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Gianmarco Dosselli

Ragazzo di paglia


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Copyright Š 2017 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina: Scalinata per la Rocca di Poncarale di Cristian Martina ISBN:978-88-99751-18-0

Gianmarco Dosselli, Ragazzo di paglia, Antipodes, Palermo 2017


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PREFAZIONE

M

inorenni ribelli, negligenti, vandali, litigiosi; taluni bevitori di alcoolici, fumatori; addirittura v’è una massa dotata di “talloncino” ateistico. Cosa sta alla base di questa “piaga” sociale, più diffusa di quanto comunemente si pensi? Le risse tra coetanei e la diatriba violenta dei ragazzi contro gli adulti sono problemi diffusi di cui nessuno parla. Il benessere di oggi non soltanto offre grazia e beatitudine nella vita comune, ma altrettanto “spinge” nello sconvolgente resoconto di come viene storpiata un’adolescenza, fino ad arrivare a una agitazione adrenalinica. Ma chi sono questi tipi di ragazzi? La risposta non è così semplice, ma il ruolo sempre meno influente esercitato dalla scuola è certamente una delle cause principali. La “cultura elettronica” (Wi-Fi, smartphone, P.c., Whatsapp, web,...) appare una disciplina aggraziata per la morale giovanile, tanto ottima a far loro dimenticare i valori fondamentali della cultura sociale, letteraria e scolastica; è come se imparare a mettere la testa in subbuglio fosse un decisivo passo avanti verso la conquista di una cultura più avanzata. Troppo spesso hanno genitori che versano in condizioni economiche e socioculturali a dir poco disastrose e sono incapaci di soddisfare il loro ruolo psicologico e pedagogico. Se un adolescente è orfano? Spesso i tutori (zii o cugini) ammettono di trovarsi davanti a casi deplorevoli (comportamenti screanzati, ruberie, umiliazioni, affronto, esigenze oltre il limite,...) non più a scopo consumistico o per soddisfare dei bisogni, ma per il semplice gusto di praticarli. Un po’ allarmante comunque è il particolare che, a quanto sembra, gli adolescenti non solo proverebbero sempre più piacere per le aggressioni o rivalità e più disprezzo per


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la proprietà altrui, ma starebbero maturando anche sentimenti analoghi verso la vita umana. Prendiamo il caso di Elio Caperna, il quattordicenne (immaginario) di questo romanzo, incapace ad avere la maturità psicologica per affrontare tanti problemi che questo comporta. Orfano, ha cominciato a picchiare e a rubare sistematicamente i coetanei. Scapestrato e negligente negli studi (corona i suoi fallimenti accademici con note negative), non credente e non cresimato per suo rifiuto, una volta mortagli la sorella maggiore, l’esistenza del ragazzo prosegue (non brillantemente) da una zia che vive in un cascinale periferico e desertico. Abituato oramai a condurre la vita disordinata in compagnia degli amici del “muretto”, in una delle tante avventure cittadine conosce la solitaria Amanda, sedicenne, ragazza anch’essa coi suoi problemi di convivenza con una depressa amica. Elio ne resta attratto finché simpatia e desiderio diventano un amore appassionato. I due scoprono di non poter fare a meno l’uno e dell’altra. Ma il destino della malora sta dietro l’angolo... Nonostante l’affetto per Amanda, lui continua a disapprovare gli aspetti della vita sociale. Al suo fianco, uno psicologo amico, suo padrino; questi, a fatica, gli stempera l’arroganza e le sobillazioni; ma Elio rischia ancora grosso, resta ancora nel “fango” vandalico. Verrà a trovarsi davanti a un frate; questi cercherà di donargli un atto di fede, al fine di facilitarne la convivenza col prossimo e con Dio. Sarà un buon risultato o altri nuovi contrasti per il giovine? La vita non sempre è una storia; può concludersi in un istante ed in modo inaspettato, inatteso, ma è solo l’inizio dell’eternità; questo particolare Elio lo conosce, e gli è stato anche detto che il tratto della vita è un piccolo settore negli assi dell’universo che solo l’amore di Dio può rendere infinita. L’Autore 4


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I

O

vunque la veglia di Capodanno è sempre stata una notte “sorprendente” ma pure “sprecona”; di solito una festa a metà tra la discoteca e un party in casa. Per ogni umano l’accogliere il nuovo anno è l’attesa di tanta novità e speranza, di vedere la miglioria della vita; è il forte complesso di gioco di tradizioni e convenzioni, l’augurio di aprire il proprio avvenire perfettamente risolto, il ritrovarsi tra il prossimo con buon’armonia e stile di vita. Ovunque, i ragazzi decidono di organizzare da sé il veglione accordando le numerose idee con i pochi soldi disponibili. Un boom erano quelle feste desiderate da giovani; tra queste una tal quale si svolgeva in una palestra dell’Oratorio di Poncarale, paese della Bassa bresciana che si estende ai piedi di una lieve zona collinare. All’Oratorio il rito si consumava di solito uguale. C’era un bel gruppo di settanta ragazzi al veglione e, per l’occasione, la palestra era un’incredibile identità cancellata: le attrezzature ginniche del tutto coperte da teloni con enormi decalcomanie e il perimetro del luogo trasformato in impianti stereofonici con luci psichedeliche fissate ad una parete. Festoni appesi, posters, palloncini multicolori. Bibite, tartine, panini: il tutto 5


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disposto sopra un lungo tavolo. Un mondo hit life. Una festa picchiatella. Acconsentita dal parroco, pure lui “festaiolo” tra i parrocchiani, per una sola mezzora. Per le ragazze, il fascino del tutto risiedeva proprio in quel momento preliminare; la scelta dei vestiti da indossare, l’accurata toeletta, anche l’acconciatura dal parrucchiere o dall’amica esperta. Nel locale si scrutavano i volti di quanti erano già arrivati; dei saluti agli amici più stretti. Allo scoccare della mezzanotte, il tutto sul tavolo veniva divorato in meno di un amen. Solo per un attimo, come per incantesimo, si dimenticavano i disprezzi, le rivalità, i pettegolezzi e le “distinte” gelosie che sempre serpeggiavano tra i singoli. Ci si scambiavano auguri che in quell’istante erano onesti. Molte ragazze invitate al ballo; le più da “cavalieri” che magari avevano occhi su di loro, ma nei confronti dei quali esse non ritenevano di dover contraccambiare l’attenzione portata. Le coppie fisse si muovevano pigramente in pista, scambiandosi sguardi dolci e qualche bacio; altre restavano sedute a conversare o ammirare i ballerini. Solamente un ragazzo, tra i presenti, pare ignorasse il mondo attorno: Elio, quattordicenne; per dirla tutta, si sentiva ateo forsennato e anticlericale. Hippy dall’aspetto abbastanza curato, il viso poco scialbo e i capelli scomposti come quelli dei bambini quando si svegliano. Il polso sinistro era “occupato” dal “fedele” braccialetto del sesso, nero, ultima moda erotica degli adolescenti brasiliani in voga anche tra i teen agers italiani. Al lobo sinistro, un orecchino ear cuff con segno della pace in argento. Egli non era così benvoluto da molti per il fatto che era passato dallo spinello a qualcosa di più. Il suo approccio con la droga era generalmente pesante, ma controllato. Il suo problema principale era lo sballo. “Rapido, e possibilmente poco costoso” amava dire spesso. La sua vita paragonabile a una storia immensa quanto la Bibbia. 6


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Orfano di genitori, studente scapestrato con due ripetizioni in seconda media, viveva in un attico angusto e stantio, con una sorella maggiore, squinternata, le cui mani, però, sapevano di rigovernatura. Dopo il “cin cin” di mezzanotte si ritornava a ballare. Quasi tutti fino a conoscere l’ebbrezza dei sensi. Il dopo festa ebbe un risultato: bicchieri e piatti di carta rovesciati, posters e festoni semiscollati col passare delle ore... Ogni partecipante lasciò ricordi piacevoli o viceversa ed era questo che, aldilà d’ogni cosa, contava realmente. Un gruppetto di sfasati, per esilarare ancor più il loro mondo allegro, si strinse attorno al solitario Elio cercando di coinvolgerlo nell’ilare avvenimento di fine anno, ma invano. A un’ora all’alba, la caligine avvolse il paese. La neve dura rese difficoltoso il traffico stradale. Era nevicato molto dalla seconda metà di dicembre. Il paese aveva assunto uno splendore ingioiellato. Centinaia e centinaia di minuscole stelle luccicavano nella limpida notte. Vari pappalardi cantarono, in modo stonato, nelle strade: chi con nella mano una imitazione del Luger Parabellum P08, chi con un fiasco semivuoto di vino, chi con lattine piene o vuote di birre, chi con le proprie scarpe impugnate... Era un aspetto caratteristico del San Silvestro, trascorso secondo tradizione. La luce del giorno andava pian piano a schiarire il dintorno della sequenza di case quasi uguali, coi giardini e stradine e i grandi alberi di pioppi nudi. Abbandonato dal gruppetto, Elio ritornò nel cupo grigiore del suo stato d’animo, acquattato tra il caldo e il calore del suo corpo e fiato, sopra una panca della pensilina del servizio di trasporto urbano. Si accostò ad Elio un uomo che lo ebbe osservato quasi tristemente: il professor Gritta, psicologo e psicoterapeuta, uomo dai lineamenti comuni e dall’espressione decisa. Egli portava un abito a un petto solo, e un cappotto nero sopra il completo blu scuro. 7


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In testa, con la tesa abbassata, portava un cappello di feltro grigio, modello di Lock. I capelli erano lisci, castani, un po’ radi sulle tempie, dal taglio normale. Invitò il ragazzo a fare quattro passi. Il professore era l’unica persona con la quale il ragazzo dialogava sempre. Più che un amico, Elio lo considerava un padre putativo; accadeva spesso che i pochi minuti di conversazione erano istanti di conforto e di gaudio. Sotto il cielo limpido del nuovo anno, i due camminarono verso il baccanale piazzale del mercato; poi, optarono per il parco attiguo, in quel mentre deserto. Il professore sapeva della pessima situazione del ragazzo. Il giovane, per acquistare spinelli, di cui era consumatore da un anno, minacciava alcuni studenti di paesi finitimi per farsi dare soldi e oggetti; e per convincerli ricorreva anche ai pestaggi. Ultimamente fu ripreso, di nascosto, con uno smartphone e, poi, diffuso con WhatsApp, come ulteriore spregio alla sua personalità. L’ultima vittima di Elio si era rivolta a quella che era per essa una figura di riferimento: la sua insegnante delle primarie. Così, Elio ebbe la sua prima accusa a piede libero di lesioni personali. Per il professore più che un episodio di bullismo lo definì un caso di ricatto e di estorsione, un fenomeno che vige da sempre, pure in forme differenti a seconda delle epoche. «Tutta notte all’aperto? Non è la prima volta vederti sempre vagare.» gli menzionò. «Indaga sempre fino a rintracciarmi?» «Non ho curiosato in giro, e poi come avrei potuto sapere della tua presenza? Hai l’aria molto vagellante, ragazzo mio.» «Vagellante!» «Esatto, dal verbo vagellare, e sta significare chi vaneggia, delira, farnetica, demenza.» spiegò con blanda ironia. «Sì, professore, sarò vagellante. Anche lei si è divertito all’aperto?» 8


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Dava sempre del “lei”, come nelle grandi occasioni. «Da adesso mi chiamerai Alessio; degnami chiamare con il mio nome e usare il pronome “tu”. Il “professore” mi crea nervosismo.» «Che desideri da me, Alessio! Sai bene che non ho soldi per i colloqui “vaganti”.» disse tra sbadigli. «Smettila con tali raccomandazioni! Il tuo caso mi sta a cuore; i ragazzi che aggrediscono o che deridono o chi è debole sono molti. Questo tra le aule scolastiche o nel mare magnum del web.» «La vigilia di Natale dicesti al commissario scolastico che, tra compagni di classe, io sarei il leader negativo. Come me lo spiegheresti? Ti andrebbe riferirmene?» Alessio si strinse nelle spalle. «Non vedo perché non dovrei. Il bullismo nasce in un gruppo di coetanei, nel quale uno è legittimato in base al fisico, senza limiti di tempo, a imporsi con serque di male parole o reazioni spregevoli su una vittima.» «In pratica, chi ferisce un coetaneo o compagno, si sente autorizzato a eseguirlo e a perpetrare questo contegno! Penseresti al bullismo nelle sole azioni dei maschi?» «Oh no, assolutamente! Riguarderebbe entrambi i sessi. Con sfumature differenti. I maschi sanno evidenziare in atto azioni dirette, aggredendo compagni; le femmine quelle indirette, diffondendo comunicati immani su altre ragazze. Insomma, oggidì i ragazzi non sarebbero moralmente unificati. Il Sommo Pontefice ha affermato che il far parte di piccoli gruppi può diventare un cancro e ha dichiarato l’indifferenza verso il prossimo come “il male che porta a gioire vedendo l’altro cadere”, invece aiutarlo a risollevarsi.» «Me ne frego del Papa! Sono ateo. A scuola non seguo lezioni di religione nonostante il richiamo del preside! Mia sorella Mara 9


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mi firmò il disimpegno dalla lezione religiosa, ma hanno respinto il reclamo.» ribatté il ragazzo con voce fredda, in contrasto con il suo sorriso. «Come mai hai sentito il bisogno di comportarti in quel modo? Sei stato battezzato, hai ricevuto la Comunione ma... ti manca la Cresima.» «Ho ripudiato la catechesi! Sono ateo convinto, anche se battezzato, comunicato dai miei, ma non cresimato per mia scelta.» sbottò. «Birre, graffiti, iPod e cellulari... divertiresti così nella vita? Il tuo lavoro è una sinecura. Le lattine di birra le fai circolare nelle autogestioni scolastiche; le versioni di inglese spedite via posta elettronica per risparmiare la fatica dei compiti a casa; “incendiare” qualche giorno di scuola per schivare le interrogazioni e Mara firma la giustificazione. Così non è scuola la tua!» «Che cosa mi fai? Una sentenza giudiziale?» s’aggrinzì, poi con distinzione ammise: «Senti, Alessio, tu sei niente per e con me. Sappi solamente una cosa: io sono nato con questo carattere.» «Sono un tuo consigliere e amico, e non pretendo parcelle. Uno psicologo deve farsi apprezzare come persona; c’è bisogno assai di questo genere di rapporto.» «Io sono un b-boys, emulo i rapper americani con i writers, con le canzoni in rima e con la danza. Ora lasciami in pace. Sono stanco. Vado a letto. Buon anno, Alessio.» Il professore gli gettò un’occhiata penetrante e gli ordinò di sedersi. Elio gli parve uno di quei terribili tupamaros. Lo psicologo s’accese una sigaretta, tossendo come un motore ingolfato alle prime boccate. «Mi è stato detto che hai cercato di fumare meno. Mi ci sono provato anche io ultimamente, ma il tentativo mi ha reso nevrastenico.» replicò il ragazzo. Aveva labbra aride e la sua voce si andava indebolendo. 10


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