Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra
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Studi in memoria di Fabiola Ardizzone 4 Varie a cura di Rosa Maria Carra Bonacasa - Emma Vitale
Palermo 2018
Dipartimento Culture e Società - Università degli Studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo dei fondi dell’Università degli Studi di Palermo Si tratta dell’ultimo dei quattro QDAP (nn. 10-13) dedicati alla memoria di Fabiola Ardizzone da un folto gruppo di colleghi e allievi. Gli argomenti trattati sono stati suddivisi per tematiche: 1.Epigrafia e Storia; 2. Scavi, Topografia e Archeologia del paesaggio; 3.Ceramica; 4.Varie.
Comitato Promotore: Rosa Maria Carra, Elisabetta De Minicis, Sauro Gelichi, Maria Chiara Lambert, Simonetta Minguzzi, Marcello Rotili, Emma Vitale.
Comitato Scientifico: Fabrizio Bisconti, Carlo Ebanista, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Chiara Maria Lambert, Rossana Martorelli, Danilo Mazzoleni, Philippe Pergola, Giuseppe Roma, Marcello Rotili.
COLLANA CON REFEREE
In copertina: Agrigento, Museo Archeologico Regionale: rilievo marmoreo bizantino con “albero della vita”. In quarta di copertina: Roma, catacombe di San Callisto. Cubicolo x-y, cosiddetti pesci eucaristici.
Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it
ISBN 978-88-99751-83-8
Studi in memoria di Fabiola Ardizzone. 4. Varie, R. M. Carra Bonacasa - E. Vitale (a cura di), Antipodes, Palermo 2018.
INDICE
Aspetti inediti e “prestiti” persiani nella Palermo islamica. Un complesso moschea/castello in agro palermitano (IX sec.) di Giovanni Franco Anselmi Correale
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Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica di Fabrizio Bisconti
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Dal “Tempio della Concordia” alla Basilica di San Gregorio dei Greci: status quaestionis di Rosa Maria Carra Bonacasa - Giuseppina Schirò
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Un riesame delle produzioni ceramiche invetriate agrigentine di Antonio Marco Correra
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Tra Nola e Marsiglia: l’interesse di Geremia Trinchese per l’archeologia cristiana di Carlo Ebanista
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Le “Segrete” e la Chiesa Inferiore del Palazzo Reale di Palermo. Nuove osservazioni sulla stratigrafia degli alzati di Ruggero Longo - Giuseppe Romagnoli
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Segni per una lettura archeologica del rapporto tra la medicina e la religione nell’Antichità. Brevi note di Franca C. Papparella
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Edilizia domestica nella Sicilia islamica: il caso dell’abitato presso la Villa del Casale di Piazza Armerina di Patrizio Pensabene - Paolo Barresi
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Arredi scultorei altomedievali dalla chiesa di S. Pietro di Leopoli-Cencelle di Francesca Romana Stasolla
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Profilo dell’attività scientifica di Fabiola Ardizzone di Emma Vitale
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Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
Fabrizio Bisconti
ABSTRACT KEYWORDS: Symbols, Pictorial Cycles, Early Christian Art, Cosmic imagery, Biblical scenes.
Early Christian art, which evolves in late antique figurative culture, proposes extensive and cyclical representations, but especially abbreviated expressions, to the point of involving symbols. In addition to the essential signs of the anchor, the fish, the sheep, the ship and the lighthouse, naturally deriving from the great cosmic, bucolic and maritime images, arise the first biblical scenes, mainly abbreviated, but also small cycles, such as the turbulent story of Jonah. The symbols/signs and the pictorial cycles have surprising comparison with the contemporaneous Jewish Art, showing a multi-religious attitude in the ideological culture of Late Antiquity.
UniversitĂ degli Studi Roma Tre - Dipartimento di Studi umanistici fabrizio.bisconti@uniroma3.it 49
F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
Nell’ambito della cultura figurativa della tarda antichità, l’arte propriamente cristiana, osservata nelle manifestazioni funerarie, in quelle monumentali, legate alla decorazione dei primi edifici di culto, e nella multiforme espressione delle cosiddette arti minori, è stata sempre percepita come un’arte di sintesi1, dove l’abbreviazione sembra derivare da un doppio fine semantico: da una parte, le scene e le figure singole o scene “asciugate”, sino ai limiti della riconoscibilità e della decodificazione2, sembrano concepite da maestranze che si muovono nel grande canale dell’arte “popolare” e anche dell’accezione “plebea”3, per impiegare un linguaggio semplificato, che recupera i modi e i caratteri di quell’arte “subantica” sempre presente nella civiltà figurativa romana, anche ed ancora nel frangente tardoantico; dall’altra, tali immagini sembrano soffrire di contrazioni strategiche, con fini squisitamente comunicativi, nel senso che le semplificazioni delle dinamiche narrative - naturalmente dotate di tutti gli elementi e di tutte le cifre di riconoscimento dell’episodio virano verso la creazione di un manifesto figurativo, che funge da poster, che può essere ripetuto e riproposto come uno spot, con intenti “pubblicitari”. Con questo non si vuole toccare il registro della “persuasione occulta”, intesa come maniera per diffondere immagini ed idee, ma si vuole alludere ad un “alfabetario visivo”, che fa capo ad un’arte augurale, in senso specialmente salvifico. Tale processo, come è noto, è stato valutato, in tempi recenti, in maniera anche estremamente critica. Si teme, da parte degli epigoni della scuola ermeneutica tedesca, di essere giudicati come portatori dell’antico “messaggio confessionale” attribuito dagli attori della Controriforma all’arte cristiana dei primi tempi. Si teme anche di affidare a queste primitive manifestazioni artistiche quella componente catechetica e/o docetica utile come materiale visivo per la scuola del catecumenato. Si teme, insomma, di attribuire al repertorio iconografico paleocristiano una valenza spirituale, da cui gli studiosi delle antichità cristiane tentano di liberarsi in mille modi, nel tentativo di ricreare una “verginità” semantica, perduta per le strumentalizzazioni ideologiche sedimentate nel tempo4. Tutti questi timori hanno anche prodotto una sorta di “decristianizzazione”, non sempre coerente e neppure motivata, di un’arte che è sicuramente composita e, quindi, anche plurisignificativa, ma che, per questo, non può essere impoverita - dal punto di vista semantico sino ad essere considerata meramente evocativa o addirittura “neutrale”, nell’accezione bassa del termine5. ***
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Dinkler 1979; Kitzinger 1980. Bisconti, 2013. Bianchi Bandinelli 1967. Bisconti 2014. Cantino Wataghin 2001.
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F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
Fig. 1. Roma, catacombe di Villa Torlonia. Affresco con simboli giudaici
Lo stato attuale delle ricerche e dell’evoluzione critica permette di riconoscere nella prima arte cristiana, ovvero in quella produzione incipitaria6 - talora incerta, balbuziente e sperimentale - un doppio livello espressivo. Da un lato - come si diceva - si rileva una tendenza all’abbreviazione, dovuta, da ultimo, anche all’allineamento con le figure singole delle virtù/condizioni - quali la pietas, l’humanitas, la sapienza, le personificazioni del cosmo, del tempo e dello spazio - che spuntano simultaneamente nell’arte delle catacombe e nella produzione dei “sarcofagi del paradiso”7; dall’altro, un residuo - più o meno evidente di una narrazione figurativa più estesa, sino al ciclo, al racconto per fotogrammi, più o meno conseguenti, dal punto di vista logico e cronologico. I due fenomeni non sembrano compatibili, o paiono manifestare altrettante ed opposte intenzioni figurative. L’abbreviazione e il ciclo propongono anche due funzioni espressive dicotomiche, che conducono verso linguaggi diversamente efficaci e/o indirizzati verso fruitori con un differenziato quoziente di apprendimento e/o con un angolo ricettivo di diseguale ampiezza. Eppure i contesti figurativi di pertinenza - quello funerario, quello cultuale, quello domestico - vertono verso una medesima sacca di fruitori, ed anzi, se badiamo al carattere composito del cristianesimo, che mira a disegnare, però, un’unica “cellula comunitaria” e pure esclusiva, nell’ambito della societas tardoantica, occorre giudicare i due livelli figurativi, come due fenomeni, che si dirigono verso lo stesso fine espressivo.
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Bisconti 2011. Bisconti 2004.
F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
Si dirà che i due “modi” figurativi provengono da tradizioni e da estrazioni diverse, in perfetta coerenza con la complessità dell’arte tardoantica, che “rastrella” esperienze iconografiche lontane e vicine geograficamente e storicamente. E si dirà, anche, che le “cellule comunitarie” si compongono di “uguali” per fede, ma non per estrazione sociale e intellettuale e che, dunque, a livello di committenza e di fruizione, ereditano “sotto pelle” il loro bagaglio culturale diversificato. Tutto questo è vero o verosimile, ma occorre guardare al fenomeno con più attenzione, liberandoci, da un lato, dalle “attese” di una rivoluzione iconografica procurata dal Cristianesimo, che certamente non produce un’arte totalmente nuova, densa di invenzioni e di innovazioni; dall’altro, guardando alle diversificazioni, alle divaricazioni o anche alle restituzioni semantiche, ma pure e precisamente alle sovraconnotazioni dei sensi e dei segni, che le nuove idee religiose portano e comportano. ***
E questa visione ravvicinata, questo potente ingrandimento dei particolari del fenomeno, non possono essere riservati solo ed unicamente ai “fatti figurativi cristiani”, ma anche a quelli noti ed evoluti per l’introduzione di altri pensieri e di altre forme religiose. Se, infatti, pare pressoché impossibile e, forse, inutile cercare riflessi figurati - o solo monumentali - dei sottopensieri cristiani, quali lo gnosticismo, riconosciuto, senza motivo, nella decorazione dell’ipogeo romano degli Aureli8 e nei mosaici del complesso teodoriano di Aquileia9, non possiamo e non dobbiamo sollevare lo sguardo dai monumenti e dai relativi documenti iconografici della civiltà ebraica. Tale osservazione non comporta più la piccola nebulosa, che comprende il caso macroscopico della sinagoga di Dura Europos10, e/o delle catacombe di Villa Torlonia11 (Fig. 1) e di Vigna Randanini12, unitamente - come è ovvio - ai segni figurati nell’epigrafia giudaica13 (Fig. 2), ma anche taluni monumenti “nuovi” o di più recente scoperta, come la sinagoga di Beth Alpha14 e quella di Huqoq15. Ebbene, questi ultimi due edifici presentano, nei pavimenti musivi, vere e proprie narrazioni veterotestamentarie, quali il sacrificio di Isacco, la storia di Giona e il passaggio del Mar Rosso. La sinagoga di Dura Europos, a questo punto, non è più sola. Anche altri monumenti al di là e al di qua del divieto mosaico - parlano per figure e non per simboli, intendendo, con questo, rispettivamente episodi distesi e strumenti liturgici. Se consideriamo che tutti questi ultimi monumenti si collocano tranquillamente nel frangente cronologico che, scavalcando il III secolo, percorre tutto il secolo seguente, sino a 8
Chicoteau 1976. Iacumin 2006. 10 Kraeling 1956. 11 Fasola 1976. 12 Bisconti 1988. 13 Mazzoleni 2013. 14 Peréx Agorreta 1998. 15 Magness 2014. 9
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F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
traguardarlo, ci viene in mente che la cultura figurativa cristiana e quella giudaica viaggino parallelamente, secondo lo stesso passo ed anche - questo mi sembra veramente importante - secondo la stessa fenomenologia figurativa, che affianca la narrazione estesa e/o abbreviata e i segni secchi e duri. Si dirà che i monumenti giudaici - a livello figurativo - sono molto più rari e meno eloquenti, ma credo che la diversità dei numeri dipenda molto dal “rimasto”, dal “perduto” e, da ultimo, dalla crescita esponenziale del Cristianesimo nel corso della Fig. 2. New York, Jewish Museum. Iscrizione funeraria Tarda Antichità, che ingloba, per con simboli ebraici molti versi, la civiltà giudaica. E con questo, non voglio riferirmi ai fenomeni sfuggenti del giudeo-cristianesimo, protratto sino al maturo IV secolo, ma alla coesistenza, non sempre percepibile, delle due forme religiose. Chi può escludere - ad esempio - che il più che singolare ipogeo romano di via Dino Compagni, oltre a raccontare la storia di una interreligiosità, proiettata verso il tramonto
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Fig. 3. Roma, ipogeo di via Dino Compagni. Cubicoli B-C
F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
dell’antichità, nel senso che accoglie, nel suo “palazzo orizzontale”, pagani e cristiani; chi può escludere - si diceva - che alcuni inquilini del “palazzo” non ruotino attorno all’orbita giudaica, considerando il monumento per esteso o nel segmento B-C (Fig. 3), interamente interessato da scene ispirate al Vecchio Testamento16 ? ***
Qualche tempo fa, mi sono sforzato di dimostrare che i segni duri, correntemente definiti simboli, intendendo con questo ancore, pesci, colombe ed ovini (Fig. 4), non sono altro che le contrazioni estreme dei contesti cosmici, riferibili alla pax terra marique parta. Uno sforzo, che ho consumato in due step. Prima ho cercato di guardare il fenomeno nel suo esito finale, elencando i casi, specialmente epigrafici, ed offrendo una sorta di “dizionarietto”, che già includeva figure (oranti/pastori) e monogrammi (cristogrammi/staurogrammi)17; poi ho tentato di vedere questi segni/simbolo nel contesto e nell’evoluzione, riconoscendo nei “sarcofagi del paradiso” (Fig. 5) le megalografie che, già, mostravano la maggiorazione e la Fig. 3. Roma, Museo Nazionale Romano. Iscrizione di Licinia Amias sovraesposizione delle cifre destinate a divenire espressioni segniche autonome18. Tutte queste riflessioni sono, però, servite a dare un senso ai segni/simboli delle incisioni sulle lastre funerarie, che rappresentano una piccola sezione dell’arte cristiana antica, anche se, in passato, sono state considerate un materiale privilegiato dell’immaginario figurativo paleocristiano, tanto da finire nella manualistica come immagini-tipo della civiltà cristiana dei primi secoli: dai sussidiari delle scuole elementari ai testi universitari.
Fig. 5. Città del Vaticano, Musei Vaticani. Sarcofago della via Salaria 16 17 18
Cagiano de Azevedo 1963. Bisconti 1997. Bisconti 2013.
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F. Bisconti - Simboli e racconti. Cicli, narrazioni, abbreviazioni e sintesi nell’arte cristiana antica
Fig. 6. Città del Vaticano, Musei Vaticani. Iscrizione con nave e faro, dettaglio
Ebbene, ora sappiamo che queste immagini provengono da una materia assolutamente profana e che i pesci, le ancore, gli ovini, le colombe, insieme ai fari, alle navi, agli alberi (Fig. 6) non sono altro che “sineddochi estreme” e, dunque, “cifre-stralcio” di una tematica cosmica, a cui si attinge per trasmettere una generica condizione beatifica vissuta in terra e in mare, nel locus amoenus e lungo la navigatio vitae. A queste immagini augurali, nel tempo e a partire dalla stagione della tolleranza, si associano i segni cristologici, ovvero i cristogrammi (Fig. 7), arricchiti, al tramonto del IV secolo, dalle lettere apocalittiche. Ebbene questa associazione, che rappresenta nelle lastre incise come nelle altre arti, e dunque anche in quella monumentale, un segno identitario, una sorta di dichiarazione di appartenenza, un marchio, un sigillo cristiano19, rimodula il portato semantico degli altri “simboli” che divengono “timbri” augurali, ovvero corrispettivi iconografici delle formule epigrafiche, che promettono la condizione della pace eterna.
Fig. 7. Roma, Catacombe di Sant’Agnese. Lastra con cristogramma tra due foglie d’edera
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Bisconti 2012; Janssens 2016.