Studi in memoria di Fabiola Ardizzone. 1. Epigrafia e Storia

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Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra

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Studi in memoria di Fabiola Ardizzone 1 Epigrafia e Storia a cura di Rosa Maria Carra Bonacasa - Emma Vitale

Palermo 2018


Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo dei fondi dell’Università degli Studi di Palermo

Si tratta del primo dei quattro QDAP (nn. 10-13) dedicati alla memoria di Fabiola Ardizzone da un folto gruppo di colleghi e allievi. Gli argomenti trattati sono stati suddivisi per tematiche: 1.Epigrafia e Storia; 2. Scavi, Topografia e Archeologia del paesaggio; 3.Ceramica; 4.Varie.

Comitato Promotore: Rosa Maria Carra, Elisabetta De Minicis, Sauro Gelichi, Chiara Maria Lambert, Simonetta Minguzzi, Marcello Rotili, Emma Vitale. Comitato Scientifico: Fabrizio Bisconti, Carlo Ebanista, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Chiara Maria Lambert, Rossana Martorelli, Danilo Mazzoleni, Philippe Pergola, Giuseppe Roma, Marcello Rotili. CoLLANA CoN REFEREE

In copertina: Frammento di labrum dal Palatino con iscrizione di Fl(avius) Arbazacius. In quarta di copertina: Villagrazia di Carini (PA).Catacomba. Galleria IX, tomba f6: apografo dell’iscrizione di Erma. Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it

ISBN 978-88-99751-40-1

Studi in memoria di Fabiola Ardizzone. 1. Epigrafia e Storia, (R. M. Carra Bonacasa - E. Vitale a cura di), Antipodes, Palermo 2018.


INDICE Ricordo di Fabiola Ardizzone di Letizia Ermini Pani

Fabiola Ardizzone. L’allieva, l’amica, la studiosa di Rosa Maria Carra Bonacasa

Quando e perché fu scritta la Vita di Gregorio di Agrigento? di Salvatore Cosentino

Ebrei, pagani e cristiani a Gortina nel V secolo di Isabella Baldini

Riflessioni su di una singolare iscrizione medievale del territorio spoletino di Gianfranco Binazzi

Una epigrafe dalla Commenda dei Cavalieri di Malta a Tarquinia. Spunti per la storia medievale della Tuscia di Cristina Corsi La menzione della luna nelle iscrizioni funerarie dei cristiani d’occidente: addenda et corrigenda di Giuseppe Falzone

Damaso, Filocalo e l’epigrafia di committenza papale nell’hinterland di Roma. A proposito degli interventi monumentali dei vescovi di Roma nelle diocesi limitrofe di Vincenzo Fiocchi Nicolai

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Le epigrafi cristiane negli scritti del padre Umberto M. Fasola di Danilo Mazzoleni

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Su un piatto marmoreo dal Palatino. Alcune osservazioni di Lucrezia Spera

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I clarissimi Probus e Venusta in un nuovo laterizio dall’ager tharrensis di Pier Giorgio Spanu 179

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Ricordo di Fabiola Ardizzone

Letizia Ermini Pani

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L. Ermini Pani - Ricordo di Fabiola Ardizzone

Marettimo primavera 2008

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L. Ermini Pani - Ricordo di Fabiola Ardizzone

Ho incontrato Fabiola nelle aule della Sapienza Università di Roma quando nel 1987, superata la prova di ammissione, iniziava il suo percorso di specializzazione alla Scuola e i rapporti con la giovane studiosa siciliana, formata all’archeologia dai maestri dell’Università di Palermo, in particolare da Nicola Bonacasa e da Rosa Maria Carra Bonacasa, si intensificarono quando mi chiese la possibilità di diplomarsi in Archeologia Medievale. Cercammo allora un argomento e presto Fabiola mi propose uno studio sulle anfore recuperate nel 1974 durante i restauri del palazzo della Zisa a Palermo. Un argomento di grande interesse, sia per i materiali solo in parte editi, sia per l’uso che di questi era stato fatto nei rinfianchi delle volte per il loro alleggerimento. Si trattava di studiare una produzione anforacea nel medioevo, un tema ancora alla fine degli anni ottanta scarsamente affrontato, con pochissima bibliografia specifica. Ancora oggi ricordo con quale passione la giovane studiosa mi presentava man mano il progredire della ricerca, interrogandosi su ogni particolare, timorosa sempre di tralasciare qualche aspetto di particolare importanza. L’esito del suo lavoro è sotto gli occhi di tutti: le anfore della Zisa sono divenute un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia affrontare lo studio di tali contenitori nel medioevo. Ugualmente si può dire per il loro uso secondario: ampiamente noto per il mondo romano e in qualche caso per l’età tardoantica, pochissime erano all’epoca le attestazioni per il periodo medievale di cui nel 1999 Fabiola offriva un particolareggiato elenco per la Sicilia. È l’anno in cui, ancora una volta alla Sapienza Università di Roma, la giovane studiosa consegue il titolo di dottore di ricerca discutendo una tesi sulla produzione e sulla circolazione delle anfore nella Sicilia occidentale tra l’VIII ed il XII secolo: ancora una volta come tutor mi trovai a discutere con lei di anfore siciliane di cui era divenuta nel tempo la maggiore esperta: mi portava gli stati di avanzamento della ricerca, sempre puntuali, sempre aperti a problematiche più ampie e nei nostri colloqui il discorso spesso si allargava a trattare temi di archeologia tardoantica, cristiana e medievale della sua isola, a trovare in particolare elementi di confronto e di raccordo con l’altra isola del Mediterraneo al centro dei miei interessi scientifici, la Sardegna. Un tema particolare era spesso al centro delle nostre “chiacchierate”: la ceramica dipinta in rosso di cui una notevole quantità era stata recuperata nei brevi interventi di scavo portati avanti dalla cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Cagliari da me tenuta, nella cittadella di Santa Igia, sulla omonima laguna nel suburbio cagliaritano, materiali che purtroppo attendono ancora una esauriente edizione. Su tale produzione ceramica nel 2012 nel volume a sua cura Ceramica, marmi e pietre. Note di archeologia tra Sicilia e Creta, Fabiola scriverà un ampio saggio Production and Circulation of palermitan amphorass in medieval mediterraneanm in cui sono segnalati ritrovamenti di anfore palermitane anche nel Nord della Sardegna. Ancora una volta ho avuto il piacere della partecipazione di Fabiola ad una iniziativa che affrontava un altro tema: lo studio, segnatamente nell’ottica archeologica, degli inse-

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L. Ermini Pani - Ricordo di Fabiola Ardizzone

diamenti monastici nel medioevo. Fabiola insieme a Rosa Di Liberto presenta una relazione su L’insediamento cristiano di “Case romane” nell’isola di Marettino dal periodo protobizantino alla rifondazione in età normanna, al secondo Convegno De re Monastica, tenutosi a Chieti e San Salvo nel 2008. Fabiola ne aveva dato una prima notizia nel 2007 in Prime attestazioni cristiane nell’arcipelago delle Egadi e presenze monastiche in età normanna, nel volume a cura di R.M. Bonacasa Carra e E. Vitale, La cristianizzazione in Italia tra tardoantico e altomedioevo. Lo studio ci porta nell’arcipelago delle Egadi, ad ovest della costa trapanese, ove la ricerca archeologica aveva documentato la presenza di una piccola chiesa che viene ad occupare strutture di età romana. Fabiola ne dà una precisa descrizione cercando anche collegamenti tipologici nell’ambito mediterraneo, lasciando all’epoca aperto il problema della funzione dell’edificio cultuale stesso. Vi ritornerà nello stesso anno a Toledo per il XV Congresso internazionale di Archeologia Cristiana attribuendo le strutture rinvenute ad un insediamento monastico e ancora nel 2011 pubblicando un articolo su Un impianto battesimale nell’isola di Marettimo: cronologia, tipologia e significato. Nel 2012 uscirà il suo ultimo lavoro Ceramica, marmi e pietre. Note di archeologia tra Sicilia e Creta e nel 2013 parteciperà al VI Colloque International: l’Africa/l’Ifriqiya et la Mediterranée Centrale de l’Antiquité au Moyen Age: echanges et contacts svoltosi a Mahdia dal 12 al 14 dicembre con una relazione dal titolo Il porto di Palermo in età islámica: fonti e indicatori archeologici, redatta in collaborazione con E.Pezzini. Attraverso di lei avevo un continuo aggiornamento della ricerca siciliana e di questo le sono ancora immensamente grata.

Fabiola con semplici parole mi aveva informato della malattia che l’aveva colpita quasi scusandosi se a volte doveva rallentare i numerosi impegni scientifici e didattici: l’aver ricordato da parte mia gli ultimi lavori in anni per lei così faticosi valga a mostrare tutta la mia ammirazione.

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Fabiola Ardizzone L’allieva, l’amica, la studiosa

Rosa Maria Carra Bonacasa

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R.M. Carra Bonacasa - Fabiola Ardizzone. L’allieva, l’amica, la studiosa

Il gruppo di ricerca durante la campagna di scavo a Gangivecchio nel 2014

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R.M. Carra Bonacasa - Fabiola Ardizzone. L’allieva, l’amica, la studiosa

Ho conosciuto Fabiola nelle aule della Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo, nell’anno accademico 1978-79, quando seguiva le mie lezioni di Archeologia Cristiana, all’interno di un regolare percorso di studi finalizzato all’approfondimento delle conoscenze dell’Archeologia classica e tardoantica seguendo le linee di ricerca più avanzate. La sua tesi di laurea: “Tradizione romana ed aspetti bizantini nella basilica di San Vitale a Ravenna”, brillantemente discussa nel 1987, testimonia il lungo periodo di formazione storico-artistica e archeologica e la grande tenacia con cui ha saputo affrontare le sue prime esperienze di ricerca. Nello stesso anno supera il concorso di ammissione alla Scuola di specializzazione in Archeologia dell’Università di Roma La Sapienza, conseguendo nel 1993 il diploma in Archeologia Medievale sotto la guida attenta di Letizia Ermini Pani con una ricerca su “Le anfore normanne del palazzo della Zisa a Palermo”. Dopo una breve parentesi trascorsa in Grecia con una borsa di studio del Ministero degli Affari esteri, rientra a Roma, ancora presso l’Università La Sapienza, per conseguire nel 1999 il Dottorato in Archeologia e Antichità post-classiche (III-XI secolo) con una ricerca innovativa sulla ”Produzione e circolazione di anfore nella Sicilia occidentale tra l’VIII ed il XII secolo”, confluita tardivamente nella monografia Anfore in Sicilia (VIII-XII sec. d.C.), Palermo 2012. Il lungo e intenso periodo romano ha profondamente inciso sulla sua personalità scientifica e sugli interessi per le metodologie innovative utili alla conoscenza delle produzioni ceramiche tardoantiche e medievali che non ha mai abbandonato in tutta la sua carriera di ricercatore, sia nelle diverse esperienze maturate all’interno delle Soprintendenze siciliane con la catalogazione, sia con la responsabilità diretta in alcuni settori di scavo a Palermo nel rione Castello San Pietro, nell’area adiacente al tribunale destinata alla nuova pretura, nella cripta della cattedrale, nella Cuba Soprana, all’interno del Palazzo Steri sede del Rettorato dell’Università, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli (La Gancia) -, fino alla istituzione di un laboratorio per la catalogazione della ceramica tardoantica e medievale proveniente proprio dallo scavo de La Gancia. Fin dal 1985, ancora studentessa universitaria, mi è stata a fianco per quasi trenta anni, partecipando allo scavo e alle ricerche collaterali sulla necropoli paleocristiana di Agrigento, collaborando attivamente con me alla loro edizione nei due corposi volumi Agrigento. La necropoli paleocristiana sub divo (Roma 1995) e Agrigento dal tardoantico al medioevo (Todi 2008). In tutti quegli anni ho visto crescere l’allieva intelligente e preparata ed affermarsi la studiosa ricercatrice attenta, che nel tempo è divenuta l’amica cara, generosa, sempre disponibile, la collega con cui ho condiviso molte battaglie e le soddisfazioni di una professione e di una ricerca non sempre facili, ma in cui entrambe abbiamo sempre creduto. Le sue non comuni capacità organizzative nella gestione di un cantiere di scavo, unitamente alla solida preparazione scientifica, le hanno guadagnato negli anni la stima dei colleghi delle Soprintendenze di Trapani e di Palermo.

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R.M. Carra Bonacasa - Fabiola Ardizzone. L’allieva, l’amica, la studiosa

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Con la Soprintendenza di Trapani partecipa al progetto “Scavi e ricerche nel sito di Case Romane” nell’isola di Marettimo attivo dal 2008, pubblicando con i suoi collaboratori, tra il 2010 e il 2012, tre note preliminari sulla scoperta di un insediamento cristiano ancora sconosciuto, di un battistero bizantino annesso a una basilica, senza rinunciare a puntualizzare i contesti di scavo attraverso lo studio della ceramica ivi rinvenuta. - Ardizzone F., Di Liberto R., L’insediamento cristiano di “Case Romane” nell’isola di Marettimo dal periodo protobizantino alla rifondazione di età normanna, in Cantieri e maestranze nell’Italia medievale, a cura di M.C. Somma, Spoleto 2010. - Ardizzone F., Un impianto battesimale nell’isola di Marettimo: cronologia, tipologia e significato, in Il primo cristianesimo nell’Africa romana e in Sicilia: quattro note, a cura di R. M. Carra, Studi di Archeologia 2, Palermo 2011. - Ardizzone F., Pezzini E., Agrò F., Pisciotta F., Dati sulla circolazione della ceramica e sulle rotte del Mediterraneo occidentale attraverso i contesti tardoantichi e medievali di Marettimo, in Atti del IX Congresso Internazionale sulla Ceramica Medievale nel Mediterraneo, a cura di S. Gelichi, Venezia 2012. Nel 2012, grazie ad una convenzione firmata a Palermo tra la Soprintendenza ai Beni Culturali, l’Università degli Studi e l’Università americana dell’Iowa, nell’ambito di un ampio progetto di ricerca, è stata ripresa l’indagine archeologica nel sito pluristratificato su cui sorse, nel XIV secolo, l’insediamento monastico di Santa Maria di Gangivecchio. Fabiola Ardizzone ebbe il coordinamento delle ricerche e partecipò con due stretti collaboratori e diversi allievi alle indagini archeologiche. Anche in questa occasione è stata sua cura pubblicare in forma preliminare i risultati per puntualizzare il ruolo strategico assunto dall’insediamento antico nell’entroterra delle Madonie, lungo la viabilità interna della Sicilia. - Ardizzone F., Gangivecchio, alcune novità dalla prima campagna di scavi, in Ceramica, marmi e pietre. Note di archeologia tra Sicilia e Creta a cura di F. Ardizzone, Palermo 2012. - Ardizzone F., Manenti M., Gangivecchio (PA), prima campagna di scavo. Nuovi dati sul destino delle ville romane, in R. Martorelli, A. Piras, P. G. Spanu (a cura di), Isole e terraferma nel primo Cristianesimo. Identità locale ed interscambi culturali, religiosi e produttivi. Atti XI Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana , Cagliari 2015. Negli anni 2011-2015 si distingue per una intensa attività di divulgazione scientifica. Partecipa a convegni e incontri internazionali di Archeologia medievale presentando risultati sempre nuovi sulle ricerche che andava conducendo sugli aspetti della islamizzazione in Sicilia. Nel 2011 partecipa a Catania, al XV Symposiumon on Mediterranean Archaeology (SoMA) con la relazione: Production and Circulation of Palermitan Amphoras in Medieval Mediterranean. Nel 2012 fa parte del comitato scientifico ed è anche uno dei relatori del Convegno “Le processus de islamisation en Sicile et en Méditérranée centrale” svoltosi a Palermo, del quale ha curato anche gli atti in collaborazione con Annliese Nef. Nel 2013 partecipa a Tunisi al convegno su “Les Migrations des Jerbiens et autres insulaires méditerranéens à travers les siècles” con un contributo su Il commercio delle giare gerbine in Sicilia nel Medioevo.


R.M. Carra Bonacasa - Fabiola Ardizzone. L’allieva, l’amica, la studiosa

Sempre nel 2013, al Churchill College della Università di Cambridge, partecipa al convegno “Trade, Travel and Trasmission in the Medieval Mediterranean”, con una relazione in collaborazione con la sua dottoranda Viva Sacco dal titolo Alcuni dati su Palermo in età islámica. Lo scavo della Chiesa di Santa Maria degli Angeli alla Gancia. Ancora nel 2013, a Mahdia in Tunisia, partecipa al “VI Colloque International l’Africa/l’Ifriqiya et la Mediterranée Centrale de l’Antiquité au Moyen Age: echanges et contacts”, con una relazione su Il porto di Palermo in età islámica: fonti e indicatori archeologici, redatta in collaborazione con Elena Pezzini. Nel Maggio 2014 è a Londra al Workshop su “The Aglabids and Their Neighbors. Art and Material Culture in Ninth - Century North Africa”. Purtroppo il 13 maggio 2016 un male terribile, che l’affliggeva da qualche anno e contro il quale aveva lottato con tutte le forze nella speranza mai sopita di riuscire a domarlo, l’ha sottratta alla sua famiglia che tanto amava, ai numerosi amici che le erano tanto cari, agli studi che ha saputo coltivare con passione ed entusiasmo fino alla fine, agli allievi che aveva coinvolto nelle sue ricerche con le capacità e il carisma che l’hanno sempre distinta, ancora di più negli anni - ahimè troppo brevi! - in cui ha insegnato l’Archeologia Medievale nell’Università di Palermo. Con la scomparsa di Fabiola Ardizzone l’Archeologia ha perduto un ricercatore impegnato e promettente che ha saputo imporsi per le sue qualità intrinseche in Italia e all’estero; all’Università di Palermo viene a mancare uno dei suoi docenti più capaci, alla nostra società una donna coraggiosa dalle rare qualità umane.

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Quando e perche’ fu scritta la Vita di Gregorio di Agrigento?

Salvatore Cosentino

ABSTRACT KEYWoRDS: Hagiography, Agrigento, Sicily, Byzantium The article aims at revising the opinion according to which the bios of Gregory of Agrigento would have been written between the mid 8th century and 830s. There are no cogent elements demonstrating that the hagiographer knew the Constitutum Constantini or that when he wrote the bios the transfer of Illyricum and Sicily and Calabria to the patriarchate of Constantinople had already occurred. On the contrary, a set of coherent hints inside the Vita – in particular, the description of the urban cityscape of Agrigento and its ancient port – argues in favor of its redaction between the last decade of the 7th and the first twenty years of the 8th century. The ecclesiological milieu in which the text is framed is that of a contestation of the jurisdictional prerogatives of Rome over Sicily. Moreover, it is possible to suggest that Leontios hegumenos to whom the more ancient redaction of the Vita is ascribed is to be identified with the homonymous monk of S. Saba, who took part in the Constantinopolitan council of 691-692.

Università degli Studi di Bologna - Dipartimento di Beni Culturali salvatore.cosentino@unibo.it

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S. Cosentino - Quando e perchè fu scritta la Vita di Gregorio di Agrigento?

La Vita di Gregorio di Agrigento è uno dei testi più conosciuti nell’ambito della agiografia italogreca. La redazione più antica, come noto, venne composta da un certo Leontios, egumeno del monastero romano di S. Saba, in una data incerta, da circoscrivere tra il 750 e l’830 secondo il suo ultimo editore, Albrecht Berger1. Si conservano altre tre recensioni abbreviate del bios. La prima è contenuta nel menologio metafrastico tramandato dal cod. Paris. gr. 1180 (BHG 708), e si deve a Niceta David Paflagone, un prolifico autore di encomi attivo tra la fine del IX e la prima metà del X secolo2. La seconda è attribuita ad un altro egumeno di S. Saba di nome Marco (BHG 707 p), forse fittizio, trasmessa dal Val. Pal. 4233. La terza, dovuta ad anonimo, forse sempre un monaco di S. Saba secondo Merendino, è contenuta nel codice Vindob. hist. gr. 11 (BHG 708 f)4. Il culto del santo è ricordato il 24 novembre nel Sinassario costantinopolitano (X sec.)5, accolto in quello armeno (XIII sec.)6, nonché celebrato nell’innografia in diversi canoni attribuiti a Giuseppe Innografo (816ca. – 886) e in un inno di un meno famoso compositore italogreco di nome Stefano (XI secolo)7. La diffusione del culto del santo nell’oriente bizantino ha lasciato traccia di sé anche nell’arte figurativa giacché il nostro Gregorio è raffigurato in un mosaico della chiesa della Madre di Dio del monastero di Daphne, nei pressi di Atene, in altri edifici di culto della Grecia, Cappadocia e Georgia8, nonché in una miniatura del celebre Menologio Ringrazio i colleghi Carmelo Crimi e Mario Re per avere letto l’articolo prima della sua pubblicazione, facendo intelligenti commenti e dandomi indicazioni bibliografiche. Naturalmente, la responsabilità di quanto qui sostenuto è soltanto mia. 1 Berger 1995. In Berger 2006, p. 26 l’arco di composizione della Vita viene circoscritto tra il 750 e l’828. Anche prima di Berger, alcuni studiosi avevano avanzato una ipotesi di datazione più o meno simile: Patlagean 1964, pp. 591-592 e Mango 1973, p. 705, pensavano ad una data successiva al trasferimento della giurisdizione sulla Sicilia al patriarcato di Costantinopoli; Sansterre 1983, I, p. 133 (redatta tra il primo e il secondo iconoclasmo, secondo la proposta della Patlagean). Martyn 2004, p. 20, riprendendo la tesi di Morcelli, data la Vita agli anni ’20 del VII secolo. 2 Merendino 1979, pp. 363-364; Berger 1995, pp. 128-131. Il testo, accessibile agli studiosi nella edizione disponibile nella PG 116, cc. 189-261, è stato oggetto di due recenti articoli di C. Crimi (cfr. Crimi 2016a e Crimi 2016b). Su Niceta Paflagone, cfr. ODB II, p. 1480 (A. Kazhdan); PBE, Niketas 65; PMBZ II, 25712. 3 Merendino 1979, pp. 364-367; Berger 1995, p. 45. 4 Merendino 1979, pp. 367-368; Berger 1995, p. 126. Rispetto a Merendino, inoltre, Berger 1995, p. 125, aggiunge la testimonianza del Sin. gr. 524, che considera al confine tra un manoscritto con varianti della versione antica della Vita e una vera e propria diversa recensione di essa. 5 Synax. Const., cc. 251-253. Nella recensione Sa (= Paris. gr. 2485), del XII sec., si precisa che la sinossi liturgica in onore del santo era celebrata nella chiesa di S. Cristina nei pressi del Grande Palazzo (Synax. Const., c. 251, ll. 45-46). Sulla memoria di Gregorio nel Sinassario costantinopolitano, cfr. Morini 1991, p. 154 e Berger 1995, pp. 133-134. Sul Sinassario stesso, cfr. Luzzi 2014. 6 Sempre il 24 novembre: Synax. Arm., pp. 85-106; il sinassario, attribuito al monaco Ter Israel, appare riassumere la Vita antica: Berger 1995, p. 134. 7 Giuseppe Innografo: Berger 1995, pp. 134-136; Stefano: Schirò 1947, pp. 169-170 (commento); Schirò 1948, p. 18 (testo). 8 Pace 1949, p. 285; Lazarides 1977, p. 26. Si noti che alcuni autori, come Merendino 1979, p. 359, n. 6; Amore, c. 170; Motta 2004, p. 269, n. 336, attribuiscono il mosaico raffigurante il santo al monastero di Hosios Loukas di Dafni (in Beozia), ove è invece ritratto Gregorio Taumaturgo. Per una analisi delle testi*

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di Basilio II, sorta di versione figurata del Sinassario costantinopolitano, conservato nel Vat. gr. 16139. Una tale ricchezza di memoria agiografica è stata oggetto di una considerevole mole di studi, che si sono concentrati su vari aspetti della Vita antica, prendendone in esame la struttura dell’ impianto narrativo e gli elementi fiabeschi insiti in essa, sulla base del modello del romanzo greco10; il ruolo del bios nel discorso ecclesiologico tra Roma, Costantinopoli e la Sicilia tra VIII e IX secolo11; la sua testimonianza come specchio di storia socio-culturale e della mobilità geografica del Mediterraneo tardoantico12; e, infine, la sua importanza per la conoscenza delle trasformazioni religiose, urbanistiche e topografiche di Agrigento tra la tarda antichità e l’alto medioevo13. In questa tradizione di studi di considerevole rilevanza, qualitativa e quantitativa, il presente contributo non ha l’ambizione di proporre una ricerca a tutto tondo sul bios del vescovo agrigentino. Mi propongo di concentrare l’attenzione su due aspetti di esso che, tuttavia, costituiscono un fondamento importante anche per una sua riconsiderazione complessiva: in primo luogo, il problema della datazione; e, in secondo luogo, le finalità della sua redazione. Come si è detto, Albrecth Berger argomenta una datazione in forma larga del bios ad un periodo compreso tra il 750 e l’830.14 Questa datazione è stata sostanzialmente accolta, con poche eccezioni, da tutti i commentatori successivi15. Le motivazioni più stringenti che ne stanno alla base appaiono sostanzialmente tre: 1) il testo conterrebbe le tracce di una conoscenza da parte del suo autore del Constitutum Constantini16; 2) al momento in cui fu composto, sarebbe già avvenuto il trasferimento della giurisdizione ecclesiastica sull’Illirico orientale e sulla Sicilia e Calabria dal patriarcato romano a quello di Costantinopoli17; 3) nella narrazione, dopo il suo pentimento la prostituta Evodia viene inviata dal papa nel monastero di S. Cecilia, che fu trasformato in una comunità maschile da Pasquale I (817824)18. Questo terzo punto fissa un terminus ante quem piuttosto solido, mentre molto più

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monianze artistiche concernenti Gregorio, che compare anche nella decorazione pittorica della chiesa nuova di Tokali (Cappadocia), nella Ala Kilise (Cappadocia), in quella di Akhtali (Georgia), a S. Sofia di Trebisonda, nella Panaghia tōn Kalkeōn (Salonicco), a S. Nicola orfano (Salonicco), nel monastero di Protaton (Monte Athos) e, infine, nella Theotokos Pammakaristos, a Costantinopoli, si veda Castelfranchi Falla 2002, part. pp. 148-149. 9 D’Aiuto 2008. 10 Conca 1985; Pricoco 1989, pp. 357-358; Re 2011, pp. 245-246, sottolinea il basso livello stilistico della lingua, ma nota una notevole complessità e coerenza dell’intreccio narrativo, con efficace tecnica della ‘ripresa’ (analēpsis) di eventi del passato che si rivelano importanti per la vita futura del vescovo Gregorio. 11 Con parere divergenti: Patlagean 1964, pp. 594-602; Sansterre 1983, I, p. 135; Acconcia Longo 2006, pp. 130-140. 12 Motta 2004, pp. 268-305; Caliri 2005, pp. 937-948; Caliri 2006, pp. 1175-1177. 13 Mercurelli 1948; De Miro 1980; Trizzino 1980; Bonacasa Carra et alii 2007, part. pp. 1940-1944 (G. Schirò); Morciano 2001; Ardizzone, Pezzini 2014, pp. 289-299; Rizzo 2011; Rizzo 2014; Rizzo, Parello 2014; Sami 2014; Schirò 2014, pp. 170-184, 185-201; Caminneci 2014; Caminneci 2015 (ringrazio l’Autrice per avermi fatto leggere il suo contributo prima che fosse pubblicato). 14 Supra, n. 1. 15 Con l’eccezione di Martyn 2004, p. 20 (anni ’20 del VII sec.) e Sami 2014, che accoglie questa datazione. von Falkenhausen 1984 sembra incline a credere che il bios sia stato composto prima della conquista musulmana della Spagna. 16 Berger 1995, pp. 41-43. 17 Berger 1995, p. 35; prima di Berger, si erano espressi in tal senso: Patlagean 1964, p. 592; Mango 1973, p.705 (‘probablement’); Sansterre 1983, I, p. 133. 18 Berger 1995, p. 47.


S. Cosentino - Quando e perchè fu scritta la Vita di Gregorio di Agrigento?

aleatori paiono il primo e il secondo per la determinazione di un terminus post quem per la redazione della Vita. È necessario, pertanto, riesaminarli in dettaglio. Diversi studiosi ritengono che il più famoso falso del medioevo – la Donazione di Costantino – sia stato prodotto da un anonimo chierico della basilica di S. Salvatore in Laterano durante il pontificato di Paolo I (756-767)19. Alcuni lo credono sempre di ambiente romano, ma tendono a retrodatarlo all’età di papa Adriano I (772-795)20. Ma altri, come J. Fried, ne hanno proposto una interpretazione completamente diversa: non solo esso non implicherebbe alcuna cessione di poteri temporali, bensì una subordinazione ecclesiastica di Roma e dell’occidente al vescovo di Roma, ma l’atto stesso sarebbe stato fabbricato verso l’830/833 nel monastero di Corbie, o in quello di Saint-Denis, nei circoli del dissenso contro Ludovico il Pio (e la sua politica di divisione dell’impero e di controllo del ceto episcopale) guidati dagli abati Wala e Ilduino21. Tuttavia, anche a prescindere dal momento in fu prodotta la falsa donazione di Costantino - e, soprattutto, dall’età dalla quale essa cominciò ad essere nota all’opinione pubblica - se confrontiamo il passo del bios con il testo del Constitutum le affinità non appaiono stringenti. Mentre, come è notissimo, in quest’ultima testimonianza l’imperatore Costantino avrebbe fatto dono a papa Silvestro di Roma e omnes Italias seu occidentalium regionum provincias, loca et civitates (Const. Const., 17, 264)22, nella Vita di Gregorio il potere del papa viene reclamato solo sulla metà della città di Agrigento (91, 5-5)23. Più avanti nella narrazione si apprende che Gregorio ha bisogno dell’autorizzazione dell’imperatore per edificare un’altra chiesa e il palazzo episcopale (95, 3-4); un’autorizzazione che il basileus concede, assegnandogli la metà della stessa città che era posseduta dal pio impero, ove il santo possa liberamente costruire un «nuovo edificio fedele a Dio e l’episcopio» (96, 18-20). Nella presenza di una doppia autorizzazione, papale e imperiale, necessaria a Gregorio per l’edificazione di una nuova chiesa ricavata da un edificio templare in disuso, sembra di potere vedere il riflesso, come è stato scritto24, di una duplice procedura legale. Dal un lato, l’autorizzazione del vescovo di Roma necessaria ad un presule sottoposto alla sua giurisdizione per la consacrazione di un nuovo edificio di culto; dall’altro, la licenza dell’imperatore ad utilizzare un bene di pertinenza pubblica. È vero che il mai menzionato papa della Vita Gregorii rivendica il possesso di metà della città di Agrigento in virtù di una donazione fatta al corifeo degli Apostoli da parte dell’imperatore Costantino (91, 10-11). Ma non è necessario vedere in questo passo un riflesso della Donazione di Costantino, giacché la venerata memoria di quest’ultimo e la sua attività munifica verso la chiesa di Roma era nota nella città papale. Si pensi all’elenco delle donazioni fatte dallo stesso Costantino a papa Silvestro contenute nel Liber Pontificalis, che fanno menzione di beni sparsi tra l’Italia, la Sicilia - appunto - l’Africa, la Grecia, l’Egitto, la Siria. Di recente, proprio in relazione all’elenco di queste donazioni, diversi studiosi hanno argomentato di possibili interpolazioni che sarebbero state fatte al 19 Fuhrmann 1973; Loenertz 1974, in part. p. 244: Loenertz 1976; Huyghebaert 1976; Arnaldi 1981, in part. pp. 346-350, 356-358. 20 Hehl 1991; Hartmann 2006, pp. 182-193. 21 Fried 2007, pp. 111-114 e passim. 22 Furhmann 1968, p. 93. 23 La citazione del bios rimanda sempre al numero di capitolo e di rigo dell’edizione Berger 1995. 24 Schirò 2014, p. 173.

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nucleo originale, forse nel VI o nel VII secolo25. Questo significa che presso la cancelleria papale di quei secoli si aveva piena consapevolezza del ruolo svolto da Costantino come evergete cristiano, tanto da giustificare le interpolazioni di beni nella lista originaria ‘costantiniana’ nella Vita Silvestri del Liber Pontificalis. Inoltre, è un fatto che proprio in Sicilia la chiesa romana godeva di un estesissimo patrimonio fondiario, i cui originari titoli di proprietà dovevano essere in molti casi di origine pubblica. D’altra parte, già a partire dalla fine del V o gli inizi del VI secolo, doveva circolare a Roma tra i materiali leggendari a disposizione dei devoti un nucleo primitivo degli Actus Silvestri, in cui era il papa ad essere protagonista della conversione dell’imperatore e a conferirgli il battesimo26. Nel capitolo 75 della Vita, quando l’imperatore e l’arcivescovo di Costantinopoli leggono la relazione concernente il comportamento di Gregorio, decidono di inviare propri delegati a Roma, in previsione della escussione degli accusatori del santo. La scelta dell’arcivescovo cade sui vescovi di Ancyra, Cizico e Corinto (75, 3-4). L’inclusione del titolare di quest’ultima sede è stata ritenuta da diversi studiosi un sicuro terminus post quem per la datazione della Vita ad un periodo successivo al trasferimento della giurisdizione sull’Illirico meridionale, la Sicilia e Calabria dal patriarcato romano a quello costantinopolitano, avvenuta negli anni ’30 o ’50 dell’VIII secolo27. V’è da domandarsi, tuttavia, se si tratti davvero di una indicazione cogente. A partire dagli anni ’90 del VII secolo, infatti, vi sono chiari indizi che il ruolo primaziale di Roma si era indebolito nell’Illirico orientale a vantaggio di una gravitazione che, di fatto, diversi episcopati avevano verso Costantinopoli. Al II concilio Trullano (691-692) parteciparono diversi vescovi che formalmente erano sotto la giurisdizione patriarcale romana, come i presuli di Philippoi, Lemnos, Amphipolis, Edessa, Stoboi, Kydonia, Kisamos e Chersonesos, oltre i metropoliti di Dyrrhachion e Gortyna28. Il titolare di quest'ultima sede sottoscrisse come rappresentante della chiesa romana29 (anche se il vicario dell’Illirico era il metropolita di Tessalonica, assente, come quello di Corinto, dal concilio), ma la sua azione fu poi sconfessata da papa Conone, che si rifiutò di sottoscrivere i deliberati del sinodo30. La redazione più antica della Vita di Andrea, metropolita di Creta, composta verso la metà dell’VIII secolo da un alto dignitario della capitale bizantina che aveva conosciuto il protagonista, afferma che egli fu eletto in quell’ufficio attorno al 712/713 mentre si trovava a Costantinopoli, dove in precedenza era stato impiegato come amministratore dell’orfanotrofio di S. Paolo e della diaconia di S. Eugenio31. Per alcuni autori, come Tsougarakis, questo significa che la metropoli gortinia era, di fatto, già agli inizi dell’VIII secolo, fuori dalla giurisdizione patriarcale romana32. Caseau 2012, pp. 536-544; Moreau 2012, p. 581, che tuttavia (in maniera forse un po' contraddittoria) non crede ad una utilizzazione del mito di Costantino da parte della chiesa romana prima dell'età di Adriano I; Montinaro 2015, part. pp. 218-220, 229. 26 Canella 2013, pp. 241-242; contra, Moreau 2012, p. 570. 27 oltre agli studiosi citati alla nota 1 (Patlagean, Mango, Sansterre), cfr. anche Berger 1995, p. 35 e Motta 2004, p. 284. 28 ohme 1990, pp. 222-234. 29 PMBZ I, 833 = PBE Basilius 3. 30 Lib. Pont. I, p. 373. 31 Vita Andreae Hieros. 5 (p. 175). Su Andrea di Creta, cfr. PMBZ I, 362, lemma molto più ricco e dettagliato di quello di PBE Andreas 3. 32 Tsougarakis 1988, p. 203. 25

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