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I miei anni in Sicilia Antonio Pignatiello

I MIEI ANNI IN SICILIA

Cronache e pensieri di un musicista prestato al giornalismo

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I miei anni in Sicilia

Prefazione dell‟Autore Cresciuto a Palermo e alcamese di adozione per via di mia madre, padre campano e dell‟Arma, come me a suo tempo, dopo molti anni in Italia del Nord dove mi sono Laureato in Sociologia a Urbino e maturato significative esperienze nel teatro di ricerca e sopratutto musicali nel Blues come chitarrista, oggi sono un giornalista che da 10 anni è tornato nella sua terra iniziando per caso questa attività fino ad oggi. In questi dieci anni ho frequentato le redazioni giornalistiche televisive redigendo da cronista servizi, reportage, servizi speciali, interviste e raccontando i fatti della zona, conducendo trasmissioni televisive, dirette, conducendo Tg e collaborando con altre realtà giornalistiche in Italia e in Sicilia. Questa serie di articoli e servizi sono una raccolta di uno spaccato di Sicilia, da Trapani a Palermo passando per Alcamo ovviamente, che vanno oltre la cronaca raccontata insieme ai miei colleghi e amici e tecnici e operatori televisivi e radiofonici. Ne è rimasto un profondo affetto con tutti coloro con cui ho lavorato nessuno escluso: Direttori , Giornalisti, Tecnici video ed esperti informatici , Amministrativi ma sopratutto con una terra difficilissima e contraddittoria, bella e selvaggia nel suo panorama, pericolosa e sorridente nei suoi abitanti e sopratutto nei suoi principali personaggi pubblici, dagli appartenenti al mondo politico a quello sindacale, dalle forze dell‟ordine alla magistratura, dalle associazioni culturali e clericali a quelle artistiche teatrali e musicali, da quelle sportive a quelle ricreative.

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Un popolo particolare quello siciliano che nella sua millenaria storia non ha mai mosso guerra a un altro popolo ma che la guerra, quella di mafia, l‟ha portata e vissuta quasi esclusivamente nella stessa Sicilia contro e tra siciliani stessi. Dalla Sicilia dei roghi dei boschi e delle Riserve ai processi per i morti ammazzati e le nuove inchieste giudiziarie, dalle Logge Massoniche deviate a Cosa Nostra, dalla mancanza cronica dell‟acqua al problema imperante dei rifiuti, del lavoro e della produzione, dalle manifestazioni culturali ai problemi di una società che è cambiata velocemente con l‟arrivo di migliaia di extracomunitari che sbarcano dal Maghreb per raccogliere uva, olive e pomodori agli emigranti dei Paesi del‟ex Area Sovietica sparsi come badanti, bariste e manovali oltre che agricoltori. Dalla crisi dell‟agricoltura ormai quasi inarrestabile al distacco tra cittadini e politica e cosa pubblica nell‟oblìo di “ sono tutti uguali” perchè nulla muta se non, forse, la propria vita privata dove l‟amicizia, la famiglia, la parentela, il favoritismo, l‟appartenenza con l‟interesse personale continuano a farla da padrona mentre di contro nuove generazioni, nuovi popoli, nuove culture e nuovi modi di pensare e di agire, di produrre inarrestabilmente si affacciano da Trapani a Palermo, da Marsala a Mazara passando per Alcamo, Castellammare del Golfo, Castelvetrano e tutti i paesini interni fino al Golfo con i comuni del palermitano ricchi di storia e di tragedie come Portella della Ginestra e la Strage della Caserma dei Carabinieri di Alcamo Marina con un filo conduttore ma allo stesso isolato paese per paese fino a Palermo per proseguire nei suoi misteri fino a Roma, Milano e i luoghi degli emigranti in Europa e negli Stati Uniti con una lunga e fitta serie di misteri tutti siciliani che si dipanano da questa terra al centro del Mediterraneo per attraversare tutto l‟Occidente Europeo e d‟Oltremanica, la storia buia della Repubblica Italiana, e ritornare alla fine di nuovo nella terra più splendente ma anche più sanguinaria in un mito atroce e sensuale, affascinante e terrificante che si perpetua da secoli tra amore e morte, tra sorrisi e lacrime, tra vita e sangue tra questa gente, questo popolo in qualcosa di unico e irripetibile in tutto il mondo: la Sicilia. L‟unica cosa che vorrei, non per me ormai ma per le future generazioni, è che ci fosse più rispetto da parte dei siciliani, degli editori, dei politici, per i giornalisti, giovani e meno giovani. Raccontare fatti in Sicilia a qualcuno è costato la vita, ad altri emigrare, ad altri ancora, i più numerosi, a vivere una 3


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vita non proprio soddisfacente economicamente e socialmente proprio per un‟innata e ingiustificata voglia di emarginazione verso chi i fatti li racconta e i problemi sociali e individuali li solleva. Questo continua ad essere un male del popolo siciliano non senza responsabilità anche di molti giornalisti. E poi una cosa: non sempre un fatto andrebbe detto in maniera fredda ma bisognerebbe anche comprendere qualcosa in più di quel fatto, scandagliare qualcosa in più della società, del luogo, della storia di quel fatto perché i fatti appartengono sempre intanto alle persone che ne sono protagonisti, noi raccontiamo e cerchiamo, chi può, chi sa, di rappresentare un mondo piccolo. Soprattutto non bisognerebbe mai dire il falso se la verità non si può raccontare e in Sicilia non poter raccontare può avvenire. Negli anni di direzione di una testata locale ho sempre preteso, e ricevuto, dai miei giornalisti la verità di cronaca e la sensibilità verso vittime e carnefici anche se spesso l‟opinione pubblica richiedeva di più per soddisfare la loro brama di curiosità e maldicenza, anche se le discussioni, anche accese, non sono mai mancate sia con i colleghi che con gli editori o proprietari di testate. Così mi avevano insegnato i Direttori e così ho fatto diventando Direttore di me stesso. Non vorrei invece spendere molte parole sulla classe politica che per lo più ha cercato solo di usare l‟informazione come ufficio stampa ed è stato difficile, molto difficile, tenerli a bada. Una classe politica poi, a parte pochi esempi illuminati, incapace spesso non solo di costruire un futuro migliore ma soprattuttodi non sapere nemmeno come costruirlo e poi di non saper accettare critiche anche di fronte all‟evidenza dei disastri che dicevano e facevano. Ricordo uno dei miei primi servizi sull‟acqua che mancava quando un politico voleva sapere dove abitavo per risolvere, secondo lui, l‟erogazione idrica e non capiva che questo problema non ce l‟avevo proprio ma che era un problema della città, della Sicilia, non mio. E mi piace vedere che moltissimi bagnanti oggi vanno alla spiaggia Magazzinazzi di Alcamo Marina ripulita e recuperata alla città quando a suo tempo, nei miei primi servizi di denuncia sul luogo, mi dicevano che era irrecuperabile o ricordare che mi divertivo a tagliare chilometriche dichiarazioni di vanagloria di amministratori riducendole a soli tre minuti e ricevendo poi telefonate di protesta per avergli tagliato il comizio che si era messo in testa di fare e oggi quasi tutti hanno capito che 4


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devono venire, rispondere ai cittadini e alle questioni senza fare proclami esagerati: queste sono soddisfazioni, credetemi.

25 agosto 2008

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LA SICILIA BRUCIA

La vista che si presentava la mattina di sabato ai visitatori non era delle più belle. Forse quelli della zona ormai ci sono abituati ma chi veniva da fuori a passare il week-end o semplicemente la giornata di sabato mattina (e quindi la domenica, oggi, N.d.R.) a vedere le chiazze bruciate sui costoni della contrada Mazzo di Sciacca, a pochi metri dalla Riserva Orientata Naturale dello Zingaro, non erano una bella vista. Stiamo parlando di nuovo del fuoco che brucia e spazza via arbusti, vegetazione, macchia mediterranea. Ieri pomeriggio verso le 17 a Mazzo di Sciacca d‟incendio violento ne è scoppiato un altro con intervento ancora una volta dei Vigili del Fuoco di Alcamo e degli uomini della Forestale di Castellammare con le squadre antincendio in azione e per di più un Canadier proveniente a quanto pare dal‟aeroporto di Birgi ha effettuato una lunga serie di lanci d‟acqua rifornita a mare per spegnere l‟incendio. Le chiazze nere di bruciacchiato e l‟odore acre del fumo ancora questa mattina si sentivano entrando nelle narici a fronte di una splendida giornata di mare e di vacanza. A partire dallo svincolo della strada che porta al piccolo borgo di Scodello, era tutta una serie maculata di spiazzali e macchie bruciate e poi spente. Su per i costoni, all‟inizio dell‟entrata in Riserva del lato est, lato Castellammare insomma, si vedeva la vegetazione bruciata. Fortunatamente il fuoco non ha intaccato troppo e soprattutto non ha recato troppi danni alla Riserva, là dove stamattina molti turisti venivano a comprare il biglietto (5.000 lire con ingresso gratuito agli anziani oltre i 6


I miei anni in Sicilia sessantacinque anni e i bambini al di sotto degli otto anni, 1000 lire per le scolaresche e i gruppi di studio e 3000 lire per i bambini dagli 8 ai 14 anni). La domanda che ci si pone è sempre la stessa e cioè se sarà mai possibile debellare per sempre lo spauracchio del fuoco che potrebbe distruggere definitivamente o danneggiare gravemente (come nel 1996) la Riserva dello Zingaro (quest‟anno ha festeggiato i ventuno anni dall‟istituzione) levando così lavoro ai tanti forestali che ci lavorano stagionalmente e a tutto l‟indotto turistico che vi ruota attorno. Il problema nasce anche perché il fuoco stavolta (non si ancora se è doloso) ha preso la parte antecedente all‟entrata, insomma dove ci sono case di villeggiatura di Scodello, alberi, vegetazione spontanea e bagnanti. Questo significa che il fuoco non risparmia niente e nessuno e ci si augura ogni volta che non ci scappi il morto perché in quel caso (già le fiamme distruggono il paesaggio) la cosa sarebbe gravissima e con responsabilità poi da accertare assolutamente. Pochi giorni fa un‟altra Riserva aveva rischiato e la preriserva ha perso 50 ettari di macchia mediterranea, sottobosco e alberi con fusto di pino: la Riserva Orientata Naturale del Bosco d‟Alcamo, a Monte Bonifato: in una domenica assolata e spazzata violentemente dallo scirocco infatti un rogo distruttivo aveva cominciato a mangiarsi tutto quello che trovava davanti costringendo squadre dei pompieri di Alcamo, Trapani, Castelvetrano e Salemi a intervenire insieme ai Forestali e alle forze dell‟ordine. Il grido d‟allarme lanciato dagli ambientalisti ogni anno si spegne nel vuoto: gli incendi si ripetono, dolosi o meno, si fanno sempre vedere. L‟anno scorso in Sicilia vi furono quasi 600 roghi con un enorme patrimonio boschivo, macchia mediterranea e vegetazione perduta per anni. Se oggi si da uno sguardo arrivando da Palermo verso Castellammare e poi si continua verso Scopello e lo Zingaro, la montagna di Inici appare una macchia rocciosa con qualche albero sparuto e delle chiazze nere e bruciacchiate quando una volta si vedeva una folta boscaglia orgogliosa e dirompente che copriva i costoni di Monte Inici ed era la bellezza del paesaggio. Riserva dello Zingaro, Bosco d‟Alcamo, Monte Inici: tre paradisi naturali attaccati dal fuoco quasi ogni anno. Al corpo della Forestale e quindi alla Regione Sicilia è stato affidato lo Zingaro, alla Provincia regionale di Trapani è stata affidato il Bosco d‟Alcamo e a Monte Inici c‟è un bel numero di attrezzature per i turisti. Eppure i fuochi ogni tanto ne divorano un pezzetto. 7


I miei anni in Sicilia Fortunatamente questa volta il rogo nei pressi dello Zingaro non è stato grave ma siamo solo all‟inizio della stagione e si spera che sia il primo e ultimo per quest‟anno aspettando un serio piano di prevenzione e soppressione concreto dei roghi distruttivi della natura e dei migliori paesaggi della zona che portano lavoro, salute e turismo. Oltre che dare la necessaria bellezza ambientale. La proposta del Presidente del Consiglio comunale di Alcamo Francesco Rimi di mettere una taglia sugli eventuali piromani non ha avuto seguito e nemmeno ha avuto seguito la proposta del consigliere Gambino di Alcamo di un consiglio comunale straordinario sugli incendi che divorano la Sicilia. Errore gravissimo di tutti perché se il consiglio comunale si fosse svolto, magari insieme ad altri consigli comunali della zona, sarebbe stato un segnale forte della legalità e dello Stato verso eventuali “libertà” che qualche buontempone magari si prende durante la stagione estiva. Ci ripensi Rimi e ci pensino anche gli altri presidenti del consiglio interessati spesso agli incendi, quello di Alcamo, di Castellammare, Salemi, Calatafimi-Segesta e altri ancora, perché il patrimonio boschivo e naturale potrebbe essere in futuro davvero un‟ancora di salvezza per molti lavoratori sempre che venga mantenuto il patrimonio ambientale intatto e conservato.

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COSE NOSTRE

Ci si è ricordati dell‟anniversario dell‟assassinio di Mauro Rostagno, il Sociologo-Giornalista assassinato a Trapani il 26 settembre del 1988. Mauro Rostagno era una figura particolare nel panorama politico e sociale italiano. Fece parte del Movimento della contestazione del 1968, a Trento, partecipò durante gli anni settanta al Movimento studentesco e alle lotte sociali. Era parte di un gruppo che, nell‟idea di cambiare il mondo, aveva poi avuto destini diversi, chi tragici e chi no. Arrivato a Trapani per installare una comunità di recupero per tossicodipendenti, la Saman, con la moglie e Cardella, finì per occuparsi di giornalismo nell‟emittente di Rtc. Dal video della televisione privata trapanese tuonava contro le ingiustizie e le cose che non andavano siciliane proseguendo una storia politica e personale che aveva le sue radici nel „68 e nel „77 italiano. La Sicilia però non è né Roma, né Milano e nemmeno Trento o Bologna. La storia dei contestatori del „68 e del „77 italiano ha radici e destini diversi: chi scelse la lotta armata insanguinando l‟Italia e chi scelse una linea sociale civile, come Mauro Rostagno. Qualcuno come Boato scelse la strada parlamentare, altri come Deaglio restarono nel giornalismo d‟inchiesta ma sempre nel panorama nazionale, Rostagno scelse la strada più difficile : prima impiantare una comunità per il 9


I miei anni in Sicilia recupero dei tossicodipendenti a Trapani, poi il giornalismo sempre a Trapani, alla periferia dell‟Italia, in Sicilia. La Trapani di quegli anni veniva dagli omicidi del Giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, dall‟attentato al giudice Carlo Palermo a Pizzolungo dove morirono investiti dall‟esplosivo una mamma e i suoi due figli. Ma dell‟omicidio Rostagno non si sa molto, a distanza di 14 anni, o almeno non si è fatta piena luce. Si parlò prima della pista mafiosa, poi di quella interna alla comunità dove svolgeva la sua attività e poi altre ipotesi che ancora non hanno trovato una verità giudiziaria. Un omicidio forse scomodo proprio per il passato politico dell‟uomo o forse solo perchè non siciliano o ancora forse perchè appartenente a un mistero italiano più grande della semplice pista mafiosa locale. Di certo sull‟omicidio Rostagno piena luce non è stata, almeno ufficialmente, fatta.

Le dichiarazioni rese da Giuffrè davvero stanno aprendo un nuovo squarcio sull‟attività di Cosa Nostra. Sembra confermata che la tesi che la mafia ha interessi durante le campagne elettorali, che se non giuridicamente non ci sarebbero riscontri penali processuali di una certa rilevanza, esisterebbero però a quanto pare delle decisioni ben precise su cui far convogliare i voti. Si parla di un convogliamento nel 1987 dei voti ai socialisti così come a quanto pare Provenzano non era d‟accordo su questo. Mafia e politica, mafia e appalti, mafia e servizi deviati: sono le tre discussioni su cui si sono arenate spesso le verità processuali proprio perchè difficili da provare. Che Giuffrè possa essere il nuovo Buscetta è una cosa da vedere in futuro ma sembra che, non potendo mai fare paragoni sia per la diversità delle persone sia per la diversità dei tempi, sembra che Giuffrè sia sulla scia degli storici pentiti di mafia: da Joe Valachi negli Stati Uniti, a Leonardo Vitale e Tommaso Buscetta in Sicilia. Di collaboratori della giustizia ce ne sono stati altri ma forse Buscetta e Giuffrè sono i più importanti proprio per il ruolo che svolgevano all‟interno di Cosa Nostra. Il livello più alto, quello delle collusioni con la politica e con pezzi deviati dello Stato, è il più intricato. 10


I miei anni in Sicilia Peraltro si parla anche di un eventuale pentimento o collaborazione di Brusca. La linea di Provenzano, dopo l‟arresto di Riina e Bagarella, sembra comunque confermata: la pace sociale con lo Stato e una certa scomparsa dalle prime pagine, cosa che praticamente è avvenuta negli ultimi anni quando sembrava che la lotta alla mafia avesse abbassato la guardia. Le indagini degli inquirenti invece continuavano anche senza i riflettori dei mass media, mentre il mondo politico sembrava soprattutto affaccendato a dare un‟immagine di quiete che in realtà, nel sottobosco della criminalità organizzata, non c‟era.

Il controllo in parte dell‟acqua in Sicilia era anche una strategia della mafia per controllare le menti dei siciliani. Lo avrebbe dichiarato il capo della squadra mobile di Trapani dopo l‟operazione che ha portato all‟arresto di sei persone che potrebbero appartenere, secondo gli investigatori, a Virga. Lo si dice da tempo, ma lo dicono in pochi e tra questi è importante la coraggiosa analisi del capo della Mobile, che la questione dell‟acqua non riguardava fattori ambientali. Dopo la scoperta dei furti d‟acqua un po‟ ovunque in Sicilia e la mancanza delle infrastrutture, la mancanza dell‟acqua in Sicilia non è solo un affare economico. E‟ anche una questione politica. Vivere in una zona dove l‟acqua ci potrebbe essere, anzi da sempre si dice che sotto terra l‟acqua c‟è, vivere in queste zone dunque significa sentirsi indietro con il resto della società civile, diventa un handicap mentale e siccome c‟è bisogno dell‟acqua per sopravvivere allora chi ne detiene le redini in mano può fare e disfare a suo piacimento una società. Ma c‟è anche dell‟altro. Vivere senz‟acqua e sapere o percepire che c‟è del marcio nella mancanza d‟acqua fa perdere fiducia nei confronti dello Stato e delle Istituzioni e in quest‟ottica l‟operazione della Squadra Mobile di Trapani ha rimesso in moto una questione culturale che sembrava dimenticata: lo Stato quando vuole può intervenire e la gente se ha fiducia può vivere meglio. L‟acqua in Sicilia c‟è. Lo si dice da sempre. Al di là della mancanza di piogge, bisogna dirlo: l‟acqua c‟è e chi ce l‟ha ha qualcosa in più. Furti d‟acqua ovunque, condotte fatiscenti, condizione sociale drammatica quando l‟acqua comincia a scarseggiare e arriva nelle case per un paio d‟ore ogni cinque, sei, sette e in certe zone è anche peggio. 11


I miei anni in Sicilia L‟acqua c‟è e oggi la Polizia ha dimostrato che esisteva un controllo mentale, culturale, praticamente come se si tenessi in cattività un intero popolo, dominato sui bisogni primari e soprattutto va tornare alla memoria quando nei primi anni della Repubblica si cercava una raccomandazione per ottenere un semplice certificato che per diritto le amministrazioni dovevano rilasciare ma la gente pensava che bisognasse avere l‟amico. La mafia, qualcuno lo dice da sempre, è anche una questione culturale, politica e non solo criminale. Dei fatti criminosi si devono occupare la Magistratura e le Forze dell‟ordine ma della questione culturale devono occuparsene i politici, gli amministratori, e i cittadini non possono continuare a demandare ad altri i propri diritti. L‟acqua c‟è.

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