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Standard of Practice

Stefania Ghersi, Marco Bassi, Carlo Fabbri, Vincenzo Cennamo

Introduzione L’incannulazione della papilla di Vater rappresenta da sempre “una sfida” anche per gli endoscopisti più esperti. Esistono, infatti, complesità anatomiche tali da rendere molto indaginoso l’accesso alla via biliare principale. Non vi è dubbio che dai primi tentativi di incannulazione che risalgono alla fine degli anni ’60, molti progressi sono stati effettuati sia in termini di affinamento della tecnica che di accessoristica disponibile (1). Questo ha determinato via via negli anni una netta riduzione delle complicanze, e, di pari passo, un incremento considerevole delle percentuali di successo dell’incannulazione. Nonostante questo, ancora oggi la percentuale di fallimento di incannulazione della papilla può arrivare fino al 5% dei casi anche in centri di riferimento. I ripetuti tentativi di incannulazione, con il conseguente trauma che ne deriva per la papilla, e/o l’aumento di pressione derivante dall’iniezione non voluta di mezzo di contrasto all’interno del dotto pancreatico principale sono ormai riconosciuti quali fattori di rischio di complicanze, prevalentemente di tipo pancreatitico, mentre l’abilità dell’endoscopista rappresenta un fattore di rischio per tutte le altre possibili complicanze correlate all’ERCP (2). L’incannulazione biliare rappresenta, quindi, il prerequisito fondamentale per garantire una procedura efficace e sicura. In quest’ottica, sono state descritte, negli anni, differenti tecniche di incannulazione alternative a quella standard.

Tecnica standard

La tecnica più comune prevede l’iniezione diretta di m.d.c. nella via biliare attraverso uno sfinterotomo introdotto all’interno della papilla nella direzione del dotto. Lo sfinterotomo, rispetto ai cateteri standard, ormai sempre meno frequentemente utilizzati, offre il vantaggio di essere più facilmente orientabile rispetto all’albero biliare distale. Una volta inserito nella papilla in direzione delle ore 11, viene fatto delicatamente avanzare, regolandone all’occorrenza l’orientamento con piccoli movimenti rotatori dell’impugnatura del duodenoscopio.

L’accesso alla via biliare su filo-guida, descritta da Siegel e Pullano nel 1987, consiste nell’introduzione nella via biliare, attraverso lo sfinterotomo, di un filo guida invece del m.d.c. che viene poi iniettato solo quando vi è certezza dell’accesso nella via biliare, evitando inutili opacizzazioni dell’albero pancreatico. Il vantaggio di tale tecnica, rispetto alla classica incannulazione con contrasto, è stato dimostrato in molti lavori e riportato in una recente meta-analisi di 5 studi su un totale di 1762 pazienti, dimostrando che l’uso della tecnica con filo-guida migliora significativamente il tasso di incannulazione, passando dal 74.9% al 85.3%, e riduce significativamente l’incidenza di pancreatite postERCP passando dal 8.6% al 1.6% (3).

L’incannulazione difficile

L’incannulazione della via biliare con tecnica standard presenta una percentuale di rischio di fallimento variabile dal 15 al 35% dei casi, anche quando eseguita da endoscopisti esperti. Di fatto è tuttora considerata una delle procedure più complesse nell’ambito dell’interventistica endoscopica, cui si associa un elevato rischio di complicanze procedurali e post-procedurali, stimate mediamente intorno al 5-10%, ed una mortalità che varia dallo 0.3 al 1% (4). In uno studio prospettico multicentrico condotto su 1963 pazienti di 11 centri negli Stati Uniti, Freeman e colleghi hanno dimostrato come il rischio di pancreatite dopo un incannulazione difficile aumenti dal 4,3% al 11.3% (5). Una vera e propria definizione di incannulazione difficile, universalmente accettata, non è a tutt’oggi codificata. è possibile parlare di incannulazione difficile in tutte quelle situazioni in cui l’endoscopista, pur mettendo in atto tutta una serie di manovre atte ad ottenere l’incannulazione, fallisce oltre un certo limite di tempo o dopo un certo numero di tentativi. Lee e colleghi definiscono l’incannulazione difficile un mancato accesso alla via biliare con filo-guida dopo 5 minuti di tentativi o non più di 5 contatti con l’orifizio papillare o non più di 3 incannulazioni non volute del dotto pancreatico o in presenza di una papilla cosiddetta “hook-nose shaped” (6). Comunque, pur in assenza di una definizione condivisa, appare evidente dalla letteratura che l’elemento

UOSD Gastroenterologia OB e Area Metropolitana, AUSL di Bologna

Giorn Ital End Dig 2015;38:25-30

SoP

L'incannulazione difficile della papilla: tips and tricks

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