Apinforma n. 13/2020

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notiziario dell’ASSOCIAZIONE piccole e medie industrie

APINFORMA numero 13 15 luglio 2020

IN PRIMO PIANO D.L. 104/2020; PRINCIPALI MISURE IN MATERIA DI LAVORO

ApiNFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE



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notiziario dell’ASSOCIAZIONE PIccole e medie industrie

APINFORMA

numero 13 15 luglio 2020

Sommario NEWS SULL’ASSOCIAZIONE

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

In scomparsa di Bernardino Ceccarelli

8

Accordo per il finanziamento delle Imprese Associate

10

Decreto Semplificazioni

13

Calcolo ammortamenti

17

Vendite on line a privati extracomunitari

20

Debutto dei reati tributari nella 231

21

Bonus pubblicità

22

Decreto “Rilancio”

23

Indice mensile rivalutazione t.f.r. luglio 2020

27

D.l. 104/2020; principali misure in materia di lavoro

28

E.B.M. Salute

32

La giustificazione dell’offerta negli appalti pubblici

33

Modifiche alle norme in FVG su edilizia e urbanistica (4a parte)

36

EDILIZIA


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In scomparsa di Bernardino Ceccarelli il friuli perde un pezzo della propria storia

È oggi mancato il cav. Bernardino Ceccarelli. È stato Imprenditore e uomo vero; figura poliedrica e di vasti interessi, non solo economici e professionali, ma anche politici, sportivi, sociali ed artistici, mai gli uni disgiunti dagli altri e tutti formanti la sua specialissima personalità. Nella guida delle Sue aziende di trasporto, logistica e spedizione si è distinto per le intuizioni e non comuni doti di tenacia e capacità imprenditoriali, che sono risaltate in tutte le fasi che caratterizzano la vita di un’impresa, dalla nascita agli attuali successi di caratura nazionale e che non hanno mancato di brillare anche nei momenti di difficoltà. Grazie a esse è riuscito a fare del Suo Gruppo un modello e un riferimento di rilevanza nazionale, gratificato da numerosi riconoscimenti e dagli attestati di stima, rivoltigli anche dalla più viva concorrenza. Massimo Paniccia lo ricorda come il Presidente dell’Associazione che gli ha consegnato il testimone nel 1991 e come Vicepresidente negli anni successivi e a lungo Presidente delle imprese di trasporto. In questi incarichi si è distinto in tutte le sedi, anche istituzionali e politiche, per un costante, fattivo e disinteressato impegno, sempre orientato agli interessi generali dell’economia friulana e del Paese e al sostegno delle singole imprese di ogni categoria. In questo è stato aiutato dalle non comuni doti di relazioni interpersonali e di umanità, che lo hanno imposto alla stima e all’ammirazione di ogni inter-

locutore, incluso quello istituzionale e politico. Pari qualità espresse nelle numerose Associazioni di categoria nazionali in cui rivestì vari ruoli – come Conftrasporto, Confetra, Federcorrieri e, soprattutto, Unitai –, e che depongono per la Sua innata vocazione associativa e sociale e nelle quali ha trasferito il medesimo impegno e occupato importanti incarichi. Anche per queste ha costituito un punto di riferimento e fonte di consigli e suggerimenti, al quale cariche istituzionali e singoli imprenditori si sono rivolti fino all’ultimo. Con altrettanta dedizione si è distinto nell’amministrazione del comune di Martignacco, dove ha ricoperto importanti cariche assessorili e alla cui comunità non ha fatto mai venire meno il proprio contributo di idee, progettualità, suggerimenti. Ha sempre tenuto, infatti, come pochi a stabilire e mantenere un profondo e saldo rapporto con la comunità locale e trasfondere in essa le proprie esperienze e capacità di uomo di impresa e di relazioni politiche e sociali. Le stesse capacità di amministratore hanno trovato riconoscimento e testimonianza nei tanti pubblici incarichi che è stato chiamato a ricoprire. È stato, così, componente del Consiglio della Camera di commercio di Udine, membro del Consiglio di amministrazione del Consorzio Aeroporto F.V.G., del Confidi Industria spa di Udine, del Consorzio Logistica Friuli srl e, infine, anche Presidente del Catas SpA. Sotto il profilo sociale mai è venuto meno il Suo impegno, nella manifestata consapevolezza che lo sviluppo e la crescita di una comunità non possa prescindere dallo stretto connubio di economia e socialità con il coinvolgimento in entrambe le dimensioni di vita di tutti i suoi componenti, nessuno dei quali doveva essere trascurato o dimenticato, in nome – come ci teneva a dire – della Sua salda ed espressa fede cristiana.

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In analoga ottica rilevantissimi furono la passione e il contributo profusi nello sport e attraverso esso alle giovani generazioni. Al di là degli alti incarichi ricoperti nel mondo sportivo, come la presidenza della Libertas del Friuli Venezia Giulia, e degli importanti successi conseguiti – si pensi solo alla scalata nelle più alte categorie nazionali della squadra di volley femminile da lui fondata e presieduta – nel campo sportivo la Sua azione è sempre stata ispirata all’educazione e alla formazione dei giovani, le quali trovavano nello sport – per

sua espressa convinzione - una delle ultime discipline di vita. Meno nota, ma non meno importante è stata la sua passione per l’arte figurativa, di cui resta un patrimonio di tutto rilievo. Colto e attento collezionista, non ha mai separato questo interesse dall’intento di valorizzare o promuovere artisti locali, a ennesima dimostrazione del proprio impegno per la comunità in cui si sentiva profondamente parte.

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Udine, 28 agosto 2020


Accordo per il finanziamento delle Imprese Associate abbiamo sottoscritto un accordo con confidi friuli, bancater e confindustria udine Abbiamo sottoscritto un accordo con Confidi Friuli, BancaTer e Confindustria Udine per agevolare l’accesso al credito delle Imprese Associate. L’accordo è stato sottoscritto a Udine l’1/9/2020 nella sede di BancaTer Credito Cooperativo Fvg, dal nostro Presidente Massimo Paniccia, dal presi-

dente dell’istituto, Luca Occhialini, dal presidente di Confidi Friuli, Cristian Vida e dalla presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli. L’intesa prevede condizioni di finanziamento specifiche per le imprese associate o associabili, clienti di BancaTer, una proposta sviluppata sinergicamente per offrire un concreto sostegno. Il plafond totale finanziabile è pari a 10 milioni di euro, a esaurimento entro il 31 marzo 2021, gli importi andranno da 100mila a 500mila euro, con garanzia Confidi Friuli a prima richiesta fino all’80% con sconto del 65% sulle commissioni praticate. Di seguito la scheda tecnica dello strumento.

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18 mesi meno 1 gg Alla scadenza. Sarà sempre possibile per l’azienda rientrare anticipatamente delle somme a debito chiedendo l’estinzione della linea di credito FISSO, 1,50% per anno 0,30% sull’importo erogato una tantum a prima richiesta fino all’80% Sconto del 65% della componente “costo del Credito” entro 20 gg. lavorativi alla presentazione (prima istruttoria Confidi)

Estinzione anticipata Udine, 1 settembre 2020

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nessuna penale


Decreto Semplificazioni

interventi con scarse ricadute positive sulle imprese Premessa Il decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020 (Semplificazioni) in vigore dallo scorso 17 luglio contiene alcune disposizioni di semplificazione per le imprese di impatto limitato. Si tratta di interventi marginali incapaci di incidere sulla competitività e sul carico burocratico che grava sulle attività produttive le quali avrebbero necessità di interventi di portata ben più consistente. Alcuni interventi contenuti nel decreto sono già stati analizzati in precedenti interventi, di seguito analizzeremo alcuni articoli d’interesse per le aziende.

Registro Imprese (art. 40) È stata introdotta una procedura di cancellazione automatica delle società di persone e delle ditte individuali, comprese quelle artigiane e delle società di capitali. Viene ora previsto che il provvedimento conclusivo delle procedure d’ufficio, nonché di ogni altra iscrizione o cancellazione conseguente alla mancata registrazione obbligatoria a domanda da parte del Registro delle imprese, sia disposto con determinazione del Conservatore. Società di capitali L’art. 2490 comma 6 del codice civile prevede che se per oltre tre anni consecutivi non viene depositato il bilancio annuale di liquidazione, la società è cancellata d’ufficio dal Registro delle imprese. Questa norma lascia fuori le società per le quali scatterebbe un obbligo di scioglimento, ma l’inerzia degli organi sociali le mantiene formalmente iscritte. Per sanare questa anomalia, il decreto Semplificazioni prevede una nuova ipotesi di cancellazione d’ufficio applicabile alle società che non sono in liquidazione, ma di fatto non più operative.

Viene ora previsto lo scioglimento senza liquidazione in caso di: - omesso deposito dei bilanci d’esercizio per 5 anni consecutivi; - assenza di atti di gestione. Oltre a queste due condizioni deve essere soddisfatta anche una delle seguenti: - permanenza dell’iscrizione con il capitale in lire; - limitatamente alle SRL e alle società consortili a responsabilità limitata, l’omessa presentazione al Registro delle imprese dell’apposita dichiarazione per integrarlo alle risultanze del libro soci. Al verificarsi delle condizioni di cui sopra, il Conservatore iscrive d’ufficio la propria determinazione di accertamento della causa di liquidazione senza scioglimento, comunicando l’avvenuta iscrizione agli amministratori. Questi ultimi entro 60 giorni devono presentare una formale e motivata richiesta di prosecuzione di attività e le domande di iscrizione degli atti non iscritti e depositati. Se vengono presentati i documenti di cui sopra il Conservatore revoca la causa di scioglimento senza liquidazione in caso contrario, vale a dire in assenza di attivazione da parte degli amministratori e decorso il citato termine di 60 giorni, il Conservatore, verificata l’eventuale chiusura della partita Iva o la mancanza di iscrizione di beni in pubblici registri, provvede con propria determinazione alla cancellazione della società dal Registro delle imprese. Contro la cancellazione d’ufficio è possibile ricorrere al Giudice del Registro delle imprese entro 15 giorni dalla comunicazione ricevuta dagli amministratori della cancellazione. La determinazione del Conservatore, le decisioni del Giudice del Registro ed eventualmente le sentenze del Tribunale in caso di ricorso ex art. 2192 del codice civile, sono iscritte al Registro delle imprese al fine della trasmissione all’Agenzia delle entrate, INPS, INAIL ed altri Enti collegati. Start-up innovative e incubatori Similmente a quanto visto per le società di capitali anche la cancellazione dalla Sezione speciale del Registro delle imprese delle Start-up e PMI inno-

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vative può essere disposta d’ufficio dal Conservatore. Per le Start-up innovative viene previsto che in caso di perdita dei requisiti, nei 60 giorni successivi il Conservatore procede alla cancellazione dalla Sezione speciale del Registro delle imprese. Si ricorda che i requisiti di queste società sono la costituzione da non più di 60 mesi, la residenza in Italia o in altro paese comunitario ma con attività produttive in Italia, il divieto di distribuire utili, la presenza di un oggetto sociale esclusivo o prevalente finalizzato allo sviluppo, produzione o commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad elevato valore tecnologico. Stessa procedura di cancellazione viene prevista anche per gli incubatori certificati. Questi ultimi sono enti che dispongono di strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere Start-up innovative, quali spazi riservati per installare attrezzature di prova, test di verifica o ricerca, disponibilità di attrezzature adeguate all’attività come ad esempio sistemi di accesso in banda ultra larga alla rete Internet, sale riunioni, macchinari e test di prova o prototipi nonché la presenza di personale altamente qualificato. La perdita dei requisiti si realizza anche in caso di mancato deposito da parte del rappresentante legale, entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio e comunque entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, della dichiarazione di mantenimento del possesso dei requisiti. PMI innovative Per le PMI innovative viene previsto che la perdita dei requisiti determina, decorso il termine di 60 giorni, la cancellazione dalla Sezione speciale del Registro delle imprese attraverso un provvedimento del conservatore. Anche in questo caso ricordiamo che i requisiti per queste imprese sono la residenza o sede in Italia o altro paese comunitario ma con unità produttiva nel nostro paese, l’assenza di azioni quotate in mercati regolamentari e di soddisfare almeno 2 delle seguenti 3 condizioni: - dedicare alla spesa in ricerca, sviluppo e innovazione almeno il 3% del valore totale della produzione o del costo del lavoro; - avere almeno 1/5 della forza lavoro complessiva con un titolo di dottorato di ricerca o una laurea con almeno 3 anni di attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero. In alternativa almeno 1/3 della forza lavoro complessiva deve avere una laurea magistrale; - avere almeno una privativa industriale (invenzione industriale, biotecnologica, topografia

di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) o una titolarità dei diritti su un programma registrato al Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché la privativa sia direttamente afferente all’oggetto sociale e all’attività d’impresa. Anche per queste imprese la perdita dei requisiti si realizza in caso di mancato deposito da parte del rappresentante legale, entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio e comunque entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, della dichiarazione di mantenimento del possesso dei requisiti. Società di persone Per la cancellazione d’ufficio delle società di persone e ditte individuali comprese quelle artigiane, è previsto che il Registro delle imprese dopo aver fatto specifiche verifiche, come l’assenza di atti di gestione per tre anni consecutivi o la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi per le società, trasmetta al Giudice del Registro la documentazione acquisita affinché decida in merito alla cancellazione dell’impresa. Al fine di rendere più celere questa procedura viene ora previsto che in caso di cancellazione di una società di persone, il Conservatore verifica, tramite accesso alla banca dati dell’Agenzia delle entrate, che nel patrimonio della stessa non siano presenti immobili. Se sono presenti immobili, il Conservatore sospende il procedimento e rimette gli atti al Tribunale ai sensi dell’art. 3, comma 3 del citato DPR 247/2004. Cooperative L’art. 223-septiesdecies del codice civile prevede che le cooperative che non hanno depositato il bilancio per 5 anni, se non sono presenti nel patrimonio immobili, sono sciolte senza nomina del liquidatore con provvedimento dell’Autorità di vigilanza da iscrivere nel Registro delle imprese. Entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale i creditori o altri soggetti interessati possono presentare richiesta all’Autorità governativa per ottenere la nomina del commissario liquidatore, in mancanza, a seguito di comunicazione dell’Autorità di vigilanza, il Conservatore del registro delle imprese provvede alla cancellazione della cooperativa dal Registro stesso. Ai fini di tale scioglimento o cancellazione è ora previsto che Unioncamere invii semestralmente all’Autorità di vigilanza l’elenco delle cooperative, anche in liquidazione ordinaria, che non hanno depositato il bilancio da oltre 5 anni. All’Autorità di vigilanza spetta la verifica dell’assenza di valori patrimoniali immobiliari.

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E TU TI SEI ADATTATO AL CAMBIAMENTO?

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. (Leon C. Megginson)

Cambiano i mercati, le modalità di organizzazione del lavoro, le tecnologie, le competenze necessarie per lavorare e raggiungere i propri obiettivi. Ma la difficoltà non è delineare le strategie e le soluzioni bensì DEFINIRE ESATTAMENTE IL PERCORSO per ottenere il cambiamento desiderato. La nostra mission è FACILITARE I PROCESSI DI CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO E MANAGERIALE delle imprese progettando soluzioni che nascono dall’ascolto attento delle persone e dal rispetto del loro vissuto.

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Aumenti di capitale (art. 44) Al fine di semplificare e velocizzare gli aumenti di capitale delle società, sono state introdotte alcune misure di carattere transitorio collegate all’emergenza sanitaria e altre a regime. Le misure transitorie Aumenti di capitale a maggioranza semplice Fino al 30 aprile 2021 se è rappresentato almeno la metà del capitale sociale, non trova applicazione la maggioranza rafforzata del voto favorevole di almeno 2/3 del capitale sociale rappresentato in assemblea ex art. 2368, comma 2 del C.C. e 2369 commi 3 e 7 del codice civile relativamente alle delibere aventi ad oggetto: - aumenti di capitale sociale con nuovi conferimenti in natura; - introduzione nello statuto della clausola che consente di escludere il diritto di opzione ex art. 2441 comma 4 secondo periodo del codice civile; - attribuzione agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale ex art. 2443 del codice civile. Per le delibere riferite ai punti di cui sopra sarà sufficiente il voto favorevole della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, anche qualora lo statuto preveda maggioranze più qualificate. Aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione Fino al 30 aprile 2021 per le società per azioni i cui titoli sono negoziati in sistemi multilaterali di negoziazione possono deliberare aumenti di capitale sociale con nuovi conferimenti con esclusione del diritto di opzione anche in assenza di una espressa

previsione statutaria nei limiti del 20% (in luogo del 10%) del capitale sociale preesistente e del numero delle azioni possedute, in caso di mancata indicazione del valore nominale. È stato anche ridotto a metà il termine di convocazione dell’assemblea per deliberare su questi argomenti. Misure a regime Integrando i commi 2, 3 e 4 dell’art. 2441 del codice civile sono state introdotte le modifiche di seguito indicate. 1. Viene prevista la riduzione di 1 giorno del termine minimo per l’esercizio del diritto di opzione che così da 15 diventa di 14 giorni. 2. Per le società quotate prevista l’abrogazione dell’obbligo di offrire sul mercato i diritti di opzione non esercitati. 3. Estensione dell’ipotesi di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione anche alle società con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione nei limiti del 10% del capitale sociale preesistente o del numero di azioni preesistente in mancanza di valore nominale, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione da un revisore legale o da una società di revisione. Le ragioni dell’esclusione devono risultare da apposita relazione degli amministratori, depositata presso la sede sociale e pubblicata sul sito della società entro il termine di convocazione dell’assemblea. (PZ)

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Calcolo ammortamenti

il lockdown può giustificare il metodo di calcolo

L’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) ha diffuso per la consultazione pubblica fino al 15 settembre 2020 una comunicazione relativa ai “Metodi di ammortamento”. La ragione di tale pubblicazione è quella di consentire alle imprese di valutare le possibili alternative per il calcolo delle quote di ammortamento alla luce di eventuali blocchi o riduzioni di produzione dovuti al lockdown o che comunque potranno interessare un minor utilizzo degli impianti e macchinari per l’anno in corso e per quello futuro. Le regole per il calcolo degli ammortamenti sono contenute nell’OIC 16, queste obbligano l’imputazione a conto economico delle quote annuali, ma il lockdown può essere una valida motivazione per il cambio di metodo di calcolo. Nei primi mesi dell’anno in corso a causa dell’emergenza sanitaria le autorità governative hanno emanato una serie di misure di contenimento, imponendo la chiusura delle attività produttive e commerciali non considerate di prima necessità. Molte imprese hanno quindi dovuto sospendere l’attività ma anche quelle che non hanno sospeso l’attività, in seguito al marcato restringimento della domanda sia interna che internazionale, hanno registrato un forte calo produttivo che ha sua volta ha determinato una riduzione di consumo dei cespiti. In questo quadro si pone il problema di come contabilizzare gli ammortamenti in considerazione appunto del minor o inutilizzo dei beni ammortizzabili. Come accennato l’OIC 16 non consente una riduzione temporanea degli ammortamenti ma considera solo i casi di interruzione definitiva. In via generale quindi anche durante i periodi di temporaneo inutilizzo di un cespite l’ammortamento deve essere calcolato perché il bene è soggetto a obsolescenza tecnica ed economica.

Ciò non toglie che l’impresa, a fronte della chiusura o del calo produttivo, possa valutare di rivedere il proprio piano di ammortamento sia in relazione alla residua vita utile che alle modalità di calcolo dell’ammortamento. I metodi più diffusi e accettati dai Principi Contabili sono tre. Il metodo a quote costanti, che ipotizza che l’utilità del cespite si ripartisce nella stessa misura per ogni anno di vita utile. Si tratta del metodo più utilizzato sia perché più semplice da attuare sia perché in linea con la normativa fiscale. Il metodo a quote decrescenti, dove si ipotizza che l’impresa tragga la maggior utilità nei primi anni di vita del cespite. Il metodo per unità di prodotto, consiste nell’attribuire a ciascun esercizio la quota di ammortamento di competenza determinata dal rapporto tra le quantità prodotte nell’esercizio e le quantità di produzione totale previste durante l’intera vita utile dell’immobilizzazione. Alla luce di quanto sopra le imprese potrebbero trovarsi nella necessità di riesaminare il proprio metodo di calcolo degli ammortamenti qualora non risponda più alle condizioni originariamente previste. Il cambio di metodo rappresenta una modifica di stima contabile e quindi in base all’OIC 29 deve essere contabilizzato prospetticamente. In caso di passaggio dal metodo a quote costanti a quello per unità di prodotto si dovrà: a - stimare la capacità produttiva residua del cespite alla data di cambiamento del metodo di calcolo, b - determinare le quantità prodotte nell’esercizio alla data del cambiamento del metodo di calcolo, c - calcolare la quota di ammortamento da imputare a conto economico moltiplicando il rapporto tra b) e a) per il valore contabile dell’immobilizzazione al tempo del cambiamento del metodo di calcolo. Ricordiamo che per valore contabile dell’immobilizzazione si intende la differenza tra il costo storico e gli ammortamenti e le svalutazioni già calcolate in passato. Sarà poi necessario riportare in Nota integrativa tutte le informazioni richieste dal comma 2 dell’articolo 2426 del codice civile e dal paragra-

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fo 40 dell’OIC29 in merito al cambiamento non originato dai normali aggiornamenti delle stime. Sarà infine necessario illustrare le ragioni del

cambiamento, gli effetti sul bilancio e la relativa incidenza fiscale. (PZ)

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Vendite on line a privati extracomunitari l’agenzia delle entrate chiarisce il trattamento fiscale da adottare L’Agenzia delle entrate nella risposta n. 238 del 3 agosto 2020 è intervenuta su un argomento particolarmente delicato ma in crescente aumento anche per effetto dell’emergenza sanitaria. Il questo ha riguardato il caso di una società che per la commercializzazione dei propri prodotti all’estero utilizza un “trade partner” che la supporta nell’attività. La merce oggetto di cessione parte dall’Italia e viene trasferita in un magazzino di proprietà di terzi, situato in una zona franca in uno stato extra Ue in attesa di essere ceduta a privati consumatori. Prima della vendita a questi ultimi la merce rimane di proprietà della società italiana. L’uscita della merce dal magazzino italiano verso il magazzino extracomunitario, in assenza di una sottostante operazione di cessione, rappresenta un’esportazione ai soli fini doganali, si tratta quindi di un’operazione “franco valuta” la cui documentazione è formalizzata nell’emissione di una fattura pro forma, in cui la merce viene valorizzata al presumibile valore di cessione. Lo sdoganamento della merce viene effettuato dalla società che gestisce il deposito solo nel momento in cui viene individuato il consumatore privato finale e quindi gli viene consegnata la merce trattandosi appunto di un deposito fiscale. Solo in questo momento si realizza l’effettiva cessione. Per le Entrate l’operazione così congegnata può

essere qualificata come un’attività di commercio elettronico indiretto, assimilabile quindi alle vendite per corrispondenza, operazioni per le quali non vige l’obbligo di emissione di fattura né di scontrino o ricevuta fiscale. Si ricorda che il commercio elettronico indiretto si configura quando la transazione commerciale avviene in via telematica ma il cliente riceve la merce a domicilio secondo i tradizionali canali. Inoltre l’Agenzia assimila questa operazione alla fattispecie del consignment stock, in modo che al momento della cessione al consumatore finale si realizzano i presupposti per inquadrare l’operazione come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/72. In definitiva quindi le vendite di beni che già si trovano in un deposito estero, inviate in virtù di un accordo di commercializzazione tramite un marketplace, ai fini Iva non configura un’operazione fuori campo bensì un’operazione non imponibile, anche se l’acquirente non è noto al momento dell’esportazione. Viene così riconosciuta una nuova fattispecie di cessione all’esportazione con effetto differito. Per la società italiana quindi l’unico adempimento richiesto è quello relativo all’annotazione del corrispettivo della vendita nel registro di cui all’art. 24 del DPR 633/72. In merito alle prove da fornire per configurare l’operazione come esportazione con effetti differiti, il collegamento tra i beni inviati all’estero in “franco valuta” e quelli ceduti secondo gli accordi contrattuali, può essere dimostrato tramite annotazione in apposito registro, dove riportare per ogni annotazione gli estremi del documento di esportazione e i corrispettivi registrati al momento della cessione dei prodotti al consumatore finale.

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(PZ)


Debutto dei reati tributari nella 231 necessario adeguare i modelli organizzativi per evitare le sanzioni

Il decreto legge 124/2019 ha esteso la responsabilità amministrativa degli enti ad alcuni reati tributari che quasi sempre si consumano con la presentazione della relativa dichiarazione. Si tratta della responsabilità legata al D.Lgs. 231/2001 in base al quale per specifici reati espressamente elencati, oltre alla o alle persone che hanno commesso il fatto, risponde anche l’ente o la società che ne ha tratto beneficio, a meno che non abbia adottato dei modelli organizzativi aziendali atti a scongiurare il compimento del reato. Nei primi anni di vigenza del decreto, i reati “fattispecie” che interessavano la 231 erano pochi e difficilmente riscontrabili nelle piccole e medie realtà produttive. Con il passare del tempo però questi reati “fattispecie” sono stati via via incrementati arrivando ormai a comprendere buona parte dei reati previsti dal nostro ordinamento normativo. Dopo quelli legati all’ambiente e alla sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono entrati, come dicevamo, alcuni reati di tipo tributario, tra questi: - la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false o di altri documenti per operazioni inesistenti; - dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici; - dichiarazione infedele; - dichiarazione omessa. Gli ultimi due illeciti sono sanzionati solo se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’Iva per un importo superiore a dieci milioni di euro. Questo allargamento richiede la necessità per le società di adeguare i modelli organizzativi adottati per evitare o limitare la responsabilità.

L’adeguamento potrebbe interessare in prima battuta la prevenzione dei soli reati di dichiarazione fraudolenta in considerazione che scattano a prescindere dalla somma evasa o dall’importo non veritiero. I delitti collegati alla transnazionalità difficilmente riguardano le realtà di medie dimensioni. Per prevenire le responsabilità delle società in presenza di queste tipologie di reato, i modelli organizzativi devono essere aggiornati rispetto a questi illeciti, legandoli alla concreta realtà aziendale e non a situazioni generiche o ancora peggio copiare modelli di altre realtà senza prevedere procedure, controlli e formazione specifici. Il modello organizzativo consente di evitare le sanzioni in capo alla società solo se supera il vaglio di un eventuale giudice penale e prima ancora della Procura della Repubblica. L’attività degli inquirenti, infatti, si focalizza sull’effettiva osservanza delle prescrizioni contenute nel modello oltre all’attività formativa fatta. Si segnala infine che il modello organizzativo deve prevedere la presenza di un organismo di vigilanza (OdV), caratterizzato da autonomia e indipendenza nonché di specifiche competenze tecniche di ogni membro. Per garantire la terzietà si deve preferire l’istituzione di un organismo ad hoc, anche se nulla vieta che le funzioni siano attribuite a funzioni aziendali interne come ad esempio il collegio sindacale. Si tratta quindi di rivedere le procedure interne e apportare le modifiche per prevenire i nuovi reati, attività preventiva di fondamentale importanza per evitare le sanzioni in capo alla società. Questa attività può anche risultare di supporto per il legale rappresentante al quale, soprattutto in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, viene addebitato di non aver adottato l’ordinaria diligenza per individuare il comportamento fraudolento del proprio fornitore. L’aggiornamento del modello organizzativo previsto dal D.lgs. 231/2001 pone quindi al riparlo la società da eventuali sanzioni legati ai nuovi reati di natura tributaria.

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Bonus pubblicità

le novità valide solo per il 2020

A partire dal 1° settembre, 2020 le imprese interessate possono richiedere il credito di imposta per gli investimenti pubblicitari effettuati sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche, secondo le disposizioni previste dal decreto legge “Rilancio” (d.l 34 del 19 maggio 2020), valide solamente per quest’anno. In particolare, queste disposizioni hanno previsto: - che il credito d’imposta venga concesso nella misura unica del 50 per cento dell’intero valore degli investimenti effettuati (e non, quindi, sul solo margine incrementale rispetto all’anno precedente), sempre nel rispetto dei limiti dei regolamenti dell’Unione europea in materia di aiuti “de minimis; - il venir meno del presupposto dell’incremento minimo dell’1% dell’investimento pubblicitario rispetto all’investimento dell’anno precedente, quale requisito per l’accesso all’agevo-

lazione. Non è necessario, pertanto, aver sostenuto nell’anno precedente analoghi investimenti sugli stessi mezzi di informazione; - l’estensione del beneficio anche agli investimenti sulle emittenti televisive nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato. Per l’anno in corso, la comunicazione di accesso al credito d’imposta è presentata dal 1° al 30 settembre 2020, esclusivamente in via telematica, al Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate. La versione aggiornata del modello è disponibile al seguente link: https://www. agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/schede/ agevolazioni/credito-di-imposta-investimentipubblicitari-incrementali/modello-investimentipubblicitari-incrementali Le comunicazioni trasmesse nel periodo compreso tra il 1° e il 31 marzo 2020 restano comunque valide e il relativo credito d’imposta richiesto, determinato a marzo con i criteri di calcolo allora previsti, sarà rideterminato con i nuovi criteri. L’importo del credito d’imposta ricalcolato sarà disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate. È comunque possibile presentare a settembre una nuova comunicazione per sostituire quella presentata nel marzo 2020.

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Decreto “Rilancio”

i chiarimenti delle entrate

Con la Circolare n. 25/E del 20 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’applicazione di specifiche disposizioni contenute nel “Decreto Rilancio” (convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), con cui sono state introdotte misure finalizzate, da un lato, a fronteggiare la crisi di liquidità venutasi a determinare a seguito dell’adozione delle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria da COVID 19 e, dall’altro, a ristorare i soggetti che svolgono un’attività economica e/o professionale, delle spese sostenute e da sostenere, per la realizzazione di interventi imposti dalle prescrizioni sanitarie adottate per contrastare l’emergenza epidemiologica. Si riportano, di seguito, alcuni dei principali argomenti esaminati dall’Amministrazione finanziaria, rinviando alla lettura documento di prassi - ben 72 pagine (prelevabile da qui: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/2624559/ Circolare+n.+25_20_08_2020.pdf/df9309d08384-ec33-3726-f0ca823c3d60), per un maggior approfondimento sulle diverse problematiche affrontate.

Disposizioni in materia di versamento dell’IRAP (articolo 24) Con il documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate offre innanzitutto alcuni chiarimenti in ordine alla disposizione dettata dall’art. 24 del Decreto, che riconosce alle imprese e ai lavoratori autonomi con un volume di ricavi o compensi non superiore a 250 milioni - l’esenzione dal versamento: - del saldo dell’IRAP relativo al periodo d’imposta 2019, restando, invece, fermo il versamento dell’acconto, suddiviso nelle rate legislativamente previste;

- della prima rata, pari al 40%, dell’acconto dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta 2020. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ribadisce quanto già chiarito con la propria Risoluzione n. 28 del 29 maggio 2020, evidenziando come le disposizioni introdotte dal citato articolo 24 hanno applicazione generalizzata, con esclusione dei soli soggetti espressamente individuati (banche e altri intermediari finanziali nonché imprese di assicurazione, Amministrazioni ed enti pubblici). Pertanto, in assenza di una espressa esclusione normativa – operata per altre categorie di soggetti – la disciplina di cui all’articolo 24 si rende applicabile anche in relazione agli enti privati non commerciali, sia nell’ipotesi in cui gli stessi svolgano, oltre all’attività istituzionale non commerciale, anche un’attività commerciale (in modo non prevalente o esclusivo), sia nell’ipotesi in cui detti enti non svolgano alcuna attività commerciale. Nella prima ipotesi, con riferimento all’attività commerciale esercitata – e, di conseguenza, all’IRAP determinata con il metodo «commerciale» ai sensi dell’articolo 10, comma 2, e dell’articolo 5 del D. Lgs. n. 446 del 1997– l’ente non commerciale può usufruire dell’esonero dal versamento del saldo dell’IRAP relativo al periodo d’imposta 2019 e della prima rata dell’acconto dovuto per la medesima imposta in relazione al periodo d’imposta 2020, al verificarsi delle condizioni (relative al limite di ricavi conseguiti) previste dall’articolo 24 per i soggetti esercitanti attività d’impresa. Le previsioni recate dalla disposizione in esame trovano, altresì, applicazione con riferimento all’IRAP determinata dall’ente non commerciale – relativamente all’attività non commerciale svolta in via esclusiva o prevalente – con il metodo «retributivo» ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del ciato D. Lgs. n. 446. In tal caso, relativamente all’attività non commerciale svolta, non troveranno applicazione i parametri relativi ai ricavi e compensi conseguiti, considerato che l’applicazione di detti parametri presuppone lo svolgimento di un’attività di impresa o l’esercizio di arti e professioni. L’Agenzia chiarisce, inoltre, che il beneficio in parola, pur rappresentando un contributo in termini

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di esclusione dal versamento dell’IRAP, può tuttavia essere cumulato con gli aiuti previsti dai Regolamenti UE «de minimis». Per quanto riguarda la determinazione degli acconti IRAP per il periodo d’imposta 2020, con il documento di prassi viene chiarito che, in linea generale, l’acconto relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 è dovuto: - per le persone fisiche e le società o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR, nella misura pari al 100% dell’importo indicato nel rigo IR21, sempreché tale importo sia superiore a 51,65 euro; - per gli altri soggetti (ad esclusione dei soggetti che determinano la base imponibile ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997), nella misura pari al 100% dell’importo indicato nel rigo IR21, sempreché tale importo sia superiore a 20,66 euro.

Contributo a fondo perduto (articolo 25) Al fine di soddisfare ulteriori esigenze di chiarimento, con la circolare in esame l’Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori indicazioni anche in merito al contributo a fondo perduto, introdotto dall’articolo 25 del Decreto. Al riguardo, viene ribadito che i consorzi tra imprese – riconducibili ai soggetti di cui all’articolo 73 del TUIR – per ragioni di ordine logico sistematico, non possono fruire del contributo in parola, in considerazione della peculiare natura di tali soggetti che si limitano ad operare il ribaltamento dei costi/proventi percepiti alle imprese che ne fanno parte. Diversamente, i consorzi che svolgono una propria attività autonoma rispetto alle consorziate, e che assumono rappresentanza esterna, possono comunque fruire del contributo a fondo perduto COVID-19 in relazione alle attività ammesse al contributo stesso. Al riguardo, viene rammentato che i due requisiti di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 25, sia in relazione alle modalità di determinazione della soglia massima ricavi o compensi sia per quanto concerne il calcolo della riduzione del fatturato, andranno determinati in relazione all’ammontare dei ricavi e del fatturato direttamente riferibili esclusivamente all’attività autonoma posta in essere dal consorzio. Per quanto concerne le modalità di restituzione del contributo, viene precisato che le sanzioni non saranno dovute nel caso in cui il contribuente, che abbia già fruito del contributo in esame, solo a seguito della pubblicazione dei chiarimenti

contenuti nella citata circolare n. 22/E del 2020 conosca di avere assunto un comportamento non coerente con i chiarimenti forniti con il menzionato documento di prassi. In tal caso, il soggetto che ha percepito il contributo non spettante dovrà restituire tempestivamente il contributo e i relativi interessi utilizzando i codici tributo indicati nella risoluzione n. 37/E del 26 giugno 2020.

Proroga dei termini di ripresa della riscossione per i soggetti di cui agli articoli 61 e 62 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (articolo 127) L’articolo 127 del Decreto proroga il termine di ripresa della riscossione dei versamenti sospesi ai sensi dell’articolo 61 e 62 del “Cura Italia”, a favore degli operatori nazionali di numerosi settori colpiti dall’emergenza da Covid-19. Ciascun contribuente beneficiario della sospensione potrà, secondo la propria libera scelta, effettuare i versamenti inizialmente sospesi: - per intero entro il 16 settembre 2020; - per intero in massimo quattro rate mensili di pari importo a partire dal 16 settembre 2020; - per il 50% in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o, in alternativa, in massimo di quattro rate mensili di pari importo a partire dal 16 settembre 2020; - per il restante 50% in una o più rate mensili di pari importo (massimo 24) con scadenza dal 18 gennaio 2021. Con riferimento alla rateazione del versamento annuale IVA, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il contribuente che – pur avendo i requisiti per beneficiare della sospensione del versamento del saldo IVA da eseguirsi a marzo 2020 – abbia comunque versato la prima rata, ma non anche quelle in scadenza nei mesi di aprile e/o maggio 2020, potrà, al pari di colui che non abbia legittimamente versato nulla a marzo 2020, versare ciò che residua del debito annuale IVA in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020, ovvero mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata a partire dalla medesima data del 16 settembre 2020. In alternativa, potrà procedere al versamento secondo le indicazioni contenute nell’articolo 97 del D.L. n. 104 del 2020. Il contribuente che, invece, abbia versato la prima rata a marzo 2020, perché escluso dal beneficio della sospensione dei versamenti di marzo 2020, ed abbia invece beneficiato, avendone i requisiti,

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Grazie ai suoi 25 anni di esperienza nel campo della progettazione di macchine e impianti industriali OREB Sistemi Industriali è in grado di offrire ai propri clienti non solo consulenza ma anche soluzioni complete chiavi in mano per la messa in sicurezza di macchinari singoli o linee di produzione. Il tutto nel rispetto delle norme più rigorose. Interventi forniti completi delle certificazioni obbligatorie e realizzati nell’ottica di migliorare gestione ed efficienza nella produzione. OREB Sistemi Industriali opera in tutti i settori, dalla meccanica pesante all’automazione leggera.

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della sospensione disposta per i mesi di aprile e maggio 2020, dovrà versare nei termini ordinari le rate che residuano, potendo rinviare al 16 settembre 2020 il versamento delle sole rate sospese di aprile e maggio 2020. In alternativa, potrà procedere al versamento secondo le indicazioni contenute nel citato articolo 97 del D.L. n. 104 del 2020.

Sospensione dei versamenti delle somme dovute a seguito di atti di accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e di recupero dei crediti d’imposta (articolo 149) L’articolo 149 del Decreto riconosce la sospensione dei versamenti delle somme dovute a seguito di atti di accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e di recupero dei crediti d’imposta. Nello specifico, l’Agenzia ricorda che la norma stabilisce la proroga al 16 settembre 2020 dei pagamenti degli importi dovuti a seguito di accertamenti con adesione, mediazioni, conciliazioni già sottoscritte e atti di recupero dei crediti d’imposta e di avvisi di liquidazione, i cui termini di versamento ricadono in una data compresa tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020. In ragione della citata disposizione e tenuto conto che il versamento della prima o unica rata relativa rispettivamente all’adesione, alla mediazione e alla conciliazione, debba avvenire entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’atto/accordo, ne consegue l’esclusione dall’ambito applicativo dell’articolo 149 dei versamenti relativi alle adesioni, mediazioni e conciliazioni il cui accordo/atto sia stato sottoscritto tra il 18 febbraio e l’11 maggio 2020. Viene chiarito, inoltre, che, nel caso di istanza di accertamento con adesione presentata dal contribuente, a seguito della notifica di un avviso di accertamento, qualora la sottoscrizione dell’atto di

adesione avvenga oltre l’11 maggio, il relativo versamento non rientra nella sospensione in parola. Per il versamento delle somme dovute sulla base degli accertamenti non più definibili, opera comunque la sospensione di 64 giorni prevista dagli articoli 83 del decreto “Cura Italia” e 36 del decreto “Liquidità”.

Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali (articolo 157) In considerazione delle difficoltà connesse all’emergenza COVID-19, l’Agenzia delle Entrate precisa che la norma dettata dall’art. 157 ha la finalità di consentire di distribuire le notifiche degli atti, indicati nella stessa norma, in un più ampio lasso di tempo rispetto agli ordinari termini di decadenza dell’azione accertatrice. In particolare, viene previsto che gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, relativi ad atti o imposte per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo ed il 31 dicembre 2020, devono essere emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, in deroga agli ordinari termini decadenziali. A fronte della distribuzione delle notifiche nel tempo, dal primo gennaio 2021 fino alla data di notifica, sulle maggiori imposte accertate nell’atto e dovute dal contribuente non maturano gli interessi per ritardato pagamento e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo; i suddetti interessi, invece, maturano dalla data in cui le imposte dovevano essere versate fino il 31 dicembre 2020 e riprendono a decorrere, giornalmente, dal giorno successivo alla data di notifica fino alla data di effettivo pagamento delle maggiori imposte.

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Indice mensile rivalutazione t.f.r. luglio 2020 RAPPORTI CESSATI MESE

DAL

AL

RIVAL. FISSA

INDICE

RIVALUTAZIONE

GENNAIO

15.01

14.02

0,125

102,7

0,271341

FEBBRAIO

15.02

14.03

0,250

102,5

0,250000

MARZO

15.03

14.04

0,375

102,6

0,448171

APRILE

15.04

14.05

0,500

102,5

0,500000

MAGGIO

15.05

14.06

0,625

102,3

0,625000

GIUGNO

15.06

14.07

0,750

102,4

0,750000

LUGLIO

15.07

14.08

0,875

102,3

0,875000

AGOSTO

15.08

14.09

1,000

SETTEMBRE

15.09

14.10

1,125

OTTOBRE

15.10

14.11

1,250

NOVEMBRE

15.11

14.12

1,375

DICEMBRE

15.12

14.01

1,500

(C)

Pag. 27 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 13 - 15 luglio 2020


D.l. 104/2020; principali misure in materia di lavoro ammortizzatori, esonero contributivo, nuove assunzioni, divieto di licenziamento, proroga contratti a termine Facciamo seguito alla circolare associativa prot. n. 330/EI/tt del 17 agosto per comunicare che è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 14 agosto 2020, il Decreto Legge n. 104 del 14 agosto 2020 con misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia. Il Decreto è entrato in vigore il 15 agosto 2020. Di seguito una sintesi delle principali misure in materia di lavoro, con riserva di ulteriori informazioni a seguito dei necessari chiarimenti amministrativi.

Nuovi ammortizzatori sociali COVID-19

L’art. 1 del DL 104/2020 concede per sospensioni o riduzioni di orario riconducibili alla pandemia COVID-19, ammortizzatori sociali da fruire attraverso la CIGO, il FIS o la Cassa in deroga, per una durata massima di nove settimane, incrementabili di altre nove. Le settimane complessive sono, quindi, 18 e rappresentano la durata massima: esse debbono essere collocate nel periodo compreso tra il 13 luglio ed il 31 dicembre 2020. Il Decreto prevede che i periodi già richiesti ed autorizzati ex Decreto Legge 18/2020, convertito in legge 27/2020, collocati, parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio sono imputati, ove autorizzati, alla prime nove settimane. Nell’arco temporale indicato, viene pertanto “superato” il periodo massimo previsto dallo stesso Decreto Legge 18/2020 (come noto 9 settimane, oltre alle cinque da fruire entro il 31 agosto e alle quattro successive da fruire entro il 31 ottobre). Le prime 9 settimane previste dal Decreto Legge Pag. 28 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 13 - 15 luglio 2020

104/2020 sono riconosciute senza alcun contributo addizionale a cario della Azienda, mentre le nove settimane ulteriori (richiedibili ove il periodo precedente sia stato completamente autorizzato e se sia decorso il periodo autorizzato), prevedono un contributo addizionale che viene parametrato in base al raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2019 e quello del 2020. In particolare, il contributo addizionale sarà pari al: - 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate durante la sospensione o la riduzione di orario, se, dal raffronto dei periodi indicati, il fatturato si è ridotto meno del 20%; - 18% della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di sospensione o di integrazione salariale, per le aziende che non hanno avuto alcuna riduzione di fatturato; In ogni caso, precisa il Decreto, non è dovuto alcun contributo addizionale se la riduzione del fatturato, nel periodo sopra considerato, è pari o superiore al 20% e per le Aziende che hanno iniziato l’attività dopo il 1° gennaio 2019.

Termini di presentazione delle domande Il Decreto precisa che le domande relative ai nuovi trattamenti previsti, vanno presentate, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario. In sede di prima applicazione, il termine finale è il 30 settembre. Nel caso di pagamento diretto delle prestazioni il datore di lavoro deve inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento ed il saldo (modello “sr41”) entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo integrativo o, se posteriore, entro trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In via transitoria i termini sono spostati al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore del Decreto (quindi 30 giorni dal 15 agosto 2020), se tale ultima data risulta essere posteriore. Con riferimento ai trattamenti collegati all’emergenza COVID i commi 10 e 9 dell’art. 1 del Decreto stabiliscono inoltre che:


- i termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020, sono differiti al 31 agosto 2020. - I termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 31 agosto 2020 sono differiti al 30 settembre 2020.

Informativa alle Organizzazioni sindacali Per le procedure di informativa sindacale il Decreto Legge 104/2020 non prevede disposizioni specifiche e pertanto si rinvia a quanto già previsto dal Decreto Legge 18/2020 e di conseguenza: a) le Aziende che in data successiva al 13 luglio 2020 avevano già esaurito i trattamenti previsti sulla base della precedente normativa potranno procedere ad informare le Organizzazioni sindacali per la fruizione di ulteriori periodi, nel rispetto della durata massima sopra indicata. b) In attesa degli opportuni chiarimenti da parte dell’INPS si consiglia di procedere ad informare le OO.SS circa la necessità di ricorso, dal 13 luglio u.s., di ammortizzatori riconducibili a COVID-19 ai sensi dell’art. 1 del Decreto, anche da parte delle Aziende che, con riferimento a periodi decorrenti dalla stessa data, esaurite le 18 settimane previste dalla precedente normativa, hanno già attivato procedure di informativa per ammortizzatori “ordinari” ai sensi del D.lgs. 148/2015. Le informative di cui alle precedenti lettere a) e b) potranno, pertanto, essere inoltrate retroattivamente, anche per il tramite l’Associazione, con le consuete modalità. Stante la medesima causale riferibile al COVID-19, ad oggi non si ritiene, fatte salve diverse eventuali indicazioni da parte dell’INPS, che sia invece necessario reiterare una informativa/esame congiunto da parte delle Aziende che hanno già provveduto ai sensi del Decreto Legge 18/2020, fermi restando i periodi massimi e le date di fruizione indicate nella informativa/esame congiunto con le OO.SS e comunque nel rispetto di quanto prevede il Decreto Legge 104/2020 circa la durata massima nel periodo 13 luglio - 31 dicembre. Pag. 29 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 13 - 15 luglio 2020

Esonero contributivo per le Aziende che non richiedono l’accesso ai nuovi strumenti di integrazione salariale

Il Decreto Legge 104/2020 prevede (art.3) che, in via eccezionale e al fine di fronteggiare l’emergenza Covid, ai datori di lavoro privati che non richiedono l’accesso ai nuovi strumenti di integrazione salariale e che abbiano già fruito della cassa integrazione nei mesi di maggio e giugno 2020, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL. L’esonero può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del Decreto Legge 18/2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020. Ai datori di lavoro che, ricorrendone i presupposti, accedono all’esonero si applicano i divieti di licenziamento previsti per il periodo di fruizione di tale “beneficio”. Si precisa che, ferme restando le necessarie precisazioni da parte dell’INPS, questa misura di esonero è soggetta all’autorizzazione della Commissione Europea, ex art. 108, paragrafo 3, del Trattato.

Esonero contributivo nuove assunzioni a tempo indeterminato

Il Decreto (art. 6) prevede che, fino al 31 dicembre 2020, ai datori di lavoro che assumono lavoratori subordinati a tempo indeterminato è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dall’assunzione, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. L’esonero è previsto anche nei casi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, successivamente all’entrata in vigore del decreto. La misura non si applica ai contratti di apprendi-


stato, né con riferimento ai lavoratori che hanno avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione presso la medesima impresa. La misura è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previste dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta. Per la fruizione sono necessarie le precisazioni e la definizione delle modalità operative che saranno definite dall’INPS.

Divieto di licenziamento

L’art. 14 del Decreto proroga inoltre il blocco dei licenziamenti per i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica, ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Pertanto: - per le aziende che utilizzeranno ammortizzatori COVID-19 in forza del Decreto 104/2020, il divieto sarà tale fino alla integrale fruizione delle previste 18 settimane (9+9). - Per le aziende che invece non richiedono ulteriori ammortizzatori sociali e quindi, come visto, beneficiano ex art. 3 del Decreto dell’esonero contributivo, il divieto è previsto per l’intera durata del predetto esonero, (quindi, come detto, pari al massimo a quattro mesi, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020) Il divieto non si applica: - al personale già impiegato nell’appalto e riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore; - ai licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, sempre che nel corso della liquidazione della società non

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si configuri un trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c.; - alle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono all’accordo medesimo; - ai licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.

Proroga o rinnovo di contratti a tempo determinato

Il Decreto (art.8) interviene sull’art. 93 del Decreto Legge 34/2020, convertito in Legge 77/2020 (c.d Decreto Rilancio) specificando in particolare che: - in deroga all’articolo 21 del D. Lgs. n. 81/2015, fino al 31 dicembre 2020, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi, viene prevista la possibilità di rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle causali. - viene abrogata la disposizione del comma 1 bis, che prevedeva che il termine dei contratti di lavoro di apprendistato (diversi dall’apprendistato professionalizzante per i quali rimane la specifica proroga ex art. 2 comma 4 D.lgs 148/2015) e dei contratti a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, doveva essere prorogato per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa. L’Ufficio Relazioni Industriali resta a disposizione per ogni chiarimento. (EI)


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garanzie per positività al covid-19. proroga scadenze e migliorie

Riceviamo comunicazione da E.B.M. Salute dell’estensione fino al 31 dicembre 2020 della scadenza delle Indennità da Ricovero per Contagio da Covid-19 previste per i lavoratori iscritti. Inoltre, con decorrenza dal 1° agosto 2020, è possibile accedere anche alle seguenti prestazioni per accertamen-

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ti diagnostici per Covid-19, originariamente escluse dal Piano Sanitario per “clausola pandemia”: - Prestazioni di alta specializzazione (attinenti alla patologia); - Visite specialistiche post Covid-19 (attinenti alla patologia; ad esempio: visita pneumologica). È stata poi prevista la possibilità di eseguire il test sierologico, prestazione che viene inclusa nell’attuale piano sanitario come Accertamenti Diagnostici. Tutti i dettagli sono riepilogati nell’aggiornamento della Guida Indennità da Ricovero Covid-19 disponibile sul sito di E.B.M. Salute al link https:// www.ebmsalute.it/pdf/Guida-Richiesta-Indennita-da-Ricovero-Covid.19.pdf (EI)


La giustificazione dell’offerta negli appalti pubblici la verifica della congruità del costo della manodopera è estesa a tutti i fattori che concorrono al calcolo del costo complessivo offerto In tema di congruità dell’offerta la normativa attualmente in vigore è relativa all’articolo 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 (così come modificato dall’art. 60, comma 1, lett. e) del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, cd. “decreto correttivo”), laddove la norma statuisce che «le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lett. d)» del Codice contratti. La norma in parola si riferisce al costo del personale indicato nelle tabelle ministeriali di cui all’articolo 23, comma 16, del decreto; è peraltro contenuta nell’articolo dedicato alla valutazione dell’anomalia delle offerte, a mente del quale l’offerta deve essere esclusa, alternativamente, se non viene giustificato il basso livello di prezzi proposti oppure se la stazione appaltante abbia accertato che l’offerta stessa non sia conforme agli elementi indicati alle successive lettere a), b), c) e d).

Le tabelle ministeriali Il disposto normativo cui rinvia l’articolo 95, comma 10, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016 è inequivoco nel prevedere che i minimi salariali retributivi previsti nelle “tabelle ministeriali” si configurano quale elemento inderogabile delle offerte di gara. Conseguentemente, in sede di verifica dell’anomalia, non possono accettarsi giustificazioni che contemplino una riduzione del trattamento salariale inferiore al parametro fissato dalla tabella ministeriale. La norma, per mezzo del richiamo operato dalla norma dell’articolo 95, comma 10, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016 trova operatività anche laddove la stazione appaltante eserciti il diverso potere finalizzato alla verifica, priPag. 33 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 13 - 15 luglio 2020

ma dell’aggiudicazione, che l’offerente migliore rispetti l’inderogabile obbligo per cui il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati dalle “tabelle ministeriali”. Pertanto, le stazioni appaltanti, ai sensi dell’articolo 95, comma 10, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione hanno l’obbligo di verificare che i costi della manodopera esposti nell’offerta vincitrice non siano inferiori ai minimi salariali retributivi indicati nelle “tabelle ministeriali. Tale verifica si sottrae, se del caso, a quello specifico contraddittorio di regola previsto nel caso di procedimento di verifica delle offerte anormalmente basse. La norma di rinvio contenuta nell’articolo 97 del d.lgs. n. 50/2016, infatti, lo limita al disposto del comma 5, lett. d); cosicché esso non può essere interpretato nel senso della sussistenza di un obbligo, dovendo viceversa ritenersi che, prima dell’aggiudicazione, le stazioni appaltanti verifichino il rispetto, da parte dell’offerta vincitrice, dei minimi salariali indicati nelle tabelle ministeriali. Qualora la verifica dia esito negativo, l’articolo 96, comma 10 non contempla alcun contraddittorio, con conseguente obbligo irretrattabile di esclusione dell’offerta ai sensi dell’articolo 97, comma 5 (cui rinvia l’art. 96, comma10) a norma del quale l’accertamento che l’anomalia dell’offerta deriva da un costo del personale inferiore ai minimi tabellari ne determina senz’altro l’esclusione.

Le indicazioni dell’Autorità La giurisprudenza in questa materia ha avuto modo di interpretare in vari modi anche discordanti questa importante materia, l’ANAC con delibera n. 40 del 15 gennaio 2020 l’ANAC ha affrontato spiegando gli articoli: 95, comma 10, e 97, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 50/2016 in materia di verifica del costo della manodopera , riduzione dei tempi di esecuzione delle lavorazioni , rispetto dei minimi retributivi di cui alle tabelle ministeriali , inidoneità a giustificare il costo complessivo della manodopera. La Delibera spiega che la verifica della congruità del costo della manodopera è estesa a tutti i fattori che concorrono al calcolo del costo complessivo


offerto, che devono risultare giustificati e sostenibili, e può limitarsi alla verifica del rispetto delle tabelle ministeriali solo se le altre variabili risultano immutate rispetto alle stime effettuate in sede di predisposizione della documentazione a base di gara. Nel caso in cui il monte ore di alcune lavorazioni risulti ridotto in modo significativo rispetto alle stime dell’amministrazione, l’aggiudicatario ha l’onere di indicare alla stazione appaltante gli strumenti concreti (particolari metodologie di esecuzione o altri accorgimenti) di cui intende avvalersi e che possono giustificare una simile contrazione dei tempi di lavorazione. La Delibera prende spunto da una istanza acquisita in cui un operatore economico ha contestato l’esito della verifica del costo della manodopera (e la conseguente aggiudicazione), effettuata dalla stazione appaltante nei confronti dell’operatore economico primo classificato. In particolare, l’istante ha evidenziato come la stazione appaltante si sia limitata a prendere atto della dichiarazione dell’operatore economico del rispetto dei livelli retributivi previsti dalle tabelle ministeriali senza approfondire la sostenibilità dell’offerta a fronte della significativa riduzione dei tempi di esecuzione di alcune lavorazioni rispetto a quelli stimati nella documentazione a base di gara. Ad avviso dell’istante, la verifica del costo della manodopera dovrebbe essere condotta valutando i due fattori che concorrono alla determinazione del costo complessivo della manodopera (i livelli salariali applicati e i tempi di esecuzione delle singole lavorazioni) in concreto, ovvero, in caso di riduzione dei tempi, attraverso l’analisi degli strumenti (attrezzature, tecniche peculiari o altri specifici accorgimenti) di cui l’operatore economico intende avvalersi, e che ha l’onere di indicare, per abbreviare i tempi di realizzazione. L’aggiudicatario ha affidato la propria replica alla memoria nella quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’istanza per assenza di una questione controversa insorta tra le parti - la lagnanza sarebbe pervenuta solo dall’operatore economico mentre la stazione appaltante, nonostante l’invito ad annullare in autotutela l’aggiudicazione, sarebbe rimasta silente senza opporre la propria posizione - e la sua improcedibilità, stante la sopravvenuta insindacabilità dell’aggiudicazione. Nel merito, l’aggiudicatario ha evidenziato come la verifica della congruità del costo della manodopera ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 10 e 97, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016 si distingua ontologicamente dalla verifica di congruità dell’offerta, dovendo essere conPag. 34 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 13 - 15 luglio 2020

dotta comunque, prima dell’aggiudicazione, nei confronti di tutte le offerte prime graduate, con riferimento esclusivamente alla congruità del costo della manodopera (e non dell’offerta nel suo complesso). Inoltre, ad avviso dell’aggiudicatario, la circostanza che, nel caso in esame, il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, esclude che il tempo di esecuzione abbia formato oggetto di specifica offerta da parte dei concorrenti e che, dunque, possa essere oggetto di sindacato da parte della stazione appaltante, venendo in rilievo solo la componente economica del ribasso. Secondo L’ANAC L’istanza è stata ritenuta ammissibile e procedibile, per le ragioni di seguito rappresentate. L’esistenza di una questione controversa tra la stazione appaltante e la seconda classificata è plasticamente rappresentata dalla dichiarazione di adesione all’istanza di parere di precontenzioso della stazione appaltante, la quale, in tal modo, ha certificato di essere titolare di una posizione contrastante con quella dell’operatore economico istante e ha scelto di rimettersi all’Anac per la composizione del conflitto. Inoltre, l’istanza è stata presentata prima che l’aggiudicazione divenisse inoppugnabile e dunque non incorre nella causa di inammissibilità di cui all’art. 7, comma 1, lett. c) del Regolamento di precontenzioso del 9 gennaio 2019, ai sensi del quale «Non sono ammissibili le istanze dirette a far valere l’illegittimità di un atto della procedura di gara autonomamente impugnabile rispetto al quale siano decorsi i termini di impugnazione in sede giurisdizionale». Nel merito, si rileva che l’operatore economico aggiudicatario ha formulato un’offerta di 441.615,21 euro, di cui 180.000,00 euro per la manodopera (rispetto alla base d’asta pari a 655.050,23 euro, di cui 255.980,59 euro per la manodopera), corrispondente a un ribasso percentuale del 32,583 % e si è classificato al primo posto della graduatoria al netto delle offerte anormalmente basse (soglia di anomalia pari a 38,3415%. La stazione appaltante ha avviato la verifica di cui all’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016. Ha inizialmente rappresentato all’impresa di avere proceduto alla verifica delle schede di analisi dei prezzi offerti limitatamente al costo della manodopera, nonostante la documentazione prodotta non recasse alcuna analisi in questo senso, «riscontrando che i tempi di esecuzione di varie lavorazioni risultano esigui per la tipologia delle stesse» e ha invitato l’aggiudicatario a trasmettere «puntuale giustificazione dei costi della manodopera dichiarati in sede di offerta».


Nel successivo verbale di valutazione delle giustificazioni dell’offerta, constatata l’applicazione delle tabelle ministeriali, la Commissione ha certificato l’ottemperanza a quanto richiesto ai sensi dell’art. 95, comma 10, «fermo restando la perplessità circa i tempi di esecuzione di alcune lavorazioni». La previsione dell’art. 95, comma 10, in combinato disposto con l’art. 97, comma 5, lett. d), è volta a garantire che negli appalti pubblici il lavoro sia adeguatamente remunerato. Al fine di consentire la verifica da parte dell’amministrazione, l’operatore economico è tenuto ad indicare il costo complessivo della manodopera (cfr. Relazione illustrativa Bando-tipo n. 1), calcolato tenendo conto delle tariffe professionali (avuto come parametro di riferimento le tabelle ministeriali) e del monte ore stimato per l’esecuzione dell’appalto, a sua volta dipendente dalla quantità di risorse, dal livello di inquadramento e dal tempo di utilizzo delle stesse. Nel caso in esame, correttamente, l’aggiudicatario, nel documento “Analisi prezzi”, ha stimato, per ogni lavorazione, il numero di risorse da impiegare, indicando, per ciascuna, il livello di inquadramento e la “quantità”, ovvero il tempo di lavorazione, espresso in ore o frazioni di ore, ottenendo il costo complessivo del lavoro, per unità di misura, di ogni tipologia di lavorazione. Ne consegue che la verifica della congruità del costo della manodopera è estesa a tutti i fattori che concorrono al calcolo del costo complessivo, che devono risultare giustificati e sostenibili, e può limitarsi alla verifica del rispetto delle tabelle ministeriali solo se le altre variabili risultano immutate rispetto alle stime effettuate in sede di predisposizione della documentazione a base di gara. Nel caso di specie, il monte ore di alcune lavorazioni risulta ridotto rispetto alle stime dell’ammi-

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nistrazione, in modo apparentemente significativo, e l’aggiudicatario non ha indicato alla stazione appaltante gli strumenti concreti (particolari metodologie di esecuzione o altri accorgimenti) di cui intende avvalersi e che possono giustificare una simile contrazione delle tempistiche, tanto da indurre la stazione appaltante ad esprimere perplessità sulla questione anche nel verbale in cui viene sancito il rispetto delle tabelle ministeriali. Pertanto, l’aggiudicatario, pur avendo giustificato il rispetto dei minimi salariali, non può ritenersi avere giustificato il costo della manodopera dichiarato in sede di offerta (Cfr., in termini, TAR Lombardia, 13 marzo 2019, n. 544). Va da sé che la sensibile riduzione dei tempi di esecuzione di alcune lavorazioni, se non opportunamente supportata da concrete soluzioni/metodologie esecutive, determina il plausibile rischio che le risorse ricevano, nei fatti, una retribuzione inferiore a quella delle tabelle ministeriali, perché rapportata ad un numero di ore effettivamente lavorate superiore a quelle stimate e offerte. Per l’Autorità a chiusura, occorre considerare che la mancata giustificazione dei tempi ridotti di esecuzione si ripercuote sulla sostenibilità dell’offerta nel suo complesso, che l’amministrazione può in ogni caso valutare, indipendentemente dal calcolo della soglia di anomalia, a fronte di elementi specifici che ne mettano in dubbio la congruità (art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016). Il Consiglio dell’ANAC ha ritenuto, che la significativa riduzione dei tempi di esecuzione di alcune lavorazioni è inidonea a giustificare il costo della manodopera stimato nell’offerta e non è sufficiente la sola dichiarazione del rispetto dei livelli retributivi minimi di cui alle tabelle ministeriali. (CS)


Modifiche alle norme in FVG su edilizia e urbanistica (4a parte) sono consentiti interventi di edilizia produttiva da attuarsi in deroga rispetto alle previsioni del prgc La Legge Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 13 del 29 giugno 2020 pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 23 del 1° luglio 2020 al Bollettino Ufficiale n. 27 del 1° luglio 2020, è una normativa multisettoriale, che interviene anche nelle materie dell’edilizia e dell’urbanistica, nonché da le prime indicazioni su provvedimenti emergenziali da COVID-19. Con circolare della Direzione Centrale Infrastrutture e Territorio n. 36047 del 20/06/2020 la Regione, in considerazione delle numerose richieste pervenute a seguito della fase di prima operatività delle novelle legislative introdotte nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia con le leggi regionali 6/2019 e 9/2019, la Direzione ha ritenuto opportuno riscontrare in via generale i dubbi applicativi emersi condividendo alcuni indirizzi interpretativi. Con la circolare la Regione intende inizialmente fare il punto sulle novità apportate dalla legge regionale 29 aprile 2019, n. 6 (Misure urgenti per il recupero della competitività regionale), nonché su quanto ulteriormente disciplinato dalla Legge regionale 8 luglio 2019, n. 9 (Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale). In questa quarta e ultima parte affrontiamo i temi relativi all’edilizia produttiva piano alberghi.

Edilizia produttiva – interventi con bonus volumetrici Per quanto riguarda le attività produttive, come elencate dalla LR 3/2011 nell’ambito della quale le misure sono state da ultimo inserite il legislatore regionale ha inserito nell’ambito della disciplina sullo Sportello Unico per le Attività Produttive “SUAP” due articoli di immediato impatto per il settore urbanistico-edilizio in quanto dedicati rispettivamente a: Pag. 36 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 13 - 15 luglio 2020

a) interventi di edilizia produttiva che non configurano variante allo strumento urbanistico generale b) interventi di edilizia produttiva realizzabili in deroga allo strumento urbanistico generale.

Interventi di edilizia produttiva che non configurano variante allo strumento urbanistico generale Sono realizzabili in deroga alle previsioni del PRGC, non necessitando di variante allo strumento urbanistico generale, e sono soggetti al procedimento ordinario mediante conferenza di servizi: a) gli interventi di ampliamento concernenti attività produttive in zone omogenee D (ad esclusione delle zone D4) di PRGC, funzionali e strettamente necessari (senza un limite oggettivamente definito, ma valutabile caso per caso) all’adeguamento degli immobili o degli impianti ad obblighi o prescrizioni tecniche derivanti da normative comunitarie, statali o regionali ovvero, in alternativa, fino alla copertura massima del 70% della superficie del lotto, qualora risultino comunque necessari all’adeguamento o modifica della struttura o degli impianti. In sintesi, facendo ricorso all’indizione del modulo procedurale della Conferenza di Servizi risultano sempre ammessi ampliamenti in deroga, rispetto a tutti i parametri e indici urbanistico-edilizi, di edifici produttivi esistenti in zona propria, senza che ciò comporti la necessaria e contestuale variante urbanistica allo strumento vigente, entro la misura massima del 70% del rapporto di copertura del lotto. Fanno eccezione gli ampliamenti motivati dall’esigenza di adeguamento di immobili ed impianti a normative comunitarie, statali o regionali, per i quali il limite del 70% parametrato rispetto al rapporto di copertura non trova applicazione (né quale limite massimo né quale limite minimo) in quanto la misura effettiva dell’ampliamento assentibile in deroga andrà valutata caso per caso e, conseguentemente, gli spazi di nuova realizzazione per


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effetto dell’applicazione delle misure derogatorie dovranno corrispondere a quelli minimi e strettamente necessaria a garantire l’adeguamento alla disciplina vigente. b) Tutte le modifiche planovolumetriche di progetti già approvati per il tramite dello SUAP, qualora necessarie per il mantenimento della produzione o dei livelli occupazionali sul territorio: in tali ipotesi, non possono essere variate le quantità volumetriche o superficiali (in termine di superficie coperta, quale parametro proprio per le zone in commento) già approvate. c) Qualora il parametro edificatorio per la zona sia espresso anche in termini di superficie utile e non unicamente in termini di superfice coperta (visto che, in caso opposto, la deroga non troverebbe di fatto applicazione, non estendendo la portata delle possibilità edificatorie di piano) è data facoltà di intervenire in ampliamento attraverso la realizzazione di solai interpiano, senza modifiche della sagoma esistente, di edifici o unità immobiliari esistenti a destinazione esclusivamente industriale o artigianale. La previsione ricalca nella sostanza quanto già contenuto nell’articolo 59, comma 1, lettera b), della LR 19/2009, (attualmente non più vigente) ma limitando l’applicazione alle sole zone per attività produttive (escluse quelle destinate ad attività estrattive) e non, come nella previgente formulazione, anche alle zone commerciali.

Interventi di edilizia produttiva realizzabili in deroga allo strumento urbanistico generale Sono consentiti interventi di edilizia produttiva da attuarsi in deroga rispetto alle previsioni del PRGC, con il superamento della pianificazione comunale e delle scelte assunte dall’ente locale nell’esercizio di tale funzione. Perché l’intervento possa essere realizzato, quindi, il Consiglio comunale deve acconsentirvi: in caso contrario, non si dà corso alla procedura in deroga e l’opera non può essere autorizzata. Qualora l’organo consiliare dia il proprio consenso alla realizzazione dell’intervento in deroga alle previsioni del PRGC, l’opera può essere attuata, dal punto di vista urbanistico, senza si dia avvio ad una procedura di variante allo strumento urbanistico locale. Si tratta di una disposizione di semplificazione che mantiene il potere decisionale, in ambito pia-

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nificatorio, in capo all’Ente locale territorialmente competente. Sono subordinati al procedimento acceleratorio, finalizzato alla concentrazione dei processi, gli interventi che comportano ampliamenti di attività produttive, anche in difformità dallo strumento urbanistico comunale per quanto attiene a indici, parametri, destinazioni e zonizzazione urbanistica, purché tale ampliamento sia contenuto entro il limite massimo dell’80 per cento del volume o della superficie esistente e, comunque, non ecceda i 5.000 metri quadrati di superficie coperta: per essere assentibile, l’intervento di ampliamento deve essere funzionale a garantire il mantenimento o l’incremento della produzione o dei livelli occupazionali sul territorio. È concessa, inoltre, la possibilità di attuare l’ampliamento intervenendo anche mediante il mutamento della destinazione d’uso di fabbricati esistenti, purché gli stessi siano già situati all’interno del medesimo comparto sul quale insiste l’attività da ampliare o, comunque, costituiscano con tale attività, in esito all’intervento, un unico aggregato produttivo. L’aggregazione produttiva è una condizione che può, quindi, anche non essere presente al momento della presentazione dell’istanza ad operare in deroga ma deve sussistere al momento della conclusione dell’intervento attuato. È infine stabilito che il limite massimo di ampliamento - stabilito nel comma 1 nella misura dell’80% del volume o della superficie esistente e, comunque, fino ad un massimo di 5.000 metri quadrati di superficie coperta possa essere raggiunto anche in sede di più interventi distinti, sommandosi gli ampliamenti in deroga fino alla concorrenza del limite individuato dal legislatore.

Esclusione delle strutture di vendita Sempre in materia di attività produttive va ricordato che la legge regionale 6/2019 ha previsto l’esclusione delle strutture di vendita in materia di commercio. La precisazione si rende necessaria per garantire completezza di informazione sull’istituto, atteso che tale limitazione non trova collocazione nella legge 3/2001 (che disciplina le procedure derogatorie) ma rimane inserita all’interno della legge 6/2019, che ha introdotto il complesso delle modifiche normative sul punto ma ne ha disposto una trasposizione solo parziale nella legge organica 3/2001. (fine) (CS)


Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento pubblicati i costi indicativi di riferimento del gasolio validi per il maggio 2020

Si fa seguito a quanto riportato su Apinforma n. 7/2020, p. 59, per segnalare che il 10 giugno 2020 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito web (www.mit.gov. it) l’aggiornamento mensile della voce “costo per litro del gasolio” per le imprese di autotrasporto di cose in conto terzi valido per il mese di maggio 2020. In particolare, tenuto conto del prezzo medio al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico nel maggio 2020 (pari a 1.255,59 in diminuzione rispetto al mese di aprile 2020, quando ammontava a 1.302,41 euro per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento di questa voce risulta essere di:

- 1,029 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 0,814 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto dell’IVA e del rimborso delle accise). Si rammenta sempre che, a partire dal luglio 2015, con la ripresa delle pubblicazioni dei predetti valori indicativi, la nuova nota metodologica del Ministero ha chiarito che l’unica componente che verrà aggiornata mensilmente è quella del gasolio; per tutte le altre, la stessa nota ha informato che a seguito dei rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero non provvederà più a quantificarle, limitandosi a riportare i criteri o le fonti da cui poter ricavare i relativi dati (ad es., il CCNL per il costo del lavoro). Inoltre, anche in questa sede, si ricorda che a partire dal 1° gennaio 2016 i veicoli di massa complessiva superiore a 7,5 t che avranno titolo al rimborso di quota parte delle accise sono solo quelli di categoria ecologica “Euro 3” e superiori. Il testo della nota ministeriale e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione.

Pag. 39 - ApiNFORMA / Organizzazione - numero 13 - 15 luglio 2020

(AdT)


Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento pubblicati i costi indicativi di riferimento del gasolio validi per il GIUGNO 2020

Si fa seguito a quanto riportato sul presente Apinforma alla p. 39, per segnalare che l’8 luglio 2020 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito web (www.mit.gov.it) l’aggiornamento mensile della voce “costo per litro del gasolio” per le imprese di autotrasporto di cose in conto terzi valido per il mese di giugno 2020. In particolare, tenuto conto del prezzo medio al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico nel giugno 2020 (pari a 1,272,46 euro in aumento rispetto al mese di maggio 2020, quando ammontava 1.255,59 euro per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento di questa voce risulta essere di:

- 1,043 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 0,828 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto dell’IVA e del rimborso delle accise). Si rammenta sempre che, a partire dal luglio 2015, con la ripresa delle pubblicazioni dei predetti valori indicativi, la nuova nota metodologica del Ministero ha chiarito che l’unica componente che verrà aggiornata mensilmente è quella del gasolio; per tutte le altre, la stessa nota ha informato che a seguito dei rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero non provvederà più a quantificarle, limitandosi a riportare i criteri o le fonti da cui poter ricavare i relativi dati (ad es., il CCNL per il costo del lavoro). Inoltre, anche in questa sede, si ricorda che a partire dal 1° gennaio 2016 i veicoli di massa complessiva superiore a 7,5 t che avranno titolo al rimborso di quota parte delle accise sono solo quelli di categoria ecologica “Euro 3” e superiori. Il testo della nota ministeriale e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio trasporti dell’Associazione.

Pag. 40 - ApiNFORMA / Organizzazione - numero 13 - 15 luglio 2020

(AdT)


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