Una sconvolgente estate “Nel mar delle Cicladi”

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{Giallo}

Laila Cresta

Una sconvolgente estate “Nel mar delle Cicladi�


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Copyright © 2018 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Casa Editrice Antipodes Via Toscana, 2 90144 Palermo www.antipodes.it info@antipodes.it In copertina foto di Ettore Cresta: “Baia delle Favole”

ISBN:978-88-99751-62-3

Laila Cresta, Una sconvolgente estate “Nel mar delle Cicladi”, Antipodes, Palermo 2018


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A Igor, mio figlio, cui di fatto è dedicato tutto ciò che scrivo, alla mia amica poetessa Lia Lo Bue che, da buona siciliana, ama il mare come una vera sirena, e alla Dott.sa Neria De Giovanni, mia cugina, Presidente dell’AICL (Associazione Internazionale Critici Letterari) che mi ha invitato a scrivere una nuova storia di Cesco, dopo “La Risacca: simile a una foglia morta”


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Cap. I

I

L’arrivo a Villavecchia

l nome greco dell’isoletta delle Cicladi in cui approdarono quel mattino Caterina e Cesco, non veniva usato spesso dai suoi abitanti: Villavecchia apparteneva a ricchi uomini d’affari italiani, e italiano era il suo personale ‘storico’. Il sentiero di accesso alla villa partiva dal minuscolo villaggio che si affacciava sul mare, e saliva dolce verso l’altopiano. Era lastricato di beole che spuntavano fra erbe basse e ben curate. “Come in un giardino”, pensò la ragazza, mentre con suo fratello saliva verso la villa. Tutta l’isola, per quel che aveva visto, era panoramizzata: probabilmente, per i “Principi” di quel piccolo regno tutta Villavecchia era “il giardino di casa”. Un giardino da ottantamila metri quadri. Finalmente, arrivati sul poggio affacciato sul mare, i due ragazzi videro davanti a loro villa Breda. Si fermarono un attimo a guardarla, sorpresi: con le sue imposte serrate, con le erbacce che ne ricoprivano in parte i muri, pareva una casa disabitata da lungo tempo, ed era cupa, sinistra. Caterina si bloccò a guardarla. Sdialettando per lo stupore, esclamò: - Ma amia! - (Ma guarda!) - Con tutti ‘sti rampicanti che la soffocano, sembra una casa abbandonata! Cosa aspetta a pulirla, ‘sta gente? E non è certo invitante, con quelle imposte serrate: sembra la casa di qualche vecchia strega, o una casa abbandonata, infestata da una legione di fantasmi! 5


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La ragazza scosse la testa, con una piccola smorfia: no, lei non l’aveva certo immaginata così decadente e fosca, una villa che apparteneva a qualcuno che secondo suo fratello era milionario. Lui non colse nemmeno la sua ironia e alzò le spalle, con noncuranza: - Non può essere disabitata: Pippo è di Genova, ma passa su quest’isoletta tutta l’estate, ed è lui che mi ha invitato qui per le vacanze! - Però non aveva invitato me… - osservò sua sorella con una piccola smorfia, con l’aria di riprendere una discussione già affrontata. - Non gli sarà venuto in mente, ma quando dividevamo l’appartamento, a Civitavecchia, Pippo mi chiedeva spesso di te… Persino prima di vedere foto tue! Vedrai che sarà contento di conoscerti: lo sai che è figlio unico. Il ragazzo aveva parlato in tono paziente e le aveva sorriso, ma Caterina scosse il capo, dubbiosa: - Ma! Io sono venuta con te perché questo posto mi incuriosiva molto, per come l’ho visto in rete: una minuscola isola nel folto delle Cicladi, con solo una villa antica e il villaggio in miniatura per i dipendenti, come avevano certi nobili inglesi del passato… Dev’essere davvero un posto molto particolare, mi son detta! Ricordando le sue letture di bambino, Cesco annuì: - Vero: ce l’aveva il nonno del “Piccolo Lord” della Burnett, il villaggio! Ti ricordi, nel film con Alec Guinness? Che roba… A differenza di quel posto degli orrori però, il paesino dei Breda è proprio bello, eh? Molto pulito e piacevole. Sembra di essere in Liguria. - Sì, il paese è piacevole davvero… Però, osservandola meglio, questa villa, direi che la sua aria di decadenza potrebbe essere voluta… Magari è nata dalla fantasia un po’perversa di qualche spirito ‘romantico’… - rispose sua sorella in tono di leggera riprovazione. 6


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Cesco sorrise. Il colpo d’occhio era davvero stupefacente. Da lontano, la villa sembrava davvero abbandonata, e sinistra. Pareva appoggiata alle alture che cingevano una parte dell’altopiano, ma era solo un inganno prospettico: la casa era costruita su pietre naturali che cadevano a strapiombo nel canalone, alla base di quel ventaglio roccioso che pareva proteggerla. O imprigionarla. Si diceva che, in un altro tempo, raccontò Cesco alla sorella, un’infelice fanciulla fosse caduta sugli spuntoni aguzzi di quelle rocce, precipitando da una delle finestre alte e curiosamente strette che, come bubboni maligni, si gonfiavano nei bovindi ai quattro angoli della costruzione. Sul ciglio del dirupo a mare, come a proteggere la casa dallo spettacolo inquietante dell’orrido, catturava lo sguardo dei viaggiatori un melograno imponente, con la chioma scapigliata dai venti marini. Vicino alla base, il vecchio albero pareva da lontano curiosamente diviso in due tronchi gemelli. Cesco lo indicò alla sorella: - Guarda quell’albero, Cate! Sembra doppio! Dev’essere molti anni che il fulmine l’ha diviso in due… È stato piantato diritto verso ovest: scommetto che, alla sera, il sole si tuffa in mare esattamente fra i due tronchi… - Probabilmente hai ragione - sorrise lei. Il suo fratellino era sempre il solito, un sognatore, e camminava ad almeno un metro dalla terra su cui s’arrabattavano i comuni mortali, pensò la ragazza. Certo però che un sentiero così pittoresco e agevole da fare non pareva dovesse portare a una costruzione come quella! La villa era antica, maestosa e un po’ inquietante, un fantasioso incontro fra lo stile moresco e quello europeo. Le piante rampicanti ricoprivano tutto il piano rialzato, ma, sui bovindi ai quattro angoli, osavano spingersi anche più su, quasi volessero serrare fra 7


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le loro fronde anche le sinistre occhiaie sbarrate della seconda fila di finestre. Sul tetto, verso il lato a mare della terrazza, c’era un attico che pareva una villetta più piccola: senz’altro avrebbe avuto bisogno di qualche restauro, ma era molto grazioso, come una casetta da fiaba: non pareva neppure nata dalla stessa cupa fantasia che aveva creato il resto della villa. Cesco indicò una catenella di bronzo che fuoriusciva da un foro vicino alla porta: - Cosa dici, Cate? Bussiamo, suoniamo? Com’era successo altre volte, guardandola aggrottare le sopracciglia, Cesco pensò che sua sorella avesse davvero l’espressione fiera di una valchiria. Aveva anche un’intelligenza fuori dal comune, ed era un vero peccato che gli uomini restassero generalmente fin troppo affascinati dal suo aspetto per interessarsi ad altro di lei, che finiva così per considerarli quasi un… Un passatempo usa-e-getta. Per la prima volta da quando avevano deciso di venire lì insieme, il giovane pensò che sperava davvero che sua sorella lo lasciasse perdere, il povero Pippo: per quanto lei ci sapesse fare, il suo amico era molto timido ed era facile fargli del male. Era anche più giovane di lui: era stato un ‘ragazzo prodigio’ e all’Università di Civitavecchia (Biologia ed ecologia marina) si era attaccato a Cesco che, con la sua simpatia e la sua affidabilità, lo aveva sempre protetto. Entrambi fuori casa, genovese Pippo e livornese Cesco, avevano anche condiviso l’alloggio. La voce della sorella lo distolse dal suo elucubrare. Ignorando l’ozioso lavorio mentale di Cesco, molto frequente del resto, la ragazza diceva: - Certo che questo scenario è davvero adatto a una casa così, coi rampicanti che sembrano volerle togliere malignamente l’aria, 8


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la corona di alture cui pare addossarsi per non crollare, e il melograno aggrappato al dirupo che probabilmente sarà stato colpito da un fulmine, e aspetta solo l’autunno per riempirsi di gocce di sangue… Guarda come ha buttato fuori le radici, per mantenersi ancorato al poggio in un equilibrio che sembra precario! Pare una scenografia costruita apposta! Scosse la testa, e Cesco sorrise: - È proprio quello che è, Villa Breda: una scenografia costruita apposta! Pippo mi ha raccontato che la costruzione l’ha fatta fare il nonno di suo nonno, Filippo Lodovico Breda, nella prima metà dell’800. Era un possidente e un allevatore di cavalli pregiati, e prima ha girovagato per anni, in cerca del luogo che voleva per la villa che sognava. E finalmente, in quest’isoletta, Breda è riuscito a dare una forma definitiva ai suoi sogni. Caterina alzò le spalle: - Mi sa che avrà dato forma ai suoi incubi, visto che allora fumare oppio era di moda…. Cesco allargò le braccia sorridendo, in un gesto come di resa: - Va be’, questo “Dominio Cicladico” dei Breda non sarà così fantastico come “il Dominio di Arnheim” di Poe, né altrettanto grande, ma è affascinante: pensa che l’ha progettato addirittura Michele Canzio, lo scenografo teatrale che è stato l’architetto del parco romantico di villa Pallavicini, a Genova Pegli… Anzi, credo che quest’isoletta sia più o meno grande come quel parco! Caterina lo interruppe sbuffando: - A sì, per quello, anche questa è davvero una location molto romantica! Anche i rampicanti che soffocano questa casa sono straordinariamente suggestivi: e probabilmente sono stati davvero piantati apposta! Quando quelle finestre si aprono, chissà quanti insetti fanno entrare! È proprio come una scenografia teatrale… Se non ci fosse il sole, oggi, sembrerebbe di essere immersi in un 9


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paesaggio di Poussin. Si vede che era lo spirito dei tempi… Sono proprio curiosa di vedere l’interno: mi sembra impossibile che qualcuno scelga di vivere nella “Casa della Strega”! La ragazza scosse la testa e Cesco pensò che doveva aspettarselo, quell’atteggiamento: sua sorella era un tipo troppo pragmatico per apprezzare fino in fondo un ambiente come quello. - Buona sera, signori. La voce incolore che li aveva salutati li fece voltare verso la porta d’ingresso. In cima alla scalinata, nell’arco ogivale centrale dei tre che si vedevano sulla facciata, era ritagliata una grande porta che in quel momento era aperta, mentre negli altri due si vedevano delle finestre che parevano serrate da tempo: c’erano addirittura delle ragnatele, negli angoli. L’uomo che si fece da parte per invitarli a entrare pareva il tipico maggiordomo da casa infestata, pensò Cesco sorridendo tra sé: un tipo segaligno dal viso inespressivo, sulla settantina, che si inchinò leggermente per invitare gli ospiti a seguirlo. Caterina ne notò le mani robuste e nodose: quell’uomo doveva essere più forte di quanto la sua età non facesse supporre. L’interno della villa fu una sorpresa, come se un sipario si fosse aperto sulla scena del secondo atto di un’opera teatrale, o come se la porta si materializzasse su un mondo ‘altro’. No, quella non era davvero la “Casa della Strega”, pensò Caterina ammirata. L’atrio che li accolse, col suo pavimento arabo azzurro e oro, era elegantissimo e lucente sotto i raggi del sole: arrivavano da un patio interno, rettangolare, passando attraverso un elegante arco moresco. Evidentemente, anche se le finestre verso l’esterno non venivano mai aperte, in quella casa tutte le stanze prendevano aria e luce da quel patio (come in una domus romana, pensò Cesco). Le finestre di tutte le stanze si aprivano nel corridoio che girava 10


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