Pleistocenica

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{Romanzo}

Giuseppe Calendi

Pleistocenica


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Copyright Š 2019 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it ISBN: 978-88-99751-63-0 Giuseppe Calendi, Pleistocenica, Antipodes, Palermo 2019


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A Ileana, Fabrizio e Paolo


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Prefazione

Quando Giuseppe Calendi mi ha chiesto di scrivere una prefazione sul suo romanzo, ammetto di aver brancolato nel buio. Che cosa ne potevo sapere, io, di preistoria e caccia al cervo? Come avrei potuto trovarvi un tema, un elemento centrale? Eppure, leggendo il libro, ho capito subito il fulcro che accompagnava le sue pagine. La lotta alla sopravvivenza è da sempre il focus che fa muovere interi gruppi di persone. Nella preistoria la caccia ha un significato altamente simbolico: l’alce, il cervo, il toro sono considerati alla stregua di divinità. È grazie alla lotta per la sopravvivenza che il genere umano è potuto adattarsi ed evolversi, passando da nomade a sedentario e scoprendo quella che tutti noi conosciamo come casa. I primi oggetti utilizzati come gioielli, le prime pitture rupestri, i primi arnesi acquistano un significato propiziatorio e identitario. I gioielli diventano simbolo della tribù, la pittura su pietra, che rappresenta fasi di caccia, è l’arte che identifica le persone prima dell’atto in sé, o magari un semplice diletto, i falcetti e i coltelli permettono di rapportarsi con la natura in modo sempre più diretto. Il romanzo di Calendi non nasce per caso. Il suo intento è di accompagnarci indietro nel tempo, farci riscoprire usi e costumi 5


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delle popolazioni preistoriche e, con un pizzico di fantasia, farci viaggiare con l’immaginazione. Le tribù incarnano l’essenza stessa delle persone, è tramite le loro azioni che esse si formano e si modellano ai nostri occhi. E così abbiamo il cacciatore, lo sciamano, il pittore, l’artigiano. Ai nostri occhi la persona svanisce per incarnare ciascuna di queste professioni, che altro non sono che le tappe di evoluzione del genere umano. Ed è proprio l’evoluzione la colonna portante del romanzo di Calendi, che la coniuga attraverso la rappresentazione di scenari di vita quotidiana, episodi come la caccia, la sepoltura e la pittura. Il lavoro dell’autore è frutto di attente ricerche, alle quali egli aggiunge elementi di fantasia per permetterci di entrare meglio nella storia. Nulla viene lasciato al caso, ogni episodio è ricostruito con minuzia di particolari e attenzione. Non importa se i dialoghi sembrano inverosimili: è questo che vuole l’autore, poiché il fine ultimo è prenderci per mano e condurci laddove il genere umano ha iniziato la sua evoluzione: la Preistoria. Emanuela Navone (Editor, scrittrice e blogger).

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L’Africa è la nostra culla, perché, all’incirca sei milioni di anni fa, lì si è separata la linea evolutiva tra il genere Homo e gli scimpanzé, ma anche perché, sempre da lì, quando riti e simboli avevano da poco emesso i loro primi vagiti, una manciata di uomini caparbi e ostinati, ha superato indenne l’ultimo collo di bottiglia, sfuggendo alle morse del cambiamento climatico, l’ultima barriera che poteva costare l’estinzione e far rimanere, il nostro, un mero sogno bruscamente interrotto e una speranza riposta nel cassetto evolutivo.


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EKON, IL SIGNORE DI BLOMBOS1

“Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle.” George Jung (dal film Blow) Sud Africa, 75mila anni fa. Il sole è alto e da qualche ora la luce ha rischiarato il buio e i pericoli della notte. Due bambini, usciti da una caverna ai piedi di una costa rocciosa. stanno cercando conchiglie. Ce ne sono tante, sparse lungo la scogliera. «Guarda questa!» dice uno dei due mostrando all’altro un grosso guscio ambrato. Il secondo bambino la guarda soddisfatto per poi annuire: è stato davvero un bel colpo. “Dai, continuiamo a cercare, forse ne troveremo ancora!» Il vento dei giorni precedenti aveva incattivito l’Oceano Indiano e la corrente, portando con sé detriti e pezzi di legno, era un trasporto ideale per alghe e valve, molte spezzate e rovinate, alcune però perfettamente integre. : Blombos è un sito archeologico a Sud di Città del Capo, Sudafrica. 9


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Kleg e Kiloh sono due fratelli, il loro gruppo, proveniente da una zona più a Nord e ridotto a pochi individui, si è insediato lì da poco. Il clima stava peggiorando e piccole bande di cacciatori-raccoglitori cercavano un suolo più favorevole per sfuggire alle morse di un inaridimento dei territori, causato da un improvviso raffreddamento sopraggiunto dopo un’eruzione vulcanica. I vecchi saggi lo chiamavano “Il grande botto”, perché le genti in fuga avevano descritto con terrore quello che avevano visto e sentito. Questo tamtam si era presto tramandato, nei vari spostamenti, diffondendosi di clan in clan. «Kleg! Kiloh! Tornate qui, venite accanto al fuoco!» Afrah, la loro madre, si è accorta che sono spariti dalla grotta e si è affacciata per cercarli. Kiloh, il più piccolo, arriva subito. «Mamma, guarda che cosa ho preso!» e tende verso di lei, orgoglioso, la grossa conchiglia. «Fammi vedere», lo esorta la donna per poi prendere il guscio. Lo osserva con molta attenzione, lo mette in controluce per vederne la consistenza. «È robusto e resistente, oltre che molto bello», dice al bambino. «Allora ti piace mamma?» «Si e ci potrebbe essere molto utile», risponde lei regalandogli un sorriso. «Quando tuo padre tornerà dalla battuta di caccia, glielo facciamo vedere», poi, tornando a scrutare fuori dalla caverna, chiede: «ma Kleg dov’è? Non era con te? Kleg! Kleg, dove sei?» Kleg sente la voce di sua madre, ma non le presta attenzione: si è soffermato a osservare l’orizzonte, buttando lo sguardo verso alcuni uomini in fila indiana che stanno procedendo con passo veloce. Uno di loro ha un’antilope a tracolla. Li aspetta, sono sempre più vicini. Si sente chiamare: «Kleg!» È Gik, suo padre, che insieme a Enam e Wink, due membri della stessa banda, sta rientrando al campo. «Dov’è tuo fratello?» 10


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