Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 1
{Romanzo}
Luca Borgia
Un puro nulla
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 2
Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina: immagine di Teodoro Cavalluzzo (Instagram “teodoro_78”) ISBN: 978-88-99751-61-6
Luca Borgia, Un puro nulla, Antipodes, Palermo 2018
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 3
Un puro nulla
alla lampyris noctiluca
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 4
I fatti narrati sono frutto della fantasia dell’autore. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono immaginari e ogni riferimento a persone, fatti o luoghi reali è puramente casuale
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 5
1-Memorie dalla toilette Non erano frasi brillanti. Non erano interlocutori perspicaci. Non era oratoria sfavillante. Non erano neppure traumi improvvisi o esercizi di crudeltà. Erano quel poco di vita che potevano donarmi, e sono rimasti tatuati nella mia memoria. Stiro il collo e li rivedo tutti, un carosello di uomini e donne che saltano, strisciano o balllano, mentre mi stringo e mi rimpicciolisco in questo ripostiglio. Sono forse meritocratici, i meccanismi selettivi della memoria? Quando gli ugellini della stampante 4K della mente sparano scaracchi d’inchiostro temporale sui pannelli immacolati delle emozioni, il nostro processore si preoccupa di organizzare una pittura edificante? Magari esiste un disegno fatale. Magari è previsto dalla divinità dei ricordi scemi che prima di crepare uno apra la bocca e: “Yalalai!” esalando l’ultimo respiro, capisca perché non è mai riuscito a sradicarsi dall’ippocampo la voce stentorea di zia Fatìma che implora: “Attenzione, Sante mio! Sante mio, poi te ne penti!” E da quel momento la mia memoria, non selettiva ma anche poco reverenziale, appioppa alla povera piccola zia Fatìma il nomignolo Tenepenti. Fatìma Tenepenti. Non puoi fare molta strada, nella vita, se parti con un ricordo così. 5
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 6
Per esempio, farei a meno di ricordare Uolter della Oxygen free. Ricordo che parlava al telefono, Uolter, con una donna. Le diceva: “Stasera ci vediamo, che non c’è il cornuto!” E poi, giù a lagnarsi. Perché lui, Uolter, non era uno stupido anche se lei lo trattava come uno stupido, ma lui non era uno stupido, di certo non lo era, era sicuro di non esserlo, eppure lei non smetteva di trattarlo come uno stupido. E quasi scoppiava a piangere. Chi vorrebbe ricordare un non-stupido come Uolter della Oxygen Free? Oppure, ricordo una donna sui sessanta. Ancora la vedo, mentre scavalca quattro scatoloni pieni di ricambi della Giulietta. Quasi si ribalta e ruzzola solo per pararmisi davanti con le mani sui fianchi, tutta rossa e tonda, con la tessera della FIOM appesa al collo. Mi guarda e dice: “Mi chiamo Marusca” e con accento vagamente romagnolo “Mi sono appena fatta la permanente”. A me viene da rispondere: “E sti cazzi?”. È sgradevole che certe situazioni galleggino nel minestrone della memoria, ma è addirittura singolare che affiorino proprio quando comincia ad albeggiare e tu non puoi, non dico muoverti, ma nemmeno ruotare su te stesso. Devi restare con le mani alzate, appoggiate al muro. La luce finalmente allarga il mondo dietro la finestra del turcacesso in cui ti sei rinchiuso. Tu tieni le orecchie tese nel caso arrivasse qualcuno ma senti solo lo scricchiolio del mondo che si sgranchisce le ossa nell’alba, pronto a balzare dal letto come una iena ridens. È in momenti come quello, quando meno te lo aspetti, che ti si arrampica fin dietro gli occhi il ricordo del mnemostronzo. Il mnemostronzo - lo dice il nome, no? - è uno stronzo che 6
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 7
ormai da anni ha lottizzato abusivamente una piccola valle, in ombra, tra le cime dei miei ricordi. Ogni tanto, senza bisogno di essere richiamato, autonomamente, fraudolentemente, viene a farmi visita. Ha cominciato a ritagliarsi un ruolo nella vita del mio amarcord da quando, di mattina,mentre ero assorto in risolutivi pensieri di apocatastasi universale per lava e fuoco, bussava al finestrino della mia macchina. Abbassavo il vetro,lo guardavo con l’aria di chi non avrebbe alzato un sopracciglio pur vedendolo sbranato da una muta di pitbull. Lui strizzava l’occhio e mi diceva, con un largo sorriso ebete: “Buo-ccionno ciofane! Dai che è ora di entrare!” Il mnemostronzo restava aggrappato al finestrino finché non scendevo dall’auto e sfidavo il freddo, avviandomi a timbrare il cartellino. Anche adesso, non mollerebbe la portiera della mia memoria nemmeno se mi praticassero una lobotomia in anestesia locale. Infatti, sento che continua a bussare a quel cazzo di finestrino. E sono passati dieci anni. O forse mi confondo. Non è per caso che, in questo momento, c’è proprio qualcuno che bussa? Qualcuno che bussa alla porta? Alla porta del turcacesso.E non ha intenzione di smetterla. Mi hanno sgamato! E adesso che faccio? Me ne sto zitto zitto e immobile o chiedo “chi è”?
7
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 8
2-L’Orecchio di Dionisio Mi chiamo Sante Borgia. Mi sono sempre chiamato così, anche se ho avuto mille identità e ho vissuto mille vite. In dieci anni di giri gratuiti sulla giostra del precariato salariale, sono stato il venditore truffaldino di opuscoli informativi contraffatti sulle norme esercenti dell’Agenzia delle Entrate; sono stato operatore di un call center che assisteva i compratori di boccioni di vini sfusi; ho lavorato in una fabbrica anacronistica con tre centri di produzione sempre inceppati; ho consegnato missive pubblicitarie senza mittente né destinatario, su e giù, in lungo e in largo, per zone desolate della mia città fabbrica dimenticata, una città che ha fatto le valigie ed è partita per svernare chissaddove. Sono stato archivista-professore in una scuola paritetica di alieni, una volta, prima di essere arruolato come ingegnere, assunto per formulare visual boards, allestire spaghetti charts, preparare A3 reports e protocolli lean manufacturing, tutti i tools che trasformeranno lo shopfloor produttivo del mondo in un paradiso ritrovato in cui tutti noi lavoreremo di più, ma in compenso guadagneremo di meno. Mi chiamo Sante Borgia, parlo poco, bevo molto e non amo i telefoni. Non li ho mai amati. Ho sempre avuto l’impressione che, all’estremità opposta del cavo telefonico, ci sia qualcuno che ha rubato la voce del mio interlocutore (“Mamma?! Sei tu, sei proprio tu?!”) un Soggetto Ignoto che per venti minuti finge di interessarsi 8
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 9
a quello che ho mangiato a cena, se ho abbastanza soldi, se riesco a pagare l’affitto, se sono in salute, e mi aspetto che da un momento all’altro mi faccia una pernacchia rivelandosi l’entità sconosciuta che ha rubato la voce di mia madre (“Bastardo! Che cos’hai fatto alla mia mamma, maledetto?”). Dev’essere stato per una strana nemesi imposta dalla divinità della cornetta che la mia vita precaria è iniziata al telefono. Operatore telefonico del servizio clienti di una compagnia telefonica. Altro che nemesi, una metafisica della comunicazione a distanza, una punizione alla seconda potenza per i renitenti della SIP, come me: servizio telefonico di un servizio telefonico. Peggio di così, non potevo cominciare. La prima cosa che ho notato, entrando in un call center, è stata il soffitto. Eravamo in un open space, io e gli altri questuanti dell’agenzia per il lavoro. C’erano uffici disposti come palchi attorno a un’arena piena di piccole isole di lavoro e il soffitto era basso. Davvero troppo basso. C’era qualcosa di penitenziale in un soffitto così. Mi domandavo per quale motivo un edificio costruito negli anni ‘70 avesse soffitti tanto bassi. Allora non sapevo che un controsoffitto poteva occupare quasi un metro di altezza per nascondere cavi, canaline, tubi di riciclo della’aria. In posti così, i pavimenti e i soffitti sono come una crosta di pane sospesa su un rettilario. La seconda cosa che ho notato, in quel call center, è stata il suono della percussione ostinata dei polpastrelli sulle tastiere.In un call center tutti scrivono qualcosa, sempre. Tutti gli operatori telefonici muovono il cursore sullo schermo, registrano reclami, propongono soluzioni, contrappuntano i secondi che mancano alla campanella di uscita, palpeggiando la tastiera del PC. Quello spazio a misura di periscopio, quella inumana dislocazione delle cose e degli uomini e la sua colonna sonora, sono stati 9
Un puro nulla_Layout 1 04/12/2018 12:20 Pagina 10
il primo Tsunami emotivo. La seconda onda d’urto è arrivata all’ora X. In tutti i call center del mondo, che lo si sappia o meno, esiste un’ora X. L’ora felice. Ero appena entrato, avevo fatto tre passi per scollarmi dal gruppetto della questua salariale, da quelli che come me, con le facce appese come la mia, se ne stavano a mendicare una postazione munita di monitor e telefono. All’inizio fu appena un sospetto, una vibrazione indefinibile che elettrizzava l’aria. La vibrazione si manifestò con un brusio confuso. Il tempo passava e il brusio diventava rumore. Il rumore si faceva più forte di minuto in minuto. Di punto in bianco, esplose un urlo assordante. Feci un balzo come per prendermi in braccio da solo. Il team leader, la figura più miserevole del mondo lavorativo, più sinistra del caporale dei campi di cotone dell’Alabama pre-secessionista, più sordida e viscida del tempista di una fabbrica del cottimo nei Settanta, quel coacervo di meschina ambizione e opportunismo guerrafondaio cominciò a tremare per l’emozione. Osservando, con la gioia unta che gli colava dagli occhi, il mio sussulto e il viso stralunato dei miei colleghi impetranti, precari e sventurati come me, si gonfiò di orgoglio ed esclamò: “Questa è l’ora del canto, amici! L’ora del meeting mattutino! E sferrò un montante in aria, che quasi si sloga una spalla. “Ragazzi, questa è l’ora del team building!” Altro che canto! Si poteva paragonare al peana degli All Blacks,l’urlo dell’autoconvincimento ipno-onanistico, l’acuto che riesce ad infrangere le resistenze dei più scaltri tra gli impostori, i finti entusiasti che se ne sbattono degli obiettivi ma che sarebbero disposti a intonare il Nabucco a testa in giù pur di farsi prorogare il contratto. Se non sei sul serio uno stracotto della vendita telefonica, quel genere di guaito non puoi proprio riprodurlo. 10