Notiziario ANUSCA 2014 - 07/08 - Luglio/Agosto

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NOTIZIARIO ANUSCA Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: segreteria@anusca.it • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini

Anno XXVIII, n. 7-8 • Luglio/Agosto 2014 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

IL CONSIGLIO NAZIONALE TRACCIA LA VIA DI ANUSCA A cura della redazione

34° CONVEGNO NAZIONALE

SERVIZI DEMOGRAFICI 3.0. SIAMO GIÀ NEL FUTURO Non essendo stato trovato un accordo con una delle tre località che si erano proposte (Bastia Umbra-Perugia, Fiuggi e Riccione) e tenuto conto delle soddisfacenti risultanze dello scorso anno si comunica che

Il Tavolo della Presidenza al Consiglio Generale. Al centro: il Presidente Paride Gullini e da sinistra i Vice Presidenti Edoardo Bassi, Corrado Zaccaria, Domenico Linarello e Sergio Santi

E ALL’INTERNO 6° Corso di Alta Formazione: la cerimonia dei diplomi.................................................pag. 3 Il matrimonio dopo il cambiamento di sesso.............................................................pag. 5 Le nuove norme anti abusivismo......pag. 6 A Treviso un convengno sulla cittadinanza, iure soli........................................................pag. 10 L’area cimiteriale per la dispersione delle ceneri..........................................................pag. 11 Fecondazione eterologa: la sentenza della Consulta.....................................................pag. 12 I residenti temporanei..........................pag. 15

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ltre 80 i Consiglieri provenienti da tutta Italia presenti in Accademia lo scorso 7 giugno per il tradizionale Consiglio Generale che ogni anno si tiene più o meno in questo periodo.Il Presidente Gullini ha aperto la sua relazione con una riflessione sulle note difficoltà che la formazione sta attraversando, ricordando che da qualche anno, ANUSCA mette a disposizione degli associati un fondo di 150.000 euro all’anno per la realizzazione di corsi gratuiti. Nel corso del 2013, sulle 242 iniziative organizzate (con 11756 giornate presenza), ben 84 a titolo gratuito. L’intenzione è quella di proseguire in questo impegno. Ulteriore obiettivo è quello di consolidare e, se possibile, rafforzare la realtà dell’Accademia: è in (continua a pag. 8)

IL 34° CONVEGNO NAZIONALE ANUSCA SI SVOLGERÀ AD ABANO TERME dal 24 al 28/11/14 PRESSO L’HOTEL ALEXANDER PALACE


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IL PREFETTO TORRACO DIPLOMA I PARTECIPANTI DEL 6° CORSO DI ALTA FORMAZIONE

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resente per la prima volta in forma ufficiale presso l’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe, dopo il suo insediamento nel ruolo di Direttore Centrale dei Servizi Demografici, il Prefetto Cinzia Torraco ha illustrato con la sua presenza la cerimonia di consegna dei diplomi ai partecipanti al 6° corso di Alta Formazione in materia demografica. Le lezioni, terminate nei primi giorni di maggio per consentire ai partecipanti un disbrigo più agevole dei propri doveri di ufficio relativi alle consultazioni elettorali svoltesi recentemente e che si sono tenute dallo scorso ottobre, hanno avuto la giusta conclusione con il momento di conferimento dei diplomi. Come ogni anno, la cerimonia si è svolta nell’ambito di un seminario aperto al pubblico, quest’anno incentrato sul tema del rifiuto dell’ufficiale d’anagrafe e di stato civile, curato dagli esperti ANUSCA Romano Minardi e Renzo Calvigioni, tema quanto mai attuale anche alla luce delle più recenti vicende di cronaca. Al termine della mattinata, i lavori si sono interrotti per consentire al Presidente di ANUSCA Paride Gullini e all’avvocato Aldo Bacchiocchi, Segretario Generale della Fondazione Accademia, di fare gli onori di casa. Oltre al Prefetto Torraco, di cui pubblicheremo in forma integrale, a parte, l’intervento, con cui ha disegnato in forma precisa e competente l’attuale panorama, assolutamente in fieri, dei servizi demografici, è stato presente alla cerimonia di consegna dei diplomi, il Prefetto Riccardo Ubaldi, già Vice Capo Dipartimento Vicario Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno. Il Prefetto Ubaldi, cui è stata demandata la prolusione della cerimonia, si è reso protagonista di un intervento di alto spessore che ha riguardato la nozione di formazione e l’importanza che essa riveste in un contesto sempre più sovranazionale. La riflessione del Prefetto ha preso le mosse dalla distinzione, fondamentale, fra i concetti di formazione e informazione: “Quando ci si informa si possiede un patrimonio

di Silvia Zini

conoscitivo, ma la formazione è un concetto ben diverso. Essere formati non vuol dire essere informati; dobbiamo ritornare a quello che già Aristotele insegna nella sua Politica: lo Stato sarà solido e le sue fondamenta dureranno nel tempo se i cittadini saranno formati in aderenza e in armonia con la costituzione della Polis. Questo è il concetto di formazione, concetto che purtroppo si è stemperato negli anni ed ha perduto molta della sua qualità”. “La formazione – ha proseguito Ubaldi - è il contatto virtuoso tra docente e discente nasce all’insegna del rapporto umano. Non è certamente la formazione

on line che può sostituire il rapporto umano e di conoscenza. Qualcuno può pensare che faccia parte di un mondo ormai superato. Io dico di no: voi ufficiali di stato civile e anagrafe, avete una grande possibilità, che è quella di una formazione permanente presso la sede di questa Accademia. Tornando nelle vostre sedi, avrete tutte le tecnologie, ma nulla potrà sostituire quello che avete qui, lo scambio con il collega nel momento in cui si prende un caffè o durante il pranzo. Purtroppo l’imbarbarimento della nostra società nasce dal fatto che si è perduto il valore primario dei rapporti umani in termini di conoscenza e sensibilizzazione. Quindi fate sempre la formazione on line, ma ricordate sempre che in questa Accademia avete il punto di riferimento della vostra attività”. Molta emozione in sala e la giusta soddisfazione dei corsisti che hanno affrontato questo impegno, importante, anche se soddisfacente, con dedizione e grande professionalità. Non lo nascondiamo, il corso di Alta Formazione richiede un dazio, non

solo in termini economici, ma anche di tempo sottratto al lavoro e alle famiglie, ma in questi anni, e questa edizione non ha fatto difetto, è anche tanto quello che chi partecipa riporta nei propri uffici in termini di accresciute professionalità e competenze. Ma non solo: i sette mesi di corso sono un ottimo scenario per stringere anche relazioni personali che continuano e divengono una rete anche di natura professionale. Questi sono anche i concetti, confermati, a nome della classe di quest’anno, da Giovanna Cappucci del Comune di Maenza. Sentito e apprezzatissimo il suo discorso, che riportiamo di seguito: “Quando abbiamo cominciato questa avventura ad ottobre, sottraendo tempo prima di tutto alle nostre famiglie che sono sempre l’impegno fondamentale e poi al nostro lavoro, ciascuno di noi aveva aspettative diverse e molte di queste le abbiamo mantenute; il risultato più bello che abbiamo ottenuto, è stato che, oltre ad un’attività formativa di altissimo livello, abbiamo costruito tra noi una rete di protezione e di relazioni umane che ci permette, in ogni momento della nostra attività professionale, di sapere di non essere soli. Siamo coinvolti, infatti, in un processo di cambiamento irreversibile sia negli strumenti di formazione che nei problemi da affrontare che sono di una società sempre più multiculturale e di culture difficili che non hanno più solo l’orizzonte europeo ma hanno una dimensione mondiale. Noi rappresentiamo lo Stato nel suo punto più vicino al cittadino, reggiamo l’urto del fronte dei grandi cambiamenti che attraversano la nostra società. Quando siamo arrabbiati con gli amministratori dovremmo ricordargli che i Comuni restano aperti soltanto perché nello “scantinato” di cui non si interessano mai c’è l’ufficiale di stato civile, di anagrafe e di elettorale; se fosse possibile prescindere da queste funzioni statali anche i Comuni sarebbero già stati ridimensionati. Poco importa allo (continua a pag. 19)


INTERVENTO DEL PREFETTO CINZIA TORRACO DIRETTORE CENTRALE PER I SERVIZI DEMOGRAFICI

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l fine di fornire ai partecipanti al Seminario un panorama informativo completo di quella che è la legislazione di settore alla luce delle innovazioni profonde introdotte dalla più recente normativa, ritengo opportuno fornire un breve e sintetico “report “ ordinato nelle due principali branche di attività della Direzione Centrale di cui ho la responsabilità. Esse sono, com’è noto, la materia anagrafica e quella dello stato civile. ANAGRAFE La materia demografica è interessata da numerosi provvedimenti legislativi che, nel quadro dell’Agenda digitale, hanno riguardato l’anagrafe (in particolare, l’istituzione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, l’unificazione della carta d’identità elettronica e della tessera sanitaria). Alla luce delle disposizioni recate dall’art. 2 del decreto – legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge n. 221, del 2012, istitutive dell’ANPR, si deve sottolineare il forte impatto che tale innovazione è destinata a determinare sulla gestione delle basi dati anagrafiche da parte dei Comuni, impegnati nella realizzazione di un’anagrafe nuova, centralizzata, informatizzata, interoperabile, sicura, come tale di evidente importanza strategica nel complessivo quadro della fondamentale Agenda Digitale italiana e volta a favorire il processo di digitalizzazione della P.A. e il miglioramento dei servizi al cittadino. L’ANPR diviene, infatti, il sistema anagrafico di riferimento per aggiornare in modo automatico gli archivi delle PP.AA. e a migliorarne il livello di efficienza. L’ANPR, erede istituzionale dell’INA e dell’AIRE, subentrerà necessariamente anche alle Anagrafi comunali attraverso il percorso che sarà disegnato dai molti provvedimenti di attuazione delle disposizioni primarie, cui attende il Ministero dell’Interno. In particolare, il regolamento, concernente la prima fase di realizzazione del progetto, come certamente saprete, è stato adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 agosto 2013, n. 109, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.

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230 del 1° ottobre 2013. Vi è poi un secondo regolamento, il cui schema, corredato dai relativi allegati tecnici, recante il piano per il graduale subentro dell’ANPR alle anagrafi tenute dai Comuni. Vi è stato un intenso e proficuo confronto con le altre amministrazioni e gli enti parimenti coinvolti nella progettualità (ANCI, Regioni, Istat, Ministero della pubblica amministrazione e della semplificazione, co-proponente con il Ministero dell’Interno, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agid) all’esito del quale l’ex Unità di missione per l’attuazione dell’Agenda Digitale della Presidenza del Consiglio ne ha condiviso l’elaborazione, il cui testo, è prossimo alla sottoposizione alla Conferenza unificata. Contestualmente, inoltre, sono stati avviati i necessari tavoli tecnici finalizzati alla definizione del progetto di massima e del progetto di dettaglio per l’implementazione della nuova base dati, nonché le modifiche al regolamento anagrafico e al perfezionamento del D.M. nascita e morte. In relazione al Documento Digitale Unificato (DDU), ovvero il documento risultante dall’unificazione della carta d’identità elettronica e della tessera sanitaria, ritengo significativo segnalare che lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anch’esso di natura regolamentare, previsto per l’attuazione delle disposizioni di legge in materia (Art. 1 del summenzionato decreto-legge n. 179, del 2012), in esito alle prescritte intese con le amministrazioni interessate, ha ricevuto il parere favorevole del Consiglio

di Stato, e l’assenso del Ministero dell’Economia sulle modifiche, di natura sostanzialmente formale, suggerite dall’Alto Consesso ed è pertanto stato inviato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la firma. Il correlato schema di decreto interministeriale recante le modalità tecniche di emissione della CIE e del DDU nonché la definizione del piano per il graduale rilascio, è in attesa del prescritto concerto del Ministero dell’economia. STATO CIVILE In materia di stato civile, ricordo la fondamentale equiparazione di status tra figli legittimi e figli naturali, introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, e dal decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (quest’ultimo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2014, n. 5), comportanti l’eliminazione di ogni discriminazione tra figli legittimi e figli naturali (ora indicati con le espressioni “nato nel matrimonio” e “nato fuori del matrimonio”). La legge n. 219 è il risultato, atteso in sede legislativa da lungo tempo, del lavoro svolto dalla Commissione per lo studio e l’approfondimento di questioni giuridiche afferenti la famiglia e l’elaborazione di proposte di modifica alla relativa disciplina – di cui ha fatto parte anche il rappresentante della Direzione Centrale – istituita con decreto del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, con delega alle politiche per la famiglia, in data 9 marzo 2012, presieduta dal prof. Cesare Massimo Bianca, e che ha concluso i suoi lavori con la pubblicazione della relazione conclusiva del 4 marzo scorso. Com’è sottolineato nei lavori della Commissione, la famiglia costituisce tradizionalmente il tassello fondamentale della società e, pertanto, la legislazione deve porsi come strumento efficace per l’elaborazione e la proposta di soluzioni per esigenze non soddisfatte dalla normativa vigente, ovverosia per superare le difficoltà ermeneutiche manifestatesi nella giurisprudenza. La ratio della riforma, introdotta con la legge n. 219, del 2012, si rinviene nella (continua a pag. 9)


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MATRIMONIO TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO: LA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

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a Corte Costituzionale ritorna sul tema del matrimonio tra persone dello stesso sesso, sollecitata a pronunciarsi dalla Corte di Cassazione, in occasione dell’esame di un caso davvero singolare, del quale ci eravamo già occupati nelle pubblicazioni Anusca, anche esaminando e commentando possibili risvolti anagrafici. In una coppia eterosessuale, regolarmente coniugata, l’uomo aveva deciso di cambiare sesso, con la conseguenza che la coppia era risultata, dopo la rettificazione di sesso, composta da persone dello stesso sesso, senza però che la coppia avesse manifestato intenzione di sciogliere il matrimonio ed anzi avviando una battaglia giuridica per il mantenimento del vincolo coniugale. L’ufficiale dello stato civile, ricevuta sentenza di rettificazione di sesso di uno dei coniugi, dietro indicazioni della Prefettura e del Ministero dell’Interno, aveva annotato la cessazione degli effetti civili del matrimonio. I coniugi avevano fatto ricorso al Tribunale di Modena che aveva accolto le loro motivazioni, disponendo la cancellazione dell’annotazione, sentenza poi impugnata e riformata dalla Corte di Appello che, al contrario, aveva confermato il venir meno del matrimonio. I diretti interessati avevano presentato ricorso in Cassazione che, con ordinanza n. 14329 del 6/6/2013 aveva riconosciuto i dubbi di legittimità costituzionale riguardo a quell’insieme di norme che prevedono il divorzio “imposto” alla coppia all’interno della quale uno dei coniugi decida di cambiare sesso. In particolare, venne evidenziato come il venir meno automaticamente del vincolo coniugale a seguito della sentenza di rettificazione di sesso, determini l’eliminazione di una relazione stabile e duratura che aveva dato vita ad un nucleo familiare costituzionalmente protetto dall’art. 29 Costituzione, e, pertanto, aveva rimesso gli atti alla Corte Costituzionale. La questione è fondata, come riconosce la Corte stessa con sentenza 170 dell’11 giugno 2014. “Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare, nella

di Renzo Calvigioni

richiamata sentenza n. 138 del 2010, che nella nozione di “formazione sociale” – nel quadro della quale l’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo – «è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri»”. Si tratta, dunque, di rispettare e tutelare il diritto a vivere una condizione di coppia, diritto però che può essere riconosciuto anche

senza invocare la celebrazione di un matrimonio, ma secondo una disciplina che sarà compito del legislatore introdurre con normativa che la stessa Corte aveva già evidenziato come necessaria fin dal 2010. “La fattispecie peculiare che viene qui in considerazione coinvolge, infatti, da un lato, l’interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e a non consentirne, quindi, la prosecuzione, una volta venuto meno il requisito essenziale della diversità di sesso dei coniugi) e, dall’altro lato, l’interesse della coppia, attraversata da una vicenda di rettificazione di sesso, a che l’esercizio della libertà di scelta compiuta dall’un coniuge con il consenso dell’altro, relativamente ad un tal significativo aspetto della identità personale, non sia eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione

giuridica del preesistente rapporto, che essa vorrebbe, viceversa, mantenere in essere”. Da una parte, dunque, viene confermato il modello eterosessuale del matrimonio che, pertanto, non può continuare ad essere tale una volta venuta meno la diversità di sesso degli sposi, requisito comunque essenziale, dall’altra viene invocata una normativa che consenta il rispetto e la tutela di quell’unione anche fuori dal matrimonio. La Corte ribadisce che non può procedere ad una pronuncia che modifichi la normativa vigente, sostituendo il divorzio automatico con una fattispecie ad istanza di parte, perché questo significherebbe consentire il mantenimento del vincolo coniugale, ipotesi che viene ribadita come non consentita e non possibile per il nostro ordinamento. È ancora compito del legislatore intervenire con urgenza, così da salvaguardare quelle situazioni particolari, come quella in esame, e tutelare i diritti dei cittadini coinvolti. “Va, pertanto, dichiarata – in accoglimento, per quanto di ragione, delle sollevate questioni − l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982 n. 164, con riferimento all’art. 2 Cost., nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che comporta lo scioglimento del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, la cui disciplina rimane demandata alla discrezionalità di scelta del legislatore”. Dunque, viene dichiarata l’illegittimità costituzionale di quelle norme che prevedono lo scioglimento del matrimonio a seguito della rettificazione di sesso di uno degli sposi, non perché tale norma sia in sé in contrasto con i principi costituzionali, quanto per il fatto che non prevede alcuna alternativa per coloro che non vogliano sciogliere il (continua a pag. 17)


DECRETO LEGGE 28 MARZO 2014, N. 47: EMERGENZA ABITATIVA O EMERGENZA ANAGRAFICA?

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’art. 5 – lotta all’occupazione abusiva di immobili - del D.L. 28 marzo 2014, n. 47 è stato definitivamente convertito con legge 23 maggio 2014, n. 80. La norma è in vigore dal 29 marzo e va applicata! Sembrerebbe un’affermazione scontata, perfino ridicola, ma siamo in Italia e la P.A. non sempre riesce ad adeguarsi immediatamente alle nuove disposizioni. Per fortuna i servizi demografici fanno eccezione, da sempre, a questa regola e si dimostrano sempre pronti ad adeguare i propri comportamenti, anche di fronte a norme che contrastano con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico e in particolare, nel caso in questione, con i principi dell’ordinamento anagrafico. Il dispositivo dell’art. 5 del D.L. n. 47/2014, chiaro per quanto scritto malissimo, così recita: “Chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. Con questa norma il Governo ammette sostanzialmente la sua impotenza di fronte al fenomeno delle occupazioni di immobili da parte di persone che, non avendo possibilità abitative, si insediano, senza averne titolo, in immobili in prevalenza di proprietà pubblica ma, in qualche caso, anche di proprietà privata. L’intento del legislatore appare chiaramente orientato a scoraggiare l’occupazione abusiva da parte di chiunque, indipendentemente dalle motivazioni. La tecnica utilizzata è paragonabile a quella dell’assedio in campo militare: “prendere il nemico per fame”, togliendogli ogni possibilità di procurarsi i necessari mezzi di sussistenza. E, in effetti, questo dovrebbe essere l’effetto inevitabile per chiunque si trovasse ad abitare in un luogo nel quale non sia possibile ottenere gli allacciamenti

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di Romano Minardi

alle utenze domestiche di luce, gas e acqua, né l’iscrizione anagrafica, con i conseguenti diritti ad essa collegati. Per una corretta interpretazione di questa norma, occorre innanzi tutto tenere nella giusta considerazione la definizione di “immobile”. Ai sensi dell’art. 812 del cod. civ.,

premesso che una “sorgente”, un “corso d’acqua”, un “albero” non dovrebbero essere luoghi di dimora abituale e, quindi, di nessun interesse ai fini dell’iscrizione anagrafica, per “immobile” si intende: • il suolo • qualsiasi edificio • qualsiasi altra costruzione, anche se unita al suolo a scopo transitorio • tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo Attenzione: anche il “suolo” è un bene immobile, indipendentemente dal fatto che vi sia un edificio o un’altra costruzione edificata sopra di esso; pertanto, l’art. 5 del D.L. n. 47 del 28.3.2014, si applica anche a coloro che occupano abusivamente il suolo, pur senza abitare in alcun “edificio” o “altra costruzione”. L’altro elemento discriminante ai fini dell’applicazione della norma è dato dal significato di “occupazione abusiva senza titolo”. I termini: “abusivo” e “senza titolo” non sono sinonimi (si può essere proprietari, quindi con titolo di possesso, ma abusivi perchè senza il permesso di costruire e, quindi, senza titolo edilizio). La legge di conversione, in questo caso, ci è venuta in aiuto, sebbene indirettamente; infatti nelle indicazioni procedurali relative alla domanda di

allacciamento ai pubblici servizi, la norma specifica che tali atti: “...non possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare in favore della quale si richiede l’allacciamento”. Pertanto, per “abusivismo senza titolo”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 del D.L. n. 4772014, si deve intendere l’occupazione di un immobile da parte di chi non abbia il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare. Al contrario, NON rientrano fra i motivi di nullità dell’iscrizione anagrafica: • la mancanza del titolo edilizio relativamente all’immobile occupato; • la mancanza di agibilità dell’alloggio; • la mancanza di denominazione o collaudo dell’area di circolazione; • la mancanza del numero civico. La norma NON riguarda nemmeno l’iscrizione delle persone senza fissa dimora, in quanto: 1) il diritto all’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora è legato al “domicilio” e cioè ad un “interesse” nel Comune; l’interesse non solo non è un immobile, ma addirittura è un bene immateriale; 2) le persone senza fissa dimora non hanno alcun legame con un immobile di residenza; anzi, non hanno alcuna “residenza”, in quanto non hanno dimora abituale. COME APPLICARE LA NORMA Per comprendere l’importanza della corretta applicazione di questa norma, basterà considerare quali siano gli effetti dell’iscrizione anagrafica in immobili occupati abusivamente. Il provvedimento di iscrizione in tali immobili, adottato dopo il 28 marzo 2014 (dal giorno 29 compreso in poi), è nullo per legge! La nullità è un vizio dell’atto amministrativo di natura (continua a pag. 7)


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PARTECIPA AL FORUM: SE SEI SOCIO ANUSCA CHIEDI I TUOI DATI DI ACCOUNT A forum@anusca.it (continua da pag. 6)

“insanabile” e “imprescrittibile”. Da questo si può ben capire quale rilevanza assuma l’azione dell’ufficiale d’anagrafe in fase procedimentale, intesa ad evitare l’adozione di provvedimenti affetti da nullità insanabile ex lege. Il legislatore non fornisce indicazioni procedurali all’ufficiale d’anagrafe; lo fa, però, in relazione agli allacciamenti alle utenze domestiche. L’art. 5 del D.L. n. 47/2014, in sede di conversione in legge, è stato così implementato: “...Al fine di consentire ai soggetti somministranti la verifica dei dati dell’utente e il loro inserimento negli atti indicati nel periodo precedente, i richiedenti sono tenuti a consegnare ai soggetti somministranti idonea documentazione relativa al titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare, in originale o copia autentica, o a rilasciare dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del testo unico di cui al DPR n. 445/2000”. Si può senz’altro ritenere che queste chiare indicazioni operative siano validamente applicabili anche dagli ufficiali d’anagrafe, magari invertendo l’ordine delle priorità, privilegiando la semplificazione e cioè l’acquisizione di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. In questo caso, si dovranno applicare le disposizioni generali dell’art. 71 dello stesso DPR n. 445, che prevede l’obbligo di “effettuare idonei controlli, anche a campione e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive”. Resta inteso che una iscrizione anagrafica nulla ex lege potrà essere eccepita e fatta valere in qualunque tempo e da chiunque ne abbia interesse. Per essere ancora più pratici, la procedura che ci permettiamo di consigliare, per coloro che non intendessero pretendere l’esibizione del titolo di possesso dell’alloggio, è la seguente: 1. L’interessato, al momento della

richiesta di iscrizione anagrafica sottoscrive una dichiarazione relativa al possesso del titolo di proprietà, di regolare possesso o di regolare detenzione dell’unità immobiliare nella quale dichiara di avere stabilito la sua dimora abituale. 2. Nel caso in cui l’interessato dichiari di essere il proprietario, l’ufficiale d’anagrafe dovrà, in applicazione dell’art. 71 del DPR n. 445/2000, effettuare idonei controlli, anche a campione e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi sulla veridicità della dichiarazione. 3. Nel caso in cui l’interessato dichiari di occupare l’immobile quale titolare di un regolare titolo di possesso o di detenzione dello stesso, l’ufficiale d’anagrafe dovrà inviare al proprietario, ai sensi dell’art. 7 della L. n. 241/90, la comunicazione di avvio del procedimento, opportunamente adattata con l’avviso che, in mancanza di un regolare titolo di possesso o di detenzione dell’immobile occupato, o, comunque, di assenso del proprietario, l’iscrizione sarebbe nulla. 4. In tutti i casi in cui il proprietario dovesse intervenire nel procedimento per contestare quanto dichiarato dal richiedente, sostenendo che si tratta di occupazione abusiva di un immobile di sua proprietà, l’ufficiale d’anagrafe non potrà fare altro che richiedere l’esibizione del titolo contrattuale, al fine di verificarne l’esistenza e la regolarità, per poi decidere di conseguenza. Poiché l’occupazione abusiva costituisce un elemento essenziale per la validità stessa dell’iscrizione anagrafica, nel caso in cui l’ufficiale d’anagrafe non sia posto in grado di acquisire il titolo di proprietà o di possesso e non sia resa, in alternativa, la prescritta dichiarazione sostitutiva, si dovrà adottare un provvedimento di “inammissibilità” (o irricevibilità) della domanda di iscrizione anagrafica ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/90 e cioè, mediante “un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto

o di diritto ritenuto risolutivo” (in questo caso: l’occupazione abusiva dell’immobile). È appena il caso di sottolineare che tale provvedimento può essere adottato solo “prima” di avere adottato il provvedimento di iscrizione che, come è noto, a norma del nuovo art. 18 del DPR n. 223/89 deve essere adottato entro due giorni dalla presentazione dell’istanza. In proposito e ancora una volta, si sottolinea l’importanza dell’adozione di un formale provvedimento di iscrizione anagrafica! L’eventuale nullità dell’iscrizione anagrafica, così come anche la dichiarazione di inammissibilità della domanda, avranno l’effetto di lasciare immutata la precedente iscrizione anagrafica (nel caso di richiedente già iscritto in altro Comune o in altra abitazione). Tuttavia, si porrà ugualmente il problema di come e dove iscrivere l’interessato nel modo più corretto possibile, fermo restando il suo diritto all’iscrizione anagrafica, seppure non corrispondente all’immobile occupato abusivamente. Pur consapevoli del fatto che questa soluzione non appare conforme ai principi anagrafici (ma forse che l’art. 5 del D.L. n. 47 lo è’!?!...), si può ipotizzare come unica possibile soluzione, l’iscrizione in una via fittizia al pari delle persone senza fissa dimora. L’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea (che non è parificabile ad una iscrizione anagrafica) può essere una soluzione legittima, ma solo per coloro che mantengono l’iscrizione in Apr in altro Comune o in altra abitazione. Ultima considerazione. Questa norma, introdotta in un ordinamento giuridico coerente e consolidato nei suoi principi fondamentali, si pone come un vero e proprio corpo estraneo che, in quanto tale, sta già creando mille difficoltà e mille casistiche particolari di difficile soluzione; ANUSCA, come sempre, è al fianco degli operatori per risolvere ogni problema.


CONDIVISIONE E INCENTIVI A FAVORE DELLA FORMAZIONE

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i è svolto tutto in una giornata: il Consiglio generale con un centinaio di soci provenienti da tutto lo Stivale e dalle Isole, felici di riconoscersi azionisti di quel polo formativo che sta ampliando la sua dimensione e si propone, sempre di più, come un vero Campus della formazione per gli operatori dei servizi demografici. È stato il Consiglio generale dell’orgoglio associativo, che ha visto e toccato con mano il risultato dei tanti sacrifici degli operatori con la formula delle quote sociali e dai margini ricavati dalle iniziative che in virtù del volontariato, finiscono nel monte risparmio per migliorare i servizi che ANUSCA assicura ai propri associati. In sede di commento, va riconosciuto ad ANUSCA un miglioramento metodologico nel dibattito e negli schemi organizzativi che aiuta nel sapere entrare nei problemi dell’associazione; più realismo e più orgoglio di appartenenza di fondamentale importanza nelle contingenze difficili a trovare le soluzioni più idonee per andare avanti. Da qui la decisione dei corsi di aggiornamento professionale gratuiti in attesa che

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quest’ottica che vanno letti anche i lavori di ampliamento volti a realizzare un campus della formazione, che possa anche essere aperto al mercato privato, se perdurerà il mancato stanziamento di fondi ministeriali per i corsi residenziali. Nel 2014, nonostante la crisi generale, la situazione è buona, ma il futuro, ha sottolineato il Presidente, molto dipenderà dall’entusiasmo e dall’impegno che i Consiglieri profonderanno per l’organizzazione dei corsi e il tesseramento sul territorio. A seguire, il rag. Mario Giosuè, in rappresentanza del collegio dei revisori, ha illustrato la situazione finanziaria di ANUSCA: nonostante un calo degli utili del 2013, il quadro

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di Primo Mingozzi

il Ministero riposizioni la sua risposta in termini di sostegno alla formazione e riqualificazione degli operatori demografici. In questo quadro sono urgenti le risposte per assicurare un futuro all’Accademia che la Fondazione è chiamata a presiedere. Il Presidente Gullini ha da tempo sensibilizzato la Giunta Esecutiva e il Consiglio Generale sui problemi di sopravvivenza della Fondazione e la possibile conseguente interruzione dei corsi d’Alta Formazione e di aggiornamento professionale senza un minimo contributo del Ministero per garantire l’attività della struttura che si è rivelata fondamentale per l’aggiornamento degli operatori demografici e che il Governo ha fortemente voluto realizzare con un suo specifico finanziamento ad ANUSCA. resta comunque positivo. In questi anni l’Associazione è stata capace di grandi opere, grazie alle risorse accantonate, non soltanto nelle strutture, ma in una valorizzazione della categoria. Sono stati quindi approvati all’unanimità dall’assemblea la relazione del Presidente e i bilanci consuntivo 2013 e preventivo 2014. Il Vice Presidente Bassi ha quindi illustrato all’assemblea un quadro relativo al tesseramento. Bassi sottolinea come siano i numeri a garantire la solidità che ha sempre caratterizzato ANUSCA. Al 31 maggio, sono 6347 gli operatori che hanno scelto di sottoscrivere la propria adesione ad ANUSCA, di cui un 85% ha scelto la quota con polizza assicurativa. Gullini ha preso parola relativamente al prossimo Convegno Nazionale, segnalando come ci siano difficoltà

Ma ora serve mantenere la struttura ed è sempre un dovere dello Stato garantirne il funzionamento che non può essere lasciato solo sulle spalle di ANUSCA. Altro argomento affrontato, il funzionamento dei Comitati provinciali e regionali, dove serve un sostanziale miglioramento che “elimini le polemiche e le asprezze fra colleghi, che sono un ostacolo al buon funzionamento dei Comitati. Infine, una buona regola: chi aspira al ruolo dirigente deve dimostrare di essere un punto di riferimento per i colleghi”. “Ricordarsi – ha avvertito il Vice Presidente Bassi – che le fonti di finanziamento ad ANUSCA sono il tesseramento, le iniziative sul territorio ed il Convegno Nazionale”. Anche in questo caso ha prevalso la chiarezza e l’orgoglio di appartenenza. Parole chiave per i docenti ANUSCA “che possono attraverso un dialogo costruttivo fra operatori e l’Associazione contribuire a rafforzare il senso di appartenenza”. In ultimo, l’invito a non collaborare professionalmente con quanti ci fanno concorrenza. Il consenso del Consiglio generale anche su questo punto è stato unanime: ANUSCA deve tutelare le proprie specificità. per arrivare a una scelta tra una delle tre opportunità inizialmente ventilate, per ragioni di carattere organizzativo; ha comunque rassicurato l’assemblea su una decisione definitiva nell’immediato futuro. Il programma è quindi proseguito con un caloroso intervento di Minardi che ha esordito con una premessa sull’attuale stato di avanzamento di ANPR e sulle recentissime norme antiabusivismo. Nel silenzio interpretativo degli organi deputati, ANUSCA ha preso una prima posizione che è frutto del confronto fra vari esperti: sono state fornite le prime indicazioni operative, in assenza di disposizioni ministeriali. “Occorre agire con cautela – ha raccomandato Minardi - in quanto può essere eccepita (continua a pag. 9)


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la nullità del provvedimento, anche dopo anni che ha esplicato i propri effetti”. Minardi è poi passato al cuore del suo intervento: nonostante l’attuale struttura dell’Associazione sia solida, occorre guardarsi dai tentativi più agguerriti di concorrenza, che coinvolge anche soggetti in passato legati da rapporti trasparenti e di collaborazione. L’intervento ha avuto l’obiettivo di informare i Consiglieri che ormai SEPEL e la Rivista Lo Stato Civile Italiano operano in aperta concorrenza (continua da pag. 4 )

volontà del Legislatore di addivenire al superamento, nell’ordinamento nazionale, di ogni ineguaglianza normativa e, pertanto, di ogni profilo di discriminazione, tra figli legittimi e figli naturali, in virtù del principio della unicità dello status di “figlio”, motivo ispiratore da cui non possono non conseguire, dunque, significativi riflessi giuridici nella materia dello stato civile. Come sottolineato anche negli interventi parlamentari in sede di lavori preparatori della legge n. 219, tali differenze di status apparivano sempre più l’espressione di un retaggio e di un preconcetto, nonché fonte di un pregiudizio derivante ai figli per scelte compiute dai genitori. La persistente discriminazione di regime giuridico, oltre che difficilmente sostenibile sul piano della giustizia e dell’equità sostanziale, risultava sempre meno aderente anche rispetto ai principi di cui agli articoli 2, 3 e 30 della nostra Costituzione, laddove espressamente si impone all’ordinamento di assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio ogni forma di tutela giuridica e sociale. Di particolare importanza per il nostro lavoro, in tale ambito, si presenta la redazione del D.P.R. di adeguamento del regolamento dello stato civile, di cui al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, previsto dall’articolo 5, comma 1, della legge n. 219, ed attualmente in fase di predisposizione. Conseguentemente, dopo l’emanazione delle modifiche al D.P.R. n. 396, del 2000, dovrà essere anche rivisitato il decreto ministeriale, previsto dall’art. 12 del D.P.R. n. 396, rendendosi infatti necessario apportare varie modifiche alle formule attualmente in uso per la redazione degli

con ANUSCA. Da qui la scelta della Giunta Esecutiva di ANUSCA di chiedere ai propri collaboratori ed esperti una scelta di campo chiara. Questa decisione ha ricevuto il plauso dell’assemblea. L’ultimo intervento della mattinata è stato quello di Alessandro Francioni cui è stato demandato il compito di disegnare il quadro attuale e le prospettive future dei Servizi Demografici. Il programma dei lavori pomeridiani si è caratterizzato per una novità, molto gradita ai presenti: Stefano Sansavini di Change – project ha curato un intervento in tema di

teambuilding e leadership: l’obiettivo è stato quello di rafforzare lo spirito di appartenenza e la consapevolezza che il lavoro di squadra è fondamentale per raggiungere risultati di anno in anno migliori. Da ultimo, un breve intervento di Sergio Santi e Romano Minardi che hanno illustrato ai Consiglieri le proposte di ANUSCA, in risposta alla richiesta del Presidente del Consiglio e del Ministro Madia di avere suggerimenti volti alla semplificazione, ha chiuso una edizione del Consiglio ricca di contenuti e vivamente partecipata.

atti di stato civile. Relativamente al cognome materno, inoltre, in conseguenza della nota sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in data 7 gennaio 2014 (giudizio n. 77/07, ricorrenti sigg.ri Cusan e Fazzo) – che, in relazione all’impossibilità di attribuire al figlio il cognome materno alla nascita, ha condannato l’Italia per violazione del divieto di discriminazione (e tanta eco ha avuto a livello mediatico)

del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35”, adottato il 12 febbraio 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 46 del 25 febbraio 2014 e sono state fornite le prime indicazioni ai Comuni, con circolare della Direzione Centrale n. 11 del 20 marzo scorso. È evidente che si tratta di uno stato di vera e propria transizione, cioè di un passaggio da una fase ad un’altra completamente nuova. Ed è per questo motivo che l’Amministrazione ha voluto fornire un supporto di orientamento e di indirizzo con le linee guida affidate ad alcune circolari sulle quali richiamo l’attenzione dei presenti: Circolare n. 23/2013 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 agosto 2013 n.l09. Installazione del nuovo sistema di sicurezza dell’ Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. Circolare n. 11/2014 Decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, del 12 febbraio 2014, recante modalità di comunicazione telematica tra Comuni in materia elettorale, di anagrafe e di stato civile, nonchè tra Comuni e notai per le convenzioni matrimoniali, in attuazione dell’articolo 6, comma I, lettera a) e c) del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35. Circolare n. 33/2012 Legge 10 dicembre 2012, n. 219. “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”. Emanata nelle more dell’adozione del decreto legislativo.

Il Prefetto Riccardo Ubaldi

– si sono avviate iniziative legislative, anche governative, per la codificazione di nuove modalità di attribuzione del cognome ai nuovi nati, che risultino in linea con l’evoluta sensibilità sociale sul tema. Per quanto attiene, infine, alla comunicazione telematica tra Comuni, il decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, recante “Modalità di comunicazione telematica tra Comuni in materia elettorale, di anagrafe e di stato civile, nonché tra Comuni e notai per le convenzioni matrimoniali, in attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettere a) e c)


IUS SOLI. CITTADINANZA E STRANIERI: SE NE È PARLATO A TREVISO di Marina Caliaro

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i è svolto nei giorni scorsi a Treviso un convegno di studi in materia di cittadinanza dal titolo “Ius soli. Cittadinanza e stranieri: le identità, i diritti e i doveri in una società multiculturale”. Tale evento, curato dall’Università degli Studi di Padova in collaborazione con la città di Treviso, ha visto la partecipazione di docenti di diversi Atenei che hanno evidenziato, nei rispettivi interventi, gli anacronismi della legge 5 febbraio 1992, n. 91 in materia di cittadinanza, ritenuta per molte parti non più coerente con le esigenze della società attuale, che conosce oggi nuove forme di migrazione e l’esigenza di garantire il diritto alla libera circolazione dei cittadini in ambito europeo. A questo riguardo il prof. Fausto Pocar, giudice internazionale, Presidente dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, cui è stata affidata la presidenza del convegno, ha illustrato la possibilità che nell’immediato futuro l’attribuzione della cittadinanza europea sia svincolata dal possesso della cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione Europea, ma divenga piuttosto una cittadinanza collegata al requisito della residenza legale nel territorio dell’Unione. Secondo quanto esposto in tale relazione, sembra di capire che l’integrazione, concetto cui si fa riferimento nell’ambito dei procedimenti di acquisto della cittadinanza nazionale, debba essere intesa quale risultato non della comunanza di tendenze etnicoculturali, ma della condivisione dei principi su cui si fonda la stessa Unione Europea quale espressione dello stato di diritto. Di seguito i relatori, Professori Stefano Ceccanti e Bruno Barel, il primo Ordinario di diritto pubblico comparato presso l’Università di Roma “La Sapienza” e l’altro Associato di diritto dell’Unione europea presso l’Università di Padova, hanno analizzato il percorso normativo attraverso cui nella materia della cittadinanza, a fianco del criterio

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dello ius sanguinis si è sviluppato l’altro criterio dello ius soli: interessanti i riferimenti alle disposizioni della pregressa legge 13 giugno 1912, n. 555 che contemplavano alcune fattispecie di attribuzione della cittadinanza per nascita sul suolo più ampie rispetto a quanto consentito dalla legge del 1992. In merito alle modifiche ora apportate all’art. 4, c. 2, l. 91/1992 con il recente decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, il prof. Barel ha evidenziato la scelta del legislatore, già anticipata

in alcuni pareri espressi dal Consiglio di Stato, di non ritenere imputabili al soggetto straniero, che chiede l’acquisto della cittadinanza per nascita in Italia, eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o alla Pubblica Amministrazione. All’interessato è riconosciuta la possibilità di dimostrare il possesso dei requisiti che la legge prescrive, avvalendosi di documentazione di qualsiasi natura. La modifica legislativa, come sottolineato anche negli interventi degli ufficiali di stato civile presenti, rimane comunque di carattere parziale e non risolutiva di problemi connessi alle situazioni che riguardano il carattere di legalità e di continuità della residenza dello straniero nato in Italia. Inoltre é stato evidenziato che gli interventi del legislatore, in questo come in altri casi, non tengono conto della difficoltà, per non dire della impossibilità, di effettuare determinati accertamenti amministrativi per verificare la sussistenza dei requisiti di legge: si pensi ad esempio al fatto che i documenti detenuti dalle Questure

vengono mandati al macero dopo una conservazione in genere di 5 anni. Parlando poi delle molteplici proposte presentate in ambito politico per la modifica della legge 91/1992 sul tema dello ius soli, è emerso che non viene contemplata la possibilità di una attribuzione della cittadinanza come conseguenza della sola nascita in Italia: sostanzialmente la possibilità di uno “ius soli puro” viene scartata alla luce di quelle che potrebbero essere le possibili conseguenze, quali ad esempio un turismo finalizzato al raggiungimento di tale obiettivo. Si richiede sempre e comunque una residenza e/o l’effettività di un’integrazione attraverso il conseguimento di un titolo di studio. Rimane anche da definire se una tale attribuzione debba prescindere da una manifestazione di volontà da parte dei genitori e quale soluzione adottare per quei minori che, pur essendo nati all’estero, giungono nel nostro Paese in tenera età e qui vivono la loro adolescenza, frequentando le scuole e inserendosi nella società. La rilevanza dell’espressione di volontà per i soggetti maggiorenni che intendono acquistare la cittadinanza italiana è stato il tema, di estremo rilievo, affrontato dal professore Paolo Morozzo della Rocca, ordinario di diritto civile dell’Università di Urbino. Egli ha illustrato le situazioni di quanti, pur presentando i requisiti previsti, si trovino nell’impossibilità oggettiva di effettuare una scelta perché interdetti o perché affetti da disabilità analoghe, ricordando nel merito il parere espresso dal Consiglio di Stato– Sez. I – 13.03.1987 n. 261/85. È seguita l’esposizione da parte del professore Francisco Leita, dell’Università di Padova, delle norme vigenti nei Paesi latino-americani per l’attribuzione di cittadinanza legata alla nascita sul territorio, e della Professoressa Hélène Ruiz Fabri, dell’Université Paris I – Pantheon Sorbonne, per quanto riguarda la (continua a pag. 14)


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L’AREA CIMITERIALE PER LA DISPERSIONE DELLE CENERI di Graziano Pelizzaro

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a legge 30 marzo 2001, n. 130 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”, nell’introdurre la possibilità di autorizzare la dispersione delle ceneri, ha anche individuato i luoghi dove la dispersione è ammessa, luoghi che possono essere ulteriormente oggetto di regolamentazione a livello regionale e/o comunale. La dispersione non è ammessa all’interno del centro abitato, come definito dall’articolo 3, comma 1, numero 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), tranne che in un caso: l’apposita area cimiteriale per la dispersione delle ceneri. È frequente, infatti, che i cimiteri siano posti all’interno del centro abitato. Ma come deve essere questa area? Quali caratteristiche deve avere? Sono domande che spesso mi vengono poste dagli addetti ai lavori. La legge 130/2001 si limita a disporre che “la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri (…)”. Né ci possono essere d’aiuto le normative regionali. Quasi tutte le Regioni ormai hanno emanato proprie normative finalizzate a dare attuazione ai principi contenuti nella legge 130/2001, ma nessuna norma regionale fornisce indicazioni su quali caratteristiche debbano avere queste aree. Peraltro, per quanto ne so, moltissimi Comuni non hanno ancora provveduto a dotarsene, mettendo a repentaglio il godimento di un diritto previsto dalla legge per i loro cittadini. Molte norme regionali, però, dispongono in maniera più o meno vincolante che i Comuni provvedano a dotarsi della pianificazione cimiteriale. Tra i diversi aspetti della gestione cimiteriale che una pianificazione può e deve affrontare, può trovare sicuramente spazio anche l’individuazione di questa area all’interno di almeno uno dei cimiteri del Comune. Non è affatto necessario che l’area sia presente in tutti i cimiteri. Ciò che conta è che sia garantita ai cittadini

utenti la possibilità di poter usufruire del servizio. Nei piccoli Comuni dove il servizio cimiteriale è gestito in forma associata, nulla impedisce che anche l’apposita area per la dispersione delle ceneri segua la stessa sorte. Ma la collocazione dell’area dipende anche dalle sue dimensioni. Ribadito che nessuna norma dà indicazioni utili in questo senso, si può ritenere che le dimensioni di quest’area debbano essere determinate essenzialmente sulla scorta di due elementi: le modalità

per eseguire la dispersione stessa, da prevedersi a livello regolamentare e il numero di dispersioni da effettuarsi. Quali possono essere le modalità di dispersione? L’aspersione superficiale, l’interramento, la dispersione in percorsi d’acqua creati ad arte. Senza volersi addentrare su aspetti complessi e probabilmente non ancora abbastanza acclarati, alcuni studi svolti in paesi nordici sembra abbiano concluso che un livello accettabile di conferimento di ceneri nel suolo, senza rischio alcuno di inquinamento, ammette una dispersione all’anno ogni dieci metri quadrati. Non è certo una regola, ma può essere un’indicazione. Sono altre però le considerazioni necessarie: la dimensione dell’area può condizionarne il posizionamento all’interno del cimitero, ma ha rilevanza anche la forma di dispersione prevista nel regolamento comunale. Se il regolamento ammette la dispersione superficiale, è opportuno (continua a pag. 18)

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L’ITALIA STA CAMBIANDO: È AMMESSA LA FECONDAZIONE ETEROLOGA di Tiziana Piola

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a Corte Costituzionale, il 9 aprile 2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui vietava il ricorso, per le coppie sterili, alla fecondazione eterologa medicalmente assistita. Stiamo parlando della pratica di maternità per surrogazione: quando alcune donne si prestano ad avere una gravidanza e a partorire un figlio sul quale non potranno successivamente esercitare alcun ruolo genitoriale, in forza di un contratto preesistente tra lei e i “genitori committenti”; il bambino diverrà dunque a tutti gli effetti figlio di altre persone. Fino ad oggi lo Stato affermava che il diritto a procreare non si sarebbe dovuto considerare incondizionato, assoluto, quanto piuttosto un diritto relativo che non doveva ledere gli interessi del nascituro. Lo Stato garantiva il diritto alla procreazione cosciente e responsabile e non un diritto a diventare genitore a tutti i costi. Ma da parecchie coppie il divieto imposto dall’articolo 4, comma 3 della legge n. 40/2004 era visto come una violazione dei diritti di uguaglianza rispetto a coloro che potevano procreare naturalmente. Tuttavia le giustificazioni a tale divieto risedevano nella considerazione che occorreva difendere l’identità genetica del nato evitando rischi di commercializzazione del corpo umano, creando di fatto la nascita di relazioni atipiche tra gli attori della procreazione medicalmente assistita. Il divieto in Italia era considerato anacronistico di fronte alle opposte realtà a livello europeo dove la pratica di fecondazione eterologa è considerata legittima. Infatti, parecchie coppie erano costrette a recarsi all’estero nei Paesi in cui la maternità surrogata era consentita, poiché il proprio Stato non consentiva di realizzare il progetto genitoriale e di famiglia. Tuttavia oggi la Corte Costituzionale si è pronunciata a favore della

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fecondazione eterologa. La Corte giudica “irrazionale” la legge 40 perché vietando la fecondazione eterologa, ha discriminato le coppie dal punto di vista clinico: solo quelle con determinate patologie potevano usufruire della procreazione medicalmente assistita, negando proprio a quelle con problemi più gravi l’accesso all’unica tecnica che avrebbe consentito loro di coronare il desidero di creare una famiglia, violando così il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. La Suprema Corte, infatti, afferma nella sentenza “La preclusione assoluta di accesso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo introduce un evidente elemento di irrazionalità, poiché la negazione assoluta del diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con figli, con incidenza sul diritto alla salute, è stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi”. In pratica, a proposito sull’esame delle diverse patologie e le conseguenti decisioni terapeutiche, i giudici costituzionali ribadiscono quando già scritto nella sentenza 151 del 2009: «In materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali». «Un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza, non può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore». Secondo l’opinione dei giudici una coppia indipendentemente dalla

patologia di cui è affetta ha il diritto «di formare una famiglia che abbia anche dei figli perché ciò costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi»: questo concetto deve valere anche «per la coppia assolutamente sterile o infertile», che decida di utilizzare la tecnica di fecondazione eterologa. Inoltre la discriminazione è rilevabile anche dal punto di vista economico poiché chi poteva permetterselo è andato all’estero per effettuare l’eterologa, mentre chi non aveva le risorse finanziarie ha dovuto rinunciare. Ulteriore prova dell’irrazionalità, si legge nella sentenza, è in «un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che assurge intollerabilmente a requisito dell’esercizio di un diritto fondamentale, negato solo a quelle prive delle risorse finanziarie necessarie per potere fare ricorso a tale tecnica recandosi in altri Paesi» Se lo scopo dichiarato della legge n. 40 del 2004 è quello «di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana» (art. 1, comma 1), la preclusione assoluta di accesso alla procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo introduce un evidente elemento di irrazionalità, poiché la negazione assoluta del diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con figli, con incidenza sul diritto alla salute è stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi, le quali sono quindi discriminate rispetto alle coppie che invece possono ricorrere alla pratica di fecondazione omologa. Il divieto assoluto di praticare la fecondazione eterologa rappresentava «una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria della legge 40 di formare una famiglia con dei figli, senza che la sua assolutezza sia giustificata dalle esigenze di tutela del nato». (continua a pag. 13)


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Secondo la Corte Costituzionale le motivazioni addotte all’abrogazione del divieto riguardano non solo l’aspetto giuridico bensì quello etico: è indispensabile pertanto trovare un giusto punto di equilibrio tra i contrapposti interessi nel rispetto della dignità della persona umana. Sicuramente questa materia appartiene «primariamente alla valutazione del legislatore», tuttavia prima dell’entrata in vigore della legge 40/2004 l’applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa era «lecita ed ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi». Quindi la Corte afferma tra le righe che “L’illegittimità della norma che vietava la fecondazione eterologa non provoca alcun vuoto normativo”. In questo modo sono affermate le tutele per tutti i soggetti coinvolti nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita come previsto dalla legge stessa. Sarebbe sufficiente dunque che si disciplinassero gli aspetti operativi e medici per l’attuazione della pratica di fecondazione eterologa. Quali conseguenze dal punto di vista operativo per l’ufficiale di stato civile? Prima dell’abrogazione del divieto dell’art. 4 comma 3, l’ufficiale di stato civile in presenza di un contratto di surrogazione avrebbe dovuto rifiutare la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero per contrarietà all’ordine pubblico e nel caso in cui vi fosse un semplice sospetto poteva procedere alla trascrizione dell’atto, segnalando comunque l’accaduto al Procuratore della Repubblica. Il Procuratore disponeva le indagini opportune e iniziava il lungo percorso di diatriba con i genitori ai quali spesso veniva negato il loro ruolo di genitori, e nel caso in cui l’atto di nascita fosse stato trascritto, questo veniva annullato. Oggi, a mio avviso, qualora l’ufficiale di stato civile riceva un atto di nascita formato all’estero relativo a un bambino nato a seguito di fecondazione eterologa, può

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procedere alla trascrizione sia nel caso in cui sia palese il ricorso alla pratica di surrogazione poiché documentata da un contratto sia nel caso in cui vi sia anche un semplice sospetto: viene meno l’obbligo di segnalazione al Procuratore della Repubblica. E nel caso in cui la surrogazione avvenisse in Italia? La normativa attuale a seguito dell’abrogazione del divieto di fecondazione eterologa offre spunti di riflessione. I requisiti soggettivi sono disciplinati dall’art. 5 della legge n. 40/2004, per il quale “possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”. La normativa non prevede, pertanto, allo stato attuale la possibilità di

STESEI, in collaborazione con ANUSCA, propone un NUOVO SERVIZIO: UN ARCHIVIO STORICO DEI COMUNI ITALIANI DAL 1861 AD OGGI sul sito

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tutte le informazioni

SULLA PAGINA!!! utilizzare la pratica di procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali; in tal caso in Italia non potrà verificarsi l’ipotesi dell’evento nascita, la quale potrà eventualmente verificarsi all’estero. L’atto formato nel Paese straniero con maternità e paternità, potrà essere trascritto considerando madre o padre la femmina o il maschio della coppia, ma è inevitabile la segnalazione al Procuratore della Repubblica in ordine alla definizione dello status di filiazione riguardo al maschio che secondo l’ordinamento giuridico italiano non potrà essere madre e viceversa. La nascita derivante da maternità surrogata, in caso di coppia eterosessuale, potrà essere accertata con la semplice applicazione della normativa già esistente? Secondo quanto disposto dall’art. 8 della legge 40/2004 “I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’art. 6” inoltre l’art. 9, modificato in parte recita: “Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice...In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi”. Sembrerebbe pertanto che l’abrogazione del divieto di fecondazione eterologa non abbia creato un vuoto normativo, poiché la legge già prevedeva la disciplina dello status di figlio, il quale sarà determinato con la formazione dell’atto di nascita.


ENTRA CON CITYUSER NEL NETWORK DEI COMUNI ITALIANI

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o scorso 29 maggio i primi Comuni iscritti ad ANUSCA con la quota D che hanno richiesto di poter fruire, gratuitamente e senza oneri di rinnovo, del servizio Cityuser, si sono ritrovati per un approfondimento sull’utilizzo del programma e sulle principali coordinate di comunicazione pubblica con i referenti dell’azienda GastoneCRM, che ha fornito l’applicativo. Si è trattato di un bel momento, cui ha partecipato anche un operatore della Sardegna, per toccare con mano l’effettiva facilità di utilizzo dello strumento dal lato del backoffice (in sede di caricamento delle notizie che saranno poi notificate ai cittadini) e la massima fruibilità della corrispondente app di

di Silvia Zini

destinazione che è disponibile su App Store o Google play per tutti i cittadini che vogliano entrare nel mondo di CityUser. Il tratto caratterizzante di CityUser è che lo strumento non si esaurisce nell’ambito di vita cittadina,

ma consente una sorta di cross marketing territoriale: ciò significa che selezionando, oltre alla propria città, eventualmente anche altre (dove ad esempio si va in vacanza o trasferta di lavoro), si è contestualmente informati anche degli eventi che riguardano i centri selezionati. Cityuser fa entrare i Comuni che lo scelgono in un network, che è coperto a ombrello anche dalle informazioni provenienti dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile: un surplus informativo particolarmente utile per tutti. Come dicevamo, per tutto il 2014, Cityuser sarà gratuito: i Comuni potranno dunque provarlo senza vincoli di rinnovo per gli anni successivi. Ma siamo certi che il sistema di Cityuser conquisterà tutti.

DA OLTRE 34 ANNI ANUSCA C’È. CONTINUA A SCEGLIERLA! (continua da pag. 10)

Francia e i territori di pertinenza. Di seguito, il funzionario dell’U.T.G., dott.ssa Paola De Palma, ha esposto la situazione di difficoltà delle Prefetture a fronte della quantità di richieste di concessione della cittadinanza attribuite alla loro competenza, per le quali i tempi di attesa sono ora stati ridotti ad un anno per quanto concerne in modo specifico la Prefettura di Treviso. Ha manifestato l’esigenza di uniformare i criteri di rilascio dei provvedimenti concessori, con riferimento alla determinazione del nome del cittadino che diviene italiano ed ha, altresì, espresso apprezzamento per l’attività di informazione e collaborazione svolta da ANUSCA, anche su tematiche così complesse e articolate quali quella della cittadinanza che presenta non poche criticità. Su tali aspetti si sono soffermati anche gli ufficiali di stato civile che hanno preso la parola nel corso del successivo dibattito, esponendo alcune problematiche connesse ai procedimenti di acquisizione della cittadinanza. Particolare riferimento è stato fatto

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alle iniziative per la realizzazione nei Comuni di corsi di lingua a favore delle fasce deboli della popolazione, soprattutto per le donne, spesso fortemente contrastate per quanto riguarda un loro reale e completo inserimento nella società. La dott.ssa Marina Caliaro, Consigliere nazionale ANUSCA, docente nei corsi di formazione, invitata a prendere la parola, con un rapido excursus sulla normativa vigente, ha messo in evidenza alcune incongruenze per quanto riguarda gli accertamenti richiesti agli ufficiali di stato civile per l’acquisto di cittadinanza in applicazione del criterio dello ius soli, come pure le diverse interpretazioni di concetti quali quello di “convivenza”, richiamato all’art. 14 della legge91/1992, non adeguatamente chiariti dal legislatore e oggetto di determinazioni diverse negli interventi della giurisprudenza e della dottrina. Anche sulla questione dell’incapacità del soggetto di rendere dichiarazione o giuramento per l’acquisto della cittadinanza, ha evidenziato l’assenza di norme che tengano conto di tali fattispecie, indicando alcune possibili soluzioni, da porre al vaglio del legislatore, per

consentire a queste persone che vivono stabilmente nello Stato e che, in alcuni casi, vi sono anche nate, di conseguire la cittadinanza italiana. È stato ricordato che proprio l’Associazione degli ufficiali di stato civile e anagrafe, raccogliendo le molteplici esperienze degli operatori dei diversi Comuni e, perciò, sensibile ai cambiamenti che si verificano nel contesto sociale, svolge di fatto anche nella materia della cittadinanza una concreta attività propositiva nei confronti delle Amministrazioni centrali da cui viene riconosciuta, da tempo, quale interlocutore necessario nel processo di riforma in atto. A conclusione del convegno di studi le considerazioni da parte del professore Pocar hanno evidenziato la necessità che il legislatore, nel predisporre rapidamente una riforma organica della legge sulla cittadinanza, parta da un’attenta analisi della reale composizione della società italiana attuale e non prescinda dalla considerazione degli aspetti procedurali che debbono portare alla concreta attuazione delle norme, da sempre demandati all’attività e responsabilità della Pubblica Amministrazione.


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LO SCHEDARIO DELLA POPOLAZIONE TEMPORANEA

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o schedario della popolazione temporanea, da sempre relegato fra gli istituti anagrafici meno conosciuti, ma soprattutto meno graditi, agli ufficiali d’anagrafe, trova la sua genesi nell’articolo 8 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, fa parte delle norme fondamentali dell’anagrafe della popolazione residente ed è applicabile a tutti, italiani, comunitari e stranieri purché regolarmente soggiornanti. Questo schedario è risultato per molto tempo poco utilizzato, considerato un inutile adempimento, un appesantimento della gestione anagrafica, ma, con l’abolizione del permesso di soggiorno per i cittadini comunitari e il conseguente passaggio delle competenze relative al riconoscimento della regolarità del soggiorno di tali cittadini agli uffici anagrafe comunali è stato improvvisamente rispolverato ed ha incominciato a suscitare l’interesse di operatori e cittadini. Il richiamo allo schedario della popolazione temporanea è presente nelle circolari del Ministero dell’Interno n. 39 del 18 luglio 2007 e n. 18 del 21 Luglio 2009, quale strumento idoneo a soddisfare i requisiti per l’iscrizione di tutti i cittadini UE soggiornanti in Italia per periodi superiori a tre mesi ma “che non intendono trasferirsi stabilmente in Italia, come ad esempio gli studenti lavoratori distaccati, e che pertanto non spostano la propria residenza”. Nell’art. 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 novembre 2011, n. 3982, che dispone l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea per due categorie di cittadini, gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari ed in possesso di un titolo di viaggio e i richiedenti protezione internazionale in possesso dell’attestato certificante la qualità di richiedente asilo ovvero del permesso di soggiorno per asilo politico. Nella Circolare INPS 6 Marzo 2012, n. 32, e in quella del Dipartimento della Funzione Pubblica 3 Febbraio 2012, n. 1, che oltre a fornire istruzioni operative in merito

di Andrea Dallatomasina

alle disposizioni introdotte dagli artt. 3, 4, e 6 del Decreto Legislativo 18 Luglio 2011, n. 119, al fine di agevolare l’assistenza delle persone diversamente abili, introducono per la fruizione del congedo straordinario il requisito della convivenza, che sarà accertato d’ufficio da parte di INPS previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale attestazione della dimora temporanea (ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del dPR 30 Maggio 1989, n. 223), ove diversa

dalla dimora abituale (residenza) del lavoratore o dell’assistito. Oltre ai recenti richiami normativi di cui sopra si può ritenere che la sua corretta gestione possa soddisfare finalità quali: - regolare tenuta dell’anagrafe, mission dell’Ufficiale d’Anagrafe sancita dall’articolo 4 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228; - calcolo dei termini per l’iscrizione dei soggetti di cui all’articolo 8 del dPR 30 Maggio 1989, n. 223; controllo della popolazione “temporaneamente” assente (si eviterebbero così indebite cancellazioni per irreperibilità); - controllo della popolazione che “non si trova ancora in condizione di stabilire la residenza per qualsiasi motivo” (leggasi mancanza, dal 28 Marzo 2014, di un idoneo titolo di possesso dell’immobile soluzione legittima, ma solo per coloro che mantengono l’iscrizione in Apr in altro Comune o in altra abitazione). Facciamo quindi un breve ripasso

sull’articolo 32 del dPR 30 Maggio 1989, n. 223 che disciplina la corretta gestione dello schedario. L’iscrizione potrà essere effettuata a domanda dell’interessato (oppure d’ufficio) per sé e/o per altri componenti della famiglia anagrafica su cui esercita la potestà o la tutela ai sensi dell’articolo 6 del dPR 30 Maggio 1989, n. 223. L’interessato può essere cittadino italiano, comunitario o straniero regolarmente soggiornante nel nostro Paese; deve però essere dimorante nel Comune da non meno di quattro mesi ma che “non si trova ancora in condizione di stabilirvi la residenza per qualsiasi motivo”; motivo che dovrà essere dichiarato (ancorché non sottoposto a valutazione di merito): il “per qualsiasi motivo” non significa senza motivo. Condizioni sono la dimora nel Comune da non meno di quattro mesi (elemento oggettivo) e l’impossibilità di stabilire la dimora abituale nel Comune per qualsiasi motivo (elemento soggettivo). La prova della presenza dell’interessato nel Comune da almeno quattro mesi (ridotti a tre per i comunitari) non è superabile con la mera dichiarazione ma dovrà essere supportata da elementi oggettivi; l’ufficiale d’anagrafe dovrà, come si comporta con le normali pratiche di iscrizione anagrafica e al fine di scongiurare eventuali abusi, effettuare gli accertamenti di rito a verificare la sussistenza dei requisiti. Il Ministero dell’Interno in risposta ad un quesito nel Novembre 2006 affermava “La valutazione dei motivi deve essere effettuata dall’ufficiale d’anagrafe con particolare attenzione, tenendo presenti le dichiarazioni rese dall’interessato ed acquisendo in sede istruttoria elementi atti a valutare caso per caso la sussistenza delle condizioni previste dalla legge. I quattro mesi previsti devono naturalmente essere continuativi. Non è possibile naturalmente stabilire ove la persona abbia la dimora; (continua a pag. 16)


LA QUOTA D…PRENDE QUOTA Un piccolo calembour per dare conto di un risultato che premia l’impegno di ANUSCA e sottolinea l’attenzione accurata con cui i Comuni valutano le proposte della loro Associazione di riferimento. La QUOTA D sempre più si afferma come quota risparmio in un momento in cui gli Enti hanno sempre meno risorse. I Comuni dimostrano di averlo capito e di aver perfettamente compreso l’importanza di aderire ad ANUSCA per fruire della scontistica e di tutte le opportunità operative garantite dalle quote associative. Il contatore dell’Ufficio Tesseramento segna un deciso +434 rispetto ai Comuni iscritti ad ANUSCA nello stesso periodo dello scorso anno: un trend di inizio anno assolutamente positivo, che auspichiamo proseguirà con la medesima intensità anche nei mesi a venire, quando i Comuni che mancano all’appello avranno approvato i propri bilanci. Resta sempre valida, comunque, la disponibilità di ANUSCA, previa lettera di preadesione a mantenere attivi i servizi in attesa del perfezionamento degli atti relativi all’iscrizione. Il tesseramento resta e, anzi, si afferma sempre più linfa vitale dell’Associazione non solo come fonte di risorse per sostenere il ricco programma di formazione gratuita che da qualche anno ANUSCA sta proponendo agli iscritti di tutto il Paese, ma anche in termini di rappresentatività: i numeri sono, alla fine dei giochi, l’unico, reale, argomento per sostenere un ruolo di riferimento nel settore demografico, con la forza di sempre. In questi primi mesi di tesseramento, la quota D sta svolgendo la parte del leone: delle quattro proposte è quella, finora, maggiormente scelta dai Comuni. Gli Enti hanno ormai compreso con chiarezza che la bilancia investimentobenefici pende con decisione dal lato benefici e che, a meno di carenza cronica di fondi, è quanto mai utile assicurarsi il carnet più completo di servizi. È quello che sottolinea in una mail inviataci, Gabriella Marengo del Comune di Fossano che nel 2013 ha compiuto il balzo diretto dalla quota A alla D, confermata poi anche per il 2014: “Gli operatori dei Servizi Demografici – ci scrive Gabriella – mai come questi tempi hanno sempre più bisogno di aggiornamenti, dal momento che tutti i giorni allo sportello ci troviamo con problemi da risolvere. Trovo davvero utili i servizi da voi proposti”. (continua da pag. 15)

sarà compito dell’ufficiale d’anagrafe accertare se sussistono le condizioni per procedere all’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea, con l’avvertenza che in ogni caso l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea non pregiudica il mantenimento dell’iscrizione anagrafica nel Comune di attuale iscrizione e di presumibile attuale dimora abituale dell’interessato.” All’atto della richiesta, l’ufficiale d’anagrafe dovrà inviare idonea comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della Legge 7 Agosto 1990, n. 241, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. In caso di esito negativo degli accertamenti, l’ufficiale d’anagrafe prima dell’adozione del provvedimento di rigetto dovrà inviare comunicazione di preavviso ex art. 10 bis della Legge 7 Agosto 1990, n. 241. L’iscrizione nello schedario, così come prevede il comma 3, esclude il rilascio di certificazioni anagrafiche per evitare utilizzazioni improprie di esse; inoltre non comporta l’emissione di alcuna comunicazione verso le altre Pubbliche Amministrazioni, con la

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sola eccezione di quella verso l’ufficio anagrafe del Comune di provenienza (al quale andrà segnalata anche la successiva cancellazione) che in tal modo è reso edotto dell’assenza giustificata del suo iscritto. Lo schedario, così come stabilito dal comma 4, dovrà essere sottoposto a revisione periodica, e comunque almeno una volta all’anno, da parte dell’Ufficiale d’Anagrafe per evitare che restino iscritti cittadini dimoranti nel Comune per un lasso di temporale troppo lungo. Pertanto dovranno essere eliminate le schede relative a persone non più dimoranti temporaneamente nel Comune perché sono decedute, se ne sono allontanati o vi hanno stabilito la dimora abituale. Attenzione però: se da un lato ogni ufficiale d’anagrafe è sempre stato restio ad utilizzare questa particolare forma di registrazione anagrafica, dall’altro, si verifica, in determinate situazioni e per evidenti interessi privati, generalmente estranei allo spirito della normativa anagrafica, addirittura un abuso di tale tipo di iscrizione, quanto meno in termini temporali. Non sono rari, infatti, i casi di iscrizioni nello schedario della popolazione temporanea reiterati per vari anni senza effettiva interruzione se non la formale, peraltro obbligata, cancellazione annuale seguita però da una più o

meno immediata reiscrizione. La logica conseguenza è appunto l’obbligodicancellazionedataleschedario non oltre un anno dall’iscrizione, sulla base del presupposto che, se la dimora si protrae per un tempo superiore si tratterà di effettivo trasferimento della residenza e di conseguenza dell’obbligo di iscrizione in APR. Tale cancellazione è prevista e resa obbligatoria dallo stesso art. 32 comma 4, il quale, tuttavia non dice nulla in merito all’eventualità di una reiterazione dell’iscrizione. Malgrado la mancanza di un divieto espresso letteralmente dalla norma che, come detto, si limita ad imporre l’obbligo della cancellazione non oltre un anno dall’iscrizione, si deve ritenere che una seconda consecutiva iscrizione nello stesso schedario e, a maggior ragione, ulteriori successive iscrizioni siano da considerarsi illegittime per violazione della ratio della norma stessa. In assoluto, non si può escludere che, in casi del tutto eccezionali, la particolare condizione di chi non abbia ancora i requisiti della residenza, pur mantenendo la propria dimora nel Comune, si protragga anche oltre l’anno, ma quando l’eccezione diventa la regola, allora il fenomeno diventa patologico, immotivato, e quindi sicuramente illegittimo.


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matrimonio, non consente il perdurare di un legame di coppia tutelato e protetto dall’ordinamento, anche se diverso dal matrimonio. Si tratta, ancora una volta viene sottolineato, di una disciplina sulla quale deve intervenire il legislatore. Sarà ora compito della Corte di Cassazione, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, decidere in merito al caso concreto della coppia che aveva iniziato il percorso giuridico: nel rispetto delle indicazioni della Corte Costituzionale, non dovrebbe sciogliere il matrimonio dato che la norma che prevede lo scioglimento è stata dichiarata incostituzionale, per la carenza di una normativa di tutela che trasformi il matrimonio in un’unione di coppia giuridicamente protetta, ma d’altra parte così facendo resterà efficace il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, in contrasto con le stesse indicazioni della Corte che ha riaffermato che il matrimonio, per il nostro ordinamento, è solamente quello eterosessuale, almeno fino a quando non venga approvata una specifica legislazione al riguardo. Questo non significa che sia stata introdotta genericamente la possibilità di riconoscimento del matrimonio omosessuale, compito che non può certamente essere svolto dalla Corte, ma che siamo in presenza di una situazione “particolare” nella quale si dovrebbe evitare ai coniugi il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza: compito di esclusiva competenza del legislatore, più volte richiamato ed invocato in tal

senso. Tale chiarissimo orientamento della Corte Costituzionale, già emerso nella sentenza del 2010 e riaffermato senza alcun dubbio dalla Cassazione nella sentenza n. 4184 del 15/3/2012, non sembrerebbe lasciare spazio ad interpretazioni diverse, come nel caso del Tribunale di Grosseto o del Sindaco di Fano, ma in ogni caso, aspettiamo l’esito dei ricorsi per comprendere quale sarà il destino delle trascrizioni dei matrimoni omosessuali effettuate a Grosseto su ordine del Tribunale ed a Fano su decisione del Sindaco. Da quanto apparso sulla stampa, sembrerebbe che vi siano altri Sindaci di altri Comuni pronti a trascrivere matrimoni omosessuali, in quanto ritengono che tali unioni debbano essere rispettate ed opportunamente tutelate: se vi fosse un indirizzo politico in tale senso, non resterebbe che canalizzarlo verso lo sbocco istituzionale, cioè verso la formazione

di una maggioranza parlamentare che conduca all’emanazione di una legislazione specifica. Come ampiamente suggerito dalla Corte Costituzionale, la soluzione auspicabile sarebbe proprio quella di un intervento del legislatore verso l’approvazione di una normativa che riconosca e tuteli i diritti delle coppie omosessuali: in tale ipotesi, il legislatore avrebbe possibilità di scegliere tra una disciplina che potrebbe avvicinarsi in misura maggiore o minore a quella matrimoniale delle coppie eterosessuali, ma garantendo comunque i diritti ed obblighi della coppia. Si tratterebbe di una disciplina da approvare in tempi strettissimi, con particolare sollecitudine, secondo le raccomandazioni della Corte: speriamo che il legislatore sappia raccogliere l’invito ed agire di conseguenza.


CORSI BASE IN MATERIA DEMOGRAFICA: I COMUNI CHIAMANO, ANUSCA RISPONDE

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on soltanto alta formazione, ma un occhio di riguardo anche a coloro che stanno cominciando a muovere i primi passi nel mondo dei servizi demografici. Sono diversi gli SOS degli operatori che ogni anno giungono alla segreteria nazionale per la realizzazione di corsi che trattano la materia demografica partendo dal cosiddetto “ABC”. Si tratta non soltanto di operatori neo assunti, che rappresentano una minoranza, considerate le limitate assunzioni nell’ambito della PA, ma anche e

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che l’area sia contigua a percorsi abitualmente frequentati dai dolenti e dai familiari dei defunti e visibile dagli stessi? Evidentemente no. In questo caso, in mancanza di alternative sulla collocazione dell’area, ritengo sia più opportuno che il regolamento comunale preveda e consenta solamente l’interramento, sia dell’intera urna biodegradabile che delle sole ceneri. Altro aspetto da definire nel regolamento comunale riguarda il soggetto che può o deve materialmente eseguire la dispersione delle ceneri nell’apposita area cimiteriale. A chi la si lascia fare, al soggetto individuato dal defunto o dai familiari, oppure ai soli operatori cimiteriali? Quanto possono valere eventuali considerazioni relative alla copertura assicurativa su infortuni, non escludibili a priori, che possono

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di S.Z.

soprattutto operatori che vengono trasferiti ai demografici da altri uffici e quindi si trovano a ricominciare da zero in un settore tutto nuovo. Questi corsi sono dunque l’occasione per studiare la materia dalle nozioni fondamentali, quelle che magari si danno più per scontate nell’ambito dei tradizionali pomeriggi o giornate di studio, ma che risultano fondamentali per chi si è accostato da poco alla materia. Non mancano neppure operatori che vedono in questo filone formativo l’opportunità di una rispolverata generale dei concetti base della

disciplina demografica. In questo senso va letto il successo di tali iniziative: anche quest’anno il corso base di anagrafe e stato civile hanno raccolto una media di venti adesioni di operatori di tutto il Paese. Ottimi risultati che indicano una strada da percorrere con continuità, anche nel futuro, per rispondere ad una esigenza realmente sentita. Il carnet dei corsi base, divenuto ormai una tradizione della programmazione di ANUSCA, sarà completato con la materia elettorale, il 30 settembre, 1 e 2 ottobre. Sul sito www.anusca.it tutti i dettagli del programma.

accadere nella fase di dispersione? Vi è poi da definire, sempre a livello di regolamento comunale, la questione delle tariffe. La dispersione delle ceneri nell’apposita area cimiteriale può considerarsi un servizio a domanda individuale? Ciò che è certo è che il Decreto Ministeriale 1 luglio 2002 recante il titolo “Determinazione delle tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree cimiteriali” all’art. 4, c. 1, prevede: 4. Misura della tariffa per la dispersione o la conservazione delle ceneri. 1. La tariffa, da corrispondere una tantum, per la dispersione delle ceneri all’interno dei cimiteri è determinata dal comune nella misura massima di € 160 e può essere determinata in misura differente in relazione al luogo di dispersione delle ceneri. Naturalmente i limiti tariffari sono

annualmente rivalutati in base al tasso di inflazione programmato. Per il 2014 la tariffa risulta essere di € 199,04 + IVA. Un’ultima considerazione. Nel cimitero di norma sono accolte solo determinate categoria di soggetti, non certo tutti indistintamente. Vale questo anche per la dispersione delle ceneri nell’area cimiteriale? Ancora una volta dovrà essere il regolamento comunale a fornire la risposta. In conclusione, sia che si disponga di una superficie tale da potersi considerare un vero e proprio “giardino delle rimembranze”, più o meno attrezzato, sia che si disponga di uno spazio esiguo, l’essenziale è che venga posta a disposizione dei cittadini un’area idonea a garantire la fruibilità di un diritto sancito dalla legge, con le modalità che il regolamento comunale dei servizi funebri, cimiteriali e di polizia mortuaria deve necessariamente indicare.


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Stato delle opere pubbliche e dei progetti di sviluppo, centrale è l’anagrafe della popolazione residente; la demografia non è uno scherzo, stabilisce come è lo Stato oggi e anche quello che diventerà in futuro. Io mi rendo conto che questo discorso possa sembrare la celebrazione agiografica dell’Anusca. Non è così. Noi abbiamo imparato molto, moltissimo, siamo stati “università” nel senso etimologico del termine cioè l’insieme degli studenti e dei discenti in un rapporto che spesso è stato di uno ad uno cioè con la possibilità di chiedere una formazione mirata per l’argomento di cui avevamo bisogno. Abbiamo trovato competenza, disponibilità e capacità all’ascolto. Invito tutti i colleghi che non hanno mai presa in considerazione la possibilità di fare il corso di Alta Formazione a valutare se frequentarlo. Noi corsisti della sesta edizione abbiamo condiviso un’esperienza formativa bellissima ed abbiamo capito che, al di là di tutte le sterili e stucchevoli polemiche che sentiamo ogni giorno, l’Italia è unita da Udine alla Sicilia ed i problemi sono gli stessi dall’estrema frontiera

Il Tavolo della Presidenza. Da sinistra: Renzo Calvigioni, Silvia Zini, il Prefetto Riccardo Ubaldi, il Prefetto Cinzia Torraco, Aldo Bacchiocchi, Romano Minardi

ad est dell’Italia all’ultimo punto a sud della penisola. Quindi – ha concluso Giovanna Cappucci - investite della vostra fiducia Anusca perché se è vero che l’impegno, anche economico, è notevole val la pena sostenerlo per conquistare quel bagaglio di competenze che poi ognuno di noi potrà riportare nel proprio Comune e contribuire a realizzare quel cambiamento che tutti auspichiamo.” ANUSCA, unitamente al Ministero dell’Interno, che da subito ha creduto in questa iniziativa e l’ha sostenuta, anche economicamente, riconoscendo valore abilitante alle funzioni di ufficiale di stato civile, ha investito molto in termini non solo finanziari, ma anche di sforzo organizzativo in questo

percorso. Percorso che mira ad un’alta qualificazione per la formazione di professionalità che svolgono o hanno in progetto di svolgere mansioni dirigenziali, che dunque non richiedano soltanto una solida competenza tecnica, ma sviluppino delle conoscenze di stampo più manageriale. L’impianto degli insegnamenti è stato concepito infatti in questa ottica, con la suddivisione delle materie trattate in quattro aree distinte (professionale, giuridico, gestionale e informatica) che, nel complesso, possano abbracciare tutta la sfera di competenze su cui chi voglia gestire i servizi demografici deve necessariamente poter contare.


LA PAGINA DEI QUESITI RISOLTI A cura di Agostino Pasquini

1) Sindaco responsabile dell’Ufficio Elettorale e potere sostitutivo Vorrei sapere se è corretto, come alcuni sostengono, che nella descrizione di una tipologia di procedimento riferito, nel caso specifico, ad un adempimento elettorale, sia corretto indicare il Sindaco come responsabile del procedimento (quando c’è un’unica impiegata presente in ufficio che, pur essendo incinta al momento, occupa regolarmente il suo posto di lavoro ed in sua assenza non sarebbe comunque il Sindaco ad eseguire materialmente le sue mansioni) e nella stessa tipologia di procedimento, indicare sempre lo stesso Sindaco in qualità di titolare del potere sostitutivo in caso di inerzia. Rispondono gli Esperti ANUSCA Claudio Pagano e Sergio Santi

Crediamo di poter affermare che le competenze e le responsabilità in materia elettorale sono in generale attribuite dalla normativa ai diversi soggetti in modo molto preciso. Quanto al “soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo” ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, rammento che deve essere individuato dall’organo di governo “nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione”, come stabilito

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dal comma 9-bis dello stesso art. 2; inoltre, “per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’Amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo”. Anche il vostro Comune dovrebbe, quindi, aver già individuato questo soggetto, ma – ciò detto trovo qualche difficoltà nel riferire le norme citate ai procedimenti elettorali, nell’ambito dei quali il potere sostitutivo, in caso di inadempimento, è in generale affidato al Prefetto. Si vedano, a titolo di esempio, l’art. 53 del T.U. 20 marzo 1967, n. 223, l’art. 54, nn. 3 e 11 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e l’art. 6 del D.P.R. 8 settembre 2000, n. 299. […] Relativamente, invece, all’interrogativo posto con il presente quesito, non si può che condividere l’assunto circa l’impossibilità per il controllato di ricoprire finanche il ruolo di controllore, o meglio il responsabile del procedimento non può coincidere con il soggetto con potere sostitutivo in caso di inerzia. Questo principio intangibile vale per tutti i soggetti (Sindaci inclusi) ed in ogni Comune italiano a prescindere dalle difficoltà oggettive legate alla dimensione/ struttura dello stesso Ente. 2) Identificazione di cittadino ai fini della trascrizione di un atto proveniente dal Consolato italiano all’estero Ho ricevuto dall’Ambasciata d’Italia a Bogotà, ai fini della trascrizione nei registri dello stato civile di questo Comune, copia del certificato di matrimonio (debitamente apostillato e tradotto) celebrato presso uno studio notarile della Colombia. In tale certificato entrambi i contraenti sono indicati con i soli cognomi e nomi ed un documento di riconoscimento (nr. del passaporto per lo sposo cittadino italiano, nr. della carta d’identità per la sposa colombiana). Mentre di quest’ultimo documento l’Ambasciata ne ha trasmesso copia, per

il cittadino italiano l’identificazione con l’omonimo residente in questo Comune è data solo dalle generalità indicate nella richiesta di trascrizione, nella quale oltre a cognome e nome, vengono quindi indicati luogo e data di nascita, coincidenti con i dati presenti in questa Anagrafe. Nonostante abbia chiesto all’Ambasciata l’invio, se in suo possesso, di copia del passaporto dello sposo, ad oggi (sono trascorse ormai alcune settimane) non ho avuto riscontro. Posso trascrivere ugualmente tale documento? Ed eventualmente come certifico tale atto? Risponde l’Esperto ANUSCA Grazia Benini

Se il Consolato italiano ha trasmesso l’atto ai fini della trascrizione in codesto Comune, significa che il Consolato ha effettuato un controllo sulle generalità del cittadino italiano. Non dimentichiamo, inoltre, che la trascrizione avviene su sollecitazione del cittadino, il quale personalmente si è presentato al Consolato chiedendo l’adempimento. L’atto potrà essere trascritto e l’integrazione dei dati mancanti, necessari per la futura certificazione, potrà avvenire, per quello che riguarda la sposa, dai dati risultanti dal passaporto, per quello che riguarda lo sposo dai dati risultanti dal suo atto di nascita. Tecnicamente si ritiene che tale integrazione possa avvenire con lo strumento semplificato della correzione (art. 98 OSC), mediante cioè l’apposizione di una semplice annotazione a margine.


Pag. 21 Comuni in vetrina

GLI ANTICHI ROMANI PREFERIVANO OCRICULUM…

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ccoci con la nostra rubrica nella “verde Umbria”, definita così da tanti italiani e stranieri, i più romantici dei quali si spingono fino a…“Cuore verde d’Italia” per la forma della regione umbra, simile all’organo cardiaco umano. In provincia di Terni, sorge la cittadina di Otricoli, popolata da circa duemila abitanti ad un’altitudine di 209 metri slm che conobbe un notevole sviluppo in epoca romana. Otricoli è, infatti, un piccolo paese umbro ai confini con il Lazio. Fin dall’antichità questa posizione rivestì particolare importanza, favorendo scambi commerciali e culturali tra l’Urbe e il territorio. In questo luogo è presente una delle zone archeologiche più importanti dell’Umbria attuale, quella corrispondente all’antico centro di Ocriculum. Sorto in età preromana sull’altura su cui è ubicato anche l’attuale paese, fu poi trasferito, probabilmente alla fine dell’età repubblicana, nella piana sottostante, presso una grande ansa del Tevere su cui si sviluppò il porto della città. I resti della città antica sono inseriti in un paesaggio naturale di notevole bellezza per la varietà delle culture, per l’aspetto del terreno e per la vicinanza del fiume Tevere. Insieme formano un complesso unitario e forse unico dal punto di vista storicoarcheologico-ambientale. Nella seconda metà del VII secolo d.C. la vita di Otricoli riprese nuovamente sul colle preromano, dove è possibile

di Sauro Dal Fiume

vedere materiale proveniente dalla città romana, utilizzato in diversi edifici sia come decorazione sia come materia da costruzione. Lungo la via d’accesso al paese ci sono i portici che hanno ospitato in passato la stazione di posta, osterie e locande. Al centro di Otricoli è collocata la Collegiata, o Chiesa di Santa Maria Assunta, di epoca preromanica, rifatta quasi completamente nell’XI secolo. All’interno della chiesa numerosi resti lapidei di notevole interesse. Mentre all’interno di due Antiquarium, uno posto in zona archeologica e uno nel cuore del centro storico, sono conservati molti reperti di grande interesse storico, provenienti dai ritrovamenti effettuati dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria. Quanto reperito durante gli scavi pontifici avvenuti nella seconda metà del Settecento, arricchì i Musei Vaticani; al momento “pezzi” di Otricoli sono conservati in molte parti del mondo, in importanti musei. Dalla storia al divertimento, ecco che il centro storico più volte l’anno ospita manifestazioni che promuovono i prodotti tipici: vino, olio e piatti tradizionali della bassa Umbria. Nella zona archeologica si svolge una partecipata “rievocazione storica” della vita romana nell’epoca augustea, denominata Ocriculum A.D. CLXVIII, manifestazione con centinaia di figuranti che ricordano il modo di vivere nell’antica Ocriculum, dove i ricchi romani avevano la loro casa di vacanza.

In luglio altra manifestazione in costume, presso il Castello medievale di Poggio: qui l’epoca è diversa e la località si popola di costumi medievali, artigiani, falconieri e molto altro ancora. In settembre, appuntamento musicale da non perdere: Otricoli Music Festival, manifestazione che ha già ospitato noti personaggi della musica italiana. Il Sindaco Domenico Gregori, neoeletto primo cittadino di Otricoli (e già Questore in molte città italiane), afferma: “Sono numerosi anni che il nostro Comune è associato ad ANUSCA e sicuramente l’Associazione è una risorsa importante per il nostro Ente, fonte di continui arricchimenti professionali per i nostri dipendenti che si interessano dei servizi demografici e non solo per loro. Quest’anno il Comune di Otricoli ha aderito con la quota “D” che offre ulteriori servizi e maggiori possibilità di formazione. Abbiamo di recente ospitato un pomeriggio di studio, esperienza che ci auguriamo di poter ripetere”. Altre informazioni su www.comune.otricoli.tr.it La redazione ringrazia il Sindaco Gregori ed il Comune di Otricoli per la cortese disponibilità ed in particolare la sig.ra Lorella Falasco (Responsabile dell’Ufficio dei Servizi Demografici) per la collaborazione al testo e fotografie.

Il Sindaco Domenico Gregori


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