Notiziario ANUSCA 2014 - 02 Febbraio

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NOTIZIARIO ANUSCA Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: segreteria@anusca.it • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini

Anno XXVIII, n. 2 • Febbraio 2014

Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO CONDANNA L’ITALIA: È ORA CHE ADEGUI LE SUE NORME SUL COGNOME di Tiziana Piola

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a Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo (CEDU) ha condannato l’Italia per il fatto che nel nostro Paese i genitori non hanno la possibilità di dare ai propri figli solo il cognome della madre (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza, sez. seconda 7 gennaio 2014, n. 77/07). Il caso è sorto a seguito delle vicende processuali di due coniugi milanesi: alla nascita della loro figlia nel 1999 chiedevano espressamente all’ufficiale di stato civile, che recepiva la dichiarazione di nascita, l’attribuzione del solo cognome materno. Ovviamente la richiesta fu respinta motivata dal fatto che in Italia il cognome attribuito ad un figlio legittimo è solo ed esclusivamente quello paterno. I genitori quindi presentavano ricorso al Tribunale, il quale respingeva la domanda affermando che, nonostante in Italia

non esistesse una disciplina specifica, fondata sulla lettura di norme espresse, che prevedessero ai figli legittimi di imporre il cognome del padre, questa rappresentava una regola che corrispondeva ad un principio radicato

PIÙ SICUREZZA CON LA POLIZZA DI TUTELA LEGALE

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di Silvia Zini

ra le scelte più apprezzate di ANUSCA di questi ultimi anni possiamo annoverare senza ombra di dubbio la polizza assicurativa, a copertura delle richieste di risarcimento per danni cagionati nell’espletamento dei doveri di ufficio anche con colpa grave. Da subito riscontrato un importante gradimento fra gli operatori, nel corso del tempo i numeri degli associati individuali di quota B sono addirittura cresciuti, andando a sfiorare l’83% del totale. Numeri che fanno pensare e che la

dicono lunga su una sensibilità maturata fra i dipendenti dei Servizi Demografici di quanto il lavoro quotidiano si stia complicando per norme che si stratificano e cittadini utenti che, allo sportello, chiedono risposte immediate su casistiche sempre più complesse. L’errore, nonostante la preparazione professionale, è dietro l’angolo: quindi conviene cautelarsi e la soluzione prospettata da ANUSCA finora è stata all’altezza della fiducia riposta. L’assicurazione ha risposto (continua a pag. 5)

nella coscienza sociale. Il Tribunale sottolineava, inoltre, che il codice civile, all’art. 144, prevedeva l’adozione per le donne sposate del cognome del marito (continua a pag. 3)

E ALL’INTERNO Un caso di filiazione controversa e contestata.................................................pag. 6 La spending review riduce le spese elettorali....................................................pag. 8 I residenti non residenti..................... pag. 9 Garante Privacy e Poste Italiane...... pag. 10 Quando la dispersione delle ceneri può essere un reato....................................... pag. 12 Trascrizione atti di stato civile e imposta di bollo........................................................... pag. 14 Gli esperti ANUSCA a convegno......pag. 15


Ogni luogo ha il diritto di mettersi in luce

Soprattutto l’esterno del palazzo della Regione Lombardia Scegliere Performance in Lighting significa privilegiare la luce in tutte le sue forme, al meglio delle sue prestazioni. Nella foto, alcuni particolari di quanto realizzato per Regione Lombardia: strade, marciapiedi, pista ciclo pedonale, terrazzo auditorium, percorsi e aree verdi; tutti illuminati e valorizzati attraverso i prodotti Performance in Lighting per dar vita ad una nuova, spettacolare “promenade” proprio nel cuore di Milano. Una struttura pensata e realizzata con la complicità della luce.

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Pag. 3 (continua da pag. 1)

e pertanto i figli potevano essere iscritti solo sotto il cognome comune dei coniugi. I genitori continuavano la loro battaglia presentando ricorso alla Corte d’Appello, la quale con sentenza del 24 maggio 2002 confermò la sentenza di primo grado, motivando la decisione sulle pronunce della Corte Costituzionale, che aveva affermato che l’impossibilità per la madre di trasmettere ai figli legittimi il proprio cognome non violava il principio di uguaglianza tra i coniugi ed in particolare non si rilevava alcuna violazione della carta costituzionale nell’articolo 29 che fonda il matrimonio sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e nell’articolo 3 (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge). La Corte d’Appello ricordava inoltre che la Corte Costituzionale aveva affermato che solo il legislatore poteva intervenire nel disciplinare la materia, non a caso parecchie proposte erano state avanzate all’esame del Parlamento; se quest’ultimo non si era ancora pronunciato significava appunto che in Italia vigeva ancora la regola dell’attribuzione del cognome paterno. All’epoca era ancora in vigore la distinzione giuridica dei figli naturali da quelli legittimi, conseguentemente per la Corte l’attribuzione del solo cognome materno avrebbe destato confusione: il bambino chiamato con il cognome della madre avrebbe potuto scambiarsi per “figlio illegittimo”. I genitori non soddisfatti della decisione della Corte d’Appello proseguono il loro percorso processuale ricorrendo in Cassazione. La Suprema Corte con ordinanza del 26 febbraio 2004 ritenne la questione incidentale di legittimità costituzionale per cui sospese il procedimento e rinviò il caso alla Corte Costituzionale. La Corte di Cassazione nel rimettere la questione alla Corte Costituzionale affermava che l’attribuzione del cognome paterno in Italia non derivasse da una norma di fonte consuetudinaria, bensì dall’interpretazione analogica di norme esistenti nel codice civile. La Corte di Cassazione rilevava inoltre, il contrasto con l’art. 29, co. 2, della Costituzione, sottolineando che il necessario bilanciamento tra l’esigenza

di tutela della unità familiare, cui è riconosciuta copertura costituzionale, e la piena realizzazione del principio di uguaglianza, non fosse correttamente perseguibile attraverso una norma così marcatamente discriminatoria, tenuto anche conto che l’unità familiare si rafforzava nella misura in cui i rapporti tra i coniugi fossero governati dalla solidarietà e dalla parità. Con sentenza del 16 febbraio 2006, la Corte Costituzionale dichiarò inammissibile la questione di legittimità sollevata. Pur ritenendo che il sistema di attribuzione del cognome paterno derivasse da una concezione patriarcale della famiglia che aveva le sue radici nel diritto romano e che fosse non compatibile con i principi costituzionali di parità tra uomo e donna, ritenne che la scelta tra diverse soluzioni doveva essere operata dal legislatore. In sostanza la Corte stabilisce che il maturarsi di una

diversa sensibilità nella collettività e di diversi valori di riferimento, nonché gli impegni imposti da convenzioni internazionali e le sollecitazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie, richieda una nuova valutazione della legge sul cognome. La Corte afferma che l’attribuzione del cognome paterno si risolve in una discriminazione e in una violazione del principio fondamentale di uguaglianza e di pari dignità, che, nella legge di riforma del diritto di famiglia, trova espressione sia con riferimento ai rapporti tra coniugi - i quali, ai sensi dell’art. 143 c.c., acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri sia con riguardo al rapporto con i figli, nei cui confronti l’art. 147 c.c. impone ai coniugi obblighi di identico contenuto. La Corte Costituzionale riconosce in parte le motivazioni addotte dalla Cassazione: l’attuale sistema di

attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna. Tuttavia, la Corte costituzionale non è competente ad intervenire poiché l’eterogeneità delle soluzioni offerte dai diversi disegni di legge presentati in materia non fa che sottolineare che la scelta tra le diverse soluzioni possibili non può che essere rimessa al legislatore. Per queste motivazioni e tenuto conto che la pronuncia di illegittimità della Corte avrebbe determinato un vuoto nella disciplina normativa, non era accoglibile la questione di costituzionalità; era indispensabile pertanto demandare la risoluzione della materia ad un futuro intervento del legislatore, che avrebbe potuto regolamentare in modo organico e puntuale la disciplina del cognome. Conseguentemente, con sentenza del 29 maggio 2006, la Corte di Cassazione prese atto della decisione adottata dalla Corte Costituzionale e respinse il ricorso dei genitori. Nel marzo 2011 i genitori vollero percorrere anche la via amministrativa, chiedendo al Ministro degli Interni di poter aggiungere al cognome paterno dei figli anche quello materno: l’istanza venne accolta e con decreto del 14 dicembre 2012, il Prefetto di Milano autorizzò i coniugi a modificare il cognome dei figli aggiungendo al cognome paterno quello materno. Ma i genitori non soddisfatti e ritenendo che i tribunali italiani avessero violato i principi contenuti nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ricorsero alla Corte di Strasburgo. Il ricorso fu presentato il 13 dicembre 2006: i ricorrenti lamentavano che il rifiuto delle autorità italiane di consentire, su loro richiesta, che venisse attribuito alla figlia il cognome della madre e il fatto che la normativa italiana imponeva l’assegnazione automatica e senza eccezioni del cognome del padre ai “figli legittimi”, violasse l’art. 8 e l’art. 14 della Convenzione (Articolo 8 CEDU: Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona (continua a pag. 4)


DA OLTRE 30 ANNI ANUSCA LAVORA PER GLI OPERATORI DEMOGRAFICI: SOSTIENILA (continua da pag. 3)

ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. Articolo 14 CEDU: Divieto di discriminazione. Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione) europea dei diritti dell’uomo poiché la legge dello Stato dovrebbe, invece, permettere ai genitori di scegliere il cognome dei propri figli. Rammentiamo a tal proposito che la Corte (istituita nel 1959 e divenuta organo permanente con l’entrata in vigore del Protocollo XI nel 1998, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, CEDU, del 1950, per assicurarne il rispetto) può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati, che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli, secondo quanto è stabilito dall’art. 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che è stata ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848. Scopo della Corte è di garantire l’effettività e l’efficacia della tutela dei diritti umani e delle libertà

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fondamentali negli Stati facenti parte del Consiglio d’Europa. Ogni singolo cittadino dell’Europa, pertanto, può rivolgersi alla Corte per lamentarsi dell’eventuale lesione dei diritti sanciti dalla Convenzione, come è stato fatto dai coniugi milanesi. La CEDU ha accolto il ricorso presentato dai genitori dando loro ragione. La Corte ha affermato che vi è discriminazione quando le persone sono trattate differentemente senza una giustificazione oggettiva e ragionevole e ciò rappresenta una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il Governo italiano chiamato in causa si era difeso sostenendo che il ricorso doveva

essere dichiarato irricevibile poiché la coppia non aveva subito alcun grave nocumento dalle sentenze italiane così come disciplinato dall’art 35 par. 3, lett. b. La convenzione infatti stabilisce che la Corte può dichiarare irricevibile ogni ricorso individuale se ritiene che il ricorrente non abbia subito alcun pregiudizio importante. La presenza di un pregiudizio importante risulta evidente per la Corte di Strasburgo: l’importanza del pregiudizio non può essere valutata solo in base ad un eventuale nocumento economico, ma deve essere considerata di volta in volta a seconda degli interessi coinvolti. La Corte ha quindi accertato una violazione dell’articolo 8 che, anche se non contiene disposizioni esplicite sul diritto al cognome, dal momento in cui riguarda il diritto al rispetto della vita privata e familiare, include anche l’identificazione personale. La Corte ha, pertanto, ricordato che ogni Stato deve garantire l’uguaglianza tra i sessi, procedendo all’eliminazione delle

discriminazioni fondate sul sesso nella scelta del cognome; il semplice fatto che per l’Italia imporre il cognome paterno rappresenti una tradizione non giustifica la discriminazione che essa determina nei confronti delle donne. Conseguentemente, l’impossibilità di derogare alle disposizioni che impongono l’attribuzione del solo cognome paterno è stata ritenuta una violazione dell’articolo 14 combinato con l’articolo 8 della Convenzione. Accertata la violazione, la Corte ha chiesto allo Stato Italiano l’adozione di ogni strumento volto all’approvazione di una normativa conforme al quadro convenzionale. A tal proposito si rammenta che l’articolo 46 della Convenzione disciplina la “Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze”, per cui le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti. Ciò sta a significare che l’Italia a seguito della sentenza della Corte di Strasburgo deve obbligatoriamente uniformarsi a quanto impartito dalla Corte stessa: il legislatore dovrà adottare una legge che disciplini in modo organico la materia del cognome rimuovendo di fatto tutte le discriminazioni tra uomo e donna esistenti ancora oggi nella legge italiana. L’Italia ha tre mesi di tempo, oltre i quali la decisione risulterà definitiva, per chiedere il rinvio della sentenza alla Grande Camera; tuttavia a seguito dell’intervento dei giudici di Strasburgo sarebbe auspicabile che l’Italia, data l’importanza e la forza vincolante della sentenza, portasse a termine il lavoro iniziato già da tempo e che già la Corte costituzionale nel 2006 aveva segnalato al legislatore italiano.


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TUTELATI PER TEMPO CON LA POLIZZA ANUSCA Dati del tesseramento alla mano, oramai l’83% degli associati di ANUSCA ha scelto la quota comprensiva di polizza assicurativa, che a prezzi assolutamente vantaggiosi, consente agli operatori di garantirsi la tranquillità che la compagnia assicurativa risponda in caso di richieste di risarcimento danni in caso di errori commessi anche con colpa grave. Il lavoro negli uffici si complica, le norme si rivelano di sempre più difficile applicazione e parallelamente evolvono i bisogni espressi dal cittadino allo sportello: poter contare su un “paracadute” di questo genere è quanto mai importante. Ricordiamo però che la polizza assicurativa copre rispetto a eventuali pretese risarcitorie se è stata attivata prima che l’interessato abbia notizia ufficiale e contestazione formale dell’addebito, quindi per dare prosecuzione alla tutela invitiamo gli operatori che già hanno scelto questa opportunità a provvedere tempestivamente al rinnovo 2014. Si sono verificati casi in cui gli operatori da un anno all’altro non hanno compiuto la medesima scelta: nonostante la polizza si attivi anche in maniera retroattiva per fatti risalenti ai due anni precedenti, tale tutela opera solo se la polizza viene rinnovata senza soluzione di continuità.

RICORDIAMO CHE A TUTELA ULTERIORE DEGLI OPERATORI, ANUSCA HA STANZIATO CON PROPRIE RISORSE UN FONDO AUTONOMO A COPERTURA DI CASI PARTICOLARI DI EURO 20.000 (continua da pag. 1)

prontamente nei tanti casi in cui è stata chiamata in causa e questo è di certo una garanzia di affidabilità, punto d’onore dell’Associazione, che, tra l’altro, finanzia un fondo aggiuntivo di Euro 20.000 per far fronte a casistiche particolari. Alla luce di queste premesse e prestando orecchio alle numerosissime sollecitazioni pervenute proprio dagli operatori, tramite un sondaggio aperto sul portale, ANUSCA ha pensato di estendere la protezione di una polizza assicurativa anche per quanto riguarda la tutela legale e così, novità assoluta del tesseramento 2014, è stata offerta questa nuova opportunità. Una opportunità che ha potuto essere realizzata grazie ad un importante impegno economico dell’Associazione, che, da contratto, si è impegnata ad anticipare una quota sostanziosa di premio assicurativo. Andiamo a vedere nel dettaglio di cosa si tratta. La polizza copre onorari, spese e competenze del legale liberamente scelto dall’assicurato, spese giudiziarie e processuali, onorari dei periti di parte e di quelli nominati dal Giudice, spese di transazione e di soccombenza. Condicio sine qua non per l’operatività della tutela è che l’assicurato dia immediatamente per iscritto notizia del sinistro alla Società, per il tramite di ANUSCA, nel momento in cui si è verificato o ne abbia avuto conoscenza.

In ogni caso, entro tre giorni dalla notifica, deve essere fatta pervenire informazione di ogni atto notificato. In particolare, la polizza assicurativa opera in queste fattispecie: a) difesa in procedimenti penali per delitti colposi e contravvenzioni (compresa la remissione di querela, l’amnistia, l’indulto e la prescrizione per decorrenza dei termini) per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e nell’adempimento dei compiti d’ufficio e fatti relativi alla circolazione stradale, quando gli assicurati, per ragioni di servizio si trovino alla guida di veicoli a motore di loro proprietà o di proprietà dell’Ente; b) anticipo delle spese legali e/o peritali per la difesa penale per delitti dolosi ascritti all’assicurato e riferiti

all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio se (in via alternativa) - vi sia assoluzione o proscioglimento con sentenza passata in giudicato. Sono esclusi i casi di estinzione del reato per qualsiasi altra causa. È escluso inoltre il patteggiamento; - vi sia stata derubricazione da reato doloso a colposo; - sia intervenuta archiviazione per infondatezza della notizia di reato o perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Sono esclusi i casi di estinzione del reato per qualsiasi altra causa. La Società provvederà all’anticipo delle spese legali e/o peritali fino ad un massimo di € (continua a pag. 11)

LA POLIZZA ASSICURATIVA INTERVIENE ANCORA Riceviamo e pubblichiamo con soddisfazione la notizia di un nuovo caso in cui la polizza assicurativa promossa da ANUSCA è intervenuta positivamente a copertura di richiesta di risarcimento danni per omessa dichiarazione di dati di deceduti all’ASL, per un ammontare di circa 1000 euro. Tutti i dettagli del caso saranno pubblicati su ANUSCAInforma 1/2014


UN CASO DI FILIAZIONE CONTROVERSA E CONTESTATA: IL PARERE DEGLI ESPERTI ANUSCA AL TRIBUNALE PER I MINORENNI

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li ufficiali di stato civile spesso sono chiamati ad affrontare situazioni complesse, nelle quali oltre alla difficoltà di normative non sempre chiarissime, esistono controversie tra le parti interessate che possono sfociare in contestazioni e contenzioso anche con l’operatore: pensiamo, ad esempio, alla richiesta di pubblicazioni senza la documentazione obbligatoria, o all’istanza di riconoscimento dell’efficacia di sentenza di divorzio emessa all’estero. Ma anche in occasione della formazione dell’atto di nascita e/o di dichiarazione di riconoscimento di filiazione, l’ufficiale dello stato civile può trovarsi in difficoltà in presenza di ipotesi di falsa dichiarazione o di consenso negato, con l’ulteriore aggravio di obbligo di comunicazione alla competente autorità giudiziaria, facendo particolare attenzione alle norme di tutela del soggetto debole ed indifeso dell’intera vicenda, cioè il minore del quale si chiede la formazione dell’atto di nascita o che si intende riconoscere. Il caso che viene sottoposto all’attenzione degli esperti Anusca dal Presidente di un Tribunale per i Minorenni è particolarmente controverso, tanto che vi sono già state sentenze dello stesso e di altri Tribunali per i Minorenni, della Corte di Appello, ed è attesa anche una pronuncia della Cassazione: dalla nota emerge l’interesse a comprendere il punto di vista dell’ufficiale dello stato civile, prendere conoscenza del comportamento e procedure che deve seguire, capire le modalità con le quali affronta la situazione in pratica, nel rispetto, ovviamente, del quadro normativo vigente. Il caso esposto viene affrontato e discusso dagli esperti Anusca i quali, in primis, esprimono grande apprezzamento nei confronti del Magistrato che dimostra interesse e considerazione non solo verso la figura dell’ufficiale dello stato civile, quanto soprattutto verso il modus operandi e la ratio

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di Renzo Calvigioni

normativa seguiti dallo stesso, i cui riflessi si ripercuotono completamente nella sfera giuridica del minore, cioè del soggetto debole al quale il Tribunale per i Minorenni è chiamato a garantire tutela. Vediamo, dunque, il caso e le riflessioni degli esperti ANUSCA. Al momento della formazione dell’atto di nascita, la donna che ha partorito non intende riconoscere il neonato: si presenta un uomo, con regolare attestazione di nascita, il quale effettua la denuncia e dichiara di riconoscere il bambino. Si tratta, dunque, di riconoscimento da parte solamente del padre, il quale però

risulta coniugato: l’ufficiale dello stato civile segnala, ex art. 74 L. 184/1983, al Tribunale per i Minorenni, il quale, normalmente, in questi casi, procede ad esperire d’ufficio una consulenza tecnica immunogenetica. Un volta che gli accertamenti hanno dato esito negativo, escludendo la paternità dell’uomo nei confronti del bimbo che ha riconosciuto, lo stesso Tribunale per i Minorenni, nomina un curatore che inizia la procedura di impugnazione del riconoscimento, contestualmente sospendendo la potestà genitoriale dell’uomo che aveva fatto il riconoscimento e designando un tutore provvisorio al minore, che viene pure allontanato dall’uomo. A questo punto, ricompare la madre biologica, che si era avvalsa della facoltà di non essere nominata, la quale chiede di riconoscere il bambino, sollevando

una serie di perplessità e dubbi: - quali forme deve adottare la madre per effettuare un valido riconoscimento? - come deve comportarsi l’ufficiale dello stato civile? - a chi spetta il diritto di esprimere il consenso al riconoscimento: al primo genitore, sospeso dalla potestà per falso riconoscimento ovvero al tutore provvisorio? - nella individuazione di una soluzione, non deve essere data preminenza all’interesse del minore? Riguardo a tali problematiche certamente difficili e controverse, anche tra gli esperti Anusca sono emerse posizioni non univoche, unitamente ad orientamenti condivisi. La madre per effettuare il riconoscimento dovrà rendere la dichiarazione prevista innanzi all’ufficiale dello stato civile (o notaio) il quale utilizzerà allo scopo la formula 109 del D.M. 5/4/2002: si tratta di una procedura sulla quale non sussistono dubbi ed anzi appare la sola applicabile, non risultando altre modalità di riconoscimento, a parte quella giudiziale. L’ufficiale dello stato civile, poiché il figlio da riconoscere non ha ancora compiuto i 14 anni, potrà procedere a ricevere la dichiarazione di riconoscimento, solamente in presenza del consenso del genitore che aveva già riconosciuto: il consenso in questione è condizione di validità del riconoscimento e la mancanza obbliga l’ufficiale dello stato civile a rifiutare il ricevimento della dichiarazione di riconoscimento. Nel caso in questione, si porrebbe il problema di valutare se tale consenso al riconoscimento competa al genitore che per primo aveva riconosciuto, pure in pendenza di giudizio di annullamento del riconoscimento, o se competa al tutore provvisorio che nel frattempo è stato nominato dal Tribunale. (continua a pag. 7)


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SEGUI ANUSCA ANCHE SU (continua da pag. 6)

Al riguardo, il Ministero dell’Interno si è già espresso nel Massimario, secondo quanto riportato al §6.2 nel modo seguente: “Con riguardo al riconoscimento del figlio che sia stato già riconosciuto da uno dei genitori, il consenso di quest’ultimo (richiesto quando il figlio non abbia ancora compiuto i 14 anni e non sia quindi munito di capacità di apprezzare direttamente l’opportunità dell’atto), non è ricollegabile a posizioni soggettive proprie del genitore stesso, ma si giustifica esclusivamente per il suo potere di rappresentare il minore e, quindi di valutarne l’interesse morale e materiale rispetto al secondo riconoscimento (potere di rappresentanza che viene poi esercitato anche nell’eventuale giudizio promosso con ricorso avverso il rifiuto del consenso, ove la qualità di parte in senso sostanziale spetta al minore). Pertanto, il decesso o la sopravvenuta incapacità di detto genitore non rende libero il secondo riconoscimento del figlio infraquattordicenne, ma implica che l’indicata valutazione competa a chi assuma la rappresentanza del minore, cioè al tutore o al curatore speciale (salva restando la rilevanza di quell’evento quale elemento da considerare per vagliare il concreto interesse del minore, anche nel suddetto giudizio (Cassazione civile Sez. I, 19/11/1988 e Tribunale per i Minorenni di Bari, sentenza n. 16/11 dell’11/1/2012). Tale orientamento, condiviso da molti colleghi, non è apparso convincente ad altri, in base alla riflessione che l’impugnazione del riconoscimento non costituisce certezza che effettivamente il riconoscimento verrà annullato e che tale certezza si avrà solamente quando risulterà definitiva e non più impugnabile la relativa sentenza per la quale, se l’interessato dovesse percorrere tutti i gradi del giudizio, potrebbe trascorrere anche molto tempo. In sostanza, nel ritenere

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il consenso del padre come non valido ai fini del riconoscimento della donna, e quindi nel rifiutare il riconoscimento da parte della donna, l’ufficiale dello stato civile andrebbe ad operare come se il padre non fosse più tale, cioè come se fosse già intervenuta sentenza definitiva di annullamento del riconoscimento paterno. Ma se anche si volesse accogliere tale tesi, allora il minore sarebbe privo di genitori, come un figlio non riconosciuto e, in tal caso, se un genitore si dovesse presentare a rendere la dichiarazione di riconoscimento, non vi sarebbe necessità di alcun consenso, essendo il primo genitore a riconoscere: l’ufficiale di stato civile dovrebbe ricevere la dichiarazione, formando il relativo atto e svolgendo tutti gli adempimenti conseguenti. In conclusione, anche se la maggior parte dei colleghi si dichiara disponibile ad applicare l’orientamento ministeriale, restano tuttavia molte perplessità al riguardo e sussistono fondate motivazioni che possano indurre anche ad adottare una procedura diversa. Infine, pur riconoscendo che nella ricerca di una soluzione, si dovrebbe comunque tenere conto dell’interesse del minore, vi è tuttavia la consapevolezza che

SULLA PAGINA!!! l’ufficiale dello stato civile non possa fare praticamente nulla al riguardo: infatti, l’ufficiale dello stato civile non entra nel merito della veridicità del riconoscimento stesso, ma si limita a ricevere le dichiarazioni previste ai fini del riconoscimento, dopo aver verificato che non sussistano gli impedimenti di cui alle vigenti normative. Potrà fare segnalazione all’autorità giudiziaria solamente se previsto (art. 74 legge 184/1983) o laddove nel ricevere le dichiarazioni emergano situazioni che lascino trapelare un possibile falso e, quindi, ipotesi di reato, ma non valutare se il riconoscimento vada nell’interesse del minore, aspetto di competenza dell’autorità giudiziaria, come anche, in alcune ipotesi, risulta confermato dalle nuove disposizioni della legge 219/2012. Resta una problematica comunque complessa, nella quale entrano in gioco interessi diversi e sulla quale anche la dottrina non sembra avere molti approfondimenti: questo conferma, se ce ne fosse bisogno, la delicatezza e l’importanza del ruolo dell’ufficiale dello stato civile, oltre alla complessità dei compiti che deve svolgere.


LA TAGLIOLA DELLA “SPENDING REVIEW” RIDUCE LE SPESE PER LE ELEZIONI EUROPEE di Claudio Pagano

I

l grande – nel senso di capiente – contenitore della ex legge finanziaria (oggi si dice “Legge di Stabilità”) per l’anno 2014, reca finanche delle misure restrittive interessanti le consultazioni Europee già fissate, nel nostro Paese, per la data del prossimo 25 maggio. Nel dettaglio i commi 398/401 dell’unico articolo della Legge n. 147 del 23.12.2013, entrata in vigore l’01.01.2014, prevedono una serie di norme finalizzate sostanzialmente alla riduzione delle spese da sostenersi per lo svolgimento delle consultazioni elettorali che si terranno a partire del corrente anno. Più precisamente registriamo le seguenti novità: - comma 398: riduce lo stanziamento a bilancio (presso il M.E.F.) di complessivi 100 milioni di Euro; - comma 399: introduce una serie di modifiche a norme vigenti al fine di determinare che: a) le operazioni di votazione si terranno nella sola giornata di domenica, dalle ore 07,00 alle ore 23,00; b) le operazioni di scrutinio dovranno concludersi entro le ore 14,00 del lunedì successivo alle votazioni; c) in caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni politiche con quelle regionali e/o provinciali e/o comunali lo spoglio di queste ultime elezioni viene rinviato alle ore 14,00 del lunedì successivo alla votazione; d) in caso di contemporaneo svolgimento delle elezioni regionali con quelle provinciali e/o comunali lo spoglio di queste ultime viene rimandato alle ore 14,00 del lunedì successivo alle votazioni. Detto spoglio deve svolgersi senza interruzioni e deve concludersi entro le ore 24,00 del lunedì se lo scrutinio riguarda una sola elezione ovvero entro le ore 10,00 del martedì successivo alle votazioni, se lo scrutinio riguarda sia le elezioni provinciali e sia le elezioni comunali; - comma 400: contiene ulteriori disposizioni destinate esplicitamente

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al contenimento delle spese, e più precisamente: a) con cadenza triennale, anziché annuale, entro il 31 gennaio di ogni primo anno di ciascun triennio, con decreto ministeriale, sarà determinata la misura massima del finanziamento delle spese per le consultazioni elettorali ivi comprese le somme da rimborsare ai Comuni. Tutte le spese per lo svolgimento delle elezioni politiche e dei referendum nazionali sono a carico dello Stato nei limiti massimi stabiliti dal suddetto decreto ministeriale; b) si stabilirà, con decreto del Ministero dell’Interno, l’importo massimo da rimborsare a ciascun Comune – fatta eccezione per il trattamento economico dei componenti dei seggi – nei limiti delle assegnazioni di bilancio, con distinti parametri per sezione elettorale e per elettore, calcolati rispettivamente nella misura del 40 per cento e del 60 per cento del totale da ripartire. Per i Comuni aventi fino a 3 sezioni elettorali, le quote sono maggiorate del 40 per cento; c) per le elezioni amministrative (regionali – provinciali – comunali) lo Stato non rimborserà più le spese per far fronte all’adeguamento degli onorari ai Presidenti di Seggio e per l’eventuale acquisto di cabine elettorali; d) si riscrive significativamente l’art. 15 del D.L. 8/1993 – convertito in legge n. 68/1993 – prevedendo che in occasione di consultazioni elettorali il personale comunale, addetto a servizi elettorali, può essere autorizzato

ad effettuare lavoro straordinario entro il limite medio di spesa di 40 ore mensili, per dipendente e sino ad un massimo individuale di 60 ore mensili, per il periodo intercorrente dal cinquantacinquesimo giorno antecedente la data delle consultazioni al quinto giorno successivo alla stessa data. Il limite medio di spesa si applica solo ai Comuni con più di cinque dipendenti. L’autorizzazione si riferisce al personale stabilmente addetto agli uffici interessati, nonché a quello che si intenda assegnarvi quale supporto provvisorio, con determinazione da adottare preventivamente e nella quale dovranno essere indicati i nominativi del personale previsto, il numero di ore di lavoro straordinario da effettuare e le funzioni da assolvere. La mancata determinazione preventiva inibisce il pagamento dei compensi. Le spese per il lavoro straordinario dei dipendenti comunali e le altre spese anticipate dai Comuni per l’organizzazione tecnica e l’attuazione di consultazioni elettorali i cui oneri sono a carico dello Stato saranno rimborsate, al netto delle anticipazioni, posticipatamente in base a documentato rendiconto da presentarsi entro il termine perentorio di quattro mesi dalla data delle consultazioni, pena la decadenza dal diritto al rimborso. e) si modifica l’art. 85 del T.U. n. 570/1960 prevedendo che nel caso in cui sia stata pronunciata decisione di annullamento delle elezioni, il Prefetto provvede al commissariamento del Comune sino a quando, a seguito di impugnativa, la decisione predetta non venga sospesa o il Consiglio comunale non sia riconfermato con decisione definitiva, oppure sino a quando il Consiglio medesimo non venga rinnovato con altra elezione. Le elezioni saranno rinnovate in occasione del primo turno elettorale utile (quello primaverile: 15 aprile – (continua a pag. 20)


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ANAGRAFI ALLA PROVA DEI “RESIDENTI NON RESIDENTI”: UNA SFIDA DA VINCERE CON PROFESSIONALITÀ di Andrea Antognoni

U

n cittadino che vive abitualmente in un camper. Un altro che si sposta da un alloggio a un altro dopo aver perso tutto, o quasi, e l’ex moglie ne “richiede” la cancellazione. Un signore che ci dice di dormire nella sua barca. Una ragazza ricoverata in una struttura di ospitalità per ragioni sanitarie e un’altra che abita da qualche mese in un istituto per minori, in un Comune diverso da quello cui è stata affidata. Non saranno il sogno di ogni ufficiale d’anagrafe, ma certamente non devono diventarne l’incubo. Già, perché i “residenti non residenti” capitano sempre più di frequente, essendo impensabile ridurre la complessità della vita delle persone all’iscrizione anagrafica semplice semplice. La crisi economica, i flussi migratori, le crescenti situazioni di disagio sociale hanno aumentato la quantità di “soggetti deboli” per cui non può applicarsi a occhi chiusi il criterio di scuola del “vivo a casa mia e qui sono residente”. Ma chi sono, i “residenti non residenti”? Sono coloro che per motivi vari presentano una particolare complessità nella gestione anagrafica, a causa di una vita quanto meno precaria: sia perché una dimora abituale non ce l’hanno, e allora siamo di fronte a senza fissa dimora o senza tetto, o perché è magari di difficile individuazione; sia perché sono temporaneamente assenti o temporaneamente presenti, o ancora vivono in strutture particolari quali carceri, case di cura, istituti di ricovero per minori. L’ufficiale d’anagrafe, non ci stancheremo mai di ripeterlo, deve fare il suo lavoro e soltanto il suo: non sarà “uno sporco lavoro” ma di certo qualcuno lo deve pur fare; e quando abbiamo di fronte i “residenti non residenti” ci accorgiamo di quanto la gestione dell’anagrafe abbia una complessità e una ricchezza di variabili che rendono certamente difficile, ma anche estremamente stimolante, oltre che fondamentale, il nostro lavoro.

Già, proprio così: ci interessiamo di queste persone proprio perché fanno parte, in modo pieno e totale, dell’anagrafe. Non è un paradosso: le situazioni sopra descritte non possono più essere archiviate rapidamente come anomalie: sono sì situazioni di vita complicate (categoria sociale) ma che, viste con gli strumenti giuridici dell’ufficiale d’anagrafe, rientrano sempre e comunque in un’unica categoria amministrativa, quella dell’iscrizione anagrafica. Un diritto soggettivo personalissimo che ogni cittadino presente in modo non occasionale

sul territorio italiano può e deve rivendicare; e dall’altro lato un interesse primario fondamentale dello Stato che ogni ufficiale d’anagrafe – nessuno escluso! – è chiamato a custodire. Ripassare i fondamentali diventa allora un esercizio importantissimo proprio per affrontare con scienza (e coscienza) i “residenti non residenti”; a cominciare dai senza fissa dimora, per i quali sussiste il medesimo obbligo di dichiarare il proprio domicilio all’ufficiale d’anagrafe, che lo utilizzerà al fine di registrarne l’iscrizione anagrafica al pari di ogni altro cittadino iscritto in base alla dimora abituale. E qui viene spontanea una riflessione sulla lungimiranza del legislatore del 1954 che con la legge anagrafica ha fissato paletti così inclusivi (tanto da prevedere il criterio residuale del Comune di nascita) che ci consentono oggi di comprendere senza dubbi di sorta l’importanza di tale istituto

amministrativo e il dovere che ogni ufficiale d’anagrafe ha di maneggiarlo in modo conforme alla normativa. Certo, oltre ai principi vi sono poi i casi pratici, problematici, in cui siamo chiamati ad applicare concretamente l’istituto della residenza anagrafica nelle sue molteplici sfaccettature, adattando il procedimento amministrativo alla particolarità della singola situazione, sia che si tratti di accertare un domicilio, sia che si tratti magari di comprendere se una persona possa o meno essere iscritta, e in che modo, presso un istituto di cura o una casa circondariale. Di esempi ve ne sarebbero ovviamente tantissimi, tenendo poi conto che tali procedimenti spesso richiedono la collaborazione di più Comuni, i quali per raggiungere un giusto risultato dovrebbero tutti operare secondo la legge e in modo scrupoloso dal punto di vista amministrativo. Evitando brutte sorprese in caso di vertenze o peggio ancora citazioni in giudizio. Nel seminario di studio del 19 e 20 marzo in Accademia, insieme ai colleghi Nadia Patriarca e Luca Tavani, prenderemo a rassegna proprio la gestione dei “residenti non residenti”: un lungo viaggio che, partendo dall’analisi dell’evoluzione dei principi che regolano l’iscrizione anagrafica, ci porterà a tracciare per ogni particolare situazione le linee guida per un corretto approccio da parte dell’ufficiale d’anagrafe: il senza fissa dimora e il senza tetto, con tutte le possibili variabili interne al procedimento, dalla dichiarazione alla certificazione; le persone temporaneamente assenti e la popolazione temporanea; i ricoverati, le persone in convivenza, i detenuti e ancora altri casi particolari. Con la convinzione che soltanto una professionalità forte possa affrontare le sfide sempre più complesse che la società ci presenta, garantendo la correttezza e la qualità dell’azione amministrativa e la tutela di un diritto fondamentale quale l’iscrizione anagrafica.


Provvedimento di diffida per illecito trattamento dati personali

GARANTE PRIVACY – POSTE ITALIANE 1-0

S

ingolare e interessante provvedimento del Garante Privacy a carico di Poste Italiane per illecito trattamento dei dati personali di un dipendente comunale. Entriamo nel dettaglio. A seguito segnalazione di un dipendente di un Comune ligure (recatosi presso gli sportelli di Poste italiane per eseguire un’operazione di versamento di poco più di 5.000 euro sul conto corrente intestato a INPS per acquisto voucher), che si è visto verificare ed analizzare il suo personale rapporto con Poste Italiane, la società in parola si è ritrovata destinataria di un provvedimento di natura prescrittiva che merita qualche commento. Antefatto: il dipendente comunale si reca agli sportelli di Poste Italiane. È conosciuto dal personale di sportello e dalla direttrice dell’ufficio, che è consigliere comunale. Ma nessuno si limita all’identificazione personale, né realizza che, in quel contesto, si tratta di mero esecutore materiale di un’operazione svolta in nome e per conto dell’ente comunale; si sonda, si scava tra i rapporti che il dipendente comunale intrattiene con Poste Italiane, come persona privata, fino alla carta prepagata Postepay, o al conto cointestato con il genitore. Intromissione inconferente con l’operazione di versamento, e lesiva della riservatezza. Scatta la segnalazione al Garante Privacy da parte del dipendente, cui fanno seguito le controdeduzioni della società, che si difende, come può, adducendo come motivazione del trattamento un “blocco procedurale a sportello”, un vero automatismo predisposto ad hoc nella rete informatica, per tutte le operazioni over 5.000 euro, che imporrebbe controlli incrociati non soltanto sull’effettivo titolare del rapporto, ma anche sul mero occasionale esecutore della singola operazione di sportello. Motivazione della motivazione? Una fitta rete di controlli, che la società non esita a definire “trasversali”,

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di Mariangela Remondini

dettati dal complesso intreccio di norme in materia di antiriciclaggio. Di fatto, nell’ambito di tali controlli e verifiche trasversali, poiché nel corso dell’operazione era emerso che il dipendente comunale rivestiva (anche) la qualità di cliente di Poste Italiane, l’operatore della società aveva ritenuto imprescindibile l’aggiornamento, nel database, del documento di identità del cliente, consentendo l’operazione di versamento per i voucher solo a “variazione anagrafica” avvenuta.

Valutazione: il Garante, ritenendo pacifico lo svolgersi dei fatti come segnalati, entra nel merito, ritenendo che le misure di controllo e verifica, auspicate e prescritte dal legislatore delle norme antiriciclaggio, non possano comunque eccedere le garanzie e le prescrizioni in materia di protezione dei dati personali. Non solo, deve trattarsi di misure proporzionate all’effettivo rischio di riciclaggio. In ogni caso, nel momento in cui gli intermediari finanziari eseguono le operazioni di controllo e verifica in commento, in ordine alla clientela, non dovrebbero scostarsi dal concetto espresso con la locuzione “approccio basato sul rischio”, a seconda della tipologia di cliente e di operazione richiesta. Nel caso di specie, avuto riguardo al cliente, alla somma versata,

all’operazione eseguita, la società ha effettuato verifiche eccedenti, inopportune e troppo penetranti, anche in considerazione delle indicazioni fornite sul tema dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle istruzioni impartite con più documenti provvedimentali da parte di Banca d’Italia. Il provvedimento in commento è chiaro: il Garante non solo dichiara l’illiceità del comportamento della Società Poste Italiane, ma prescrive alla società stessa, ai sensi degli articoli 143, 144 e 154 del Codice, di astenersi dal ripetere tale trattamento in future occasioni similari, nonché di “adottare opportune misure formative e tecnico-organizzative” per evitare, nell’ambito dei sia pur doverosi controlli prescritti dalle norme in materia di antiriciclaggio, di trattare i dati personali in modo spropositato, in quanto eccedente i reali rischi, e quindi illecito. Curioso come alla prescrizione del comportamento illecito non segua alcuna sanzione. Ma trattandosi del gigante Poste Italiane, si tratta di una battaglia vinta. È vero che aggiudicarsi l’esito di una battaglia non sempre significa vincere la guerra, ma è comunque una gran bella battaglia, vinta da un cittadino per tutti i cittadini.

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CONTRASTARE LO STRESS SUL LAVORO: UN CORSO PER IMPARARE COME Fra le iniziative del prossimo futuro in Accademia, una novità: sarà proposto, dal 19 al 22 febbraio, un seminario curato da un team di esperti del settore sull’insorgenza dello stress nei processi di riorganizzazione del lavoro. Grandi cambiamenti attendono i Servizi Demografici, con un impatto non solo normativo, ma anche pratico. A fronte di questa situazione, può ingenerarsi nei dipendenti della PA la cosiddetta Sindrome Generale di Adattamento (S.G.A.). Essa si configura facilmente laddove vi sia scarsa tolleranza all’imprevedibilità e una mitizzazione del passato, visto come percorso conosciuto, sicuro e agevole. In un contesto caratterizzato da affaticamento e stress, i cambiamenti dovuti alle nuove strategie possono determinare risposte negative, come una scarsa disponibilità ad imparare nuove procedure e un basso rendimento produttivo. Il processo di cambiamento dovrebbe pertanto essere preceduto da una azione sulla mentalità negli operatori, affinchè l’avvento del nuovo sia accolto attivamente. Il progetto si propone di · stimolare a coinvolgersi nei processi di riorganizzazione e gestione degli uffici, migliorando la propria professionalità per sentirsi interpreti di un cambiamento possibile · insegnare ad allargare i propri orizzonti · promuovere la sperimentazione del lavoro in team Per maggiori dettagli sul programma del seminario e sui costi previsti, visita il sito www.anusca.it (continua da pag. 5)

5.000,00 in attesa della definizione del giudizio. Ovviamente, nel caso in cui il procedimento si concluda con sentenza definitiva diversa da assoluzione, proscioglimento o derubricazione o l’assicurato non trasmetta alla compagnia assicurativa copia della sentenza entro 30 giorni dalla pubblicazione, la Società richiederà allo stesso, il rimborso di tutti gli oneri, spese legali e/o peritali, eventualmente anticipati per la difesa in ogni grado di giudizio. c) spese di resistenza avverso pretese risarcitorie per danni extracontrattuali cagionati a terzi nei casi ove risultino adempiuti gli obblighi dell’assicuratore della Responsabilità Civile dei soggetti Assicurati. d) controversie relative allo svolgimento di attività previste in materia di d.lgs. 196/2003 (tutela privacy), nei casi dettagliatamente indicati nelle condizioni generali di contratto

(pubblicato sul sito www.anusca.it) e) controversie relative allo svolgimento di attività previste da d.lgs. 81/2008 (tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) nei casi esplicati sempre nelle condizioni generali di contratto. Con una spesa di Euro 40,00 annuali, l’operatore si assicura la tranquillità di poter contare su un massimale di Euro 20.000,00 a caso, con un limite annuo di Euro 40.000,00 laddove si verificassero più casi in cui la polizza è chiamata a intervenire. È importante sottolineare come questa polizza di tutela legale possa essere attivata soltanto nel caso in cui l’operatore attivi anche la polizza di responsabilità civile (quindi quota B1, B2 o B3). Chi eventualmente, in maniera del tutto corretta per dare continuità alla copertura, avesse già provveduto alla sottoscrizione di una quota B per l’anno 2014, può comunque chiedere l’integrazione per ottenere anche la tutela legale.

Chi invece volesse sottoscrivere per la prima volta o deve ancora rinnovare l’adesione ad ANUSCA, scegliendo anche la polizza di tutela legale, può effettuare un unico versamento, indicando il tutto nella causale di pagamento. La copertura si attiva dal giorno in cui è stato effettuato il versamento del corrispettivo ad ANUSCA tramite bonifico bancario o conto corrente postale secondo le indicazioni presenti sul sito www. anusca.it. Occorre inviare subito copia della ricevuta di versamento alla segreteria dell’Associazione mezzo fax 051/944183 o via mail tesseramento@ anusca.it o, in alternativa, segreteria@ anusca.legalmail.it. Ulteriori informazioni sono comunque disponibili sul sito di ANUSCA o contattando la dr.ssa Sceila Gasperini al numero 051944641 – relazioniesterne@anusca.it .


QUANDO LA DISPERSIONE DELLE CENERI PUÒ ESSERE UN REATO di Graziano Pelizzaro

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apita talvolta di leggere nella cronaca episodi che istintivamente provocano tra gli addetti ai lavori qualche riflessione o qualche domanda. L’amico Gabriele Vincenzi mi ha segnalato questo, pubblicato da “Affaritaliani.it”: “Sparge le ceneri della moglie. Ma in Sardegna: rischia 7 anni”. Al cuore non si comanda e i desideri dell’amata vanno sempre esauditi. Anche a costo di prendersi una denuncia per spargere le ceneri al vento e rimediare una denuncia per dispersione di cadavere. È accaduto al signor Pasqualino N., sessantenne originario del Molise ma residente a Roma da tempo che il 24 dicembre ha preso il traghetto da Civitavecchia con destinazione Alghero, con in mano l’urna che conteneva le ceneri della moglie. D’altronde era sulla spiaggia della Pelosa, a Stintino, che il loro amore aveva vissuto l’ultima vacanza insieme ed era lì che la donna voleva essere “dispersa”. Un desiderio che la donna, la signora Simonetta L. 54 anni, morta per un incidente stradale, aveva espresso prima di lasciare solo il marito. “E qui la burocrazia ci ha messo lo zampino”, come ha commentato l’avvocato Anna Orecchioni che difende l’uomo dall’accusa di “occultamento o dispersione di cadavere”, contemplata dall’articolo 411 del Codice Penale. Le ceneri della donna, dopo la cremazione avvenuta nel cimitero Flaminio a cura dell’Ama, potevano secondo l’autorizzazione emessa dal pubblico ufficiale incaricato del servizio, “solo ed esclusivamente” nel mare di Ostia. Invece l’uomo, per rispettare l’ultima volontà e onorare il ricordo, ha affrontato il viaggio in Sardegna. Non s’aspettava che nell’antivigilia di Natale, una pattuglia dei carabinieri lo sorprendesse mentre, lacrimante, disperdeva le ceneri nella spiaggia de La Pelosa. Identificato, è stato così denunciato. Ora il poveretto, assistito dagli Avv.ti Anna Orecchioni e Giacinto Canzona, rischia un processo penale per distruzione/soppressione/

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occultamento di cadavere, un reato punito molto severamente dal nostro Ordinamento con una pena che arriva fino a sette anni di reclusione. Un ultimo desiderio che potrà costargli caro. Premesso che la congerie di norme, statali e regionali, in materia di dispersione delle ceneri non facilita certo né la lettura né l’applicazione da parte degli stessi operatori e men che meno dei cittadini utenti, e che non disponiamo degli atti del caso in questione, la prima domanda che sorge spontanea è “Perché mai i carabinieri l’hanno denunciato? Per

contravvenzione all’art. 411 del codice penale?” L’art. 411 del codice penale è stato modificato dall’art. 2 della legge 30 marzo 2001, n. 130, che recita: “1. All’articolo 411 del codice penale sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: Non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto. La dispersione delle ceneri non autorizzata dall’ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, è punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da lire cinque milioni a lire venticinque milioni”. Quindi si commette reato se la dispersione non è autorizzata dall’ufficiale dello stato civile oppure se viene eseguita con modalità diverse da quelle indicate dal defunto. Nel caso in questione si afferma che

era espressa volontà della defunta che le sue ceneri fossero disperse “sulla spiaggia della Pelosa a Stintino”, quindi il vizio non può che riguardare l’eventuale autorizzazione. Dico eventuale perché nell’articolo sopra riportato si dice che il marito era stato autorizzato dall’Ama. Mi sembra improbabile, se non impossibile, che l’Ama possa aver rilasciato una regolare autorizzazione, la quale può essere rilasciata solo da un ufficiale dello stato civile. Questa funzione è svolta dal Sindaco, quale ufficiale di governo a norma dell’art. 54, c. 3, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267. Il Sindaco, a sua volta, può delegare la funzione ai dipendenti a tempo indeterminato del Comune e ad una serie di soggetti, tra i quali comunque non appare e non può apparire il personale dipendente da un’azienda municipale. Sorge il dubbio allora che anziché una autorizzazione alla dispersione quella rilasciata al marito fosse stata solo una autorizzazione al trasporto. Però nell’articolo si dice che era stata autorizzata solo la dispersione sul mare di Ostia, dettaglio questo che non avrebbe alcuna necessità di apparire in una autorizzazione al trasporto. Diamo quindi per assodato che esista veramente una autorizzazione alla dispersione. Se poi chi l’ha rilasciata poteva o non poteva farlo, questa non è questione imputabile al marito, al quale, a mio avviso, non si può imputare nemmeno la contravvenzione a quanto previsto dall’art. 411 c.p., ma semplicemente una infrazione sanabile con una sanzione amministrativa, per aver agito non in difformità dalla volontà della defunta, ma in difformità dall’autorizzazione avuta. In questo caso, se i regolamenti locali non prevedono l’ammontare della sanzione, ritengo applicabile quanto previsto dall’art. 7 bis del D.L.vo 267/2000. Casomai conviene porre l’attenzione sulla stessa autorizzazione e sul suo contenuto. Come mai chi ha rilasciato (continua a pag. 13)


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l’autorizzazione, ammesso che ne avesse l’autorità, l’ha rilasciata “solo per il mare di Ostia” mentre la defunta la voleva “sulla spiaggia della Pelosa”? Possiamo formulare due ipotesi: 1) La defunta aveva manifestato in vita la sua volontà solo verbalmente ed il marito l’ha riferita sommariamente, sottovalutando l’importanza del dettaglio; 2) Chi ha emesso l’autorizzazione ha ritenuto di non poter autorizzare la dispersione delle ceneri in Sardegna e, come ripiego, l’ha autorizzata sul mare di Ostia. Ricordiamo ancora che l’art. 2 della legge 130/2001 impone che la dispersione sia autorizzata “sulla base di espressa volontà del defunto”. Ma espressa come? Questo la legge 130/2001 non lo dice. Mentre alcune Regioni hanno risposto a questa domanda nelle proprie normative regionali in materia, la Regione Lazio è intervenuta solamente con l’art. 162 della L.R. n. 4/2006, senza dare indicazioni a questo riguardo. Vi è però la nota sentenza del TAR Lazio n. 3407 del 4.4.2013 che ammette come forma di manifestazione di volontà anche la dichiarazione resa, in questo caso, dal marito, il quale però deve riferirla fedelmente. Più dibattuti e quindi più interessanti sono due aspetti riguardanti la seconda delle ipotesi sopra formulate: qual è il Comune competente ad autorizzare la dispersione e, di conseguenza, l’ufficiale dello stato civile può autorizzare la dispersione delle ceneri da eseguirsi fuori dal suo Comune? Circa la competenza al rilascio dell’autorizzazione va innanzitutto ricordato che l’art. 2 della legge 130/2001 non specifica su quale Comune ricada e, anche qui, le diverse normative regionali non hanno dato risposte univoche. Diverse Regioni l’hanno fatta ricadere sul Comune dove è avvenuto il decesso, mentre altre hanno semplicemente fatto rinvio alla legge 130/2001 (che però nulla

prevede al riguardo). Solo la Provincia autonoma di Trento ha individuato come competente al rilascio dell’autorizzazione il Comune dove avviene materialmente la dispersione delle ceneri. Anche il TAR Toscana (Sez. II - 2 dicembre 2009, n. 2583) ebbe a sposare quest’ultima soluzione, ma recentissimamente la stessa Regione Toscana (L.R. n. 66/2013) ha invece espressamente confermato come competente il Comune di decesso. Vi è poi da dire che nel caso di dispersione in mare, sarebbe impossibile individuare il “Comune ove avviene la dispersione”, giacchè il mare non appartiene alla giurisdizione

FACCIAMO … LUCE SUI CIMITERI ANUSCA offre un servizio di supporto per la redazione/ aggiornamento del regolamento comunale di polizia mortuaria e per la pianificazione e gestione dei servizi funebri e cimiteriali. Il vostro Regolamento di Polizia Mortuaria ha bisogno di un aggiornamento? Non è stato adeguato alle nuove norme regionali? O ancora, è stato aggiornato, ma ritenete utile in proposito il parere di un esperto? Serve assistenza per la pianificazione e la gestione dei servizi funebri e cimiteriali? ANUSCA offre un servizio di supporto, a misura di Comune. Per maggiori informazioni su modalità e costi www.anusca.it

amministrativa, ovvero al territorio, di alcun Comune. Lo stesso TAR Toscana confermava, peraltro, che l’autorizzazione alla dispersione delle ceneri rilasciata dall’ufficiale dello stato civile è valevole ed eseguibile in ogni Comune della Repubblica, quindi anche fuori dal proprio Comune. L’ufficiale dello stato civile è ufficiale di governo, quindi gli effetti della sua azione non sono circoscrivibili all’ambito comunale. Peraltro egli è chiamato unicamente, nella fattispecie, ad autorizzare la dispersione (sarebbe meglio dire “la dispersibilità”) delle ceneri avendo verificato che tale era la volontà del defunto. Non gli compete indagarne o verificarne la compatibilità con i regolamenti locali (eccezion fatta per la Liguria e, ora, la Toscana). Nel caso in esame, quindi, l’autorizzazione alla dispersione delle ceneri doveva essere rilasciata dal Comune ove è avvenuto il decesso della signora (ma non sappiamo dove sia morta), tranne il caso che le ceneri fossero già state sepolte o depositate in un cimitero di altro Comune, nel qual caso quest’ultimo sarebbe divenuto competente a sua volta. L’autorizzazione, poi, poteva e doveva essere rilasciata conformemente alla volontà espressa dalla defunta, potendo tranquillamente quell’ufficiale dello stato civile autorizzare la dispersione delle ceneri in tal senso. Ciò non toglie (anzi!) che chi è stato autorizzato ad eseguire la dispersione (il marito), una volta giunto sul luogo prescelto, sia tenuto all’osservanza delle eventuali norme locali, comunali e/o regionali. Come già detto, però, l’eventuale inosservanza dei regolamenti locali può comportare solamente una sanzione di tipo amministrativo, non penale. Non si può escludere, comunque, che il comportamento del marito sia stato indotto in errore dalla stessa procedura autorizzatoria che meriterebbe un approfondimento “rebus sic stantibus”.


LA RICHIESTA DI TRASCRIZIONE DEGLI ATTI DI STATO CIVILE : BOLLO SÌ O BOLLO NO?

I

l comma 11 dell’art. 12 del DPR. 396/2000 prevede la possibilità per chiunque interessato di richiedere all’ufficiale dello stato civile la trascrizione di un atto, con istanza verbale o con atto redatto per iscritto. La correlata formula 192 da utilizzarsi nel caso di trascrizione richiesta da privato prevede sia l’ipotesi che la richiesta venga effettuata con istanza verbale sia con atto scritto; in questo ultimo caso la richiesta di trascrizione sarà allegata nel fascicolo unitamente all’atto trascritto. La questione che si vuole affrontare riguarda la necessità o meno di apporre la marca da bollo sulla richiesta di trascrizione effettuata con tale modalità. La domanda nasce dalla formulazione dell’art. 5 dell’allegato A del DPR. 642/1972 indicante atti, documenti e registri soggetti all’imposta di bollo sin dall’origine laddove si trova che le istanze, le petizioni e relative memorie dirette agli organi anche collegiali dell ’amministra zio n e. . .t e n d e n t i ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo o il rilascio di copie, certificati, estratti e simili scontano appunto l’imposta di bollo. La richiesta sottoscritta dall’interessato di trascrivere un atto di stato civile può considerarsi un’istanza tendente ad ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo? La natura giuridica degli atti di stato civile non è definita da una norma ma pare arduo definire l’atto di stato civile un provvedimento amministrativo . Alcuni teorici della materia sostengono che gli atti di stato civile rientrano in un campo latamente giurisdizionale anche se la funzione è affidata ad un organo amministrativo, trattandosi di atti che accertano lo stato delle persone, che dichiarano cioè una situazione o relazione giuridica. Un atto amministrativo d’altra parte è un atto giuridico posto in essere da un’autorità amministrativa nell’esercizio di una sua funzione amministrativa; è espressione di un

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di Grazia Benini

potere amministrativo, produttivo di effetti, indipendentemente dalla volontà del soggetto a cui è rivolto. I provvedimenti amministrativi godono di una disciplina legata alla loro efficacia, disciplinata dalla legge 241/1990, laddove il legislatore ha previsto i casi di nullità del provvedimento e di annullabilità legata alla sua illegittimità. L’annullabilità del provvedimento attribuisce la possibilità alla P.A. di procedere all’annullamento d’ufficio, se sussistono ragioni di interesse pubblico, tenendo conto degli interessi di tutti (in autotutela). Ora se l’atto di stato civile fosse un provvedimento amministrativo ogni qualvolta si redige un atto il quale si riveli poi viziato per incompetenza o violi una norma di legge, o viziato per eccesso di potere, ci potrebbe essere la possibilità di fare un passo indietro con un provvedimento in autotutela. È interessante a riguardo una sentenza della Corte d’Appello di Milano del 18.4.1962 nella quale si definisce l’atto di stato civile, atto amministrativo sui generis, in considerazione del fatto che “il suo sorgere non dipende dalla volontà della P.A., ma dai fatti naturali o dalla volontà del soggetto che può anche modificarlo, integrarlo o annullarlo con l’esercizio delle azioni di stato.” Da questa definizione, sostenuta dall’art. 451 del c.c. appare evidente che l’atto di stato civile ha le caratteristiche di un vero e proprio atto pubblico. Avrà pertanto l’onere di intentare querela di falso (221cpc) chi intende dimostrare che il dichiarante ed i testimoni non sono comparsi avanti ad un pubblico ufficiale, o che non sono comparsi nel giorno o nel luogo indicati, che non hanno reso la dichiarazione o ne hanno

resa una diversa in tutto o in parte; il contenuto della dichiarazione resa invece sarà superata non con la querela di falso, bensì proponendo un giudizio di stato. Tutte queste considerazioni portano ad affermare che i rimedi esperibili contro gli atti di stato civile in odore di illegittimità vanno cercati non nella legge 241/1990, bensì nel codice civile e nel DPR. 396/2000. La risposta alla domanda iniziale non può che essere negativa: l’esito della richiesta presentata dal cittadino non è un provvedimento amministrativo ma un atto di stato civile il quale è un vero e proprio atto pubblico. L’utilizzo del termine usato dal legislatore “tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento” riconduce all’aspettativa da parte del richiedente di ottenere da parte della P.A un qualcosa a lui favorevole, aspettativa che niente ha che vedere con chi richiede la trascrizione di un atto di stato civile la cui effettuazione più che al cittadino risponde all’interesse pubblico della registrazione di tutti gli eventi riguardanti lo status di un soggetto. Potrebbe allora tendere la richiesta di trascrizione di un atto al rilascio di copie, certificati o estratti? Anche in tal caso la risposta non potrà che essere negativa. Il rilascio della certificazione di stato civile è un adempimento affidato all’ufficiale dello stato civile dal secondo comma dell’art. 450 c.c. per realizzare la pubblicità dei registri di stato civile che il legislatore ha voluto per i registri di stato civile; tale attività certificativa è una conseguenza se vogliamo neppure obbligatoria o necessaria alla trascrizione di un atto di stato civile. In definitiva la richiesta di trascrizione di un atto di stato civile non pare rientrare nel disposto della tabella A per cui in forza di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 1 del DPR. 642/1972 che dispone che le disposizioni se non espressamente previste dalla tariffa non si applicano, è ragionevole affermare che la richiesta di trascrizione di un atto di stato civile non debba scontare l’imposta di bollo.


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GLI ESPERTI ANUSCA A CONVEGNO

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a sempre, il cuore dell’attività di ANUSCA è rappresentato dall’organizzazione di iniziative formative in tutta Italia destinate agli operatori demografici; da qualche anno a questa parte, l’Associazione ha inaugurato la prassi di organizzare un seminario diciamo “speciale”, dedicato ai docenti e gli esperti che collaborano con ANUSCA, per un momento di confronto e di approfondimento delle questioni più delicate e controverse. Un’occasione assolutamente speciale e riservata dunque, su cui l’Associazione punta molto, nella considerazione che gli esperti rivestono un ruolo di primaria importanza nel rapporto con la base degli operatori, rappresentando un punto di contatto fondamentale grazie alla presenza sul territorio in costanza delle iniziative di formazione. Per questa ragione, il Presidente Gullini, che ha presenziato alla riunione per l’intera durata, il 24 e il 25 febbraio scorso, ha sottolineato con particolare intensità come sia necessaria una condivisione convinta e piena dei valori e delle finalità dell’Associazione da parte degli esperti che si fanno latori del “messaggio ANUSCA”, oltre alle nozioni di competenza in materia demografica. Anche il coordinatore degli esperti, Romano Minardi, ha sottolineato la delicatezza del ruolo, che richiede aggiornamento e studio costante; non esistono percorsi universitari che infatti possano consolidare professionalità di questo genere, quindi la scuola è sul campo e ANUSCA, in questo senso, ha un incarico di guida insostituibile. Un ruolo di primo piano che l’Associazione si è conquistata negli anni, ma che è necessario mantenere, senza adagiarsi sugli allori dei risultati ottenuti; da un lato le normative si susseguono e si stratificano, quindi è di basilare importanza un aggiornamento continuo e costante, dall’altro, il mercato si sta ampliando e sono da mettere in conto forme di concorrenza di ogni genere, che implicano una revisione delle strategie da adottare.

di Silvia Zini

Approfittando della seduta in forma plenaria, Minardi ha dunque illustrato alla platea degli esperti, coadiuvato dal collega Alessandro Francioni (parimenti presente ai lavori presso il Ministero dell’Interno) dello stato dell’arte rispetto all’implementazione di ANPR. È attualmente in fase di realizzazione l’apparato normativo, tramite regolamenti, che dovrà supportare la realizzazione del sistema: il Presidente Gullini interviene sottolineando come ANUSCA abbia avuto un ruolo di impulso basilare, vincendo anche diverse resistenze, affinchè i Comuni continuino comunque,

in loco la gestione dell’anagrafe e riportare delle indicazioni utili al nostro Paese. C’è una orgogliosa consapevolezza dunque, provata dai fatti, che la voce di ANUSCA viene ascoltata nelle sedi chiamate a decidere il futuro della Pubblica Amministrazione del nostro Paese. Per questo, è quanto mai importante un’Associazione coesa e compatta sui temi principali, proprio partendo da una condivisione da parte degli esperti. La riunione di fine gennaio ha avuto anche e soprattutto questa finalità. Non è mancato neppure il momento progettuale e propositivo. Il

seppur nell’ambito di un sistema centralizzato, a mantenere il proprio database anagrafico. Mutuando infatti l’esperienza dell’Austria (approfondita da vicino nel corso di diverse visite e tramite intense relazioni istituzionali) che da anni prevede una anagrafe centralizzata e una presso gli oltre duemila Comuni del Paese, ANUSCA ha sostenuto con forza questa soluzione anche per il nostro Paese, con esito positivo, dato che è previsto che i Comuni, che lo desiderano, mantengano il loro ruolo, anche quando l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente entrerà a pieno regime. Il Presidente annuncia che sarà a breve programmata una ulteriore visita a Comuni austriaci per approfondire

Presidente Gullini ha invitato gli intervenuti ad illustrare idee nuove. Il mercato è in fermento, ANUSCA non solo ha bisogno di mantenersi competitiva, ma anche rispondere, con sempre maggiore aderenza ed efficacia, ai bisogni che via via emergono dal punto di vista degli operatori. Sono fioccate diverse proposte interessanti che verranno prese in esame dalla Segreteria Nazionale per verificare i margini di una concreta attuazione: poiché diverse idee si sono rivelate da subito decisamente “sul punto” e di non difficile messa in pratica, è prevedibile che per gli associati ci saranno presto novità. (continua a pag. 16)


ESPERTI ANUSCA: UN BUON INVESTIMENTO di Primo Mingozzi

Il recente seminario di due giornate che ANUSCA ha riservato agli esperti dell’Associazione è stato illuminante sulle capacità acquisite da una grande squadra di formatori che oggi opportunamente copre con autorità tutto l’arco del processo riformatore che investe il sistema demografico. Abbiamo seguito i lavori ed apprezzato il convinto orientamento dell’Associazione di sostenere la preparazione dei docenti, perché sappiano interpretare ed illustrare le tante novità che “tormentano” questo settore della pubblica amministrazione. Il Presidente Gullini che sulla squadra (circa 60 persone) ha saputo investire, non ha nascosto la propria soddisfazione, parlando di una scelta e di una strategia che viene da lontano e che oggi dà i suoi frutti. “Gli esperti ANUSCA – ha ricordato – sono figure che più di altre hanno un rapporto diretto con gli associati e quindi, oltre a favorire la professionalità degli operatori, sono nella condizione di illustrare gli obiettivi dell’Associazione”. E Minardi, coordinatore degli esperti ammonisce: “bisogna smetterla di piangersi addosso per i tanti cambiamenti. È nostro compito approfondire gli argomenti, cogliere le novità e sostenere le riforme”. Minardi invita ad essere consapevoli e fare bene il proprio lavoro di esperti, necessario, indispensabile, ineliminabile. Un incontro produttivo anche nelle specifiche commissioni dedicate alle novità del settore ed un finale graditissimo, con l’intervento della psicologa Lorenza Tosarelli, che ha illustrato le teorie del buon professionista: poche norme da osservare e tanto aggiornamento. “Non è detto che per essere aggiornati – avverte la psicologa – si deve restare fermi nel proprio filone di esperienza. Il professionista deve sapere riconoscere l’uomo e in questo senso deve prepararsi”. La dottoressa Tosarelli è stata piena di buoni consigli fino all’educato “buongiorno”. Poi, una riflessione conclusiva dove l’aggettivo “schiettezza sta per ricchezza” che conclude un interessante esperimento di aggiornamento professionale riservato ai docenti ANUSCA.

(continua da pag. 15)

Un momento della discussione si è soffermato anche sulla stampa: le riviste ANUSCA, mensile e trimestrale, godono di grande attenzione e costituiscono anche uno strumento di lavoro importante per gli operatori, che, in termini competenti, ma non troppo complessi, possono trovare immediata risposta ai loro dubbi. Anche in questo ambito, il contributo degli esperti è centrale, per dare alle riviste ANUSCA un taglio anche di indirizzo e informazione tecnico professionale, ma è anche ben ripagato in termini di visibilità: le riviste costituiscono un’ottima vetrina per dimostrare la propria professionalità e farsi conoscere in tutto il Paese. La riunione si è conclusa sabato con un confronto tecnico su temi controversi, al fine di raggiungere una posizione condivisa che sia dell’Associazione su argomenti che al momento non hanno ancora una soluzione univoca. Si è richiamata, ancora una volta, l’attenzione sulla necessità che gli esperti ANUSCA siano portatori di una posizione comune, affinchè gli

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operatori non siano disorientati da interpretazioni diverse e talora, persino contrastanti. Al termine, grande soddisfazione è stata espressa sia dai partecipanti per l’occasione di incontro, confronto, scambio e perché no, utile a rinsaldare lo spirito di squadra, ma anche da ANUSCA per la ricchezza e la vivacità

del dibattito. E’ stato già annunciato un bis della riunione esperti nel prossimo mese di giugno. Il programma dei lavori ha previsto anche l’intervento di una psicoterapeuta, Lorenza Tosarelli, che ha illustrato efficacemente il tema della professionalità. Ne daremo conto nel prossimo numero del Notiziario.


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LA LUCE DI PERFORMANCE IN LIGHTING PER LA SEDE PALAZZO REGIONE LOMBARDIA, MILANO

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el cuore di Milano, in prossimità della fermata MM Gioia, la ristrutturata promenadeviabilità-pista ciclopedonabile, in via Francesco Restelli 2, accoglie chi entra a Palazzo Lombardia. Una struttura progettata e realizzata con la complicità della luce, in cui davvero nulla è stato lasciato al caso, neppure le panchine, illuminate per l’occasione con prodotti a marchio Prisma Architectural: si tratta di apparecchi direzionali d’accento posti sotto di esse e utilizzati per accentuare la viabilità e gli elementi architettonici di spicco. La struttura, dotata di un eliporto che conduce direttamente agli uffici presidenziali, è stata anch’essa illuminata da Performance in Lighting che nel progetto illuminotecnico ha fornito prodotti di varie tipologie di prodotti provenienti dai suoi brand (Prisma, Prisma Architectural, SBP, SBP Urban lighting e Spittler). Gli apparecchi stradali e ciclopedonali, sono stati prodotti certificati e approvati con le specifiche A2A in potenze diverse. I percorsi e le aree verdi sono stati realizzati in collaborazione con Peverelli srl Giardini e con Paesaggi d’autore, leader nella progettazione del verde. Il risultato e l’equilibrio ottenuto, vede la parte più nuova del Palazzo con un’illuminazione dagli aspetti naturalistici e con fasci provenienti da proiettori che non

disturbano la visione delle pietre, degli oggetti e di tutti gli elementi circostanti. Il gruppo Performance in Lighting S.p.A è costituito da quattro aziende internazionali del settore illuminotecnico. Integra in una realtà unica professionalità, competenze tecniche ed esperienze in ambiti diversi, per offrire ai progettisti una gamma completa di soluzioni. Si presenta al mercato con sei brand, ognuno dei quali è specializzato nel fornire risposte alle diverse esigenze della progettazione: Prisma, Prisma Architectural, Sbp, Sbp Urban Lighting,

Spittler e Lumis. Progetto: Sede Palazzo Regione Lombardia Committente: Peverelli srl Ubicazione: Milano centro Progetto gestito dal responsabile contract Performance in Lighting SpA Giovanni Sartori Esterni: Peverelli srl Giardini e Paesaggi d’autore Studio: Arch. Giovanna Longhi e Studio architettura Edera Impresa illuminotecnica: Performance in Lighting SpA

AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE: SOS ANUSCA...IL SERVIZIO CONTINUA Continua il gradimento per il servizio “Amministrazione trasparente: SOS ANUSCA”: centinaia di Comuni ne hanno già richiesto l’attivazione per adempiere correttamente agli obblighi di pubblicazione e trasparenza secondo le indicazioni dell’articolo 35 del decreto legislativo 33/2013. Il servizio propone, relativamente ad oltre 60 procedimenti demografici, tutti gli elementi che la norma prescrive debbano comparire sui siti comunali. L’adempimento era previsto per lo scorso 30 settembre, ma chi ancora non l’ha fatto deve mettersi in regola quanto prima. La delibera 71/2013 della CiVIT prescrive verifiche precise quindi è opportuno aver adattato in maniera adeguata i siti: viene individuata all’articolo 3, una attività di vigilanza e controllo sul rispetto delle prescrizioni e sulla corrispondenza dei dati contenuti su un campione di Amministrazioni operata sia da parte delle CiVIT stessa sia da parte della Guardia di Finanza. Per questa ragione, ANUSCA continua a mettere a disposizione il servizio di consulenza, che comprende gratuitamente anche tutti gli aggiornamenti già realizzati e quelli che si renderanno necessari. Per maggiori informazioni su modalità e costi è possibile visitare la sezione dedicata al servizio su www.anusca.it


Due seminari internazionali in meno di due mesi

IN ACCADEMIA LO STATO CIVILE D’EUROPA

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ormazione “internazionale” presso l’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile di Castel San Pietro Terme, dove lo scorso 13 dicembre si è concluso il secondo seminario sullo stato civile italiano e straniero, aperto agli operatori dei servizi demografici d’Europa, un’assoluta novità nel settore formativo che ha riscontrato un notevole successo tra i partecipanti. L’Ufficiale di Stato Civile e Anagrafe è una figura sempre più centrale nell’attuale società europea: la libera circolazione delle persone nel territorio dell’Unione determina mutamenti anagrafici e di stato civile, da dimostrare e registrare innanzi anche ad Autorità di Paesi diversi. La Commissione Europea ha manifestato la sua attenzione per il tema con la pubblicazione del Libro Verde Com (2010)747 per la promozione della libera circolazione dei documenti pubblici e il riconoscimento degli effetti degli atti di stato civile; è stata inoltre avanzata la proposta di Regolamento per la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l’accettazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione Europea. ANUSCA ha organizzato entrambi i seminari (il primo dal 21 al 31 ottobre; il secondo dal 2 al 13 dicembre 2013), dopo l’approvazione della Commissione Europea di uno stanziamento di risorse per il cofinanziamento della proposta presentata dall’EVS (Associazione Europea degli Ufficiali di Stato Civile). Non è stato facile, visti i tre soli progetti finanziati e questo fa guardare davvero con soddisfazione all’iniziativa ed aumenta la consapevolezza che l’idea della “residenzialità per la formazione” sia la strada da continuare a percorrere. I due seminari, della durata di dieci giorni e tenuti esclusivamente in lingua inglese, non prevedevano oneri per i partecipanti, in quanto il contributo della Commissione

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di Sauro Dal Fiume

Europea ha coperto il 79% delle spese e l’importo restante è stato assicurato da risorse EVS. Un’occasione speciale dunque, nel panorama della formazione demografica, che tanti operatori, italiani e stranieri, hanno saputo cogliere. Al tempo stesso anche per l’Accademia di Castel San Pietro Terme, per l’organizzazione di corsi che nascono dalla consapevolezza che l’Ufficiale di stato civile e anagrafe è una figura sempre più centrale nell’attuale società europea: la libera circolazione delle persone nel territorio dell’Unione determina mutamenti anagrafici e di stato civile, da dimostrare e registrare

innanzi anche ad Autorità di Paesi diversi. Per questa ragione, gli ufficiali di stato civile e anagrafe sono chiamati a conoscere ed applicare una realtà normativa vasta e composita. Al termine del 2° corso, abbiamo raccolto qualche commento sul seminario internazionale che l’olandese Merlene Sorton ha trovato “molto interessante ed è importante continuare questo percorso, per costruire una rete europea che ci può aiutare a rendere più efficienti gli uffici”. Proprio per superare le attuali differenze normative a livello europeo, la Sorton è convinta siano necessari “altri seminari come questi, per avere nuove possibilità di confronto tra gli Ufficiali di Stato Civile, scambiarci le idee per arrivare un giorno all’auspicata armonizzazione delle leggi in materia”. Un parere condiviso anche dall’italiano Massimiliano Gullini del Comune

di Umbertide: “se si arrivasse a questa armonizzazione, sarebbe davvero un traguardo eccezionale per tutti!” e dalla slovena Danja Jovanovic “felice per aver potuto partecipare ad un corso nel quale ho imparato molte cose di altri Paesi e questo già mi aiuterà sicuramente nel mio lavoro in Slovenia”. C’è da aggiungere che, rispetto al progetto originario di questa iniziativa di valore internazionale, cioè quella di tenere i due seminari di studio in due sedi distinte e, ci permettiamo di dire “uniche” in Europa, come l’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile di Castel San Pietro Terme in Italia e l’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile di Bad Salzschlirf in Germania (al momento non ci sono altre strutture di questo tipo nel Vecchio Continente), entrambi i seminari internazionali, principalmente per ragioni di carattere organizzativo, si sono svolti nella città dove ha sede ANUSCA, a Castel San Pietro Terme. I partecipanti italiani e stranieri hanno così potuto respirare l’atmosfera di quel “Campus della formazione” che ANUSCA ha ben chiaro come realizzare, come dimostra il nuovo “progetto di ampliamento” (riguardante le strutture) che è stato presentato pubblicamente a dicembre 2013, presso la Sala plenaria dell’Accademia. Un progetto nato e pensato per offrire un servizio sempre più completo agli ospiti dell’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile di Castel San Pietro Terme che decidono di sostare in città. L’importante intervento al quale hanno lavorato architetti ed esperti delle costruzioni, prevede nel terreno adiacente all’albergo-foresteria (ANUSCA Palace hotel), la realizzazione di strutture proprio a completamento dell’attuale offerta alberghiera, quali un ristorante, una Spa con piscina interna e esterna e zona fitness, oltre a spazi per ambulatori specialistici e altri polivalenti. Il desiderio di tutti, a cominciare dal Presidente ANUSCA Paride Gullini, è quello di vedere realizzato l’ampliamento già nella primavera-estate del 2015.


Pag. 19 Quesito

RICHIESTA DI RESIDENZA DI PERSONA SVANTAGGIATA di Nicola Corvino

ANAGRAFE - Residenza in struttura di accoglienza temporanea per persone svantaggiate: DOMANDA: Ha chiesto residenza nel nostro Comune un cittadino italiano che risultava cancellato per irreperibilità in data 15/10/2010 dal precedente Comune. Risulta che il soggetto è stato detenuto dal 09/07/2010 e poi scarcerato il 17/10/2012 avendo ottenuto l’autorizzazione dal Tribunale di sorveglianza all’affidamento in prova ai servizi sociali con domicilio in una struttura residenziale del nostro territorio che offre piccoli appartamenti e lavoro a persone con temporanee difficoltà abitative e/o di lavoro. Si chiede se si possa ritenere dimora abituale quella del soggetto indicato con possibilità d’iscrizione in questa anagrafe. Nella struttura che ospita questo signore hanno da poco ultimato la realizzazione di alcune unità abitative indipendenti che vengono cedute a persone, con problematiche abitative e sociali diverse, con contratto di “accoglienza residenziale per persone con problematiche abitative” e nel contratto si parla di “scopi transitori” con durata che viene di volta in volta stabilita al momento dell’ingresso (in genere comunque inferiore all’anno) con possibilità di estensione. Ovviamente la struttura non invita le persone accolte a chiedere la residenza ma queste, che quasi sempre arrivano da situazioni di precedente irreperibilità anagrafica o addirittura se straniere senza iscrizione in alcuna anagrafe, ne fanno comunque domanda al fine di ottenere almeno l’assistenza sanitaria. RISPOSTA: Occorre ricordare che l’art. 1 della legge 1228/1954 e l’art. 1 del suo Regolamento di esecuzione prevedono che nell’anagrafe della popolazione residente siano iscritte, tra le altre, anche le persone “senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio”. L’art. 2 della citata legge n. 1228, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 94/2009, dispone che “la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta d’iscrizione, è tenuta a fornire all’ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza del domicilio”. Inoltre, l’art. 32 del DPR 223/89 prevede la possibilità d’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea per i “cittadini italiani o stranieri che, essendo dimoranti nel comune da non meno di quattro mesi, non si trovano ancora in condizione di stabilirvi la residenza per qualsiasi motivo”. Pertanto, nel caso specifico, la soluzione va ricercata con riferimento alla volontà manifestata dal soggetto, al presumibile periodo di permanenza nella struttura di accoglienza e a quanto disposto dal Tribunale. In linea di massima, ipotizzando l’esistenza di una convivenza anagrafica presso la suddetta struttura ed una permanenza a medio o lungo termine, si ritiene che l’interessato possa essere iscritto come residente in codesto Comune. Se, invece, la situazione dovesse presentare i caratteri della temporaneità nella struttura, ma non nel Comune, l’interessato potrebbe essere iscritto come “senza fissa dimora”. Infine, extrema ratio, qualora ne sussistessero le condizioni, resta l’eventualità dell’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea.


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15 giugno), ai sensi dell’articolo 2, della legge 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni, dalla data in cui la sentenza di annullamento è diventata definitiva. f) si abroga il comma 4 dell’art. 1 della Legge n. 43/1995 che prevedeva che “in ogni regione ove si svolgono elezioni regionali, nei venti giorni precedenti il termine di presentazione delle liste, tutti i Comuni devono assicurare agli elettori di qualunque Comune la possibilità di sottoscrivere celermente le liste dei candidati, per non meno di dieci ore al giorno dal lunedì al venerdì, otto ore per il sabato e la domenica svolgendo tale funzione anche in proprietà comunali diverse dalla residenza municipale. Le ore di apertura sono ridotte della metà nei Comuni con meno di tremila abitanti”. g) si stabilisce che in occasione di ogni consultazione elettorale o referendaria, per il rilascio delle tessere elettorali non consegnate, per la consegna dei duplicati e per il rinnovo delle tessere, l’ufficio elettorale comunale resta aperto nei due giorni antecedente la votazione dalle ore nove alle ore diciotto e nel giorno della votazione per tutta la durata delle operazioni di voto. Si abroga conseguentemente l’articolo 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 2000, n. 299; h) si modifica la legge n. 212/1956 prevedendo soprattutto (e finalmente) la “scomparsa” della propaganda elettorale indiretta. Inoltre viene rivisto il numero degli spazi da destinare alla propaganda elettorale diretta, come segue: - almeno 1 e non più di 5 nei Comuni da 150 a 3.000 abitanti; - almeno 3 e non più di 5 nei Comuni da 3.001 a 10.000 abitanti; - almeno 5 e non più di 10 nei Comuni da 10.001 a 30.000 abitanti;

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- almeno 10 e non più di 25 nei Comuni da 30.001 a 100.000 abitanti e nei Comuni Capoluogo di provincia aventi popolazione inferiore; - almeno 25 e non più di 50 nei Comuni da 100.001 a 500.000 abitanti; - almeno 33 e non più di 166 nei Comuni da 500.001 a 1.000.000 abitanti; - almeno 166 e non più di 333 nei Comuni sopra i 1.000.000 abitanti; i) viene previsto che la Corte d’Appello, laddove possibile, nomini i Presidenti di seggio tra i residenti nel Comune ove sono ubicati gli uffici elettorali di sezione; l) viene soppresso l’adempimento meramente formalistico di riportare in apposito registro “delle prese in consegna e delle restituzioni” delle apparecchiature telefoniche (o cellulari) in possesso di elettori che si presentano al seggio in occasione di consultazioni elettorali e/o referendarie; m) viene previsto altresì che con decreto del Ministero dell’Interno, non avente natura regolamentare, siano determinati, entro il 31 gennaio 2014, i

nuovi modelli di schede per le elezioni comunali, ricollocando i contrassegni delle liste ammesse in modo più razionale, al fine di evitare la stampa di schede di dimensioni troppo elevate ed eccessivamente onerose; - comma 401: fermo restando il limite massimo di spesa annuale rideterminato per effetto delle disposizioni precedenti per il complesso delle consultazioni elettorali che possono svolgersi in un anno, saranno individuate idonee procedure per una congrua quantificazione di tutte le tipologie di spesa connesse allo svolgimento delle consultazioni elettorali. Le amministrazioni interessate da tali spese dovranno fornire tutti i dati, i parametri e le informazioni utili per effettuare tale quantificazione. Le novità introdotte dalla Legge di Stabilità sopra enucleate non hanno necessità di essere particolarmente interpretate stante la facile lettura e, ogni eventuale commento in merito non può trovare in questa sede alcuno spazio.

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Pag. 21 Comuni in vetrina

FERRARA, CITTÀ DEL RINASCIMENTO PATRIMONIO UNESCO di Sauro Dal Fiume

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errara è una città di 135 mila abitanti, capoluogo dell’omonima provincia (una delle nove attualmente presenti in Emilia Romagna), con una superficie di 404 kmq ed un territorio interamente pianeggiante, tanto che l’altezza sul livello del vicino mare Adriatico è di soli 9 metri. Dando un veloce sguardo alla storia, Ferrara è stata un importante centro medioevale e una delle corti più sfarzose del Rinascimento. Nasce di qui la sua fisionomia del tutto particolare: dalla somma, armoniosa e inimitabile, dell’intrigo di strade ombrose e irregolari dei suoi quartieri medievali e degli spazi ariosi, luminosi e geometrici, dell’età rinascimentale. Gli uni e gli altri costellati di splendidi palazzi, case, chiese, piazze, strade, giardini e di opere d’arte conservate nei suoi innumerevoli musei, che costituiscono una delle sue maggiori attrattive. Ferrara è una città silenziosa, a misura d’uomo, dove si passeggia tranquillamente, a piedi o in bicicletta, di giorno e di notte, senza timore alcuno, rivivendo ad ogni passo magiche atmosfere del passato. È la città che ha visto il primo “piano urbanistico moderno d’Europa”, realizzato da Biagio Rossetti con una felicissima fusione tra nuovo e antico, unendo la trama della città medioevale con il nuovo tracciato rinascimentale. Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po è nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO quale “mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento, che conserva il suo centro storico intatto e che esprime canoni di pianificazione urbana che hanno avuto una profonda influenza per lo sviluppo dell’urbanistica nei secoli seguenti”. L’Amministrazione sta continuando a puntare in maniera prioritaria sul turismo culturale, promuovendo e sostenendo manifestazioni capaci di intercettare pubblici diversi per provenienza geografica e per interessi. Anche in questo momento di difficoltà, si è scelto di continuare ad investire sulla qualità delle proposte culturali. Ferrara si caratterizza da molti anni per una programmazione incentrata sulla compenetrazione fra eventi e manifestazioni artistiche di grande prestigio. Ferrara è città d’arte e

di cultura tra le maggiori d’Italia, grazie in primo luogo al suo Palazzo dei Diamanti, sede di mostre prestigiose (dal 22 febbraio al 15 giugno 2014 la mostra su Matisse) e dalle stagioni di altissima qualità del suo Teatro Comunale. Ferrara è sede anche di manifestazioni di grande richiamo come il Palio di San Giorgio, il più antico d’Italia, di avvenimenti musicali quali Ferrara Sotto le Stelle e Ferrara Buskers Festival o il calendario del Jazz Club che propongono generi musicali estremamente vari, ma sempre di altissima qualità. Affascinante e suggestiva anche la kermesse dedicata al mondo delle mongolfiere, il Ferrara Balloons Festival e la tradizionale Festa di Capodanno, nella magica cornice notturna del centro storico della città estense, con il suggestivo “incendio del Castello” (con spettacolari effetti pirotecnici che richiamano migliaia di spettatori). Ricco il programma anche nel periodo primaverile: il Salone dell’Arte e del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali, incentrato sulla principale risorsa del nostro paese, ovvero il nostro patrimonio storicoartistico e ambientale, la Vulandra, nell’ultimo fine settimana di aprile, che richiama centinaia di aquilonisti da tutto il mondo; la Festa del Libro Ebraico in Italia, nel mese di maggio per incontri con gli autori e spettacoli musicali e teatrali che aprono squarci inediti per la conoscenza della millenaria cultura del popolo ebraico. Ad ottobre “Internazionale”, che per tre giorni trasforma Ferrara nella pulsante redazione del giornale da cui la rassegna prende il nome, dove è possibile incontrare giornalisti, scrittori ed opinionisti e confrontarsi con loro sugli scenari politici, sociali, culturali ed economici del mondo in cui viviamo.

“Ringraziamo ANUSCA che ci permette, attraverso il proprio Notiziario – dichiara il Sindaco Tiziano Tagliani – di assicurare i nostri turisti che le ferite e le lesioni arrecate dagli eventi sismici all’affascinante “cornice” rinascimentale, non hanno determinato alcun blocco delle manifestazioni: sempre ricco il cartellone di iniziative che unisce la pratica della “cultura diffusa”, grazie al coinvolgimento degli attori locali, pubblici e privati, operanti in ambito artistico e culturale, all’intreccio fra cultura e turismo, che costituisce una delle qualità distintive del modello di Ferrara come “città d’arte e di cultura”. Con questa ricchezza di iniziative ed eventi che la bella città Estense offre, fondamentale il ruolo anche degli sportelli comunali dell’Anagrafe e Stato Civile e dell’Ufficio Relazioni con il pubblico: sono luoghi privilegiati di informazione e divulgazione dei tanti eventi che rendono la città culturalmente viva. Dopo le prossime amministrative non avremo più la collaborazione e il prezioso appoggio dei Consigli di Circoscrizione che tanto hanno fatto per garantire uno stretto dialogo con il mondo associazionistico, sempre disponibile a collaborare per rendere gli eventi partecipati, ma come Amministrazione stiamo già lavorando per garantire una forte presenza dei servizi anagrafici, dell’Urp e di “nuovi sportelli di prossimità” che potranno garantire la continuità delle relazioni e delle collaborazioni”. Altre informazioni su: www.comune.fe.it Ringraziamo per la collaborazione la dr.ssa Anna Rosa Fava e il dr. Gianluca Carpanelli

Il Sindaco Tiziano Tagliani


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2. LA GUIDA PRATICA L’identificazione dei cittadini comunitari e stranieri I documenti di identificazione per il rilascio dell'attestazione di regolarità del soggiorno ai cittadini UE e stranieri, ai fini di Polizia, dell'iscrizione anagrafica e dell'identificazione personale. La guida consente di eseguire, in modo pratico e sicuro il controllo di polizia dei cittadini stranieri e comunitari e dei loro documenti identificativi e di viaggio, passaporto e titoli di soggiorno, al fine di consentirne l’esatta identificazione, verificando la legittimità della loro presenza e permanenza in Italia. Concepita e realizzata pensando essenzialmente all’utilizzo pratico è una sorta di vademecum necessario per il controllo e l’identificazione del CITTADINO straniero e comunitario, rivolto a chi, su strada, deve eseguire questo tipo di verifiche. Gli autori hanno sintetizzato una materia complessa, articolata ed in continua evoluzione, comprimendo ogni argomento all’interno di pratiche schede che rispondono all’esigenza primaria di ogni operatore di sapere sempre “COSA FARE – COME FARE”. In particolare per ogni Stato estero descrive: Guida pratica con Cd-Rom • il repertorio dei documenti identificativi e di viaggio dello straniero con riproduzione dei - a cura di R. Chianca e G. Fazzolari documenti a colori • i documenti identificativi e di viaggio • le norme che regolano l'ingresso - pag n. 224 - stampa a colori - cod. N0706INF e la permanenza • i permessi di breve e lungo periodo • la residenza • le modalità di controllo dei documenti identificativi Il Cd-Rom allegato contiene: Servizio clienti • la normativa nazionale e internazionale di riferimento tel 0541 628222 • fax 0541 621903 • le circolari ministeriali • la prassi e la giurisprudenza in materia. clienti.modulgrafica@maggioli.it www.maggioli.it

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Pag. 23 Rubrica Innovazione 2/2014

LE ANAGRAFI COME BASE DEI BIG DATA TERRITORIALI

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bbiamo già accennato ai Big Data, alle potenzialità ed ai pericoli insiti nell’unione di grandi masse d’informazione. Vediamo ora un aspetto particolare del fenomeno, ossia i Big Data territoriali, eventualmente abbinati alle informazioni anagrafiche. L’evoluzione informatica ha permesso di svincolarci dal luogo fisico dove ci troviamo noi o si trovano le informazioni che cerchiamo, rendendo possibile consultare un orario dei treni giapponesi pur essendo su una pista da sci in Svizzera, leggere un libro in una biblioteca di Atene pur essendo a casa propria, acquistare un oggetto negli Stati Uniti senza recarsi nel negozio. Tuttavia siamo ancora sempre dotati di un corpo fisico, svolgiamo un’attività lavorativa e sociale non solo virtuale, per cui siamo comunque legati al territorio dove abitualmente ci troviamo e si trovano i nostri amici e le nostre attività. Storicamente, dal primo censimento organizzato in Babilonia 4500 anni fa, sono stati i servizi demografici a gestire questo patrimonio di informazione che lega persone e territorio, e per molto tempo alle schede di famiglia sono stati associati i “fogli di casa”, per cui assieme all’anagrafe era gestito una specie di catasto urbano (non per nulla i numeri civici e la toponomastica sono una competenza anagrafica). Ancora oggi la banca dati ufficiale relativa alla popolazione abitualmente dimorante in una porzione di territorio, identificata con i confini comunali, è l’anagrafe che raccoglie alcuni dati fondamentali delle persone e della loro organizzazione in famiglie e convivenze. Pensiamo allora a cosa si potrebbe ottenere incrociando queste informazioni con altre banche-dati: un asilo privato che decide dove aprire in base ai dati della popolazione, del traffico, del reddito medio degli abitanti. Un servizio di consegna surgelati a domicilio sulla base della composizione delle famiglie, della professione dei componenti (una casalinga è meno propensa all’acquisto rispetto ad un’avvocata o ad una manager) e così via.

A cura di Diego Giorio

Lo Stato può organizzare i suoi servizi studiando non solo i dati anagrafici classici della popolazione, ma legandoli alle aspettative ed al mutare dei gusti, delle esigenze, della cultura, che possono essere dedotti incrociando i dati demografici con i post dei social network. Ci sono tantissimi servizi informatici che possono essere legati al territorio e quindi alla popolazione che lo abita, gli unici limiti sono la fantasia, e la privacy degli individui. Finora ho infatti lanciato qualche idea e proposto qualche esempio, ma occorre naturalmente contemperare queste potenzialità con un diritto alla riservatezza, sia per un privato, che non può accedere indiscriminatamente alle banche dati pubbliche, sia per le Istituzioni, che devono operare secondo principî di proporzionalità. Per la normativa attuale, i dati anagrafici possono essere divulgati, salvo disposizioni di legge o dimostrate ragioni di interesse pubblico, in forma anonima ed aggregata. Il problema, tuttavia, è capire quanto questo anonimato resti tale alla prova dei big

data. Semplificando, se in anagrafe risulta un solo cinese ed in un altro data base risulta che un cinese ha l’AIDS, un dato molto sensibile viene di fatto divulgato. Qui ho fatto un esempio estremo per chiarezza, ma un libero accesso a più banche dati porta a risultati precisi a partire da dati sparsi, che è poi la ragion d’essere, il pericolo e la potenza dei Big Data. Ad esempio, so che in un paese ho 10 bambini di 6 anni; da Facebook o Twitter trovo 30 genitori che si interessano di argomenti legati a quell’età, sullo stesso profilo vedo che un padre oltre a “il primo giorno di scuola” segue anche “la pesca sportiva”; da un altro data-base vedo che c’è un abbonato alla rivista cartacea “la pesca sportiva”: ho ricavato l’indirizzo del bambino. Di nuovo, è solo l’abilità di data mining, ossia di frugare negli archivi elettronici, e la fantasia che mi limitano queste correlazioni, se ho a disposizione dati sufficienti. Qualcuno, a titolo provocatorio, propone di abolire il voto segreto: ci sono software predittivi che sanno dire dove sarò domani o come evolverà la moda dell’anno successivo, figuriamoci se qualche programma non riesce a capire chi voterò prima ancora che l’abbia deciso io stesso! Al momento è un’esagerazione (ma neppure troppo), certamente, però, si aprono scenari nei quali la privacy è sempre più un’utopia, tra i dati che vengono raccolti per legge, quelli che dobbiamo rilasciare per avere i servizi minimi (utenze, banca, assicurazione, telepass, bancomat, carte di credito…) e quelli che rilasciamo volontariamente (facebook, twitter, linkedin, youtube…). Come utenti, dobbiamo essere consapevoli delle tracce digitali che lasciamo ogni volta che ci muoviamo o svolgiamo una qualunque attività. Come ufficiali d’anagrafe, dobbiamo fare attenzione a quanto i dati anonimi lo sono realmente, in un mondo sempre più interconnesso.


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