio di guardarla. Jack apre l’ultimo cassetto in fondo alla sua destra, non distraendo neanche per un attimo gli occhi dalla foto, ne trae una fiaschetta di metallo, l’apre e con solennità la indirizza verso la ragazza rossiccia in un muto brindisi prima di portarsela alle labbra e ingollare un sorsetto di quello che chiama myname. Mi manchi tanto sussurra alla foto. Finito il rito ripone la fiaschetta nel cassetto, dove aspetterà un altro 23, pesca un pacchetto di Marlboro, ne accende una e, con le mani intrecciate dietro la nuca, butta la testa all’indietro. Quasi per un richiamo concordato le lacrime gli si affacciano agli occhi e un unico singhiozzo gli esce dalla bocca, un unico singulto traditore. Se fosse stato solo, o se fosse stato a casa, non avrebbe represso la (necessità) voglia di piangere come un vitello. Ma non è né l’ uno né l’altro: non si aspettava certo di trovare Susan, e per quanto riguarda la casa… si era dato delle regole, dopo La Sera, e non intendeva certo infrangerle. Una di queste gli vietava di conservare alcolici, anche se si rendeva conto che era decisamente troppo tardi per fare il morigerato. Presto il soffitto che avrebbe avuto bisogno di un’imbiancata comincia a svanire dietro un sipario acquoso e la sua mente inizia ad andare all’indietro. Inizia sempre da lì. Come un sogno ricorrente. Quando si permette di ricordare, quando riesce a dare sfogo alla disperazione, quando vuole rivivere la tragedia, inevitabilmente comincia da lì. 8
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Dal bar di Jim. Il proprietario era morto e sepolto da un bel po’, ormai, ma per loro sarebbe stato sempre il bar di Jim. Pieno di fumo e di uomini, parecchi in divisa. Un bar da e di poliziotti. Anche Jim lo era stato, per una cosa come quarant’ anni e alla fine, congedatosi da sergente, non aveva trovato meglio da fare che aprire un locale a un tiro di schioppo dal Distretto in cui aveva passato tre quarti della vita. Dietro il banco ora c’è sua nipote, e davanti, seduti su sgabelli troppo bassi, Jack Sloane e Edward Nice. Tecnicamente Ed è il superiore di Jack, ma umanamente è il suo migliore amico fin dalle elementari. Sono nati nella stessa via di un paesino di confine, si sono arruolati insieme, hanno percorso le strade della città insieme, hanno sparato e riso e pianto insieme. Solo la loro carriera è stata un po’ diversa: Jack è arrivato a ispettore capo, Ed a tenente, grazie alla sua innata propensione per la politica. Non è che sia un leccaculo, su questo Jack ci può giurare, solo che ha molto più savoir faire di lui, più parlantina e più istinto per azzeccare il momento giusto. Ora stanno bevendo insieme e l’ultima cosa che ha detto il tenente è: «Penso di non aver capito bene. Ripetere, please.» «Hai capito benissimo, Ed, non prendermi per il culo. Comunque ho detto che io mollo.» «Zoe, per piacere, un’altra birra. Tu che bevi, campione? Un altro Jack Daniel’s?» «Un myname non si rifiuta mai. Comunque non è facendomi ubriacare che mi farai cambiare idea.» «E allora dimmi tu come posso farlo. Vuoi che mi metta a rinvangare il passato? Vuoi che ricominci dagli inizi?» «Non servirebbe a un cazzo, solo a farti fare uno sforzo tremendo. Ho deciso, mollo.» Intanto sono arrivati i beveraggi. I due amici fanno tintinnare i bicchieri e mandano giù. 9
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Ed va avanti a birra e per questo riesce a restare quasi lucido, Jack al terzo myname comincia a sfarfallare, ma ancora non ha perso l’attaccamento con la realtà. «Me ne vado, Ed, sono stufo marcio. Qualcuno che conosco direbbe che ho perso la fede.» «Già, qualcuno che conosco anch’io, penso. A proposito… » «No, non lo sa. Tu sei il secondo a cui lo dico. La prima è stata Darla.» «E?» «E… ha fatto un salto che ancora non riatterra. Non vedeva l’ora, Ed. Tu non sai cosa significhi… » «Si che lo so.» «Col cazzo! Tu non hai mica una moglie. Tu sei da una botta e via, giusto?» «D’accordo, ma che c’entra?» «Ed, lo so che non sei scemo, allora perché lo vuoi sembrare? Come cazzo fai a domandarmi che c’entra?» «Ok, se non ti va di parlare possiamo tranquillamente continuare ad ubriacarci così, senza impegno… » Jack ci pensa su, allettato dall’idea, ma sa che quella è la volta giusta, sa che se non convince l’amico questa sera tutto rimarrà sospeso in aria, e questo proprio non gli va, non adesso che ha preso l’abbrivio. Butta uno sguardo circolare per il locale: volti per lo più conosciuti, agenti incontrati per caso o con cui ha collaborato strettamente, divise e distintivi che si amalgamano in quello che è universalmente noto come spirito di corpo, quell’alchimia che rende tutti fratelli, anche coloro che in altre occasioni non si degnerebbero di un’ occhiata. E lui sta veramente dicendo Basta! a tutto questo? Sta sul serio rinunciando a quella famiglia enorme ed enormemente protettiva? Finito il giro d’orizzonte si ritrova a fissare negli occhi Ed, ancora in attesa di una risposta. 10