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ommario
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Il saluto del Presidente di C. Catassi
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EDITORIALE
Ricominciamo con nuova energia! di M. Baldassarre
TOPIC HIGHLIGHT
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Intervista a Carlo Di Lorenzo. La Gastroenterologia Pediatrica: stato dell'arte e prospettive future di M. Baldassarre
CLINICAL SYSTEMATIC REWIEV
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Aspetti genetici delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali ad esordio molto precoce The genetic of very early onset Inflammatory Bowel Disease di N. Shah e J. Kammermeier
PEDIATRIC HEPATOLOGY
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Il management del prurito nel paziente colestatico Management of cholestatic pruritus in children di G. Ranucci, F. Di Dato, M. Tufano, R. Iorio
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PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE
Probiotici e NASH: una overview Probiotics and NASH: an overview
di V. Giorgio, A. Alterio, L. Miele, L. Principessa, A. Alisi, V. Nobili
TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER
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I test diagnostici per la diagnosi di infezione da Helicobacter pylori Diagnostic tests for Helicobacter pylori Infection
di M. Manfredi, A. Salerno, F. Calzolari, B. Cavirani, F. Gaiani, M. C. Scorrano, P. Gismondi
IBD HIGHLIGHTS
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I nuovi criteri di Porto per la diagnosi delle MICI nel bambino e nell'adolescente
New Porto criteria for the diagnosis of IBD in children and adolescent di E. Giannetti, C. Strisciuglio, F. Crocetto, A. Alessandrella, M. Martinelli, E. Miele, A. Staiano
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ommario
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
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È corretto somministrare PPI nel primo anno di vita? Proton pump inhibitor use in infants di E. F. Stacul, C. Moretti, C. De Giacomo
CASE REPORT
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Una diatesi edemigena intrigante An intriguing case of relapsing oedema
di S. Accomando, P. Gennaro, P. Alga, V. Pellitteri, C. Albino, G. Gramaglia, G. Corsello
Endoscopy Learning Library
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La sedazione in endoscopia digestiva
Sedation and analgesia in pediatric endoscopy di R. Mallamace e C. Romano
What to do if....?
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Che fare se i genitori rifiutano la biopsia intestinale per sospetto di celiachia?
What should be done when the parents do not consent to perform the small intestinal biopsy in a child with suspected celiac disease? di C. Catassi CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente
Carlo Catassi
Vice-Presidente
Tiziana Guadagnini
Segretario
Giovanni Di Nardo
Tesoriere
Daniela Knafelz Renata Auricchio, Licia Pensabene, Claudio Romano, Silvia Salvatore
Consiglieri
Come si diventa Soci della
E d ito re Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com
© 2014 Area Qualità S.r.l. Dire t to re Respons abile
Giovanna Clerici g.clerici@areaqualita.com L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Soci junior: quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line (anno solare) € 30.
Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02 55 12 322 - Fax 02 73960564 E-mail: sigenp@areaqualita.com
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IL
saluto del Presidente
C. CATASSI
Cari amici Con grande piacere accolgo l’invito del Direttore del Giornale SIGENP di portarvi il mio saluto. Sin dal momento dell’insediamento, nell’Ottobre 2013, mi sono posto il problema di quale indirizzo dare alla mia Presidenza. Sono giunto alla conclusione che una maggiore spinta nell’ambito della formazione sarebbe stata la mia “mission” primaria. Infatti, mentre il ruolo scientifico della SIGENP sembra assai consolidato e comunque in grado di procedere autonomamente, sul piano formativo molto resta da fare. Quale percorso deve seguire un giovane che voglia dedicarsi allo studio ed all’approfondimento della Gastro-Entero-Epato-Nutrizione Pediatrica? Al di là di iniziative sporadiche di perfezionamento, peraltro molto lodevoli, mi pare che ancora oggi tutto sia affidato all’ingegno individuale, in assenza di una strategia di sistema. Partendo da questi presupposti, il sottoscritto e l’attuale Direttivo SIGENP intendono impegnarsi a fondo, nel triennio appena cominciato, per potenziare l’impegno formativo della nostra società: abbiamo “in cantiere” la regolamentazione delle Scuole SIGENP e, soprattutto, la promozione dei Master Universitari sul territorio nazionale, secondo regole ed incentivi ancora tutti da definire. Va in questa direzione anche la scrittura e pubblicazione di un Manuale SIGENP di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica e, a seguire, di un Manuale di Nutrizione Pediatrica. Questi testi, peraltro assenti nel panorama dell'editoria nazionale, serviranno a “fissare” il nostro patrimonio culturale, con la speranza di rendere un servizio utile ai giovani specializzandi e pediatri che sentano l’esigenza di approfondire la nostra disciplina. L’iniziativa, di cui riceverete aggiornamenti mediante newsletter, coinvolgerà il maggior numero possibile di soci SIGENP, soprattutto quelli più esperti. Sempre in tema di formazione, non vi è dubbio che il Giornale SIGENP svolga da anni una funzione primaria di aggiornamento, per cui sarà importante consolidare questo prezioso strumento, nell’ottica auspicabile di arrivare ad una più che meritata indicizzazione della Rivista. Sono sicuro che la nuova Direzione, affidata all’amica Mariella Baldassarre e ad un gruppo di volenterosi e motivati giovani colleghi, saprà portare avanti egregiamente questa sfida. Un caro saluto a tutti voi! Carlo Catassi Presidente SIGENP triennio 2013-16
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E
ditoriale
Ripartiamo con nuova energia!
M. Baldassarre
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Carissimi amici, la prima parola che ho voglia di dire è GRAZIE. Grazie, perché il 98% di voi ci ha comunicato di leggere con entusiasmo questo giornale appena lo riceve. Questa vostra risposta è stata per tutti noi della Redazione una sorta di “carezza virtuale”, che naturalmente ci rende ancora più desiderosi di offrirvi un prodotto di qualità. Grazie a Carlo Catassi, nuovo Presidente della SIGENP, ed a tutto il Consiglio Direttivo, per la fiducia che hanno deciso di accordarmi come nuovo Direttore Editoriale. Grazie a Claudio Romano, il “fondatore “ di questo giornale, che adesso, come fanno i padri che hanno lavorato con i propri figli nella direzione dell’autonomia, prova a vedere se la sua “creatura” sa camminare da sola. Claudio continuerà ad accompagnarci come responsabile della Commissione Editoria della SIGENP. Grazie al lavoro svolto dai colleghi che, per vari motivi, non fanno più parte della redazione: Angelo Campanozzi, Ruggiero Francavilla (che è il nuovo Direttore del Portale della SIGENP), Valerio Nobili e Filippo Torroni. Grazie a Salvo Accomando, Barbara Bizzarri, Osvaldo Borrelli, Fortunata Civitelli, Monica Paci, che continuano a lavorare in questa squadra, nelle stesse postazioni, con la forza intellettuale di sempre. Grazie a Francesco Cirillo, che rientra come Capo Redattore e si occuperà di Epatologia, ad Antonella Diamanti, che si occuperà di Nutrizione Pediatrica ed a Salvatore Oliva, che si occuperà di Endoscopia, che hanno accettato con sincero entusiasmo di iniziare a lavorare con noi. Grazie ai miei due giovani assistenti di redazione, Alessandra Dileone e Pietro Drimaco, che non sanno ancora bene quale duro lavoro dovranno affrontare! Grazie a Giovanna Clerici ed a Fiorenza Lombardi, senza il cui sostanziale contributo forse quest’avventura non sarebbe mai cominciata. Un ringraziamento va alle Aziende (Ferring, Firma e Malesci) che con le loro pagine pubblicitarie rendono possibile la pubblicazione dei 4 fascicoli per il 2014. Quest’anno un fascicolo monotematico sarà dedicato a “Stress e malattie gastrointestinali”; per quanto riguarda il piano editoriale dei numeri ordinari crediamo di aver fatto un buon lavoro: gli argomenti che abbiamo selezionato sono tra i più attuali e verranno affrontati dai massimi esperti nel campo, italiani o stranieri. Questo primo numero si apre in maniera prestigiosa, con un contributo di Carlo Di Lorenzo, attuale presidente del NASPGHAN, e continua con argomenti che ci fanno scoprire quanto la gastroenterologia pediatrica sia “viva e vibrante”. Abbiamo introdotto due nuove rubriche. La prima vuole essere strumento di comunicazione con tutti voi che leggete il Giornale, e risponde ad una esigenza evidenziata dalla indagine di lettura effettuata dal nostro editore “Area Qualità” un anno fa: l’abbiamo intitolata “Lettere al Direttore”, e può essere pertanto occasione di richiesta di chiarimenti, scambio di opinioni, ulteriori approfondimenti. Aspettiamo con ansia il vostro contributo. La seconda nuova rubrica è intitolata “Che fare se….?" è una rubrica di taglio estremamente pratico, che vuole sforzarsi di trovare risposte a quelli che possono essere i dubbi che spesso si pone chi lavora “in trincea”. E allora, cosa aspettate a sfogliare le pagine successive a questa? Buona lettura a tutti.
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t gh i l gh AN Hi PGH di c i AS ra E p u To - N a c SSARR N DA L A A GH AB L P EL ES ARI M
I ntervista a C arlo D i L orenzo La Gastroenterologia Pediatrica: stato dell’arte e prospettive future MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari
Mi sembra giusto sottolineare che in questo momento la leadership delle 3 Società di Gastroenterologia Pediatrica più importanti del mondo ha una connessione con l’Italia. Carlo Di Lorenzo è il presidente NASPGHAN, Riccardo Troncone è il “past-president” della Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica (ESPGHAN) e Marina Orsi (argentina, ma con genitori Italiani e che parla perfettamente italiano) è presidente della Società Sud-Americana di Gastroenterologia Pediatrica. Questa straordinaria combinazione non può che rafforzare la già ottima opinione che all’estero si ha dei medici e ricercatori italiani.
Despite the relative investment decrease in the medical field, the specialty of pediatric gastroenterology remains active and vibrant. Among the many important discoveries in our specialty we can consider: 1) the role of the microbiome in gastrointestinal and extra-intestinal disorders 2) the use of the genomic sequence in the diagnosis of gastrointestinal diseases 3) the discovery of new drugs that probably lead to the treatment of hepatitis C. In the USA are on the rise the new science of “quality improvement”, and the transparency in the relationship between pharmaceutical companies and doctors. The american society expects a system that produces excellence with low fees. The role of paediatricians continues to be critical in preventing morbidity and determine which patients require specialist care.
Quanto è presente come subspecialità la Gastroenterologia Pediatrica negli USA?
Il sistema sanitario negli Stati Uniti è molto diverso da quello italiano, e lo è anche la struttura del training dei medici. Per divenire uno specialista in gastroenterologia pediatrica, lo specializzando deve completare 3 anni di pediatria e 3 anni di “subspecializzazione” in gastroenterologia pediatrica. Il numero di posti disponibili per diventare gastroenterologo pediatra è dettato dal mercato lavorativo e dalla necessità delle varie università di assumere medici con questa particolare competenza. Il 70% dei gastroenterologi pediatri negli USA lavora in strutture accademiche, in cui non è permesso fare attività privata. Le scuole di specializzazione vengono pagate per la gran parte dalle Università (in pochi casi si ricevono sovvenzioni dall’Istituto Nazionale di Sanità, NIH) perché sperano che, una volta completata la specializzazione, il medico rimanga a lavorare in quella stessa Università. Inoltre, avere degli specializzandi aumenta il numero di pazienti che si riescono a visitare, riducendo liste di attesa e Key Words aumentando gli introiti. Pediatric Gastroenterology, Il numero di specialisti in gastroenterolomicrobioma, genomic sequence gia pediatrica negli USA è aumentato of gastrointestinal disease, new drugs notevolmente negli ultimi anni. Più del
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95% dei gastroenterologi pediatri negli USA sono membri del NASPGHAN e il numero di membri è aumentato da 800 nel 2000 a quasi 2.000 nel 2013. Si è passati dall’avere 40 specializzandi nel 2000 a più di 100 nel 2013 in tutti gli USA. Di conseguenza l’età media dei gastroenterologi pediatri negli USA si sta abbassando ed è ora sotto i 50 anni. A testimonianza della crescita di questa specialità negli USA, l’ospedale a Columbus nel quale dirigo la divisione di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica aveva 9 gastroenterologi pediatri nel 2006 e ne ha ora 23. Negli USA la maggior parte dei gastroenterologi pediatri sono concentrati nelle grandi aree urbane e si va dall’avere uno specialista per meno di 50.000 bambini in Massachusetts, Ohio e Pennsylvania, a meno di uno per 150.000 bambini in West Virginia, North Dakota o New Mexico. Una curiosità: non ce n’è neanche uno nel Wyoming. Le linee guida per il corso di specializzazione in gastroenterologia pediatrica sono state pubblicate nel 2013. Uno dei trend che sta prendendo sempre più piede è quello di cercare di divenire esperti in una specifica area di gastroenterologia pediatrica: molte istituzioni ora offrono un anno in più di training per divenire
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Topic Highlight ESPGHAN - NASPGHAN
Prof. Carlo Di Lorenzo
È un onore per noi tutti della redazione del giornale aprire questo primo numero con l'intervista a Carlo Di Lorenzo, attuale presidente della Società Nord-Americana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (NASPGHAN). Carlo Di Lorenzo lavora negli Stati Uniti dal 1989, prima a Los Angeles, poi a Pittsburgh, dove ha vissuto 10 anni, e da 9 anni lavora come Direttore della Divisione di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica a Columbus, la capitale dell'Ohio. Il suo legame con l'Italia dove, insieme a sua moglie ha famiglia ed amici, rimane tuttora molto forte. Ha mantenuto la cittadinanza italiana e i suoi 4 figli hanno la doppia cittadinanza. Oltre ad essere uno straordinario scienziato e ricercatore, Carlo Di Lorenzo ha delle impareggiabili doti di "calda" umanità, che lo rendono attento e disponibile a chiunque si avvicini a lui.
specialisti, per esempio, in trapianto di fegato, neurogastroenterologia, malattie infiammatorie intestinali, nutrizione, endoscopia operativa, ecc. La mia sensazione è che negli USA si stiano producendo troppi gastroenterologi pediatri ed il mercato del lavoro sarà saturato nei prossimi 2-3 anni e di conseguenza ci sarà una diminuzione del numero di posti offerti per questa specializzazione. Qual è la situazione dei finanziamenti alla ricerca negli USA?
Ci sono al momento attuale meno investimenti in ricerca medica. Il budget dell’NIH (National Institute of Health) che fornisce con un processo molto competitivo i fondi per effettuare ricerca di base, translazionale o clinica era raddoppiato dal 1999 al 2003, raggiungendo i 26 miliardi di dollari, ed è rimasto pressocché immodificato dal 2004 al 2013. La percentuale di ricercatori che riceve fondi è diminuita dal 40 al 18%. Nello stesso periodo la spesa riguardante gli investimenti in ricerca e sviluppo di nuove terapie mediche è aumentata in percentuale in Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania, mentre è diminuita in Canada e negli USA. Quali sono a tuo parere, al momento attuale, i temi "caldi" in Gastroenterologia Pediatrica?
Nonostante la relativa diminuizione di investimenti nel campo medico, la specialità della gastroenterologia pediatrica rimane attiva e vibrante. Tra le moltissime importanti scoperte nella nostra specialità ne vorrei enfatizzare 3: 1) Il ruolo del microbioma in disturbi gastrointestinali ed extra-intestinali 2) l’uso della sequenza genomica nella diagnosi di malattie gastrointestinali 3) la scoperta di nuovi farmaci che probabilmente porteranno alla cura dell’epatite C. Il ruolo del microbioma intestinale nel
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predisporre all’insorgenza delle malattie infiammatorie intestinali, nel mediare lo sviluppo della steatoepatite e nell’influenzare il metabolismo corporeo sembra essere stabilito abbastanza bene. Nuovi dati di laboratorio e clinici ora connettono il microbioma persino con problemi emotivi e comportamentali. Ratti a cui venivano somministrati un certo tipo di probiotici divenivano meno ansiosi e depressi. Questa influenza del microbioma sul comportamento degli animali da laboratorio sembra essere mediata dal GABA e dall’azione del nervo vago (la vagotomia abolisce tali effetti). Nel 2013 il gruppo di Emeran Meyer dell’UCLA ha pubblicato un lavoro che dimostra che donne a cui venivano somministrati probiotici attivavano diverse porzioni del cervello in risposta a stimoli stressogeni. Il ruolo della manipolazione del microbioma come strategia terapeutica sta diventando sempre più una realtà al punto tale che negli USA il trapianto di feci omogeneizzate ottenute da donatori sani (di solito genitori del paziente) sta diventando la terapia di scelta in bambini ed adulti affetti da infezioni da Clostridium Difficile resistente alla terapia con antibiotici routinari. Il ruolo del trapianto di feci (“fecal microbiota transplantation”) in pazienti con colite ulcerosa è in corso di studio. Per quanto riguarda il secondo punto, è ora possibile sequenziare l’intero genoma umano in un solo giorno con una spesa di poco superiore ai 1.000 dollari. La sequenza del genoma umano ha portato alla scoperta per esempio di diversi geni associati a diverse forme di fibrosi cistica. Come conseguenza di ciò si sono sviluppate terapie che hanno migliorato in modo assai significativo la qualità della vita di alcuni bambini con tale malattia. È ora disponibile sul mercato il Kalydeco, il primo farmaco in grado di aumentare l'attività di un particolare mutante di CFTR, il G551D. Negli ultimi anni, la sequenza dell’intero genoma
ha portato alla diagnosi del difetto genetico in bambini con forme molto rare di malattie infiammatorie intestinali, ed uno di questi è stato curato in maniera definitiva dopo avere ricevuto un trapianto del midollo. Non c’è dubbio che questa specifica forma di diagnosi diventerà sempre più utilizzata nella pratica clinica nei prossimi anni. Per quanto riguarda l’epatite C, nelle ultime due settimane l’FDA ha approvato due nuovi farmaci (Simeprevir e Sofosbuvir) che hanno il potenziale di curare in maniera definitiva tale malattia che colpisce più di 2 milioni di persone in Italia, bambini ed adolescenti inclusi. In passato la terapia di questa malattia infettiva prevedeva la somministrazione contemporanea di interferone e ribavirina, una cura efficace nel ~40% dei casi e con molti effetti collaterali. L’identificazione e lo sviluppo di nuovi farmaci molto più specifici per il virus dell’epatite C ha ora portato all’eradicazione definitiva del virus in circa il 90 per cento dei malati, inclusi alcuni con cirrosi. Questi farmaci per il momento sono molto costosi, ma bisogna considerare che l’infezione cronica da epatite C rimane l’indicazione più comune per i trapianti di fegato, quindi una cura che eviti il trapianto può divenire altamente auspicabile in termini di “costo-beneficio”. Ci sono novità nella lotta all'obesità negli USA?
Negli USA si sono raggiunte punte di obesità del 40% nelle scuole medie e nei licei di alcuni Stati. Si è pertanto deciso a livello di governo federale di instaurare una lotta all’obesità simile a quella che ha avuto uno straordinario successo nel diminuire la percentuale della popolazione che fumava sigarette. Ad esempio in nessuno dei 5 punti ristoro dell’Ospedale in cui lavoro io è ora possibile comprare bibite che abbiano un contenuto calorico (sono in
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Intervista a Carlo Di Lorenzo
vendita solo quelle dietetiche a calorie zero) e la composizione calorica di qualsiasi prodotto è chiaramente illustrata dovunque si possa comprare cibo, inclusa la mensa dell’ospedale (sapere quante calorie si ingeriscono ad ogni pasto è un deterrente molto efficace!). Come risultato di questa campagna di educazione e sensibilizzazione, negli ultimi due anni per la prima volta si è raggiunto un plateau nelle percentuale di giovani obesi negli USA. Cosa vedi nel futuro della Gastroenterologia Pediatrica?
Una nuova scienza si è sviluppata negli ultimi anni negli USA: Il “quality improvement”, cioè il miglioramento della qualità. Ci si è resi conto che non basta effettuare nuove scoperte ed aumentare la nostra conoscenza scientifica. Bisogna poi applicare tali scoperte in campo medico in maniera sistematica ed omogenea. Come corollario di questa nuova disciplina, bisogna anche sviluppare sistemi di controllo per far sì che diagnosi e terapie siano sicure ed i danni prevenibili (infezioni nosocomiali, ulcere da decubito, farmaci Bibliografia
somministrati in ospedale a dosi non corrette o al momento sbagliato, cadute da letti, ecc) siano completamente eliminati. Negli USA il governo non paga gli ospedali se il ricovero viene prolungato o si ritiene sia dovuto ad errori da parte del personale medico che potevano essere prevenuti. La nuova riforma sanitaria negli USA ha posto molta più enfasi sul risultato degli interventi medici più che sulla quantità di test o terapie prescritte (la tendenza attuale è sempre di più quella di pagare fornitori che hanno i migliori risultati con spese contenute). Un altro trend che sta influenzando la nostra attività di medici negli USA, è il controllo che il pubblico ed il governo vuole (giustamente!) avere sui rapporti tra medici e case farmaceutiche. Una legge approvata quest’anno (“Sunshine Act”) obbliga le case farmaceutiche a pubblicare sul web tutte le transazioni superiori ai 10 dollari fatte a beneficio di ricercatori e medici, includendo: cene, viaggi, supporto di attività di ricerca, ecc. Questo non vuole scoraggiare il supporto importantissimo ed in molti casi essenziale che le case farmaceuti-
1. Leichtner AM, Gillis LA, Gupta S et al. NASPGHAN guidelines for training in pediatric gastroenterology. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2013 Jan;56 Suppl 1:S1-8. 2. Bravo JA, Forsythe P, Chew MV et al. Ingestion of Lactobacillus strain regulates emotional behavior and central GABA receptor expression in a mouse via the vagus nerve. Proc Natl Acad Sci USA 2011 Sep 20;108(38):16050-5. 3. Tillisch K, Labus J, Kilpatrick L et al. Consumption of fermented milk product with probiotic modulates brain activity. Gastroenterology 2013 Jun;144(7):1394-401,1401.e1-4. 4. Brandt LJ, Reddy SS. Fecal microbiota transplantation for recurrent clostridium difficile infection. J Clin Gastroenterol 2011 Nov;45 Suppl:S159-67. 5. Worthey EA, Mayer AN, Syverson GD et al. Making a definitive diagnosis: successful clinical application of whole exome sequencing in a child with intractable inflammatory bowel disease. Genet Med 2011 Mar;13(3):255-62. 6. Hagan LM, Wolpe PR, Schinazi RF. Treatment as prevention and cure towards global eradication of hepatitis C virus. Trends Microbiol. 2013 Dec;21(12):625-33. 7. Gee S, Chin D, Ackerson L, Woo D, Howell A. Prevalence of childhood and adolescent overweight and obesity from 2003 to 2010 in an integrated Health Care Delivery System. J Obes. 2013;2013:417907. 8. Brilli RJ, McClead RE Jr, Crandall WV et al. A comprehensive patient safety program can significantly reduce preventable harm, associated costs, and hospital mortality. J Pediatr 2013 Dec;163(6):1638-45. 9. Merrell JG, Levy BH 3rd, Johnson DA. Patient assessments and online ratings of quality care: a "wake-up call" for providers. Am J Gastroenterol 2013 Nov;108(11):1676-85.
che offrono per la ricerca clinica, ma vuole far sì che il pubblico sia a conoscenza di casi in cui il medico potrebbe essere influenzato nella sua attività clinica da rapporti troppo stretti con una o più industrie attive nel campo sanitario. Negli ultimi anni c’è stata anche una proliferazione esponenziale di siti web in cui i pazienti giudicano i medici che si sono presi cura di loro. I pazienti valutano competenza, professionalità, facilità di accesso, condizioni dell’ufficio, e così via e questi dati sono disponibili a tutti. Oramai la maggior parte dei pazienti sceglie il medico nello stesso modo di un buon ristorante o di un albergo, in base alle recensioni di altri “clienti” che hanno avuto modo di entrare in contatto con quel medico. I siti più famosi negli USA vengono visitati da più di 5 milioni di persone al mese. Corresponding author CARLO DI LORENZO Nationwide Children's Hospital 700 Children’s Drive Columbus, OH 43205 (USA) Ph. (614) 722-3450 Fax (614) 722-3454 E-mail: Carlo.DiLorenzo@nationwidechildrens.org
Key Points • Negli USA si specializzano troppi gastroenterologi pediatri: il mercato del lavoro potrebbe essere saturato nei prossimi 2-3 anni e di conseguenza ci sarà una diminuzione del numero di posti offerti per questa specializzazione. • Ci sono al momento attuale meno investimenti in ricerca medica. Il budget dell’NIH (National Institute of Health) è rimasto pressocchè immodificato dal 2004 al 2013. La percentuale di ricercatori che riceve fondi è passata dal 40 al 18%. • Tra le scoperte più importanti bisogna annoverare: il ruolo del microbioma nei disturbi gastrointestinali ed extra-intestinali; l’uso della sequenza genomica nella diagnosi di malattie gastrointestinali; la scoperta di nuovi farmaci che porteranno alla cura dell’epatite C. • La lotta all’obesità in America ha fatto registrare per la prima volta negli ultimi due anni un plateau nella percentuale degli obesi. • Il “quality improvement” è una nuova scienza che si è sviluppata negli ultimi anni negli USA: si occupa dell’applicazione sistematica ed omogenea delle scoperte scientifiche in campo medico e dello sviluppo di sistemi di controllo della loro efficacia. • una legge approvata negli USA nel 2013 obbliga le case farmaceutiche a pubblicare sul web tutte le transazioni oltre i 10 dollari a beneficio di ricercatori e medici.
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Aspetti genetici delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali ad esordio molto precoce Neil Shah E Jochen Kammermeier Division of Mucosal Immunology, Department of Gastroenterology Great Ormond Street Hospital for Sick Children, London UK
Very Early Onset IBD (VEO-IBD) represents a heterogeneous group of early onset IBD children characterised by high morbidity and mortality burden. The management of these children is very variable which is not surprising considering the orphan nature of the condition and its wide heteogeneity. The rapid development of new genetic techniques might lead to significant early genetic discoveries and subsequent translation into curative therapy.
Key Words Early onset Inflammatory Bowel Disease, genome wide association studies, single gene analysis, next generation sequencing, monogenic disease
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BACKGROUND Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) sono caratterizzate da una infiammazione cronica dell’intestino, che comporta diarrea, presenza di sangue nelle feci, dolore addominale, ritardato accrescimento e perdita di peso. Recenti dati suggeriscono un progressivo aumento dell‘incidenza delle MICI in età pediatrica (1). L’esordio durante i primi anni di vita è estremamente raro, ed i dati pubblicati in letteratura suggeriscono una prevalenza dei casi diagnosticati prima del terzo anno di vita intorno al 6% rispetto a tutti i casi di MICI sotto i 18 anni (2). Le MICI ad esordio molto precoce (very early onset-inflammatory bowel disease, VEO-IBD) si presentano con sintomi gastrointestinali durante il primo anno di vita e si associano ad una elevata morbidità e mortalità (3,4). Questo sottogruppo presenta una enorme eterogeneicità clinica, in cui l’infiammazione intestinale rappresenta sia l’esito finale di un processo che allo stesso tempo l‘inizio della ricerca della causa sottostante. Nella maggior parte dei casi i bambini affetti da VEO-IBD non sono in grado di tollerare l’alimentazione enterale, richiedendo così una nutrizione parenterale a lungo termine, acquisiscono infezioni opportunistiche e sono ad alto rischio di sviluppare linfomi (5). Pertanto la gestione clinica di questi bambini è altamente problematica. L’insorgenza precoce, la storia familiare e la notevole presenza di consanguineità nelle VEO-IBD sono altamente suggestivi di una malattia monogenica (6). Il rapido sviluppo di nuove tecniche molecolari ha portato recentemente a rilevanti scoperte in campo genetico in circa il 10-20% di pazienti con VEO-IBD, e nuovi approcci terapeutici, come il trapianto di cellule staminali emopoietiche (Hematopoietic Stem Cell Transplantation, HSCT), sono attualmente suggeriti in alcuni di essi (7,8,9). Nel 2009-2010 Glocker e collaboratori hanno descritto mutazioni nel recettore dell’interleuchina 10 (IL10R) e successivamente della IL-10 stessa in sei piccoli pazienti affetti da VEO-IBD, trattati e curati con il HSCT. Il meccanismo alla base di tale variante di VEO-IBD è rappresentato da una perdita degli effetti antinfiammatori della IL10 con conseguente attivazione non controllata del processo infiammatorio cronico intestinale (10,11). L’impatto di una simile scoperta genetica che possa portare poi ad attuare una terapia mirata rimane al momento assente nelle forme di MICI idiopatiche ad esordio adulto (12). L’importanza funzionale di alcuni geni identificati in malattie rare o idiopatiche può avere un impatto notevole, come ad esempio l’associazione della mutazione della IL10 con il linfoma a cellule B (3), e rappresentare una “road map“ per disordini poligenici. In questo momento ci sono 163 loci suscettibili di MICI identificati da ampi studi di associazione di genomi (GWAS, genome wide association studies) nelle forme MICI ad esordio in età adulta o idiopatiche (13). Con il metodo GWAS vengono studiate varianti genetiche che si trovano in un ampio numero di casi e di controlli, per capire se qualche variante si associa ad una condizione specifica. Il metodo GWAS gioca quindi un ruolo chiave, sia nel confermare l’ereditabilità delle MICI [varianza spiegata di malattia: 13.6% per malattia di Crohn (MC) 7.5% per Rettocolite Ulcerosa (RCU)], sia nell’evidenziare meccanismi specifici che possono essere coinvolti nella patogenesi delle MICI. Centodieci loci di suscettibilità sono associati con la MC e RCU suppor-
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tando l’ipotesi che entrambe le malattie siano caratterizzate da uno specifico pattern biologico. Tale ipotesi è supportata dalla associazione delle MICI con altre malattie immunomediate (9). Studi di associazione genomica, condotti in pazienti pediatrici affetti da MICI, hanno rilevato risultati simili, e l’evidente sovrapposizione con loci identificati in altre condizioni suggerisce un simile modello patogenetico, sia per pazienti adulti che pediatrici affetti da MICI poligenica/idiopatica (14). L‘impatto funzionale dei geni evidenziati in questi studi, in ogni caso, deve ancora essere stabilito. TEST GENETICI IN PAZIENTI CON MICI AD ESORDIO MOLTO PRECOCE La prevalenza di disordini monogenici o di singoli geni che causano MICI è sconosciuta. La variabilità genetica tra popolazioni diverse, gli errori clinici e il ritardo nell’invio dei piccoli pazienti nei centri di riferimento rappresentano i maggiori ostacoli per una accurata definizione della prevalenza/incidenza generale delle MICI monogeniche. Sembra essere sempre più evidente una prevalenza delle VEO-IBD intorno al 10-20% (comunicazione personale). Dunque, per poter procedere con test genetici é di primaria importanza caratterizzare il fenotipo dei pazienti prima di programmare degli esami genetici appropriati, in modo anche da rendere massima la probabilità di un risultato positivo. CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA DELLE VEO-IBD Una storia clinica ed un esame obiettivo accurati possono spesso orientare il medico verso il miglior tipo di test genetico da utilizzare [Figura 1]. Un’attenta ananmesi dovrebbe includere la storia familiare attraverso diverse generazioni per identificare consanguineità, storie di infezioni severe e persistenti, pregressi interventi chirurgici intestinali, infiammazione perianale ad esordio infantile e presenza di morti precoci nella storia familiare.
MICI ad esordio molto precoce con caratteristiche fenotipiche chiare (stimato 10%).
Stabilire il fenotipo del paziente per individuare specifiche caratteristiche di malattia Si
No
Analisi del Singolo Gene (Sequenziamento Sanger)
Next Generation Sequencing (NGS)
Figura 1 Approccio all’analisi genetica in bambini con MICI ad esordio molto precoce
Quando la storia clinica e l’esame obiettivo indirizzano verso uno specifico sospetto diagnostico [Figura 2], il test genetico ideale è il sequenziamento Sanger. Questa tecnica stabilisce il sequenziamento esatto del nucleotide del frammento di DNA di scelta, definito da Difetti della barriera intestinale e alterata risposta allo stress. Es. Deficit NEMO Difetti del controllo della risposta immune innata ed adattiva. Es. Deficit del Pathway dell’IL-10
Alterata selezione e attivazione dei Linfociti T e B. Es. IDCV Tipo 1 Disordini autoinfiammatori. Es. Deficit XIAP
Immunodeficienze che coinvolgono l’attività dei granulociti e dei fagociti. Es. Malattia Granulomatosa Cronica
Figura 2 Esempio di cinque condizioni associate a MICI ad esordio molto precoce con le caratteristiche fenotipiche fondamentali
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uno specifico inizio e da una fine ugualmente specifica (primers) ma è limitata da un target corto, come un specifico esone di un gene di interesse. Per esempio, in un paziente con diarrea severa ad esordio precoce, evidenza istologica di infiammazione intestinale, diabete mellito di tipo 1 e aumento delle immunoglobuline E, la ricerca di una mutazione di un singolo gene (Sanger sequencing) per la sindrome IPEX (deficit di FOX-3) è l’approccio più veloce e più efficace. MICI ad esordio molto precoce con caratteristiche fenotipiche non chiare (90% stimate). Quando non c’è una chiara caratteristica fenotipica presente, il test genetico di scelta sarà il Next Generation Sequenzing (NGS). In un paziente con infiammazione intestinale severa e nessun’altra caratteristica specifica di malattia, testare mutazioni genetiche in un approccio gene-per-gene può essere dispendioso sia in termini di tempo che economici. La NGS è stata usata come modalità diagnostica nelle VEO-IBD (15). Un Cluster di geni può essere analizzato in un arco ragionevole di tempo. Tale approccio diagnostico sta diventando economicamente conveniente e realizzabile nella maggior parte delle unità specialistiche. L’applicazione della tecnologia NGS è in rapida espansione nell’ambito clinico (16) ed è attualmente utilizzata come strumento diagnostico in condizioni come le immunodeficienze primarie (17). Ci sono generalmente due approcci nei quali la tecnologia NGS è utilizzata: 1) un pannello di geni selezionati utlizzati come target per il sequenziamento 2) Whole Exome Sequencing (WES), in cui tutti gli esoni di un individuo sono dei target e sono quindi sequenziati, oppure Wide Genome Sequencing (WGS) in cui il target per il sequenziamento è l’intero genoma (si stima che l’esoma rappresenti solo l’1% del genoma). Rispetto alle tecnologie WGS e WES convenzionali, l’approccio tramite pannelli di geni target generalmente permette una maggiore copertura delle sequenze esoniche (la maggior parte degli esoni sono trascritti in proteine), e pertanto, riducendo il rischio di falsi negativi, tale tecnologia potrebbe essere maggiormente adatta a fini diagnostici. L’approccio tramite l’intero sequenziamento genomico ed esomico presenta il potenziale vantaggio di evidenziare nuove mutazioni geniche, ma al tempo stesso genera una quantità enorme di dati non diagnostici e spesso non interpretabili. L’assenza di chiare linee-guida sulla gestione dei risultati inattesi o casuali riguardanti l’assetto genetico dei pazienti, presenta importanti aspetti etici per medici e scienziati (18). CONOSCENZE ATTUALI DELLA SEGREGAZIONE GENETICA
NELLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI AD ESORDIO MOLTO PRECOCE MONOGENICHE Qualunque tecnica sia utilizzata per identificare il gene responsabile delle VEO-IBD, è ampiamente dimostrato che esse possano essere causate sia da deficit immunitari primari che da difetti funzionali della barriera intestinale, la quale rappresenta un elemento essenziale nella risposta immunitaria secondaria. Queste condizioni sono inoltre state suddivise da Uhlig (19) in cinque categorie diagnostiche come riportato in Tabella 1. Uhlig esamina l’impatto delle malattie monogeniche associate a infiammazione intestinale, evidenziando come l’aumento delle nostre conoscenze sulle pathways funzionali nelle MICI monogeniche permetterà una migliore comprensione degli aspetti genetici sottostanti.
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Tabella 1 C ategorie di malattie monogeniche con fenotipo MICI secondo H. Uhlig (19)
Patologie associate con Infiammazione Intestinale
Gene
Caratteristiche Cliniche Chiave
Immunodeficienza e displasia ectodermica X-linked
IKBKG
Alopecia, alterazioni dentarie (denti conici) e pelle secca (anidrosi)
Deficit di TTC7A
TTC7A
Ostruzioni intestinali neonatali dovute ad atresie intestinali multiple
Sindrome tricoepatoenterica
TTC37 SKIV2L
Alterazioni dei capelli (tricoressi nodosa) in bambini con epatopatia e moderati dismorfismi facciali
Sindrome IPEX/-like
FOXP3 IL2RA STAT1
Eczema grave in bambini con endocrinopatie ad esordio precoce (piĂš frequentemente DM tipo 1)
Deficit del Pathway IL10
IL10 IL10RA IL10RB
Infiammazione perianale estesa e presenza di fistole entro i primi mesi di vita
Corresponding Author Neil Shah MD, PhD Division of Mucosal Immunology Department of Paediatric Gastroenterology Great Ormond Street Hospital for Sick Children Great Ormond Street, WC1N 3HZ London, UK Tel. + 44(0)20 7405 9200 ext 5971 E-mail: neil.shah@gosh.nhs.uk
Bibliografia 1. Benchimol EI, Guttmann A, Griffiths AM et al. Increasing incidence of paediatric inflammatory bowel disease in Ontario, Canada: evidence from health administrative data. Gut 2009;58:1490-7. 2. Heyman MB, Kirschner BS, Gold BD et al. Children with early-onset inflammatory bowel disease (IBD): analysis of a pediatric IBD consortium registry. J Pediatr 2005;146:35-40. 3. Levine A, Griffiths A, Markowitz J et al. Pediatric modification of the Montreal classification for inflammatory bowel disease: the Paris classification. Inflamm Bowel Dis 2011;17:1314-21. 4. Cannioto Z, Berti I, Martelossi S et al. IBD and IBD mimicking enterocolitis in children younger than 2 years of age. Eur J Pediatr 2009;168:149-55. 5. Neven B, Mamessier E, Bruneau J et al. A Mendelian predisposition to B-cell lymphoma caused by IL-10R deficiency. Blood 2013;122:3713-22. 6. Muise AM, Snapper SB and S Kugathasan. The age of gene discovery in very early onset inflammatory bowel disease. Gastroenterology 2012;143:285-8. 7. Marsh RA, Rao K, Satwani P et al. Allogeneic hematopoietic cell transplantation for XIAP deficiency: an international survey reveals poor outcomes. Blood 2013;121:877-83. 8. Engelhardt KR, Shah N, Faizura-Yeop I et al. Clinical outcome in IL-10- and IL-10 receptor-deficient patients with or without hematopoietic stem cell transplantation. J Al.lergy Clin Immunol 2013;131:825-30. 9. Barzaghi F, Passerini L and Bacchetta R. Immune dysregulation, polyendocrinopathy, enteropathy, x-linked syndrome: a paradigm of immunodeficiency with autoimmunity Front Immunol 2012;3:211. 10. Glocker EO, Kotlarz D, Boztug K et al. Inflammatory bowel disease and mutations affecting the interleukin-10 receptor. N Engl J Med 2009;361:2033-45. 11. Glocker EO, Frede N, Perro M et al. Infant colitis-it’s in the genes. Lancet 2010;376:1272. 12. Maloy KJ and Powrie F. Intestinal. homeostasis and its breakdown in inflammatory bowel disease. Nature 2011;474:298-306. 13. Jostins L, Ripke S, Weersma RK et al. Host-microbe interactions have shaped the genetic architecture of inflammatory bowel disease. Nature 2012;491:119-24. 14. Imielinski M, Baldassano RN, Griffiths A et al. Common variants at five new loci associated with early-onset inflammatory bowel disease. Nat Genet 2009;41:1335-40.
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15. Worthey EA, Mayer AN, Syverson GD et al. Making a definitive diagnosis: successful clinical. application of whole exome sequencing in a child with intractable inflammatory bowel disease. Genet Med 2011;13:255-62. 16. Yang Y, Muzny DM, Reid JG et al. Clinical whole-exome sequencing for the diagnosis of mendelian disorders. N Engl J Med 2013;369:1502-11. 17. Nijman IJ, van Montfrans JM, Hoogstraat M et al. Targeted next-generation sequencing: A novel diagnostic tool for primary immunodeficiencies. J Allergy Clin Immunol 2013. 18. Green RC, Berg JS, Grody WW et al. ACMG recommendations for reporting of incidental findings in clinical exome and genome sequencing. Genet Med 2013;15:565-74. 19. Uhlig HH. Monogenic diseases associated with intestinal. inflammation: implications for the understanding of inflammatory bowel disease. Gut 2013;62:1795-805.
Key Points
• Un accurato fenotipo è alla base di una efficace genotipizzazione. • Nella valutazione dei bambini con MICI ad esordio molto precoce è utile considerare la possibilità di effettuare un’analisi genica. • Nei prossimi anni si assisterà ad una maggiore disponibilità nella pratica clinica quotidiana dei tests genetici delle MICI grazie anche ad un miglioramento del rapporto costo-beneficio. • I test genetici aiuteranno a ridefinire e orientare nuove opzioni terapeutiche e migliorare la prognosi.
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CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente Vice-Presidente Segretario Tesoriere Consiglieri
AREE
Carlo Catassi Tiziana Guadagnini Giovanni Di Nardo Daniela Knafelz Renata Auricchio, Licia Pensabene, Claudio Romano, Silvia Salvatore
COMMISSIONI PERMANENTI COMMISSIONE EDITORIA Responsabile di Commissione Direttore Editoriale Portale SIGENP Direttore Responsabile Portale SIGENP
Claudio Romano - Messina Ruggiero Francavilla - Bari Giovanna Clerici Editore Area Qualità - Milano
Direttore Editoriale Giornale SIGENP Direttore Responsabile Giornale SIGENP
Mariella Baldassarre - Bari Giovanna Clerici Editore Area Qualità - Milano
Capo Redattore Giornale SIGENP
Francesco Cirillo - Napoli
Endoscopia e Indagini Diagnostiche Strumentali Coordinatore di Area Segretario
Filippo Torroni - Roma Serena Arrigo - Como
IMIBD Immunologia Microbiologia e Malattie Infiammatorie Intestinali Coordinatore di Area Segretario
Marina Aloi - Roma Massimo Martinelli - Napoli
Malattie Correlate ad Alimenti e Nutrizione Per le Malattie Correlate ad Alimenti Coordinatore di Area Elena Maria Lionetti - Catania Segretario Francesco Valitutti - Salerno Per le Malattie Correlate alla Nutrizione Coordinatore di Area Sergio Amarri - Reggio Emilia Segretario Antonella Lezo - Torino
COMMISSIONE RICERCA E SVILUPPO
Malattie del Fegato Vie Biliari e Pancreas
Responsabili di Commissione
Coordinatore di Area Segretario
Carlo Agostoni - Milano Licia Pensabene - Catanzaro
Marco Sciveres - Palermo Emanuele Nicastro - Bergamo
COMMISSIONE FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO
Neurogastroenterologia e Malattie Acido Correlate
Responsabili di Commissione
Coordinatore di Area Segretario
Salvatore Cucchiara - Roma Silvia Salvatore - Varese
Angelo Campanozzi - Foggia Fernanda Cristofori - Bari
RESPONSABILI REGIONALI SIGENP Abruzzo Molise Giuliano Lombardi Calabria Licia Pensabene Campania Pietro Vajro Emilia Romagna Miris Marani Friuli V. Giulia Stefano Martelossi Lazio Antonella Diamanti
Liguria Paolo Gandullia Lombardia Costantino De Giacomo Marche Antonio Carlucci Piemonte Cristiana barbera Puglia Basilicata Flavia Indrio Sardegna Georgios Loudianos
Sicilia Occidentale Giuseppe Iacono Sicilia Orientale Giuseppe Magazzù Toscana Paolo Lionetti Trentino A. Adige Carlo Polloni Umbria Giuseppe Castellucci Veneto Mauro Cinquetti
LA SEGRETERIA PERMANENTE
IL SEGRETARIO NAZIONALE
LA SEGRETERIA AMMINISTRATIVA
Area Qualità Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02/5512322 - Fax 02/73960564 E-mail: sigenp@areaqualita.com
Dott. Giovanni Di Nardo Policlinico di Roma Umberto I Piazzale Aldo Moro, 5 - 00185 Roma E-mail: giovanni.dinardo@uniroma1.it
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I VAnTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP Gli scopi principali della società sono: • promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • sviluppare le relazioni scientifiche con le altre società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.
Come si diventa Soci della SIGENP L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dall’anno 2013 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Soci junior: quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line (anno solare) € 30.
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Il management del prurito nel paziente colestatico Giusy Ranucci, Fabiola Di Dato, Maria Tufano, Raffaele Iorio Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”
Patients with cholestatic liver disorders commonly complain pruritus, that has been reported as the most debilitating symptom in children with chronic liver disease. Because cholestatic pruritus is likely a result of multiple mechanisms, combination therapy with agents that have different mechanisms of action may be beneficial. In this article, current concepts regarding pathogenesis and management of cholestatic pruritus in children are reviewed.
Key Words Opioids, bile salts, ursodeoxycholic acid, rifampicin, bile-binding resins, quality of life
Introduzione Il prurito, oltre che sintomo di malattie dermatologiche, può essere spia di numerose condizioni quali epatopatie colestatiche, malattie emato-oncologiche, nefropatie, endocrinopatie, parassitosi, connettiviti. Nei pazienti con colestasi il prurito è spesso presente e talvolta può essere il sintomo di esordio dell’epatopatia. Quando la colestasi è anitterica si può correre il rischio di attribuire il prurito ad altre condizioni con conseguente ritardo diagnostico. Non c’è una relazione diretta tra severità del prurito e quella della colestasi. Ci sono pazienti con valori di bilirubinemia molto elevati ed assenza di prurito e pazienti anitterici con prurito invalidante. Questo si osserva con una certa frequenza in caso di sindrome di Alagille e di colestasi intraepatiche familiari progressive (PFIC). Il prurito della colestasi può essere persistente o intermittente, generalizzato o localizzato a specifiche parti del corpo, tipicamente palmo delle mani e pianta dei piedi. Generalmente il prurito è più fastidioso durante la notte, in presenza di vestiti stretti ed in ambienti caldo-umidi. Molti genitori riferiscono che il prurito è il sintomo maggiormente invalidante dell’epatopatia cronica del loro bambino e talvolta ne costituisce la principale indicazione all’epatotrapianto. Il prurito severo può avere effetti disabilitanti ed interferire con il sonno, con le attività quotidiane e con il normale sviluppo cognitivo. Può essere inoltre responsabile di escoriazioni e sovra-infezioni cutanee. Meccanismi patogenetici L’esatta fisiopatologia del prurito nelle epatopatie colestatiche non è completamente definita (1,2). La comparsa del prurito di solito si manifesta dopo il 6° mese di vita anche se il processo colestatico è presente dalla nascita. Le cause di colestasi in età pediatrica sono numerose e comprendono sia forme intraepatiche che extraepatiche. Tra le prime si annoverano le forme genetico-metaboliche (sindrome di Alagille, PFIC, difetti di sintesi degli acidi biliari, deficit di alfa1-antitripsina, fibrosi cistica etc.), quelle infettive, autoimmunitarie, da farmacotossicità. Tra le extraepatiche rientrano la cisti del coledoco, i disordini della via biliare principale, la calcolosi, le compressioni da processi tumorali. Ci sono poi forme che interessano l’intero albero biliare come l’atresia delle vie biliari e la colangite sclerosante. Quest’ultima ha frequentemente il prurito come sintomo dominante. Nel paziente epatotrapiantato il prurito può essere la prima spia di un rigetto. Come è noto, alla base della colestasi c’è la ritenzione in circolo di sostanze normalmente escrete con la bile. Il deposito di acidi biliari a livello cutaneo è stato considerato il principale responsabile del prurito. Attualmente è fortemente supportata l’ipotesi che le sostanze pruritogene che si accumulano nel sangue dei pazienti colestatici riescano ad entrare a livello encefalico e indurre l’aumento della neurotrasmissione mediata da oppiodi, responsabile a livello centrale del prurito. Difatti la somministrazione di oppioidi induce prurito nell’uomo e i recettori centrali degli oppioidi risultano up-regolati nei pazienti colestatici. Infine è stato documentato che l’ondansetron, un antagonista del recettore della serotonina, può interferire con i meccanismi di nocicezione ed avere un ruolo terapeutico nel prurito colestatico.
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Pediatric Hepatology
Valutazione del prurito La valutazione del prurito si basa essenzialmente sulle implicazioni che esso ha sulla qualità di vita del paziente in termini di sintomi, limitazioni funzionali e impatto psicologico. Molti sono i metodi sviluppati per misurare la severità del prurito. Uno dei più utilizzati è la scala analogico-visiva (VAS). Recentemente è stata sviluppata la scala delle 5D del prurito (3), composta da un questionario che classifica i pazienti in base alle seguenti caratteristiche del prurito: durata, grado (degree), decorso, disabilità e distribuzione [Tabella 1]. Tabella 1 Scala delle 5-D del prurito* (3)
1.
Durata: durante le ultime 2 settimane, quante ore al giorno ha lamentato prurito? 1 meno di 6 h/die 2 tra le 6-12 h/die 3 tra le 12-18 h/die 4 tra 18-23 h/die 5 tutto il giorno
2
Grado (Degree): definisci l’entità del prurito nelle ultime 2 settimane 1 non presente 2 lieve 3 moderato 4 severo 5 intrattabile
3
Decorso: nelle ultime 2 settimane il prurito è migliorato o peggiorato rispetto ai mesi precedenti? 1 completamente risolto 2 molto migliorato, ma ancora presente 3 poco migliorato, ma ancora presente 4 immodificato 5 peggiorato
4
5
Disabilità: l’impatto del prurito sulle seguenti attività: SONNO
ATTIVITÀ SOCIALI
1 non altera il sonno
1 non altera mai queste attività
2 occasionalmente ritarda l’addormentamento
2 raramente altera queste attività
3 frequentemente ritarda l’addormentamento
3 occasionalmente altera queste attività
4 ritarda l’addormentamento ed occasionalmente risveglia la notte
4 frequentemente altera queste attività
5 ritarda l’addormentamento e frequentemente risveglia la notte
5 altera sempre queste attività
ATTIVITÀ DOMESTICHE
ATTIVITÀ SCOLASTICHE
1 non altera mai queste attività
1 non altera mai queste attività
2 raramente altera queste attività
2 raramente altera queste attività
3 occasionalmente altera queste attività
3 occasionalmente altera queste attività
4 frequentemente altera queste attività
4 frequentemente altera queste attività
5 altera sempre queste attività
5 altera sempre queste attività
Distribuzione: indica quale zona del corpo è stata coinvolta da prurito nelle ultime 2 settimane. Se non è indicata una parte del corpo, scegli quella anatomicamente più vicina. capo; volto; torace; addome; schiena; natiche; cosce, gambe, dorso piedi; pianta dei piedi; palmo delle mani; dita e dorso delle mani; avambracci; braccia; punti di contatto con abbigliamento (cintura; regioni intime); inguine
*Lo score dei primi tre quesiti corrisponde al punteggio indicato; per il quarto quesito si considera il punteggio più alto nei quattro ambiti; per il quinto quesito in base al numero di localizzazioni si attribuisce il punteggio: somma 0-2: score 1; somma 3-5: score 2; somma 6-10: score 3; somma 11-13: score 4; somma 14-16: score 5
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Prurito e colestasi
Trattamento del prurito Vari sono gli approcci farmacologici proposti per il trattamento del prurito nelle malattie colestatiche. La maggior parte di essi si basa sull’assunto che gli acidi biliari e gli oppiodi sono i principali mediatori del sintomo. La definizione dell’efficacia terapeutica è resa ardua dal fatto che il prurito è una percezione soggettiva che non può essere quantificata direttamente. Inoltre la comparazione e l’interpretazione dei risultati dei trial clinici è limitata dalla ridotta numerosità delle popolazioni studiate, dall’assenza di studi in cieco e dall’uso di scale soggettive. Molti dei farmaci studiati sono stati validati solo nella popolazione adulta. Ben documentata è la gestione del prurito negli adulti con cirrosi biliare primitiva (vedi linee-guida AASLD 2009), mentre mancano linee-guida pediatriche. la gestione del prurito nei bambini si differenzia sensibilmente da quella degli adulti, per cui le evidenze documentate negli adulti non sono applicabili tout court alla popolazione pediatrica (4-5). I farmaci utilizzati comprendono l’acido ursodesossicolico, la rifampicina, il fenobarbitale, gli antagonisti degli oppioidi, le resine che legano gli acidi biliari e gli antistaminici. Il trattamento della patologia responsabile della colestasi costituisce la misura più efficace per trattare il prurito stesso (2). Qualora sia disponibile un trattamento risolutivo della colestasi, esso risolverà anche il prurito. È questo il caso della terapia chirurgica o endoscopica nella calcolosi della via biliare principale o della terapia immunosoppressiva nelle epatopatie autoimmuni e nel rigetto del fegato trapiantato. Nei casi in cui non sia disponibile un trattamento in grado di risolvere o migliorare significativamente il processo colestatico, bisognerà ricorrere ad uno dei presidi farmacologici di seguito elencati con la consapevolezza che, qualora il prurito diventi intrattabile e alteri significativamente la qualità di vita del paziente e della sua famiglia, l’epatotrapianto costituisce una opzione da prendere in considerazione [Figura 1]. L’acido ursodesossicolico (UDCA), acido biliare idrofilico derivato dall’acido chenodesossicolico, è un farmaco in grado di agire sul processo colestatico per le sue proprietà coleretiche e di protezione dell’epatocita dall’attività citotossica degli acidi biliari idrofobici. L’UDCA riduce la tossicità degli acidi biliari endogeni attraverso un meccanismo di inibizione competitiva del loro assorbimento intestinale, riducendo quindi la loro concentrazione ed aumentando la quota di acidi biliari circolanti idrofilici (non tossici). Oltre alle sue proprietà coleretiche, sono ben noti i suoi effetti anti-apoptotici, immunomodulanti, stabilizzanti le membrane, antinfiammatori ed antiossidanti (6). Per questi motivi, l’UDCA è utilizzato in molte malattie colestatiche del bambino (PFIC, sindrome di Alagille, calcolosi, colangite sclerosante primitiva, fibrosi cistica, disordini di sintesi degli acidi biliari, colestasi associata alla nutrizione parenterale). Sebbene l’impatto del farmaco sul decorso a lungo termine di tali condizioni non sia del tutto chiarito, in molti casi esso determina un sensibile miglioramento dei parametri clinici e bioumorali. Recentemente è stato documentato un significativo peggioramento del prurito in pazienti con colangite sclerosante che sospendevano il trattamento con UDCA. Per tutti questi motivi, l’UDCA è impiegato come prima linea nella gestione del prurito colestatico dei bambini al dosaggio di 10-25 mg/kg/die suddiviso in tre dosi da assumere ai pasti principali. In età pediatrica è un farmaco sicuro. Solo in pochi casi può determinare diarrea. La rifampicina è un antibiotico semisintetico prodotto dallo Streptomyces Mediterranei. La rifampicina come il fenobarbitale, agisce da induttore rapido degli enzimi del sistema microsomiale, promuovendo il metabolismo dei composti endogeni “pruritogeni”. Inoltre, la rifampicina compete per l’assorbimento degli acidi biliari negli epatociti, eliminando il loro effetto detergente. È stato anche suggerito che la rifampicina, attraverso la sua azione antimicrobica, modifica la sintesi degli acidi biliari secondari nel lume intestinale e di conseguenza riduce la quantità dell’acido litocolico (epatotossico). La rifampicina induce anche l’espressione del recettore dei glucocorticoidi ed in pazienti adulti è stata dimostrata la netta riduzione della severità del prurito quando la rifampicina è as-
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Pediatric Hepatology
1a linea: UDCA 10-25 mg/kg/die in 2-3 dosi Controllo insufficiente 2a linea: aggiungere rifampicina 5-10 mg/kg/die in 2 dosi Controllo insufficiente Prurito molto severo 3a linea: considerare colestiramina 240 mg/kg/die in 3 dosi e/o fenobarbitale 5-10 mg/kg/die in 2 dosi Controllo insufficiente Prurito molto severo/intrattabile 4a linea: considerare naltrexone 0.25-0.5 mg/kg/die e/o ondansetron massimo 8 mg/die in 2 dosi Prurito severo resistente alle terapie farmacologiche Considerare altre opzioni
Dialisi albuminica
Trattamenti chirurgici: Derivazione biliare esterna parziale/esclusione ileale
Trapianto di fegato
Figura 1 Proposta di protocollo di gestione del prurito colestatico in età pediatrica
sociata al prednisolone. In età pediatrica è stata utilizzata al dosaggio di 5-10 mg/kg/die, in due dosi. È consigliabile iniziare con il dosaggio più basso ed incrementare gradualmente sulla base della risposta clinica. La rifampicina oltre a rendere le secrezioni corporee arancioni, può raramente determinare reazioni di ipersensibilità idiosincrasiche, come anemia emolitica, insufficienza renale e porpora trombocitopenica. Inoltre l’utilizzo della rifampicina a lungo termine può selezionare microrganismi resistenti. Considerato infine che la rifampicina è un induttore enzimatico, essa può interferire con il metabolismo di altri farmaci. Risulta controversa la potenziale epatotossicità della rifampicina, che sembrerebbe occorrere a dosi più elevate. Attualmente può essere considerato come un farmaco di seconda linea quando non c’è risposta all’UDCA. Il fenobarbitale agisce attraverso l’induzione di enzimi epatici microsomiali che favoriscono l’escrezione biliare. Con la riduzione della concentrazione sierica e dell’emivita degli acidi biliari primari e con l’incremento dell’escrezione fecale, il fenobarbitale può avere un’azione benefica sul prurito. Il dosaggio utilizzato in età pediatrica è di circa 5-10 mg/ kg/die, suddiviso in due dosi. Il dosaggio dovrebbe essere aumentato gradualmente, monitorando la fenobarbitalemia, per ridurre il rischio di eventi avversi. La colestiramina costituisce il farmaco tradizionalmente più utilizzato per la gestione del prurito colestatico nella popolazione adulta. Anche in età pediatrica viene proposta come terapia di iniziale, considerata soprattutto la sua sicurezza ed il basso costo. Tuttavia la sua scarsa efficacia nel controllo del prurito colestatico, la scarsa palatabilità e l’interferenza con l’assunzione di altri farmaci ne hanno notevolmente ridotto l’impiego negli ultimi anni. È una resina idrofilica, insolubile in acqua, che lega gli acidi biliari, prevenendone l’assorbimento attraverso il circolo enteroepatico. Andrebbe somministrata 30 minuti prima e 30 minuti dopo la colazione, una terza dose andrebbe presa dopo pranzo per massimizzarne l’efficacia e ridurne gli eventi avversi. Altre due resine sono il colestipolo ed il colesevelam, generalmente meglio tollerate rispetto alla colestiramina. La dose giornaliera di colestiramina è di 240 mg/kg (dose iniziale massima stimata di 1
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Prurito e colestasi
grammo al giorno) suddivisa in 3 dosi, che può essere aggiustata fino ad un massimo di 4 grammi al giorno nei bambini di età inferiore o uguale ai 10 anni e fino ad un massimo di 8 grammi al di sopra dei 10 anni. Gli eventi avversi della colestiramina e delle altre resine sono comuni (stipsi, dolori addominali e malassorbimento lipidico). Sono descritti casi sporadici di acidosi metabolica ipercloremica ed ipoprotrombinemia con emorragia. Considerata la potenziale interferenza della colestiramina con l’assorbimento di altri farmaci, come l’acido ursodesossicolico, la sua somministrazione andrebbe distanziata di 4 ore da quella di altre molecole. Gli antagonisti dei recettori H1 ed H2 possono avere un effetto non specifico nel controllo del prurito colestatico, legato alle loro proprietà sedative. La capacità di indurre sonnolenza, infatti, può aiutare il paziente a riposare ed è per questo che la dose serale di antistaminico è nella pratica clinica di comune impiego in combinazione con altre terapie nella gestione del prurito colestatico in età pediatrica. Tuttavia bisogna ricordare che questi farmaci sono anche responsabili dell’induzione di secchezza cutanea che in taluni casi può peggiorare la sintomatologia stessa. Gli antagonisti degli oppioidi (naloxone, naltrexone e nalmefene) sono stati utilizzati come terza linea, anche nei bambini, per i casi di prurito colestatico refrattari all’UDCA, alla rifampicina e alla colestiramina. Il dosaggio del naltrexone è di 0.25-0.5 mg/kg/die fino a 1-2 mg/kg/die (massimo 50 mg/die, corrispondente alla dose dell’adulto). Gli eventi avversi descritti sono sporadici e limitati generalmente alla nausea e al dolore addominale. Per ridurre l’incidenza della sindrome di astinenza da oppioidi, documentata quando gli antagonisti sono somministrati ai pazienti colestatici, sembra sufficiente ridurre la dose di naltrexone oppure somministrarlo inizialmente per uno-due giorni per via endovenosa a basso dosaggio e proseguire quindi per via orale. In corso di utilizzo degli antagonisti degli oppioidi è stata talvolta registrata la riacutizzazione del prurito dopo una fase iniziale di miglioramento. Ciò sembrerebbe legato all’iniziale reversione mediata dagli antagonisti della down-regolazione dei recettori cerebrali degli oppioidi. Tale evento determina un’aumentata espressività transitoria dei recettori, con conseguente aumento della sensibilità agli oppioidi endogeni. Questo fenomeno può essere prevenuto sospendendo la somministrazione degli antagonisti per 2 giorni a settimana. L’utilizzo degli antagonisti degli oppioidi va evitato nei casi di epatite acuta, insufficienza epatica ed alterata funzionalità polmonare. Tra le possibili terapie future ci sono gli anatagonisti del recettore della serotonina (ondansetron) e gli inibitori del reuptake della serotonina (sertralina). La dialisi albuminica (con il sistema “molecular adsorbent recirculating”MARS) e la plasmaferesi sono due opzioni terapeutiche che si sono mostrate efficaci in casi sporadici di prurito refrattario ai trattamenti farmacologici. Un’opzione chirurgica possibile per la gestione del prurito intrattabile è la derivazione biliare esterna parziale o esclusione ileale, che determina aumento dell’eliminazione di acidi biliari e sembra particolarmente efficace in assenza di fibrosi severa/cirrosi. Tale procedura chirurgica può rendere tecnicamente più difficoltoso un successivo epatotrapianto. Va ribadito infine che il prurito intrattabile è considerato una indicazione specifica all’epatotrapianto. Bibliografia 1. Imam MH, Gossard AA, Sinakos E, Lindor KD. Pathogenesis and management of pruritus in cholestatic liver disease. Journal of Gastroenterology and Hepatology 2012;27:1150-158. 2. Mela M, Mancuso A, Burroughs AK. Pruritus in cholestatic and other liver diseases. Aliment Pharmacol Ther 2003;17:857-70. 3. Elman S, Hynan LS, Gabriel V et al. The 5-D itch scale: a new measure of pruritus. Br. J. Dermatol 2010;162:587-93.
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Corresponding Author RafFaele Iorio Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Sezione di Pediatria Università degli Studi di Napoli “Federico II” Via Pansini, 5 - 80131 Napoli Tel. e Fax + 39 081 7464337 E-mail: riorio@unina.it
Key Points
• Il prurito è il sintomo maggiormente invalidante in bambini con malattia colestatica cronica e in alcuni casi è la principale indicazione al trapianto di fegato. • Il trattamento della patologia responsabile della colestasi rappresenta il modo più efficace per trattare il prurito stesso. • Gli antistaminici sono in genere inefficaci come monoterapia nel controllo del prurito colestatico. • Le attuali raccomandazioni terapeutiche per il prurito colestatico prevedono l’uso di diversi farmaci: acido ursodesossicolico, rifampicina, fenobarbitale, colestiramina e gli antagonisti degli oppiacei. Sono in fase di valutazione clinica gli antagonisti della serotonina e gli inibitori della ricaptazione della serotonina.
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Segreteria Organizzativa Tel. 06.80693320 Fax 06.3231136 segreteria@sigenp2014.com www.emec-roma.com
XXI CONGRESSO NAZIONALE 2- 4 OTTOBRE 2014 HILTON SORRENTO PALACE
DALLE LINEE GUIDA ALLA PRATICA CLINICA Presidente del Congresso Annamaria Staiano
SIGENP COMITATO SCIENTIFICO CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP
Presidente Carlo Catassi Vice presidente Tiziana Guadagnini Segretario Giovanni Di Nardo Tesoriere Daniela Knafelz Consiglieri Renata Auricchio Licia Pensabene Claudio Romano Silvia Salvatore
n itiood r t Nu d fo ce c i r an en i iat lth sci ura dNTI d a e P He a c MA DIA & LA ON
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Non alcoholic fatty liver disease (NAFLD) is one of the most common liver diseases, also in children. It ranges from simple fat accumulation (steatosis), to inflammation and fibrosis [non alcoholic steatohepatitis (NASH)]. Gut microbiota is involved in the pathogenesis of NAFLD and its progression into NASH. Here we discuss about how the interaction between gut and liver, the so called “gut-liver axis”, appears to play a major role in NAFLD development and evolution.
Key Words Non alcoholic fatty liver disease (NAFLD), Non alcoholic steatohepatitis (NASH), gut microbiota, Intestinal Permeability (IP), Small Bowel Bacterial Overgrowth (SBBO), probiotics, Toll Like Receptor (TLR)
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Probiotici e NASH: una overview Valentina Giorgio1, Arianna Alterio1, Luca Miele2, Luigi Principessa3, Anna Alisi1, Valerio Nobili1 1U.O.C. di Malattie Epatometaboliche e Liver Research Unit, Ospedale Bambino Gesù di Roma 2Divisione di Medicina Interna Complesso Integrato Columbus e Divisione di Gastroenterologia ed Epatologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 3Divisione di Pediatria, Ospedale Universitario Sant’Andrea di Roma
Introduzione e definizioni La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una delle più comuni malattie croniche del fegato anche in età pediatrica; raggiunge prevalenze vicine al 40% nella popolazione generale, ed al 13% nella popolazione pediatrica (1). Questa impennata di prevalenza è dovuta al corrispondente incremento dei fattori di rischio della patologia quali, primo fra tutti, l’obesità. La malattia epatica non alcolica presenta diversi stadi che vanno dalla semplice steatosi (NAFLD) all’infiammazione e alla fibrosi [steatoepatite non alcolica (NASH)]. La progressione della NAFLD verso la NASH è uno dei punti cruciali della patologia, dal momento che l’evoluzione fibrotica della epatopatia può rappresentare il preludio della cirrosi e dell’epatocarcinoma, la cui causa più frequente ad oggi non appare più legata alle epatiti virali, bensì proprio al “fatty liver”. Pertanto la comunità scientifica internazionale ha posto ampia attenzione su quei fattori sia genetici che ambientali che sembrano primariamente coinvolti nella progressione della epatopatia. L’interazione tra il fegato e l’intestino, il cosiddetto “gut-liver axis”, sembra rivestire un ruolo determinante nella progressione della epatopatia, e sono stati eseguiti numerosi studi sia su modelli animali che umani per approfondire il ruolo del rapporto tra i due organi nel fatty liver. Inoltre, comprendere appieno la fisiopatologia di questa interazione renderà possibile intervenire sul microbiota intestinale allo scopo ultimo di rallentare la progressione di tale malattia, e a tal proposito i probiotici rappresentano la categoria di farmaci più promettenti. Lo scopo di questa overview è di offrire una panoramica delle attuali conoscenze sulla fisiopatologia del “gut-liver axis”, nonchè sull’azione che molecole di origine batterica di derivazione intestinale esercitano nella patogenesi della NAFLD e della sua progressione verso la NASH, aprendo nuovi orizzonti terapeutici in tale ambito. Ruolo del microbiota intestinale nella NASH Il fegato è un organo particolare, che riceve sangue sia dalla vena porta che dall’arteria epatica. Il sangue della vena porta, che drena quello delle vene mesenteriche, non contiene solo prodotti derivati dalla digestione degli alimenti, ma anche prodotti microbici derivati dai batteri che colonizzano l’intestino. Pertanto il fegato, primo sito di filtrazione di questi prodotti, è anche il primo sito esposto ad essi. Le molecole di derivazione microbica intestinale sono coinvolte nella fisiopatologia di numerose epatopatie: è stato ad esempio dimostrato che variazioni del microbiota intestinale contribuiscono allo sviluppo ed alla evoluzione della NAFLD (2). Il sistema portale, che trasporta ben il 70-75% del flusso epatico totale, rilascia infatti a livello epatico prodotti di derivazione batterica intestinale come il lipopolisaccaride (LPS), il DNA batterico ed il peptidoglicano; in caso di sovraccrescita batterica intestinale (SBBO) e aumento della permeabilità intestinale (IP), come si osserva nei pazienti affetti da NAFLD ed in modelli animali corrispondenti, il sistema epatobiliare è inevitabilmente esposto ad un livello elevato dei suddetti prodotti batterici, in grado così di attivare i recettori sulle superfici cellulari e dare avvio ad una cascata di segnali di trasduzione proinfiammatori induttori di flogo-
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si epatica e fibrosi. In modelli animali di NAFLD, Yang e collaboratori (3) per primi hanno osservato che il LPS è in grado di promuovere l’evoluzione della NAFLD in NASH attraverso l’azione del TNFα. Successivamente, anche Wigg e collaboratori (4) in uno studio casocontrollo hanno dimostrato che i pazienti con NASH hanno maggiore prevalenza di SBBO, nonché livelli ematici di TNFα superiori ai controlli. Altri due studi osservazionali hanno dimostrato l’associazione tra NASH e SBBO, ma uno studio italiano caso-controllo di Miele e collaboratori (5) è risultato particolarmente significativo. Tale studio ha permesso di confermare non solo che la NAFLD è associata alla SBBO, ma anche che essa si associa ad un aumento della IP dovuto ad un processo di distruzione delle giunzioni serrate (TJ) della parete intestinale: maggiore è la IP, maggiore appare il grado di severità della steatosi epatica. Questi risultati spiegano ulteriormente il meccanismo attraverso il quale la flora batterica intestinale contribuisce alla progressione della malattia epatica. Il ruolo delle endotossine di derivazione microbica intestinale, specialmente del LPS, ed i loro pathways di segnale coinvolti nella progressione verso la NASH sono stati il focus di numerose ricerche scientifiche (6-7). Diversi studi hanno dimostrato che pazienti affetti da NAFLD hanno un aumentato livello ematico di endotossine, particolarmente nei casi di NASH o di fibrosi in stadio iniziale. Inoltre è stato osservato che il livello di endotossine è correlato ai livelli di produzione di TNFα e IL1α. I Toll Like Receptors (TLR) sono una classe di proteine che riconoscono molecole di derivazione microbica strutturalmente conservate: essi sono espressi nel fegato sulle cellule di Kupffer, le cellule epiteliali biliari, gli epatociti, le cellule stellate epatiche, le cellule epiteliali e le cellule dendritiche. Tra i 13 TLR conosciuti, i TLR2, 4 e 9 sembrano avere un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella progressione della NAFLD. Il TLR4 è il recettore proprio del LPS. Tra gli studi che hanno valutato il coinvolgimento dello stesso nella epatopatia non alcolica, ve ne è uno eseguito su un modello murino di NASH indotto da dieta priva di metionina e colina (MCDD); in questo modello si è osservato un aumento della severità dell’epatopatia e del livello di citochine proinfiammatorie dopo challenge con LPS. Questo risultato è stato successivamente confermato da Rivera et al che hanno dimostrato evidenza istologica di NASH, endotossiemia portale, ed aumento dell’espressione del TLR4 in topi wild-type alimentati con una dieta MCDD. è stato inoltre osservato che durante le fasi iniziali dello sviluppo della NAFLD indotta dalla dieta ad alto contenuto di grassi, il signaling indotto dal TLR4 contribuisce all’attivazione del nuclear factor kB (NFkB) indotto dagli acidi grassi liberi, attraverso il rilascio di una molecola chiave per l’attivazione del pathway proinfiammatorio (HMGB1). Infatti topi mutanti per il TLR4 alimentati con dieta ad alto contenuto di fruttosio, dieta induttrice di NAFLD, presentano un livello di citochine proinfiammatorie nettamente più basso rispetto ai wild-type sottoposti alla stessa dieta, a supporto del ruolo del LPS di derivazione intestinale e del TLR4 nella evoluzione dell’epatopatia. Anche il TLR9 riconosce frammenti di DNA batterico a derivazione intestinale ed è in grado di indurre la produzione di citochine proinfiammatorie; il TLR9 appare infatti coinvolto nella evoluzione fibrotica della epatopatia non alcolica attraverso la produzione di IL1β da parte delle cellule di Kupffer. Infatti topi knock-out per TLR9 hanno un ridotto grado di steatoepatite e fibrosi. I dati sul ruolo del TLR2 appaiono al momento non univoci, in particolare per la grande varietà di ligandi esistenti di tale recettore. Gli inflammosomi, fondamentali coadiuvanti dell’infiammazione, risultano inoltre up-regolati nei modelli animali di NASH, nonchè ulteriormente attivati dalla stimolazione dei TLR4 da parte del LPS. È stato osservato che il deficit genetico di inflammosoma si associa a disbiosi intestinale e ad un incremento dei livelli di citochine proinfiammatorie nel circolo portale con conseguente trigger di steatosi epatica e fibrosi. In conclusione i TLR sembrano giocare un ruolo cruciale nella patogenesi e nella evoluzioni della NAFLD, poichè attivano una cascata di segnali di trasduzione proinfiammatori associati con la progressione della NASH e della fibrosi [Figura 1].
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Pediatric Nutrition & health and food science Lume intestinale e flora batterica
Cellule epiteliali intestinali con TJ distrutte (aumento della IP)
Vena porta e prodotti di derivazione batterica intestinale (i.e. LPS)
Attivazione dei TLR
NAFLD
NASH
Figura 1 Ruolo del microbiota intestinale nella patogenesi della NASH
Effetti della modulazione del microbiota intestinale sulla NASH I probiotici sono microorganismi commensali vivi in grado di modulare il microbiota intestinale. Una prima revisione sistematica del 2007 (8) non aveva identificato nessun trial randomizzato controllato che dimostrasse effetti positivi derivanti dalla somministrazione di probiotici nei pazienti affetti da NAFLD. Da allora sono stati eseguiti diversi studi, sia su modelli animali che su umani, alcuni dei quali randomizzati controllati in doppio cieco e riassunti nella [Tabella 1], che hanno invece mostrato risultati incoraggianti sull’utilizzo di queste formulazioni. Modifiche del microbiota intestinale attraverso l’utilizzo dei probiotici sembrano in grado di variare l’evoluzione della epatopatia non alcolica arginandone la progressione verso la fibrosi in numerosi modelli animali di NAFLD. Si è osservato infatti che la somministrazione di probiotici può normalizzare la permeabilità intestinale, riducendola e minimizzando l’endotossiemia con le sue conseguenze proinfiammatorie. Una formulazione probiotica denominata VSL#3 (Streptococcus salivarius subsp. Thermophilus, Bifidobacterium [B. breve, B. infantis, B. longum], Lactobacillus acidophilus, L. plantarum, L. casei, and L. delbrueckii subsp. Bulgaricus) è stata ampiamente studiata nel trattamento della NAFLD. In un modello murino di Tabella 1 S chema degli studi clinici randomizzati-controllati disponibili ad oggi in letteratura, sull’utilizzo dei probiotici nella NAFLD
Numero Nazione pazienti
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Diagnosi di NAFLD
Probiotico
Durata del trattamento e riassunto dei risultati
Età pazienti
2 mesi Riduzione livelli ALT TNFalpha e steatosi ecografica: stabili
Pediatrica
Vajro et al (10)
20
Italia
Radiologica Lactobacillus GG vs plcebo
Aller et al (11)
28
Spagna
Istologica
Lactobacillus bulgaricus 3 mesi e Streptococcus thermophilus Riduzione livelli ALT, AST, Gamma GT vs placebo
Istologica
Bifidobacterium longum + Fos vs placebo
6 mesi Riduzione di AST, colesterolo LDL, PCR, Adulta TNFalpha, HOMA-IR, endotossine sieriche e NASH activity index
Adulta
Malaguarnera et al (12)
66
Italia
Wong et al (13)
20
Hong Kong Istologica
Probiotico Lepicol e formula prebiotica vs nessun trattamento
6 mesi Riduzione di contenuto di trigliceridi intraepatico e dei livelli di AST
Adulta
Alisi et al (14)
48
Italia
VSL#3 vs placebo
4 mesi Riduzione steatosi ecografica e BMI Aumento GLP1 e aGLP1
Pediatrica
Istologica
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Probiotici e Nash
dislipidemia geneticamente determinata (topi knock-out per Apo-E che non sviluppano una epatopatia NASH-like quando posti a dieta standard), si è osservato che quando si induceva infiammazione intestinale dopo trattamento con Destrano Sodio Solfato (DSS), e conseguentemente si determinava distruzione delle TJ intestinali ed un aumento della IP, si assisteva ad una evoluzione della epatopatia steatosica verso la NASH tipica. Tale evoluzione veniva interrotta quando si eseguiva somministrazione terapeutica con VSL#3 (9). Simili risultati sono stati ottenuti in modeli animali di NAFLD indotta da dieta ad alto contenuto di grassi, attenuata dopo somministrazione di probiotico. Modificare il microbiota intestinale usando i probiotici, infatti, sembra modulare l’espressione di recettori nucleari (vedi sopra), correggere l’insulino resistenza nel fegato e nel tessuto adiposo, proteggendo dallo sviluppo di steatoepatite. Conclusioni Il microbiota intestinale appare coinvolto nella patogenesi della NAFLD e nella sua evoluzione verso la NASH. È stato ampiamente dimostrato che l’alterazione della flora batterica intestinale e l’aumento della permeabilità intestinale determinano l’esposizione del fegato a prodotti batterici di derivazione intestinale, come il LPS. Questi prodotti stimolano i recettori del sistema immunitario innato, cioè i TLR, che attivano vie di segnalazione epatiche coinvolte nell’infiammazione e nella fibrogenesi. Modulare la flora batterica intestinale appare un promettente target terapeutico nella NAFLD. Vi è però ancora necessità di ulteriori studi randomizzati controllati su un maggior numero di pazienti per definire l’utilizzo dei probiotici in questo ambito. Si apre ora una grande pagina nel trattamento della NAFLD. Bibliografia 1. Giorgio V, Prono F, Graziano F et al. Pediatric non alcoholic fatty liver disease: old and new concepts on development, progression, metabolic insight and potential treatment targets. BMC Pediatr 2013;13:40. 2. Compare D, Coccoli P, Rocco A et al. Gut--liver axis: the impact of gut microbiota on non alcoholic fatty liver disease. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2012;22:471-6. 3. Yang SQ, Lin HZ, Lane MD et al. Obesity increases sensitivity to endotoxin liver injury: implications for the pathogenesis of steatohepatitis. Proc Natl Acad Sci USA 1997;94:2557-62. 4. Wigg AJ, Roberts-Thomson IC, Dymock RB et al. The role of small intestinal bacterial overgrowth, intestinal permeability, endotoxaemia, and tumour necrosis factor alpha in the pathogenesis of non-alcoholic steatohepatitis. Gut. 2001;48:206-11. 5. Miele L, Valenza V, La Torre G et al. Increased intestinal permeability and tight junction alterations in nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology 2009;49:1877-87. 6. Mehal WZ. The Gordian Knot of dysbiosis, obesity and NAFLD. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2013;10:63744. 7. Frasinariu OE, Ceccarelli S, Alisi A et al. Gut-liver axis and fibrosis in nonalcoholic fatty liver disease: an input for novel therapies. Dig Liver Dis 2013;45:543-51. 8. Lirussi F, Mastropasqua E, Orando S et al. Probiotics for non-alcoholic fatty liver disease and/or steatohepatitis. Cochrane Database Syst Rev 2007;1:CD005165. 9. Mencarelli A, Cipriani S, Renga B et al. VSL#3 resets insulin signaling and protects against NASH and atherosclerosis in a model of genetic dyslipidemia and intestinal inflammation. PLoS One 2012;7:e45425. 10. Vajro P, Mandato C, Licenziati MR et al. Effects of Lactobacillus rhamnosus strain GG in pediatric obesityrelated liver disease. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;52:740-3. 11. Aller R, De Luis DA, Izaola O et al. Effect of a probiotic on liver aminotransferases in nonalcoholic fatty liver disease patients: a double blind randomized clinical trial. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2011;15:1090-5. 12. Malaguarnera M, Vacante M, Antic T et al. Bifidobacterium longum with fructo-oligosaccharides in patients with non alcoholic steatohepatitis. Dig Dis Sci 2012;57:545-53. 13. Wong VW, Won GL, Chim AM et al. Treatment of nonalcoholic steatohepatitis with probiotics. A proof-ofconcept study. Ann Hepatol 2013;12:256-62. 14. Alisi A, Bedogni G, Baviera G et al. Randomised clinical trial: the beneficial effects of VSL#3 in obese children with non-alcoholic steatohepatitis. Aliment Pharmacol Ther 2014;16.
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Key Points
• La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una delle più comuni malattie croniche di fegato anche in età pediatrica, e presenta diversi stadi che vanno dalla steatosi semplice all’infiammazione e alla fibrosi [steatoepatite non alcolica (NASH)]. • Il microbiota intestinale appare coinvolto nella patogenesi della NAFLD e nella sua evoluzione verso la NASH, poichè prodotti batterici di derivazione intestinale stimolano i recettori del sistema immunitario innato, i TLR, che attivano infiammazione e fibrogenesi. • Numerose evidenze suggeriscono che modificando il microbiota intestinale con l’uso di probiotici è possibile evitare l’evoluzione della NAFLD in steatoepatite.
Corresponding Author VALERIO NOBILI U.O.C. di Malattie Epatometaboliche e Liver Research Unit I.R.C.C.S. Ospedale Bambino Gesù Piazza Sant’Onofrio, 4 - 00165, Roma Tel. + 39 06 6859 2243 Fax + 39 06 6859 3889 E-mail: nobili66@yahoo.it
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I test diagnostici per la diagnosi di infezione da Helicobacter pylori
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Marco Manfredi1,2, Antonino Salerno1, Francesca Calzolari1, Benedetta Cavirani1, Federica Gaiani1, Maria Cristina Scorrano1, Pierpacifico Gismondi1,2 1Pediatria Generale e d'Urgenza, Ospedale dei Bambini “Pietro Barilla” Dipartimento Materno-Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma 2Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Dipartimento Materno Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Helicobacter pylori colonizes the human stomach during childhood and survives in the human stomach throughout life. H. pyloriinfected subjects may have a variety of clinical patterns, from asymptomatic to gastric cancer. There are many diagnostic tests for H. pylori infection, invasive and non-invasive techniques both in the diagnosis and in monitoring the effectiveness of treatment.
Urea Breath Test Indicazione all'indagine
L'Urea Breath Test (UBT) è un test semplice, sicuro, non invasivo, largamente disponibile nella diagnosi e nel follow-up dell'infezione da H. pylori, facilmente utilizzabile negli adulti, nei bambini con più di 6 anni di età e nelle donne in gravidanza (1). Descrizione della tecnica
Si basa sulla somministrazione di urea marcata con 13C o 14C che una volta ingerita è idrolizzata dall'ureasi batterica in ammonio e anidride carbonica (CO2) marcata, quest’ultima poi escreta nel respiro. La presenza di CO2 marcata nell’aria espirata alveolare indica la presenza dell'H. pylori nello stomaco. Solitamente l'isotopo 13C è preferito per la sua stabilità, non-radioattività e sicurezza rispetto all'isotopo 14C. I soggetti sani non hanno la capacità di degradare l'urea che pertanto viene assorbita ed eliminata immodificata nell'urina. L'UBT si effettua dopo un periodo di digiuno di almeno 6 ore. Inizialmente si raccoglie un campione di respiro basale (tempo 0), quindi il paziente ingerisce una dose di sodio citrato o succo di arancia (per rallentare lo svuotamento gastrico e permettere un maggior contatto dell'urea con la mucosa gastrica), e viene raccolta una seconda espirazione. Dopo 10 minuti beve una soluzione di urea marcata e dopo 30 minuti di ulteriore digiuno si raccoglie una terza espirazione (tempo 30 minuti). La stessa procedura è ripetuta una seconda volta (tempo 60 minuti). L'aria espirata è analizzata da uno spettrometro di massa che analizza la differenza di anidride carbonica marcata espirata tra i campioni. Interpretazione dei risultati e limiti
Questo test dimostra l'infezione in atto con elevata specificità e sensibilità (90-100%). L'UBT può fornire falsi negativi se eseguito in corso o a breve distanza da terapie farmacologiche. Ad esempio gli inibitori di pompa protonica (PPI) inibiscono l'attività ureasica e metabolica del batterio. In questo caso la negatività del risultato potrebbe significare solo una temporanea inibizione dell'attività dell'H. pylori e non una completa e definitiva eradicazione. Pertanto l'UBT dovrebbe essere eseguito almeno 4 settimane dopo l'utilizzo di antibiotici e 2 settimane dopo la sospensione di farmaci quali PPI, anti-H2 recettori e sucralfato (2). Test Rapido all'Ureasi Key Words Indicazione all'indagine Urease, diagnosis, culture, biopsies, antimicrobial susceptibility
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Il test rapido all'ureasi (RUT) su biopsie gastriche è uno dei tests diagnostici invasivi maggiormente utilizzati nella diagnosi di infezione da H. pylori. È affidabile, economico e di facile e rapida esecuzione.
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Descrizione della tecnica
Il RUT come l'UBT, sfrutta l'attività ureasica dell'H. pylori ed evidenzia un'infezione in atto. Le biopsie gastriche prevalentemente ottenute dall'antro o dal corpo gastrico, vengono poste all'interno di un terreno di agar-gel contenente urea e un indicatore di ph (solitamente rosso fenolo) [Figura1]. In presenza di H. pylori, l'urea è metabolizzata ad ammonio ed anidride carbonica determinando così un aumento di pH con cambiamento di colore della soluzione (da giallo a rosso) [Figura2]. Questo cambiamento di colore testimonia la presenza dell'H. pylori nella biopsia. Secondo alcuni autori il sito di prelievo bioptico con la maggiore sensibilità per la diagnosi di H. pylori è l'angulus (3) e campioni bioptici di maggiori dimensioni sembrano determinare una più veloce positività di risposta.
Figura 1 Test Rapido all'Ureasi negativo
Figura 2 Test Rapido all'Ureasi positivo
Interpretazione dei risultati e limiti
Ci sono diversi tests in commercio con performances complessive molto simili; la loro sensibilità e specificità di diagnosi di pre-trattamento è > 90% e >95%, rispettivamente. Purtroppo l'utilità del RUT nella pratica clinica è diminuita a causa del largo uso di PPI. Infatti alcuni farmaci come i composti contenenti bismuto, gli antibiotici o gli PPI riducono la densità e/o l'attività ureasica dell'H. pylori, quindi possono diminuire la sensibilità del test anche del 25% (4). Per questi motivi il RUT raramente è usato come test singolo nella diagnosi di H. pylori. Come per l'UBT, la terapia con PPI o anti-H2 recettori dovrebbe essere sospesa almeno 2 settimane prima dell'esecuzione del RUT. La sensibilità del RUT diminuisce nei pazienti con ulcera peptica, quindi anche in questi casi la negatività dell'infezione dovrebbe essere confermata da un secondo test (5). Esame Colturale su biopsie gastriche Indicazione all'indagine
La coltura di campioni bioptici gastrici perendoscopici, sebbene non sia di facile attuazione a causa delle difficoltà intrinseche del batterio e del trasporto, è considerata da alcuni autori il gold standard per l'infezione da H. pylori (6). Le linee guida internazionali ne consigliano l'esecuzione solo per la third-line therapy, cioè dopo l'insuccesso di due cicli terapeutici empirici (7). La sede abituale dell'H. pylori è l'antro gastrico ma il batterio può eclissarsi nel corpo gastrico nei pazienti che hanno subito un trattamento antiacido (8). Pertanto, in accordo con i criteri di Sydney, la coltura dovrebbe includere
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Training and Educational Corner
Key Points • Urea Breath Test Non invasivo Indica infezione in atto Ampiamente disponibile Sensibile e specifico (attenzione ai farmaci che possono determinare falsi negativi). • Test Rapido all'Ureasi Invasivo Indica infezione in atto Ampiamente disponibile Sensibile e specifico (attenzione ai farmaci che possono determinare falsi negativi). • Coltura Invasiva Costosa Altamente specifica Sensibilità variabile Permette determinazione della suscettibilità antibiotica.
almeno una biopsia dell'antro e una del corpo gastrico. La coltura, inoltre, oltre alla corretta identificazione dell'H. pylori, permette la determinazione della suscettibilità antibiotica aumentando così le percentuali di eradicazione (9). Descrizione della tecnica
Dopo l'esecuzione delle biopsie, i campioni dovrebbero essere posti in un terreno di trasporto adeguato; questo influenza notevolmente la sensibilità dell'analisi, anche se il tempo di trasporto e la temperatura sono le variabili più importanti per assicurare la buona riuscita dell'esame. Dopo la corretta identificazione dell'H. pylori, si procede alla determinazione della suscettibilità antibiotica. Interpretazione dei risultati e limiti
La coltura è un metodo costoso, disponibile in Centri limitati, ma altamente specifico nella diagnosi dell'H. pylori ed è ancora la tecnica diagnostica primaria che permette di ottenere la suscettibilità antibiotica. La sensibilità, invece, è molto variabile (60-90%) legata soprattutto a fattori metodologici come il sito della biopsia, il terreno di trasporto, il tempo trascorso tra l'esecuzione della biopsia e l'analisi microbiologica e le condizioni di incubazione. Le recenti tecniche di biologia molecolare (FISH e PCR su biopsia), ancora non ampiamente utilizzate, sembrano essere invece più promettenti (10). Corresponding author Marco Manfredi Pediatria Generale e d'Urgenza Ospedale dei Bambini “Pietro Barilla” Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Via Gramsci, 14 - 43126 Parma Tel. + 39 0521 702714 Fax + 39 0521 704848 E-mail: mmanfredi2@ao.pr.it
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I nuovi criteri di Porto per la diagnosi delle MICI nel bambino e nell’adolescente
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Eleonora Giannetti, Caterina Strisciuglio, Felice Crocetto, Annalisa Alessandrella, Massimo Martinelli, Erasmo Miele, Annamaria Staiano Centro di Riferimento Regionale per le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali dell’Età Evolutiva Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”
Introduzione Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) comprendono la Colite Ulcerosa (CU), il morbo di Crohn (MC) e la colite non classificata (IBD-U) (1). Con tale termine si cerca di comprendere tutti quei fenotipi di MICI che spesso richiedono un’attenta diagnostica differenziale per poter meglio definire la terapia e la prognosi (2). La CU tipicamente interessa esclusivamente il colon; l’infiammazione è continua e si estende dal retto alle porzioni più prossimali del viscere, senza coinvolgimento ileale e in assenza di granulomi a livello bioptico. Caratteristiche sono inoltre l’alterata architettura delle cripte e la plasmocitosi basale focale o diffusa (1,3). La MC coinvolge in maniera segmentale e transmurale qualsiasi tratto dell’apparato digerente; può localizzarsi in qualsiasi segmento con lesioni discontinue della mucosa e presenza di granulomi epitelio-giganto-cellulari che sono caratteristici del MC, ma che non sono sempre presenti. La localizzazione più frequente è quella ileo-colica (1,3). La diagnosi di MICI richiede la presenza di una infiammazione cronica nel tratto gastrointestinale e l’esclusione di altre cause di infiammazione (4). Una diagnosi accurata di MICI dovrebbe essere basata sulla combinazione di anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio, esofagogastroduodenoscopia (EGDS) e ileocolonoscopia con istologia e l’imaging del piccolo intestino. È fondamentale escludere infezioni del tratto enterico. La diarrea emorragica è il sintomo di presentazione più comune nella CU, mentre la MC può presentarsi con dolori addominali, diarrea, anemia inspiegabile, febbre, perdita di peso o ritardo di crescita. La classica “triade” dolore addominale, diarrea e perdita di peso, si verifica solo nel 25% dei pazienti con MC (5). Le manifestazioni extraintestinali possono presentarsi alla diagnosi nel 6-23% dei bambini con una frequenza maggiore in quelli di età superiore a 6 anni di età (6-8).
The diagnosis of pediatriconset IBD (PIBD) can be challenging in choosing the most informative diagnostic test and correctly classifying PIBD into its different subtypes. The revised criteria depart from existing criteria by defining two categories of ulcerative colitis (UC; typical and atypical). A novel approach based on multiple criteria for diagnosing IBD-unclassified (IBDU) is proposed.These revised criteria recommend upper GI endoscopy and ileocolonscopy for all suspected PIBD patients, with small bowel imaging (unless typical UC after endoscopy and histology) by magnetic resonance enterography (MRE) or wireless capsule endoscopy.
Key Words Inflammatory Bowel Disease, Crohn’s disease, ulcerative colitis, IBD unclassified, diagnosis
Esami di laboratorio Gli esami di prima istanza, che inquadrano lo stato generale del paziente, ed in particolare lo stato nutrizionale e marziale, devono comprendere emocromo con formula leucocitaria, almeno due indici infiammatori, albuminemia, transaminasi e γGT (1). La positività per anticorpi anti S. Cerevisiae (ASCA) è stata riscontrata più frequentemente nella MC (50%-70%) che nella CU (10%-15%) e nei controlli sani (<5%) (9,10). Gli anticorpi perinucleari anti citoplasma dei neutrofili (p-ANCA) sono molto più comuni nella CU (60-70%) che nella MC (20-25%) (11). Nessun pattern sierologico può escludere la diagnosi di CU. La presenza di positività della sierologia per MC non preclude necessariamente la diagnosi di CU, ma ne riduce le probabilità (9). Circa 1/3 dei pazienti con diarrea ematica e sospetta MICI può avere una causa infettiva. Pertanto è necessario eseguire una coprocoltura allargata in tutti i bambini, per escludere infezioni batteriche quali Salmonella, Shigella, Yersina, Campylo-
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IBD Highlights
bacter, Clostridium difficile. Lo screening per i virus enterici raramente è di aiuto. È raccomandata l’esecuzione del test per Giardia nella popolazione ad alto rischio o nelle aree endemiche. L’identificazione di patogeni non esclude necessariamente una diagnosi di MICI, poiché un primo episodio di MICI potrebbe insorgere dopo o essere scatenato da un’infezione enterica documentata, o potrebbe aversi una sovrainfezione sull’infiammazione intestinale (1). Sicuramente, tra le indagini di I livello non invasive, la calprotectina fecale svolge un ruolo di primo piano. Il valore della calprotectina fecale in età pediatrica al momento della diagnosi è il miglior marker diagnostico rispetto a tutti gli altri indici infiammatori ematici. È stata dimostrata la validità di tale indice infiammatorio nel distinguere patologie GI organiche da quelle funzionali (12). Esami strumentali Nell’ambito della diagnostica strumentale l’ecografia occupa un posto di primo piano grazie alla sua non invasività. Essa permette di localizzare la malattia, stabilirne le caratteristiche ed offrire informazioni circa le possibili complicazioni, quali ascessi, fistole e stenosi (13). L’ecografia con mezzo di contrasto anecogeno (polietilenglicole iso-osmolare) (SICUS) permette un aumento della sensibilità della metodica e ne riduce la variabilità legata all’esperienza (1). La diagnostica per immagini del piccolo intestino deve essere effettuata in tutti i pazienti pediatrici con MC e IBD-U o nei casi di CU atipica. Nei bambini con una chiara diagnosi endoscopica ed istologica di CU, effettuata in base ad ileocolonoscopia ed EGDS con biopsie multiple, la diagnostica per immagini del piccolo intestino può essere omessa (1). In base alle nuove linee guida il tenue seriato è stato sostituito dalla risonanza magnetica (RM) dell’intestino con doppio contrasto; essa risulta la diagnostica radiologica di prima scelta per lo studio del piccolo intestino al momento della diagnosi, dato che può visualizzare i cambiamenti, che sono tipici delle MICI, e valutare sia l’estensione dell’infiammazione intestinale, che l’evoluzione delle complicanze (malattia stenosante o penetrante). La distensione delle anse del piccolo intestino si ottiene mediante l’assunzione di una soluzione con sostanze non assorbibili quali il polietilenglicole per os (RM enterografia), o tramite sondino nasogastrico (RM enteroclisi). Sono state proposte diverse variabili per valutare l’infiammazione mucosale, in particolare l’ispessimento della parete intestinale, l’aumento dell’intensità del viscere, la congestione dei vasi mesenterici, l’ingrossamento dei linfonodi e l’infiltrazione adiposa del mesentere. L’entero-RM può valutare sia l’infiammazione intestinale che il grado del danno, ma non vi è uno score pediatrico validato per tale diagnostica (1). L’endoscopia gioca un ruolo di primo piano nella diagnosi e terapia delle MICI. Essa rappresenta l’unico metodo per ottenere campioni di tessuto per la valutazione istologica; conoscere la severità e l’estensione della malattia; trattare le eventuali complicanze, quali sanguinamenti e stenosi; sorvegliare i pazienti per l’aumentato rischio di cancro colorettale. L’endoscopia deve essere eseguita da un gastroenterologo pediatra in un setting pediatrico e da personale con una expertise nella diagnosi e nella gestione delle MICI in età pediatrica. La ileocolonoscopia e la EGDS devono essere eseguite al momento della diagnosi a tutti i pazienti e dopo appropriata preparazione in base all’età, in anestesia generale o in sedazione profonda con analgesia. Devono essere eseguite biopsie multiple (2 o più per sezione) per ogni sezione del tratto GI visualizzato, anche in assenza di lesioni macroscopiche. I dati endoscopici devono essere ben documentati (1). Il quadro endoscopico della CU severa è mostrato in Figura 1. Il quadro endoscopico di MC a localizzazione ileale è mostrato in Figura 2. Le caratteristiche endoscopiche ed isto-
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Criteri di Porto e diagnosi IBD
Figura 1 Quadro endoscopico di Colite Ulcerosa severa
Figura 2 Quadro endoscopico di morbo di Crohn a localizzazione ileale
logiche della CU e del MC sono mostrate in Tabella 1 e 2 rispettivamente. La videocapsula endoscopica è indicata per identificare lesioni della mucosa del piccolo intestino in bambini con sospetto MC, nei quali l’endoscopia convenzionale e gli esami radiologici non sono stati diagnostici, o in caso di impossibilità ad eseguire la entero-RM. Tale tecnica diagnostica ha un alto valore predittivo negativo per il MC attivo del piccolo intestino. La diagnosi di MC non deve essere basata esclusivamente sui risultati della videocapsula, a causa dell’elevato numero di falsi positivi (10-21% di persone sane) e dell’assenza di criteri diagnostici validati (14). Tabella 1 Caratteristiche endoscopiche ed istologiche della CU
Presentazione
Caratteristiche macroscopiche Caratteristiche microscopiche
Tipica
Malattia continua dal retto
Distorsione architetturale, linfoplasmacitosi basale, patologia molto severa distalmente, assenza di granulomi
Atipica 1. Rectal sparing
Assenza di patologia macroscopica Alcuni tratti tipici, soprattutto nel nel retto e retto-sigma segmento coinvolto oltre lo sparing
2. Short duration
Malattia continua dal retto, può anche presentare rectal sparing
Biopsie con focalità, più segni di cronicità o assenza di distorsione architetturale; le altre caratteristiche sono identiche. Soprattutto in bambini più piccoli con recente insorgenza dei sintomi.
3. Cecal patch
Colite sinistra dal retto con area di infiammazione cecale e segmento apparentemente normale tra i due
Tipica. La biopsia dal patch può mostrare infiammazione aspecifica
4. Tratto gastrointestinale superiore
Erosioni o piccole ulcere nello stomaco, non serpiginose né lineari
Gastrite focale o diffusa, assenza di granulomi (eccetto peri-criptali)
Malattia continua dal retto
Può presentare infiammazione transmurale o ulcere profonde; altre caratterisctiche sono tipiche. Assenti aggregati linfoidi. Le ulcere sono fissuranti a forma di V
5. Colite acuta severa
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IBD Highlights
Tabella 2 Caratteristiche endoscopiche ed istologiche della MC
Caratteristiche macroscopiche tipiche della MC
Caratteristiche microscopiche tipiche della MC
1. Ulcere aftoidi della mucosa
1. Granulomi non caseosi-lontani dalle cripte iperplastiche
2. Ulcerazioni lineari o serpiginose
2. Infiammazione cronica focale, infiltrato infiammatorio transmurale, fibrosi submucosale
3. Acciottolato 4. Stenosi/stritture intestinali con dilatiazioni prestenotiche 5. Radiologica o chirurgica: impregnazione della parete intestinale con restringimento del lume 6. Lesioni perianali - fistole, ascessi, stenosi anali, ulcere del canale anale, skin tags ampie ed infiammate 7. Lesioni a salto 8. Ulcere digiunali o ileali
Caratteristiche macroscopiche atipiche della MC
Caratteristiche microscopiche atipiche della MC
1. Edema
1. Granuloma adiacente alle cripte iperplastiche
2. Eritema
2. Infiltrato infiammatorio lieve, aspecifico, della lamina propria
3. Friabilità
3. Ulcerazione/erosione mucosale
4. Granularità
4. Segni di cronicità (es. cambiamenti nell’architettura delle cripte, metaplasia delle cellule coloniche del paneth e deplezione delle “goblet cells”)
5. Essudato 6. Perdita del pattern vascolare 7. Ulcere aftoidi isolate 8. Lesioni perianali: fissurazioni anali della linea mediana, piccole skin tags
Conclusioni Questa revisione dei criteri di Porto per la diagnosi delle MICI in età pediatrica è scaturita dalla necessità di aggiornare i vecchi criteri sulla base delle più recenti conoscenze acquisite in ambito tecnologico e clinico. Sebbene il work-up diagnostico non sia cambiato, i nuovi criteri Porto sono caratterizzati da un approccio metodologico basato su più robuste evidenze, nonché dall’introduzione della classificazione fenotipica di Parigi delle MICI pediatriche e dalla definizione dei fenotipi atipici, che sempre più sono di frequente riscontro nella pratica clinica del gastroenterologo pediatra. Corresponding Authors Annamaria Staiano Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Sezione di Pediatria Università degli Studi di Napoli “Federico II” Via S. Pansini, 5 - 80131 Napoli Tel. + 39 081 7462679 Fax + 39 081 7463116 E-mail: staiano@unina.it
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Criteri di Porto e diagnosi IBD
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Key Points • Una diagnosi accurata di Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (MICI) deve basarsi sulla combinazione di anamnesi, esame obiettivo, esami di laboratorio, esofagogastroduodenoscopia (EGDS) ed ileocolonoscopia con esame istologico e sulla diagnostica radiologica del piccolo intestino. • Nei bambini con sospetto di MICI è fondamentale escludere, nell’approccio diagnostico iniziale, infezioni del tratto gastroenterico come causa della sintomatologia, preferibilmente prima che sia effettuato l’esame endoscopico. • Gli esami di prima istanza devono comprendere emocromo con formula leucocitaria, almeno due indici infiammatori, albuminemia, transaminasi e γGT. La calprotectina fecale in età pediatrica al momento della diagnosi è il miglior marker diagnostico rispetto a tutti gli altri indici infiammatori
ematici. • L’ecografia delle anse intestinali rappresenta un esame diagnostico di primo livello nel sospetto di MICI; la entero-RM è ad oggi il gold standard per lo studio del piccolo intestino nella MC. • La ileocolonoscopia e la EGDS devono essere eseguite al momento della diagnosi a tutti i pazienti e dopo appropriata preparazione in base all’età, in anestesia generale o in sedazione profonda con analgesia. Devono essere eseguite biopsie multiple (2 o più per sezione) per ogni sezione del tratto GI visualizzato, anche in assenza di lesioni macroscopiche. I dati endoscopici devono essere ben documentati.
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c tri y a i ed olog y P g r n s i ente colo a di w Ne stro rma a cur PACI NICA Ga Pha MO
È corretto somministrare PPI nel primo anno di vita? Elisabetta Francesca Stacul, Chiara Moretti, Costantino De Giacomo S.C. di Pediatria, A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano
PPIs are commonly prescribed to infants for managing GERD, however recent literature has demonstrated a lack of efficacy of PPI, specifically in infants with clinical diagnosis of GERD. Regurgitation in infancy needs not be investigated unless there are warning features. PPIs shouldn’t be administered to treat symptoms of GERD in otherwise healthy infant without strong evidence of acid-induced disease.
Key Words Proton pump inhibitor, gastroesophageal reflux, safety, efficacy
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Introduzione I farmaci PPI (inibitori di pompa protonica) sono i più potenti farmaci soppressori della secrezione gastrica acida attualmente disponibili. L’inibizione della secrezione acida avviene per blocco selettivo della H+-K+ ATPasi delle cellule parietali gastriche, con una capacità di mantenere il ph gastrico >4 per un tempo più prolungato rispetto agli altri farmaci antisecretivi (come gli anti-H2) e senza diminuzione del potere acido soppressore nel tempo (1). La Tabella 1 mostra le indicazioni e l’età per cui l’utilizzo dei singoli PPI sono approvate dalla FDA negli USA: solo l’esomeprazolo per l’indicazione dell’esofagite erosiva è approvato nella fascia di età sotto l’anno di vita. In Italia sono registrati l’omeprazolo e l’esomeprazolo dopo i 12 mesi e gli altri PPI dopo i 12 anni di vita. Come è evidente dalla Tabella 1, l’indicazione all’utilizzo dei PPI in età pediatrica riguarda la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) e le sue complicanze, sia nelle manifestazioni tipiche che atipiche (2), per cui costituiscono la prima scelta terapeutica. REFLUSSO O MALATTIA DA REFLUSSO? Il reflusso gastroesofageo (GER) si definisce come il passaggio retrogrado ed involontario del contenuto gastrico nell’esofago, dovuto ad un transitorio rilascio dello sfintere esofageo inferiore. Tale evento nel primo anno di vita è considerato fisiologico. Come stabilito dalle linee guida NASPGHAN/ESPGHAN sul GER, il rigurgito, presente in circa il 50% dei lattanti tra 0 e 3 mesi, che si riduce progressivamente nel corso del primo anno di vita, non va trattato se non con misure di corretta gestione dell’alimentazione e counselling familiare (3). Dal semplice GER va distinta la condizione di patologia (GERD), che si sviluppa quando al reflusso si associano sintomi o lesioni visibili endoscopicamente e/o istologicamente, quali erosioni esofagee, stenosi esofagee o esofago di Barrett (4), condizioni presenti soprattutto nel bambino più grande e molto più rare. Se negli adulti e nei bambini di età superiore a 8 anni si ritiene che la capacità di autoriferire sintomi specifici, quali la pirosi retrosternale, sia sufficientemente affidabile nella predizione di GERD, così non è nelle prime età della vita, epoca in cui la sintomatologia è poco specifica e riferita dai genitori (5). Nel primo anno di vita vengono infatti spesso attribuiti al GERD, e quindi trattati inopportunamente, sintomi quali il rifiuto del biberon, il pianto, l’irrigidimento e l’inarcamento, fenomeni abbastanza comuni soprattutto nei primi mesi, che spesso si manifestano contemporaneamente tra loro, con o senza il rigurgito. Il quesito che spesso si pone il pediatra è se queste manifestazioni siano espressione di GERD e quindi siano da trattare con una terapia antisecretiva, oppure abbiano altra natura, quali l’allergia alimentare, la stipsi, l’aerofagia o appartenere alla sfera dei disturbi comportamentali non a carattere patologi-
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Tabella 1 Età e indicazioni approvate dal FDA per l’utilizzo dei PPI in età pediatrica (FDA - 2013, modificata) Farmaco
Esomeprazolo
Indicazione
Età
Peso
Dosaggio 2.5 mg <3-5 Kg 5.0 mg 5-7.5 Kg 10 mg >7.5-12 Kg x1/die fino a 6 set
<12 Kg
EE
1 mese-1 anno
EE
1-11 anni
<20 Kg ≥20 Kg
10 mg x1/die 10 o 20 mg x1/die fino a 8 sett
GERD
1-11 anni
Tutti i pesi
10 mg x1/die fino a sett
GERD
12-17 anni
Tutti i pesi
20 o 40 mgx1/die fino a 8 sett
1-11 anni
≤30 Kg
15 mg x1/die fino a 12 sett
EE
>30 Kg
30 mg x1/die fino a 12 sett
Tutti i pesi
30 mg x1/die fino a 8 sett
≤30 Kg
15 mg x1/die fino a 12 sett
>30 Kg
30 mg x1/die fino a 12 sett
EE
12-17 anni
GERD
1-11 anni
Lansoprazolo
GERD
12-17 anni
Tutti i pesi
15 mg x1/die fino a 8 sett
Omeprazolo
EE/GERD
1-16 anni
5-10 Kg 10-20 Kg ≥20 Kg
5 mg x 1/die 10 mg x 1/die 20 mg x 1/die
Pantoprazolo
EE
≥ 5 anni
15-40 Kg ≥40 Kg
20 mg x1/die fino a 8 sett 40 mg x1/die fino a 8 sett
<15 Kg Rabeprazolo
GERD
1-11 anni
5 mg x1/die fino a 12 sett (incrementabili a 10 mg se risposta inadeguata)
≥15 Kg
10 mg x1/die x 12 sett
Tutti i pesi
20 mg x 1/die fino a 8 sett
GERD
≥ 12 anni
EE: Esofagite Erosiva GERD: Reflusso Gastroesofageo.
co, espressione di un’incapacità di adattamento ambientale del piccolo lattante a vari stimoli (6). Un meccanismo di tipo “circolo vizioso” che comporta pianto insistente, deglutizione di aria, distensione volumetrica dello stomaco, con o senza rigurgito secondario, verrebbe a realizzarsi senza alcun rapporto causa-effetto con il reflusso acido (7).
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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
diagnosticare una condizione di GERD I tentativi di diagnosticare una condizione di GERD sulla base esclusivamente sintomatologica, mediante score più o meno complessi (ad es. con lo I-Gerq-R Score) hanno dato risultati discordanti e la mancanza di un test diagnostico poco invasivo in grado di distinguere in questa epoca della vita, in maniera inequivocabile, un disturbo correlato alla secrezione acida rispetto ad altre condizioni con diversa fisiopatologia (allergie o disturbi funzionali della motilità) rimane un problema cruciale (6,7). Lo studio pH-metrico di lattanti <3 mesi con i suddetti sintomi non ha evidenziato un nesso causale con il reflusso acido (8). Ciò potrebbe essere legato alla neutralizzazione del pH gastrico dovuta ai pasti frequenti nei primi mesi di vita. Tale dato ph-metrico contribuisce a dubitare dell’utilità di una terapia antisecretiva in queste situazioni cliniche. La conferma del mancato rapporto causale tra GERD e la sintomatologia prima descritta deriva dall’evidente inefficacia dimostrata nei trials clinici condotti sino ad oggi con PPI nel lattante sotto l’anno di vita [Tabella 2]. Nessun farmaco del gruppo dei PPI, utilizzato per questa indicazione e in questa fascia di età, si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi rispetto al placebo, pur con evidenza farmacodinamica di appropriatezza della dose e, laddove studiata, di efficace Tabella 2 Studi comparativi di efficacia nei bambini <1 anno con PPI Caratteristiche della popolazione
Esomeprazolo
Lansoprazolo
Pantoprazolo
Omeprazolo
Omeprazolo
Winter 2012 (11)
Orenstein 2009 (10)
Winter 2010
Dati dalla FDA (9)
Moore 2003 (12)
Sì
Sì
Sì
Sì
3 -12 mesi
39 vs 41
81 vs 81
52 vs 54
35
15 vs 15
Diagnosi clinica di GERD
Sì
Sì
Sì
Sì
pH+Istologia
Randomizzazione
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Gruppo di controllo
Placebo
Placebo
Placebo
Variazione della dose
Placebo
Cieco
Doppio
Doppio
Doppio
Singolo
Doppio
Fase di identificazione dei PPI responders in aperto
Sì (2 sett)
No
Sì (4 sett)
No
No
Sospensione randomizzata del trattamento con PPI
Sì
No
Sì
No
No
Trial con misure conservative
No
Sì
Sì
Sì
No
4 sett
4 sett
4 sett
8 sett
2 sett
Uso consentito di Antiacidi
Sì (di salvataggio)
No
Si (di salvataggio)
Sì
No
Risultato primario di efficacia rispetto ai controlli
Trend; Non significativo
Non significativo
Non significativo
mancanza placebo
Non significativo
Studio Età, 1–<12 mesi Dimensione del campione, per braccio, PPI vs placebo
Lunghezza della fase di Randomizzazione
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PPI nel primo anno
soppressione dell’acidità gastrica. Gli studi mostrano come i sintomi suddetti, attribuiti al GERD su base clinica o anche strumentale, migliorino sia nei trattati con PPI che nei controlli, evidenziando quindi una tendenza alla guarigione spontanea: da ciò deriva l’inutilità di un trattamento ex-juvantibus. Winter et al, in uno studio condotto su 128 lattanti affetti da GERD trattati per 4 settimane con pantoprazolo, hanno dimostrato un miglioramento dei sintomi clinici. Nella fase successiva di randomizzazione placebo-controllo non è tuttavia stata rilevata una differenza significativa di efficacia (9). Altri tre studi placebo-controllo condotti su 162,98 e 30 lattanti, sottoposti rispettivamente a terapia con lansoprazolo, esomeprazolo e omeprazolo, non hanno dimostrato una differenza significativa tra i due gruppi nel ridurre i sintomi clinici di GERD, anche se l’uso di esomeprazolo ha ottenuto un migliore risultato nel migliorare sintomi come pianto e numero di episodi di vomito (10-12). Conclusioni Sebbene i PPI siano considerati sicuri e generalmente ben tollerati anche in età pediatrica, essi possiedono comunque effetti collaterali, anche se non gravi, alcuni dei quali descritti anche per altri inibitori dell’acidità gastrica, come gli anti-H2: incremento della secrezione di gastrina (a cui può conseguire poliposi gastrica), aumento della frequenza di episodi infettivi a carico del tratto gastroenterico (infezioni da Clostridium difficile e contaminazione batterica dell’intestino tenue) e respiratorio, aumento dei casi di enterocolite necrotizzante (NEC) e sepsi da candida nel neonato pretermine, più raramente anomalie elettrolitiche e vitaminiche (deficit di vitamina B12 ed ipomagnesemia, ipocalcemia con secondaria osteoporosi) (3,13). Si è verificato un incremento esponenziale nell’utilizzo di PPI nel primo anno di vita nonostante la mancanza di efficacia clinica nel lattante con presunti sintomi di GERD e l’esistenza di possibili eventi avversi. Le più importanti Società Scientifiche e le Agenzie regolatorie nazionali e internazionali hanno criticato con forza quella che sembra una inappropriata “corsa” all’uso di tali farmaci. La FDA infatti non ha autorizzato la registrazione dei PPI nel lattante, che non andrebbero quindi prescritti senza una documentata condizione clinica di gravità, come l’esofagite erosiva, per la quale solo l’esomeprazolo ha l’indicazione tra 1 mese e 1 anno di vita (13). È utile tuttavia ricordare che in ambito pediatrico si possono identificare alcune categorie di bambini ad alto rischio di sviluppare un GERD: • • • • • • •
bambini con disabilità neurologiche obesi operati per atresia esofagea alla nascita affetti da ernia iatale o da acalasia prematuri con displasia broncopolmonare bambini con malattie respiratorie croniche quali la fibrosi idiopatica interstiziale e la fibrosi cistica bambini sottoposti a trapianto polmonare.
La prevalenza in questi bambini di un GERD severo e cronico è molto più alta rispetto a bambini sani; in tali categorie di pazienti è possibile prendere in considerazione l’utilizzo di farmaci PPI per trattare una patologia da reflusso gastroesofageo (3). Bibliografia 1. Ward RM, Kearns GL. Proton Pump Inhibitors in Pediatrics. Mechanism of Action, Pharmacokinetics, Pharmacogenetics, and Pharmacodynamics. Pediatr Drugs 2013;15:119-31. 2. Lightdale JR, Gremse DA. Gastroesophageal reflux: management guidance for the pediatrician. Pediatrics 2013;131:1684-695.
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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
3. Vandenplas Y, Rudolph CD, Di Lorenzo C et al. Pediatric gastroesophageal reflux clinical practice guidelines: joint recommendations of the North American Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition (NASPGHAN) and the European Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition (ESPGHAN). J Pediatr Gastroenter Nutr 2009;49:498-547. 4. Nimish V, Van Zanten SV, Kahrilas P et al. The Montreal definition and classification of gastroesophageal reflux disease: a global evidence-based consensus. Am J Gastroenterology 2006;101:1900-20. 5. Sherman PM, Hassal E, Fagundes-Neto U et al. A global, evidence based consensus on the definition of gastroesophageal reflux disease in the pediatric population. Am J Gastroenterol 2009;104:1278-95. 6. Hassal E. Over-prescription of acid-suppressing medications in infants: how it came about, why it’s wrong, and what to do about it. J Pediatr 2012;160:193-8. 7. Orenstein SR. Crying in infant GERD: acid or volume? Heartburn or dyspepsia? Curr Gastroenterol Rep 2008;10:433-6. 8. Heine RG, Jaquiery A, Lubitz L et al. Role of gastro-oesophageal reflux in infant irritability. Arch Dis Child 1995;73:121-5. 9. Winter H, Kum-Nji P, Mahomedy SH et al. Efficacy and safety of pantoprazole delayed-release granules for oral suspension in a placebo controlled treatment-withdrawal study in infants 1-11 months old with symptomatic GERD. J Pediatr Gastoenterol Nutr 2010;50:609-18. 10. Orenstein SR, Hassal E, Furmaga-Jablonska W et al. Multicenter, double-blind, randomized, placebocontrolled trial assessing the efficacy and safety of proton pump inhibitor lansoprazole in infants with symptoms of gastroesophageal reflux disease. J Pediatr 2009;154:514-20. 11. Winter H, Gunasekaran T, Tolia V et al. Esomeprazole for the Treatment of GERD in Infants Ages 1-11 Months. J Pediatr Gastoenterol Nutr 2012;55:14-20. 12. Moore DJ, Tao BS, Lines DR et al. Double-blind placebo-controlled trial of omeprazole in irritable infants with gastroesophageal reflux. J Pediatr 2003;143:219-23. 13. Chen IL, Gao WY, Johnson AP et al. Proton Pump Inhibitor use in infants: FDA reviewer experience. JPGN 2012;54:8-14.
Corresponding Author COSTANTINO DE GIACOMO S.C. di Pediatria Ospedale Niguarda Ca’ Granda P.zza Ospedale Maggiore, 3 – 20162 Milano Tel. + 39 02/64442432-5 Fax + 39 02/64442952 E-mail: costantino.degiacomo@ospedaleniguarda.it
Key Points • I farmaci PPI (inibitori di pompa protonica) sono i più potenti farmaci soppressori della secrezione gastrica acida attualmente disponibili. • Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento esponenziale nell’utilizzo di PPI nel primo anno di vita. • Nessun farmaco del gruppo dei PPI utilizzato in lattanti con diagnosi di GERD si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi rispetto al placebo. • Attualmente non vi sono in Italia farmaci PPI approvati per pazienti pediatrici al di sotto dei 12 mesi. • Si identificano alcune categorie di bambini ad alto rischio di sviluppare un GERD o le sue complicanze ed in cui quindi l’utilizzo dei PPI è poco criticabile anche nelle prime epoche della vita.
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Una diatesi edemigena intrigante Salvatore Accomando1, Paola Gennaro1, Paola Alga1, Veronica Pellitteri1, Claudia Albino2, Giuseppe Gramaglia2, Giovanni Corsello1 1Sezione di Pediatria, Dipartimento di Scienze per la promozione della Salute e Materno Infantile “G. D’Alessandro”, Università degli Studi di Palermo 2U.O.C. di Pediatria Ospedale “S. Giovanni di Dio” di Agrigento
G. is a 14 years old boy who was admitted for recurrent episodes of generalized oedema and weight gain. Hypoalbuminemia was present. All hepatic causes of hypoalbuminemia were excluded. Similarly, kidney disorders were ruled out. So the gastrointestinal tube was investigated and the cause of protein leakage finally discovered.
PRESENTAZIONE CLINICA G. è un ragazzo di 14 anni che è sempre stato in buona salute, con un adeguato sviluppo staturo ponderale e psicomotorio. Giunge alla nostra osservazione perché nell’ultimo anno ha presentato episodi di edema generalizzato recidivante con un incremento ponderale di circa 20 Kg negli ultimi tre mesi. Vengono riferite transitorie turbe dell’alvo con episodi diarroici a carattere discontinuo.
Esame obiettivo Condizioni generali discrete, sensorio integro. Presenza di edema generalizzato di tipo anasarcatico. Chemosi congiuntivale, succulenza agli arti inferiori (presenza di fovea bilateralmente), alla parete addominale e allo scroto. Toni cardiaci ovattati. F.C. 110 battiti/min. Organi ipocondriaci mal valutabili per lo stato di succulenza. Al momento del ricovero non presenta diarrea. Ipotesi diagnostiche 1. S. Nefrosica 2. Enteropatia protido-disperdente (PLE) secondaria 3. Linfangectasia intestinale primitiva 4. Insufficienza epatocellulare acuta
Key Words Edema, anasarca, hypoalbuminemia
La soluzione del caso clinico a pagina 47
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La sedazione in endoscopia digestiva Raffaella Mallamace e Claudio Romano Dipartimento di Scienze Pediatriche, Ginecologiche, Microbiologiche e Biomediche Università di Messina
Gastrointestinal endoscopy is the most important diagnostic and therapeutic procedure in pediatric gastroenterology. In order to avoid pain and ensure safety, the endoscopy is usually performed under sedation or general anaesthesia. Different protocols may include use of molecules with combined analgesic effects. Although is preferable to performing sedation by anaesthesiologist, many recent data support the possibility of sedation by nonanaestesiologist personnel (as medical and nursing personnel with specialized and appropriate training).
Key Words Endoscopy, sedation, analgesia, colonscopy
Introduzione L’esecuzione d’indagini endoscopiche sull’apparato gastroenterologico con finalità diagnostico-terapeutiche è ormai pratica routinaria in ambito pediatrico. Per garantire una corretta e sicura esecuzione dell’esame, oltre alla competenza specialistica del team medico e all’adeguata selezione e preparazione del paziente, è di fondamentale importanza un’adeguata gestione del dolore mediante il ricorso all’analgesia. Il gold standard per l’esecuzione di procedure diagnostico-terapeutiche in anestesia prevede la presenza di un team multidisciplinare supportato dalla presenza di un medico anestesista (1), anche se di recente, specie in endoscopia digestiva, è sempre più diffusa la pratica di eseguire procedure di sedazione e narcosi da parte di endoscopisti ed infermieri con adeguato training (2). Tutto ciò è giustificato dalla necessità di dover fronteggiare un numero crescente di richieste di endoscopie a fronte di una limitata disponibilità di anestesisti. Sono presenti in letteratura numerose esperienze descritte nella popolazione adulta (3) e segnalazioni preliminari anche per quanto concerne la popolazione pediatrica (4). La scelta del tipo di analgesia (con o senza anestesista) è condizionata da diversi fat-
tori, sia correlati al paziente che al tipo di indagine da eseguire. Infatti, per procedure endoscopiche che richiedono la somministrazione di farmaci anestetici per via endovenosa e durante le quali può essere necessaria l’intubazione endotracheale, la presenza dell’anestesista è da ritenersi indispensabile (5). Al fine di garantire l’efficacia e la sicurezza delle indagini eseguite in corso di anestesia praticata da non-anestesisti, è necessario che siano rispettati dei requisiti riguardanti il personale coinvolto e il monitoraggio del paziente. Innanzitutto, è necessario eseguire un’attenta anamnesi ed esame obiettivo del paziente, valutandone l’idoneità fisica mediante i criteri di rischio anestesiologico dell’American Society of Anesthesiologists (ASA) [Tabella 1]: per i bambini inquadrati nelle classi I e II, l’esecuzione di procedure anestesiologiche risulta sicura; per la classe ASA III è opportuno fare una valutazione dei rischi rispetto ai benefici della procedura, e generalmente è opportuno effettuare l’anestesia generale; nei bambini inquadrati nelle classi ASA IV e V è sicuramente necessaria la presenza dell’anestesista. Durante l’intera durata dell’esame è opportuno effettuare un monitoraggio continuo di parametri vitali quali pres-
Tabella 1 C lassificazione del rischio in anestesia secondo l’American Society of Anesthesiologists (ASA)
Classe Descrizione
42
Idoneità alla sedazione
I
Paziente in buono stato di salute
Eccellente
II
Malattia sistemica lieve correlata o no alla ragione dell’intervento chirurgico
Generalmente buona
III
Malattia sistemica severa ma non invalidante correlata o no alla ragione dell’intervento chirurgico
Intermedia
IV
Malattia sistemica grave con prognosi severa che pregiudica la sopravvivenza indipendentemente dall’intervento chirurgico
Bassa
V
Paziente moribondo che non sopravvivrà nelle 24 ore successive, che viene sottoposto all’intervento chirurgico come ultima possibilità
Molto bassa
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sione arteriosa, frequenza cardiaca e saturazione arteriosa dell’ossigeno (6). I membri dell’equipe che prendono parte alle procedure devono avere un’adeguata conoscenza delle tecniche di rianimazione avanzate ed aver effettuato un adeguato training sulla gestione delle possibili complicanze (7). Attualmente non esiste un protocollo di sedazione idea-
le in età pediatrica. In letteratura sono segnalate diverse procedure che prevedono la somministrazione di farmaci per via endovenosa o inalatoria: la molecola che sembra rispondere meglio ai requisiti di efficacia e sicurezza sembrerebbe essere il propofol. I farmaci più utilizzati e le rispettive caratteristiche sono indicati nella Tabella 2.
Tabella 2 Farmaci sedativi utilizzati nelle endoscopie gastrointestinali pediatriche
Inizio e durata d’azione
Nome
Meccanismo d’azione
Effetti indesiderati
Dosaggio
Propofol
Agonista recettori GABA; sedazione, ipnosi, amnesia
Depressione respiratoria, apnea, ipotensione, iniezione dolorosa
2 mg/kg sotto i 3 anni Inizio 1-2 min di età; 1 mg/kg nei bambini Durata 5-15 min più grandi
Ketamina
Antagonista canali NMDA; anestesia, analgesia, amnesia, sedazione
Laringospasmo, ipertensione, tachicardia, ipersalivazione, 1- 1.5 mg/kg vomito, sintomi psichiatrici (allucinazioni, deliri, incubi)
Midazolam
Agonista recettori GABA; Depressione respiratoria, amnesia anterograda, ansiolitico, ipotensione, agitazione sedazione, ipnosi
0.1 mg/kg ev 0.5 mg/kg per os
Inizio 2-3 min Durata 45-60 min
Fentanyl
Agonista recettori oppioidi; analgesia e sedazione
Depressione respiratoria, ipotensione
1-2 mcg/kg
Inizio 0.5 min Durata 20-40 min
Sevoflurano
Anestetico inalante
Agitazione, bradicardia, ipotensione, tosse, vomito
Concentrazioni differenti in base all’età
Vomito, euforia
50% NO- 50% ossigeno
Inizio 0.5-1 min Durata 5 min
Nausea, vomito
0.02 mg/kg (max 1 mg/kg)
Inizio 1-3 min Durata 30 min
protossido Anestetico inalante d’azoto ANTAGONISTI Flumazenil
Antagonista benzodiazepine
Principi farmacologici atti ad indurre Anestesia Propofol Il propofol è un anestetico che agisce a livello dei recettori GABA con potere agonistico. È un sedativo di breve durata d’azione con proprietà anestetica; non possiede proprietà analgesiche, pertanto durante procedure dolorose va associato ad altre molecole. Il suo utilizzo è approvato per l’età pediatrica, a partire dal I° anno di vita, ad un dosaggio di 1-2 mg/kg ev: a seguire sono possibili boli di 0.5-1 mg/kg fino al raggiungimento del livello di sedazione desiderato. Per interventi prolungati è indicata la somministrazione in infusione continua. Secondo studi epidemiologici eseguiti in Nord America su di una popolazione di quasi 50.000 pazienti in età pediatrica (8), il propofol risulta essere il farmaco anestetico più efficace e sicuro: in questa casistica solo 4 pazienti hanno presentato aspirazione di secrezioni gastriche nelle vie aeree, mentre eventi avversi non seri si sono verificati con un’incidenza inferiore a 150 casi su 10.000: desaturazione (154), apnea centrale o ostruzione delle vie aeree superiori (124), laringospasmo (20), ipersalivazione (73), vomito (10).
Ketamina La ketamina è un farmaco anestetico e analgesico con proprietà dissociative, che si lega ai canali NDMA con azione antagonista (9). Viene somministrata mediante infusione endovenosa lenta al dosaggio iniziale di 1-2 mg/kg, cui possono associarsi ulteriori boli da 0,5 mg/kg per prolungare la durata d’azione. L’effetto sedativo ha una durata di circa 1015 minuti. Gli effetti indesiderati più frequenti sono vomito, ipersalivazione, nistagmo, ipertensione arteriosa, eritema
Inizio 1-5 min Durata 15 min
cutaneo, e fenomeni psichiatrici quali allucinazioni, incubi, deliri. Per ridurre l’ipersalivazione, può essere somministrata in associazione ad anticolinergici come l’atropina; per contrastare il vomito si può ricorrere ad antiemetici come l’ondansetron. L’utilizzo della ketamina è controindicato nei lattanti di età inferiore a 3 mesi, nei pazienti con psicosi, ipertensione persistente o ipertiroidismo.
Benzodiazepine Il midazolam è una benzodiazepina a breve durata d’azione che agisce attivando i recettori GABA. Ha proprietà ansiolitiche, amnesiche e sedative ma la sua azione sedativa non è sufficiente se utilizzato in monoterapia, pertanto viene utilizzato in genere in combinazione con altri farmaci (10). Frequentemente viene utilizzato per via orale come premedicazione nelle procedure endoscopiche, per ridurre il dolore durante il reperimento dell’accesso venoso, al dosaggio di 0,5 mg/kg. Tra i possibili eventi avversi che possono verificarsi durante l’assunzione delle benzodiazepine, il più rilevante è la depressione respiratoria, i cui effetti possono essere contrastati con la somministrazione del suo antagonista: il flumazenil.
Oppiodi Gli oppioidi sono farmaci dotati di potente azione analgesica; tra di essi, la meperidina ha la proprietà di agire sulle fibre nervose, determinando un effetto anestetico locale. Viene utilizzato in associazione al midazolam per la sedazione in corso di colonscopie. È somministrata per via endovenosa al dosaggio di 1 mg/kg (11). Il fentanyl è l’oppioide più utilizzato per la sedazione grazie alla sua azione a rapida insorgenza e breve durata ma, in assenza di potere anestetico, viene somministrato in associazione
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Endoscopy Learning Library
alle benzodiazepine. Tale combinazione può determinare un aumento del rischio di depressione respiratoria. È generalmente somministrato con un dosaggio di 1-2 mcg/kg, e il suo effetto analgesico dura circa 20-40 minuti.
Anestetici per via inalatoria Il sevoflurano è un farmaco anestetico somministrato per via inalatoria che possiede un buon profilo di sicurezza e consente di ridurre i tempi di ricovero dopo esecuzione d’indagini endoscopiche, ma il suo utilizzo è consentito solo agli anestesisti (12). Il protossido d’azoto è un gas inerte con proprietà analgesiche, sedative e amnesiche con breve durata d’azione, utilizzato con buoni risultati nelle procedure endoscopiche gastroenterologiche di pazienti adulti. In età pediatrica, sebbene dia buoni risultati in termini di efficacia, il suo utilizzo è limitato per il rischio di depressione respiratoria dose-dipendente (13).
Conclusioni La diffusione delle procedure endoscopiche nella diagnosi e nel trattamento di numerose patologie gastroenterologiche in età pediatrica ha richiamato l’attenzione sulla possibilità di eseguire tali indagini in sedazione ed analgesia,
con una gestione affidata a personale medico e paramedico con opportuno training nelle procedure anestesiologiche. La comunità scientifica internazionale riconosce la possibilità di esecuzione della sedazione da parte di non anestesisti, nel rispetto di rigorosi criteri che garantiscano l’efficacia e la sicurezza delle procedure eseguite. La figura dell’anestesista rimane comunque fondamentale per un’adeguata gestione delle procedure di sedazione e deve essere sempre preferito qualora vi sia la possibilità. La presenza dell’anestesista è comunque assolutamente indispensabile in corso di procedure d’urgenza o che richiedano un livello di sedazione maggiormente profondo o un’anestesia generale.
Corresponding Author CLAUDIO ROMANO U.O. di Genetica e Immunologia Pediatrica Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche A.O. Universitaria “G. Martino” Università degli Studi di Messina Via Consolare Valeria, 1 - 98124 Messina Tel. + 39 090 2212919 Fax + 39 090 2213877 E-mail: romanoc@unime.it
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Key Points
• L’utilizzo della sedazione e dell’analgesia è raccomandata in età pediatrica per l’esecuzione di procedure endoscopiche. • Il propofol e le benzodiazepine sono le molecole più utilizzate. • L’esecuzione delle procedure di sedazione in corso di endoscopia digestiva è di pertinenza dell’anestesista o di personale medico con opportuno training in anestesia e rianimazione.
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According to the new ESPGHAN guidelines for the diagnosis of CD, a confirmatory small intestinal biopsy is not necessary in genetically predisposed individuals who are symptomatic and who have a tTGA of at least 10 times the upper limit of normal, a positive EMA and a good clinical response to the gluten free diet. By contrast, in asymptomatic individuals or with a tTGA that doesn’t reach 10 times the upper limit of normal, a small intestinal biopsy should still be performed. If the parents do not agree,it is necessary to start gluten-free-diet to avoid complications. It is worthy of note that the small intestinal biopsy is not required to get the glutenfree products.
Key Words Anti-endomysium antibodies, anti-tissue-transglutaminase antibodies, celiac disease, diagnosis
Che fare se i genitori rifiutano la biopsia intestinale per sospetto di celiachia? Carlo Catassi Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche, Università Politecnica delle Marche, Ancona
suggerimenti pratici Sebbene la biopsia intestinale rimanga un esame fondamentale per la diagnosi di celiachia nel bambino, tale indagine può essere evitata in alcuni casi, come suggeriscono le recenti linee-guida dell’ESPGHAN, quando vi siano segni/sintomi tipici di celiachia, genotipo HLA-DQ2 e/o DQ8 e sierologia francamente positiva, cioè anticorpi anti-transglutaminasi (tTG) IgA > 10 volte il limite di normalità e positività degli anticorpi antiendomisio (EMA) (1). Pertanto, qualora i genitori manifestino opposizione alla biopsia, il primo consiglio è di verificare l’indicazione all’esame stesso sulla base delle suddette linee-guida, al fine di evitare la spiacevole situazione di essere in errore rispetto al punto di vista dei familiari, ad es. per la convinzione (errata) che la biopsia sia necessaria per ottenere l’esenzione dal pagamento degli alimenti senza glutine o per l’adesione a protocolli di ricerca. Un altro suggerimento pratico è quello di condividere la discussione dell’iter diagnostico non solo con i genitori, ma anche con il paziente, specie se si tratta di un adolescente.
Ciò premesso, che fare quando vi sia una chiara indicazione ad effettuare l’esame istologico (assenza di sintomi tipici di celiachia, valori di anticorpi antitransglutaminasi elevati ma < 10 volte il valore normale, mancata concordanza tra anticorpi anti-transglutaminasi, anti-endomisio ed antigliadina deamidata IgG) ma i genitori rifiutino di effettuarlo? La decisione migliore è quella di avviare il trattamento con dieta senza glutine, poiché questo protegge il paziente dalle eventuali complicanze a lungo termine, quali osteoporosi ed infertilità, possibili anche nei casi silenti sul piano clinico o potenziali (es. sierologia positiva con mucosa normale). Onde evitare spiacevoli conseguenze medico-legali, converrà annotare sulla cartella clinica che la scelta di non praticare l’esame è stata presa dai familiari, nonostante l’esaustiva spiegazione fornita riguardo alla necessità della procedura. Vi sono infine situazioni nelle quali l’indicazione alla biopsia è discutibile, soprattutto quando è presente solo una lieve alterazione a livello sierologico (modesto aumento isolato di tTG-IgA < 3 volte rispetto al limite normale superiore, con EMA negativi). In tali casi è preferibile lasciare il paziente a dieta libera, controllando periodicamente (es. ogni 3-6 mesi) i marcatori sierologici, compresi gli EMA (esame la cui specificità è prossima al 100% quando eseguito da operatore competente) (2), e la eventuale comparsa di sintomi. È bene ricordare la possibilità di fluttuazione dei livelli anticorpali, in caso di aumento minimo della tTGIgA, con eventuale normalizzazione degli stessi, specie nei soggetti a rischio familiare di celiachia (3). Nei casi di “violazione” del protocollo ESPGHAN occorre sottolineare che la dieta gluten-free dovrà essere seguita scrupolosamente come nei casi sottoposti a biopsia, poiché non esiste una “modalità intermedia” di trattamento della celiachia. Inoltre, sarà doveroso prospettare l’opportunità di una prova di riesposizione al glutine, da praticarsi a distanza di tempo (ad es. dopo i 18 anni) per la conferma definitiva della diagnosi. Come accennato in precedenza, la diagnosi di celiachia è certificabile anche in assenza della biopsia, poiché la legge italiana vigente, molto appropriata-
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What to do if...?
mente, richiede solo che la diagnosi sia attestata da una struttura universitaria o ospedaliera accreditata a livello regionale, ma non entra nel merito dell’algoritmo diagnostico. In questo senso, appare ingiustificata la decisione di alcune regioni italiane di negare il sussidio economico per l’acquisto degli alimenti gluten-free in assenza della biopsia intestinale diagnostica. Corresponding Author
CARLO CATASSI Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche Università Politecnica delle Marche, Ancona Presidente Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica Co-Director, Center For Celiac Research University of Maryland School of Medicine, Baltimore, USA Tel. + 39 071 596 23 64 Mob + 39 349 22 35 447 Fax + 39 071 36281 e-mail: catassi@tin.it
Key Points
hia, do vi siano segni/sintomi tipici di celiac Le recenti linee-guida dell’ESPGHAN, quan • volte il limite di 10 > IgA (tTG) inasi lutam ransg anti-t genotipo HLA-DQ2 e/o DQ8, anticorpi il ricorso ndomisio (EMA) suggeriscono di evitare normalità e positività degli anticorpi antie alla biopsia intestinale. alimenti ottenere l’esenzione dal pagamento degli • La biopsia intestinale non è richiesta per a livello ditata accre aliera osped o rsitaria unive ra senza glutine: è sufficiente che una struttu regionale certifichi la patologia in atto. comuned i genitori rifiutino l’esame è importante • Nel caso in cui la biopsia sia necessaria e. licanz comp e evitar que avviare la dieta priva di glutine per solo con i e la discussione dell’iter diagnostico non • È sempre utile ed importante condivider e. scent adole un e se si tratta di genitori ma anche con il paziente, speci
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Soluzione del caso clinico di pagina 41 t or
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Una diatesi edemigena intrigante Salvatore Accomando1, Paola Gennaro1, Paola Alga1, Veronica Pellitteri1, Claudia Albino2, Giuseppe Gramaglia2, Giovanni Corsello1 1Sezione di Pediatria, Dipartimento di Scienze per la promozione della Salute e Materno Infantile “G. D’Alessandro” Università degli Studi di Palermo 2U.O.C. di Pediatria Ospedale “S. Giovanni di Dio” di Agrigento
SVILUPPO DEL CASO CLINICO Gli esami di laboratorio evidenziano: ipoalbuminemia (2,4 mg/dl). Il paziente è oligurico. Non si evidenzia proteinuria, la funzionalità epatica è nella norma. Si associa una riduzione del livello di tutte le classi delle immunoglobuline sieriche. L’ECG è normale ma documenta voltaggi ridotti. Un ecografia cardiaca e un eco addome evidenziano versamento pleuro-pericardico e addominale. L’esame emocromocitometrico mostra una leucocitosi neutrofila con linfocitopenia. La sierologia per malattia celiaca, gli ASCA e gli ANCAp, la ricerca di sangue occulto nelle feci, gli indici di flogosi e la calprotectina fecale sono negativi. Quali ipotesi diagnostiche a questo punto? Le ipotesi diagnostiche si riducono a condizioni implicanti la perdita di proteine attraverso l’apparato gastroenterico. A questo punto nell’ipotesi di una perdita di proteine attraverso il tubo digerente (PLE), diviene mandatorio lo studio endoscopico dello stesso. Perchè l’endoscopia in prima istanza? Il primo esame endoscopico che eseguiamo è la gastroscopia: se la perdita di proteine è a partenza dal tratto duodeno-digiunale, la EGDS assume significato diagnostico. EGDS e Pancolonscopia con ileoscopia retrograda hanno messo in luce quadri macroscopici di normalità nelle sezioni esaminate del tratto digestivo superiore e inferiore. Sono state eseguite biopsie multiple a livello esofageo, gastrico e duodeno digiunale, associati a prelievi multipli in regione colonica e a B dell’ileo terminale. L’esame istologico non evidenzia nulla di morfologicamente significativo. Un dosaggio dell’alfa1-anti tripsina fecale evidenzia valori molto alti (27 mg/dl, incremento di oltre 5 volte la norma (V.N. max 5 mg/dl). Alla luce di questo dato diviene necessario lo studio macro e microscopico dell’ileo per cui viene Figura 1 Dilatazione, a livello ileale, delle strutture linfatiche intravillari, con aspetto clavato dei effettuata una Enteroscopia a villi (Colorazione H&E); A Linfangectasia intestinale primitiva; B Dilatazione dei vasi linfatici del pallone singolo che risulta popiccolo intestino sitiva per linfangectasia intestinale primitiva con un quadro macroscopico endoscopico caratterizzato da zone di mucosa corredate da spots biancastri (aspetto a fiocco di neve). Tale dato trova conferma nell’istologia che documenta “la dilatazione, a livello ileale, delle strutture linfatiche intravillari, con aspetto clavato dei villi” [Figure 1 e 2]. Si intraprende terapia nutrizionale enterale esclusiva per via orale arricchita con MCT, che per essere assorbiti saltano il circolo enteroepatico (1,2) e octreotide al dosaggio di 20 mcrg/kg 2 volte al di per via sottocutanea (3) con alterne fasi di remissione. Per quanto riguarda la correzione dell’ipoproteinemia, la riduzione degli edemi e il decremento ponderale. In questa patologia sono poi frequenti le ricadute di malattia per cui appare utile programmare una scintigrafia intestinale con albumina marcata per meglio evidenziare i foci di perdita allo scopo di definire un eventuale indicazione chirurgica.
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Case Report
Punti critici della diagnostica differenziale La causa di ipoalbuminemia, responsabile dell’edema generalizzato, deve essere prontamente individuata. Essa si può instaurare per mancata sintesi (epatopatia) o per incrementata perdita (con le urine o tramite il tubo digerente). Le forme di enteropatia protidodisperdente (PLE) secondarie, tra cui malattia celiaca e MICI, sono state escluse, ma la presenza di alfa 1 anti tripsina fecale patologica (valori n x 5) è indice inequivocabile e non altrimenti falsabile da altre variabili esogene, di perdita intestinale di proteine di provenienza endogena, confermata a livello ileale dall’esame istologico. La calprotectina fecale, indice di flogosi acuta del distretto gastro-intestinale, spesso elevata nelle forme di PLE secondarie del tratto digestivo, può mantenersi entro i limiti di norma o riscontrarsi solo modicamente aumentata nelle forme primitive.
Figura 2 Particolare istologico di un vaso linfatico dilatato
Bibliografia
Corresponding author
Salvatore Accomando 1. Koo NH, Lee HJ, Jung JW et al. Primary intestinal lymphangiectasia: a response to mediumDipartimento di Scienze chain triglyceride formula. Acta Paediatr 2005;94:982-3. per la promozione della Salute e Materno Infantile “G.D’Alessandro” 2. Desai AP, Guvenc BH, Carachi R. Evidence for medium chain triglycerides in the treatment of U.O. di Clinica Pediatrica primary intestinal lymphangiectasia. Eur J Pediatr Surg 2009;19:241-5. Università degli Studi di Palermo 3. Sari S, Baris Z, Dalgic B. Primary intestinal lymphangiectasia in children: is octreotide an effective Via dei Benedettini, 1 - 90127 Palermo and safe option in the treatment? J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010;51:454-7. Tel. + 39 091 6666245 Fax + 39 091 6666248 E-mail: salvatore.accomando@unipa.it
Key Points
• Di fronte ad un paziente pediatrico che si presenta con edema discrasico bisogna individuare rapidamente la causa dell’ipoalbuminemia. • L’ipoalbuminemia, associata alla riduzione delle immunoglobuline sieriche e del numero assoluto di linfociti circolanti, deve fare prendere in considerazione anche ipotesi diagnostiche non comuni come la linfangectasia intestinale. • Nella linfangectasia intestinale la diarrea, che è un sintomo guida nella maggior parte dei casi, può non essere presente in tutte le fasi di malattia.
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