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Gianmarco Dosselli
piu` che tarati!
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“Ci sono persone a cui i difetti stanno bene, e altre che con le loro buone qualità fanno brutta figura.” (La Rochefoucauld)
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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-96926-57-4
Gianmarco Dosselli, Più che tarati!, Antipodes, Palermo 2015
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Prefazione
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ran parte di ciò che abbiamo imparato a credere sulla condotta umana è del tutto infondato. Psichiatri, sociologi, assistenti sociali hanno contribuito a far vincere idee che dovrebbero essere contestate. La verità è unica: si è liberi di meditare e udire come si vuole. Questo è un particolare per sentirsi felici. D’altro canto, la stramberia negli esseri umani è un tasto reale. Quanti intorno a noi? Vediamo colui che, con la vivacità surreale, conquista buona reputazione oppure con il brillante talento continua a suscitare ovunque simpatia, ma attenzione... ci sono anche bizzarri elementi che sragionano, che non si avvedono né si ravvedono e che sono dei “tarati” in massa di sproloqui galoppanti; persone incapaci di comunicare senza far ricorso a un certo tipo di argomenti o di parole e, per giunta, fingono di sentirsi esaltati per surclassare. Questo romanzo racchiude tali (ma altrettanto altri) personaggi immaginari “buttati” appositamente con la loro comicità travol5
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gente da cui sgorga una fiumana di battute strampalate, bizzarre e (alcune) popolari. L’umorismo è squinternato e carico di surrealismo. Già le prime pagine evidenziano subito le caratteristiche del suo umorismo per raggiungere una comicità iperbolica, in bilico fra realtà e fantasia. Il romanzo umoristico, a differenza di quello cinematografico, saperlo descrivere non è certo roba da ridere; serve la fortuna di compilare pagine di avvenimenti concisi, accuratamente costellato di mezze spiegazioni e di indizi fuorvianti fino a ottenere un effetto sorprendente che fa scattare la risata (anche a crepapelle). Prendete in considerazione la gamma di espedienti che un esperto narratore umoristico usa per tenere gli ascoltatori col fiato sospeso: un sorriso, una scrollata di spalle, un cenno di complicità; un incoraggiante brontolio, un convincente mormorio, un sussulto di simulato sbalordimento e un’abile velocità del ritmo verso la fine del racconto assecondato da sonore risate del pubblico. Anche le pagine di un racconto ilare può creare tal effetto con semplici regole: scrivere il narrato e il parlato dei personaggi in modo spigliato nei loro agghindati sketch attenendovi al tema senza divagare, capitolo per capitolo. Villaggio-Fantozzi, Sellers-Clouseau, Fratelli Marx: essi sono campionissimi fra i comici dell’assurdo, mentre i personaggi di questo romanzo “cascano” in un nuovo genere di comicità scatenata dal delirio sarcastico, con tanto di raptus di demenza calcolata. Situazioni non ipocrite per una risata assicurata. L’Autore
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Prologo
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ra un giorno di settembre del 1947, uno dei più bei del mese che ci si potesse augurare. L’ex soldato, Mauro Tendi, che fu stato capitano al comando del generale Carlo Caneva al tempo dell’occupazione della Tripolitania e la Cirenaica, se ne stava sdraiato sull’erba mossa da una leggera brezza, all’ombra di un pino del giardino di Corte Rosetta, fumandosi la sua inseparabile pipa. Si rilassava scrutando il cielo sereno, pregando Dio di sentire subito il vagito dell’ultimo nascituro, sperando trattasi del secondo maschio. Mentre lasciava salire al cielo lente volute di fumo dalla sua pipa, pensava alla sua prole composta da cinque femmine e un maschio. Se dovesse nascere un’altra femmina era tutto deciso quasi con ostentazione a ripudiare la realtà, come se la nascitura appartenesse a qualcun altro, non fosse sua. Nessun vagito nell’aria. Troppo presto! Nel frattempo rispolverava nella mente quei lunghi periodi 7
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della sua vita, trascorsi in Libia: scoppi, assalti, pranzi e gala con damigelle... Il nascituro non era ancora uscito dalla pancia materna. Il tramonto stava mettendo piede nel bel cielo, con le sue luci e i suoi colori fino all’occaso. Un popolare eco cominciava a ronzare nelle orecchie del papà. Bruscamente egli si raddrizzò e, adagiando le schiena al tronco, strinse la pipa oramai terminata tra le mani, quasi a volersi concentrare. Veramente aveva udito lo strillo del neonato, lui che era un po’ sordo? Un movimento dall’altra parte del sentiero privato attirava la sua attenzione. Si irrigidiva, gelato dalla paura che la domestica gli dicesse: “Una femminuccia!” «Un maschio, signor Tendi, un maschio!» Felicissimo. Una gioia esplosiva! Lui si era messo a danzare ridicolmente, i movimenti fluidi e potenti, proprio come un puma saltellante da un ramo all’altro. «Signor Tendi, ma che cosa fa? Vada a vedere il neonato, invece di fare l’imbecil... oops, il balletto surreale!» Il tono drastico della domestica, accompagnato da quello sguardo di avvertimento, lo convinse a raggiungere, in un baleno, moglie e neonato. La levatrice era appena uscita, e il signor Mauro aveva modo di esprimere liberamente la sua infinita gioia, coccolando la moglie e sfiorando il visino del piccolo. «Brava, congratulazioni per il parto regolare e per il bel bambino che mi hai donato, “Passerella”!» «Che cosa hai detto?» «Ho detto che sei stata brava!» «Non quello. Come mi hai definita?» «“Passerella”. Non lo sapevi? Hai la più preziosa cosa del mondo!» «Sono “Passerella” per il settimo figlio! Alla mia prima creatura ero “Pennarella”, poi “Succiatella”, “Scopatella”, “Tettarella”, 8
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“Boscarella” e “Stornella”: ma che sfilza di soggetti per festeggiare le nascite. Uno più stupido dell’altro!» disse con voce tagliente. La sua bella faccia si deformò in un ghigno cattivo. «Mia adorata, perdonami! Con questo mio modo di esprimere titoli in tuo onore sono voluto essere partecipe alla gioia della famiglia.» ammise in tono supplichevole. «Impugnerò una promessa: alla nascita dell’ottavo figlio non accennerò nessun vezzeggiativo in tuo onore.» «L’ottavo! Basta, mi sono stufata coi pancioni... Questo è l’ultimo!» sbottò. «Come capostipite deciderò quando terminare le nidiate.» fece, intimorito. «Senti, bello di mamma, il mondo è pieno di caporioni, di uomini-dei, di capo rango e casato... e la donna è sempre sottomessa dal consorte, messa in un angolo e chiamata per sgobbare e creare un’altra vita.» «Per favore, Ileana! Sei davvero impetuosa: cerca di essere più pacata.» La puerpera guardò il marito per pochi secondi, in silenzio, poi disse sottovoce: «Mi sento debole, come se il cuore mi mancasse da un momento all’altro. Ora che ho spinto fuori questa peste, i miei muscoli e legamenti cominceranno a ritornare alla normalità nel giro due mesi. Domani inizierò con degli esercizi per aiutare i miei muscoli a ritornare normali, e quindi a far riprendere la linea preparto.» «Ha parlato la dottoressa!» «Sono una dottoressa! Dottoressa di ostetricia presso il nosocomio “San Francesco”.» precisò. Sembrava avere l’aria di volerlo rassicurare ancor più. «Non ti dispiacerebbe prendere in braccio il tuo settimo e, definitivamente, ultimo pupillo, che mi voglio si9
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stemare alla bell’e meglio sul letto? Vorrei evitare sforzi eccessivi per almeno dieci giorni. E, ricordati, niente rapporti sessuali per un mese! Conosco nozioni di questo genere perché sono...» «...una dottoressa! Cribbio, ad ogni nascita dei nostri, c’è il solito commento che mi fa rovesciare il cuore nella parte della schiena!» schernì l’uomo, interrompendola, nel mentre cullava il bimbo frignante nelle sue braccia. «Come frigna il piccino! Sarà un ottimo cantante: più sgola, più...» «...stona come suo padre!» precisò, interrompendo a sua volta il discorso del marito. Mauro udiva la voce lontana della consorte, come se arrivasse da un’altra stanza, eppure la faccia era lì, vicino a lui. Egli coccolò il piccino, canticchiando una stonata nenia. C’era la levatrice sulla soglia. «Non avevo nessuna intenzione di ascoltare, ma non ho potuto fare a meno di sentirvi.» esordì la signora. «Signor Tendi, riguardo la farragine di idiozie prodotta con quei suoi sette vezzeggiativi banali, posso solo dichiarare il mio comprensivo giudizio che un solo bicchierino di whiskey vi farebbe frullare il cervello.» «Guardi che non ho bevuto! Come osa! Si mette a fare l’oca di Corte Rosetta?» «Mi scuserà se difendo la mia amata direttrice del reparto ospedaliero.» Il tono della voce lasciava trasparire la sorpresa. Era costernato! Si faceva dire queste cose da una comune levatrice tra l’altro non imparentata. Egli si difese con una provocazione. «È convinta che questo suo intervento evangelico venga premiato con l’aumento di due o tre sghei? Gentile signora, è giusto che lei sappia che io...» Il suo colloquio con la dipendente ospedaliera era stato interrotto dall’arrivo chiassoso e di massa dei sei rampolli Tendi, gai ed entusiasti di andare alla scoperta del nuovo venuto. 10