Petrolia!

Page 1



Cristian Fabbi

Petrolia!


La storia, anche se basata su alcuni eventi storici realmente accaduti, è frutto della fantasia dell’autore. Coincidenze di nomi e situazioni sono del tutto causali.

Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina: immagine elaborata dall’Autore ISBN: 978-88-96926-85-7 Cristian Fabbi, Petrolia!, Antipodes, Palermo 2015


Ad Agat(h)a, con e senz’acca, musa ispiratrice.



I

l sette aprile 1939, XVII, le nostre armate di terra, di mare e d’aria furono richieste e calorosamente accolte dal popolo albanese, quale sicuro presidio dell’Albania fascista. Il 16 aprile 1939, XVII, S. M. il Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia Vittorio Emanuele III assumeva per sé e per i suoi Successori la Corona d’Albania.

5


Personaggi principali

Giovanni Ognibene: maresciallo carabinieri di Levrazë Saverio Ferretti: carabiniere di Levrazë Donato Scantamburlo: carabiniere di Levrazë Basqim: maestro e traduttore, Merita: figlia di Basqim e fidanzata di Ognibene Fiano e Ravajoni: militi in camicia nera Anselmo Durini: comandante della polizia politica Girolamo Gazzola: prefetto di Berat Dafne Gazzola: moglie del prefetto di Berat Mark Gashi: costruttore Gjorgj Rahmani: operaio di Levrazë Lulan Bulqizë: operaio di Bajram Curri Flamur Bilushi: operaio di Petrolia Teodor Como: operaio di Petrolia Arslan: medico di Petrolia Demonì: zingaro Bogdan: oste

6


Intro

L

a sera prima c’era stata una cena per salutare Pasquale Esposito, un giornalista napoletano che se ne andava da Levrazë per documentare l’imminente attacco alla Grecia, a sud. Avevano cenato nello stanzone al pian terreno della kulla. Per salutare Pasquale erano venuti anche Basqim, il maestro del paese con la figlia Merita, il signor Shala e il signor Barashi. Barashi aveva portato un sacco di roba da mangiare. Scantamburlo aveva arrostito un paio di galline. Dopo cena, Pasquale aveva preteso che la compagnia si trasferisse alla locanda vecchia, per bere ancora un po’ di raki. Gli albanesi, tuttavia, chi per stanchezza, e chi per altre ragioni, se ne erano andati a casa. Anche Scantamburlo, che da bravo figlio di contadini, la mattina si alzava al sorgere del sole, era filato in branda. Ferretti, Ognibene e il giornalista erano saliti al paese e avevano raggiunto la locanda mentre la nebbia si alzava dalla valle del Drin e si diffondeva tra le case. All’interno del locale c’era parecchia gente. Dei cinque tavoli, uno solo era libero. Si erano seduti e avevano ordinato. «Insomma sei convinto? Te ne vai?» chiese Ognibene a Pasquale. 7


«Certo, ci mancherebbe.» «L’inverno in Albania è freddo, non ne vale la pena. Perché non rimani alla kulla fino a primavera? Te ne vai con calma a marzo.» «Si dice che Mussolini stia decidendo per l’attacco alla Grecia, quest’inverno. Non posso perdermelo. Voglio essere a Tirana il più presto possibile e capire cosa succede. Poi scenderò più giù, ad Elbasan, ad Argirocastro. Forse addirittura a Giannina, oltre confine.» «Pensaci su» insistette anche Ferretti. Figlio di falegnami mantovani, Saverio Ferretti era finito in Albania come carabiniere di leva. Ma del posto al sole non gli interessava gran ché. «Che te ne frega della guerra, Pasquale?» «Come “che te ne frega”, Ferro? Io faccio il giornalista.» «Vabbè, le notizie te le fai raccontare...» «Ma secondo te? Sono un giornalista serio» si schernì il napoletano. Bevve un sorso. «Dai, non preoccupatevi. A primavera torno a trovarvi. Su, beviamo.» Il loro rapporto col fascismo si era evoluto nel corso della permanenza al paese mirdita. Ferretti e Scantamburlo, troppo giovani, neanche avevano ben capito la ragione dell’invasione dell’Albania. E della loro conseguente presenza sull’altipiano. Sapevano bene cosa sarebbero tornati a fare, al ritorno in Italia. Il primo aveva infatti la bottega di famiglia da mandare avanti. I Ferretti erano falegnami, a Mantova, da almeno tre generazioni. Scantamburlo era un contadino di Marostica, e lavorava da quando aveva dieci anni. La situazione di Ognibene era un po’ più complessa. Neanche a lui interessava particolarmente la politica. Era nato nel 1917, e l’Italia che aveva conosciuto era quella fascista. 8


Ma non si era mai fatto coinvolgere dalle questioni politiche. A lui interessava fare il poliziotto. Poco avvezzo alle questioni belliche, per uno scherzo del destino, l’opportunità di diventare maresciallo gli era capitata proprio quando, da carabiniere scelto, aveva partecipato alla presa di Durazzo, nel 1939, e si era distinto per valore umano e militare. Dal loro arrivo a Levrazë, un paese sperduto sulle Alpi albanesi, a seicento metri di altezza sulla vallata del Drin, gli eventi li avevano resi sempre più scettici verso Mussolini e compagnia. Ferretti era il più sboccato, e non mancava di criticare apertamente i vertici del Partito Fascista Albanese, mentre Ognibene tentava di reggere la parte, con scarsi risultati. Fecero l’ennesimo giro di raki. La locanda era piena di fumo al punto che si faticava a riconoscere gli altri avventori. L’unico oste, Armin, galleggiava tra i tavoli portando bottiglie di raki, bicchieri, pane di mais e altre cose da sgranocchiare. «Come pensi di viaggiare?» chiese Ognibene. «Domani con calma parto a piedi, fino a Druxhë. Là c’è un camionista che scende quasi ogni giorno verso Scutari. In un modo o nell’altro arriverò nella capitale entro domenica.» «E se domani scendessi io con la moto?» chiese Ferretti ad Ognibene. «È già un po’ che non ci facciamo vivi al Comando e c’è parecchia corrispondenza da consegnare. Così potrei dargli un passaggio.» Ognibene annuì. «Mi pare un’ottima idea. Siamo anche in ritardo. E poi non mi fido di questo qua» disse, indicando il giornalista con un cenno della testa. «Siamo d’accordo. Domani con calma lo accompagni giù a Scutari.» «Ragazzi, non è affatto necessario...» protestò Esposito. 9


«Sono già sceso diverse volte approfittando di passaggi. Conosco la gente del luogo. Davvero, non c’è proprio bisogno.» «Oramai è deciso» disse Ferretti, chiudendo l’argomento, ed alzando il bicchiere, imitato da Ognibene e dagli albanesi dei due tavoli a fianco. Nella locanda c’erano due tavoli a cui sedevano abitanti di Levrazë. Ad ogni bicchiere che alzavano, coinvolgevano i carabinieri e il giornalista nei loro brindisi. Ad un altro tavolo stavano due anziani di Druxhë. Probabile che si trovassero a Levrazë per affari. Ognibene ricordava di averli incontrati per una vecchia faccenda di eredità, mesi prima. All’ultimo tavolo sedevano invece due italiani vestiti di nero. Probabilmente militi di passaggio. Levrazë era sulla strada per il Kosovo, dove erano in corso valutazioni per un attacco al Regno di Jugoslavia. La locanda aveva alcune camere e spesso si fermavano italiani, tedeschi o turchi; più raramente vi si trovavano francesi, che curavano interessi legati alle miniere di cromo nella zona di Bajram Curri. Ferretti si andò a sedere con i chiassosi albanesi dei due tavoli vicini. Offrì un giro di raki, ricambiato. Di quel passo sarebbe arrivato alla kulla in ginocchio. A breve, anche Ognibene ed Esposito finirono per unirsi agli albanesi facendo un’unica tavolata. Ferretti, verso mezzanotte, prese a fare l’imitazione di Mussolini, per la quale era diventato famoso al villaggio. Si alzò su una sedia. Si fece dare da Armin, suo complice nello spettacolino, una gavetta di ferro che si mise in testa per coprire i ricci e simulare la calvizie del dittatore. Poi iniziò col suo repertorio. 10


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.