Gira Estate 1 - Narrativa

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Una fiaba tira l’altra

Storie al sole 1

NARRATIVA

Responsabile editoriale: Antonio Riccio

Redazione: Roberto Capobianco

Progetto grafico: Stefano Guarracino

Impaginazione: Michele Digregorio

Illustrazioni: Stefano Mandolese

Prestampa e stampa: Arti Grafiche Italo Cernia s.r.l. - Italia

© 2023 Editrice Ardea Web s.r.l.

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A cura di Rosa Dattolico
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Ed ecco che arriva il brutto anatroccolo, è grigio grigio e in testa ha un bernoccolo. – Sei buffo – qualcuno gli dice.

Il poverino piange ed è proprio infelice.

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Il brutto anatroccolo

L’estate era iniziata, i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta tra fitti

cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova.

Finalmente, uno dopo l’altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire

alcuni adorabili anatroccoli gialli.

“Pip! Pip! Pip! Pip!” – esclamarono i nuovi nati.

– Ci siete tutti? – domandò

amorevolmente mamma anatra.

E, mentre guardava i suoi piccoli, notò che l’uovo più grande non era ancora schiuso e se ne meravigliò. Si mise allora

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a covarlo nuovamente.

– Buongiorno! Come va? – le domandò una vecchia anatra un po’ curiosa, che era venuta in quel momento a farle visita. – Il guscio di questo uovo non vuole aprirsi, guarda invece gli altri piccoli, non trovi che siano meravigliosi? –disse mamma anatra.

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Mostrami un po’ quest’uovo – disse la vecchia anatra per tutta risposta. – Ah! Caspita! Quest’uovo è certamente un uovo di tacchino. Abbandonalo e insegna a nuotare piuttosto agli altri anatroccoli.

Finalmente il grosso uovo si aprì e lasciò uscire un grande anatroccolo, brutto e tutto grigio.

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Bah! Lo saprò domani!

Il giorno seguente, infatti, l’anatra portò

la sua piccola famiglia ad un vicino

ruscello e saltò nell’acqua: gli anatroccoli

la seguirono tutti, compreso quello

brutto e grigio.

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– Mi sento

già più sollevata –sospirò l’anatra, – almeno non è un tacchino!

Ora venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini.

– Oh!

Guardate, i nuovi venuti!

Come se non fossimo già numerosi!... E questo anatroccolo grigio non lo vogliamo! –

disse una grossa anatra, mentre gli altri

anatroccoli guardavano quello grigio e ridevano.

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Non fategli male! – gridò la mamma anatra furiosa.

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– È così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo! – aggiunse la grossa anatra con tono beffardo.

Non sarà bello adesso, può darsi però che, crescendo, cambi; e poi ha un buon carattere e nuota meglio dei suoi fratelli

assicurò mamma anatra. – La bellezza, per un maschio, non ha importanza –concluse, e lo accarezzò con il becco. –Andate, piccoli miei, divertitevi e nuotate bene!

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Il povero anatroccolo veniva deriso da tutti gli animali del cortile: le galline lo urtavano, mentre il maialino e la mucca lo impaurivano.

Nei giorni che seguirono, le cose si aggravarono: i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo.

Il piccolo anatroccolo era molto infelice e, stanco della situazione, scappò. Dopo qualche ora di marcia, arrivò ad una catapecchia, la cui porta era socchiusa: era la dimora di una vecchia che viveva con un gatto. Alla vista dell’anatroccolo la vecchietta, che non ci vedeva bene, esclamò: – Oh, una magnifica anatra! Che bellezza, avrò anche le uova.

La vecchia attese tre lunghe settimane… ma le uova non arrivarono.

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Il gatto, intanto, si dimostrò molto cattivo nei riguardi del povero anatroccolo che, ancora una volta, scappò lontano.

L’inverno arrivò freddo e pungente e l’anatroccolo infreddolito svenne. Un contadino lo trovò quasi senza vita; ruppe il ghiaccio che lo circondava e lo portò ai suoi figli.

Il povero anatroccolo anche qui veniva maltrattato e così, un bel giorno, riuscì ad uscire e prese il volo, inseguito dalla moglie del contadino.

La primavera era finalmente arrivata.

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Un giorno l’anatroccolo si accorse del suo riflesso sull’acqua, dove nuotavano dei bellissimi cigni. Che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci: non era più un anatroccolo grigio… era diventato un bianchissimo e

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Il brutto anatroccolo

Rimiamo con i personaggi della fiaba

* Leggi la filastrocca e colora l’illustrazione.

Mamma anatra e gli anatroccoli

Mamma anatra coccolò i suoi graziosi anatroccolini diede a tutti tanti bacini e li chiamò “tesorini”.

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SCHEDE

* Leggi la filastrocca e colora l’illustrazione.

La vecchia e la grossa anatra

La vecchia anatra guardò l’ovetto e sicura esclamò: – Qui c’è un tacchino non è grazioso ma è tanto birichino.

Poi la grossa anatra assai curiosa beccò il povero anatroccolino.

Sei troppo grigio e assai bruttino somigli tanto tanto a mio cugino.

17 SCHEDE

* Leggi la filastrocca e colora l’illustrazione.

Gli

animali del cortile

Tutti gli animali del cortile se incontravano l’anatroccolino gli facevano sempre la boccaccia e lo chiamavano “brutta focaccia”.

18 SCHEDE

* Leggi la filastrocca e colora l’illustrazione.

Il contadino

Sotto la neve tutto infreddolito

tremava il povero anatroccolino. Lo salvò un bravo contadino che a casa subito lo portò.

Dopo qualche giorno il poverino col cuore in gola di corsa se ne andò.

19 SCHEDE

* Leggi la filastrocca e colora l’illustrazione.

I cigni

– In un cigno mi sono trasformato –esclamò l’anatroccolo meravigliato. Raggiunse i suoi fratelli nel laghetto che gli diedero un dolce benvenuto. Lui per l’emozione fece uno starnuto.

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SCHEDE

E che dire dei sette caprettini disubbidienti?

Anch’essi finiscono nella pancia del lupone. La mamma salva i suoi graziosi figlioletti, li colma di carezze e dà loro tanti bacetti.

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Il lupo e i sette capretti C’

era una volta una capra che abitava con i suoi sette caprettini in una piccola e graziosa casetta.

Spesso si assentava per andare a fare la spesa e prima di uscire di casa faceva ai suoi piccoli mille raccomandazioni:

Non dovete aprire a nessuno, ricordatevi che il lupo spesso si traveste, ma lo riconoscerete subito: è nero, ha brutte zampacce e una voce rauca. Se dovesse bussare, non aprite perché potrebbe mangiarvi in un sol boccone.

I caprettini ascoltarono la loro mamma e la rassicurarono dicendo che sarebbero stati attenti e che non avrebbero aperto la porta a nessuno.

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Poco dopo il lupo bussò alla porta, gridando: – Aprite piccini, sono la vostra cara mamma di ritorno dal mercato, vi ho portato un regalo per ognuno. Aprite!

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I capretti nel sentire il vocione si ricordarono dei consigli della loro mamma e da dietro la porta sbarrata gridarono: – Non sei la nostra mamma! Tu sei il lupo! La nostra mamma ha una vocina gentile e dolce,

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Il lupo ritornò alla casetta. – Sono la vostra mamma, aprite! Aprite! –ripeté più volte con una vocina dolce.

I capretti si guardarono negli occhi dubbiosi: la voce somigliava molto a quella della loro mamma. Uno dei sette capretti disse: – Mostraci la tua zampetta!

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finestra la sua zampa nera; i caprettini la videro e gridarono: – Non apriamo, la nostra mamma non ha le zampe nere come le tue: tu sei il lupo!

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Il lupo senza riflettere appoggiò alla

Allora il lupo corse al mulino, vide un sacco di farina bianca e vi cacciò

dentro le zampe:

“Finalmente sono bianche. Ora potrò ingannarli”, pensò ammirandosele con soddisfazione e bussò di nuovo alla porta.

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Aprite, sono la vostra cara mamma, vi ho portato un regalo per ognuno. La voce somigliava a quella della mamma, ma i capretti sospettosi gridarono:

Prima facci vedere la zampa, così sappiamo se tu sei la nostra cara mammina.

Il lupo pronto alzò la zampa e la mise sulla finestra e, quando gli ingenui caprettini videro che era bianca, aprirono la porta. Ma fu il lupo ad entrare.

I caprettini scappavano spaventati in tutte le direzioni; uno si nascose sotto il tavolo, il secondo nel letto, il terzo nella stufa, il quarto in cucina, il quinto nell’armadio, il sesto sotto l’acquaio, il settimo nella cassa dell’orologio a pendolo e lì rimase trattenendo il respiro.

Ma il lupo li trovò tutti e li inghiottì in un sol boccone.

L’unico che riuscì a salvarsi fu il capretto nero che era rimasto immobile nella pendola.

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Il lupo, intanto, si era sdraiato sotto un albero sul verde prato e si era messo a dormire.

La mamma era tornata dal mercato e, quando da lontano si accorse che la porta era semiaperta, capì che il lupo aveva mangiato i suoi caprettini mettendo a soqquadro la casa.

Cercò disperatamente i suoi piccoli, ma nessuno rispose.

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Finalmente quando chiamò il più piccolo una vocina gridò: – Sono nascosto nella cassa dell’orologio.

La mamma lo tirò fuori e il caprettino tutto tremante raccontò che era venuto il lupo e che aveva mangiato tutti gli altri. Il caprettino piangeva con i singhiozzi:

– Che spavento, mamma! – ripeteva balbettando.

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La povera mamma uscì di casa. S’accorse che c’era il lupo, sdraiato sotto l’albero, che dormiva profondamente, cacciando fischi e sbuffando.

La capra, guardandolo attentamente da tutte le parti, s’accorse che il pancione si muoveva.

“Ah, Dio mio”, pensò, “che siano ancor vivi i miei caprettini?”

E, così, rivolgendosi al figliolo, disse di correre a casa a prendere ago, filo e forbici.

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Poi tagliò la pancia del lupo e i caprettini uno alla volta uscirono dal pancione della bestiaccia che li aveva per fortuna ingoiati interi.

I caprettini si strinsero intorno alla loro mamma e saltellarono contenti.

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Il lupo e i sette capretti

Giochiamo con la fiaba

* Leggi la filastrocca.

– Attenti al lupo, miei capretti, il lupaccio è furbo assai assai non aprite mai mai mai –disse mamma capra ai figlioletti.

Dopo un po’ bussò alla porta dei simpatici capretti un lupone grande e grosso affamato a più non posso.

Ma il lupo impertinente nella casetta poi entrò mangiò i piccoli capretti pian pianino si addormentò.

Il capretto più piccino per fortuna si salvò. Aiutò la sua mammina pianse tanto, poverina.

Mamma capra col forbicione tagliò la pancia del lupone abbracciò i suoi caprettini tanto cari, tanto piccini.

34 SCHEDE

* Osserva, colora e racconta.

35 SCHEDE

* Leggi la filastrocca.

Lupo lupaccio

Lupo lupaccio hai fame?

Mangia pane e salame.

Lupo lupone hai sonno?

Ti do pane e tonno.

Lupo lupetto ti ho scoperto non dormire sotto il mio letto.

Se anche tu tremi di paura

c’è un’isola bella e sicura:

nel lettone accanto alla tua mamma che ti canta la ninna nanna.

* E tu di che cosa hai paura? Disegna nel riquadro.

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* Leggi la filastrocca e colora.

Le paure di Lupo lupaccio

Lupo lupaccio è un gran fifone piange di brutto se vede un moscone.

Lupo lupaccio urla di notte se soffia il vento che apre le porte.

37 SCHEDE

Lupo lupaccio se va dal dottore piange di brutto per dieci ore.

Lupo lupaccio bagna il lettino se vede un ragnetto sul lenzuolino.

* Di che cosa ha paura Lupo lupaccio?

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SCHEDE
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Si incontrarono su strada sterrata quattro bestiole dall’aria sofferente. Si fecero coraggio e vinsero la paura in una notte buia e tanto scura.

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I musicanti di Brema

C’ era una volta un vecchio asino, che aveva lavorato sodo per tutta la vita: aveva portato i sacchi al mulino, tirato l’aratro e il carretto lavorando per ore e ore. Ormai non era più in grado di portare pesi perché si stancava facilmente e per questo il suo padrone aveva deciso di liberarsene.

Non sei più buono a nulla! È meglio che mi liberi di te, così risparmierò la spesa della biada – disse un giorno.

L’asino, intimorito dalle parole del suo padrone, decise di andarsene a Brema, dove sperava di poter vivere facendo il musicista.

“Sono stanco di subire tante umiliazioni

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Fratelli Grimm
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e, dopo aver lavorato, non ho alcuna intenzione di trascorrere gli ultimi anni della mia vita così” pensò rammaricandosi. “Visto che so ragliare molto bene riuscirò di certo a vincere il concorso ed a far parte della banda

Si era incamminato, trascinando le povere zampe indolenzite, quando si fermò sul bordo di un fossato per riprender fiato tanto era stanco e lì vide un cane.

Il poveretto ansimava come se avesse fatto una lunga corsa. Il vecchio asino si accorse che il cane era magro e molto affaticato. – Come mai hai il fiatone? – gli chiese l’asino.

Sono dovuto scappare in tutta fretta per salvare la pelle – gli rispose il cane. – Il mio padrone voleva uccidermi, perché ora che sono vecchio non gli servo più. Inoltre, la mia vista si è indebolita e mi vengono a mancare le forze. Non sono più capace di rincorrere la selvaggina come una volta, e sono così debole che non spavento più nessuno. Ora come farò a procurarmi da mangiare? – concluse depresso.

– Vieni a Brema con me – gli suggerì

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l’asino. – Ho intenzione di far parte della banda della città. Laggiù faremo fortuna con la musica: io suonerò il liuto e tu mi darai il ritmo con il tamburo. Al cane piacque la proposta. Infatti, si rincuorò subito confortato dalle parole del vecchio asino.

– Sono certo che avrai anche tu un posto nella banda – gli ripeteva strada facendo e, intanto, non poteva fare a meno di constatare la magrezza e i lividi sparsi un po’ ovunque sul corpo del povero compagno.

Ogni tanto i due, vinti dalla stanchezza, si fermavano per riprender fiato e, scambiandosi occhiate di intesa, si infondevano coraggio l’un l’altro.

Non avevano percorso ancora tanta strada che incontrarono un gatto che miagolava disperato.

– Cosa ti è successo per lamentarti in questa maniera? – gli chiese l’asino.

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Sono vecchio e soffro d’artrite, non so proprio dove andare – rispose, singhiozzando il gatto.

– Allora vieni a fare il musicista con noi a Brema – gli dissero insieme l’asino e il cane. La musica notturna è il tuo forte, perciò potresti esserci di grande aiuto.

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Il gatto non se lo fece ripetere due volte e, pieno di speranza, si unì a loro. I tre fuggiaschi camminarono per un bel pezzo e, passando davanti ad una fattoria, furono distratti da un gallo che schiamazzava rincorso da una massaia.

Si può sapere perché ti sgoli tanto? – gli chiese l’asino. – Mi vuole tirare il collo! Vuole me perché non ha un tacchino da cucinare per il pranzo della festa. Ha detto alla cuoca di spennarmi per benino, perciò canto per l’ultima volta – disse terrorizzato il povero galletto, agitando testa e bargigli.

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I tre compari gli gridarono:

– Perché vuoi aspettare che ti tirino il collo? Vieni con noi! Con la tua bella voce formeremo una grande orchestra. Non ebbero il tempo di aggiungere altro che l’asino si ritrovò sulla schiena il gallo che li incitava: – Corriamo, corriamo, prima che la padrona mi acchiappi!

Corsero disperatamente, finché raggiunsero il bosco. Lì finalmente ripresero fiato e si sentirono più sereni per essersi allontanati da chi aveva cattive intenzioni nei loro confronti.

Ormai si era fatto buio e i quattro decisero di passare la notte nel bosco. L’asino e il cane si sdraiarono ai piedi di un albero, mentre il gatto vi si arrampicò tra i rami e il gallo andò a mettersi in cima alla pianta.

– Domani partiremo per Brema – ma

proprio in quel momento l’asino fu interrotto dal gallo, che, stando appollaiato sull’albero, vide brillare una luce al di là del bosco.

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Ci deve essere una casa non molto distante da qui. Volete che andiamo a chiedere ospitalità per questa notte? –chiese il gallo.

Andiamo pure – rispose l’asino, –poiché l’umidità della notte potrebbe far peggiorare le nostre condizioni di salute.

Così si diressero verso la casa.

Giunti sotto la finestra dell’abitazione, l’asino poté guardarvi dentro.

– Che cosa vedi? – chiese il gallo.

Vedo una tavola imbandita con ogni ben di Dio e, seduti intorno, alcuni briganti che mangiano beati – precisò l’asino masticando a vuoto.

– Che bellezza! – sospirò il cane. – Che cosa c’è di tanto buono?

Un tacchino ripieno, mortadelle invitanti, formaggi di tutti i tipi, pane d’ogni forma, torte stupende, frutta profumata. Sarei molto felice di trovarmi al loro posto – concluse l’asino.

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Subito dopo, i quattro si misero a confabulare per trovare il modo migliore per intrufolarsi nella casa e mettere in fuga i briganti. Finalmente trovarono la soluzione per spaventarli e gustare tutte quelle prelibatezze. Nel buio e nella tranquillità della notte, interrotti solo dalla luce che proveniva dall’interno della casa e dal vociare sguaiato dei briganti, si avvicinarono alla finestra.

L’asino posò le zampe davanti sul davanzale della finestra, il cane gli montò sulla schiena, il gatto con un balzo salì sulla testa del cane; e il gallo su quella del gatto. Quindi, ad un cenno dell’asino, diedero inizio al loro primo concerto: l’asino ragliò, il cane abbaiò, il gatto miagolò e il gallo cacciò con quanto fiato aveva in gola un lunghissimo chicchirichì. Fu, così, un continuo ragliare, abbaiare, miagolare e schiamazzare.

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I quattro briganti cercarono la salvezza fuori dalla casa, ma all’uscita, furono investiti da calci, graffi, morsi e beccate.

– Misericordia! – gridarono i briganti, scappando a gambe levate.

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I quattro amici non ci pensarono due volte: si precipitarono all’interno della casa e, senza esitare, si sedettero intorno al tavolo.

L’asino gustò una gran pentola di pasta; il gatto fece sparire in un boccone tre squisite bistecche; il cane mangiò un coniglio allo spiedo; e il gallo una fetta di marzapane. Sazi e soddisfatti, cercarono un posticino per poter riposare.

Dopo pochi minuti si addormentarono.

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A mezzanotte il capo dei briganti disse: – Siamo stati sciocchi a lasciarci impressionare in quel modo. I diavoli e le streghe debbono essersene andati; perciò, uno di voi ritorni nella casa per vedere se tutto è tornato tranquillo come prima. Il nostro uomo si avviò verso la casa e vi entrò, ma non vide nessuno. Entrò in cucina e stava per accendere il lume, quando scorse gli occhi del gatto che scambiò per due tizzoni ardenti, perciò

pensò che il fuoco non fosse del tutto spento.

Si avvicinò per rianimarlo, soffiandovi sopra. Il gatto allora gli si avventò contro e gli graffiò il viso.

L’uomo spaventato cercò di fuggire, ma inciampò nel cane, che gli diede un tremendo morso al polpaccio.

L’uomo cadde, ma subito si rialzò deciso a lasciare quella casa infestata dagli spiriti.

Nel correre, però, non vide l’asino, che gli assestò un ferocissimo calcio.

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In quel momento, il gallo incominciò a gridare; poi, lo beccò, spingendolo verso la porta.

Il brigante più che mai terrorizzato riprese la corsa.

Arrivò dal suo capo tremante e sconvolto. – In casa c’è una terribile strega, che mi ha graffiato il viso; accanto alla porta un uomo mi ha piantato un coltellaccio nella gamba sana; nel cortile un mostro nero mi si è scagliato contro e, in cima al tetto, un poliziotto gridava: «Portatemi quel furfante!» e allora me la sono data a gambe!

Da quel giorno i briganti non si arrischiarono più a ritornare nella casa, ma i quattro musicanti di Brema ci stavano così bene che decisero di non abbandonarla.

Si ritrovarono padroni della casa senza fatica e, scoperto un piccolo tesoro lasciato dai briganti, riuscirono ad avere sempre una tavola imbandita.

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SCHEDE

I musicanti di Brema

Giochiamo con i personaggi della fiaba

* Colora i personaggi della fiaba.

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Una scoperta inaspettata

* Colora la scena.

* Cosa scoprono i quattro amici all’interno della casa?

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SCHEDE
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I briganti fuggono spaventati

* Colora la scena.

* Perché i briganti fuggono spaventati?

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Ad ognuno il proprio verso

* Collega ogni animale al proprio verso.

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SCHEDE
canta raglia abbaia miagola

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