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Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra
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Studi in memoria di Fabiola Ardizzone 2 Scavi, Topografia e Archeologia del paesaggio a cura di Rosa Maria Carra Bonacasa - Emma Vitale
Palermo 2018
Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo dei fondi dell’Università degli Studi di Palermo
Si tratta del secondo dei quattro QDAP (nn. 10-13) dedicati alla memoria di Fabiola Ardizzone da un folto gruppo di colleghi e allievi. Gli argomenti trattati sono stati suddivisi per tematiche: 1.Epigrafia e Storia; 2. Scavi, Topografia e Archeologia del paesaggio; 3.Ceramica; 4.Varie. Comitato Promotore: Rosa Maria Carra, Elisabetta De Minicis, Sauro Gelichi, Maria Chiara Lambert, Simonetta Minguzzi, Marcello Rotili, Emma Vitale. Comitato Scientifico: Fabrizio Bisconti, Carlo Ebanista, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Chiara Maria Lambert, Rossana Martorelli, Danilo Mazzoleni, Philippe Pergola, Giuseppe Roma, Marcello Rotili COLLANA CON REFEREE
In copertina: Monte Kassar. La chiesetta medievale (intervento 11). Foto dal drone. In quarta di copertina: La vasca del battistero di Tas-Silg a Malta.
Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it
ISBN 978-88-99751-42-5
Studi in memoria di Fabiola Ardizzone. 2. Scavi, Topografia e Archeologia del paesaggio, (R. M. Carra Bonacasa - E. Vitale a cura di), Antipodes, Palermo 2018.
INDICE
L’occupazione post-medievale di Gangivecchio (Palermo). Relazione preliminare delle recenti indagini archeologiche condotte nell’area ad Ovest del complesso abbaziale di Francesca Agrò
Insediamenti e cultura materiale nell’area di Castronovo di Sicilia. Secoli VI-XIII di Martin Osvald Hugh Carver, Alessandra Molinari
The Harvesting Memories Project: Landscape Archaeology in the Castro/Giardinello Valley and Mt. Barraù (Corleone, Palermo) di Angelo Castrorao Barba, Antonio Rotolo, Pasquale Marino, Stefano Vassallo, Giuseppe Bazan
Archeologia dei paesaggi storici e archeologia della sostenibilità di Carlo Citter
L’apicoltura rupestre nella Tuscia di Elisabetta De Minicis
Archeologia del costruito e analisi urbanistica del centro storico di Castronovo di Sicilia (PA). Primi risultati delle ricerche di Nicoletta Giannini
Sardegna e Sicilia: relazioni culturali, religiose ed economiche fra le due isole tirreniche maggiori in età postclassica. Spunti di ricerca di Rossana Martorelli
Il Duomo di Cosenza alla luce delle recenti indagini archeologiche. Alcune note preliminari di Giuseppe Roma, Franca C. Papparella
Il battistero di Tas-Silg a Malta: vecchie e nuove acquisizioni di Marco Sannazaro
Ecclesia Sancti Leonardi: un luogo di ospitalità sulla strada Agrigento - Licata nel XIII secolo di Giuseppina Schirò
7 29
53 79 93
111
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157 183
203
L’eparchia delle Saline e le isole Eolie tra Tardoantico e alto Medioevo. Studio topografico comparativo di due terre sullo stretto di Messina di Francesca Zagari 235
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Il Duomo di Cosenza alla luce delle recenti indagini archeologiche. Alcune note preliminari
Giuseppe Roma, Franca C. Papparella
ABSTRACT KEYWORDS: Cosenza, Cathedral, archaeological investigations The archaeological investigations conducted inside the cathedral of Cosenza have clarified various aspects of the history of the city. Under the presbytery plan, in fact, the mosaic floor of a baptismal font with channels of inflow and outflow of water has been brought to light. The vitreous finds, found buried in a hole inside the baptismal font, document a function of use of the source from the end of the IV to the end of the VI-beginning of the VII century. The site is reoccupied in the 13th century with the construction of the cathedral of Frederick II. UniversitĂ della Calabria g.roma@unical.it francapapparella@gmail.com
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G. Roma, F.C. Papparella - Il Duomo di Cosenza alla luce delle recenti indagini archeologiche.Alcune note preliminari
L’arcivescovo, mons. Salvatore Nunnari, promuoveva nel 2008 un progetto per la sistemazione del piano presbiteriale e absidale del Duomo di Cosenza (Fig. 1). L’intento era quello di abbassarne il livello per rendere visibile la cattedra arcivescovile anche ai fedeli seduti nelle prime file dei banchi della navata centrale. I lavori iniziavano nel settembre del 2008, ma l’intervento dei carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale di Cosenza imponeva alla ditta aggiudicatrice dell’appalto la presenza degli archeologici1. Avviate le indagini, veniva messo in luce il ricco palinsesto stratigrafico, plurisecolare, dell’edifico sacro con un range cronologico compreso tra l’età ellenistica e il XX secolo2. Si individuava parte dell’abside originaria di età sveva e alcuni lacerti pavimentali in cocciopesto e in mattoni in cotto. Venivano recuperati anche alcuni frammenti di intonaci dipinti, reperti ceramici(una brocchetta in ceramica acroma) e vitrei. Alcune emergenze murarie, lacerti in opus tessellatum, vasellame vitreo e ceramico confermavano una frequentazione dell’area in età tardoantica,(si segnala una lucerna del tipo Firmalampen con bollo ATIMETI, (Fig. 2) ed ellenistica (frr. in vernice nera, una struttura muraria realizzata in mattoni e terra). Lo scavo archeologico all’interno del Duomo aggiunge un altro tassello alla millenaria storia della capitale dei Brettii. Già in passato erano stati recuperati materiali, purtroppo decontestualizzati, provenienti dall’interno della Cattedrale, attualmente esposti presso il museo dei Bruzi. Sono citati in un Catalogo del 1942 come provenienti dal “sottosuolo della navata centrale del Duomo di Cosenza”. Di questi qualcosa di più si sa grazie ad un Catalogo del 1945, in cui si aggiungono particolari sui lavori di restauro effettuati all’interno del Duomo nel 1933 durante i quali si rinvenne anche una pisside a vernice nera3. Ma le indagini archeologiche appena condotte sono servite a chiarire anche alcuni aspetti legati alla controversa ubicazione e datazione della cattedrale paleocristiana di Consentia. La tradizione erudita della città, infatti, aveva collocato la primitiva cattedrale sul colle Pancrazio, dove nel 1184, a causa di un disastroso terremoto, era crollata seppellendo anche il vescovo Rufus4.
1 La Dott.ssa Caterina Greco, Soprintendente archeologico per la Calabria, affidava la direzione scientifica dello scavo alla cattedra di Archeologia Cristiana e Medievale dell’Università della Calabria ricoperta dal sottoscritto, mentre le operazioni stratigrafiche sul campo erano seguite dalla dott.ssa Franca Papparella. 2 Un’iscrizione, collegabile cronologicamente al mandato del vescovo Camillo Sorgente testimonia i primi lavori di restauro che interessarono la Cattedrale di Cosenza: A. D. MDCCCLXXXVI/ POSTRIDIE IDUS IUNII/ REGNANTE. LEONE. PP. XIII/ D. O. M./Tra gli anni 1886 - 1902, il Pisanti attuò degli interventi di restauro, meglio definibili come dei lavori di rinnovamento, “ab imis”, della “nave traversa al limite delle absidi. Tale cronologia ci viene confermata dal recupero di alcune pipe in terracotta, proprio a ridosso delle “briglie” moderne costruite per il consolidamento contro gli eventi tellurici che hanno continuamente flagellato Cosenza e la sua Cattedrale. 3 Cerzoso, Vanzetti (eds.) 2014, p. 539. 4 «IX Kal. Jiunii terraemotus adeo magnus et terribilis fuit per totam Calabriam in Valle de Crati et vallem de Sinu… et Rufus Cosentinus Archiepiscopus, et multi alii sub muro rum precipitio suffocati sunt»: Annales Casinenses, in G.H. Pertz (ed.), Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XIX, Hannoverae 1866, p. 313; Andreotti 1869, p. 451; Terzi 2014, p. 165.
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Fig. 1. Cosenza, Duomo: area dello scavo archeologico (elaborazione di A. Zappani)
Cosenza, rilevante città romana attraversata dalla strada consolare ab Rhegio ad Capuam5, aveva accolto probabilmente un vescovo già tra IV e V secolo. Le prime notizie, infatti, di un’organizzazione capillare della Chiesa sul territorio dell’attuale Calabria, si hanno intorno al quarto secolo, allorché sono citati i vescovi Giuliano di Blanda Iulia6 e Leucosio di Taurianum7. Per avere notizie certe di un vescovo a Cosenza bisogna attendere la data del 599, quando il nome di Palumbus compare nell’epistolario di Gregorio Magno8. Le indagini archeologiche condotte all’interno della cattedrale ci consentono ora di avere una probabile testimonianza dell’esistenza di un’ecclesia episcopalis già alla fine del IV secolo. Fig. 2. Cosenza, Duomo: lucerna tipo Firmalampen con bollo Molto interessante, infatti, si dimostra il lacerto di mosaico pavimentale messo in luce durante le indagini, circondato da tracce di strutture murarie e da una canaletta di afflusso e da una di deflusso dell’acqua (us 145 e us 111), che farebbero pensare a un fonte battesimale. Nei resti del pavimento mosaicato sembra potersi riconoscere un motivo a scacchiera incorniciato, in quanto è possibile individuare nettamente un quadrato di tessere bianche circondato su tutti i lati da tessere nere (Fig. 3). Ciò che colpisce immediatamente è la fattura irregolare delle tessere nere, tra l’altro, di diverse dimensioni. Probabilmente si tratta di tessere reimpiegate o comunque poste in opera con imprecisione. Anche nell’orditura di quelle bianche si riscontra una medesima “vivacità” nella disposizione. Ferrua 1955, pp. 237-255; Bracco 1977, pp. 9-18; Givigliano 1994, pp. 241-362; Cantarelli 1999, pp. 177181. 6 CIL. X, 480. Per quanto riguarda la prima organizzazione ecclesiastica dell’Italia meridionale e dell’attuale Calabria, in particolare, cfr. Otranto 1991. 7 De Salvo 1886, p. 126; Ferrua 1955, p. 22; Costabile 1976, pp. 83.90; Otranto1991, pp. 45-46. 8 Reg. Ep. IX, 135 5
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Fig. 3. Cosenza, Duomo: area dello scavo con mosaico e canaletta di deflusso
Il contesto che conserva il lacerto musivo ricorda molto da vicino il mosaico che decora una vasca battesimale anteriore al rifacimento crociato della chiesa di S. Giuseppe a Nazareth9 (Fig. 4). A Cosenza come a Nazareth il rigo ornamentale costituito da tessere nere è su fondo bianco e, anche qui, le tessere sono grandi e messe in opera con imprecisione. A Nazareth, poi, una buca scavata sul fondo della vasca, è stata interpretata come una vaschetta per l’acqua, anche se il taglio delle pareti appare irregolare e senza la presenza di malta impermeabilizzante. Secondo P. Viaud, i numerosissimi frammenti di marmi colorati trovati all’interno della vasca al momento dello scavo, dovevano essere i resti del rivestimento delle pareti10, ma la mancanza di fori per ancorare i marmi fa ipotizzare al Bagatti che, probabilmente, i marmi potessero ornare le pareti di un precedente ambiente distrutto11. Anche a Cosenza, sul lato orientale del mosaico, quasi a ridosso della canaletta di deflusso (us 111), viene scavata, è da ipotizzare dopo l’abbandono, una buca (us 122) e riempita con oggetti liturgici dismessi (portastoppini, frammenti di lampade, una brocca): una vera e propria fossa votiva, in cui oggetti adoperati per cerimonie sacre venivano smaltiti secondo una procedura ben disciplinata e riconoscibile che, di fatto per tutto il Medioevo, li considererà come reliquie12 (Fig. 5). La consuetudine di interrare oggetti in luoghi di culto è esercizio praticato fin dall’antichità. Nei templi, per esempio, quando i depositi della stipe votiva raggiungevano una quantità di oggetti eccessiva, si scavava una fossa, a volte all’interno del tempio, la favissa,“…ubi reponierant solita ea, quae in templo vetustate facta erant inutilia13”, per non farli profanare. Viaud 1910, p. 144. Ibidem, p. 142. 11 Bagatti 1967, p. 222. 12 Woolgar 2006, pp. 49-56. 13 Gronovii (ed.) 1824, p. 1126; Pensabene, Angelelli, Falzone, Rossi 2005, pp. 101 -104. 9
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Fig. 4. Nazareth, chiesa di S. Giuseppe: vasca battesimale con mosaico
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Fig. 5. Cosenza, Duomo: pianta dell’area dello scavo archeologico (elaborazione di Antonio Zappani)
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I materiali interrati farebbero pensare, considerato che il vano mosaicato era provvisto di un canale di afflusso e di deflusso dell’acqua, ad elementi utilizzati per le cerimonie liturgiche all’interno dell’originale struttura battesimale della Chiesa paleocristiana cosentina. Così la brocca14, le otto lampade (Isings 134), con tre anse adoperate per inserire il gancio metallico per la sospensione e la cui forma è attestata in Italia a partire dalla seconda metà del IV secolo d.C.15, rimandano agli arredi e al simbolismo16 della liturgia battesimale. All’inizio le suppellettili e gli oggetti liturgici non erano molto diversi dagli utensili domestici; solo più tardi vennero realizzati, nella maggior parte dei casi, in metalli preziosi e vetro decorato, che ovviamente riflettevano la moda del tempo17. L’interramento indica probabilmente Fig. 6. Copenhagen, National Museet: mosaico con anche il momento dell’obliterazione della baldacchino e lampada (Dalla Terra alle Genti, p. 163) vecchia vasca, intorno al V- VI secolo, quando il battesimo viene riservato non più soltanto agli adulti, ma esteso anche ai bambini18. Vi è allora anche una contrazione degli spazi e una semplificazione del volume delle vasche per adattarle alle diverse esigenze dei nuovi catecumeni19. A Cosenza non è possibile individuare l’articolazione degli spazi in cui si svolgeva la cerimonia battesimale, né l’ubicazione e l’orientamento di questi ultimi rispetto all’aula di culto, a causa del rinvenimento di pochissimi lacerti murari. È lecito, tuttavia, ipotizzare un vano con la vasca battesimale a pianta quadrata. Uno studio di Debora Morfino sulle strutture battesimali dell’Africa romana stima l’ampiezza media delle sale battesimali in m2 52,97 notando una prevalenza della pianta rettangolare nel 45% e di quella quadrata nel 35% dei casi20. Non siamo neppure in grado di stabilire Whitehouse 2001, p. 178. Ardizzone 1995, p. 128. 16 Le lampade, la luce, le vesti bianche, i metalli scintillanti, nel momento del battesimo assumono tutti un significato simbolico «Attraverso il battesimo egli fa del catecumeno una “nuova creatura”, illuminata dalla luce della vita eterna»: Baudry 2009, p.86. È Giustino che fa per primo un esplicito richiamo al parallelismo Battesimo-Illuminazione: «Tale lavacro è denominato illuminazione, perché chi accoglie queste dottrine, è illuminato»: Rigel Langella 2000, p. 199, n. 82. 17 Martorelli 2001, pp. 409 – 508. 18 Saxer 1988, p. 632. 19 Morfino 2011, pp. 17-18. 20 Ibidem, p. 34 14 15
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l’esatta collocazione topografica dell’impianto battesimale a Cosenza: all’interno dell’edificio basilicale, all’esterno, dietro l’abside o accanto. Molto probabilmente la vasca battesimale, come in altri esempi noti21, poteva essere sormontata da una struttura a baldacchino, cui erano sospese le otto lampade e il restante corredo rituale (Fig. 6). Per le mutate esigenze di ordine liturgico, plausibilmente verso la fine del VI inizi del VII secolo, l’originario fonte battesimale viene sostituito con un dispositivo di dimensione minore. Le lampade e gli oggetti funzionali all’espletamento del rito, non vengono gettati via, ma rispettosamente interrati all’interno del vecchio vano battesimale (us 122). Sui resti del piano mosaicato si nota anche la presenza di un foro circolare (us 120), che probabilmente venne scavato come fondazione per la base del nuovo fonte battesimale. Dopo questa fase non vi è più alcuna traccia di altri materiali datanti fino alla ricostruzione federiciana del duomo22 (Fig. 7). Anche il frammento di pavimento mosaicato, che si può osservare alla fine della navatella destra della cattedrale, non pare possibile datarlo prima della ricostruzione del 1222, in quanto non costituisce il rialzamento di un precedente piano pavimentale, come sostenuto da A. Nestori23, venendosi a trovare alla stessa quota della base del pilastro del duomo federiciano. Questo iato temporale di circa cinque secoli è riconducibile quasi certamente al nuovo assetto urbanistico che assume la città, dopo gli sconvolgimenti sociali prodotti dall’arrivo su questi territori dei Longobardi del Ducato di Benevento, che subito dopo scelgono Cosenza come sede del Gastaldo24.
Fig. 7. Cosenza, Duomo, navata centrale
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21 Ruggieri 2003, p. 318; Brandeburg 2004, p. 194 e nel mosaico di Copenhagen probabilmente di provenienza siriana, VI secolo (?): Dalla Terra alle Genti p. 163. 22 Di Dario Guida 1999, p. 72; Ughelli 1721, coll. 209-210. 23 Aldo Nestori data il lacerto di mosaico, in cui è inserito un frammento di bassorilievo, della navata destra della cattedrale al X- XI secolo: Nestori 1980, p. 58. 24 Roma 2010, p. 409.
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Fig. 8. Cosenza, Foto satellitare (Google Earth)
Fig. 9. (a-d): Cosenza. Duomo. a) area battisteriale; b) particolare della vasca; c) fossetta sacra con le tracce di combustione; d) foro per la fondazione della base del nuovo fonte
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È ipotizzabile che in questo periodo la parte bassa della città venga abbandonata dalla popolazione che trova rifugio sul colle Pancrazio (Fig. 8), così come attestato dalle sepolture trovate nella domus di Piazzetta Toscano25 e lungo Corso Telesio26. Sul colle, accanto all’attuale castello, si trasferisce anche la Curia arcivescovile, che lì è attestata prima del terremoto27.Resti dell’antica cattedrale sarebbero stati trovati durante i lavori per la costruzione, nelle vicinanze del castello, del convento dei Padri Cappuccini28. La catastrofe influì in maniera determinante nella formazione del successivo insediamento urbano, che si spostò più a valle rioccupando i siti di età romana e abbandonando il colle Pancrazio29 . La nuova cattedrale fu edificata sui ruderi della vecchia struttura paleocristiana di cui oggi i resti del fonte battesimale ci attestano l’esistenza (Fig. 9). Giuseppe Roma La fase tardo antica e l’area battesimale L’indagine archeologica30 eseguita nella zona presbiteriale e absidale del Duomo di Cosenza ha messo in luce un importante palinsesto stratigrafico (Fig. 1), fondamentale per una nuova lettura della storia dell’edificio di culto. La disamina dei dati di scavo ha rilevato una importante sequenza stratigrafica, evidenziando diverse fasi cronologiche, testimoniate da strutture murarie e reperti mobili. Anche il Duomo, come il resto del centro storico di Cosenza31, presenta una successione stratigrafica complessa che racchiude un ampio arco cronologico32 che va dall’età ellenistica al postmedioevo33. Luppino, Tosti 2014, p.507. D’Alessio 2014, p. 486. 27 …casalina subtus castrum munitionis, ubi fuit Curia episcopalis ante terremotum: Alaggio 2009, p. 102. 28 Ms. XVII sec. c. 13 29 Alaggio 2012, pp. 34-35. 30 Lo scavo (18 settembre - 30 ottobre 2008) è stato eseguito con la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria (dott. Silvana Luppino, alla quale va il mio più affezionato ricordo) e coordinati dalla Cattedra di Archeologia cristiana e medievale dell’Unical (prof. G. Roma). La direzione lavori è stata affidata all’architetto Mario Occhiuto. Sul campo ha operato l’EdilGalven Costruzioni di Giuseppe Galiano, l’ing. Maurizio Potami, gli architetti Roberto Giovene e Gilda Mistorni dello studio MOA (Mario Occhiuto Architetture), la dott.ssa Loredana Di Santo dell’Unical. A tutti va il mio più sentito ringraziamento, perché la collaborazione e la disponibilità di tutti ha reso possibile lo scavo. Con sincera e affettuosa gratitudine voglio ringraziare Don Giacomo Tuoto, rettore del Duomo, sempre presente e disponibile, e non da ultimo S.E. Mons. Salvatore Nunnari. Un ringraziamento va anche all’ing. Antonio Zappani, che si è occupato della rielaborazione grafica. 31 Per lo studio archeologico della città antica si vedano i seguenti contributi: Ossequio 2011; Luppino, Cerzoso 2014; D’Alessio 2014; Cerzoso, Tosti 2014; Sangineto 2014, pp. 497-502; Luppino, Tosti 2014; Tosti 2014; Terzi 2014; Cuteri 2015; Garella et alii 2015. Per una lettura corretta della Cattedrale va messa in relazione la fase tardoantica dell’area limitrofa, quale piazzetta Toscano e la zona tra A. Serra e corso Telesio, dove nel 1991 sono state rinvenute alcune tombe: Papparella 2009, pp. 156-157, n. 107. 32 I dati desunti dalla nostra sequenza stratigrafica vanno a confermare quanto rinvenuto sotto la navata centrale durante alcuni lavori di restauro, nel 1933, e a porre ulteriormente l’accento sulla fase di frequentazione di età ellenistica e romana in questo sito. Per i materiali rinvenuti nel 1933 e ora conservati al Museo dei Brettii e degli Enotri, tra cui una punta di lancia in ferro di IV secolo a.C. e una pisside, integra, a vernice nera datata al II-I secolo a.C., si veda Cerzoso, Vanzetti 2014 (eds.), pp. 539-540 e le relative schede di catalogo. 33 Cfr. D’Alessio 2014, p. 490, tav. A, per la collocazione delle indagini svolte nel Centro Storico. 25 26
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I continui e ripetuti interventi di restauro34 e rimaneggiamenti non hanno reso facile la lettura stratigrafica, ampiamente devastata da tagli, riempimenti e massicce sovrastrutture. Tuttavia, l’indagine di scavo si è rilevata di estremo interesse per la lettura delle diverse fasi di frequentazione dell’edificio di culto e a cui si rimanda in altra sede per la disamina completa e dettagliata35. Si vuole porre l’attenzione sulla fase tardo antica per la particolarità dei recuperi e per la conseguente lettura storica del Monumento e della diocesi paleocristiana di Consentia. Lo scavo della zona absidale ha messo in luce le testimonianze della fase medievale, ovvero la fase relativa alla costruzione della Cattedrale e alla successiva consacrazione da parte di Federico II nel 1222. Ben leggibili risultano essere le testimonianze. L’abside originaria di XIII secolo, che fu rasata alla fine del XVI secolo, per volere dell’arcivescovo Evangelista Pallotta36, con l’intento di creare un coro più vasto, alcuni lacerti pavimentali in opus sectile e in mattoni in cotto, nonché alcuni reperti vitrei pertinenti alla suppellettile liturgica e da illuminazione dell’edificio37. Nell’ampliamento dello scavo dell’area presbiteriale si è identificata la fase tardo antica. Uno strato di malta (us 117), abbastanza spesso, una volta asportato, evidenziava le unità stratigrafiche relative all’ambiente battesimale. Seppur nell’evanescenza delle tracce conservate si può ipotizzare che la vasca battesimale (Figg. 9-9a) abbia un impianto quadrato (m 3.40 x 3.40), con un invaso di m 2.40 e spessore dei muri superstiti di 0.50 cm (usm 115, 156). È caratterizzata, in una prima fase, da un piano musivo in opus tessellatum bianco e nero (us 119), ascrivibile alla fine del IV secolo d.C., in uso ancora nel corso del VI secolo, come dimostrano i manufatti vitrei rinvenuti in una piccola fossa. Questa fossetta sacra è realizzata dove c’è l’ingresso della canaletta di deflusso dell’acqua, nell’angolo orientale della vasca. La canaletta (us 111) è costruita con coppi fittili, infilati, posti l’uno sull’altro e decorati con un motivo impresso ad onda38. Si conserva per cm 180 e non si evidenzia l’uscita della stessa. Per quanto concerne, invece, la canaletta di afflusso (us 145) si ipotizza sia quella rinvenuta distrutta alla stessa quota e in posizione centrale, di ciò che resta della fondazione del muro perimetrale a N-E (usm 156) della vasca. Sembra ci sia stata una chiara volontà di lasciare parte dei coppi frammentati, ammaltati e posti l’uno sull’altro, su un piano coPer una analisi sui numerosi restauri della Cattedrale si rimanda a Baccari 1998, 2000. È in corso di pubblicazione il volume sugli scavi effettuati e i relativi materiali rinvenuti (Roma, Papparella, eds.) 36 Nella relazione ad limina di Mons. Pallotta del 1590 (cfr. Tucci 2007) vi è chiaramente espressa la volontà da parte dell’arcivescovo di riedificare dalle fondamenta il presbiterio e il coro; Santagata 1983 , p. 151, dove si apprende dell’allungamento del coro e della costruzione di un trono vescovile in marmo finissimo. 37 Trattasi di lampade pensili dagli steli parzialmente pieni e fondi tondeggianti e alcuni piccoli contenitori, quali balsamari per oli. 38 Tra il materiale fittile merita attenzione la consistente presenza di coppi e tegole piane con alette, di cui un esemplare in particolare, per essere caratterizzato dalla presenza del cappio/nodo, segnato mediante impressioni digitali prima della cottura. Tale simbolo viene letto con valenza apotropaica (nel significo egizio della vita), essendo comunemente associato alla croce copta e a un preminente utilizzo funerario in età altomedievale. L’assenza di sepolture all’interno dell’edificio, nell’area indagata, porta a considerare i laterizi quali materiali di copertura del tetto, vista anche la presenza di coppi. Difficile poter fare ipotesi sulla valenza che acquista la tegola così decorata all’interno del tetto dell’edificio di culto: reimpiego fortuito o uso dall’intenzionale significato profilattico. Per il valore simbolico, funzionale e per i diversi esempi: Fiorillo 2003a, p. 132, tav. 7. Recuperi si segnalano anche a Botricello: Corrado 2014, pp. 77-78. 34 35
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G. Roma, F.C. Papparella - Il Duomo di Cosenza alla luce delle recenti indagini archeologiche.Alcune note preliminari
stituito da pietre di piccole dimensioni (us 139), su cui insiste, coprendo anche l’us 145 (la canaletta), un piano in cocciopesto, molto ben conservato. La lettura stratigrafica documenta una ristrutturazione della vasca. Si rilevano le seguenti principali attività: la fossa sacra taglia (us 157) il mosaico e viene riempita (us 122) con materiale liturgico e da illuminazione (Fig. 9b); viene costruito un foro, in origine circolare (taglio us 120; riempimento us 121), dal diametro di cm 45, profondità cm 46, il cui interno è riempito di terra; taglia anch’esso il mosaico originario, e si evidenzia la costruzione di parte delle pareti (Fig. 9c); il mosaico tessellato viene coperto con un rivestimento in pietre lisce e piatte (us 123); queste vengono poggiate sul primitivo mosaico mediante un allettamento di malta molto tenace (us 118); il sistema di adduzione e di deflusso non è più in uso. Ciò porta a considerare il foro (us 120) la base di fondazione per un fonte più piccolo, da connettere, forse, a un cambiamento nell’espletamento rituale. Le esigue tracce superstiti non permettono una lettura certa di quale dovesse essere il rapporto tra la vasca battesimale e l’ambiente in cui era inserita39. L’esempio di Consentia mostra un vano (Amb. A)40 con accesso durante la prima fase di frequentazione. Nella fase di ristrutturazione l’ingresso viene tamponato (us 146) e a questo viene poggiato un gradino (us 131), parte di una scala (us 158, 169, 159), realizzando un ingresso diverso (Fig. 10). Si può ipotizzare quindi un ambiente inserito nel complesso episcopale, ma di cui non restano segni leggibili né dell’aula di culto, né delle strutture annesse.
Tuttavia, nel caso di battisteri urbani, viene indicata comunemente la presenza dell’episcopio e dell’edificio battesimale indipendente, che può essere isolato o connesso strutturalmente ad altri edifici (aula di culto, altre strutture legate all’uso liturgico), oppure con la vasca inserita in un ambiente separato dall’aula di culto, ma ad essa sempre collegata: Cantino, Cecchelli, Pani Ermini 2001. 40 Di notevole interesse è sottolineare la coerenza cronologica dell’area battesimale e di questo ambiente (us 153), dove sono stati rinvenuti alcuni frammenti di sigillata chiara D, tra cui tre scodelle e un frammento di parete, relativa anch’essa a una scodella, decorata a stampo con tre cerchi concentrici dentellati ripetuti, ascrivibili tra il IV e il pieno V secolo. Si evidenzia, inoltre, il recupero di frammenti di lampade pensili della stessa tipologia di quella della fossa sacra (us 122). 39
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Fig. 10. Ambiente A e zona di accesso all’area battesimale (elaborazione di Antonio Zappani)