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Valeria Di Leo
Non ditelo alle viole
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Copyright Š 2016 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it
ISBN: 978-88-99751-07-4
Valeria Di Leo, Non ditelo alle viole, Antipodes, Palermo 2016
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A Flavio, ďŹ glio amatissimo
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“...E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, così, per il piacere... E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo. Allora tu dirai “Sì, le stelle mi fanno ridere!” e ti crederanno pazzo. T’avrò fatto un brutto scherzo...” Da “Il piccolo principe”, di Antoine de Saint-Exupéry
“Contessa Miseria / la vita prima o poi / estingue il suo debito / Contessa Miseria / la vita prima o poi / colpisce a sorpresa / senza chiedere / senza preavviso.” Da “Contessa Miseria”, di Carmen Consoli
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O
livia cara,
è trascorso tanto, troppo tempo, dall’ultima volta in cui ci siamo reciprocamente aggiornati sulle nostre rispettive esistenze. E pensare che - in un’altra era - abbiamo condiviso sogni, speranze, palpitazioni e lividi. “Panta rei” ha detto qualcuno e, proprio poiché tutto scorre, sono passato anch’io e sei passata anche tu. Sono troppi anni, ormai, che ci siamo persi. Non mi crederai se, adesso, ti scrivo che ho pensato spesso a te... Le nostre strade si sono separate e mai più ricongiunte. E non abbiamo fatto nulla affinché si rincontrassero. Come sai già, non amo particolarmente il telefono, né tanto meno gli avveniristici mezzi di comunicazione che riscuotono tanto successo altrove, così ti scrivo questa lettera “come usava un tempo”. Da quando sei partita, le rose che amavi tanto hanno cominciato a sfiorire, e non - come avevo creduto all’inizio per seguire il corso naturale delle cose. È come se fossero sprofondate in un inverno perenne e innaturale. E quel torpore malsano e annichilente è giunto sino alla mia stanza. Io, dal canto mio, non gli ho impedito di entrare. È maggio inoltrato, ma ho freddo. Ho così freddo che mi capita persino di perdere sensibilità ad entrambe le mani. Le mani... 7
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Se mi soffermo a guardarle, stento davvero a riconoscerle. Le vene bluastre, troppo accentuate per un uomo della mia età, le fanno sembrare quelle di un vecchio. Sono rami secchi e nodosi, proprio come quelli dell’albero che però, malgrado tutto e tutti, vive ancora, non troppo lontano dal sepolcro delle tue rose. E, un tempo, c’erano persino le viole. Oggi non mi sento particolarmente bene. E fa davvero troppo freddo... Fa freddo più di allora. Parlo di quando ci siamo conosciuti. Quanti anni avremo avuto, cinque, sei? Era tutto da scoprire, tutto da esplorare! Ed ogni cosa appariva ovattata ed edulcorata ai nostri occhi. Due pulci che avevano fretta di conoscere “il mondo”, pensando che fosse tutto lì, che si esaurisse in quella strada di periferia. Ma che fretta c’era, poi? Il mondo è una mela marcia ed è meglio accorgersene il più tardi possibile. È la carcassa di un cane, un cane che si ritrova a morire solo, lontano da occhi che, tanto, non ne avrebbero compassione. E le sue carni putride, seppur lontane, rendono l’aria mefitica e pestilenziale. Perché il vento s’alza, ma quasi mai dalla parte giusta. Che c’è, ti ho già messa di buon umore?! E tu, cosa stai facendo? Starai dormendo, lì, “in capo al mondo”... 8
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Ma lo senti o no, che ti sto chiamando? Sono un’ombra che offusca i sogni sereni che, invece, meriti di fare? No... magari, per un istante solo, sarò un timido sorriso che avrai stampato sulla faccia domattina, che ti farà sentire spensierata come lo eravamo da bambini, senza un apparente perché. Abbiamo vissuto un’infanzia dorata, siamo stati molto fortunati in questo! Come dicono i francesi? “On a eu de la chance”! E di questa chance, io ne ho fatto tesoro. Il ripensare a quegli anni, mi ha tenuto in vita nei momenti in cui tutto c’era in me, eccetto che voglia di vivere. Certo, il ricordo non è un amuleto e non caccerà i tarli che hanno scavato dei buchi enormi nella mia testa ... Però, mi ha aiutato a conviverci. Mi ha dato la forza di accettare quel che non posso cambiare. Sono stanco, Olivia. Sono stanco ed evito gli specchi... quelli di casa, sono tutti coperti da un telo. Curioso, no? Ti assicuro, l’ultima volta che ho visto, per caso, la mia immagine riflessa - un’immagine che disconosco e che mi rifiuto di accettare - non restava niente, in essa, del guizzo sfuggente e iridescente della gioventù. Niente più cazzate, ormai. D’altronde, ho davvero esagerato. Mi sento vecchio ed in realtà sono già morto. Le esequie dell’anima hanno avuto luogo parecchio tempo addietro. 9
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Se credessi, come da bambino, che la felicità sia uno stato di grazia permanente, proprio come il lieto fine delle fiabe, allora, candidamente ti chiederei: “Sei felice?” Ed invece ti chiedo: “La sorte beffarda ti ha concesso, per caso, fugaci secondi di felicità?” Sembravano eterni, vero? Quei pochi istanti rendono la vita degna di essere vissuta. Spazzano via, in un attimo, anni di sofferenza e secoli di noia. Spero che almeno tu abbia avuto dei figli. È questo che, più di ogni altra cosa, mi auguro per te. Minuscole manine che si schiudono come boccioli, anemoni di mare in perenne movimento, al posto dei piedini, nel momento della veglia! Questo, io definisco l’Archè cercato con ardore dagli antichi, questo è il soffio vitale. Amore, amore allo stato puro! Ti sei mai sposata? Io lo sono stato. No, non è uno scherzo! Ora che fai, ridi? Hai appena sputato il tuo caffè? Lo trovi inverosimile?… Invece così è stato. Un alito di vento, ma ha spirato davvero. Quanto è stata ingenua, lei! D’altronde, mi ero trasferito da poco in una grande città e le voci sul mio conto non avevano ancora avuto il tempo di seguirmi, “dalla campagna”. Ma ci conoscevamo da troppo poco tempo, questo sì. 10
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Credo che, più che altro, mi abbia sposato per fare un dispetto ai suoi. Per carità, laureato lo ero ed anche piuttosto belloccio. Ma lontano anni luce dal suo ambiente. Ed io avrei fatto qualsiasi cosa pur di farne parte. E ci sono riuscito. “Tu mi capisci,” diceva, “sembra che tu sappia leggermi dentro. Come fai?” Ed ancora: “Tu riesci quasi a mettere a nudo l’animo di una donna.” Un giorno non troppo lontano, mi ha sorpreso mentre mettevo a nudo l’animo di qualcun altro. Non si è trattato, per lei, di un “banale tradimento”. Si è sentita tradita dal compagno, dall’amico, dall’amante. Dalla persona dalla quale avrebbe voluto dei figli. Li avrei voluti anch’io, ma penso che, probabilmente, non li avrei meritati. Così, si è aperto di fronte a lei un mondo del quale non sospettava minimamente l’esistenza. No, non mi sento colpevole. Lo so, ho giocato sporco. Sì, sono stato scorretto con lei e me ne dispiace anche. Ma era per arrivare dove volevo arrivare e qualcuno doveva per forza restarci fregato. Quella volta è toccato a lei. Grazie a quel matrimonio, mi fu possibile entrare a far parte dello studio legale di suo padre (con cui, tra l’altro, avevo sostenuto un esame all’università) il quale, se all’ini11
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zio aveva storto il naso soltanto all’idea che sua figlia potesse sposare me, che non avevo niente e che, probabilmente, considerava “un niente”, non troppo tempo dopo aveva iniziato ad apprezzarmi. È stato proprio il suo apprezzamento a salvarmi da un’ipotetica citazione in giudizio da parte della figlia che, non a torto, di me si sarebbe vendicata volentieri. Sì, sebbene inizialmente lui avesse quasi provato ribrezzo nello stringermi la mano, in seguito si è assai ricreduto sul mio conto. Da una semplice stretta di mano a ben altre strette, il passo è stato breve. Quando fui stanco di lui, feci una cosa per farlo incazzare. Ho aperto il portafoglio e gli ho messo dei soldi sul comodino. E, come da copione, si è incazzato. Mi ha urlato contro che dovevo vergognarmi. Io, senza scompormi più di tanto, gli ho detto che quasi niente è più vergognoso di un docente universitario che annovera pubblicazioni che ti sembra di aver già letto da qualche parte e che non ha nemmeno il ritegno di cambiare le parole, a pagina ventitrè, in merito al concetto da lui espresso nello stesso identico modo a pagina cinque. Quella è stata l’ultima volta in cui l’ho visto. Poi ho preso visione di certi filmati che ci riguardavano, per sceglierne i momenti migliori. Glieli ho inviati e, come per incanto, ho avuto i soldi per aprire il mio studio e per fare tanto e tanto altro ancora. Credo che le cose che gli ho detto l’abbiano irreparabilmente ferito più di qualsiasi presa per il culo, più di qualsiasi dolore ai danni della figlia. 12