Cenni sull’antica diocesi di Triocala e i fenomeni insediativi nel territorio di Caltabellotta

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CENNI SULL’ANTICA DIOCESI DI TRIOCALA E I FENOMENI INSEDIATIVI NEL TERRITORIO DI CALTABELLOTTA FRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO

Fortunatina Vaccaro


Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Quaderni Digitali di Archeologia Postclassica diretti da Rosa Maria Carra Volume realizzato con il contributo dei fondi Ricerca Scientifica ex 60% 2007 - Prof. R.M. Carra - Dipartimento Culture e Società - Università degli studi di Palermo Gli apparati iconografici - ove non diversamente specificato - sono dell’Archivio dell’Autrice Desidero ringraziare la dott.ssa Graziella Fiorentini, già Soprintendente per i Beni Culturali di Agrigento e la prof. Rosa Maria Carra Bonacasa per la disponibilità e per i consigli forniti nel corso della ricerca. La mia sincera gratitudine va inoltre al dott. Raimondo Cusumano e al prof. Enzo Mulè che mi hanno pazientemente accompagnata in tutte le ricognizioni. A mio padre.

In copertina: Caltabellotta (AG), veduta panoramica. In quarta di copertina: S.Anna/Caltabellotta, il mosaico conservato nella chiesa di S. Maria del Fervore.

Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i Paesi Antipodes s.a.s. via Toscana 2 90144 Palermo www.antipodes.it E mail: info@antipodes.it

ISBN 978-88-96926-37-6

Fortunatina Vaccaro, Cenni sull’antica diocesi di Triocala e i fenomeni insediativi nel territorio di Caltabellotta fra tardoantico e alto medioevo, Antipodes, Palermo 2014.


ABSTRACT KEYWORDS: Triocala, Caltabellotta/S.Anna, antica diocesi, topografia, abitato rupestre.

Among the thirteen suffragan bishoprics of the Archdiocese of Rome, Gregory the Great’s letters count the diocese of Triocala, locatable in the territory of the present village of St. Anna, a hamlet of Caltabellotta (AG - Sicily), where the existence of a large landed estate called "Troccoli", seems to preserve the memory of the ancient toponym. Up until today, a general analytical study on this diocese, destined to disappear in the reconstruction of the Latin Church commissioned by Count Roger after the Muslim occupation of the island is lacking. Recently, along with the diocese of Carini, it has been considered the only example of "rural dioceses" in Sicily. For this reason this paper aims on providing a critical review of currently known historical and archaeological data, parallel with an analysis of the settlement dynamics of the sites of St. Anne and Caltabellotta closely linked to the events of the diocese. The topographic survey carried out in the area that today is occupied by the small village of St. Anna, ancient Triocala (?), shows the presence of a large settlement datable between the III-II century B.C. and at least until the VII-VIII centuries A.D., of which neither it is possible to understand the exact physiognomy nor to propose a diachronic scanning of the different periods of life. Although there are no concrete archaeological data, the center presumably played a role of "central place" as to the surrounding area until the Late Antiquity and for this reason, it was chosen as the seat of a diocesan center, although there are no clear tangible signs of a Christian community and an Episcopalian church. At the moment, no valid element contributes instead to prove a physical moving of the bishopric on the heights of Caltabellotta in the Byzantine period although the common opinion is that the built-up area of Triocala had moved in order to the meet the needs of military defense against the Arabs. The survey conducted at the site of Caltabellotta showed in fact an extremely interesting reality due to the presence of different groups of rocky settlements ranging from the prehistoric age to the XIV century A.D., with periods of abandonment and resettlement which cannot always be defined.


Fig. 1. Le sedi vescovili della Sicilia al tempo di papa Gregorio Magno

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Cenni sull’antica diocesi di Triocala

Premessa

Nell’anno mundi 6606 (1097-1098) il conte Ruggero, capo della riconquista cristiana della Sicilia, edificava, pro centum militibus ibi a sarracenicis occisi in acquisitione terre, una chiesa consacrata a S. Giorgio suo protettore ed un monastero in loco qui dicitur Trocculi1. La dizione “Trocculi” o “Troccoli”2 è ormai comunemente intesa quale volgarizzazione dell’antico toponimo di Triocala, città nota per essere stata capitale della seconda guerra servile (DIOD. XXXVI, 7 – 8) nonché annoverata, sotto il pontificato di Gregorio Magno, fra le tredici sedi vescovili suffraganee dell’arcidiocesi di Roma (Fig. 1). Il monastero, precisa più dettagliatamente la fonte, fuit institutu subtus Caltabellottam (odierno Caltabellotta), piccolo centro dell’agrigentino situato sulle selle di un articolato sistema orografico (949 m s.l.m.) nel cui territorio gli studiosi sono sufficientemente concordi a localizzare il sito dell’antica Triocala, anche in virtù dell’indicazione topografica di Tolomeo3 che pone la città in una posizione intermedia tra Agrigento e Palermo4. Fu già Tommaso Fazzello5, seguito dal Pirro6 e dall’Amico7, ad avanzare tale ipotesi identificativa, proponendone una più puntuale collocazione in prossimità della odierna frazione di S. Anna, sita ai piedi del sistema dei monti di Caltabellotta8 (Fig. 2). Lo storico, descrivendo l’antica città di Triocala «…tutta rovinata....» di cui non «…si vedono altro che le meravigliose reliquie e rovine restandone l’ignudo e puro nome...», ne offre l’esatta ubicazione «….poco di sotto (rispetto a Caltabellotta) in un canton del medesimo monte verso mezzogiorno, in quel luogo dove oggi è la chiesa di Santa Maria a Monte Virgineo»9, una chiesa tuttora esistente e localizzata appena fuori dell’attuale paese, non molto distante dal luogo in cui doveva ergersi la fondazione ruggeriana10.

Libellus de Successione Pontificum Agrigenti, Garufi 1903, p. 146; Collura 1961, p. 305. Nella documentazione archivistica, il toponimo Troccoli, compare a partire dall’XI secolo anche nella forma arabizzata Trqls (ultra cap. 3), a designare il vasto feudo concesso al monastero di S. Giorgio, confinante con i territori di Caltabellotta, Sciacca e Calamonaci (sul monastero ultra cap. 1). Del feudo si seguono le vicende amministrative fino alla costituzione dell’attuale paese di S. Anna (per una sintesi vedi Scandaliato 2003). Il toponimo compare ancora nella carta IGM 1:25.000, che indica nelle vicinanze del paese un ex M. Trocculi. 3 Ptol., Geogr., III 4-7. 4 Una disamina dei dati topografici che sembrerebbero avvallare la localizzazione dell’antica Triocala nell’area di Caltabellotta in Bejor 1975, pp. 1283 – 1284. 5 F. Th. Fazelli, De Rebus Siculis decades duae, Panormi 1558, citato Fazello 1817. 6 Pirri 1733, II, p. 1008. 7 Amico 1856-1859, II, pp. 628-629. 8 S. Anna, con i suoi 362 metri di altezza, è localizzata a ca. 7 km a SE di Caltabellotta, su un piatto sperone che precipita con pareti molto ripide a Sud e a Ovest, rapidamente digradante con qualche balza verso Est e accessibile con relativa facilità solo da settentrione. 9 Fazello 1817, I, p. 623. 10 Sulla possibile localizzazione del monastero ultra cap. 2. 1 2

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Fig. 2. Carta d’Italia 1:25.000 F 266 I SO. Veduta dei paesi di Caltabellotta e S. Anna

Le indagini sul terreno confermano l’esistenza nell’ area oggi occupata dalla piccola frazione di S. Anna, di un insediamento con probabile continuità di vita dal III-II sec. a.C. al VII sec. d.C., in cui si ritiene di potere localizzare il sito della Triocala romana e bizantina. Secondo le modalità insediamentali affermatesi in epoca ellenistica, la popolazione, avrebbe difatti preferito questa amena conca digradante verso la riva destra del Verdura, in seguito all’avvenuto abbandono delle alture di Caltabellotta, sede presumibilmente, del più antico nucleo abitativo. Un’indagine di scavo condotta in contrada S. Benedetto, su di un vasto terrazzo roccioso del monte Gulea e sui pendii del Monte Pellegrino, ad Ovest di Caltabellotta, ha evidenziato i resti di un villaggio capannicolo di età protostorica cui dovevano essere pertinenti le vicine necropoli dalle caratteristiche tombe a nicchia e, di un abitato greco databile fra il VI e il IV-III sec. a.C.11, in cui si è supposto di riconoscere la Triocala arcaica12.

Cfr. Panvini 1986-87, pp. 105 – 109; Panvini 1993-94, pp. 759-760. Una accurata descrizione delle necropoli preistoriche in Giustolisi 1981. 12 É presumibile che Triocala sia esistita almeno dal IV secolo a.C., visto che è menzionata da Filisto (V – IV sec. a.C.), citato da Stefano Bizantino (Steph. Byz., Ethn., s.v. Τρίκαλον/Τρίκαλα. Sull’attendibilità di questa fonte vedi Manni 1981, pp. 28-32 e 239). Sopravvissuta alla conquista romana dell’isola e alla riorganizzazione della provincia, fu eletta 11

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Controversa rimane invece ancora l’interpretazione del citato passo di Diodoro, in cui lo storico, ricordando Triocala quale capitale della seconda guerra servile (104 a. C.) attribuisce la derivazione del toponimo ai τρία καλά che la città possedeva: abbondanza di sorgenti, dintorni fertilissimi, fortezza del luogo, poiché munito dalla natura di una grande e inespugnabile rupe; tale affermazione ha indotto a preferire le alture di Caltabellotta, naturalmente fortificata e ben qualificata dal punto di vista strategico con i suoi dirupi scoscesi, quale sede della roccaforte degli schiavi insorti, anziché la vallata di S. Anna, priva di quella imprendibilità cui farebbe riferimento la fonte antica13. Non si entra nel merito del dibattito storiografico che esula dalla tematica specifica di questo studio. Si tenterà invece nelle pagine che seguono e senza alcuna pretesa di esaustività, di riassumere le linee principali della storia dell’ecclesia Triocalitana - la cui parabola è destinata ad esaurirsi nell’arco di circa quattro secoli, non essendo più ricostituita nel riordino normanno seguito alla occupazione saracena dell’isola -, anche attraverso la lettura delle dinamiche insediative del territorio di Caltabellotta/S. Anna strettamente connesse alle vicende della diocesi14. La parzialità della documentazione, vedremo, rende tuttavia alquanto complesso riuscire a definire in maniera concreta tutte le problematiche emerse. Va detto da subito quindi come alcune ricostruzioni e proposte presentate, debbano intendersi quali prospettive ed ipotesi di un lavoro ancora in corso. 1. I dati storici sulla diocesi

Liberi ormai dal mito dell’origine apostolica che la tradizione locale vorrebbe rivendicare15 riconoscendo quale primo vescovo della diocesi Pellegrino, inviato in Sicilia da S. Pietro e – con evidente anacronismo - martirizzato nel 293 sotto Valeriano e Gallieno16, la prima sicura attestazione della sede episcopale di Triocala non risale oltre il pontificato di Gregorio Magno, il cui epistolario, fonte preziosa ed inesauribile di dati, menziona due volte Pietro episcopus triocalitanus.

nel 104 a.C. capitale della seconda rivolta servile capeggiata da Trifone (Diod. Bibl. Hist. XXXVI, 7 – 8). Presumibilmente distrutta proprio in seguito alle guerre servili (Sil. It., Pun.. XIV 270: et mox servili vastata Triocala bello) è comunque più tardi ricordata da Cicerone (Cic., Verr. II V,10), il quale descrive il territorio di Triocala con proprietà a conduzione schiavile; per tale motivo si tende ad ascriverla tra le città decumane. 13 Schubring 1981. Anche il Wilson (Wilson 1990, p. 145), nonostante la presenza in S. Anna di materiale romano assente a Caltabellotta, è più propenso a localizzare in quest’ultima sia la Triocala di Diodoro, sia la sede della diocesi, senza una necessaria continuità insediativa. L’identificazione in S. Anna anche della Triocala di Diodoro con una ininterrotta frequentazione del sito almeno dal IV – III sec. a.C. fino ad età bizantina, è invece pienamente sostenuta da Beior 1975, pp. 1288 – 1289 e condivisa da Giustolisi 1981, p. 61 e Panvini 1986-87, p. 109; Panvini 1992, p. 174. 14 Sulla diocesi di Triocala manca fino ad oggi uno studio analitico generale. 15 La fioritura della ricca letteratura agiografica trova un’ampia disamina in Pace 1949-1958, IV, pp. 8-19. In generale gli Atti del Convegno Storia della Sicilia e tradizione agiografica nella tarda antichità a cura di Pricoco 1988; da ultimo Motta 2004. 16 Le fonti che recano menzione di un Pellegrino (l’omonimo santo?) sono il greco “Encomio di S. Marciano” (AASS, Iun. II, pp. 785 – 795) e il “Martyrium sancti Libertini episcopi agrigentinorum et sancti Peregrini” (AASS Nov. I, pp. 611 – 612), conservato solo attraverso l’edizione

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Con la lettera del novembre 59417, Gregorio stabiliva che Pietro ricevesse la quarta parte delle decime della diocesi di Agrigento che aveva dovuto visitare in assenza del titolare e ancora, nell’epistola dell’ottobre 59818 indirizzata ad Urbico, abate del monastero Lucuscano di Palermo, il pontefice si raccomanda affinché Pietro ricevesse 40 solidi e tutto il necessario per il sostentamento annuale dei monaci del predetto monastero che il vescovo, pro eorum salute, aveva sottratto dalla loro congregazione. In virtù di un passo della Vita Gregorii redatta da Giovanni Diacono19, dovremmo riconoscere in Pietro, seppur con qualche incertezza, un suddiacono della chiesa romana, direttamente insediato dal pontefice nella sede diocesana di Triocala20. Per ovviare alla situazione di decadenza in cui versava l’episcopato siciliano, racconta il biografo, lo stesso Gregorio avrebbe provveduto a nominare alcuni vescovi di cui conosceva bene le qualità morali e spirituali: il presbitero Dono a Messina, l’abate Massimiano a Siracusa e appunto il suddiacono Pietro a Triocala21. Da non confondere questo Pietro con l’omonimo suddiacono della Chiesa romana, inviato in Sicilia in qualità di legato pontificio nel settembre del 590 ad amministrare l’intero patrimonio dell’isola (Ep. I,1). Lo dimostra chiaramente il contenuto dell’epistola gregoriana V, 28 del marzo 595. Il pontefice vi ordina che Cipriano, rettore del patrimonio di Sicilia, restituisse al vescovo di Miseno Benenato, il monaco Cicerone, costretto a penitenza dal dilettissimo figlio nostro, il diacono Pietro, specifica Gregorio, quando questi, era suddiacono e rettore del patrimonio. Se alla data del 595 il suddiacono Pietro, che sembra non soggiornare più in Sicilia22, è qualificato come diacono, decade ogni possibilità di associazione con il Pietro vescovo della sede triocalitana, sicuramente

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o meglio la rielaborazione di Ottavio Gaetani (Gaetani 1657, pp. 22 – 23). Possediamo altresì una vita latina edita negli Acta Sanctorum già nel 1643 (AASS Ian. II, pp. 1153 - 1154), verosimilmente copia di un esemplare più antico “cavato da 12 manoscritti di Caltabellotta” di cui riferisce il Narbone (Narbone 1711, p. 402). Più legato alla tradizione orale relativa al Santo un manoscritto cartaceo contenente la vita di S. Pellegrino patrono di Caltabellotta, custodito presso la Biblioteca Comunale di Sciacca: “Ragguaglio della vita e morte dell’apostolo di Sicilia Santo Pellegrino. Primo vescovo triocalitano e Protettore di Caltabellotta. Cavato d’alcuni antichi codici manoscritti di detta città, e trasportato dal latino al volgare 1794” (Daneu Lattanzi 1965). É presumibilmente riferibile al martire siciliano l’indicazione “Depositio Sancti Peregrini” al 30 gennaio, presente nel Calendario Marmoreo di Napoli del sec. IX (Mallardo 1945, p. 2), poiché tale data non conviene a nessuno degli altri Pellegrini conosciuti. Sulle problematiche legate alla figura del Santo Pellegrino vedi Amore 1958; Scorza Barcellona 1991; Colletti 2005. 17 Greg. I, Ep. V,12. 18 Greg. I, Ep. IX,21. 19 Iohann. Diac., Vita Greg. III 7, in PL 75 col. 133. 20 Il testo latino riporta la voce Trecas, in cui il Migne (PL 75 col. 133) propone di identificare Triocala. 21 La veridicità del passo è accettata da Caliri 1997, p. 58; Mammino 2004, p. 37 e Rizzo 2008, pp. 159 – 164. Roberta Rizzo ritiene appunto che con la diretta nomina da parte di Gregorio dei vescovi Dono, Massimiano e del suddiacono Pietro, il papa cercò di opporsi in prima persona ad una infelice situazione venutasi a creare nell’isola, ove le elezioni, spesso viziate dalla simonia, favorivano l’insediamento sui seggi dell’isola di uomini privi dei requisiti per ricoprire l’episcopato. Anche V. Recchia (Recchia 1996-1999, II, p. 127, n. 1), accorda validità alla notizia riferita da Giovanni Diacono, evidenziando la stima e la benevolenza che Gregorio nutriva per Pietro, come traspare dal contenuto dell’epistola V,12. 22 É presumibile che Pietro sia stato richiamato dal Pontefice a Roma già nel 592 (Greg. I, Ep. II,50) e successivamente nominato rettore del patrimonio di Campania, anche se non ci sono espliciti riferimenti in tal senso (Greg. I, Ep. III,1). In generale sul suddiacono Pietro cfr. De Vogué 1978-1980, pp. 44-45.


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Fig. 27 a b. Caltabellotta. Monte delle Nicchie. Scale intagliate nella roccia

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Fig. 28. Caltabellotta. Chiesa rupestre di Santa Maria della PietĂ . Pianta. x: parte della chiesa ricostruita in muratura; y: parte della chiesa scavata nella roccia; a: altare moderno; b: altare risparmiato nella roccia

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Fig. 28 a. Chiesa rupestre di Santa Maria della Pietà. Sezioni

Non concorre in questo senso ad offrire validi elementi di datazione, l’analisi icnografica della piccola chiesa rupestre di Santa Maria della Pietà, la cui escavazione, tradizionalmente ritenuta coeva agli ambienti rupestri di cui sopra e sempre attribuita ad un contesto cronologico di età bizantina122, potrebbe ragionevolmente ascriversi a quel revival seicentesco in cui si manifesta un rinato interesse per l’ipogeismo123. La chiesa, che per dimensioni sembra più verosimilmente concepita come un piccolo oratorio, è dotata di avancorpo in muratura, realizzato verosimilmente dopo il distacco dell’ estremità esterna della grotta e, una parte scavata, delimitata da due colonne lisce, allineate, con base a plinto quadrangolare e capitello, sormontate da tre archi a tutto sesto leggermente ribassati; il tetto piano segue l’andamento della falda di roccia. Sono presenti due Giustolisi 1981, p. 54. Vedi Messina 2008, p. 47. Lo stesso studioso aveva anche ipotizzato di scorgere nella piccola chiesetta l'impianto a sala trasversale di un luogo di preghiera islamico (Messina 2001, p. 51); l'edificio non viene più menzionato nel suo più recente lavoro sulla Sicilia rupestre del 2008. 122 123

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altari, uno di fattura recente nella parete di fondo in asse con l’ingresso, l’altro, sulla parete est, scolpito nella roccia (Figg. 28-28a-29). Un secondo agglomerato insediativo di potenziale interesse per la disamina fin qui condotta, si estende all’estremità meridionale del Gogala, su un ampio pianoro roccioso, il cosiddetto Piano della Madrice (Figg. 30-31), cinto da mura, di cui sono visibili alcuni tratti tra la gola est dell’altura, non databili con certezza124. Trattasi di circa settanta ambienti parzialmente scavati nel banco roccioso ad una profondità variabile, con alzato presumibilmente in muratura non conservato (Fig. 30 a). Gruppetti di tombe a fossa isolate e intagliate nella roccia, emergono ai margini degli ambienti 6, 23, 67 e 68, ma non è chiaro se siano in fase con gli stessi (Fig. 30 c). L’impianto lascia presupporre una pianificazione unitaria ed un’utilizzazione intensiva dell’area, ove le unità abitative seguono una tipologia fissa, nettamente distinguibile da quella dell’abitato trogloditico del Monte della Pietà; ci si trova pertanto dinnanzi a due fasi ben distinte della storia del popolamento del sito. La ceramica presente in superficie non offre probanti elementi di datazione125. In generale è stato proposto di attribuire l’utilizzazione di questo abitato ai dominatori normanni, pur non escludendo una fase d’uso precedente non chiaramente determinabile126. Alquanto verosimile la possibilità, da verificare con indagini future, di ascrivere un primo utilizzo del nucleo insediativo ai secoli VII-VIII, riconoscendo Fig. 29. Caltabellotta. Chiesa rupestre di Santa Maria della Pietà. Interno

Panvini 1992, p. 176. Nonostante Edrisi segni l’abbandono di Caltabellotta nei primi anni dopo la conquista normanna, il centro dovette risorgere alquanto precocemente, cfr. Peri I, 1990, p. 53. Ad età normanna dovrebbero assegnarsi anche le vestigia del castello, che presumibilmnete in questa fase rimaneva al demanio reale, cfr. Maurici 1992/a, p. 270. 125 Oggi gli ambienti appaiono completante ripuliti. Sono segnalati dal Giustolisi (Giustolisi 1981, p. 34), scarsi frammenti di ceramica invetriata genericamente riferiti ad età arabo – normanna e frammenti di ceramica acroma attribuita invece ad una fase bizantina di utilizzo dei vani. Rinvenuti anche abbondanti strumenti in selce. 126 Panvini 1992, p. 176; Giustolisi 1981 p. 34 vi riconosce una fase bizantina. 124

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