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Diagnosticare e sorvegliare la malattia celiaca Carolina Ciacci1, Gino R. Corazza2 con la collaborazione di Fabiana Zingone1 e Federico Biagi2

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, U.O.C. Gastroenterologia, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona Università di Salerno 2 Clinica Medica 1, Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo, Università di Pavia

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Revisione a cura di Vincenzo Villanacci Spedali Civili di Brescia

La malattia celiaca, definita anche celiachia, morbo celiaco e sprue celiaca, è un’enteropatia cronica immuno-mediata scatenata, in individui geneticamente predisposti, dall’ingestione del glutine, la componente proteica delle farine di grano, orzo e segale (1). Il quadro clinico può essere ampiamente variabile includendo casi con grave malassorbimento globale caratterizzati cioè da diarrea, steatorrea e calo ponderale, fino a casi paucisintomatici o asintomatici (2).

Quando sospettare la malattia celiaca?

Sono diverse le condizioni cliniche e genetiche in cui la malattia celiaca va ricercata attivamente (2).

Sintomi o segni clinici correlabili Diarrea cronica, dimagramento, ritardo di crescita o bassa statura, vomito nel bambino, astenia, anemia sideropenica, ipertransaminasemia idiopatica, menarca tardivo, aborti ricorrenti, menopausa precoce, osteopenia/osteoporosi precoce.

Condizioni associate su base genetica Familiarità di 1° grado per malattia celiaca, dermatite erpetiforme, diabete mellito tipo 1, tiroidite autoimmune, sindromi di Down, Turner e Wilson, sindrome di Addison, deficit selettivo delle IgA.

Come si diagnostica la malattia celiaca?

In caso di sospetto, sia su base clinica che genetica, è assolutamente necessario mantenere il paziente a dieta contenente glutine fino al completamento dell’intero iter diagnostico. Iniziare una dieta priva di glutine prima del completamento di tale iter non ha alcun ruolo diagnostico e lo rende terribilmente difficile (3). È un errore pertanto da non commettere mai. Per diagnosticare la malattia celiaca sono necessari accertamenti istologici e sierologici e le modalità del loro utilizzo dipendono dalle caratteristiche cliniche del paziente. Nel caso di sindrome da severo malassorbimento è giustificato eseguire in contemporanea sia il test sierologico che la gastroscopia con le biopsie duodenali. Questa strategia fornirà informazioni utilissime non solo sulla presenza o meno della celiachia ma anche di qualunque altra possibile patologia a carico del tratto gastroenterico

superiore. Nel caso invece, più comune, che le condizioni cliniche non richiedano tale tempestività si procede iniziando prima con gli accertamenti sierologici (vedi prossimo paragrafo) e poi, se questi sono positivi, con la biopsia duodenale (Figura 1). Un’importante eccezione a quanto detto finora è rappresentato dal bambino con sintomi altamente suggestivi per malattia celiaca (diarrea cronica, arresto dell’accrescimento, vomito ripetuto). In questi casi, le recenti linee guida ESPGHAN ritengono non più necessaria la biopsia duodenale qualora gli anticorpi antitransglutaminasi IgA siano 10 volte superiori al valore di riferimento, gli anticorpi antiendomisio siano positivi e la tipizzazione HLA sia compatibile con malattia celiaca (4).

Test sierologici

La transglutaminasi è un enzima ubiquitario della matrice extracellulare di molti organi che nell’intestino modifica i peptidi della gliadina rendendoli perfettamente stechiometricamente adatti al legame con il recettore dell’HLA sulla cellula presentante l’antigene. La cellula presentante l’antigene lega il peptide della gliadina con il suo HLA e attiva i linfociti T della mucosa intestinale innescando la progressione della risposta infiammatoria. Le citochine attivano le cellule B alla produzione di anticorpi, tra i quali gli antitransglutaminasi. La ricerca degli anticorpi antitransglutaminasi tissutale IgA è un test ELISA di semplice esecuzione, di costo contenuto ed ha una sensibilità di circa l’87%, con specificità 95%. È considerato un ottimo test. Più sensibili (95%) e specifici (99%) sono gli anticorpi antiendomisio IgA che però si leggono in immunofluorescenza e quindi sono più costosi e sono operatore-dipendenti. Perciò sono da considerarsi un test di conferma. Alcune malattie della tiroide e del fegato possono causare un modesto aumento degli anticorpi anti transglutaminasi indipendentemente dalla presenza di malattia celiaca, ma in questo caso gli anticorpi antiendomisio saranno negativi (5). Gli anticorpi anti-gliadina IgG ed IgA deamidata sono oggi utilizzati nella diagnosi della malattia celiaca nei bambini di età <2 anni in quanto in questa fascia di età sono più sensibili degli anticorpi antitransglutaminasi tissutale. Sono invece meno sensibili e meno specifici degli anticorpi antitransglutaminasi tissutale nell’adulto. Gli anticorpi anti-gliadina tradizionali hanno invece perso gran parte del loro ruolo e sono da ritenersi superati Infine, gli anticorpi antigliadina ed antitransglutaminasi tissutale di classe IgG sono il test di scelta nei pazienti affetti da deficit di IgA (5).

Test genetici

La predisposizione genetica è determinata dalla presenza di particolari antigeni di istocompatibilità (HLA) di classe seconda, rappresentati dal DQ2 (95% dei pazienti) e dal

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Che cos’è la malattia celiaca?

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Diagnosticare e sorvegliare la malattia celiaca

Figura 1: flow chart per la diagnosi di malattia celiaca

Sospetto di celiachia Screening in soggetti “a rischio”

Dosaggio IgA totali e anti-tTg IgA tTg IgA positivi Anticorpi antiendomisio

o subito in caso di severo malassorbimento EMA +

EMA negativi: • escludere altre cause di tTg + • ripetere i test in laboratorio dedicato

tTg IgA negativi

In caso di forte sospetto clinico associato a HLA DQ2/DQ8 +

considerare diagnosi differenziale

Deficit IgA: valutare tTg IgG e AGA IgG deaminati. Se positivi

BIOPSIA INTESTINALE

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Sierologia positiva + Biopsia negativa • rivedere i vetrini • valutare HLA • necessaria valutazione del paziente in un centro terziario

Sierologia positiva + Biopsia positiva Diagnosi di celiachia accertata

DQ8 (5%). Circa il 30% della popolazione occidentale presenta però gli antigeni HLA DQ2/DQ8. Il loro riscontro non significa quindi la presenza di malattia celiaca; d’altra parte la loro assenza permette in pratica di escludere tale diagnosi (6).

Endoscopia e biopsia

Molto spesso il bulbo duodenale e ancor di più il secondo duodeno mostrano già all’endoscopia segni evidenti del danno mucosale: mucosa edematosa e perciò pallida, superficie ‘irregolare’ e talora nodulare, riduzione dell’ampiezza e talora scomparsa delle pliche di Kerckring, incisure, dentellature delle plicke di Kerckring (aspetto dello scalloping). In almeno un terzo dei casi, però, la mucosa apparirà indenne e sarà solo l’esame istologico ad evidenziarne il danno. Inoltre, alcuni studi hanno evidenziato come la mucosa del celiaco possa avere diversi gradi di atrofia dei villi a seconda della zona esaminata. La cromoendoscopia, cioè l’uso di coloranti di contrasto (come l’indaco carminio) spruzzato direttamente sulla mucosa in corso di EGDS, dopo accurato lavaggio e utilizzo di mucolitici è una metodica utile ad evidenziare le zone in cui è meglio praticare le biopsie. Inoltre, l’associazione con la magnificazione endoscopica (chromo-zoom endoscopy) si è rivelata utile anche in caso di diagnosi difficile cioè in caso di tests discordanti o di dieta incorrettamente indicata (Figura 2) (7-9).

Sierologia negativa + Biopsia negativa Diagnosi di celiachia esclusa

Sierologia negativa + Biopsia positiva • rivedere i vetrini • valutare HLA • necessaria valutazione del paziente in un centro terziario

Per un corretto campionamento bioptico è necessario che: si eseguano almeno 4 biopsie nel secondo duodeno e almeno 1 o 2 nel bulbo duodenale si orienti le biopsie su filtri già tagliati di acetato di cellulosa (Figura 3) e che si chieda al servizio di anatomia patologica di mantenere tale orientamento anche durante l’inclusione in paraffina e il successivo taglio delle sezioni per analisi istologica l’anatomopatologo descriva ciò che vede classificando la lesione secondo il grading accettato a livello internazionale (le classificazioni oggi più in uso sono la Marsh modificata da Oberhuber e la più moderna classificazione di Corazza-Villanacci (11), ponendo la possibilità di malattia celiaca nella descrizione del caso ma non nella diagnosi in cui deve solo descrivere il tipo e il grado delle lesioni. La diagnosi finale deve essere posta solo dal clinico pediatra o dell’adulto (10).

È importante notare che la presenza di un’aumentata infiltrazione linfocitaria, cioè di un numero di linfociti >25 per 100 enterociti, nell’ambito di una mucosa duodenale con villi ancora normali, è un reperto piuttosto comune nella popolazione generale (fino al 5,4%) e quindi di per sé non è


Figura 2: mucosa normale magnificata prima e dopo colorazione con indaco di carminio. Si osservano i villi con aspetto digitiforme nelle immagini superiori e mucosa piatta con aspetto ad acciottolato con villi assenti e pit ghiandolari evidenti nelle immagini inferiori (Cortesia di Paola Iovino, Università di Salerno)

La Figura 4 mostra l’aspetto istologico di una mucosa normale. La Figura 5 invece riassume i quadri istologici e le classificazioni delle lesioni che l’anatomopatologo usa comunemente. Non iniziare mai la dieta priva di glutine prima di aver eseguito tutti gli accertamenti diagnostici Non eseguire test diagnostici se il paziente è già a dieta senza glutine ma inviarlo ad un centro di riferimento Se gli anticorpi sono negativi, ma vi è un forte sospetto clinico, eseguire ugualmente la gastroscopia con biopsie duodenali; utile in questi casi la tipizzazione HLA La presenza del solo infiltrato linfocitario dell’epitelio, senza atrofia dei villi, non è una lesione specifica della celiachia In caso di test discordanti, richiedere prima il test HLA e poi inviare il paziente al centro terziario più vicino prima di formulare la diagnosi e di iniziare la dieta priva di glutine.

Follow-up indicativo di malattia celiaca (12). Il momento della biopsia è un momento particolarmente delicato perché l’errore di campionamento, di orientamento, e/o una frettolosa lettura aumentano l’errore del test e sono causa di diagnosi ‘forzate’ soprattutto nei casi con anticorpi assenti o dubbi (3,12).

Il follow-up della malattia celiaca è fortemente condizionato dalle modalità di diagnosi e dai sintomi che il paziente riferisce nel corso della dieta senza glutine. Nei casi in cui la diagnosi sia stata fatta sulla base di sintomi clinici, presenza di anticorpi specifici e presenza di enteropatia si consiglierà al paziente una visita di controllo a tresei mesi nella quale si potranno controllare sia la graduale riduzione di intensità dei sintomi sia l’aderenza alla dieta.

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Figura 3: filtro di acetato di cellulosa con filtri già tagliati

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Diagnosticare e sorvegliare la malattia celiaca

Figura 4: mucosa duodenale normale (Cortesia Dott. Villanacci Anatomia Patologica Spedali Civili Brescia)

A

B

Villi architetturalmente nelle norma (normale rapporto villo/cripta 3/1 H&E)

Linfociti intraepiteliali nella norma <25/100 cellule epiteliali CD3)

Figura 5 A - Lesione Infiltrativa tipo 1/2 sec. Marsh Oberhuber. Grado A nuova classificazione. Villi normali ma con incremento patologico dei linfociti T (Cortesia Dott. Villanacci Anatomia Patologica Spedali Civili Brescia) B - Lesione tipo 3A-3B sec Marsh Oberhuber. Grado B1 nuova classificazione. Villi con atrofia di grado lieve-moderato, incremento patologico dei linfociti T intraepiteliali (Cortesia Dott. Villanacci Anatomia Patologica Spedali Civili Brescia) C - Lesione tipo 3C sec. Marsh Oberhuber. Grado B2 nuova classificazione. Villi con atrofia di grado severo, incremento patologico dei linfociti T intraepiteliali (Cortesia Dott. Villanacci Anatomia Patologica Spedali Civili Brescia)

A1 Carolina Ciacci et al > Diagnosticare e sorvegliare la malattia celiaca

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A2

H&E x 10

A3

CD3 x 40

H&E x 40

B2

B1

CD3 x 20

H&E x 20

C2

C1

H&E x 20

CD3 x20


Mentre il dosaggio degli anticorpi antiendomisio, il cui valore è comunemente espresso come positivo/dubbio/negativo non è molto utile nel follow-up, il valore degli anticorpi anti-transglutaminasi, che è numerico, potrà mostrare una diminuzione. Si ritiene tuttavia che sia necessario un periodo di tempo di un anno e più di rigorosa dieta senza glutine perché gli anticorpi scompaiano del tutto. Inoltre, il titolo degli anticorpi antitransglutaminasi non correla esattamente con lo stato di infiammazione della mucosa che può rimanere persistentemente danneggiata anche in caso di negatività degli anticorpi (13). Si discute molto tra esperti quando e in quali pazienti effettuare una biopsia duodenale di follow-up per controllare anche la risposta istologica. Ci sono diverse evidenze che la persistenza della atrofia villare sia correlata ad un rischio doppio di mortalità nei

celiaci, rischio dovuto soprattutto all’insorgenza di linfoma T o altri tumori. Non ci sono però dati che indichino con chiarezza in chi e quando praticare la biopsia. Inoltre, non abbiamo ancora linee guida che ci dicano, in caso di atrofia alla biopsia di follow-up, quando eseguire la terza biopsia. In ogni caso, la persistenza di sintomi gastrointestinali deve essere guardata con attenzione e ogni segnale di allarme (febbre, indici infiammatori, anemia) richiede approfondimento mediante biopsia duodenale di controllo. La valutazione della risposta istologica in corso di dieta senza glutine correttamente eseguita permette infatti di capire se i sintomi gastrointestinali, spesso avvertiti con preoccupazione dai pazienti celiaci, siano sostenuti dall’insorgenza di complicanze o non piuttosto, come avviene di frequente, da sindrome dell’intestino irritabile o da intolleranza al lattosio (14,15).

Flow chart finale Gli anticorpi antitransglutaminasi sono i più adatti al monitoraggio del paziente celiaco durante la dieta senza glutine ma non sostituiscono la biopsia intestinale È ragionevole che la biopsia di controllo sia limitata ai casi in cui vi è mancata risposta clinica alla dieta, persistenza di sintomi gastrointestinali, nuovi sintomi o dati di laboratorio considerati segnali di allarme Frequentemente la persistenza dei sintomi durante una corretta dieta senza glutine è dovuta alla sindrome dell’intestino irritabile

Corrispondenza

Carolina Ciacci Dipartimento di Medicina e Chirurgia U.O.C. Gastroenterologia A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona Università di Salerno Via San Leonardo, 1 - 84131 Salerno Tel. + 39 089 672452 Fax + 39 089 968827 e-mail: cciacci@unisa.it Gino R. Corazza Clinica Medica 1 Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo Università di Pavia P.le Golgi, 19 - 27100 Pavia Tel. + 39 0382 502973 Fax + 39 0382 502618 e-mail: gr.corazza@smatteo.pv.it

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L’età del paziente o la presenza di segnali di allarme consiglieranno l’esecuzione di un approfondimento diagnostico

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