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Selezionati per voi a cura della Redazione

Endoscopy and GI bleeding La preparazione ottimale per la colonscopia .... è la preparazione split! Cosa si sa La qualità della preparazione intestinale è fondamentale per l'efficacia della colonscopia in termini di prevenzione del cancro colorettale (CCR), durata delle procedure e tollerabilità dell'esame da parte del paziente. Gli studi in letteratura hanno dimostrato che diversi prodotti sono associati a buoni livelli di pulizia intestinale, sebbene non vi sia una superiorità netta di uno sull'altro, di un dosaggio sull'altro o di una modalità di assunzione rispetto ad un'altra. Obiettivi lo studio ha valutato l'efficacia della modalità di preparazione split-dose (metà preparazione la sera prima dell'esame, metà la mattina dell'esame stessa) contro quella full-dose (interamente il giorno prima dell'esame), considerando varie tipologie di purganti. Sono stati analizzati con approccio meta-analitico gli studi randomizzati che hanno confrontato queste due modalità di preparazione. Cosa aggiunge Sono stati identificati 29 studi ed è stato dimostrato che è più probabile ottenere una pulizia adeguata somministrando il purgante con modalità split-dose rispetto a quella full-dose (85% dei pazienti contro 63%).

Lo studio ha anche dimostrato una migliore compliance dei pazienti al regime split-dose. Questo studio fornisce una conferma statisticamente solida della migliore efficacia del regime di preparazione con modalità split-dose

indipendentemente dal tipo di purgante utilizzato. I risultati migliori si raggiungono quando la seconda dose della preparazione viene assunta entro 5 ore rispetto all'orario dell'esame ("golden 5 hours"). Bucci C et al. Gastrointest Endosc 2014;80:566-76

Una meta-analisi sull’impatto di una strategia trasfusionale più restrittiva sui principali outcome clinici nei pazienti con sanguinamento o patologia critica Cosa si sa La terapia trasfusionale è stata da sempre considerata semplice e priva di rischi e pertanto ha costituito per anni un caposaldo del trattamento dei pazienti con anemizzazione acuta, pur in assenza di evidenze sulla sua efficacia clinica. Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi che hanno valutato l’impatto clinico di politiche trasfusionali restrittive contro liberali, che hanno dimostrato in maniera consistente outcome peggiori nei pazienti trasfusi in modo meno regolamentato. Obiettivi con approccio meta-analitico, sono stati valutati gli studi che hanno considerato la strategia trasfusionale restrittiva (con trigger Hb < 7g/dl) rispetto a quella liberale, nei pazienti con sanguinamento o patologia critica. Cosa aggiunge la meta-analisi di tre studi, di cui uno focalizzato su pazienti con emorragia gastroin-

testinale acuta severa (Villanueva C et al, New Engl J Med 2013; 368(1):11-21), dimostra che la strategia trasfusionale liberale è associata a un incremento della mortalità intra-ospedaliera e totale, del risanguinamento, degli eventi di sindrome coronarica acuta ed edema polmonare e delle infezioni batteriche. Con l’adozione di una politica trasfusionale restrittiva con trigger di Hb < 7g/dl, il numero di pazienti da trattare per prevenire un decesso (NNT) è pari a 33. Esistono inoltre studi osservazionali, che non sono stati inclusi nella meta-analisi che suggeriscono che anche valori più bassi di emoglobina (5 o 6 g/dl) potrebbero essere ben tollerati in pazienti normovolemici. Alla luce di questi dati, una politica trasfusionale liberale in corso di emorragia digestiva non appare giustificata. Salpeter SR. Am J Med 2014;127:124-31

Per eventuali approfondimenti o segnalazioni inviare comunicazione mezzo mail a: gied@areaqualita.com

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Colorectal Disease Incidenza di polipi serrati sessili alla colonscopia di screening: stiamo sottostimando il problema? Cosa si sa dal 1980, si è osservato che alcuni polipi serrati, in particolare i polipi/adenomi sessili serrati (SSA/P), hanno un potenziale di evoluzione maligna. Per tale motivo è importante distinguerli dai polipi iperplastici che invece non hanno tale potenziale. La distinzione endoscopica e istologica non è sempre agevole e questo può portare ad una ridotta diagnosi dei SSA/P, influenzando pertanto l’intervallo di sorveglianza e aumentando, teoricamente, il rischio di cancro intervallare. Obiettivi rivalutare istologicamente tutti i polipi iperplastici di diametro > 5 mm diagnosticati in oltre 2500 colonscopie di screening e vedere quanti casi questi venivano

riclassificati, ad un second-look istologico, come SSA/P. Inoltre, gli autori hanno valutato se gli intervalli di sorveglianza suggeriti per i polipi serrati ed adenomatosi erano in accordo con le linee guida esistenti. Cosa aggiunge durante la seconda revisione istologica, circa un terzo (28.8%) dei polipi iperplastici sono stati riclassificati come SSA/P. Questi ultimi erano più frequentemente localizzati prossimalmente alla flessura splenica ed erano di diametro maggiore (≥10mm). Inoltre, gli autori sottolineano come la aderenza alle linee guida per le raccomandazioni degli intervalli di sorveglianza era bassa ed inadeguata sia per i pazienti con

Recidiva a breve e lungo termine dopo mucosectomia endoscopica di lesioni sessili adenomatose del colon: risultati di uno studio prospettico australiano di 1000 casi Cosa si sa la mucosectomia endoscopia di lesione coliche è una alternativa alla chirurgia ma è stata criticata per l’alto tasso di recidive.

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Obiettivi l’obiettivo primario di questo studio prospettico, australiano, è stato quello di valutare il tasso di recidiva precoce (4 mesi) e tardivo (16 mesi) in 1000 mucosectomie di lesioni sessili coliche di almeno 20 mm di diametro. Obiettivi secondari sono stati l’identificazione dei fattori di rischio di recidiva e l’impatto clinico della stessa recidiva nella gestione del paziente.

L’analisi multivariata ha permesso di identificare 3 fattori di rischio per la recidiva o rimozione incompleta: le dimensioni delle lesioni (> 40mm), l’uso della coagulazione mediante argon plasma e il sanguinamento intra-procedurale. Al controllo eseguito dopo 16 mesi, la recidiva è stata evidenziata nel 4% dei casi. Il dato di maggior interesse è stato che complessivamente considerate, le recidive sono state ritrattate con successo nel 93% dei casi, non rappresentando pertanto nella quasi totalità dei casi un problema clinico rilevante.

Cosa aggiunge la recidiva a 4 mesi è stata osservata nel 16% dei casi.

Moss et al. Gut 2015;64:57-65

polipi serrati ad alto rischio (SSA/P ≥10mm; polipi iperplastici ≥10mm localizzati prossimalmente; SSA/P con displasia; Adenomi serrati tradizionali associati a SSA/P o polipi iperplastici) che per i pazienti con adenomi ad alto rischio. In particolare, gli intervalli erano raccomandati in modo corretto in meno del 30% dei casi nei pazienti con polipi serrati ad alto rischio rispetto al 50% dei casi con adenomi ad alto rischio. Gli autori pertanto consigliano che, per i polipi diagnosticati come iperplastici, localizzati prossimalmente e di diametro ≥5mm potrebbe essere indicata una seconda revisione istologica. Inoltre, il dato deludente circa le raccomandazioni degli intervalli di sorveglianza, invita ad una opera di sensibilizzazione degli endoscopisti ad una maggior aderenza alle linee guida in modo da garantire una gestione ottimale dei pazienti con polipi del colon. Tinmouth J et al. Am J Gastroenterol 2014;109:1698-704

Valutazione del dna fecale multitarget per lo screening del carcinoma colorettale Cosa si sa Diverse strategie di screening per il carcinoma colorettale hanno dimostrato una costo-efficacia, che potrebbe ulteriormente essere incrementata dall'utilizzo di un test accurato e poco invasivo. Questi requisiti potrebbero essere soddisfatti dalla valutazione del DNA fecale multitarget, finalizzata ad evidenziare le mutazioni correlate ai vari stadi della tumorigenesi colica (KRAS, NDRG4, metilazione BMP3 e β-actina). Obiettivi lo studio ha paragonato le performance diagnostiche della valutazione del DNA fecale multitarget e del test immunologico


Pertanto, in una logica di screening, la valutazione del DNA fecale risulta più funzionale del FIT, poichè maggiormente sensibile, anche se la problematica del costo e della disponibilità della metodica potrebbe inficiare tale beneficio. Imperiale TF et al. N Engl J Med 2014;370:1287-97

Esophageal and gastric disease efficacia del trattamento con ablazione a radiofrequenza (RF) per l'esofago di barrett con displasia di basso grado Cosa si sa Mentre è stabilito il ruolo della RF nel trattamento dell'esofago di Barrett con displasia di alto grado (HGD), più controversa è la gestione dei pazienti con displasia di basso grado (LGD), per i quali le linee guida consigliano la sorveglianza endoscopica. Per questi pazienti è inoltre molto problematica anche l'attendibilità della diagnosi istologica, che è altrettanto importante, poichè in caso di LGD confermata, è descritta una evolutività significativa. Obiettivi Lo studio, condotto in 9 centri europei, ha valutato l'evolutività ad HGD o adenocarcinoma in 136 pazienti con diagnosi di esofago di Barrett con LGD (tutti casi con displasia confermata), randomizzati a ricevere un trattamento con RF o sorveglianza endoscopica, dopo un follow-up di 3 anni. Cosa aggiungeLo studio ha dimostrato che nei 68 pazienti randomizzati a RF si è verificata una progressione ad HGD o adenocarcinoma nell'1.5% dei casi, contro il 26.5%

osservato tra i 68 pazienti randomizzati a sorveglianza (p<0.001), con un NNT pari a 4. Gli effetti collaterali sono risultati più frequenti nei pazienti trattati con RF e sono rappresentati prevalentemente da evoluzione stenotica (11.8%), trattata con successo con dilatazioni endoscopiche. è interessante sottolineare che un patologo esperto ha confermato LGD il 48.3% dei pazienti in cui era stata inizialmente formulata questa diagnosi. Lo studio, interrotto prima del termine programmato per eccesso di beneficio nel gruppo randomizzato a RF, dimostra pertanto che questo trattamento rappresenta una misura efficace per prevenire la progressione neoplastica dell'esofago di Barrett con LGD. Lo studio sottolinea una volta di più che è fondamentale una conferma della LGD da parte di un patologo esperto per fornire un corretto inquadramento prognostico e terapeutico del paziente con esofago di Barrett. Phoa KN et al. JAMA 2014;311:1209-17

IBD Terapia biologica nelle ibd e rischio di cancro

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Cosa aggiunge Lo studio ha identificato 65 soggetti con carcinoma colorettale (0.7%) e 757 (7.6%) con lesioni avanzate (adenomi ad alto rischio o lesioni serrate sessili ≥1 cm). La valutazione del DNA fecale multitarget si è dimostrata significativamente più sensibile del FIT per la diagnosi di cancro e lesioni avanzate, seppure sia gravata da una globale minore specificità.

Il numero di di soggetti da indagare per diagnosticare un cancro è risultato pari a 154 per la colonscopia, 166 per la valutazione del DNA fecale multitarget e 208 per il FIT.

Cosa si sa Uno studio osservazionale, un’analisi pooled di 10 studi e una recente meta-analisi non hanno dimostrato un incremento del rischio di cancro associato all’uso di antiTNF-α nei pazienti con IBD. Tuttavia, il follow-up e il numero di pazienti con cancro identificati in questi studi sono stati giudicati troppo esigui per trarre delle conclusioni nette, soprattutto alla luce delle segnalazioni di aumentato rischio neoplastico in pazienti in terapia biologica per artrite reumatoide. Obiettivi Questo studio di coorte condotto su base nazionale in Danimarca ha valutato l’incidenza di neoplasia in pazienti con IBD esposti o non esposti a terapia con antiTNF-α lungo un periodo di 13 anni (1999-2012). Cosa aggiunge Durante il followup, hanno sviluppato una neoplasia maligna l’1.8% e il 6.7% dei pazienti esposti e non esposti ad antiTNF-α (Risk Ratio 1.07; 95% CI, 0.85-1.36), senza che sia stata rilevata un’associazione con tipologie particolari di neoplasia in entrambi i gruppi. Il periodo di osservazione per i soggetti esposti è stato in media di 3.7 anni. Lo studio dimostra che il rischio neoplastico associato all’uso di antiTNF-α nei pazienti con IBD non è aumentato; tuttavia è necessario proseguirne il monitoraggio, al fine di escludere che tale rischio possa crescere in pazienti trattati con dosi maggiori o terapie più durature. Nyboe Andersen N et al. JAMA 2014;311:2406-13

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per il sangue occulto fecale (FIT) in 9989 soggetti a rischio intermedio di cancro colorettale, poi sottoposti a colonscopia.

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Bilio-pancreatic Disease Sondino o alimentazione per os nella pancreatite acuta ad elevato rischio di complicanze? Cosa si sa Una precoce ripresa della nutrizione per via enterale è fondamentale per ridurre l'incidenza di infezioni, rispetto alla via di nutrizione parenterale in pazienti con pancreatite acuta. Le Società di nutrizione clinica consigliano un posizionamento precoce del sondino enterale, mentre quelle gastroenterologiche lo considerano solo nel caso in cui il paziente non sia in grado di alimentarsi dopo una settimana di degenza. Obiettivi Questo studio multicentrico ha randomizzato 208 pazienti con

pancreatite acuta ad elevato rischio di complicanze (APACHE II >8 o Glasgow score > 3 o PCR >150mg/L entro 24 ore dal ricovero) ad un precoce posizionamento di sondino nutrizionale (entro 24 ore) oppure alla ripresa dell'alimentazione dopo 72 ore, con possibile passaggio al sondino solo se l'alimentazione per os non era tollerata. Cosa aggiunge La valutazione di un outcome composito di infezioni maggiori (necrosi pancreatica infetta, batteriemia, polmonite) o decesso nei sei mesi di follow-up ha

dimostrato che le due strategie non sono significativamente differenti (30% vs 27%, p=0-76). Nel gruppo di pazienti randomizzati all'alimentazione per os, questa non è stata tollerata nel 31% dei casi, ed è stato necessario posizionare un sondino a scopo nutrizionale. Va comunque segnalato che lo studio non era stato disegnato per valutare un eventuale beneficio addizionale di una modalità di nutrizione sull'altra. Inoltre, gli score precoci per valutare l'evolutività della pancreatite sono caratterizzati da moderati valori di accuratezza. Bakker OJ et al. N Engl J Med 2014;371:1983-199

La sostituzione dello stent biliare in plastica dovrebbe essere anticipata nei pazienti con adenocarcinoma pancreatico sottoposti a chemioterapia Cosa si sa I pazienti con adenocarcinoma pancreatico ed ittero, drenati mediante posizionamento di stent in plastica, sono normalmente programmati per una revisione/ riposizionamento dello stent ogni 90 giorni. Dati di letteratura ipotizzano che gli stent in plastica possano avere una durata di pervietà minore nei pazienti tumorali sottoposti a chemioterapia. Obiettivi è stata valutata in modo retrospettivo la necessità di sostituzione dello stent in pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico ed ittero ostruttivo durante il trattamento chemioterapico.

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Cosa aggiunge sono stati inclusi 173 pazienti in tre centri di riferimento, per un totale di 233 stent posizionati. Esclusi gli 87 stent rimossi all’atto della resezione chirurgica, 63 sono stati sostituiti a tre mesi secondo protocollo mentre nei restanti 83 (35.6%) è stata necessaria una sostituzione anticipata per insorgenza di ittero, colangite o deterioramento degli indici di funzione epatica. In questo ultimo sottogruppo, la mediana di pervietà è stata dii 49 giorni, con un tasso di ospedalizzazione di circa il 45%. Questo studio suggerisce pertanto, che nei pazienti sottoposti a chemioterapia per adenocar-

cinoma pancreatico, il riposizionamento dello stent di plastica biliare dovrebbe essere programmato in un periodo inferiore ai consueti 90 giorni, possibilmente entro 45 giorni, in modo da ridurre il tasso di complicanze e il rischio di ospedalizzazione. GE PS et al. Gastrointestinal Endoscopy 2015;81:360-66


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