Apinforma n. 16 del 15 settembre 2015

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NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA numero 16 15 settembre 2015

IN PRIMO PIANO EDILIZIA

NUOVE DIRETTIVE LL.PP. IN FRIULI VENEZIA GIULIA

APINFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE


NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE INDUSTRIE

APINFORMA

numero 16 15 settembre 2015

Sommario

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

La UE autorizza lo split payment

6

Credito d’imposta cumulabile con la Sabatini-bis

8

Credito d’imposta ricerca e sviluppo

9

Cessione impresa familiare

14

Cessione intracomunitaria

15

Il Trust in Italia

17

Regime Moss

19

La residenza fiscale delle persone giuridiche (1a parte)

23

Premi Inail

25

Lavoro accessorio dopo il Jobs Act

29

Prevenzione incendi SICUREZZA E AMBIENTE

32 Rifiuti 33 Piccole produzioni di alimenti 35

EDILIZIA

SOA: la S.I.C.E.A. rinnova l’attestazione

36

Nuove direttive LL.PP. in Friuli Venezia Giulia (1a parte)

38

Urbanistica e edilizia: circolare della Regione (4a parte)

41


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EXPORT MARKETING

Business News

45

Commercio USA

47

Commercio elettronico b2c

48

India

52

La tutela della proprietà intellettuale

54

Trasporti eccezionali. Chiarimenti ministeriali

56

Corso di formazione per consulente ADR

58

Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento

60

Infrazioni al codice della strada

62

Legislazione alimentare

63

Canone di locazione immobili urbani

65

Scadenze aziendali ottobre 2015

66

ORGANIZZAZIONE

Dateci il vostro indirizzo di posta elettronica per comunicare più facilmente, per fornirvi informazioni in tempo reale e per realizzare economie di scala. info@confapifvg.it

Editore Redazione Associazione Piccole e Medie Industrie del Friuli Venezia Giulia - Confapi FVG Viale Ungheria, 28 33100 Udine Tel. 0432 507377 www.confapifvg.it

Direttore Responsabile Lucia Cristina Piu Registrazione presso il Tribunale di Udine n. 404 del 27.08.1977

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana



La UE autorizza lo split payment IL NUOVO MECCANISMO DI RISCOSSIONE VALIDO FINO AL 2017

e cura con prevalente carattere scientifico, di assistenza e beneficenza e di previdenza. Il procedimento non è invece utilizzabile alle operazioni per le quali si rende applicabile il meccanismo del reverse charge e ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenuta Irpef.

ASPETTI OPERATIVI PREMESSA Il Consiglio Europeo ha autorizzato l’applicazione dello “Split payment” nel nostro paese nei confronti delle forniture verso la pubblica amministrazione. La decisione, datata 14 luglio 2015 ma pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale UE n. 217 del 18 agosto 2015, nel riconoscere il via libera alla particolare modalità di riscossione dell’imposta, ha fissato anche un limite alla sua validità. L’applicazione dello “Split payment” era subordinato all’autorizzazione da parte della Comunità Europea ma il legislatore ha deciso di anticipare l’entrata in vigore al 1° gennaio 2015. Ora, con l’autorizzazione della Comunità Europea, il regime è diventato definitivo a tutti gli effetti, anzi l’autorizzazione in parola esplica i suoi effetti con effetto retroattivo.

IL MECCANISMO La legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (Finanziaria 2015) ha previsto un nuovo meccanismo di versamento dell’Iva riservato ai soggetti che emettono fatture nei confronti degli enti pubblici. Il comma 629 dell’art. 1 della legge citata prevede che gli enti pubblici, per le fatture ricevute, dovranno provvedere al versamento dell’imposta direttamente all’erario in luogo del fornitore cedente o prestatore. Con lo “Split payment” si opera una scissione del pagamento della fattura in quanto al creditore viene pagato il solo importo della fornitura o prestazione mentre l’Iva viene versata direttamente allo Stato. Interessati all’applicazione dello “Split payment” sono le fatture emesse nei confronti dei seguenti soggetti: Stato; Organi dello Stato anche se aventi personalità giuridica; Enti pubblici territoriali e rispettivi consorzi; CCIAA; Istituti universitari; ASL ed enti ospedalieri; enti pubblici di ricovero

Dal punto di vista operativo il nuovo meccanismo dello “split payment” prevede: - che il fornitore emetta la fattura nei confronti dell’ente pubblico addebitando l’Iva a titolo di rivalsa ai sensi dell’art. 18 del DPR 633/72 specificando che si tratta di imposta da versare direttamente all’erario da parte del destinatario della stessa; - il cliente effettua due distinti pagamenti: il primo al fornitore versando sostanzialmente solo l’imponibile e il secondo direttamente all’erario per l’Iva. - in sede di liquidazione dell’Iva del periodo non si dovrà considerare l’Iva fatturata all’ente pubblico perché il relativo versamento viene effettuato direttamente all’erario. Sulla fatture interessate si deve riportare la seguente dicitura: “Iva a Vostro carico ex art. 17-ter DPR 633/72”. Per mitigare il pregiudizio finanziario causato agli operatori, il legislatore ha previsto che queste operazioni siano computabili fra quelle che concorrono alla determinazione del presupposto del diritto al rimborso dell’Iva basato sulla aliquota media. In questo modo gli operatori avranno la possibilità di presentare le istanze di rimborso trimestrali dell’Iva e inoltre questi operatori rientrano tra quelli nei cui confronti i rimborsi dell’Iva sono eseguiti in via prioritaria.

L’AUTORIZZAZIONE Come anticipato il Consiglio Europeo ha autorizzato l’Italia a riscuotere l’Iva sulle forniture alle amministrazioni pubbliche con il meccanismo dello “Split payment”, ma tale autorizzazione è valida solo fino al 31 dicembre 2017. Il provvedimento autorizzativo sottolinea come il nostro paese si sia impegnato, allo scadere del termine, a non richiedere ulteriori rinnovi. L’autorizzazione riguarda anche l’onere imposto ai fornitori delle

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pubbliche amministrazioni di specificare nella fattura l’annotazione sulle modalità di versamento dell’Iva. Il nostro paese entro il mese di giugno del prossimo anno dovrà riferire alla Commissione Europea

lo stato dei rimborsi Iva a favore dei soggetti che applicano il regime in argomento e in particolare i tempi medi di erogazione.

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(PZ)


Credito d’imposta cumulabile con la Sabatini-bis IL CHIARIMENTO FORNITO DAL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO SUL PROPRIO SITO Il Ministero dello Sviluppo economico, in una delle FAQ pubblicate sul proprio sito, ha precisato che il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi previsto dal decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014 è cumulabile con la Sabatini-bis. Il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, infatti, non viene considerato aiuto di stato e conseguentemente non concorre a formare il cumulo di cui all’art. 7 del D.M. 27 novembre 2013 relativamente ai beni agevolati a valere sulla “Nuova Sabatini”. Pertanto le imprese che entro lo scorso 30 giugno (data ultima di fruizione del bonus) hanno effettuato investimenti rientranti nel credito d’imposta finanziandosi attraverso la Sabatini-bis, avranno la possibilità di incassare entrambe le agevolazioni. Ricordiamo che il credito riguardava i titolari di

reddito d’impresa che hanno realizzato investimenti in beni strumentali nuovi rientranti in nella divisione 28 della Tabella ATECO tra il 25 giugno 2014 e il 30 giugno 2015. Il credito d’imposta è pari al 15% delle spese sostenute, eccedenti la media degli investimenti in beni strumentali realizzata nei cinque anni precedenti. A ogni impresa viene riservata la possibilità di escludere, dal calcolo della media, il periodo d’imposta in cui l’investimento è stato maggiore. La norma richiedeva un investimento minimo di 10.000 euro, al disotto del quale il credito d’imposta non spettava. Non è stato sottoposto a limitazioni particolari pertanto non si applica né il limite di 250.000 euro previsto per i crediti d’imposta agevolati, né il limite generale di compensabilità di 700.000 euro previsto per i crediti e i contributi. Il credito andrà obbligatoriamente ripartito in tre quote annuali di pari importo a partire dal 1° gennaio del secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui è stato effettuato l’investimento, per gli investimenti del 2014 dal 1° gennaio 2016. Importante sottolineare che il credito d’imposta non viene assoggettato a tassazione Irpef, Ires e Irap. (PZ)

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Credito d’imposta ricerca e sviluppo ULTERIORI CHIARIMENTI IN MERITO AGLI ASPETTI APPLICATIVI DEL BONUS PREMESSA Con il D.M. del 27 maggio 2015 sono state definite le procedure per accedere al credito d’imposta per le aziende che investono in attività di ricerca e sviluppo, previsto dall’art. 3 del decreto legge n. 145/2013. In considerazione dell’importanza dell’argomento e dei tempi ristretti per accedere al beneficio per l’anno in corso, ritorniamo sull’argomento per meglio chiarire gli aspetti applicativi del bonus.

SOGGETTI INTERESSATI La norma prevede che possano accedere al bonus tutti i soggetti produttori di reddito d’impresa. Rientrano conseguentemente tutte le tipologie di imprese, siano essere costituite sotto forma di ditte individuali, di società di persone o di capitali. Non esiste alcuna distinzione di dimensione o di settore così come non assume rilevanza il regime contabile adottato. Gli investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo devono essere effettuati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, quindi in genere dall’anno in corso, e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019. Visto l’ampio spettro applicativo si ritiene possano accedervi anche gli enti non commerciali qualora svolgano attività produttive di redditi d’impresa. Sono invece esclusi i percettori di reddito di lavoro autonomo derivante dallo svolgimento di arti e professioni. Sono altresì esclusi i soggetti che effettuano attività di R&S su commissione di terzi. Il legislatore, infatti, ha inteso beneficiare le imprese che investo in ricerca, svolgendola direttamente o commissionandola a terzi e non i soggetti che hanno come attività principale questo tipo di attività.

ATTIVITÀ AMMISSIBILI Le spese di R&S agevolabili sono le seguenti:

- i lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze, senza che siano previste applicazioni o usi commerciali diretti; - la ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, utilizzabili per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi ovvero per un miglioramento di quelli già esistenti; - l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica o commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. In questa tipologia di intervento rientrano anche le attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione di nuovi prodotti, processi o servizi, compresa l’elaborazione di progetti, disegni, piani o altra documentazione come ad esempio gli studi di fattibilità a condizione che non siano destinati a scopi commerciali. Vi rientra altresì la realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali o progetti pilota per esperimenti tecnologici o commerciali, a patto che il prototipo rappresenti il prodotto finale e il relativo costo di fabbricazione non sia eccessivo per poterlo utilizzare solo con finalità di dimostrazione o convalida; - la produzione e il collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Per converso non sono considerate attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino dei miglioramenti.

LA MISURA DEL CREDITO La misura del beneficio è differenziata sulla base del tipo di investimento effettuato, più esattamente il bonus è pari: A - al 50% delle spese sostenute per l’assunzione di personale altamente qualificato o per i con-

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tratti di ricerca stipulati con le università ed enti analoghi; B - al 25% per l’acquisto di beni strumentali o di proprietà intellettuale, come ad esempio strumenti e attrezzature di laboratorio purché di costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell’Iva; C - al 50% delle spese relative a contratti di ricerca stipulati con università ed enti di ricerca e organismi equiparati, altre imprese, comprese le start up innovative, che però non possono essere controllate o controllanti direttamente o indirettamente; D - al 25% delle competenze tecniche e privative industriali relative a invenzioni industriali o biotecnologiche, tipografie di prodotti a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

LE SPESE AGEVOLABILI Per quanto riguarda le spese ammissibili si deve fare riferimento, oltre che al decreto del 27 maggio 2015, alla circolare n. 51/2011, emanata in relazione al contributo riconosciuto alle imprese che finanziavano progetti di ricerca con università ed enti di ricerca. Sono ammessi i costi del personale dipendente o dei collaboratori, anche liberi professionisti, altamente qualificati, operanti presso le strutture dell’impresa e direttamente impiegati nell’attività di ricerca e sviluppo nel limite dell’effettivo impiego. Rimangono conseguentemente esclusi i costi del personale con mansioni amministrative o commerciali. Sono ammesse le spese relative ai contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati. Per i contratti di ricerca sottoscritti con università o enti esteri, è richiesto che questi ultimi appartengano alla UE, oppure ad un paese che attua lo scambio di informazioni con l’Italia. Il personale altamente qualificato deve essere in possesso di laurea magistrale in ambito tecnico o scientifico oppure del dottorato. Rientrano nell’agevolazione le spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati e con altre imprese, comprese le start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. I costi sono deducibili nel rispetto dei requisiti previsti dall’art. 109 del TUIR e, tenuto conto che i progetti non sono oggetto di valutazione preventiva, le imprese beneficiarie sono tenute a conservare tutta la documentazione contabile utile a

dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità, l’effettività e l’inerenza delle spese sostenute. Con riferimento ai contratti commissionati a università, enti di ricerca e organismi equiparati dovrebbero rientrare esclusivamente le attività di ricerca sopra elencate svolte su commissione.

IL CALCOLO DEL CREDITO La spesa minima da sostenere deve essere di almeno 30.000 euro mentre lo sgravio fiscale massimo potrà arrivare fino a 5 milioni di euro annui e riguarderà il periodo 2015 – 2019. Lo sgravio fiscale è attribuito sui valori incrementali di spesa, rispetto alla media degli investimenti operati nel triennio precedente per gli stessi impieghi. In caso di start-up operanti da meno di tre anni, la media sarà calcolata dal momento della costituzione. Per spesa incrementale sostenuta nel periodo d’imposta per il quale si intende beneficiare dell’agevolazione, si considera quella in eccedenza rispetto alla media annuale riferita ai rispettivi costi sostenuti nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, quindi il triennio 2012 – 2014. Il credito d’imposta è in ogni caso calcolato sulla spesa incrementale riferita ai costi agevolabili. Sottolineiamo che il periodo triennale di riferimento della media rimane fisso per tutti i cinque anni interessati all’applicazione dell’agevolazione, che come sopra ricordato per i soggetti con periodo corrispondente all’anno solare sarà il triennio 2012 – 2014. Stante la diversa misura del credito d’imposta si renderà necessario determinare distintamente sia la media della spesa storica per i diversi costi ammissibili sia l’ammontare annuo della spesa incrementale relativa ai medesimi distinti costi. Su quest’ultimo aspetto avremo modo ritornare in seguito.

LA FRUIZIONE DELL’AGEVOLAZIONE Il bonus è fruibile esclusivamente in compensazione utilizzando il modello F24 a partire dall’anno successivo a quello di maturazione e deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Importante sottolineare che il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini della tassazione Irpef e Ires né della base imponibile dell’Irap. Non rileva inoltre ai fini del rapporto di cui agli art. 61 e 109 comma 5) del TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi. Si segnala che non opera il blocco delle compensazioni disposto dal D.L. 78/2010 in presenza di

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Divisione Fire - Antincendio

MANUTENZIONI ANTINCENDIO Quadro normativo e responsabilità civili e penali

I PRIMI AUTOREVOLI COMMENTI AL RECENTISSIMO DECRETO MINISTERIALE 3 AGOSTO 2015 “NUOVO CODICE DI PREVENZIONE INCENDI”

A quali conseguenze può andare incontro il datore di lavoro, l’RSPP, ed ogni altro attore aziendale della sicurezza antincendio? Quali opportunità possono nascere da una corretta e costante manutenzione dei mezzi ed impianti antincendio? In che modo scegliere l’azienda-partner per assegnare, senza correre rischi inutili, le manutenzioni antincendio? Quali insidie vanno assolutamente evitate? Il convegno si pone l’obiettivo di fornire risposte esaurienti e concrete a tutte queste domande, consentendo al partecipante di accrescere il bagaglio di conoscenze sul fronte della sicurezza e dell’antincendio, al fine di gestire correttamente la manutenzione dei mezzi ed impianti antincendio.

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Alle prime 10 aziende che si iscriveranno al seminario sarà riservato n.1 check up gratuito* relativo alla verifica di conformità degli impianti antincendio.

OTT Giovedì

8

INTERVENGONO: Giuseppe Macchi

Giovedì 8 Ottobre 2015 - h 14:00

presso Executive Meeting Center Via Tellini, 1 (laterale viale Palmanova) - UDINE (vicepresidente associazione M.A.I.A.)

Dott. Ing. Sandro Marinelli (ex Direttore Centrale Vicario della Prevenzione e della Sicurezza Tecnica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco/Ministero dell’Interno) Ing. Andrea Rubbi

(Leonardo Srl - Coordinatore Divisione Sistemi e Lead Auditor Sistemi Gestione della Sicurezza)

Al termine dell’evento i nostri tecnici saranno a disposizione per delle dimostrazioni pratiche con la nostra stazione mobile e sarà possibile “toccare con mano” GEMMA, l’esclusivo sistema informatizzato di Sicura S.p.A. per la gestione delle manutenzioni antincendio. * ll check-up prevede lo svolgimento di n.1 sopralluogo di massimo mezza giornata da parte dei tecnici qualificati Sicura spa e relativamente ad un singolo sito produttivo. Il check-up è riservato esclusivamente alle prime 10 aziende che si iscriveranno al seminario. In caso di assenza all’evento la promozione verrà assegnata all’azienda la cui iscrizione è pervenuta immediatamente dopo. Il check-up potrà essere richiesto ed assegnato nella misura massima di 1 cad. azienda partecipante, a prescindere dal numero di presenti appartenenti all’azienda stessa. In ogni caso la scelta di assegnare il check-up è prerogativa esclusiva della società organizzatrice dell’evento. Sicura S.p.A. Via Zamenhof, 363 - 36100 VICENZA - ITALY Tel. +39 0444 246000 - Fax +39 0444 240251 sicura@grupposicura.it

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È un’azienda:


ruoli scaduti d’importo superiore a 1.500 euro né il limite massimo di compensazione di 700.000 euro di cui all’art. 34 della legge n. 388/2000. Il bonus è inoltre cumulabile con quello previsto dall’art. 24 del D.L. 82/2012, vale a dire al tax credit pari al 35% del costo sostenuto per il personale altamente qualificato vigente fino al 2014.

LA CERTIFICAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE Le imprese che beneficeranno del credito saranno tenute a conservare tutta la documentazione utile a dimostrare la spettanza del bonus. Per quanto riguarda i costi del personale sarà necessario conservare i fogli di presenza nominativi, dai quali risulti per ogni giorno le ore dedicate all’attività di R&S, firmati dal legale rappresentante o dal responsabile di funzione. Per i beni strumentali e le attrezzature di laboratorio si dovrà produrre una dichiarazione dalla quale risulti la misura e il periodo in cui detti beni sono stati utilizzati in attività di R&S, detta dichiarazione andrà sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa. Con riferimento ai costi relativi ai contratti stipulati con le università, gli enti di ricerca e organismi equiparati si dovranno conservare i contratti nonché produrre una relazione scritta sottoscritta dalle parti interessate dalla quale si evinca l’attività di ricerca realizzata e i costi ad essa connessi. Tutta questa documentazione dovrà essere certificata da un revisore dei conti o dal collegio sindacale. Per le imprese non soggette a revisione viene prevista la possibilità di includere tra i costi agevolabili quelli relativi alla certificazione entro un limite massimo di 5.000 euro annui.

I CALCOLI Il credito richiede un impegno amministrativo significativo perché la metodologia di calcolo richiede la necessità di calcolare medie distinte per attività agevolata. Si rende pertanto necessaria una significativa attività retroattiva di tipo contabile, al fine di individuare correttamente le spese di R&S sostenute e contabilizzate nel triennio 2012

– 2014. Ancorché la media di riferimento per i calcoli della spesa incrementale sia fissa, essendo la percentuale di credito d’imposta differenziato per tipologia d’investimento, viene richiesta una particolare procedura di calcolo. Operativamente si dovrà individuare correttamente le spese di R&S sostenute e contabilizzate nel triennio, richiedendo la ricostruzione, soprattutto per quelle imprese che non hanno evidenziato separatamente nei bilanci queste tipologie di spese, la corrispondente media di riferimento. Conformemente a quanto previsto dal D.M. del 27 maggio 2015 si dovrà: - determinare la spesa incrementale agevolabile separatamente per ciascuna tipologia di spesa (personale, beni strumentali, università, ecc.); - confrontare l’ammontare dei costi di ciascuna tipologia sostenuti nel periodo d’imposta per il quale s’intende fruire dell’agevolazione, con la media annuale riferita alla rispettiva tipologia di spese sostenute nei tre periodi d’imposta 2012 – 2014. Se entrambe le tipologie di spese, vale a dire sia quelle agevolate al 25% sia quelle al 50% evidenziano un valore incrementale, il credito d’imposta sarà determinato applicando o ciascun incremento l’aliquota del credito d’imposta per la specifica tipologia di spesa. Se invece l’incremento dovesse riguardare solamente una delle due tipologie di spesa, il credito d’imposta dovrà essere calcolato applicando l’aliquota prevista per quel gruppo di spese che ha evidenziato l’incremento, sull’ammontare della spesa incrementale complessiva. Se viceversa non vi è stato alcun incremento, nel senso che gli investimenti risultano inferiori alla media del triennio, non sarà possibile beneficare di alcun credito d’imposta.

ESEMPLIFICAZIONE Di seguito cercheremo di rendere più chiaro quanto sopra riportato proponendo un esempio. Si pensi ad una società che evidenzia una media degli investimenti in attività di R&S 2012 - 2014 come riportato nella seguente tabella.

SPESE LETT. A) E C) CREDITO 50%

SPESE LETT. B) E D) CREDITO 25%

TOTALE

2012

600.000

250.000

850.000

2013

400.000

350.000

750.000

2014

500.000

300.000

800.000

Media 2012-2014

500.000

300.000

800.000

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I CASI CHE SI POTREBBERO PROSPETTARE SULLA BASE DELLE SPESE SOSTENUTE NEL 2015 SPESE LETT. A) E C)

SPESE LETT. B) E D)

SPESE COMPLESSIVE A), B),C) E D)

Primo caso

600.000

250.000

850.000

50.000 x 50% = 25.000

Secondo caso

600.000

400.00

1.000.000

100.000 x 50% = 50.000 100.000 x 25% = 25.000

Terzo caso

600.000

150.000

750.000

Nel primo caso l’incremento complessivo del 2015 ammonta a 50.000 euro dato dalla differenza tra gli 850.000 euro di incremento 2015 e la media complessiva del triennio 2012 - 2014. Tale incremento riguarda esclusivamente gli interventi afferenti a prima tipologia (lett. a) e c)) che aumentano di 100.000 ma sono limitate dall’incremento massimo complessivo di 50.000. Le spese della seconda tipologia, infatti, (lett. b) e d)) pari a 250.000 sono inferiori di 50.000 rispetto alla media del periodo 2012 - 2014 che è di 300.000. Nel secondo caso a fronte di un incremento complessivo 200.000 le spese del 2015 sia della prima

CREDITO SPETTANTE

Nullo, manca incremento complessivo

che della seconda tipologia aumentano entrambe rispetto alla rispettiva media 2012 - 2014. In questi casi sarà possibile beneficare del credito per entrambe le tipologie di investimenti. Nel terzo caso non sarà possibile accedere ad alcun credito d’imposta perché non c’è incremento di spesa complessivo rispetto alla media del triennio 2012 - 2014. Ciò anche se si verifica un incremento di investimenti legati alla prima tipologia, non sufficiente tuttavia a compensare il decremento della seconda tipologia di spesa.

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(PZ)


Cessione impresa familiare PLUSVALENZA DA IMPUTARE SOLO ALL’IMPRENDITORE

Con la Risoluzione n. 78/E del 31 agosto 2015, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il tema della tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione dell’impresa familiare. L’Agenzia ha ricordato che sotto il profilo fiscale, l’impresa familiare è regolata dall’art. 5, comma 4, del TUIR, in base al quale i redditi prodotti dalla stessa, limitatamente al 49% dell’ammontare, possono essere imputati a ciascun familiare che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili. Il reddito dell’impresa è, pertanto, dichiarato nel suo ammontare complessivo dall’imprenditore che è l’unico titolare dell’impresa; questi, a sua volta, può imputare parte del suo reddito ai fami-

liari (tenuto conto, come già scritto, delle rispettive quote di partecipazione) per un ammontare non superiore al 49%. Pertanto, a proposito del trattamento fiscale della plusvalenza realizzata dall’impresa familiare, l’Agenzia delle Entrate ritiene che sia imputabile interamente in capo all’imprenditore, mentre rimane fiscalmente irrilevante per i collaboratori familiari. La plusvalenza deve inquadrarsi nell’ambito dei redditi d’impresa (a norma del combinato disposto degli articoli 58 e 86 del TUIR), non trovando, viceversa, applicazione le disposizioni sui redditi diversi (art. 67, comma 1, lettera h-bis), del medesimo TUIR. Peraltro l’Agenzia, preso atto dei differenti orientamenti che in questi anni si sono susseguiti su questa tematica, in considerazione dei principi di tutela dell’affidamento e della buona fede previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente, ha deciso di non applicare sanzioni qualora, in passato, la plusvalenza realizzata dalla cessione sia stata ripartita tra il titolare dell’impresa ed i collaboratori familiari.

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(C)


Cessione intracomunitaria LA PROVA DEL TRASFERIMENTO FISICO DELLA MERCE a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

COME PROVARE L’AVVENUTA CESSIONE INTRACOMUNITARIA La necessità di fornire prove adeguate riguardo l’effettivo spostamento di merci in altro paese comunitario rappresenta una necessità primaria per le aziende italiane, che basano parte del proprio fatturato sul commercio estero. In mancanza di tale prova, infatti, corrono il rischio di dover riconoscere agli organi di controllo il versamento dell’imposta secondo la tassazione nazionale. Il diritto di usufruire della possibilità di emettere fattura non imponibile IVA (ai sensi dell’art. 41 legge 427/93) impone l’onere della prova a colui che fruisce di tale diritto: vale a dire proprio il fornitore. L’effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad altro stato membro è uno dei requisiti fondamentali richiesti dalla cessione intracomunitaria. Mentre per gli altri requisiti (onerosità della prova, acquisizione o trasferimento dei diritti di proprietà o di altro diritto reale sui beni, status di operatore economico del cliente comunitario) si usufruisce solitamente di procedure certe per la loro verifica, l’effettivo trasporto della merce oggetto della transazione subisce le conseguenze di uno scenario più complesso.

DOCUMENTO DI TRASPORTO IN ORIGINALE Partiamo dal presupposto che la normativa comunitaria (Art.131 della direttiva n.2006/112/CE) non prevede alcun adempimento o modalità specifica, delegando ai singoli stati membri l’adozione delle relative condizioni necessarie.

Solitamente la prova sufficiente a soddisfare le richieste dell’Agenzia delle Dogane e delle Entrate in caso di controllo, è sempre stata rappresentata dal documento di trasporto originale firmato a destino. Nella realtà dei fatti, molte aziende hanno verificato che spesso tale documento è di non facile disponibilità. Basti pensare al caso di una vendita con resa EXW in cui l’unico operatore contrattualmente vincolato nei confronti del trasportatore è il cliente comunitario. Il fornitore italiano può quindi incontrare serie difficoltà nel cercare di seguire le fasi di una movimentazione sulla quale non esercita nessun controllo. Qualora emerga in sede di verifica la possibilità che la merce non abbia abbandonato il territorio nazionale (e che quindi possa essere stata immessa in Italia), l’azienda fornitrice potrebbe essere chiamata a versare la relativa Iva oltre alle sanzioni pari ad un importo che varia dal 100% al 200% dell’Iva stessa.

PROVE ALTERNATIVE Per ovviare a tale problematica, grazie ad alcune risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate susseguitesi dal 2007 in poi, è possibile ricorrere a prove alternative congiunte di avvenuta cessione: - il CMR elettronico - la dichiarazione Intrastat - il pagamento delle merci - le fatture di cessione - e altra documentazione contrattuale. Tutte documentazioni idonee a dimostrare che le merci siano state inviate in altro Stato membro della UE. Ma allo stesso tempo anche documentazioni con tutte le limitazioni derivanti dal fatto che non sono state effettivamente predisposte per fornire la prova dell’avvenuta cessione ma, piuttosto, utilizzate in caso di necessità, con adozione quindi di procedure non standard a seconda del singolo cliente con relativo aumento dei costi di gestione amministrativi. In tal senso ci viene in aiuto la nota prot 2010/141933 dell’Agenzia delle Entrate che riconosce quale valido elemento di prova anche “una dichiarazione inviata dalla controparte contrattuale che attesti l’effettivo arrivo a destino della merce nello Stato membro.” Una tale alternativa sembra rappresentare “il do-

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cumento ideale” per giungere all’obiettivo dell’ottenimento di una prova attendibile. Un documento firmato e timbrato dal cliente finale dove vengono indicati tutti gli elementi identificativi della movimentazione in questione: - l’intestazione e partita iva di entrambi gli operatori - l’oggetto della spedizione - il relativo importo corrisposto - l’indicazione della fattura di riferimento. Tutti elementi atti a identificare in maniera incontrovertibile i dettagli dell’avvenuta consegna. Ovviamente compito del fornitore sarà quello di predisporre al meglio il proprio cliente nei confronti di documentazione alla quale potrebbe non essere abituato. Oltre a predisporre un format già sostanzialmente pronto per la breve compilazione da parte del cliente, potrebbe essere utile inserire riferimenti a tale dichiarazione già in fase contrattuale (con eventuale inserimento di sconti applicabili solo dopo la ricezione di tale documento, ad esempio) in modo da predisporre la clientela, soprattutto quella di recente acquisizione, ad inserire tale dichiarazione nella documentazione di prassi.

simili (con documentazione ufficialmente riconosciuta dall’Amministrazione finanziaria) mentre in Italia ci si deve limitare alle indicazioni presenti nelle varie risoluzioni dove si asserisce che sia possibile fare riferimento a qualsiasi documento che attesti l’avvenuto trasporto, lasciando quindi inevitabilmente ampi spazi di interpretazione. Sulla base delle esigenze manifestate negli ultimi tempi dalle aziende interessate da tale problematica, è stato predisposto a titolo esemplificativo un format base di tale dichiarazione, elaborato cercando di rispettare la varie indicazioni fornite dall’Amministrazione. Adottare in maniera sistematica una procedura simile con i propri clienti potrebbe velocizzare: - sia i tempi di archiviazione delle varie pratiche di cessione comunitaria - sia i tempi di un’eventuale verifica da parte degli organi competenti. Abbiamo previsto la possibilità di scaricare il format della dichiarazione, con la speranza che possa rivelarsi un utile aiuto nella gestione del rapporto col proprio cliente nell’annosa questione della prova dell’avvenuta cessione comunitaria.

CONCLUSIONI E SUGGERIMENTI OPERATIVI Alcuni paesi europei hanno già adottato procedure

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Simone Del Nevo Andrea Clerici


Il Trust in Italia

LA NORMATIVA A TUTELA DEI CREDITORI

a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

IL TRUST IN ITALIA: FOCUS SULLA RECENTISSIMA NOVITÀ NORMATIVA A TUTELA DEI CREDITORI Il D.L. n. 83/2015 (c.d. Decreto Giustizia per la Crescita) entrato in vigore il 27 giugno scorso che ha introdotto il nuovo art. 2929 bis c.c. nella sua attuale formulazione, rischia di avere un effetto limitante sull’utilizzo dei trust, ma anche – e soprattutto - sulle donazioni ed i fondi patrimoniali.

PREMESSE: COS’È IL TRUST, COME FUNZIONA, A COSA SERVE Il Trust è uno strumento giuridico di origine anglosassone creato per proteggere beni o diritti quando questi siano destinati ad uno scopo o siano riservati ad uno o più beneficiari. Il proprietario originale, detto Disponente o Settlor, trasferisce la proprietà di tutti o alcuni suoi beni ad un amministratore, detto Trustee, il quale a sua volta li gestisce con i diritti ed i poteri di un vero proprietario nell’interesse di uno o più Beneficiari e/o per la realizzazione di uno scopo specifico. La principale caratteristica del Trust è il fatto che i beni che si vogliono vincolare in Trust non sono più di proprietà del Disponente, ma diventano di proprietà del Trustee, pur non facendo parte del patrimonio personale di quest’ultimo. In sostanza, l’effetto è che terzi creditori non possono aggredire i beni oggetto del Trust ed affidati al Trustee, poiché gli stessi sono sottoposti ad un “vincolo di destinazione”, rappresentato dallo scopo del Trust deciso dal Disponente nell’atto di costituzione del Trust, e ad un “vincolo di separa-

zione”: i beni diventano di proprietà del Trustee ma non si “confondono” con i beni personali di proprietà del Trustee stesso (per esempio, se egli muore o fallisce, i beni del Trust di cui egli è proprietario non cadono in successione, né entrano nella massa fallimentare). Come quindi ribadito da una recente sentenza della Cassazione Civile, la n. 3456/15, «il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto”, per cui “l’effetto proprio del trust non è quello di dare vita ad un nuovo soggetto di diritto, ma quello di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito». Il trust, in quanto strumento giuridico estremamente flessibile, può essere utilizzato per vari scopi: per questioni famigliari (ad es: vincolare i beni in Trust a favore di un figlio disabile per la sua tutela futura), per attività filantropiche, per la gestione di collezioni d’arte, e soprattutto per l’organizzazione di un efficiente passaggio generazionale dell’azienda e del patrimonio dell’imprenditore.

LE NOVITÀ DEL DECRETO GIUSTIZIA PER LA CRESCITA E IL SUO IMPATTO SUI TRUST Sebbene lo scopo del nuovo art. 2929 bis c.c. introdotto dal D.L. n. 83/2015 (c.d. Decreto Giustizia per la Crescita) entrato in vigore il 27 giugno scorso, sia quello di aumentare le tutele dei creditori (soprattutto le imprese), le problematiche che la sua formulazione solleva non sono di poco conto, vediamo perché. Il nuovo Art. 2929 -bis c.c., rubricato “Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito”, così dispone: “Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia

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preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.
Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonchè la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.” In sostanza, il creditore ha un anno di tempo dalla data di trascrizione del vincolo di indisponibilità (ad es.: il Trust) o della donazione per far pignorare l’immobile o il bene mobile registrato del debitore, anche senza avere ottenuto la revocatoria dell’atto. Quindi, se prima dell’introduzione del nuovo art. 2929 – bis c.c., era il creditore a dover provare con la revocatoria di aver subito un pregiudizio dagli atti di disposizione patrimoniale messi in atto dal debitore cercando di ottenerne la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti, ora, si presume di fatto una mala fede del debitore che ha posto in essere donazioni o vincoli di destinazione al pro-

prio patrimonio e la possibilità per il creditore di procedere direttamente con l’esecuzione. L’unico vincolo del creditore per poter utilizzare questa nuova procedura rapida, è che egli deve trascrivere il pignoramento entro un anno dalla trascrizione della donazione o del vincolo di indisponibilità. Il debitore potrà dunque ovviamente opporsi all’esecuzione, ma potrà ad esempio accadere che il suo immobile gli venga pignorato e venduto all’asta e che, solo successivamente, si giunga ad una sentenza che confermi la validità dell’atto di Trust, di donazione o del fondo patrimoniale e, dunque, l’illegittimità della vendita forzata. In conclusione, si può quindi affermare che, ad oggi (occorrerà infatti vedere se e come il suddetto decreto sarà convertito in legge), l’efficacia di tutti gli atti di trust, donazione, fondo patrimoniale ed altri vincoli di destinazione è subordinata al trascorrere di 1 anno dalla trascrizione nei registri immobiliari. Ciò non significa che lo strumento del Trust non sia più efficace e non vada più utilizzato per gli scopi leciti e meritevoli di tutela già citati, in quanto tale norma è volta – giustamente - ad eliminare le “storture” dell’utilizzo dei Trust in frode ai creditori (c.d. “Sham Trust”) di cui si è dovuta purtroppo occupare numerose volte la nostra giurisprudenza ed in relazioni ai quali l’introduzione dell’art. 2929 – bis c.c. non può che essere accolta in modo positivo.

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Avv. Ilaria Piombo


Regime Moss

RECEPITA LA DIRETTIVA 2008/8/CE

a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

REGIME MOSS: RECEPITA LA DIRETTIVA 2008/8/CE Dal 1 gennaio 2015 le prestazioni rientranti nel commercio elettronico diretto rese da un soggetto passivo Ue a un privato consumatore comunitario si considerano effettuate nel luogo in cui il fruitore del servizio è stabilito.

E-COMMERCE: REGOLE FINO AL 31.12.2014 Le operazioni di commercio elettronico diretto sono considerate ai fini Iva servizi e, di conseguenza, la territorialità IVA di tali operazioni era stabilita fino al 31.12.2014: - nelle operazioni B2B rilevava la sede del committente (art. 7-ter, co. 1, lett. a), D.P.R. 26.10.1972, n. 633; - nelle operazioni B2C rilevava la sede del prestatore (art. 7-ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972. Per quanto riguarda le prestazioni B2C, le eccezioni erano contemplate nell’art. 7-sexies, co. 1, lett. f), D.P.R. 633/1972 e nell’art. 7-septies, co. 1, lett. i), D.P.R. 633/1972 e regolavano i rapporti (in deroga) con committenti non soggetti passivi (privati). Le suddette deroghe prevedevano che: - i servizi resi da un soggetto passivo Iva extra Ue a un committente privato italiano, sempre nell’ambito del commercio elettronico diretto, in deroga alla regola generale di cui all’art. 7-ter, co. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, si consideravano effettuati in Italia; - i servizi resi da un soggetto passivo italiano a un committente privato extra-Ue, nell’ambito

del commercio elettronico diretto, in deroga a quanto stabilito dall’art. 7-ter, co. 1, lett. b), non si consideravano effettuati in Italia. Per i soggetti passivi extra Ue, le prestazioni rientranti nel commercio elettronico diretto rese a un committente privato Ue, si consideravano effettuate, anche secondo le regole in vigore fino al 31.12.2014, nello Stato di residenza del committente e di conseguenza il prestatore extra comunitario aveva la necessità di doversi identificare nei vari Stati in cui erano residenti i propri clienti. Al fine di evitare che i soggetti extra Ue dovessero identificarsi in ogni Stato Ue nel quale operavano, era prevista una disciplina agevolativa, in base alla quale gli stessi potevano identificarsi in qualsiasi Stato Ue per poter eseguire i versamenti Iva relativi a tutte le operazioni realizzate nell’Ue nei confronti di privati.

DIRETTIVA 2008/8/CE E NUOVE REGOLE IVA PER L’E-COMMERCE DAL 01.01.2015 A decorrere dall’1.1.2015, per effetto delle modifiche apportate dalla Direttiva n. 2008/8/CE alle relative disposizioni della direttiva Iva ed in particolare agli artt. 58 e 59-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, sono cambiati i criteri di territorialità per i servizi di e-commerce resi a privati consumatori comunitari. Con il 2015, le prestazioni rientranti nel commercio elettronico diretto rese da un soggetto passivo Ue a un privato consumatore comunitario si considerano effettuate nel luogo in cui il fruitore del servizio è stabilito. Se dunque fino al 31.12.2014, alle prestazioni rientranti nell’e-commerce erano applicabili le regole dettate dall’art. 44 della Direttiva Ue n. 2006/112/Ue, recepite nel nostro ordinamento nell’art. 7-ter, co. 1, lett. b), D.P.R. n. 633/1972, che prevedevano la rilevanza dell’operazione nello Stato di stabilimento del prestatore, a partire dall’1.1.2015, l’art. 58 della Direttiva n. 2008/8/ CE prevede la rilevanza Iva delle suddette operazione nello Stato di residenza del consumatore. Viene, di fatto, esteso il trattamento previsto per le società extra Ue anche alle società Ue. Facendo un esempio oggi diffuso, fino al 2014 la

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cessione di un app da parte di una società italiana ad un privato francese avveniva con l’applicazione dell’Iva italiana; a partire dal 2015 questa stessa operazione è soggetta all’applicazione dell’imposta francese. Allo stesso modo, la società spagnola che vendeva software a privati italiani fatturava fino al 31.12.2014 con Iva spagnola, mentre a partire dall’1.1.2015 deve fatturare con Iva italiana. Questo nuovo regime si traduce, nella maggior parte dei casi, in un aumento del prezzo per i consumatori italiani dei prodotti rientranti nel commercio elettronico diretto, in quanto l’aliquota Iva ordinaria italiana è in media superiore a quella degli altri paesi Europei.

RECEPIMENTO DELLE NUOVE REGOLE IN ITALIA Con la pubblicazione nella G.U. del 18.4.2015, n. 90 del D.Lgs. n. 42/2015, approvato nel Cdm del 27.3.2015, il Legislatore ha recepito la Direttiva n. 2008/8/CE, che modifica a sua volta la Direttiva n. 2006/112/Ue, che regolamenta il luogo delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese nei confronti di committenti non soggetti passivi d’imposta. Con il suo intervento il Legislatore ha stabilito che l’Iva è dovuta nel luogo ove il committente è stabilito, ovvero ha il domicilio o la residenza. Il nuovo Decreto Legislativo sostituisce, infatti, le lett. f) e g) dell’art. 7-sexies, D.P.R. 633/1972 e sopprime le lett. h) ed i) del successivo art. 7-septies e riscrive, inoltre, l’art. 74-quinquies, (dedicato alle imprese extra Ue che già applicavano un’analoga procedura per l’e-commerce), introducendo gli artt. 74-sexies, 74-septies e 74-octies. L’effetto della modifica normativa è la necessità per l’operatore italiano di doversi identificare nei vari paesi Ue ove sono stabiliti i propri clienti. Al medesimo operatore viene però offerta la facoltà di aderire al “mini sportello unico”. Il nuovo art. 74-sexies, co. 1, D.P.R. 633/1972, prevede infatti che “i soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato, o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia, possono, ai fini dell’assolvimento degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici resi a committenti non soggetti passivi d’imposta domiciliati o residenti negli altri Stati membri dell’Unione europea”, optare per l’applicazione del regime speciale che prevede il versamento dell’Iva e l’assolvimento degli obblighi dichiarativi in Italia, senza la necessità di doversi identificare nei vari paesi Ue dove risiedono i propri clienti.

L’opzione può essere esercitata anche dai soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea che dispongono di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Nel caso in cui un soggetto passivo disponga di una stabile organizzazione anche in un altro Stato membro dell’Unione europea, l’opzione non può essere, tuttavia, revocata prima del termine del secondo anno successivo a quello del suo esercizio. Le regole operative per l’adesione al regime speciale erano state dettate con largo anticipo e in particolare con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30.9.2014, n. 122854. In tale provvedimento venivano fornite le istruzioni operative per l’adesione al regime speciale denominato «Mini One Stop Shop» (Moss). Più in dettaglio, viene illustrato che: - i soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato, o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia, nonché i soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea che dispongono di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, utilizzano le funzionalità ad essi rese disponibili, tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, previo inserimento delle proprie credenziali personali. La registrazione viene effettuata on-line, inserendo i dati richiesti secondo le istruzioni fornite; - i soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea, non stabiliti né identificati in alcuno Stato membro dell’Unione, che scelgono di identificarsi in Italia, devono richiedere la registrazione compilando un modulo on-line disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, nella sezione a libero accesso redatta in lingua inglese; - l’Agenzia effettuate le necessarie verifiche, comunica via mail al richiedente il numero di identificazione Iva attribuito, il codice identificativo per l’accesso ai servizi telematici dell’Agenzia, la password di primo accesso e le prime 4 cifre del codice Pin, unitamente alle istruzioni per accedere alle funzionalità, esposte in lingua inglese, al fine di completare il processo di registrazione. Per chi intendeva usufruire del nuovo regime già dall’1.1.2015, era necessario registrarsi entro il 31.12.2014 al Moss (Mini One Stop Shop) con le modalità stabilite con il citato Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Per chi non ha provveduto a effettuare l’iscrizione al Moss entro il 31.12.2014, resta comunque aperta la strada per applicare da subito il nuovo regime

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di tassazione, comunicando nel nuovo anno allo Stato membro di identificazione di aver avviato operazioni rientranti nel regime speciale entro il 10 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la prima operazione.

VERSAMENTO IVA E DICHIARAZIONE Ai sensi del novellato art. 74-quinquies, co. 5, D.P.R. n. 633/1972, richiamato dall’art. 74-sexies, D.P.R. n. 63371972, i soggetti che si avvalgono del regime speciale devono presentare, per ciascun trimestre dell’anno solare ed entro il giorno venti del mese successivo al trimestre di riferimento, anche in mancanza di operazioni, una dichiarazione dalla quale risulti: - il numero di identificazione; - l’ammontare delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici effettuate nel periodo di riferimento, distinto per ciascuno Stato membro di domicilio o residenza dei committenti e suddiviso per aliquote, al netto dell’imposta sul valore aggiunto; - le aliquote applicate in relazione allo Stato membro di domicilio o di residenza dei committenti; - l’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto, suddiviso per aliquote, spettante a ciascuno Stato membro di domicilio o residenza dei committenti. L’adesione al Moss consente, quindi, di dichiarare in un unico Stato membro le prestazioni rese nei confronti dei consumatori finali residenti nei territori dell’Unione europea e di procedere al versamento dell’imposta applicata in ciascuno degli stessi, previa presentazione di un’unica dichiarazione. La dichiarazione è presentata dagli operatori registrati al Moss in Italia, nazionali ed extra Ue con stabile organizzazione in regime Ue e dagli operatori extra Ue registrati al regime non Ue ed in particolare: - gli operatori in regime Ue compilano la dichiarazione limitatamente alle operazioni effettuate nei confronti dei consumatori residenti in Paesi diversi dall’Italia. Le prestazioni rese nei confronti di consumatori nazionali, invece, rilevano ai fini della dichiarazione Iva nazionale; - gli operatori in regime non Ue compilano la dichiarazione anche per le operazioni effettuate nei confronti di consumatori residenti in Italia, poiché non presentano alcuna dichiarazione Iva nazionale. Nel Comunicato stampa del 27.3.2015, l’Agenzia

delle Entrate ha reso noto che a partire dall’1.4.2015 sono disponibili per gli operatori registrati al portale Moss le funzionalità operative per la trasmissione della dichiarazione Iva Moss, da eseguirsi a partire dal 1° giorno successivo alla chiusura del trimestre precedente e fino al giorno 20 dello stesso mese. Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 23.4.2015, n. 56191 sono stati approvati gli schemi di dati da trasmettere per via telematica ai fini dell’applicazione del Moss (Mini One Stop Shop). Il co. 1 dell’art. 74-quinquies, D.P.R. 633/1972 prevede, infatti, che i soggetti residenti fuori dell’Unione europea presentino, per via telematica, apposita richiesta per l’identificazione in Italia, ai fini dell’applicazione del Moss e che, al fine di determinare l’imposta sul valore aggiunto dovuta per ciascun trimestre solare, presentino, per via telematica, apposita dichiarazione riepilogativa delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione o elettronici effettuate in ciascun trimestre solare. Tali soggetti: - devono presentare la richiesta di adesione al Moss (cd. Regime non Ue), in via telematica, seguendo lo schema dell’allegato A al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate citato; - entro il ventesimo giorno del mese successivo al trimestre solare di riferimento, dovranno, inoltre, presentare la dichiarazione Iva Trimestrale compilata sulla base dello schema dell’allegato C dello stesso provvedimento, anche in assenza di operazioni Iva. Il nuovo art. 74-sexies, D.P.R. n. 633/1972 consente anche ai soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, identificati in Italia nonché ai soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea, che dispongono di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, di optare per l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 74-quinquies, ai fini dell’assolvimento degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici resi a committenti non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti negli altri Stati membri dell’Unione europea. Tali soggetti: - devono, invece, utilizzare l’allegato B (cd. regime Ue); - anche in questo caso, dovrà essere presentata la dichiarazione Iva trimestrale entro il ventesimo giorno del mese successivo al trimestre solare di riferimento, seguendo lo schema dell’allegato D.

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Il provvedimento definisce, inoltre, le modalità per la comunicazione di variazione dei dati e di cancellazione volontaria per cessata fornitura dei servizi o perdita dei requisiti necessari per aderire al Moss.

ELIMINATI GLI OBBLIGHI DI FATTURAZIONE PER L’E-COMMERCE Il nuovo art. 74-septies, come riscritto dal D.Lgs. n. 42/2015, prevede l’esonero degli obblighi di fatturazione in relazione all’imposta sul valore aggiunto dovuta sulle prestazioni dei servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o elettronici effettuate nel territorio dello Stato, dai: - soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea che hanno chiesto in un altro Stato membro dell’Unione europea l’applicazione del regime speciale Moss; - soggetti passivi domiciliati o residenti in un altro Stato membro dell’Unione ed ivi identificati che hanno chiesto in detto Stato membro l’applicazione del regime speciale Moss. Per evitare di vanificare gli effetti semplificatori del Moss il Legislatore nazionale ha, di fatto, previsto la dispensa dagli obblighi di fatturazione per

i soggetti passivi Ue ed extra Ue che erogano servizi di e-commerce a privati consumatori italiani. Il D.Lgs. n. 42/2015, con l’inserimento del co. 6-ter, all’interno dell’art. 22, D.P.R. 633/1972, il Legislatore ha previsto che l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, per le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa, arte o professione. In base a tale disposizione, i soggetti passivi italiani che erogano servizi di e-commerce a privati italiani, indipendentemente dall’adesione al Moss, sono dispensati dagli obblighi di fatturazione.

OBBLIGO DI CONSERVAZIONE DECENNALE DELLA DOCUMENTAZIONE Il contribuente è, infine, tenuto a conservare per un periodo di dieci anni la documentazione idonea a supportare le operazioni effettuate, che potrà essere richiesta dall’Amministrazione Finanziaria e dalle autorità fiscali degli Stati membri interessati. Elio Gambardella

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La residenza fiscale delle persone giuridiche (1a parte) LE REGOLE DA SEGUIRE NEL RISPETTO DELLA NORMA INTERNA

a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

LA RESIDENZA FISCALE DELLE PERSONE GIURIDICHE – PARTE PRIMA Per la determinazione della residenza fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche è necessario eseguire una valutazione territoriale e temporale. a) Valutazione territoriale: individuare la localizzazione nel territorio italiano dei seguenti elementi: - la sede legale; - la sede dell’amministrazione; - l’oggetto principale dell’attività. b) Valutazione temporale: durata nel periodo d’imposta dei suddetti elementi (183 giorni ovvero 184 nel caso di anno bisestile). Il solo verificarsi di un solo dei requisiti di cui al punto a) per la durata temporale indicata nel punto b) comporta automaticamente l’irrilevanza che la società sia costituita all’estero. Al fine, quindi, di poter stabilire che una società o ente è residente nello Stato è necessario esperire i seguenti controlli: - individuare la sede legale; - nel caso la stessa non fosse fissata in Italia, occorre verificare dove è localizzata la sede amministrativa; - se anche in questo caso il risultato fosse negativo, è necessario fare riferimento all’oggetto principale dell’attività. Se anche l’oggetto principale dell’attività non è individuato in Italia, si avrà la certezza che la società o l’ente è localizzata all’estero.

LA SEDE LEGALE In relazione a tale aspetto è bene soffermarsi sul

criterio utilizzato in campo fiscale. Essa rappresenta una variante del criterio del luogo di costituzione (utilizzato nel diritto internazionale privato per determinare la legge regolatrice della società), secondo cui il luogo in cui è stabilita la sede coincide di norma con il luogo dove si conclude il procedimento di costituzione. Il Tuir, invece, non fornendo una definizione di sede legale fa riferimento al concetto di sede proprio del diritto internazionale privato e del codice civile. Premesso quanto sopra, in linea generale per sede legale si intende la sede della società riportata nell’atto costitutivo ovvero nello statuto, e tale dato viene successivamente annotato nel registro delle imprese. Può accadere che si crei una discrasia tra la sede legale (detta anche sede formale) e la sede effettiva. La giurisprudenza ha rilevato l’importanza della distinzione tra la sede effettiva e quella riportata nell’atto costitutivo. Quest’ultima potrebbe addirittura essere considerata “simulata” nel caso di non coincidenza con la prima (sede effettiva). La Corte di Cassazione, con la sentenza 22 gennaio 1958 n. 136, ha affermato che la sede effettiva della società deve considerarsi come “il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali”. Si tratta del luogo in cui ha sede il centro direttivo ed amministrativo della società. E’ bene notare che non viene considerata sede effettiva il locale dove sono posti gli uffici della società ovvero il luogo ove è presente un recapito della stessa o una persona che ne gestisca gli uffici di rappresentanza. La discrasia sopra evidenziata, tra la sede formale (riportata nello statuto) e la sede effettiva, può generare confusione nei confronti dei terzi che sarebbero, quindi, lesi nei propri diritti se facessero affidamento sulla sede formale riportata nello statuto o nell’atto costitutivo. A tal riguardo interviene l’art. 46, comma 2, del codice civile stabilendo che “Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell’articolo 16 o la sede risultante dal registro è

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diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima”. Quindi il codice civile con la locuzione “sede” fa riferimento sia alla sede formale (legale) che alla sede effettiva, con la conseguenza che l’avverbio “anche” assume un notevole peso specifico in quanto permette al terzo di essere tutelato potendo considerare come sede della società anche quella effettiva in luogo della sede formale. La sede effettiva, quindi, non sostituisce la sede legale ma si aggiunge ad essa per tutelare i terzi. La dicitura “sede legale” inserita nell’art. 73 deve essere intesa come la sede formale, rimanendo comunque impregiudicata la facoltà dei terzi di considerare invece la sede effettiva ai fini civilistici.

SEDE DELL’AMMINISTRAZIONE Per sede dell’amministrazione si intende il luogo in cui viene svolta l’attività di gestione, che può essere desunta, ad esempio, dall’esistenza di uffici amministrativi oppure dall’indicazione sulle fatture. Di conseguenza il concetto di sede effettiva e di sede dell’amministrazione coincidono e costituiscono, unitamente al concetto di sede legale, il significato generale di sede. Criteri per la determinazione della sede dell’amministrazione Per determinare la sede amministrativa è necessario, come ribadito all’Amministrazione finanziaria, compiere complessi accertamenti finalizzati ad accertare il reale rapporto della persona giuridica con un determinato territorio (che può essere diverso da quello indicato nell’atto costitutivo e nello statuto). I criteri utilizzati sono i seguenti: - criterio base (o primario): individuazione del luogo da cui effettivamente provengo i cd. impulsi volitivi inerenti l’attività della società o ente. La sede dell’amministrazione, quindi, è individuata con il luogo ove vengono svolte le attività amministrative. Altri elementi, come

la cittadinanza, il domicilio nonché la nazionalità degli amministratori sono irrilevanti in quanto ciò che conta è il luogo in cui essi si incontrano per prendere decisioni riguardanti la realizzazione dell’attività sociale. - luogo dove gli impulsi volitivi hanno concreta attuazione: individuare dove opera il top management. La ricerca dovrà indirizzarsi, quindi, al luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali. Tale ultimo criterio è comunque sussidiario a quello primario che si riferisce all’attività degli amministratori, nel senso che se il top management dà attuazione alle direttive del consiglio in un luogo diverso da quello individuato secondo il criterio primario, tale secondo luogo non determina la sede dell’amministrazione della società. La Suprema Corte, con la sentenza 16 giugno 1984 n. 3604, ha affermato che la sede dell’amministrazione è “il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per accentramento – nei rapporti interni con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e della propulsione dell’attività dell’ente”. In conclusione è possibile affermare che la sede dell’amministrazione è il luogo in cui è fissata la sede centrale di direzione, controllo ed impulso dell’attività economica piuttosto che il luogo in cui esse sono eseguite. Nel prossimo numero, tratteremo: - l’oggetto principale dell’attività; - il fenomeno dell’esterovestizione; - l’onere della prova.

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Ernesto Cherici


Premi Inail Ricordiamo che alla determinazione del premio assicurativo concorrono il tasso di premio indicato dalla tariffa dei premi con riferimento alla lavorazione assicurata e l’ammontare delle retribuzioni. La retribuzione imponibile su cui calcolare il premio assicurativo si suddivide in retribuzione effettiva, retribuzione convenzionale e retribuzione di ragguaglio.

RIVALUTAZIONE DEL MINIMALE E DEL MASSIMALE DI RENDITA PER IL CALCOLO DEI PREMI ASSICURATIVI PER IL 2015 Come di consuetudine, l’INAIL fornisce la determinazione per l’anno 2015 dei limiti minimi di retribuzione imponibile giornaliera per il calcolo dei premi assicurativi. L’istituto nella circolare n. 38/2015 aveva precedentemente comunicato i limiti minimi di retribuzione imponibile giornaliera per il calcolo dei premi assicurativi ordinari e per i premi speciali unitari per il 2015, nonché le istruzioni sul profilo risarcitorio. La circolare n. 72 dello scorso 3 settembre aggiorna i valori di mimale e massimale per il calcolo dei premi assicurativi di alcune categorie di lavoratori, che sono legati alla rivalutazione dei minimali e massimali di rendita nel settore industriale, operata con decreto ministeriale del 30 giugno 2015, il quale ha fissato, a decorrere dal 1° luglio 2015, l’importo del minimale di rendita ad € 16.195,20 e l’importo del massimale di rendita ad € 30.076,80.

RETRIBUZIONI EFFETTIVE Per la generalità dei lavoratori il “minimale” giornaliero costituisce il limite minimo di retribuzione da assoggettare al contributo assicurativo per ogni giornata retribuita anche quando la retribuzione scenda al di sotto di tale limite. Poiché che il testo unico sugli infortuni stabilisce che il premio debba essere calcolato sulla “retribuzione effettiva”, nel caso in cui questa sia inferiore ai limiti minimi di retribuzione giornaliera e al minimo contrattuale, la stessa deve essere adeguata all’importo più elevato tra i due. In considerazione della variazione dell’indice medio del costo della vita accertato dall’Istat che per il 2014 è stato pari allo 0,20%, il limite minimo giornaliero per l’anno 2015 rapportato a mese nell’ipotesi di 26 giorni lavorativi mensili viene quindi individuato come segue:

LIMITE MINIMO IMPONIBILE PER LE RETRIBUZIONI EFFETTIVE DELLA GENERALITÀ DEI LAVORATORI DIPENDENTI ANNO 2015 Limite minimo

Giornaliera Mensile

RETRIBUZIONI CONVENZIONALI Lavoratori con contratto part – time Ai fini INAIL, la base imponibile convenzionale dei lavoratori con contratto part – time è calcolata moltiplicando la retribuzione oraria, minimale o tabellare, per le ore complessive da retribuire, a carico del datore di lavoro, nel periodo assicurativo. La retribuzione oraria minimale si ottiene

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€ 47,68 € 1.239,68

moltiplicando il minimale giornaliero per 6 giornate di lavoro settimanale ad orario normale, anche se l’orario di lavoro è distribuito su 5 giorni lavorativi e dividendo questo importo per le ore di lavoro settimanale ad orario normale previste dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno (minimale giornaliero x 6 : 40 = retribuzione oraria minimale).


LAVORATORI CON CONTRATTO PART-TIME ANNO 2015 Retribuzione oraria minimale

ORARIO NORMALE

EURO

40 ore settimanali

47,68 x 6 : 40 = 7,15

La retribuzione oraria tabellare si ottiene invece dividendo l’importo della retribuzione annua tabellare prevista dalla contrattazione nazionale, o in mancanza territoriale, aziendale o individuale, per le ore annue stabilite dalla stessa contrattazione per i lavoratori a tempo pieno. Determinati così i due valori, il maggiore tra i due deve essere moltiplicato per le ore comples-

sive da retribuire o in forza di legge o di contratto. Lavoratori dell’area dirigenziale La base imponibile per i lavoratori dell’area dirigenziale è pari al massimale di rendita e la retribuzione convenzionale annuale è divisibile in 300 giorni lavorativi.

DAL 1° LUGLIO 2015 Lavoratori dell’area dirigenziale senza contratto part-time Lavoratori dell’area dirigenziale con contratto part-time

Lavoratori parasubordinati La base imponibile per i lavoratori parasubordinati DAL 1° LUGLIO 2015

Giornaliera

€ 100,26

Mensile

€ 2.506,40

Oraria

€ 12,53

è costituita dai “compensi effettivamente percepiti”, nel rispetto del minimale e del massimale di rendita.

VALORE ANNUALE

VALORE MENSILE

Minimale

€ 16.195,20

€ 1.349,60

Massimale

€ 30.076,80

€ 2.506,40

Prestazioni occasionali In ipotesi di collaborazione coordinata e continuativa di durata non superiore ai 30 giorni e con la percezione di un compenso, nell’anno solare, non superiore ad € 5.000, la base imponibile è costituita dai compensi effettivamente percepiti, nel DAL 1° LUGLIO 2015

rispetto del massimale e del minimale di rendita. La base imponibile così costituita deve essere ragguagliata ai giorni di effettiva durata del rapporto, se nel contratto è previsto il numero delle effettive giornate lavorative o, in caso contrario, deve essere rapportata a mese.

VALORE GIORNALIERO

Minimale Massimale

Categorie di lavoratori con retribuzione convenzionale annuale pari al minimale di rendita Le categorie di lavoratori interessati da questo minimale sono i detenuti e gli internati, gli allievi dei corsi di istruzione professionale, i lavoratori so-

VALORE MENSILE

€ 53,98

€ 1.349,60

€ 100,26

€ 2.506,40

cialmente utili e di pubblica utilità, i lavoratori in tirocini formativi e di orientamento, i lavoratori sospesi dal lavoro utilizzati in progetti di formazione o riqualificazione professionale. Per il settore industriale, i valori con decorrenza 1° luglio 2015 sono:

DAL 1° LUGLIO 2015 Retribuzione convenzionale

Giornaliera Mensile

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€ 53,98 € 1.349,60


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RETRIBUZIONE DI RAGGUAGLIO La retribuzione di ragguaglio è pari al minimale

di rendita e si assume solo in via residuale, cioè in mancanza di retribuzione effettiva o convenzionale.

DAL 1° LUGLIO 2015 Retribuzione di ragguaglio

Giornaliera Mensile

Si ricorda infine che la circolare n. 72/2015 illustra nel proprio allegato il riepilogo delle retribu-

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€ 53,98 € 1.349,60

zioni convenzionali per gli anni 2007-2015. (BA)


Lavoro accessorio dopo il Jobs Act LA PIENA TRACCIABILITÀ DEI BUONI LAVORO

La disciplina del lavoro accessorio è stata recepita e parzialmente modificata dagli articoli 48, 49 e 50 del D.Lgs. 81/2015, recante la “disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, su delega al Governo di cui all’art.1 comma 7 L.183/2014, e sono stati espressamente abrogati gli articoli da 70 a 73 del D.Lgs. 276/2003. Le prime indicazioni in ordine al ricorso a questa fattispecie contrattuale sono state fornite dall’INPS, che le ha illustrate nella circolare n.149 dello scorso 12 agosto. L’istituto del lavoro accessorio era già stato oggetto di una radicale trasformazione da parte della L.92/2012, la riforma Fornero, che con riferimento al campo di applicazione aveva eliminato le causali soggettive e oggettive sostituendole invece con i soli limiti economici. Dal 25 giugno 2015, data da cui è in vigore la nuova norma, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7000 euro netti, pari ad € 9.333 lordi, nel corso di un anno civile, cioè nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre, importo rivalutabile annualmente sulla base dell’indice dei prezzi al consumo dell’ISTAT. Le attività lavorative svolte invece nei confronti del singolo committente imprenditore o professionista non potranno dare luogo a compensi superiori a 2000 euro netti; poiché anche tale importo è soggetto a rivalutazione annua, il limite rivalutato per l’anno in corso corrisponde all’importo di € 2020, pari ad un importo lordo di € 2693. Il superamento del limite del compenso comporta la trasformazione dei rapporti in lavoro subordinato, posto che il limite massimo previsto dalla legge è elemento “qualificatorio” della fattispecie: come già a suo tempo chiarito dal ministero del lavoro nella cirPAG. 29 - APINFORMA / Lavoro - numero 16 - 15 settembre 2015

colare n. 4/2013, in attesa della costituzione di un servizio informatico di monitoraggio dell’accredito dei voucher, il committente per tutelarsi può opportunamente richiedere al prestatore un’autocertificazione ai sensi dell’art. 46, comma1 lett. o), DPR 445/2000, in ordine al non superamento degli importi massimi previsti dalla legge. Il superamento di tali limiti infatti, ferme restando le conseguenze di carattere penale in capo al prestatore, non potrà non determinare la trasformazione del rapporto nella “forma comune” del rapporto di lavoro, cioè di natura subordinata a tempo indeterminato, quando le prestazioni siano rese nei confronti di una impresa o di un lavoratore autonomo e siano funzionali all’attività di impresa o professionale, vale a dire “ogniqualvolta” le prestazioni siano “verosimilmente fungibili con le prestazioni rese da altro personale già dipendente dell’imprenditore o del professionista”. Tra le novità introdotte dal decreto oltre all’aumento del limite massimo del compenso si annovera la stabilizzazione, cioè la messa a regime, della disposizione che permette di remunerare con i voucher i soggetti percettori di prestazioni integrative del salario e di prestazioni a sostegno del reddito, nel limite di 3000 euro netti, corrispondenti a 4000 euro lordi, di compenso per anno civile, da rivalutarsi annualmente. La legge prevede che in questa ipotesi l’istituto previdenziale sottragga dalla contribuzione figurativa connessa alle prestazioni integrative o di sostegno al reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalla prestazione del lavoro accessorio. Nella circolare illustrativa inoltre, l’INPS precisa che per l’anno in corso il limite di 3000 euro deve intendersi comprensivo anche delle prestazioni di lavoro accessorio già rese nel periodo intercorrente dal 1 gennaio al 24 giugno 2015. Il decreto legislativo n. 81/2015 conferma la disciplina ad hoc del lavoro accessorio nel settore dell’agricoltura, per cui le aziende con volume d’affari superiore ai settemila euro netti all’anno possono impiegare solo pensionati e giovani under 25, iscritti ad un istituto scolastico o all’università, per svolgere attività stagionali; diversamente imprese agricole con fatturato inferiore possono impiegare qualsiasi soggetto in qualunque tipo-


logia di attività in agricoltura, a condizione che i prestatori non siano stati iscritti l’anno precedente nell’elenco dei lavoratori agricoli. Viene confermata la disposizione per cui il compenso per lavoro accessorio è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato; per espressa previsione normativa inoltre questi compensi possono essere presi in considerazione ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. La novità normativa che impatta maggiormente con gli aspetti pratici però riguarda l’obbligo di comunicazione preventiva in capo al committente imprenditore o professionista, tenuto ad effettuare una comunicazione prima dell’inizio della prestazione alla Direzione territoriale del lavoro competente, con modalità esclusivamente telematica, compresi gli sms o la posta elettronica. Il ministero del lavoro, con il messaggio n.3337 del 25 giugno ha tempestivamente comunicato che, nelle more dell’attivazione delle procedure telematiche, la comunicazione in questione sarà effettuata secondo le attuali procedure. Si ricorda che dal 2014 la comunicazione di inizio della prestazione si effettua unicamente all’INPS con modalità telematiche, con accessi alternativi per committenti, possessori di voucher e per delegati, oppure tramite call center o presso le sedi dell’istituto, secondo le istruzioni riportate nella circolare n. 177/2013. La comunicazione deve recare l’indicazione dei dati anagrafici e del codice fiscale del lavoratore, il luogo della prestazione e il riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi. Come precisato dal Ministero del Lavoro nella circolare n.4/2013, la mancata denuncia preventiva di utilizzo del lavoro accessorio comporta l’applicazione della maxi sanzione per lavoro nero. I committenti imprenditori e professionisti sono ora tenuti all’acquisto ed all’utilizzo di voucher esclusivamente telematici, al fine di garantirne la piena tracciabilità; l’acquisto potrà avvenire dunque tramite il canale telematico INPS, presso i tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS-FIT e tramite il servizio internet Banking Intesa Sanpaolo, ed inoltre tramite le Banche Popolari abilitate. Diversamente i committenti non imprenditori o professionisti potranno ancora acquistare i buoni presso le rivendite autorizzate, per cui oltre ai canali sopra elencati, anche presso gli uffici postali di tutto il territorio nazionale. L’istituto previdenziale precisa infine che non possono più essere acquistati presso le proprie sedi buoni lavoro cartacei ad eccezione, ed comunque solo fino al 31 dicembre 2015, dei voucher per l’acquisto dei PAG. 30 - APINFORMA / Lavoro - numero 16 - 15 settembre 2015

servizi di baby-sitting, misura sperimentale per il triennio 2013-2015. Committente e prestatore di lavoro sono tenuti entrambi a registrarsi sulla piattaforma informatica INPS. Dalla home page del sito istituzionale sulla scheda “servizi online”, “accedi ai servizi”, si seleziona “elenco di tutti i servizi”; al centro nella pagina caricata si seleziona la voce “lavoro accessorio” e si visualizza così il menu principale per operare sulla procedura. Da questo menu è possibile accedere anche al manuale utente che ne descrive dettagliatamente le funzionalità e modalità operative. Nella sezione “accesso alla procedura telematica” sono riportate le funzionalità per consentire la registrazione delle parti e l’attivazione dei voucher. Il datore di lavoro accede alla procedura con PIN dispositivo dalla funzionalità “committenti/datori di lavoro” che consente di effettuare la propria gestione anagrafica, la dichiarazione dei rapporti con notifica di inizio rapporto di lavoro, la consuntivazione dei rapporti, i pagamenti on line. All’interno del menu “dichiarazioni” è possibile effettuare la dichiarazione del rapporto di lavoro indicando codice fiscale, data inizio e data fine della prestazione, ed il luogo di lavoro. Per avvalersi del voucher il committente, attraverso le funzionalità contenute nella piattaforma informatica, deve provvedere al versamento di una riserva in denaro, con F24, conto corrente o pagamento on line anche con carta di credito; solo a seguito della costituzione della riserva è consentito effettuare la comunicazione preventiva di inizio prestazione. A seguito delle registrazioni, il lavoratore riceve una card INPS, denominata Postepay virtual, uno strumento di pagamento su cui sono accreditati gli importi relativi alle prestazioni di lavoro accessorio eseguite e di cui il lavoratore può fruire solo a seguito di attivazione della card, diversamente il pagamento è automaticamente accreditato con bonifico domiciliato e riscuotibile presso gli uffici postali. Il decreto legislativo n. 81/2015 specifica che il valore nominale del buono orario è fissato con apposito decreto del Ministero del lavoro tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie con le parti sociali; in attesa dell’emanazione del decreto il valore nominale del buono orario rimane determinato nell’importo di 10 euro; diversamente per il settore agricolo il valore nominale è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale. Attualmente la contribuzione alla gestione sepa-


rata dell’INPS rimane fissata nell’aliquota del 13% del valore del buono e quella all’INAIL al 7%, e sono versate direttamente dal concessionario; la legge dispone che tale percentuale possa essere modificata con apposito decreto ministeriale. Tra le novità più rilevanti si evidenzia infine che diviene legge il divieto di usare voucher nell’esecuzione degli appalti, divieto che fino ad oggi era lasciato alla prassi amministrative; l’utilizzo di la-

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voro accessorio in un appalto comporta infatti la riqualificazione dei rapporti di lavoro in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La legge tuttavia fa salve specifiche ipotesi da individuare con apposito decreto del ministero del lavoro, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del testo normativo. (BA)


Prevenzione incendi

PUBBLICATO SULLA GAZZETTA UFFICIALE IL NUOVO CODICE Il 20 agosto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 192 - Suppl. Ordinario n. 51 il decreto del Ministro dell’Interno 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’art. 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”. L’importante provvedimento, che entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è volto a semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l’introduzione di un unico testo organico e sistematico, contenente disposizioni applicabili a molte delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, indicate all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Caratteristica che contraddistingue il testo riguarda l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico, più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali. Si tratta di un importante progetto innovativo delle norme di prevenzione incendi che consentirà il passaggio da un sistema più rigido, caratterizzato da regole prescrittive, ad uno che predilige l’approccio prestazionale, capace cioè di raggiungere

elevati livelli di sicurezza antincendio attraverso un insieme di soluzioni tecniche più flessibili e aderenti alle peculiari esigenze delle diverse attività. Il decreto si compone di cinque articoli e di un corposo allegato tecnico. L’articolato specifica le attività cui potrà essere applicata nuova normativa e precisa, anche, le modalità di adozione della nuova metodologia introdotta in alternativa alle vigenti disposizioni di prevenzione incendi, per consentire l’introduzione del nuovo approccio con la necessaria gradualità. L’allegato è strutturato in quattro sezioni: - Sezione G - Generalità, con i principi fondamentali per la progettazione della sicurezza antincendio, applicabili indistintamente alle diverse attività; - Sezione S - Strategia antincendio, contiene le misure antincendio di prevenzione, protezione e gestionali applicabili alle diverse attività, per comporre la strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio; - Sezione V - Regole tecniche verticali, contiene le regole tecniche di prevenzione incendi applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, le cui misure tecniche previste sono complementari o integrative a quelle generali previste nella sezione “Strategia antincendio”. Tale sezione sarà nel tempo implementata con le regole tecniche riferite ad ulteriori attività; - Sezione M - Metodi, con la descrizione delle metodologie progettuali. Il testo completo del provvedimento è consultabile sul sito: www.vigilfuoco.it (C)

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Rifiuti LE NUOVE REGOLE PER LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI IN VIGORE DAL 1° GIUGNO Ricorderete che già lo scorso 18 febbraio 2015, ad opera della Legge n. 116/2014 di conversione del Dl n. 91/2014 cd decreto “competitività”, sono state dettate nuove disposizioni in materia di classificazione dei rifiuti. Ora, dal 01 giugno 2015 è in vigore il Regolamento UE n. 1357/2014, la Decisione n. 2014/955/ UE e, dal 18 giugno 2015, il Regolamento UE n. 1342/2014.

LE PRINCIPALI NOVITÀ Regolamento UE n. 1357/2014 Il Regolamento modifica l’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE , corrispondente all’Allegato I del D.lgs. n. 152/06 Parte IV, variando l’elenco delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti e apportando diverse modifiche all’attuale sistema di classificazione dei rifiuti (introduzione criteri specifici, ridenominazione delle classi di pericolo, introduzione concetto “valore soglia”, sostituzione frasi di rischio con le classi -categorie e indicazioni di pericolo previste dal CLP, modifica di alcuni limiti di concentrazione per alcune classi di pericolo, etc). Il regolamento abroga, altresì, alcune direttive, in particolare la Direttiva 67/548/CEE e la Direttiva 1999/45/CE con pieno effetto dal 01 giugno 2015. A titolo di deroga, le due direttive possono applicarsi ad alcune miscele fino al 1° giugno 2017, in caso siano state classificate, etichettate e imballate in conformità della Direttiva 1999/45/CE e già immesse sul mercato prima del 1° giugno 2015. Decisione n. 2014/955/UE La Decisione 2014/955/UE sostituirà la Decisione 2000/532/CE ovvero il provvedimento recante l’elenco europeo dei rifiuti (elenco CER) recepito nell’ordinamento nazionale nell’allegato D alla Parte IV del Dlgs n. 152/06.

Le novità riguardano l’elenco stesso dei rifiuti con l’introduzione di nuovi CER e la rivisitazione di alcune descrizioni oltre alla riscrittura dell’introduzione del provvedimento con nuove indicazioni. Regolamento UE n. 1342/2014 Modifica il regolamento 850-04 introducendo nuove sostanze e nuovi limiti all’elenco dei POP (Inquinanti Organici Persistenti). Questo decreto impatta direttamente sull’ammissibilità dei rifiuti in discarica essendo i POP richiamati nel DM 27 settembre 2010.

COSA FARE Alla luce delle importanti novità di imminente applicazione anche nel nostro ordinamento nazionale, si suggerisce l’avvio delle seguenti specifiche attività: - esecuzione di nuove analisi chimiche di caratterizzazione sui rifiuti nel caso di certificati scaduti o di nuovi rifiuti prodotti secondo i dettati del Reg. n. 1357/2014 o revisione dei certificati ancora in corso di validità a cura del Laboratorio di analisi che li ha emessi, ai fini dell’individuazione delle caratteristiche di pericolo HP. Anche per i rifiuti per i quali non sono state effettuate analisi chimiche (es. batterie, tubi neon, apparecchiature elettriche fuori uso, etc) si suggerisce di procedere con il riesame delle caratteristiche di pericolo attribuite. - Ricognizione dei rifiuti prodotti e corretta attribuzione del CER (secondo nuovo elenco CER di cui alla Decisione n. 2014/955/UE) - Reindividuazione dell’assoggettabilità alla normativa ADR sul trasporto delle merci pericolose su strada. - Verifica della corretta gestione dei rifiuti in Azienda dal punto di vista documentale (registro carico/scarico, formulari, SISTRI, autorizzazioni trasportatori, intermediari, smaltitori/recuperatori) e organizzativo (deposito temporaneo, imballaggi, etichettatura colli, etc) anche in seguito ai risultati delle valutazioni di cui ai punti precedenti. - Incontro aziendale con i referenti interessati per fare il punto sull’eventuale nuovo assetto

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introdotto dall’applicazione delle nuove norme. Si segnala che è prevista l’emanazione di un decreto ministeriale che, non avendo potere di modifica della normativa europea di cui sopra, andrà a sostituire gli Allegati I e D alla Parte IV del DLgs n. 152/2006. Inoltre, il Consiglio di Stato nell’adunanza del 17 maggio scorso ha avanzato alcune osservazioni sul DM , fra le quali quella più rilevante riguarda la caratteristica di pericolo HP14 “eco tossico” di cui lo schema di DM consentiva la ricerca se-

condo le modalità dell’accordo ADR per la classe 9 – M6 e M7 e per la quale il Consiglio di Stato censura il fatto che lo schema di DM “trascura la nota finale” del regolamento n. 1357/2014/UE laddove prevede che “ l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP14 è effettuata secondo i criteri stabiliti dall’Allegato VI della Direttiva 67/548/CEE”. Fonte: SI.ECO srl

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(C)


Piccole produzioni di alimenti PUBBLICATO IL REGOLAMENTO REGIONALE CHE NE DISCIPLINA L’ESERCIZIO È stato pubblicato sul BUR n. 37 del 16 settembre 2015, con Decreto del presidente della Regione 1 settembre 2015, n. 0179/Pres., il Regolamento per la disciplina e l’esercizio delle piccole produzioni locali di alimenti di origine animale e vegetale, in attuazione dell’articolo 8, commi 40 e 41, della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 22 (Legge finanziaria 2011). Il regolamento disciplina i criteri e le modalità per la produzione, lavorazione, preparazione e vendita diretta al consumatore di piccoli quantitativi di: a) carni suine, sia trasformate che stagionate, ottenute dall’allevamento degli animali nella propria azienda; b) di carni avicole e cunicole, sia fresche che tra-

sformate, ottenute dall’allevamento degli animali nella propria azienda; c) di carni di specie diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), domestiche o selvatiche, allevate nella propria azienda per almeno 4 mesi di ungulati selvatici abbattuti nell’ambito della provincia nella quale ha sede l’allevamento e nelle provincie contermini; d) miele e prodotti dell’alveare; e) di prodotti di origine vegetale, coltivati nei terreni della propria azienda agricola e/o raccolte in ambito locale; f) di lumache vive, conserve e sughi di lumache. Il regolamento nel suo articolato fornisce dettagli sull’identificazione degli animali, i requisiti per l’avvio dell’attività, per i locali di: lavorazione, maturazione deposito, vendita, somministrazione, le disposizioni comuni in materia di igiene di trasporto e di acque, di etichettatura e di autocontrollo e controllo ufficiale. Il Decreto è entrato in vigore il 17 settembre 2015.

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SOA: la S.I.C.E.A. rinnova l’attestazione POTRÀ ESEGUIRE IL RESTAURO E MANUTENZIONE DEI BENI IMMOBILI SOTTOPOSTI A TUTELA Rinnovo per la S.I.C.E.A. srl, con sede in via Faedis n. 54 a Attimis (UD), azienda rappresentata dal dott. Paolo Tracogna. La S.I.C.E.A., in fase di rinnovo ha ottenuto l’attestazione per le categorie OG1 e OG2 per la IV classifica, vale a dire 2.582.000 euro e la categoria OG3 per la II classifica corrispondente a 516.000 euro. Questo importante traguardo, le consente di eseguire edifici civili e industriali(OG1) fino ad un importo massimo di 3.098.400 euro. Inoltre, potrà eseguire il restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali (OG2), questa importante categoria riguarda lo svolgimento di un insieme coordinato di lavorazioni specialistiche necessarie a recuperare,

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conservare, consolidare, trasformare, ripristinare, ristrutturare, sottoporre a manutenzione gli immobili di interesse storico soggetti a tutela a norma delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali. Riguarda altresì la realizzazione negli immobili di impianti elettromeccanici, elettrici, telefonici ed elettronici e finiture di qualsiasi tipo nonché di eventuali opere connesse, complementari e accessorie, fino ad un importo massimo di 3.098.400 euro. Poi, strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie linee tranviarie, metropolitane, funicolari, e piste aeroportuali e relative opere complementari(OG3), fino ad un importo massimo, per ogni singola categoria, di 619.200 euro. Ricordiamo che l’attestazione SOA costituisce condizione indispensabile per la partecipazione alle procedure d’aggiudicazione dei lavori d’importo superiore ai 150.000 euro. Al fine d’assistere gli imprenditori, l’Associazione ha predisposto un servizio d’informazione ed assistenza alle proprie imprese sui requisiti e sulla documentazione richiesti per la qualificazione. (CS)


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Nuove direttive LL.PP. in Friuli Venezia Giulia (1a parte) IL DOCUMENTO È IL FRUTTO DI UN INTENSO LAVORO DI COLLABORAZIONE FRA I COMPETENTI UFFICI REGIONALI E LA NOSTRA ASSOCIAZIONE Nel precedente numero di Apinforma n. 15 del 31 agosto, pag. 35, abbiamo dato comunicazione che la Direzione centrale infrastrutture, mobilità pianificazione territoriale, lavori pubblici, edilizia con una circolare del 7 agosto 2015 ha trasmesso le direttive vincolanti in materia di Lavori Pubblici alle Stazioni Appaltanti del Friuli Venezia Giulia. A nostro avviso queste Direttive rappresentano un importante presupposto per il rilancio dell’industria regionale delle costruzioni. Il documento, diramato dall’Amministrazione regionale a tutte le stazioni appaltanti della regione, è il frutto di un intenso lavoro di collaborazione fra i competenti uffici regionali e le organizzazioni di categoria, fra cui la nostra Associazione Confapi FVG. Accanto alla semplificazione delle procedure, le Direttive hanno, infatti, recepito alcuni principi che da sempre la nostra Associazione considera cardini per una corretta aggiudicazione ed esecuzione dei lavori che valorizzi anche il tessuto produttivo locale. Fra i più rimarchevoli figura l’eliminazione del criterio del “massimo ribasso”. Ciò consentirà che i lavori vengano affidati a prezzi congrui (quantificati, cioè, attraverso il prezziario regionale da poco aggiornato) non solo allo scopo di contenere il costo dell’opera, ma anche di garantire qualità, certezza di tempi e lo stesso modus operandi dell’esecutore tanto verso il committente, quanto verso gli altri operatori coinvolti e le maestranze. L’eliminazione del “criterio del massimo ribasso” andrà, inoltre, a diminuire le fonti di contenzioso fra imprese e pubblica amministrazione e a ridurre l’introduzione delle discusse varianti d’opera finalizzate all’adeguamento dei prezzi. Altrettanto importanti sono le misure introdotte PAG. 38 - APINFORMA / Edilizia - numero 16 - 15 settembre 2015

per favorire l’accesso agli appalti da parte delle piccole e medie imprese, come la suddivisione in lotti funzionali, il coinvolgimento delle aziende nella realizzazione delle grandi infrastrutture e nelle connesse opere integrative o compensative, come pure l’introduzione del concetto “di prossimità al luogo di esecuzione dell’appalto”, che ne è il naturale complemento, allo scopo di valorizzare, più di quanto non sia stato fatto in passato, le imprese insediate sul territorio regionale. Quest’ultima misura risponde, inoltre, all’esigenza, da tempo richiamata da Confapi FVG ma spesso dimenticata dagli amministratori pubblici, di innescare un ciclo finanziario virtuoso per il bilancio regionale. Infatti, in forza dell’attuale normativa tributaria l’esecuzione di opere pubbliche appaltate a imprese del Friuli Venezia Giulia genera significativi flussi di entrata per l’erario regionale, avendo ad oggetto interventi che si realizzano sul suo territorio, e, a loro volta, le maggiori entrate vanno ad alimentare nuovi investimenti pubblici a vantaggio delle imprese e della mano d’opera produttiva locale. In questa prima parte approfondiamo le premesse del documento che hanno il compito di illustrare e spiegare le scelte che hanno portato a definire questo importante documento.

PREMESSE Ai sensi dell’articolo 24 della legge regionale 13/2014, i destinatari della direttiva sono tutte le stazioni appaltanti della regione che beneficino di finanziamenti regionali per la realizzazione delle opere e che gestiscano la realizzazione degli interventi per competenza diretta o in regime di delegazione amministrativa in nome e per conto della Regione siano essi enti locali che consorzi, che aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica che aziende sanitarie che società partecipate, oltre che tutte le strutture interne all’amministrazione regionale che pongano in essere opere pubbliche, ad eccezione della Protezione Civile, per tutto ciò che non rientra nel regime ordinario. Peraltro, ai sensi dell’art. 40, lettera e) della legge regionale 14/2002 la presente circolare costituisce espressione della “attività di consulenza finalizzata all’approfondimento e all’uniformità


degli indirizzi interpretativi nella materia dei lavori pubblici e quindi costituisce un supporto per tutte le procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e di lavori, di livello locale e regionale, a tutte le amministrazioni aggiudicatrici della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Inoltre, la presente direttiva è stata oggetto di esame e di una valutazione generale da parte della IV Commissione consigliare ed è il frutto della collaborazione con la CONFAPI FVG e altri soggetti istituzionali quali ANCI, sindacati, Confartigianato e Ance. Le direttive, pertanto, sono il portato e il frutto dell’esperienza maturata in materia non solo da parte degli Uffici dell’Amministrazione regionale ma anche degli operatori economici tutti, direttamente coinvolti nel processo di realizzazione dei lavori pubblici. L’amministrazione regionale avverte la crescente esigenza di poter procedere in tempi rapidi e con maggiore efficienza all’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e degli appalti pubblici di lavori al duplice fine, da un lato, di accelerarne l’avvio recuperando, per quanto possibile, parte del considerevole tempo assorbito dal lungo iter procedurale di realizzazione delle opere pubbliche nelle diverse fasi di programmazione, finanziamento, progettazione, affidamento ed esecuzione e, dall’altro, di rispettare le scadenze imposte dai complessi meccanismi di finanziamento, vincoli di bilancio e rendicontazione. Analoghe esigenze hanno indotto lo stesso legislatore nazionale ad intervenire semplificando le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori avuto riguardo al loro importo e alla loro tipologia e all’Autorità Nazionale Anticorruzione di definire attraverso le “Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” le modalità di affidamento dei c.d. servizi tecnici. In particolare, l’art. 122, comma 7 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. prevede che i lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti secondo la procedura negoziata di cui all’art. 57, comma 6 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, invitando un congruo numero di operatori economici. L’art. 9 del D.L. 133/2014 convertito in Legge n. 164/2014 ha esteso la semplificazione delle procedure per l’affidamento dei lavori di “estrema urgenza” che giustificano il ricorso alla procedura negoziata di cui all’art. 57, comma 6 del D.Lgs. PAG. 39 - APINFORMA / Edilizia - numero 16 - 15 settembre 2015

163/2006 per l’affidamento dei lavori fino alla soglia comunitaria ad interventi di varia natura, tra i quali quelli di messa in sicurezza degli edifici scolastici, di mitigazione dei rischi idraulici e di adeguamento alla normativa antisismica. Lo stesso articolo 9 sopra citato prevede, per gli interventi di cui al punto precedente, deroghe alle forme di pubblicizzazione e alla vigente normativa in materia di sospensione della stipula del contratto in presenza di ricorsi riducendo altresì i tempi di espletamento della gara a dimostrazione del chiaro intento di snellimento e accelerazione dell’azione amministrativa. Il legislatore per l’affidamento di appalti di importo contenuto e di non particolare complessità ha sempre comunque previsto procedure semplificate sia in relazione agli obblighi di pubblicità sia in riferimento alla possibilità di limitare il numero di concorrenti operando una selezione discrezionale degli stessi da parte della stazione appaltante, fondata su elementi fiduciari controbilanciati dall’obbligo di una adeguata rotazione, come nel caso delle acquisizioni in economia mediante affidamenti diretti o procedure di cottimo fiduciario ai sensi dell’art. 125 del D.Lgs. 163/2006. Il combinato disposto di cui all’art. 122, comma 9 e art. 253, comma 20-bis del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. stabilisce che, fino al 31 dicembre 2015, le stazioni appaltanti possono applicare per gare pubbliche per l’affidamento di lavori, fino alla soglia comunitaria (Euro 5.186.000,00) aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, indipendentemente dalla procedura di aggiudicazione prescelta, il criterio dell’esclusione automatica delle offerte anomale con notevoli risparmi di tempo sulle operazioni di gara. Il criterio di esclusione automatica delle offerte anomale garantisce che il ribasso offerto sia per definizione normativa non anomalo in quanto non coincide con il massimo ribasso offerto ma viene calcolato quale media ponderata di tutte le offerte presentate (almeno 10) dopo aver escluso le c.d. “ali” (cioè le offerte con il maggior ribasso e con il minor ribasso). Il criterio di esclusione automatica delle offerte anomale, infatti, non coincide con il criterio del massimo ribasso che, viceversa, espone l’amministrazione in ogni caso e per qualsiasi importo alla necessità della verifica di congruità dell’offerta che comporta l’attivazione di un sub procedimento lungo e dagli esiti incerti. Tra le ragioni che suggeriscono l’opportunità di una maggiore velocita nell’affidamento dei lavori pubblici vi è anche il perdurare della situazione di estrema difficoltà che colpisce tutti i settori eco-


nomici e segnatamente il comparto delle costruzioni, determinando gravi ripercussioni in termini socio-economici ed occupazionali sull’intero territorio nazionale. In ragione peraltro della pressante crisi economica che perdura ancora nel settore delle costruzioni le stazioni appaltanti hanno la possibilità di dare una risposta alle criticità occupazionali anche attraverso l’elaborazione di criteri di scelta fondati anche sul rilancio dell’occupazione. La valorizzazione della valenza sociale degli appalti consente di sviluppare due aspetti intimamente connessi tra di loro dello stesso fenomeno e precisamente quello legato alla promozione dello sviluppo dei territorio mediante l’accesso al mercato da parte delle imprese che hanno solidi legami con le aree nelle quali operano e quello legato alle imprese prossime alle stazioni appaltanti, che per ciò contribuiscono al miglioramento della condizione occupazionale delle aree interessate mediante l’impiego di manodopera locale, indirizzando le risorse pubbliche verso obiettivi di sviluppo sostenibile. Le direttive premettono, altresì, che ai sensi dell’art. 13 della L. 11 novembre 2011, n. 180 “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese” vengono disciplinate le misure per favorire l’accesso agli appalti da parte delle micro, piccole e medie imprese. L’art. 2, comma 1-bis del D.Lgs. 163/2006 dispone che “nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. L’art. 2, comma 1-ter del D.Lgs. 163/2006 dispone altresì che “la realizzazione delle grandi infrastrutture… nonché delle connesse opere integrative o compensative, deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese. Nella Direttiva 2014/24/UE e Direttiva 2014/25/ UE si dispone che gli appalti pubblici siano ade-

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guati alle necessita della piccole e medie imprese e a tal fine si parla della suddivisione in lotti “su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”. La medesima indicazione è presente anche tra le buone pratiche portate ad esempio dal “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici” (25 giugno 2008), laddove viene descritta l’esperienza delle amministrazioni irlandesi le quali, nella costruzione di opere di grande entità, procedono ad aggiudicare separatamente i contratti relativi ad aspetti specialistici (es. servizi elettrici, servizi meccanici) ad operatori che devono collaborare con l’imprenditore che si è aggiudicato l’appalto di coordinamento dell’intera opera. Per la natura e la struttura di questa categoria d’imprese, le opportunità del mercato dei contratti pubblici sono principalmente offerte dagli appalti sotto soglia, per i quali vista la limitata disponibilità di risorse pubbliche messe in appalto, vi sono limitati margini per sostenere eventuali costi legati all’organizzazione “a distanza”. Per tale motivo il rilancio delle piccole e medie imprese si coniuga necessariamente anche con il riconoscimento di un valore determinante al concetto di “prossimità al luogo di esecuzione dell’appalto”, in ragione dell’importo posto a base di gara, da parte del singolo operatore economico concorrente. Il testo integrale della circolare può essere reperita sul nostro sito www.confapifvg.it nella sezione Edilizia e territorio. Ricordiamo che l’ufficio edilizia e territorio è a disposizione per dare ulteriori informazioni, inoltre, a raccogliere segnalazioni sull’applicazione di queste direttive vincolanti da parte delle Stazioni Appaltanti. (continua) (CS)


Urbanistica e edilizia: circolare della Regione (4a parte) LE OPERE MINORI SONO ASSOGGETTATI A PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO La Direzione Centrale Infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale, lavori pubblici, edilizia del Friuli Venezia Giulia ha trasmesso a tutti i Comuni della Regione, alle Province, alle Associazioni di categoria, agli ordini professionali, alle CCIAA, e alle procure della Repubblica, una Circolare interpretativa in merito ad alcune tematiche afferenti all’ambito urbanistico-edilizio. Il documento approfondisce i temi legati alla legge regionale 11 novembre 2009 n. 19 “Codice regionale dell’edilizia”, al Regolamento di attuazione emanato con decreto del Presidente della Regione 18/2012 ed è coordinato con le modifiche introdotte con decreto del Presidente della Regione 097/2015. In questo articolo approfondiamo: opere manutentive in ambiti industriali, opere pubbliche statali, provinciali e regionali opere manutentive in ambiti industriali, opere pubbliche statali, provinciali e regionali, costruzioni in zona sismica, tutela fisica del territorio e opere strutturali.

OPERE MANUTENTIVE IN AMBITI INDUSTRIALI, OPERE PUBBLICHE STATALI, PROVINCIALI E REGIONALI OPERE MANUTENTIVE IN AMBITI INDUSTRIALI Con riferimento alla specifica questione degli interventi manutentivi realizzabili in attività edilizia libera ai sensi degli articoli 4, comma 2, lettera d), e 16 della LR 19/2009, si desidera fornire di seguito precisazioni e inquadramenti puntuali – ai fini esclusivamente urbanistico-edilizi - per le singole opere prospettabili in ambiti industriali, attesa l’ovvia considerazione secondo cui le opere manutentive attuate all’interno di tali zone non possono non avere ampiezza e caratteristiche decisamente diverse rispetto alla medesima tipologia di interPAG. 41 - APINFORMA / Edilizia - numero 16 - 15 settembre 2015

vento edilizio, qualora attuata su edifici ad es. residenziali/commerciali. Ferme restando le prescrizioni (e relativi atti autorizzativi/assensi/nulla osta comunque denominati) derivate dalle disposizioni afferenti ai diversi settori incidenti sulla disciplina urbanistico-edilizia elencati all’articolo 1, comma 2, LR 19/2009 (tra cui si ricordano, a mero titolo di esempio, quelle in materia di tutela ambientale e del paesaggio e le norme in materia di sicurezza, ad esempio cantieri e impianti, e di prevenzione antincendio, nonché le norme in materia di sicurezza statica ed antisismica), sulla scorta di quanto già evidenziato dal Ministero dei lavori pubblici con la circolare 1918/1977 in punto di opere da edificare nell’ambito degli stabilimenti industriali, si evidenzia che la richiamata circolare ha da tempo chiarito che e dato parlare di opere rientranti nella complessiva tipologia della manutenzione priva di rilevanza strutturale (e quindi ad oggi assoggettabili al regime edificatorio dell’attività edilizia libera) in relazione agli “interventi intesi ad assicurare la funzionalità dell’impianto ed il suo adeguamento. Analogamente si esprime il Codice regionale dell’edilizia nel definire gli interventi di: - manutenzione ordinaria, (cfr. art. 4, comma 2, lettera a)) quale somma di eterogenei interventi tra cui quelli di riparazione, rinnovamento e sostituzione di finiture/infissi/serramenti/parti non strutturali degli edifici/U.I./aree di pertinenza, opere necessarie a integrare o mantenere in efficienza i servizi igienicosanitari e gli impianti tecnologici esistenti, nonché attività destinate al controllo delle condizioni del patrimonio edilizio e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale delle sue parti, in aggiunta a tutti gli altri interventi sul patrimonio edilizio e sulle aree di pertinenza espressamente definiti di manutenzione ordinaria dalle leggi di settore; - manutenzione straordinaria (cfr. art. 4, comma 2, lettera b)), quali insieme di opere volte, tra l’altro, alla realizzazione di servizi igienicosanitari ed impianti tecnologici (sempre che non alterino i volumi utili delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche del-


le destinazioni d’uso ne aumento del numero delle unità immobiliari esistenti); - attività edilizia libera (cfr. art. 4, comma 2, lettera d)), quale “insieme di opere di tipo manutentivo o di nuova realizzazione espressamente individuate dalla legge e dalla cui esecuzione non dipendono alterazioni rilevanti dei luoghi o del patrimonio edilizio, e che come tali non necessitano di preventivo controllo tecnico-amministrativo, fatto salvo il rispetto degli eventuali atti autorizzativi previsti dalle leggi in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, di tutela ambientale e le prescrizioni delle altre leggi di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, con particolare riferimento alle norme in materia di sicurezza statica, antisismica, antincendio, sicurezza stradale, sicurezza cantieri e impianti, nonché le norme in materia igienico-sanitaria, in materia di barriere architettoniche, di accatastamento e di intavolazione”. Al fine di agevolare l’inquadramento dal punto di vista edilizio delle opere in questione, si coglie l’occasione per indicare di seguito a titolo esemplificativo alcuni interventi che, per loro natura ed entità, possono confluire nella categoria delle opere manutentive/nuove realizzazioni di modesta entità realizzabili in edilizia libera qualora riguardino immobili destinati ad attività industriali e ad artigianato di produzione, atteso che risultano pacificamente compresi nella manutenzione ordinaria gli interventi Intesi ad assicurare la funzionalità e l’adeguamento tecnologico degli impianti produttivi esistenti (sempre che tali interventi non interessino le parti strutturali degli edifici dello stabilimento, non ne mutino le caratteristiche e non comportino aumento della superficie coperta). In particolare, rientrano nella definizione di manutenzione ordinaria le seguenti opere: 1) quelle necessarie a realizzare, integrare, mantenere in efficienza o adeguare (rispetto alle ordinarie esigenze di servizio/norme di sicurezza) gli impianti tecnologici ed i relativi volumi tecnici, purché garantiscano un rapporto di strumentalità rispetto all’immobile già esistente; 2) realizzazione di volumi tecnici non idonei alla presenza di manodopera, realizzati con lo scopo di proteggere determinati apparecchi o sistemi, quali, ad esempio, cabine per trasformatori/interruttori elettrici/valvole di intercettazione fluidi/stazioni di trasmissione dati e comandi, ecc., purché al servizio dello stabilimento e nel rispetto della sagoma preesistente e dei parametri - in termini di altezze PAG. 42 - APINFORMA / Edilizia - numero 16 - 15 settembre 2015

o distanze - prescritti dagli strumenti urbanistici comunali (derivandone che, in caso di alterazione della sagoma preesistente, l’intervento risulta assoggettabile a SCIA); 3) sistemi per la canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni, fognature e canalizzazioni fognanti aperte (con relative vasche di trattamento e decantazione), realizzati all’interno dello stabilimento, nonché trincee a cielo aperto, destinate a raccogliere tubazioni di processo e servizi; 4) manutenzione o spostamento per esigenze tecniche di serbatoi per lo stoccaggio e la movimentazione dei prodotti e relative opere; 5) installazione di pali porta tubi in metallo e conglomerato armato, semplici e composti, passerelle di sostegni in metallo o conglomerato armato per l’attraversamento delle strade interne con tubazioni di processo e servizi, nonché soppalchi realizzati con struttura portante in ferro e piano in grigliato aperto aventi funzioni di supporto per tubazioni ed apparecchiature contenuti all’interno o all’esterno di edifici; 6) basamenti, incastellature di sostegno e apparecchiature all’aperto per la modifica e il miglioramento di impianti esistenti, nonché attrezzature per la movimentazione di materie prime e prodotti alla rinfusa ed in confezione, quali nastri trasportatori, elevatori a tazze, redler, coclee, scivoli, elevatori in genere, ecc.; 7) separazione di aree interne allo stabilimento realizzate mediante muretti e rete ovvero in muratura; 8) tettoie di protezione dei mezzi meccanici, entro i limiti di cui all’articolo 16, c. 1, lett. j), LR 19/2009; 9) realizzazione di canne fumarie ed altri sistemi di adduzione e di abbattimento; 10) deposito di container o simili, nei limiti di cui alla lettera k) dell’art. 16 LR 19/2009 (5% della superficie utile dell’edificio o U.I. esistenti ad uso diverso dalla residenza).

OPERE PUBBLICHE STATALI, PROVINCIALI E REGIONALI Con la LR 13/2014 (articolo 3, commi 1 e 2, e articolo 10, comma 3) sono state altresì apportate modifiche alla disciplina che regola il profilo urbanistico-edilizio delle opere pubbliche statali, regionali, provinciali, incidendo sugli articoli 10 e 43 del Codice regionale dell’edilizia e statuendo che: - l’approvazione all’unanimità dei progetti di opere pubbliche statali, regionali e provinciali (nonché quelle dei loro formali concessiona-


ri) operata dalla conferenza di servizi produce direttamente anche gli effetti di variante allo strumento urbanistico, ove necessario; - l’A.R. possa autorizzare, a titolo precario, interventi pubblici anche difformi dagli strumenti urbanistici approvati o adottati, purché destinati al soddisfacimento di documentate esigenze di carattere improrogabile e transitorio (disposizione redatta in armonia con il contenuto letterale dell’art. 20, dedicato alle opere precarie private). Tali autorizzazioni, rilasciate dalla Regione dopo consulto col Comune interessato, non sostituiscono i titoli edilizi ordinari e le altre autorizzazioni. Allo scadere del periodo assegnato, le opere precariamente autorizzate vanno rimosse a cura dell’ente realizzatore. Qualora l’opera non venga rimossa e lo stato dei luoghi non sia ripristinato alla scadenza prevista, si procede ai sensi dell’articolo 43 LR 19/2009, e quindi: a) se conformi agli strumenti urbanistici le opere pubbliche di Stato, Regione e Province o loro formali concessionari possono ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria o possono procedere con la comunicazione in sanatoria, a seconda dei casi, provvedendo al pagamento dell’oblazione di 500 euro (per nuove opere principali) o 250 euro (per opere accessorie e varianti a progetti già autorizzati); b) se non conformi agli strumenti urbanistici, a seconda dell’interveniente: • le opere pubbliche dello Stato o quelle di interesse statale realizzate da enti istituzionalmente competenti, già autorizzate in precario, sono soggette alle sanzioni previste dall’articolo 28 DPR 380/2001 (ovvero demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, secondo le procedure di cui al TU edilizia nazionale); • le opere pubbliche realizzate da Regione, Province e loro formali concessionari sono soggette alle sanzioni previste dal Capo VI “Vigilanza e sanzioni” della LR 19/2009 (ovvero demolizione e rispristino dello stato dei luoghi, ai sensi degli artt. 42 sgg.); - nel caso di opere realizzate da Amministrazioni statali sine titulo o con difformità/variazioni essenziali rispetto al progetto autorizzato, la procedura sanzionatoria non possa che essere avviata sulla base di apposita segnalazione dell’organo comunale competente a vigilare sull’attività urbanistico-edilizia ai senPAG. 43 - APINFORMA / Edilizia - numero 16 - 15 settembre 2015

si dell’articolo 42 LR 19/2009, escludendosi pertanto l’eventualità di un avvio del procedimento d’ufficio, ad opera della competente struttura regionale.

COSTRUZIONI IN ZONA SISMICA, TUTELA FISICA DEL TERRITORIO E OPERE STRUTTURALI Si segnala che con l’art. 1414 della LR 13/2014 sono state apportante incisive modifiche alla legge di settore LR 16/2009, rese pienamente operative mediante ulteriori interventi operati in sede di modifiche regolamentari (cfr. DPReg. 22 ottobre 2014, n. 20215). In particolare, l’articolo 4 del sopra citato Regolamento di modifica all’originario Regolamento di settore (emanato con DPReg. 176/2011) individua e disciplina le “OPERE MINORI” (cfr. nuovo art. 4 bis del DPReg. 176/2011) e le “VARIAZIONI STRUTTURALI IN CORSO D’OPERA” (cfr. nuovo art. 4 ter del DPReg. 176/2011). Gli interventi qualificati come opere minori sono assoggettati – ai fini dell’adempimento della denuncia/deposito, nonché ai fini autorizzativi - al procedimento semplificato di seguito riportato: - preliminare valutazione, da parte di un tecnico abilitato, delle implicazioni sulla sicurezza derivanti dalle caratteristiche idrologiche, geologiche e ambientali del sito (attesa l’intrinseca irrilevanza statica); - a seguito di tale giudizio tecnico, asseverazione del professionista della non rilevanza ai fini della pubblica incolumità. In sostanza, per assolvere all’onere della denuncia/deposito prima dell’inizio dei lavori ai sensi del DPR 380/2001, Parte II, Capo IV, viene introdotta una procedura semplificata basata sulla presentazione dell’asseverazione; ulteriore semplificazione della procedura autorizzativa deriva dalla mera verifica della completezza della documentazione, nonché dall’esclusione dell’obbligo di produrre la Relazione a strutture ultimate e il Collaudo per tale categoria di opere. Si rammenta che in ogni caso non possono essere classificati “opere minori” interventi correlati ad edifici e opere “strategici” e “rilevanti” (ai sensi degli art. 2 e 3 del Regolamento citato). Sono state inoltre definite e disciplinate le VARIANTI SOSTANZIALI e quelle NON SOSTANZIALI, demandando al progettista strutturale la valutazione e conseguente dichiarazione circa la sussistenza delle condizioni tecniche per qualificare le modifiche al progetto originariamente depositato quali sostanziali o meno (sulla base di un modello predisposto e disponibile sul sito isti-


tuzionale della Regione). Viene richiesto altresì che tale dichiarazione - correlata da una relazione tecnica esplicativa e da opportuni elaborati grafici - venga condivisa e sottoscritta dal direttore dei lavori (nonché, qualora nominato, dal collaudatore statico in corso d’opera). Sulla base di tale valutazione: - le varianti sostanziali seguono le ordinarie procedure di denuncia/deposito e di autorizzazione adottate per il progetto originario; - quelle non sostanziali sono assoggettate ad un iter semplificato, il quale prevede che la documentazione progettuale (dichiarazione, relazione tecnica ed elaborati grafici) debba essere predisposta e presente in cantiere prima dell’inizio dei lavori oggetto delle varianti, mentre solo successivamente la stessa va depositata presso le Strutture regionali competenti in materia (operanti presso il Servizio edilizia), all’atto della consegna della Relazione a strutture ultimate. Le varianti non sostanziali rimangono assoggettate al procedimento semplificato di rendicontazione/deposito in sede di consegna della Relazione a strutture ultimate anche qualora relative a edifici o opere “strategici” o “rilevanti”. Infine, attraverso un’ulteriore modifica regolamentare si e reso possibile - in relazione agli in-

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terventi di natura privatistica ai sensi dell’art. 5, comma 5 LR 16/2009 - consentire di adempiere all’onere del preavviso/deposito da parte del committente anche qualora il costruttore non sia ancora individuato, al fine di semplificare e velocizzare gli incombenti procedurali. In tal caso, la restituzione di una sola copia della pratica non sortisce i pieni effetti dell’autorizzazione all’inizio dei lavori, che si intende invece rilasciata esclusivamente all’atto della restituzione della seconda copia della stessa (debitamente convalidata, mediante apposita timbratura ad opera delle Strutture regionali competenti in materia) contestualmente alla comunicazione del Costruttore. Corre l’obbligo di rammentare che l’inosservanza delle procedure sopra descritte rimane assoggettata alla disciplina di cui al DPR 380/2001, con particolare riferimento da un lato agli articoli 95 e seguenti in punto di repressione delle violazioni relative a costruzioni in zona sismica (cfr.: Parte II, Capo IV, Sezione III, artt. 95 e sgg.), dall’altro all’applicazione delle norme penali di cui alla Parte II, Capo II, Sezione III, artt. 71 e seguenti, per quanto concerne la violazione degli adempimenti necessari in ambito di opere realizzate in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica. (continua) (CS)


Business News LE ULTIME INFORMAZIONI PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE RICEVUTE DA INFORMEST CONSULTING SRL 4-6 NOVEMBRE 2015: ULTIMI DUE POSTI DISPONIBILI PER LA PARTECIPAZIONE COLLETTIVA ALLA MANIFESTAZIONE FIERISTICA INTERNAZIONALE WORLDFOOD KAZAKHSTAN 2015 INFORMEST Consulting conferma la partecipazione collettiva del gruppo di aziende del settore agrofood alla fiera internazionale Worldfood Kazakhstan 2015, e informa che sono disponibili ancora due posti nello spazio espositivo acquistato. La fiera si svolgerà ad Almaty dal 4 al 6 novembre 2015. L’edizione 2014 ha visto la partecipazione di circa 500 espositori da tutto il mondo, oltre 5.000 visitatori (in crescita rispetto all’edizione 2013) ed un crescente interesse da parte di importatori e distributori locali, ma anche operatori locali del settore ristorazione per tutti i comparti tradizionali dell’agrofood, incluso beverage. Il Kazakhstan, geograficamente la più grande delle repubbliche ex sovietiche dopo la Federazione Russa, ha sviluppato un’economia aperta al commercio mondiale. Il settore agroalimentare è in continua crescita, trainato dalla domanda interna; inoltre, l’Unione Doganale con la Fed. Russa e la Bielorussia, rappresenta un elemento di spinta per la crescita della domanda. In generale, i prodotti agrofood italiani godono di un crescente interesse dei consumatori kazaki, beneficiando di fattori in grado di influenzare la tendenza, tra cui il continuo aumento dei redditi, la presenza di una fascia di popolazione di reddito medio-alto ed alto, le abitudini di consumo in evoluzione. Secondo gli esperti, circa il 90% del consumo è concentrato ad Almaty. L’attuale tendenza è destinata non solo a proseguire, ma anche rafforzarsi nei prossimi anni, fornendo le basi per una crescita della domanda. Considerando quello kazako un mercato strategico per le imprese ita-

liane, INFORMEST Consulting è intenzionata ad organizzare la partecipazione congiunta alla fiera WorldFood Kazakhstan 2015 di un gruppo di aziende italiane del settore agrofood, non concorrenti tra loro, interessate ad uno sviluppo commerciale sul mercato locale. INFORMEST Consulting seguirà i vari aspetti della partecipazione delle aziende, dall’acquisto degli spazi alla selezione preliminare di operatori locali per incontri B2B. Per maggiori informazioni, inviare un’e-mail all’indirizzo: consulenza@informestconsulting.it.

PORTOGRUARO, 12-13 NOVEMBRE 2015: B2B TRA PRODUTTORI VITIVINICOLI E AGROALIMENTARI E BUYERS INTERNAZIONALI

INFORMEST Consulting promuove l’evento INFORMEST Consulting Loves Italian Food che avrà luogo il 12 e 13 novembre 2015 a Portogruaro (VE). L’iniziativa prevede l’organizzazione di incontri B2B tra l’eccellenza della produzione vitivinicola e agroalimentare italiana e selezionati buyers internazionali provenienti dal Centro-Nord Europa. L’evento coinvolgerà produttori italiani del settore vitivinicolo ed agroalimentare e buyers appositamente selezionati e bene inseriti nel canale agroalimentare, interessati a sviluppare relazioni commerciali stabili per la promozione e vendita di prodotti enogastronomici tipici. Alle aziende partecipanti saranno garantiti fino a cinque incontri con i buyers selezionati tra importatori, distributori operanti sul canale Ho.Re.Ca., catene di negozi specializzati (enoteche, negozi di delikatessen, ecc.). Gli incontri B2B tra i produttori partecipanti e i buyers esteri saranno organizzati sulla base di un’agenda personalizzata di incontri d’affari con degustazioni e visite aziendali. Per maggiori informazioni e per richiedere la scheda di adesione (entro il 20 ottobre 2015) è possibile contattare la dr.ssa Linda Rivolt (tel. 0432 629773 – office@informestconsulting.it).

PROGRAMMA DI PENETRAZIONE COMMERCIALE IN GERMANIA AUSTRIA SVIZZERA PER AZIENDE DELLA SUBFORNITURA

INFORMEST Consulting gestisce un programma

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di inserimento commerciale nel mercato di area tedesca nel settore della subfornitura, per aziende operanti nel comparto della subfornitura meccanica, della plastica, aziende produttrici di componenti per prodotti finiti. La Germania in particolare è specializzata nello sviluppo e nella produzione di beni industriali complessi; le richieste delle aziende tedesche si concentrano su componenti

e/o lavorazioni nei seguenti settori: edilizia costruttiva, automotive, industria meccanica, elettrotecnica, industria chimica. Per tale iniziativa è possibile presentare domanda di contributo (Euro 10.000), nell’ambito del voucher per l’internazionalizzazione. Per maggiori informazioni inviare un’e-mail all’indirizzo: m.rosina@informestconsulting.it

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Commercio USA

NUOVO DESK INFORMATIVO PRESSO L’ICE

Sono attivi presso l’Agenzia ICE di New York il Desk per la Tutela dei Diritti di Proprietà Intellettuale ed il Desk di Assistenza per gli Ostacoli al Commercio. Il progetto, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, nasce con l’obiettivo di assistere

le aziende italiane impegnate all’estero su alcuni mercati strategici quali USA, Federazione Russa, Cina, Turchia e Giappone. I Desk, collocati presso l’Agenzia ICE di New York, operano nell’ambito del coordinamento dell’Ambasciata d’Italia a Washington e sono in grado di fornire servizi di informazione, primo orientamento e assistenza alle aziende e organizzazioni interessate relativamente a: - tutela della proprietà intellettuale (marchi, brevetti, modelli di utilità, design, diritto d’autore, registrazione, ecc.); - ostacoli al commercio; - obblighi di certificazione negli Stati Uniti. Di seguito i riferimenti dei Desk:

DESK PER LA TUTELA DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE RESPONSABILE: DR. LUCA BIFFI iprnewyork@ice.it Tel. +1 212-980-1500 Fax + 1 212-758-1050 Appuntamenti: martedì e venerdì 9-17

Il coordinamento dei Desk è affidato alla dott.ssa Laura Del Vecchio dell’Agenzia ICE di New York, alla quale è possibile rivolgersi per informazioni

DESK DI ASSISTENZA PER GLI OSTACOLI AL COMMERCIO RESPONSABILE: DR. LUCA BIFFI fairtrade@ice.it Tel. +1 212-980-1500 Fax +1 212-758-1050 Appuntamenti: martedì e venerdì 9-17

e chiarimenti (tel. + 1 212-980-1500 – newyork@ ice.it). (C)

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Commercio elettronico b2c

LA TUTELA DEI CONSUMATORI NELL’UNIONE EUROPEA

a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

COMMERCIO ELETTRONICO B2C: LE TUTELE DEI CONSUMATORI NELL’UNIONE EUROPEA La conclusione di contratti internazionali con consumatori residenti in altri Stati dell’Unione europea necessita di una previa attenta verifica, da parte dell’impresa, delle disposizioni normative inderogabili vigenti - a tutela del consumatore - nello Stato di residenza di quest’ultimo e di un’organizzazione adeguata a gestire la possibile necessità di difesa dell’impresa nello Stato ove risiede il consumatore.

LA DISCIPLINA DEI CONTRATTI INTERNAZIONALI NEL COMMERCIO ELETTRONICO B2C Le problematiche che Internet pone nella conclusione di contratti on line sono legate soprattutto alla natura tecnica del mezzo di comunicazione utilizzato (delocalizzato ed immateriale) ed all’esigenza di colmare, nella negoziazione, la mancanza di presenza fisica dei due contraenti e l’impossibilità, per chi acquista sulla rete, di valutare appieno il prodotto o il servizio. Per soddisfare tali esigenze, sono state introdotte nell’Unione europea, con la direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico (recepita in Italia, con D.Lgs. n. 70/2003), disposizioni normative che impongono - a chi opera sulla rete fornendo beni o servizi on line -, determinati obblighi informativi ed il rispetto di determinate modalità operative nella conclusione del contratto; ciò, sia che si tratti di contratti tra imprese (B2B), che di contratti tra imprese e consumatori (B2C). Con la successiva emanazione della direttiva

2011/83/UE sui diritti dei consumatori (recepita in Italia con D.lgs. n. 21 del 21 febbraio 2014 che ha sostituito, a decorrere dal giugno 2014, gli articoli dal 45 al 67 del D.lgs. 206/2005, Codice del consumo), è stata razionalizzata ed armonizzata in modo sostanziale, in tutta l’Unione europea, anche la previgente disciplina dei contratti con i consumatori conclusi a distanza e negoziati al di fuori dai locali commerciali. In tali casi, la direttiva 2011/83/UE ha prescritto, a favore dei consumatori, obblighi informativi pre-contrattuali (ulteriori rispetto alla direttiva sul commercio elettronico) con prescrizione di requisiti formali, diritti di recesso, obblighi relativi alla consegna della merce ed al passaggio del rischio, dettando, altresì, obblighi di trasparenza negoziale e vincoli di forma nella formazione e conservazione del contratto. Sono state così introdotte, in ciascuno Stato membro dell’Unione europea, anche per i contratti con i consumatori conclusi con mezzi elettronici (ipotesi espressamente contemplata nell’ambito della disciplina dei contratti a distanza), una serie di regole certe ed uniformi che garantiscono uno standard minimo di tutela del consumatore. Le disposizioni nazionali derivanti dal recepimento della direttiva 2011/83/UE sono infatti inderogabili e, ove non rispettate, danno origine a sanzioni (disposte da ciascuno Stato membro in caso di violazione delle proprie norme nazionali, art. 24 direttiva 2011/83/UE). Nonostante siano stati compiuti importanti passi in avanti nell’armonizzazione della disciplina del commercio elettronico B2C sussistono, nell’Unione europea, proprio nell’ottica della tutela dei consumatori, precisi limiti alla facoltà dell’impresa di imporre al consumatore domiciliato o residente in altro Stato membro le proprie condizioni contrattuali.

LIMITAZIONI ALLA SCELTA DELLA LEGGE NAZIONALE APPLICABILE NEL CONTRATTO INTERNAZIONALE B2C Nei contratti internazionali tra professionisti e consumatori, la facoltà generalmente concessa alle parti di concordare per iscritto la legge regolatrice

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del contratto è soggetta a ben precise limitazioni. Il Reg. CE n. 593/2008 “Roma I”, per l’individuazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, stabilisce che, ove le parti abbiano scelto contrattualmente la legge applicabile ad un contratto con un consumatore “tale scelta non vale a privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma del paragrafo 1” (art. 6, 2° co. Reg. Roma I). In mancanza di scelta, il contratto con il consumatore è “disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale (…)”; ciò a condizione che il c.d. professionista (ossia l’impresa) “a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale; o b) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo, e il contratto rientri nell’ambito di dette attività (…)” (art. 6, 1° co. Reg. Roma I). Ove si possa affermare, dunque, che l’impresa ha svolto o diretto la sua attività (anche tramite Internet) nello Stato in cui il consumatore ha la propria residenza abituale, i contratti conclusi con tale consumatore saranno sottoposti alla legge di tale Stato; ove il consumatore accetti di derogare contrattualmente a tale legge (accettando espressamente, ad esempio, l’applicazione al contratto della legge italiana) una tale pattuizione sarà efficace, solo a condizione che non privi il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative ed inderogabili del proprio Stato. Nella predisposizione di condizioni contrattuali da sottoporre a consumatori residenti all’estero, l’impresa non potrà dunque esimersi dal verificare se vi siano, in ciascuno Stato nel quale intende operare, disposizioni normative imperative ed inderogabili a favore del consumatore in contrasto con le proprie condizioni contrattuali. Data la scarsa uniformità delle disposizioni vigenti nell’Unione europea circa i rimedi concessi al consumatore in caso di non conformità della merce al pattuito, possono, ad esempio, rilevarsi difformi, rispetto a quanto previsto dal nostro Codice del consumo, i termini per la garanzia legale del consumatore.

LA TUTELA DEL CONSUMATORE IN CASO DI CONTROVERSIA: LA COMPETENZA SPECIALE DEL GIUDICE I consumatori godono, nell’Unione europea, di una particolare tutela nei confronti dell’impresa

anche nella determinazione del giudice competente in caso di controversia. Il Reg. UE 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis, in vigore dal gennaio 2015 in sostituzione del precedente regolamento CE 44/2001, c.d. Bruxelles I) prevede, analogamente al precedente Reg. CE 44/2001, disposizioni speciali per determinare la competenza giurisdizionale del giudice in materia di contratti conclusi da consumatori, considerati contraenti deboli e, pertanto, da tutelare. Ai sensi dell’art. 17 par. 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012 (ex art. 15, par. 1, lett. c) del Reg. CE n. 44/2001 sussiste la competenza speciale a favore del consumatore “(…) qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività”. La Corte di giustizia UE si è occupata del concetto di “attività diretta” verso uno Stato membro tramite un sito Internet affermando, ai fini dell’applicazione della competenza speciale del foro del consumatore, che la norma in esame (con riferimento all’art. 15, par. 1, lett. c) del Reg. CE n. 44/2001 “(…), non postula la sussistenza di un nesso di causalità tra il mezzo, vale a dire un sito Internet, utilizzato per dirigere l’attività commerciale o professionale verso lo Stato membro di domicilio del consumatore e la conclusione del contratto con il consumatore medesimo. Tuttavia, la sussistenza di un simile nesso di causalità costituisce un indizio di riconducibilità del contratto ad un’attività di tal genere.” (sentenza Emrek del 17 ottobre 2013, C‑218/12) A condizione, dunque, che si possa sostenere lo svolgimento di attività professionali o commerciali dell’impresa, nello Stato del consumatore o dirette verso tale Stato, il consumatore ha diritto di proporre azioni legali nei confronti dell’impresa contraente, a sua scelta - presso le autorità competenti dello Stato ove è domiciliata l’impresa, ovvero - indipendentemente da tale Stato, presso le autorità competenti per il luogo in cui è domiciliato il consumatore stesso (cfr. art. 18. 1° co. Reg. UE 1215/2012). L’impresa potrà, invece, instaurare la propria azione legale nei confronti del consumatore solo presso le autorità competenti dello Stato in cui è domiciliato il consumatore (art. 18, 2° co. Reg. UE 1215/2012), consentendo così al consumatore di difendersi sempre presso il proprio tribunale. L’impresa potrà derogare alle summenzionate re-

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gole speciali a favore del consumatore, solo stipulando con il consumatore uno specifico accordo in merito “1) posteriore al sorgere della controversia; 2) che consenta al consumatore di adire un’autorità giurisdizionale diversa da quelle indicate nella presente sezione; o 3) che, stipulato tra il consumatore e la sua controparte aventi entrambi il domicilio o la residenza abituale nel medesimo Stato membro al momento della conclusione del contratto, conferisca la competenza alle autorità

giurisdizionali di tale Stato membro, sempre che la legge di quest’ultimo non vieti siffatte convenzioni.” (art. 19 Reg. UE 1215/2012). Tali disposizioni impongono, dunque, all’impresa di redigere la clausola di risoluzione delle controversie, nei contratti on line con consumatori di altri Stati dell’Unione europea, in conformità a quanto ivi previsto e di prepararsi, ove del caso, a difendersi all’estero presso il tribunale del consumatore. Avv. Antonella Versaci

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www.vinoesapori.it

STRADE DEL VINO E SAPORI “APERTO OGGI” Di seguito trovate le cantine e le aziende che possono essere visitate di settimana in settimana dal 07 settembre al 04 ottobre senza bisogno di prenotazione! Dal lunedì alla domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00 Visitate la sezione “Da scoprire” nel sito www.vinoesapori.it/it/emozioni per conoscere gli eventi e le iniziative organizzate negli orari di apertura indicati. PROVINCIA DI GORIZIA

PROVINCIA DI PORDENONE

CANTINA

21/09 27/09

PROVINCIA DI UDINE

28/09 04/10

Cadibon, Corno di Rosazzo Tel. 0039 0432 759316 0039 339 2128280 Mont’Albano Agricola, Povoletto Tel. 0039 0432 647016 0039 345 8139501 Pascolo Alessandro, Dolegna del Collio - Tel. 0039 0481 61144 Tenuta di Blasig, Ronchi dei Legionari - Tel. 0039 0481 475480 0039 338 3991419 Valentino Butussi, Corno di Rosazzo - Tel. 0039 0432 759194 0039 348 4940930

Verificate eventuali aggiornamenti del calendario nella sezione “Aperto oggi” del sito www.vinoesapori.it


India VISTO BUSINESS

LE DIVERSE TIPOLOGIE DI VISTI E CARATTERISTICHE DELL’EMPLOYMENT VISA

Rilasciato a coloro che intendono andare in India per istituire relazioni commerciali, costituire joint venture, assistere a meeting commerciali o tecnici e partecipare a fiere; si rivolge anche a coloro che devono effettuare stage presso aziende. La durata è di 12 mesi.

VISTO STUDENT a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

INDIA: LE DIVERSE TIPOLOGIE DI VISTI E CARATTERISTICHE DELL’EMPLOYMENT VISA L’India si configura sempre di più come mercato in grado di attrarre aziende ed investimenti stranieri e, di conseguenza, cresce il numero di expats che si trasferiscono nel Subcontinente per motivi professionali. Ma in che modo deve comportarsi, da un punto di vista burocratico, un lavoratore che si deve recare in India? Innanzitutto, si reputa opportuno fare chiarezza e specificare che tutti coloro che si trasferiranno in India per ragioni lavorative non potranno utilizzare né un visto turistico, né un visto d’affari, ma esclusivamente un visto di lavoro (employment visa). A tal proposito, proprio per non creare confusione e fornire delucidazioni in merito, si indicano nel quadro generale a seguire tutte le diverse tipologie di visti disponibili per l’India, con particolare focus proprio sull’employment visa:

VISTO TURISTICO Rilasciato a coloro che intendono recarsi in India per motivi turistici; non è consentita nessun’altra attività. La durata è di 6 mesi. L’Italia non beneficia ancora della possibilità di usufruire dell’eTourist Visa (ovvero presentazione della domanda online, pagamento incluso, prima della partenza): recentemente la lista di Paesi a cui è consentita tale possibilità è stata ampliata, ma l’Italia non figura tra questi.

Rilasciato a chi deve seguire corsi o programmi di interscambio con università / istituzioni indiane. La durata varia in base al corso.

VISTO CONFERENCE Rilasciato a coloro che devono partecipare attivamente ad una conferenza organizzata da enti/ istituti/università locali. La durata è di un mese.

VISTO MEDICAL Rilasciato a tutti i richiedenti che intendono sottoporsi a cure mediche presso ospedali o centri medici indiani. La durata varia in base alle differenti necessità del trattamento.

VISTO ENTRY (XV) Rilasciato a cittadini di origine indiana, figli o coniugi di cittadini di origine indiana e a coniugi e figli di una persona assunta in India con employment visa (per questioni di ricongiungimento familiare). La durata varia dai 6 mesi ai 5 anni. Per quanto riguarda invece il visto di lavoro, quest’ultimo viene rilasciato solo a coloro che sono assunti con un regolare contratto di lavoro in India, il cui salario lordo annuo sia pari o superiore a 25.000 USD (circa 22.660 €); qualora tale cifra non sia raggiunta o superata, il visto di lavoro sarà rifiutato dalle autorità competenti. Tuttavia si precisa che tale limite sul salario non si applica alle seguenti categorie di lavoratori: - cuochi etnici - insegnanti di lingua e traduttori - staff diplomatico e personale che lavora presso ambasciate / consolati. L’employment visa ha una validità massima di un anno e può essere successivamente rinnovato presso gli enti competenti locali; inoltre è da considerare “Multiple Entries”, ovvero il richiedente,

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durante il periodo di validità del visto, può entrare ed uscire dal Paese tutte le volte che lo reputa opportuno. I requisiti necessari per ottenere il visto di lavoro sono: - Passaporto originale valido per almeno 6 mesi oltre il periodo di permanenza in India e con minimo tre pagine libere (anche non consecutive) per il visto; - 2 fototessere recenti e identiche formato passaporto, in posa frontale; - Application Form compilata on-line, stampata e firmata. Tale Application Form si può scaricare direttamente dal sito del Governo Indiano cliccando qui. La richiesta deve essere compilata dal richiedente in tutte le sue parti e firmata esclusivamente dal richiedente; la firma deve corrispondere a quella sul passaporto; - Lettera di assunzione dell’azienda indiana. Tale lettera deve riportare la seguente dicitura: “The company has checked the educational and technical qualification of the candidate and found him / her suitable for the post”. Le

eventuali lettere di supporto / copertura da parte dell’azienda indiana devono essere intestate come segue: “To the Consulate General of India Milan / Rome – Italy”. - Versamento da effettuare nei confronti del Centro Visti indiano di Milano o Roma (la domanda si effettuerà in base alla zona geografica di appartenenza): a seconda della durata del visto, il pagamento è di 145 € (per sei mesi) o di 192 € (per un anno), ed entrambi sono da pagare in contanti. Tutti gli interessati a richiedere un visto per andare in India devono tenere a mente che il tempo di rilascio previsto è di circa 10 giorni lavorativi: tuttavia, si tratta di una tempistica indicativa che varia a seconda della tipologia di visto richiesto. Per ulteriori informazioni in merito, si suggerisce di prendere contatto con le istituzioni preposte al rilascio del visto, ovvero l’Ambasciata Indiana di Roma ed il Consolato Generale Indiano di Milano.

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Alessandro Fichera


La tutela della proprietà intellettuale L’ISTANZA DI TUTELA DOGANALE COMUNITARIA

- tutela doganale (a livello di singoli Paesi oppure a livello UE); - tutela civile; - tutela penale. Limitandoci alla tutela doganale, si segnala l’esistenza dello strumento dell’”Istanza di Tutela” (di seguito “Istanza”).

a cura di Newsmercati, la newsletter delle imprese che operano con l’estero

ISTANZA DI TUTELA: CARATTERISTICHE DELLO STRUMENTO E ITER PER LE AZIENDE ITALIANE

TUTELA DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE: L’ISTANZA DI TUTELA DOGANALE COMUNITARIA SECONDO IL REG. UE N. 608/2013 Una breve panoramica sulla funzione dell’Istanza di Tutela doganale in ambito UE, strumento a disposizione di ogni impresa per tutelare al meglio i propri diritti di proprietà intellettuale, valido per qualsiasi tipologia di prodotti. Considerati i danni prodotti dalla contraffazione, le imprese che fanno della qualità, della creatività e dell’innovazione le proprie armi, dovrebbero adottare una strategia di business orientata alla tutela della proprietà intellettuale in un’ottica di prevenzione delle problematiche (la tutela giurisdizionale, infatti, dovrebbe sempre rimanere l’extrema ratio). Gli elementi principali della strategia dovrebbero includere tra gli altri quello di attivare misure deterrenti (metodi anticontraffazione) o misure di tutela preventive (ad esempio la tutela doganale) al fine di tutelare i diritti di proprietà intellettuale sui propri marchi o altri segni distintivi registrati (ad es. le denominazioni commerciali e i modelli di utilità), massimizzare la protezione degli stessi e minimizzare i rischi. Le imprese i cui diritti di proprietà industriale vengono ad essere lesi (o che rischiano di essere lesi) da pratiche contraffattive poste in essere da altri soggetti, possono ricorrere ai seguenti strumenti di tutela: - tutela in opposizione, per domande di registrazione di marchi o marchi già registrati simili ai propri (dinanzi agli Uffici Marchi competenti);

Si tratta di uno strumento attivabile dinanzi alle Autorità doganali di singoli Paesi (es. solo in Italia, oppure in Francia, oppure in territori ancora più lontani es. Cina) oppure a livello UE (depositando un’unica istanza che avrà effetto in tutti i Paesi dell’UE). Soffermandoci sull’istanza comunitaria, che ha l’indiscutibile vantaggio di fornire alle Autorità doganali comunitarie informazioni sui prodotti di una determinata impresa in tutti e 28 i Paesi UE, il Regolamento UE n. 608/2013 (di seguito “Regolamento”, in vigore dal 1 gennaio 2014, che ha sostituito il precedente Regolamento UE n. 1383/2003) prevede che, in presenza del fondato timore che possano entrare nel territorio comunitario merci contraffatte, i titolari dei diritti (ad esempio, un’impresa titolari o licenziataria di un marchio registrato) possono presentare l’Istanza alle Autorità doganali del Paese di appartenenza, al fine di fornire a quest’ultima tutta una serie di informazioni sui propri prodotti (originali) per meglio capire quando, in caso di blocchi, ci si trovi di fronte a merci originali oppure contraffatte. Il controllo delle merci in entrata vale per un periodo massimo di 1 anno (rinnovabile) e le Autorità doganali possono procedere con il blocco (ed eventuale successiva distruzione) delle merci accertate come contraffatte, oppure sospenderne il blocco e consentirne l’immissione in commercio nel territorio UE. Per i cittadini o imprese italiane l’iter è il seguente: - l’Istanza va presentata telematicamente all’Ufficio Centrale Antifrode presso le Dogane Centrali site a Roma; - occorre allegare (normalmente in un CDROM) tutto il materiale necessario all’Autori-

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tà doganale per effettuare i controlli (ad es. indicazioni sulle caratteristiche delle merci originali e sui circuiti di distribuzione autorizzati, sugli imballaggi, un estratto delle registrazioni dei marchi possedute, immagini dei capi, dati di contatto del titolare dei marchi etc.); - nel giro di poche settimane, l’Autorità doganale procede all’istruttoria e, a seguito delle opportune verifiche, comunica l’accoglimento dell’Istanza (oppure il rigetto) informando contemporaneamente tutte le altre Autorità doganali dell’UE e fornendo a queste ultime tutte le informazioni relative alle merci per consentire anche a queste di disporre di tutti gli strumenti per comprendere quali merci potrebbero essere originali e quali contraffatte. Il precedente Regolamento (CE) n. 1383/2003 autorizzava (pur non essendo obbligatorio) gli Stati membri a prevedere una procedura che consentisse la distruzione di alcune merci, senza l’obbligo di avviare un procedimento per stabilire se un diritto di proprietà intellettuale fosse stato violato. Essendosi tale procedura rivelata particolarmente efficace, il nuovo Regolamento ha previsto l’adozione obbligatoria della “procedura semplificata” per tutte le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale ove il dichiarante o il detentore delle merci non sollevino obiezioni alla distruzione. In tal modo, le Autorità doganali potranno sempre procedere alla distruzione di merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale, senza necessità di determinare se la violazione effettivamente sussista qualora, entro 10 giorni lavorativi dalla notifica del blocco delle merci medesime (3 giorni in caso di merci deperibili): a) il soggetto che ha fatto domanda di intervento

doganale conferma che trattasi di merce contraffatta richiedendone la distruzione; b) il detentore delle merci in violazione conferma che si può procedere alla distruzione. Inoltre, tale procedura prevede che le Autorità doganali possano considerare che il dichiarante o il detentore delle merci abbiano prestato il consenso alla distruzione delle merci anche qualora gli stessi non abbiano notificato la propria opposizione alla distruzione entro i termini prescritti (Art. 23 Regolamento). Il grande vantaggio fornito dalle Istanze è quindi la condivisione di informazioni tra le Autorità doganali. Al fine di combattere il commercio internazionale di merci contraffatte, il Regolamento prevede che le Autorità doganali degli Stati membri possano procedere allo scambio di informazioni (che possono anche riguardare i sequestri, le tendenze e i rischi in generale) su presunte violazioni dei diritti di proprietà intellettuale con le Autorità doganali dei Paesi terzi, riguardanti anche merci in transito nel territorio dell’Unione e provenienti dal territorio delle Autorità doganali dei Paesi terzi o ad essi destinate. Tale previsione rappresenta un valido e concreto sostegno per combattere la contraffazione dei prodotti provenienti dai Paesi extra UE ad alto rischio contraffazione (quali, ad esempio, la Cina). A questo proposito, il Regolamento ha istituito una Banca Dati Centrale tramite la quale ciascuna Autorità doganale dei Paesi UE inserisce tutte le informazioni relative all’accoglimento, alla proroga o alla sospensione delle Istanze (Art. 31 Regolamento).

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Avv. Giampaolo Benedetti Pearson


Trasporti eccezionali. Chiarimenti ministeriali DELUCIDAZIONI SULLA DIRETTIVA MINISTERIALE DEL 10 SETTEMBRE 2014 Il decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 2013, n. 31 ha apportato significative modifiche al regolamento di esecuzione del codice della strada (di seguito regolamento e c.d.s.) con riguardo alle procedure per il rilascio delle autorizzazioni (articoli 13-16 e 18, per i quali si rinvia ad Apinforma n. 9/2013, pp. 72-76). Successivamente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici (di seguito Ministero) con la direttiva prot. n.3911/2013 del 1° luglio 2013 (v. Apinforma n. 17/2013, pp. 70-74) ha emanato una serie di istruzioni per la loro applicazione. Successivamente il Ministero è ritornato sulla materia con una seconda direttiva, avente prot. 4214/2014 del 10 settembre 2014, la quale andava a integrare la precedente in un unico testo coordinato (v. Apinforma n. 17/2014 pp. 64-66). Quest’ultima direttiva avrebbe, però, ingenerato alcune interpretazioni divergenti in sede nazionale, tanto da indurre il Ministero a ritornare sull’argomento. Proprio per questo motivo, il Ministero è ritornato sull’argomento con la direttiva n. 3756 del 27 luglio 2015, con la quale ha fornito i seguenti principali chiarimenti:

PREAVVISO DI TRANSITO PER VEICOLI ECCEDENTI I LIMITI DI MASSA DEL CODICE DELLA STRADA Ai sensi dell’art. 16, co. 1 del regolamento, gli enti proprietari della strada hanno facoltà di richiedere il preavviso di transito nei trasporti che richiedano la scorta o che eccedano i limiti di massa dell’art. 62 del c.d.s. Il preavviso è diretto a tutelare le infrastrutture stradali e la sicurezza della circolazione, compresi i controlli su strada di competenza degli organi di polizia stradale. Esso deve contene-

re la conferma esplicita di aver nuovamente accertato la percorribilità dell’intero percorso, ai sensi dell’art. 14, co. 8 del regolamento.

COMODATO D’USO E LOCAZIONE E TRASPORTO INTERNAZIONALE Alla luce dei chiarimenti forniti dal Ministero in materia di locazione e di comodato di veicoli industriali, contenuti nella nota ministeriale prot. 5681 del 16 marzo 2015 (v. Apinforma n. 6/2015, pp. 54-59), il Ministero ha allineato le istruzioni sulla locazione e comodato d’uso dei veicoli eccezionali a quelle del 16 marzo 2015. Pertanto: a) i relativi contratti devono essere redatti in forma scritta e contenere almeno i seguenti elementi essenziali: - nome dell’impresa locatrice/comodatrice e di quella locataria/comodataria; - data e durata del contratto; - dati identificativi del veicolo locato o comodato; b) il contratto deve essere registrato nei casi previsti dalla citata nota 16 marzo 2015, la quale ne richiede espressamente l’adempimento per il comodato; c) copia del contratto deve essere tenuta a bordo del mezzo; d) la durata dell’autorizzazione per il trasporto eccezionale non può superare quella del contratto. In caso di rinnovo tacito e automatico, alla scadenza dovrà essere prodotta la ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle entrate, comprovante l’avvenuta annotazione del rinnovo. La registrazione è altresì richiesta per qualsiasi modificazione degli elementi essenziali del contratto. Per quanto riguarda l’autotrasporto internazionale, per la parte che interessa il territorio italiano, sono abilitati a chiedere il rilascio dell’autorizzazione al trasporto eccezionale gli operatori in possesso dei titoli necessari (licenza comunitaria, autorizzazione bilaterale o CEMT).

AUTORIZZAZIONI SINGOLE E MULTIPLE 1) Descrizione, massa e dimensioni del carico. L’art. 14, co. 7 del regolamento stabilisce che

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nella domanda di rilascio delle autorizzazioni singole e multiple, occorre inserire una “precisa descrizione del carico”, mentre lo schema grafico longitudinale deve riportare la “configurazione del veicolo o complesso di veicoli, con il suo carico”. Per quanto riguarda la “precisa descrizione del carico”, vi si intende una descrizione delle caratteristiche del carico, ossia la sua tipologia, la sua massa, le sue dimensioni e quelle dell’eventuale imballaggio (le quali, precisa la nota, non possono determinare il superamento dei limiti previsti all’art. 10, co. 2, lett. b del c.d.s e dall’art. 13, co. 9 del regolamento). Per “configurazione del veicolo”, si intende una rappresentazione riconducibile alla tipologia del carico trasportato, e non solo la semplice schematizzazione dei limiti del suo ingombro. Se il proprietario della merce non coincide con il committente del trasporto, l’ente autorizzante può rivolgersi direttamente al primo per chiedere conferma della tipologia, massa e dimensioni del bene da trasportare; a tal fine, il richiedente l’autorizzazione deve indicare il nominativo del proprietario, un suo recapito telefonico e l’indirizzo e mail. 2) Individuazione del committente, ai fini della sottoscrizione della dichiarazione di massa del carico L’art.14, co. 7, punto B, lett. b) del regolamento prevede che nelle domande di autorizzazione, singole e multiple, per trasporti eccezionali per massa, il committente debba sottoscrivere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la massa del carico. La nuova direttiva precisa che con il termine committente vada inteso, secondo i casi, il proprietario o il produttore della cosa da trasportare ovvero l’importatore o l’esportatore o lo spedizioniere. La dichiarazione deve essere allegata all’autorizzazione, archiviata in copia dall’ente autorizzante e trasmessa in copia agli altri enti interessati al transito, per le verifiche di competenza. Vengono inoltre richiamate le responsabilità concorsuali dei soggetti della filiera del trasporto, per le sanzioni amministrative previste agli artt. 10, 61, 62, 164 e 167 del c.d.s. 3) Origine e destinazione del trasporto. Nella domanda di rilascio occorre specificare il percorso interessato al transito, caratterizzato da origine e destinazione (compresi gli indirizzi di carico e di scarico), anche quando includa strade di competenza di altri enti proprietari o concessionari.

MEZZI D’OPERA Per quanto riguarda i mezzi d’opera, la direttiva considera tali quelli che effettuano il trasporto dei materiali indicati dall’art. 54, co.1, lett. n) del c.d.s (omissis), o di quelli assimilati indicati dall’art.11, co.2 della legge 23 dicembre 1997, n. 454 (omissis), con annotazione di questa classificazione sulla carta di circolazione. La direttiva ribadisce che il pagamento dell’indennizzo d’usura ex art. 34, co. 1 del c.d.s, costituisce sempre un presupposto imprescindibile per la circolazione dei mezzi d’opera per cui, in mancanza, non possono essere rilasciate autorizzazioni al trasporto. Per i complessi mezzi d’opera con rimorchio o semirimorchio destinato al trasporto esclusivo di macchine operatrici da cantiere, l’art. 13, co. 2, punto B, lett. b) del regolamento prevede la possibilità di richiedere un’autorizzazione periodica nel rispetto delle masse ivi specificate (72 ton, ovvero 56 ton se il complesso è formato da motrice classificata mezzo d’opera o dichiarata idonea a formare autoarticolati mezzi d’opera). In tal caso: a) per il veicolo trainante è dovuto l’indennizzo d’usura ex art. 34, co. 1 del c.d.s; b) per il veicolo trainato: - sulla viabilità ordinaria è dovuto l’indennizzo per la maggiore usura, calcolato in maniera convenzionale ai sensi dell’art. 18, co. 5, lett. b) del regolamento; - sulla viabilità autostradale si applica l’indennizzo per la maggiore usura determinato in modo analitico ai sensi dell’art. 18, co. 1 ovvero co. 3 del regolamento. All’atto della richiesta dell’autorizzazione al trasporto eccezionale e in prossimità della scadenza della tassa di possesso, gli enti proprietari sono chiamati ad attivare le procedure per il controllo del pagamento dell’indennizzo d’usura ex art. 34 del c.d.s, acquisendone copia dell’avvenuto versamento.

TIPOLOGIA DI ASSI/PNEUMATICI La nota richiama gli enti proprietari alla puntuale applicazione dei riquadri numerati della tabella I.3, art. 18 del regolamento, ricordando che le condizioni di equivalenza tra pneumatici sono dettate dalle case costruttrici nel rispetto delle norme di settore. Per copia degli atti citati e altre informazioni le imprese possono rivolgersi all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


Corso di formazione per consulente ADR NELLE GIORNATE 9-13-16-20-23-27 OTTOBRE 2015, DALLE 8.30 ALLE 12.30 NELLA NOSTRA SEDE In vista degli esami che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si appresta a tenere nel novembre 2015 per il rilascio del certificato comunitario di “consulente per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose” (ADR), di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 35, l’Associazione organizza un corso specifico per la preparazione all’esame. Si rammenta che il consulente per la sicurezza dei trasporti è una figura professionale di cui si devono obbligatoriamente avvalere non solo le imprese che eseguono il trasporto in regime ADR, ma anche le imprese committenti che effettuano il carico e lo scarico delle merci pericolose, rifiuti pericolosi inclusi. Il corso è strutturato su due moduli, in modo da consentire: 1) la preparazione alla sessione di esame per rinnovo del certificato CE - ADR quinquennale (20 ore complessive di lezione da realizzarsi nelle giornate del 9-13-16-20 ottobre 2015); 2) la preparazione alla sessione di esame per candidati che non sono titolari di certificato CE - ADR, primo rilascio (24 ore complessive di lezione da realizzarsi nelle giornate del 9-13-16-20-23-27 ottobre 2015). Il corso, la cui frequenza non è obbligatoria ai fini dell’ammissione all’esame, sarà svolto dal dott. ing. Maurizio Tonutti e dal dott. ing. Tiziana Zanetti, appartenenti all’OTC - Organizzazione Tecnici di Controllo e Formazione e sarà finalizzato al conseguimento di tutte le specializzazioni previste dall’art. 5, co. 2 del citato d.legs. 35/2010, con le sole esclusioni degli esplosivi (classe 1 dell’accordo ADR) e dei radioattivi (classe 7 dell’accordo ADR). Qualora, tuttavia, vi fossero partecipanti interessati anche a queste due classi di merci pericolose, questi non hanno che da segnalarlo per il loro inserimento in programma.

La quota di partecipazione a partecipante è pari a: 1) rinnovo quinquennale: Euro 600 + IVA; 2) primo rilascio: Euro 750 + IVA. Di seguito il calendario e il programma:

1° MODULO PER IL RINNOVO QUINQUENNALE E IL PRIMO RILASCIO DEL CERTIFICATO CE - ADR Venerdì 9 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 - registrazione dei partecipanti; - compiti del consulente; - classificazione della pericolosità. Martedì 13 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 - iscrizioni ed etichette di pericolo; - imballaggi; - principali tipi di rischio; - modalità di trasporto stradale. Venerdì 16 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 specializzazione classe 2 (gas); - specializzazione altre classi. Martedì 20 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 - ripetizione generale; - specializzazione classi varie; - specializzazione classe 3 (prodotti petroliferi).

2° MODULO ESCLUSIVAMENTE PER IL PRIMO RILASCIO DEL CERTIFICATO CE - ADR Venerdì 23 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 Studio dei casi: esercitazioni guidate con spiegazione e svolgimento guidato degli studi dei casi più significativi mediante impiego dell’accordo ADR. Martedì 27 ottobre 2015 - Orario 8.30-12.30 Studio dei casi: esercitazioni libere su indicazioni dei partecipanti. È opportuno che ogni partecipante disponga di una copia dell’accordo ADR, edizione 2013, indispensabile anche per sostenere gli esami. Inoltre,

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per un’opportuna valutazione preliminare della conoscenza della materia da parte dei partecipanti, si invitano i medesimi a restituire compilata l’allegata scheda anche nella parte riguardante il grado di cognizioni già possedute. Il corso avrà luogo nella sede dell’Associazione, in Viale Ungheria n. 28 a Udine a condizione che si raggiunga il numero minimo di 8 partecipanti. A tal fine gli interessati sono pregati d’inviare l’unita scheda di adesione entro il 2 ottobre p.v., indicando la forma prescelta di pagamento. Solo qualora

la soglia di 8 partecipanti non sarà stata raggiunta, l’Associazione informerà tempestivamente quanti frattanto avessero aderito all’iniziativa. È, quindi, vivamente consigliabile che il pagamento abbia luogo prima dell’avvio del corso, ma dopo la conferma del medesimo. Per ogni informazione gli interessati possono rivolgersi all’Ufficio Trasporti e all’Ufficio Ambiente e Sicurezza dell’Associazione. (AdT)

- SCHEDA DI ADESIONE (da restituire a APISERVIZI SRL entro il 2 ottobre 2015 fax n. 0432-295922)

CORSO DI FORMAZIONE PER CONSULENTE ADR PER LA SICUREZZA NEL TRASPORTO DI MERCI PERICOLOSE Impresa, ente, studio di appartenenza _______________________________________________________________________ Indirizzo _________________________________________________________ Città ___________________________________ Tel. – Fax - E-mail ________________________________________________________________________________________ Nome e cognome ________________________________________________________________________________________ Titolo di studio posseduto _________________________________________________________________________________ Mansioni svolte nell’impresa:  legale rappresentante  impiegato

 autista

 responsabile sicurezza

 consulente esterno

Certificato per consulente:  primo rilascio  rinnovo Tipo di certificato eventualmente già posseduto:  solo prodotti petroliferi  tutte le classi ADR, tranne la 1a e la 7a  ferroviario  radioattivo

 stradale  esplosivi

Eventuale estensione del certificato già posseduto:  sì  no Data____________________________

Firma _______________________________________

GRADO DI CONOSCENZA

INSUFFICIENTE

SUFFICIENTE

BUONO

OTTIMO

Conoscenze ADR

Conoscenze norme in materia di sicurezza (TU sulla salute e sicurezza)

Conoscenze norme ambientali e rifiuti (TU dell’ambiente)

Conoscenze codice della strada

Conoscenze sul trasporto di merci non pericolose su strada

Conoscenze trasporto merci su ferrovia

Pagamento: q Con assegno bancario o circolare non trasferibili intestato a: Apiservizi srl. q Con bonifico bancario intestato a: Apiservizi srl c/o la Banca Popolare di Vicenza, Filiale di Udine, codice IBAN IT04D0572812300700570006761. q Con versamento sul c.c. postale n. 17538331 intestato ad Apiservizi srl.

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Autotrasporto c/t. Costi indicativi di riferimento PUBBLICATI I COSTI INDICATIVI DI RIFERIMENTO DEL GASOLIO PER L’AGOSTO 2015

Si fa seguito a quanto riportato su Apinforma n. 15/2015 per segnalare che il 31 agosto 2015 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per il trasporto stradale e l’intermodalità (di seguito Ministero) ha pubblicato sul proprio sito (www.mit.gov.it) l’aggiornamento mensile della voce “costo per litro del gasolio” per le imprese di autotrasporto di cose in conto terzi relativamente al mese di agosto 2015. In particolare, tenuto conto del prezzo medio al consumo accertato dal Ministero dello sviluppo economico nell’agosto 2015 (pari a 1.398,76 euro

per 1.000 litri di gasolio), il valore mensile di riferimento di questa voce risulta essere di: - 1,146 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 7,5 t (al netto dell’IVA); - 0,932 euro/l per i veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 7,5 t (al netto di I.V.A. e rimborso delle accise). Si rammenta che a partire dal luglio 2015, con la ripresa delle pubblicazioni dei predetti valori indicativi, la nuova nota metodologica del Ministero ha chiarito che l’unica componente che verrà aggiornata mensilmente è quella del gasolio; per tutte le altre, la stessa nota ha informato che a seguito dei rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero non provvederà più a quantificarle, limitandosi a riportare i criteri o le fonti da cui poter ricavare i relativi dati (ad es. il CCNL per il costo del lavoro). Il testo della nota ministeriale e altre informazioni possono essere richiesti all’ufficio economico dell’Associazione. (AdT)

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Infrazioni al codice della strada AGGIORNATI GLI IMPORTI DELLE SPESE DI ACCERTAMENTO E NOTIFICA PER L’INVIO DEI VERBALI DELLA POLIZIA Con decreto dell’8 luglio 2015, pubblicato sulla G.U. n. 214 del 15 settembre, il Ministro dell’interno ha aggiornato gli importi delle spese di accertamento e notifica dei verbali redatti dalla Polizia di Stato per le infrazioni al codice della strada contestate in via differita, importi che, ai sensi dell’art.

201, co. 4 del codice della strada, sono posti a carico dei responsabili del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria. Pertanto, a partire dal 16 settembre 2015, le spese in esame ammontano a 15,23 Euro, I.V.A. inclusa (dai precedenti 11,86 Euro in vigore dal 1° dicembre 2014). Questi importi potranno essere rideterminati, tenendo conto sia di eventuali modifiche normative nel frattempo intervenute, sia delle variazioni dei costi di accertamento legate all’applicazione di nuovi soluzioni informatiche. Copia del decreto e altre informazioni possono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione.

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(AdT)


Legislazione alimentare NOVITÀ NORMATIVE, NAZIONALI E COMUNITARIE, SPECIFICHE PER GLI OPERATORI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE Fonte: Unionalimentari

ADDITIVI, AROMI ED ENZIMI Chiarimenti additivi Il Ministero della Salute ha pubblicato nota n. 33341 del 24 agosto 2015 ad oggetto i regolamenti comunitari riguardanti gli additivi alimentari autorizzati sia negli alimenti di origine animale che vegetale, pubblicati nel periodo 1° gennaio - 31 luglio 2015.

nenti la valorizzazione e la salvaguardia delle caratteristiche di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari, contraddistinti da riconoscimento U.E., ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (CE) n. 607/2009. Comunicato fondo investimento Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato il comunicato di attuazione dell’articolo 4, comma 2, del decreto 29 gennaio 2015, istitutivo di un fondo di investimento nel capitale di rischio di piccole e medie imprese.

RESIDUI FITOSANITARI, METALLI, MICOTOSSINE Sostanze attiva Il Ministero della Salute ha pubblicato la nota del 10 agosto 2015 ad oggetto le modifiche degli allegati II, III e IV del regolamento n. 369/2005 per alcune sostanze attive. oOo

ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE Esportazione verso Ucraina Il Ministero della Salute ha pubblicato la nota 22595 del 4/9/2015 ad oggetto la rimozione del divieto di esportazione verso l’Ucraina di pollame, prodotti derivati e materie prime proveniente dal Veneto. Chiarimenti export Bresaola in Canada Il Ministero della Salute ha pubblicato la nota ad oggetto alcuni chiarimenti relativi al certificato sanitario per la Bresaola destinata all’esportazione dall’Italia verso il Canada.

COMMERCIO Agricoltura Sociale E’ stata pubblicata la Legge 18 agosto 2015, n. 141 concernente le disposizioni in materia di agricoltura sociale. Contributi valorizzazione prodotti agricoli e alimentari Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e forestali ha pubblicato il decreto 28 luglio 2015 concernente la determinazione dei criteri e delle modalità per la concessione di contributi, concer-

DATI DI MERCATO 35a SETTIMANA, 36a E 37a SETTIMANA 2015 (DAL 24 AL 30 AGOSTO, DAL 31 AGOSTO AL 6 SETTEMBRE, DAL 7 AL 13 SETTEMBRE 2015) Sono disponibili i rapporti settimanali, suddivisi per i diversi comparti merceologici, contenenti informazioni e dati aggiornati sull’andamento dei prezzi dei prodotti monitorati e sulle principali variabili statistico-economiche, inclusi consumi e commercio con l’estero, per i seguenti settori: avicunicoli; bovini; frumento; frutta fresca e agrumi; lattiero caseario; mais ed alimenti per il bestiame; oli vegetali; ortaggi e patate; ittico; suini; vini e alcolici.I dati riportati sono gli ultimi disponibili e sono riferiti alle rilevazioni effettuate nel corso delle settimane sopra indicate. oOo

RASFF – RAPID ALERT SYSTEM FOR FOOD AND FEED Il meccanismo delle comunicazioni rapide è uno strumento essenziale per la valutazione di even-

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tuali rischi e per la tutela del consumatore. Per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi è stato istituito il sistema rapido di allerta comunitario, sotto forma di rete, a cui partecipano la Commissione Europea, l’EFSA (Autorità per la sicurezza alimentare) e gli Stati membri dell’Unione. Dati relativi alla settimana n. 36, dal 31 agosto al 6 settembre 2015 È disponibile l’elenco riepilogativo delle 50 notifi-

che (di cui 13 allerte) effettuate tramite il Sistema di Allerta Rapido Comunitario. Una allerta avviata dall’Italia, relativa a casi di sindrome sgombroide collegato al consumo di tranci di tonno crudo provenienti dalla Spagna. Dati relativi alla settimana n. 37, dal 7 al 13 settembre 2015 Le Imprese interessate possono richiedere l’elenco riepilogativo delle 50 notifiche (di cui 13 allerte) effettuate tramite il Sistema di Allerta Rapido Comunitario. Nessuna allerte avviata dall’Italia.

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Canone di locazione immobili urbani Gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, senza tabacchi, relativi ai singoli mesi 2014 e 2015 e le loro variazioni rispetto agli indici relativi al corrispondente mese dell’anno precedente e di due anni precedenti sono riportati nella tabella sottostante.

INDICE ISTAT MESI DI GIUGNO E LUGLIO 2015

(C)

ANNI E MESI 2014

2015

INDICI (BASE 2010 = 100)

VARIAZIONI PERCENTUALI RISPETTO AL CORRISPONDENTE PERIODO DELL’ANNO PRECEDENTE

DI DUE ANNI PRECEDENTI

PUBBLICAZIONE GAZZETTA UFFICIALE

Giugno

107,4

0,3

1,5

n. 171 del 25 luglio 2014

Luglio

107,3

0,1

1,3

n. 194 del 22 agosto 2014

Agosto

107,5

-0,1

1,0

n. 220 del 22 settembre 2014

Settembre

107,1

-0,1

0,7

n. 248 del 24 ottobre 2014

Ottobre

107,2

0,1

0,8

n. 276 del 27 novembre 2014

Novembre

107,0

0,2

0,8

n. 297 del 23 dicembre 2014

Dicembre

107,0

-0,1

0,5

n. 20 del 26 gennaio 2015

Media

107,2

Gennaio

106,5

-0,7

-0,2

Febbraio

106,8

-0,4

0,1

n. 72 del 27 marzo 2015

Marzo

107,0

-0,2

0,1

n. 94 del 23 aprile 2015

Aprile

107,1

-0,3

0,2

n. 121 del 27 maggio 2015

Maggio

107,2

-0,1

0,3

n. 145 del 25 giugno 2015

Giugno

107,3

-0,1

0,2

n. 170 del 24 luglio 2015

Luglio

107,2

-0,1

0,0

n. 201 del 31 agosto 2015

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Scadenze aziendali ottobre 2015 IL CALENDARIO DELLE SCADENZE PER IL MESE DI OTTOBRE 2015

SABATO 10 INPS - LAVORO DOMESTICO - Scade il termine per il versamento dei contributi dei lavoratori domestici.

GIOVEDÌ 15 FATTURAZIONE DIFFERITA - Scade il termine per l’emissione delle fatture riferite a cessioni di beni consegnati o spediti, previa emissione di un documento di trasporto, nel mese di settembre. Le stesse fatture devono essere registrate entro il termine di emissione e con riferimento al mese di consegna o spedizione.

VENERDÌ 16 IVA - LIQUIDAZIONE MENSILE - Scade il termine per la liquidazione ed il versamento dell’Iva relativa al mese di settembre. Qualora l’imposta a debito, pur sommata a quella riportata dai periodi precedenti, non dovesse essere superiore a € 25,82 il relativo versamento dovrà essere effettuato il prossimo mese unitamente a quello dell’imposta relativa al mese in corso. I versamenti vanno effettuati utilizzando il modello F24. IVA ANNUALE - RATEIZZAZIONE - Scade il termine per il versamento dell’8a rata dell’Iva, relativa al 2014 risultante dalla dichiarazione annuale con applicazione degli interessi nella misura dello 0,33% mensile a decorrere dal 6 marzo 2015 utilizzando il codice tributo 6099. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quinta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti titolari di partita Iva, non interessati all’applicazione degli studi di settore e che non hanno beneficiato della proroga.

VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quarta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti titolari di partita Iva, non interessate all’applicazione degli studi di settore e che hanno versato la prima rata il 16 luglio con la maggiorazione dello 0,40%. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quinta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti titolari di partita Iva, interessati all’applicazione degli studi di settore e che hanno beneficiato della proroga del versamento della prima rata al 6 luglio. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della terza rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti titolari di partita Iva, interessati all’applicazione degli studi di settore e che hanno beneficiato della proroga del versamento della prima rata dal 7 luglio al 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40%. IRPEF - Scade il termine per il versamento delle ritenute operate nel mese precedente su: - redditi di lavoro autonomo; - redditi derivanti dall’utilizzazione di marchi ed opere dell’ingegno e partecipazione in associazione; - obbligazioni e titoli similari; - redditi di capitale diversi da dividendi e interessi, premi o altri frutti di obbligazioni e titoli similari; - provvigioni; - redditi di lavoro dipendente e assimilati. I versamenti vanno effettuati utilizzando il modello F24. INPS - CONTRIBUTO GESTIONE SEPARATA Scade il termine per il versamento del contributo INPS della gestione separata secondo le seguenti aliquote: - 27,72 per i lavoratori autonomi titolari di partita Iva;

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- 30,72% (prima fascia) per i soggetti che non sono iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie; - 23,5% per i soggetti già iscritti ad altra gestione obbligatoria. Il contributo così calcolato è posto: - per un terzo a carico dei percettori dei compensi, - per due terzi a carico del soggetto che eroga i compensi. I versamenti vanno effettuati utilizzando il modello F24.

CONTRIBUTI INPS DIRIGENTI (EX INPDAI) Scade il termine per il versamento dei contributi, tramite il mod. F24, della contribuzione Inps dei dirigenti per le retribuzioni di competenza del mese precedente.

ADDIZIONALE REGIONALE E COMUNALE SU CONGUAGLIO DI FINE RAPPORTO - Scade il termine per il versamento dell’addizionale regionale e dell’eventuale addizionale comunale, da trattenere all’atto del conguaglio di fine rapporto effettuato e liquidato nel mese precedente. Il codice tributo per il versamento è il 3802 per l’addizionale regionale e il 3848 per l’addizionale comunale. I versamenti possono essere effettuati presso gli sportelli di qualsiasi concessionario o banca convenzionata, nonché presso gli uffici postali abilitati, utilizzando, in tutti i casi, il modello unico di pagamento fisco/inps/regioni (Mod. F24).

MARTEDÌ 20

ADDIZIONALE REGIONALE E COMUNALE 2014 - Scade il termine per versare le rate di addizionale regionale e addizionale comunale trattenute sulle retribuzioni del mese precedente. Tale versamento è da effettuarsi insieme alle ritenute IRPEF. Il codice tributo è il 3802 per l’addizionale regionale e il 3848 per l’addizionale comunale; l’anno di riferimento è il 2014.

INPS - FONDO DI TESORERIA - Scade il termine per i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti di versare al Fondo di tesoreria la quota mensile di TFR, totale o parziale, maturata nel mese precedente e non devoluta alle forme pensionistiche complementari. PREVINDAPI - Scadenza della denuncia e del versamento dei contributi Previndapi relativi al terzo trimestre (luglio-agosto-settembre 2015) per i dirigenti e i quadri superiori.

DOMENICA 25 (POSTICIPA A LUNEDÌ 26) IVA INTRACOMUNITARIA MENSILI - Scade il termine per la trasmissione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni e servizi relativi al mese di settembre. I modelli da presentare sono: - l’INTRA 1, l’INTRA 1-bis, l’INTRA 1-ter, l’INTRA 1-quater e l’INTRA 1-quinquies per le cessioni; - l’INTRA 2, l’INTRA 2-bis, l’INTRA 2-ter, l’INTRA 2-quater e l’INTRA 2-quinquies per gli acquisti. La presentazione deve essere fatta in via telematica.

CONTRIBUTI INPS LAVORATORI DIPENDENTI - Scade il termine per il versamento all’Inps, tramite mod. F24, dei contributi relativi ai lavoratori dipendenti.

IVA INTRACOMUNITARIA TRIMESTRALI Scade il termine per la trasmissione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni e servizi relativi al terzo trimestre 2015. I modelli da presentare sono: - l’INTRA 1, l’INTRA 1-bis, l’INTRA 1-ter, l’INTRA 1-quater e l’INTRA 1-quinquies per le cessioni; - l’INTRA 2, l’INTRA 2-bis, l’INTRA 2-ter, l’INTRA 2-quater e l’INTRA 2-quinquies per gli acquisti. La presentazione deve essere effettuata in via telematica.

CONTRIBUTI COLLABORATORI - Scade il termine per il versamento tramite mod. F24 telematico dei contributi trattenuti il mese precedente dai committenti per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto.

MODELLO 730 - INTEGRATIVO - Scade il termine per consegnare al CAF il modello 730-integrativo da parte del lavoratore dipendente o pensionato che ha già presentato il modello 730/2015.

ACCONTO ADDIZIONALE COMUNALE 2015: scade il termine per versare la rata di acconto dell’addizionale comunale trattenuta ai dipendenti sulle retribuzioni del mese precedente. Tale versamento è da effettuarsi insieme alle ritenute IRPEF. Il codice tributo è il 3847. L’anno di riferimento è il 2015.

PAG. 67 - APINFORMA / Organizzazione - numero 16 - 15 settembre 2015


INPS/CIG - Presentazione della domanda di pagamento dell’integrazione salariale per le sospensioni o riduzioni iniziate nel mese precedente, con modalità telematiche a mezzo mod. Igi 15 (Cig) e Cigs on line (Cigs) da parte di datori di lavoro interessati a Cig e Cigs. ASSISTENZA FISCALE - Termine entro il quale il lavoratore consegna al Caf o a un professionista abilitato, anche in caso di assistenza prestata dal sostituto di imposta, la dichiarazione integrativa del 730/2015; Sono interessati tutti i lavoratori dipendenti o pensionati o redditi assimilati a lavoro dipendente che hanno presentato il Mod. 730/2015, e che hanno riscontrato nella suddetta dichiarazione errori ed omissioni la cui correzione comporta un maggior rimborso o un minor debito

VENERDÌ 30 CONTRATTO DI LOCAZIONE - Scade il termine per la registrazione dei nuovi contratti di locazione di immobili con decorrenza 1° ottobre 2015 e versamento dell’imposta di registro per i contratti di locazione con annualità scaduta il 30 settembre 2015. BENI D’IMPRESA CONCESSI IN GODIMENTO A SOCI/FAMILIARI - Scade il termine per la comunicazione telematica dei dati relativi ai beni concessi in godimento a soci o familiari. FINANZIAMENTI CONCESSI A SOCI/FAMILIARI - Scade il termine per la comunicazione telematica dei dati relativi ai soci o familiari dell’imprenditore che effettuano finanziamenti o capitalizzazioni nei confronti dell’impresa.

SABATO 31 (POSTICIPA A LUNEDÌ 2) VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della sesta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti non titolari di partita Iva, non interessate all’applicazione degli studi di settore e che non hanno beneficiato della proroga. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quinta rata delle imposte dovute in base alla

dichiarazione unificata da parte dei contribuenti non titolari di partita Iva, non interessate all’applicazione degli studi di settore e che hanno versato la prima rata il 16 luglio con la maggiorazione dello 0,40%. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quinta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti non titolari di partita Iva, interessate all’applicazione degli studi di settore e che hanno beneficiato della proroga del versamento della prima rata al 6 luglio. VERSAMENTO DELLE IMPOSTE IN BASE A UNICO 2015 - Scade il termine per il versamento della quarta rata delle imposte dovute in base alla dichiarazione unificata da parte dei contribuenti non titolari di partita Iva, interessate all’applicazione degli studi di settore e che hanno beneficiato della proroga del versamento della prima rata dal 7 luglio al 20 agosto con la maggiorazione dello 0,40%. ELENCO ACQUISTI DA SAN MARINO - Scade il termine per la trasmissione telematica della comunicazione degli acquisti, senza applicazione dell’Iva, presso operatori di San Marino registrati nel mese di settembre. RIMBORSO IVA INFRANNUALE - Scade il termine per la presentazione telematica dell’istanza di rimborso/compensazione del credito Iva maturato nel terzo trimestre. CONTRIBUTI INPS LAVORATORI DIPENDENTI - Scade il termine per la presentazione in via telematica della denuncia mensile retributiva e contributiva UNIEMENS individuale. LIBRO UNICO - Scade il termine per le registrazioni relative al mese precedente AGENTI E RAPPRESENTANTI - Le aziende preponenti devono inviare ad agenti e rappresentati il conto provvigioni e liquidazione delle provvigioni del trimestre precedente come previsto dall’art. 1749 c.c.

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