Giornalesigenp 02 2013

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OMMARIO

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PAPER ALERT

Le vie della bioetica nella pratica medica di C. Romano

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TOPIC HIGHLIGHT

Intervista a Riccardo Troncone Il ruolo dell’ESPGHAN nei progetti di formazione e nell'indirizzo della ricerca clinica di M. Baldassarre

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CLINICAL SYSTEMATIC REWIEV

Anemia perniciosa: diagnosi e terapia Pernicious anemia: diagnosis and treatment di F. Purchiaroni e B. Annibale

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PEDIATRIC NUTRITION

Nutrizione e sport in età evolutiva Sport nutrition in developmental age di D. Meleleo, F. Angelini, L. Cassano, A.Nitti

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TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER

Diagnosi prenatale delle patologie ostruttive del tratto gastrointestinale fetale

Prenatal diagnosis of fetal gastrointestinal obstructive diseases di C. Verrotti, F. Alinovi, F. Conte, A. Dall’Asta

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IBD HIGHLIGHTS

La gestione medica ottimale della colite ulcerosa severa The optimal medical management of acute severe ulcerative colitis di A. Aratari, A. Bousvaros, V. Clemente, A. Morley-Fletcher, C. Papi


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OMMARIO

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY

Un caso di sanguinamento gastroenterico da causa oscura in un paziente con sindrome di Peutz-Jeghers

A case of obscure gastrointestinal bleeding in a patient with Peutz-Jeghers syndrome di M. Pennazio, T. Sprujevnik, S. Caronna

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SIGENP UNITS PRESENTATION

Chi siamo e cosa facciamo Who we are and what we do

U.O.C. di Pediatria III ad indirizzo Gastroenterologico, G. Gaslini, Genova

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HEALTH AND FOOD SCIENCE

Le micotossine negli alimenti: un rischio sottovalutato per i giovani consumatori

Mycotoxins in foodstuff: an underestimated risk for the young consumers di A. Santini, G.C. Tenore, A. Ritieni

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente

Annamaria Staiano

Vice-Presidente

Valerio Nobili

Segretario

Sandra Brusa

Tesoriere

Flavia Indrio Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore

Consiglieri

COME SI DIVENTA SOCI DELLA

Con il contributo di

© 2013 Area Qualità S.r.l. DIRE T TO RE R ES PONS ABI LE

Giovanna Clerici g.clerici@areaqualita.com L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, EpaEpa tologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Specializzandi: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02 55 12 322 - Fax 02 73960564 E-mail: sigenp@areaqualita.com

E D ITOR E Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com

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Valerio Nobili nobili66@yahoo.it DIRE T TORE E DITORIALE

Claudio Romano claudio.romano@unime.it C APO REDAT TORE

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I VANTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP GLI SCOPI PRINCIPALI DELLA SOCIETÀ SONO: • Promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • Promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • Promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • Promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • Elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • Tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • Sviluppare le relazioni scientifiche con le altre Società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • Promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.

COME SI DIVENTA SOCI DELLA SIGENP L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dall’anno 2013 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Specializzandi: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità.

I BENEFICI CONCESSI AI SOCI SONO: • La possibilità di partecipare agli studi multicentrici proposti o di essere promotori lori stessi di nuovi; • La possibilità di accedere alle aree riservate del portale SIGENP che contengono le linee guida elaborate dalla Società, articoli scelti dalla letteratura nazionale ed internazionale, l’elenco dei progetti in corso ancora aperti, tutte le informazioni della vita della Società, i bandi delle borse di studio; • La possibilità di partecipare ai bandi per vincere le borse di studio che annualmente vengono bandite per premiare i progetti di studio più meritevoli; • L’abbonamento al Giornale SIGENP; • La quota ridotta di iscrizione al congresso nazionale.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

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APER ALERT

LE VIE DELLA BIOETICA NELLA PRATICA MEDICA

a cura di Claudio Romano

Paper Alert in questo numero si occuperà della lettura critica di 2 contributi scientifici, il primo un po' datato, V.R. Potter, Bioethics: The science of survival” Perspective in Biology and Medicine 14 (1970) 120-153, l’altro, più recente, ma che innegabilmente è legato al precedente da un filo indelebile di contiguità, D. Thomasma, “Medical Ethics in Europe”, Theoretical Medicine, 1988, 243-388, 254-255. Nella selezione della letteratura, talvolta, è utile discostarsi dalle scelte più comuni e cercare spunti anche in ambiti camnon strettamente correlati ai nostri cam pi di interesse primario. Potter Van Rensselaer era un famoso oncologo americano che per la prima volta con la pubblicazione di questo lavoro riteneva necessario promuovere una nuova disciplina, la bioetica, chiamata a migliorare la qualità di vita. Prima di questa segnalazione di Potter, la bioetica non esisteva, né come termine, né come disciplina. Il campo delle problematiche che oggi vengono affrontate dalla bioetica (la sperimentazione, l’umanizzazione della medicina, l’aborto, l’eutanasia, i trapianti, l’inquinamento etc) è ampio, ma nell’idea originale di Potter, enucleabile da questa sua prima pubblicazione sull’argomento, l’obiettivo era quello di perseguire una conoscenza capace di valutare l’adattamento evolutivo, fisiologico e culturale dell’uomo. La bioetica promossa da Potter non è quella conosciuta sino a quel tempo (anni ’50) e sorta da una letteratura catastrofista in cui appunto la bioetica era identificata come scienza della“sopravvivenza”. Sino a quel tempo il metodo-scientifico-sperimentale era ritenuto l’unico metodo valido che presumeva di guidare l’interpretazione dell’intera vita umana. La scienza si poneva come l’unico metro di coscienza e di conoscenza con la considerazione che i presupposti meta-scientifici erano da considerare come unico riferimento delle nuove biotecnologie. In questo contributo invece per la prima volta, Potter struttura paradigmi nuovi nella comprensione dei modelli di etica medica, deontologia, medicina legale e filosofia medica. Egli sottolinea l’importanza dei costumi morali per l’equilibrio dell’ecosistema nella consapevolezza che gli stili di vita a venire avrebbero potuto promuovere una evoluzione non positiva del mondo e della specie umana. La biologia, sempre secondo Potter, deve relazionarsi alle scienze umane e la bioetica può essere considerata una nuova disciplina in cui bio- rappresenta la conoscenza biologica, la scienza dei sistemi viventi ed - etica per indicare la conoscenza dei sistemi di valore. Il ponte così tra due culture, scienze sperimentali e scienze umane, le quali per lungo tempo sono state separate ed inabili a parlare l’una dell’altra, veniva così costituito. Così intesa la bioetica potrà sviluppare una comprensione realistica del sapere biologico e dei suoi limiti ed estendersi verso una visione globale, in cui la qualità della vita fisica è coordinata alla qualità della vita ambientale ed ecologica. Il contributo scientifico consente di far risalire la nascita della bioetica nel territorio americano con il battesimo negli anni ’70 presso il Kennedy Institute dove essa viene riconosciuta come disciplina scientifica ed accademica. È stato Andre Hellegers, un fisiologo dell’embriologia umana ad introdurre il termine bioetica nel mondo accademico, in quello delle scienze biomediche, nel governo e nei media. Infatti egli è stato il primo a dirigere il primo istituto al mondo dedicato alla bioetica.

Thomasma D, con il contributo “Medical Ethics in Europe” (Theoretical Medicine, 1988, 243-388, 254-255) analizza invece le origini della bioetica in Europa. Anche se in Italia, Francia e Germania ed in altre nazioni europee, la sensibilità per l’etica medica era presente da oltre un decennio, risale al 1973, la prima apparizione del termine“bioetica”presso l’Istituto di Ecologia Animale dell’Università di Pavia. Ancora però non si parla di bioetica con un focus medico, né di problematiche correlate alle biotecnologie, ma solo di rapporto uomo-natura secondo implicazioni di tipo metafisico. In Francia nello stesso periodo, appare per la prima volta il termine “bioetica” in un articolo di Eduard Boné con una visione sovrapponibile a quella di Potter. In Italia si suole riportare la nascita della vera bioetica verso gli anni Ottanta, precisamente una cattedra di etica biomedica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma. Questo può essere considerato in Europa il primo tentativo di applicare le credenze della bioetica nell’ambito della professione medica. La bioetica europea si è distinta in quanto è considerata quella dei fondamenti, dei sistemi di pensiero e delle impostazioni sistematiche, con uno sviluppo generato nell’ambito di un contesto più filosofico e teologico che biomedico. La bioetica europea è stata sempre molto antropocentrica, ma rispetto a quella americana è fortemente “medicalizzata”, clinicamente abbagliata, assoggettata spesso dalla produttività scientifica e farmaceutica. L’efficentismo europeo in questo ambito si è sviluppato sotto la spinta del business, delle economie e delle politiche sanitarie con una minore attenzione verso l’uomo e la sua natura. Talvolta gli interessi economici hanno condizionato il rispetto della bioetica con una strumentalizzazione dell’uomo per cui la ricerca dell’utile è venuta prima del rispetto della dignità umana. Per fortuna questo riguarda solo una minoranza di esperienze dove certe variabili economiche hanno condizionato la strutturazione di protocolli sperimentali ed hanno fatto del sensazionalismo di notizie medico-terapeutiche l’obiettivo principale della ricerca. In tale senso la differenza rispetto alla bioetica di origine non europea, quella di Potter per intenderci, appare evidente. Riacquistare un pensiero “cristiano” della bioetica nel campo anche di biotecnologie vicine all’ambito pediatrico, come quelle riproduttive e dell’ingegneria genetica, appare necessario con una rivalorizzazione del paradigma della dignità dell’uomo. I dinamismi del pensiero umano e della ricerca scientifica sono necessari preoccupandosi però in prima istanza di servire la causa dell’uomo e fermandosi di fronte ad alcune possibilità scientifiche che sono contrarie alla natura etica dell’uomo. Le tensioni etiche nel campo della bioetica sembrano recentemente correlate alle dinamiche di processi economici al servizio dell’industria. Bisogna liberarsi da questa egemonia e l’efficentismo biomedico deve riportare al centro l’uomo e tutti gli aspetti antropologici del bene comune dove l’evoluzione biologica deve necessariamente correlarsi con una evoluzione etica e morale.

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(2):5

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t gh i l N igh GHA DI H pic SP CURAARRE To - NA A SS N DA L A BA H A G L P EL RI ES MA

INTERVISTA A RICCARDO TRONCONE Il ruolo dell’ESPGHAN nei progetti di formazione e nell'indirizzo della ricerca clinica MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari

Con immenso piacere ospitiamo nelle pagine di questo numero l’intervista a Riccardo Troncone, presidente dell’ESPGHAN (European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition) nel triennio 2010-2013. Come lui stesso dice nel corso dell’intervista, nell’ultimo triennio l’ESPGHAN ha visto crescere moltissimo il numero degli iscritti, ed è diventata un grosso riferimento culturale a livello mondiale. Lo ringraziamo moltissimo per il lavoro svolto fino a qui, che naturalmente continua in qualità di past-president, e per aver dato enorme prestigio a tutta la Gastroenterologia Pediatrica Italiana.

Key Words ESPGHAN, working group, Trainée Committee, training in pediatric gastroenterology

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The ESPGHAN has become a cultural and professional reference for all pediatric gastroenterologists, not only in Europe. In London, at the last ESPGHAN congress, China and India were in the top ten countries that have contributed with abstracts, to confirm the overall impact that the ESPGHAN has all over the world. Respect R to the training, many courses and “summer schools” are now performed outside the European continent. Particular attention has given to young people, with the strategic objective to form a new group of leaders who will guide the ESPGHAN in few years. The “Career Development Workshop”, the “Trainee Committee”, the “working groups” are only some of the initiatives that can drive young people in the Pediatric Gastroenterology training, and important incentives to sign up to the ESPGHAN.

Caro Riccardo, vorresti in primo luogo “tracciare” un bilancio relativo all’esperienza di presidente dell’ESPGHAN?

La Presidenza ESPGHAN è stata una esperienza particolarmente intensa. La guida di una grande società scientifica, quale l’ESPGHAN è, ha richiesto grande impegno, ma mi ha anche insegnato molto. Il bilancio è sicuramente positivo, ma mi interessa di più tracciarlo nella prospettiva della Società. È stato un triennio di grande crescita tanto da cambiare la visione stessa dell’ESPGHAN, e ciò ha comportato anche qualche problema. È significativamente aumentato il numero dei soci, ora più di 700, considerando tutte le categorie, ma forse il dato che è più indicativo della grande crescita è il numero di partecipanti al congresso annuale, lievitato dai circa 2000 a Istanbul nel 2010 a circa 4000 registrati a Londra quest’anno. L’ESPGHAN è divenuta un riferimento culturale e professionale per tutti i gastroenterologi pediatri, non solo in Europa ma anche nel resto del mondo. A Londra tra i primi dieci Paesi che hanno contribuito con abstracts ci

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(2):6-7

sono state la Cina e l’India a conferma dell’impatto globale che l’ESPGHAN ha in tutto il mondo, soprattutto nel campo della nutrizione pediatrica. A ciò ha contribuito anche l’impegno nel campo della formazione. Si sono moltiplicati i corsi e le "summer schools" non solo in Europa, ma anche fuori del continente europeo. Ne sono testimonianza le iniziative prese in Cina, in Indonesia, in Africa Orientale e Meridionale, e quelle in preparazione in India e in Sud America. Per quanto riguarda la ricerca, grande attenzione è stata data alla messa in rete degli interessi culturali e delle iniziative di ricerca. Il networking è stato promosso con un significativo impegno di risorse, progetti multicentrici sono stati avviati, come pure reti per testare farmaci tanto auspicate dall’EMA, agenzia europea del farmaco. Sempre per la ricerca una importante iniziativa è stata la messa in cantiere di un documento che rappresenti una agenda della ricerca. Questa ha l’obiettivo di identificare i temi di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica sui quali le istituzioni pubbliche e non, in


Prof. Riccardo Troncone - Past-President ESPGHAN Il Prof. Riccardo Troncone è Professore Ordinario di Pediatria presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università Federico II di Napoli. È Responsabile della Struttura Complessa di Pediatria Specialistica-Gastroenterologia Pediatrica. È Direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria. È titolare di un incarico di ricerca presso l'Istituto di Scienze dell'Alimentazione CNR di Avellino. Ha da sempre svolto ricerca in campo immunologico, in particolare interessandosi di temi di immunologia mucosale. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la malattia celiaca, le allergie alimentari, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino. È autore di 3 volumi, 90 monografie/reviews, 120 articoli originali su riviste straniere. È stato Senior Associate Editor del Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition (JPGN) e Presidente della Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN) nel triennio 2010-2013

primis la Commissione Europea, devono investire. Ciò è particolarmente importante in un momento nel quale sta per partire Horizon 2020, il nuovo programma comunitario. Quali sono, a tuo parere, i principali fattori di attrazione per un giovane che abbia interesse alla Gastroenterologia Pediatrica ad entrare a far parte dell’ESPGHAN? Quali sono state le iniziative più significative prese in seno alla Società da te sinora diretta ai fini della formazione dei giovani?

Particolare attenzione è stata data ai giovani. Obiettivo strategico è quello di formare una nuovo gruppo di leaders che prenda tra qualche anno in mano le redini della Società. Sono state confermate iniziative già collaudate come lo Young Investigator Forum, al quale si è ispirata anche la SIGENP, e ne sono state promosse nuove come il Career Development Workshop, che ha avuto come obiettivo quello di fornire ai giovani strumenti per decidere della propria carriera. Importanti risorse finanziarie sono state investite in un programma di borse (ci sono almeno 2 o 3 programmi, uno dei quali per scambi con il Nord America gestito con NASPGHAN) che consentono ai giovani di muoversi da una clinica o un laboratorio all’altro per acquisire una specifica competenza clinica o tecnica. Per quanto riguarda la formazione è stato rivisto il sillabo. Questo rappresenta uno strumento molto importante per rendere omogenei i curricula formativi in tutta Europa. Esistono ancora molte differenze tra paese e paese e il dato più significativo è l’assenza del formale riconoscimento professionale in alcuni paesi: in Italia, ad esempio, la figura del gastroentero-

logo pediatra non è riconosciuta. Un ultimo punto, ma non il meno importante, è la crescita del Trainée Committee. In questi tre anni il numero di giovani iscritti all’ESPGHAN è cresciuto, ma soprattutto alcuni giovani sono entrati a far parte integrante dei tre principali Committees, Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione, che rappresentano l’anima della Società perché si occupano, per esempio, della redazione di linee guida. È importante che anche i giovani italiani conoscano queste offerte, e la possibilità di accedervi credo rappresenti il migliore incentivo per iscriversi. Chi decide, in ambito societario, le linee di ricerca da seguire? Qual è il ruolo dei gruppi di studio? Si tratta di gruppi “aperti”, cioè può entrarci chi vuole?

In questi anni è cresciuto il numero dei gruppi di lavoro (working groups). Essi non sono creati dall’alto, ma nascono dal basso rappresentando il coagularsi di un interesse culturale intorno ad uno specifico progetto. Ma soprattutto sono divenuti più complessi: sono stati creati gli “special interest group”, che raccolgono in una determinata area più gruppi di lavoro. Il più attivo e produttivo è stato in questi ultimi anni quello delle MICI; nell’ambito della gastroenterologia ad esempio stanno crescendo anche quelli sulla celiachia e sui disordini della motilità. Uno sforzo è stato fatto per renderli quanto più possibile aperti, ma allo stesso tempo, per rendere veramente produttivo il lavoro, è comprensibile che in qualche caso ai candidati vengano richieste alcune caratteristiche, ad esempio la numerosità e la qualificazione delle casistiche seguite. Anche nella posizione di Past-President,

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(2):6-7

sono pienamente disponibile a rispondere a qualsiasi domanda e ad offrire tutto il mio supporto per facilitare la partecipazione attiva di giovani e a meno giovani alle attività dell’ESPGHAN.

CORRESPONDING AUTHOR RICCARDO TRONCONE S.C. di Pediatria Specialistica Gastroenterologia Pediatrica Università degli Studi di Napoli "Federico II" Via Pansini, 5 - 80131 Napoli Tel. + 39 081 7463383 E-mail: troncone@unina.it

Key Points • L’ESPGHAN è riferimento culturale per la Gastroenterologia Pediatrica non solo in Europa ma nel mondo intero. • Negli ultimi 3 anni molti giovani sono entrati a far parte integrante dei tre principali ESPGHAN Committees, (Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione), che hanno, tra gli altri, il compito di redigere le linee guida relative a vari argomenti di interesse comune. • Molti sforzi sono stati fatti in ambito societario per rendere omogenei in tutta Europa i curricula formativi riguardanti la gastroenterologia pediatrica e le sue branche affini. • I “working group” dell’ESPGHAN sono uno strumento importante di confronto intorno ad uno specifico interesse culturale, e sono gruppi aperti, previa verifica dei requisiti di capacità di lavoro scientifico da parte di chi chieda di entrarne a far parte.

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Pernicious anemia (PA) is a macrocytic anemia due to vitamin B12 deficiency related to intrinsic factor deficiency. PA is associated with autoimmune-atrophic gastritis. Although PA usually occurs in elderly, it is also diagnosed in childhood. The aim of this review is to focus on diagnosis and treatment of PA under a gastroenterological and pediatric point of view.

Key Words Pernicious anemia, autoimmune gastritis, atrophic gastritis, intrinsic factor, cobalamin

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Anemia perniciosa: diagnosi e terapia Flaminia Purchiaroni e Bruno Annibale Dipartimento Malattie Digestive e del Fegato, Università Sapienza, Facoltà di Medicina e Psicologia, Ospedale Sant’Andrea di Roma

INTRODUZIONE L’anemia perniciosa (AP) è una forma di anemia macrocitica dovuta ad un deficit di vitamina B12 (cobalamina), a sua volta dipendente da una carenza del fattore intrinseco (FI), la proteina che si lega alla cobalamina introdotta con i cibi (soprattutto carne, latte e uova) e ne permette l’assorbimento a livello dell’ultima ansa ileale. La carenza del FI si può realizzare attraverso diversi meccanismi, sia genetici, come l’incapacità della mucosa ileale ad assorbire il complesso B12-FI per un difetto dei microvilli (Sindrome di Imerslund-Gräsbeck), la produzione di FI biologicamente inattivo o la mancata produzione dello stesso, sia autoimmuni, come la presenza di anticorpi anti-FI e anti-cellule parietali, questi ultimi diretti specificatamente contro la pompa protonica H+/K+-ATPasi. La presenza dei suddetti auto-anticorpi è associata alla forma classica di AP (anche conosciuta come malattia di Biermer o anemia addisoniana) e giustifica il suo inserimento nell’ambito dei disordini autoimmuni, vista anche la frequente associazione che essa presenta con altre malattie autoimmunitarie, quali la tiroidite autoimmune (3-32%), il diabete mellito di tipo I (3-4%) e la vitiligine (2-8%) (1). Tali associazioni configurano il quadro della sindrome poliendocrina autoimmune di tipo II. L’AP è inoltre considerata come sinonimo di gastrite autoimmune, poiché si ritiene che rappresenti lo stadio finale di un processo autoimmunitario che porta alla distruzione delle cellule ossintiche. La gastrite autoimmune è una forma di gastrite atrofica del corpo/fondo (GA) che interessa la mucosa del corpo gastrico con scarso coinvolgimento di quella antrale, che è invece invariabilmente interessata nell’atrofia correlata all’infezione da Helicobacter pylori (Hp). Sebbene la gastrite autoimmune sia sempre stata considerata un’entità diversa dall’atrofia gastrica Hp relata, negli ultimi anni dati clinici e sperimentali hanno fortemente suggerito come l’infezione da Hp possa essere implicata nella patogenesi dell’AP mediante l’attivazione di un processo autoimmune a livello gastrico che porta alla distruzione delle ghiandole ossintiche (2). L’AP è generalmente considerata una malattia dell’età adulta (età media alla diagnosi: 60 anni) e la sua frequenza aumenta all’aumentare dell’età. L’AP del bambino, per la prima volta descritta nel 1937, è una condizione raramente osservata. Uno studio di Rosenblatt risalente al 1999 riportava che nella letteratura medica erano stati riscontrati non più di 45 casi di AP in età infantile (3). Altri studi hanno riportato come i casi di AP in età pediatrica siano di raro riscontro (4). Tali dati suggeriscono che la malattia è probabilmente sottodiagnosticata, giacché la sintomatologia gastrointestinale è nella maggior parte dei casi silente. Questo aspetto è particolarmente importante se si considera come una diagnosi ritar-

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data della malattia possa comportare gravi conseguenze, come lo sviluppo del carcinoide di tipo I e del cancro gastrico. Tale evenienza è stata descritta dalla letteratura alla fine degli anni '90 in un bambino di 14 anni con AP e sintomi esclusivamente anemici (pallore, inappetenza ed astenia) (5). Il presente articolo ha quale scopo quello di focalizzarsi sulla diagnosi e sulla terapia dell’AP da un punto di vista gastroenterologico e pediatrico. METODOLOGIA DELLA RICERCA Un’accurata ricerca nell’ambito della letteratura medica ha consentito di selezionare gli articoli più pertinenti in base al loro contenuto, utilizzando associazioni di parole quali anemia perniciosa nel bambino, gastrite autoimmune, gastrite atrofica, deficit di vitamina B12, deficit di FI. MANIFESTAZIONI CLINICHE La presentazione clinica dell’AP, simile nell’adulto e nel bambino, è spesso insidiosa ed il lento instaurarsi della sintomatologia gastroenterologica e neurologica fa sì che il paziente spesso sfugga all’attenzione medica. Il quadro clinico conclamato dell’AP nel bambino comprende anemia, deficit di sviluppo cerebrale, deficit di crescita, regressione dello sviluppo, ipotonia, difficoltà nell’alimentazione, letargia, tremori, iperirritabilità e stato comatoso. Altre manifestazioni cliniche possono essere presenti e queste sono più frequenti nell’adulto [Tabella 1]. Tabella 1 Manifestazioni cliniche dell'anemia perniciosa

Manifestazioni legate all'anemia Manifestazioni gastrointestinali* Astenia Ritardo di crescita Palpitazioni Vertigini Dispnea da sforzo

Manifestazioni neuropsichiatriche*

Discomfort/dolore addominale

Sclerosi del midollo spinale

Anoressia

Polineuriti

Diarrea

Atassia

Glossite atrofica di Hunter

Positività al Babinski

Ittero emolitico

Sindrome cerebrale

Ronzio auricolare

Danneggiamento dei nervi cranici Disfunzioni sfinterali

* Più frequenti nell'adulto

Le alterazioni neurologiche, non correlate alla gravità dell’anemia, possono rappresentare il sintomo d’esordio, specie nell’adulto, e sono da correlare ad un’atrofia dei cordoni postero-laterali del midollo spinale. Consistono in parestesie, atassia, iporefflessia o iperreflessia, positività al Babinski, turbe della coordinazione. Il paziente può presentare inoltre turbe della memoria, apatia e depressione, fino ad alterazioni più complesse del comportamento configuranti quadri psicotici o paranoidei. Come già accennato, l’AP si associa spesso ad altre malattie autoimmunitarie. Recentemente è stato dimostrato come il genotipo HLA-DRB1*03 e DRB1*04 siano significativamente associati allo sviluppo di AP (6) e di altri disordini del sistema immunitario, come il diabete di tipo I e la tiroidite, suggerendo che la suscettibilità genetica può avere un ruolo nello sviluppo del processo autoimmune che porta all’AP. A tal riguardo, in presenza delle suddette malattie autoimmuni, anche nel bambino è utile ed opportuno lo screening con markers surrogati di AP e gastrite atrofica autoimmune [Figura 1], specie in coloro con tiroidite autoimmune in terapia sostitutiva con tiroxina, nei quali una ridotta secrezione di acido gastrico può condizionare un malassorbimento del farmaco.

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Clinical Systematic Rewiev

DIAGNOSI La diagnosi di AP richiede la presenza concomitante di almeno tre elementi caratteristici: anemia macrocitica (con valori di Hb < 12 g/dl e MCV > 100 fl) associata a bassi livelli sierici di cobalamina; conferma istologica di GA del corpo e presenza di anticorpi anti-FI e/o anti-cellule parietali [Figura 1].

Nella pratica clinica, la presenza di anemia macrocitica è facilmente eviDIAGNOSI DI ANEMIA PERNICIOSA denziabile mediante esame emocromocitimetrico, che mette in evidenza emazie di forma ovalare, talvolta DEFICIT DI COBALAMINA con un certo grado di anisopoichiloGASTRITE ATROFICA DEFICIT di FI + ANEMIA MACROCITICA DEL CORPO citosi. I reticolociti sono ridotti e possono inoltre essere presenti neutropenia e piastrinopenia. MARKERS SIEROLOGICI: Test biochimici: In quest’ultimo scenario clinico, livelli sierici di: nell’adulto, la diagnosi differenziale della gastrinemia a digiuno acido metilmalonico  , con la mielodisplasia deve essere Livelli di Pepsinogeno I sempre contemplata. omocisteina  Da ricordare come nell’ambito del e cobalamina Markers surrogati sierologici di AP: quadro dell’AP possa rientrare anche presenza di anticorpi l’anemia sideropenica che si sviluppa anti-FI e/o anticorpi Conferma istologica anti-cellule parietali quale conseguenza dell’ipo-acloridria con campioni bioptici di che impedisce l’assorbimento del fermucosa gastrica del corpo ro nella sua forma ferrosa non emica. Deficit combinati di ferritina (ferro di deposito) e vitamina B12 sono presenti Figura 1 Flow-chart diagnostico dell'AP nel 20% dei casi. I livelli sierici di cobalamina dovrebbero essere dosati insieme a quelli dell’omocisteina e dell’acido metil-malonico [Figura 1]. La presenza della GA del corpo deve essere diagnosticata con gastroscopia associata a multiple biopsie dell’antro e del corpo gastrico. La successiva analisi istologica dovrebbe essere basata sull’aggiornato Sidney System (7) che consente di accertare la presenza ed il grado di severità della GA del corpo, oltre la presenza dell’infezione da Hp. La presenza di GA è inoltre suggerita da alcuni marcatori sierologici quali ipergastrinemia, bassi livelli di Pepsinogeno I e anticorpi anti-FI e anti-cellule parietali. Tali marcatori dovrebbero sempre essere dosati per avvalorare la diagnosi di AP. In passato, il test di Shilling era comunemente utilizzato per la dimostrazione diretta del deficit del FI. A causa di problemi correlati con i reagenti radioattivi, questo test non è stato più utilizzato. Pertanto nella pratica clinica non vi sono test disponibili per la dimostrazione diretta del deficit di FI. Tuttavia, sono oggi ritenuti criteri diagnostici probanti per la diagnosi di AP: a) l’anemia macrocitica associata a bassi livelli di cobalamina b) la GA del corpo istologicamente dimostrata c) la positività agli anticorpi anti-FI e/o anti-cellule parietali

Inoltre, la risposta del midollo osseo, rappresentata dalla modificazione del MCV e della Hb alla somministrazione intramuscolo e/o endovena di vitamina B12, è sufficiente per stabilire diagnosi di AP.

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Anemia perniciosa: diagnosi e terapia

Nella Tabella 2 sono riportate altre cause di deficit di vitamina B12 da considerare per la diagnosi differenziale. In ambito pediatrico, deve essere ricordato il deficit nutrizionale di cobalamina che si può instaurare particolarmente nel bambino nato da madre con carenza di vitamina B12. In tal caso il deficit può manifestarsi già alla nascita o svilupparsi nei primi 4-6 mesi di vita se il bimbo è nutrito esclusivamente con latte materno (8). Tabella 2 Diagnosi differenziale di AP: altre cause di anemia macrocitica e di deficit di cobalamina

altre cause di anemia macrocitica

altre cause di deficit di cobalamina

Deficit di folati da ridotto introito, alterato assorbimento, aumentato fabbisogno

Cause gastriche di alterato assorbimento: • gastrectomia* • gastrite da Helicobacter Pylori • terapia di lunga data con PPI*

Farmaci (metotrexate, azatioprina, 6-mercaptopurina, aciclovir, antiretrovirali)

Cause intestinali di alterato assorbimento: • malattie ileali o resezioni ileali

Eritropoiesi accelerata: anemia emolitica, risposta ad emorragia

Insufficienza Pancretica

Anemia ipoplasica, sindromi mielodisplastiche*

Deficit nutrizionale (specie nel bambino nato da madre con carenza della vitamina)

Malattie polmonari * Cause rare nel bambino

TERAPIA Il management clinico del paziente affetto da AP comprende due diversi aspetti: il trattamento del deficit di vitamina B12 ed il monitoraggio per la diagnosi dell’anemia sideropenica che eventualmente può subentrare; la sorveglianza che si impone per diagnosticare precocemente le conseguenze a lungo termine dell’AP, quali l’adenocarcinoma gastrico ed i carcinoidi. Relativamente alla terapia sostitutiva con vitamina B12, questa è in grado di correggere sempre l’anemia macrocitica, mentre le complicanze neurologiche possono essere corrette solo se la vitamina viene somministrata precocemente dopo la loro comparsa. Nel bambino affetto da AP la quantità di vitamina da somministrare è di solito pari a 1-5 mg (in forma di cianocobalamina o idrossicobalamina) intramuscolo in un periodo di due o più settimane (ogni singola dose pari a 100 mcg). La successiva terapia di mantenimento prevede 30-50 mcg intramuscolo ogni mese. La somministrazione può inoltre avvenire per via orale, con una dose pari a 60 gocce/die (20 gocce tre volte/die) di soluzione contenente cianocobalamina 20 mcg/ml ai pasti. Diversi studi hanno dimostrato come la somministrazione orale di vitamina sia efficace quanto quella intramuscolo (9). I pazienti dovrebbero essere monitorizzati almeno una volta l’anno con esame emocromocitometrico e dosaggio dei livelli sierici di cobalamina, ferritina ed omocisteina per controllare l’efficacia del trattamento sostitutivo e per diagnosticare precocemente l’insorgenza di anemia sideropenica. Relativamente alle complicanze a lungo termine, l’AP è epidemiologicamente e biologicamente connessa allo sviluppo di adenocarcinoma gastrico di tipo intestinale e carcinoidi gastrici di tipo I. La diagnosi precoce delle suddette complicanze è di estrema importanza e a tale scopo è necessario sottoporre il paziente pediatrico a gastroscopia ogni tre anni, così come suggerito per il paziente adulto (10).

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Clinical Systematic Rewiev

CONCLUSIONI L’AP è un disordine autoimmune spesso sintomatologicamente silente dal punto di vista gastrointestinale e per questo sottodiagnosticato. Tuttavia, le conseguenze cliniche di una non precoce e corretta diagnosi possono essere molto serie, comprendendo disordini neurologici e neoplasie gastriche. Per tali ragioni si dovrebbe avere maggior consapevolezza riguardo a questa malattia. In futuro, s’impone la necessità di studi epidemiologici volti a valutare la prevalenza e l’incidenza dell’AP anche nell’età pediatrica.

Corresponding author FLAMINIA PURCHIARONI e bruno annibale Dipartimento Malattie Digestive e del Fegato Università Sapienza, Facoltà di Medicina e Psicologia Ospedale Sant’Andrea Via di Grottarossa, 1035 - 00189 Roma Tel. + 39 06 33775615-6751 Fax + 39 06 33775074 E-mail: flaminia.purchiaroni@hotmail.it

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Key Points •Anemia perniciosa: una malattia rara nell’infanzia. •Anemia perniciosa

gastrite autoimmune

•Anemia perniciosa: una malattia sottodiagnosticata. •Anemia perniciosa: terapia sostitutiva a vita con vitamina B12.

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Nutrizione e sport in età evolutiva Domenico Meleleo1, Fabrizio Angelini2, Liliana Cassano3, Alessandro Nitti3 1Pediatra, Commissione Scientifica SINSeB (Società Italiana Nutrizione Sport e Benessere) 2Endocrinologo, Presidente Nazionale SINSeB 3Dietista, SINSeB

Livello di attività e rischi di malnutrizione quali-quantitativa Un’alimentazione sana, varia, equilibrata ed organizzata se possibile in cinque pasti giornalieri, è quasi sempre in grado di soddisfare i fabbisogni di macro e micronutrienti anche per il bambino o l’adolescente che pratica sport, purché adeguata in riferimento alla sua crescita staturo-ponderale, al grado di sviluppo puberale e soprattutto, al suo reale livello di attività e quindi di dispendio energetico [Tabella 1] (1,2). Numerosi studi degli ultimi anni (3,4) pongono l’attenzione sui diffusi comportamenti sedentari e i livelli di attività fisica piuttosto modesti per la popolazione dei bambini e degli adolescenti italiani. La maggior parte di loro infatti dichiara di non praticare attività fisica al di fuori di quella volta in ambito scolastico o di praticarla solo per due o tre ore alla settimana. Spesso inoltre, durante questi allenamenti, la percentuale di tempo effettivamente dedicata al movimento, può risultare inferiore a quella delle pause di gioco (5). Per tali soggetti sedentari, o modicamente attivi, sarà sufficiente il regime dietetico consigliato ai loro coetanei, facendo riferimento ai LARN pubblicati dalla SINU, che rappresentano la media del fabbisogno più due deviazioni standard. Per questi ragazzi è elevato il rischio di ipernutrizione e risultano ingiustificate le "super merende" o le cene troppo abbondanti, proposte loro dai genitori dopo gli allenamenti. Appare inoltre come un evidente controsenso, in uno stile di vita sano quale quello dello sportivo, l’assunzione sistematica dei cosiddetti junk food (cibi spazzatura) contenenti cospicue quantità di grassi saturi, grassi idrogenati, conservanti e carboidrati ad elevato indice glicemico. Molti ragazzi, purtroppo, fanno merenda dopo gli allenamenti con merendine industriali, patatine e soft drinks. La popolazione degli agonisti (cioè quella dei bimbi o ragazzi impegnati in vere e proprie gare o partite organizzate dalle federazioni sportive), che si sottopongono ad impegnativi allenamenti pressoché quotidiani, è invece quella maggiormente a ri-

Young athletes should not make mistakes on both overestimating their energy expenditure and underestimating all the risks of malnutrition. Moreover, they should not undervalue the surveillance on the occurrence of eating disorders. Sport nutrition is thought to achieve an indirect positive effect on performances, preserving health, trying to get the best conditions for the metabolic activities and giving the most suitable substratum to obtain an optimal post-exercise muscular “recovery”.

Tabella 1 Livelli di attività fisica

Key Words Sport nutrition, developmental age, performance-enhancing substances, Climatic Heat Stress and Exercising

Sedentari

Non praticano sport, non fanno giochi di movimento, camminano poco, usano l’ascensore, trascorrono molte ore seduti a studiare o davanti allo schermo (televisione, computer, videogame)

Sedentari con attività sportiva organizzata

Sedentari che 2-3 volte alla settimana praticano un’ora di sport (nuoto, basket, ecc.)

Soggetti con stile di vita attivo

Sono frequentemente impegnati in giochi di movimento, camminano molto, salgono le scale, ecc.

Soggetti con stile di vita attivo e attività sportiva organizzata

Sono frequentemente impegnati in giochi di movimento, camminano molto, salgono le scale, ecc. Inoltre, praticano sport 2-3 volte alla settimana

Agonisti

Si sottopongono ad allenamenti impegnativi più o meno quotidiani

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Tabella 2 Principali cause di malnutrizione nel bambino/ragazzo sportivo Dispendio energetico elevato (agonisti sottoposti ad allenamenti gravosi) Inadeguata assunzione quali-quantitativa di micro e macronutrienti • Restrizione intake energetico per controllo del peso negli sport di combattimento (categorie di peso) e sport a componente estetica (es. danza, ginnastica artistica) • Eliminazione dalla dieta di uno o più gruppi di alimenti ( es. soggetti allergici e vegetariani) • Cattivi consigli (es. da parte di altri atleti più anziani o da “pseudoesperti” ) • Difficoltà organizzative (es. organizzazione familiare per la preparazione dei pasti ) • Inappetenza da stress psico-fisico (eccessivo carico di lavoro; ansia da prestazione) • Disturbi del comportamento alimentare Soggetti ammalati o infortunati o affetti da una carenza specifica

schio di malnutrizione, per carenza quali-quantitativa (1,2,6,8). Le principali motivazioni sono riassunte nella Tabella 2. I micronutrienti che più frequentemente risultano carenti nei ragazzi sportivi, soprattutto durante l’adolescenza in cui la rapida crescita aumenta notevolmente i fabbisogni, sono il Ferro, il Calcio, lo Zinco, il Magnesio, alcune Vitamine e gli ac. grassi Omega 3. è importante quindi che tali giovani sportivi e soprattutto quelli che praticano discipline “a rischio”, quali gli sport di combattimento caratterizzati dalla presenza di categorie di peso, le discipline quali la danza e la ginnastica artistica dove assume importanza anche la componente estetica, siano sottoposti periodicamente a controlli, che comprendano la valutazione dell’accrescimento staturo-ponderale e, se possibile, anche la valutazione della composizione corporea, insieme ad un’anamnesi alimentare ed esami ematochimici per valutare, oltre allo stato di salute generale anche l’eventuale insorgenza di carenze di macro e/o micronutrienti. Tali carenze possono portare a conseguenze di gravità variabile, che possono andare dal semplice facile affaticamento per anemia latente a quadri clinici via via più gravi quali il verificarsi di crampi, lesioni muscolo tendinee, alterazioni del tono dell’umore, facilità alle infezioni per calo delle difese immunitarie e quadri ancora più gravi, quali la cosiddetta "Female Athlete Triad" caratterizzata da anoressia, amenorrea e osteoporosi. Solo in presenza di tali carenze è indicata la prescrizione di integratori. A tal riguardo ricordiamo che l'uso di integratori molto “alla moda” quali i concentrati proteici e/o aminoacidici, e gli integratori contenenti creatina, è vietato nei bambini (Circolare del 5.12.2009 del Ministero della Salute). Inoltre soprattutto in età prepubere, sono assolutamente da vietare attività sportive molto intense, che sarebbero inutili o dannose a causa delle peculiarità fisiologiche dell'infanzia (citandone alcune ad esempio, la differente capacità di sudorazione, la diminuita resistenza muscolare agli sforzi prolungati, la minore capacità anaerobica e la relativa fragilità delle ossa e delle articolazioni ancora in via di maturazione) (6,8). Pertanto altrettanto inutile o dannoso è da considerare l’uso di integratori alimentari finalizzati a compensare particolari esigenze metaboliche che rappresenterebbe, tra l'altro, una giustificazione psicologica per la ricerca di mezzi esterni alle proprie capacità e, pertanto, aprirebbe virtualmente la strada alla “mentalità del doping” (8). Altresì importante è individuare il più precocemente possibile, segnali di disagio psicologico o di sospetta insorgenza di disturbi del comportamento alimentare. Tali disturbi sono più frequenti nelle adolescenti agoniste rispetto alla popolazione generale delle loro coetanee, ma sempre nuove segnalazioni allertano sull’incremento della loro prevalenza anche nel sesso maschile ed in età pre-adolescenziale (9). In letteratura i dati certi sul dispendio calorico per i vari tipi di sport, oltre che per i differenti gradi di sviluppo del ragazzo sportivo, sono scarsi ed ottenuti su campioni costituiti da piccoli

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Nutrizione e sport in età evolutiva

gruppi di soggetti (1,2,7). Ciò a causa delle ovvie limitazioni che misurazioni strumentali invasive o di difficile esecuzione (quali ad esempio la calorimetria diretta e indiretta, il prelievo venoso ripetuto per la determinazione di glicemia, lattato e ph, oppure l’esecuzione di biopsie muscolari per la stima dei depositi di glicogeno pre e post allenamento) hanno nell’uso per i bambini, sia per motivi etici che di scarsa collaborazione. A causa della suddetta scarsità di dati e delle note differenze fisiologiche interindividuali e delle differenti condizioni climatiche in cui si può svolgere l’attività, qualunque stima preventiva della spesa energetica, malgrado l’esperienza del nutrizionista, sarà comunque approssimativa. Solo con una serie di valutazioni successive, si potrà “aggiustare il tiro”, adottando una dieta “personalizzata” che valuti anche le condizioni di salute e di performance. Composizione e suddivisione cronologica dei pasti rispetto all’allenamento o alla gara Una delle peculiarità della nutrizione sportiva è che la composizione e la tempistica di assunzione dei pasti devono essere modulate, tenendo conto dell’orario di allenamento o gara. Ciò al fine di ottimizzare i processi digestivi e le condizioni metaboliche per lo svolgimento dell’attività, oltre che per fornire i substrati più idonei ad un ottimale “recupero” muscolare dopo la stessa (6,7).

Prima dell’attività fisica Nel momento in cui si dà il via all’attività fisica, l’organismo non deve essere eccessivamente impegnato nei processi digestivi del pasto precedente. Infatti, oltre alla sensazione di disagio imputabile allo stomaco pieno, l’aumentato afflusso ematico nel distretto splancnico comporterebbe una ridotta quantità di sangue disponibile per i muscoli, con conseguente calo delle prestazioni muscolari. Al contrario, con un pasto consumato molto prima, si rischia di affrontare l’impegno fisico con livelli di glicemia troppo bassi. Pertanto, è opportuno organizzarsi a seconda dell’orario di allenamento, in modo da assumere il pasto almeno due ore prima se si tratta di uno spuntino o almeno tre ore prima se si tratta di uno dei tre pasti principali, prestando ovviamente particolare attenzione alla digeribilità del pasto e al suo indice glicemico che non deve essere troppo alto, sia per giungere all’allenamento con livelli di glicemia ottimali, sia per evitare brusche impennate reattive dell’insulinemia, che andrebbero ad inibire l’utilizzo dei grassi come fonte di energia. Durante l’attività fisica (razione percompetitiva) Durante lo svolgimento dell’attività, qualora l’impegno si protragga a lungo, come ad esempio nei tornei di tennis o arti marziali, allo scopo di mantenere stabile la glicemia e ottenere una idonea idratazione, si possono assumere piccole dosi ripetute di bevande sportive e, in caso di impegni continuativi di molte ore, anche piccole quantità di alimenti solidi facilmente digeribili, quali frutta, marmellata e fette biscottate. Gli sport foods, quali barrette di carboidrati e proteine o gel di miscele di zuccheri, ciascuno con diverso indice glicemico (a rilascio modulato), sono stati studiati per mantenere i livelli di glicemia stabili per due-tre ore, con minimo ingombro gastrico ed elevata digeribilità e scarso o nullo contenuto di grassi. A tali vantaggi utili in situazioni in cui non c’è la possibilità o il tempo di utilizzare cibi naturali, si contrappongono gli svantaggi di una alimentazione monotona e il pericolo che i giovani atleti possano acquisire il convincimento errato che i cibi artificiali siano “sempre” migliori di quelli naturali. Alimentazione dopo l’attività sportiva Subito dopo l’attività sportiva è prioritario reintegrare le perdite di acqua e di sali minerali, prima di consumare il pasto principale o lo spuntino previsti per l’ora. La sua composizione deve essere “dedicata” al muscolo, per i processi di riparazione e di ripristino dei depositi di glicogeno. è stato recentemente dimostrato che la leucina (aminoacido ramificato particolarmente presente nei formaggi, carni, pesci e legumi) e l’insulina

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Pediatric Nutrition

(stimolata prevalentemente da carboidrati ad alto Indice Glicemico, quali pane, altri prodotti da forno, riso bianco e patate) attivano gli enzimi che regolano, a livello muscolare, la sintesi proteica e i processi riparativi della fase di recupero post attività sportiva. Quanto sopra detto rende opportuna una differente organizzazione dell’alimentazione in base all’orario dell’allenamento o gara. Quando un ragazzo, ad esempio, si allena il pomeriggio, situazione che si verifica più frequentemente per i soggetti in età scolare, la colazione, che non deve essere saltata e lo spuntino di metà mattina, dovrebbero apportare rispettivamente il 20-25% ed il 15% del fabbisogno calorico giornaliero, in modo da poter alleggerire il pranzo (20% del fabbisogno energetico giornaliero) che andrà consumato 2-3 ore prima dell’attività fisica. Per il pranzo si potrebbero proporre piatti unici “completi” (pasta o riso conditi con lenticchie o con sugo con carne o parmigiano/grana) ed una porzione di frutta. Talvolta può succedere che fra il pasto e l’inizio dell’attività passi soltanto un’ora o poco più. In questi casi, prima dell’attività è meglio assumere solo una porzione di frutta o uno sport gel sopra descritto. Chi si allena alla sera si potrà concedere anche un secondo a pranzo ed un robusto spuntino pomeridiano almeno due ore prima dell’allenamento/gara (pane con prosciutto o salmone o bresaola, oppure yogurt e frutta), mentre la cena (un’ora dalla fine dell’allenamento) dovrà essere più leggera. Reidratazione e Reintegrazione Avendo una termoregolazione meno efficiente rispetto all’adulto [Tabella 3] il bambino può incorrere più facilmente nel rischio di disidratazione, con conseguente rapido decadimento delle prestazioni (per perdite idriche superiori al 2% del peso corporeo negli adolescenti e dell’1% nei bambini) e rischio di colpo di calore e/o ipotensione, soprattutto durante eventi sportivi prolungati od in ambienti molto caldi (1,2,8). Diventa pertanto indispensabile (10) assumere acqua già poco prima e durante l’impegno sportivo (100-200 ml ogni 15-20 minuti). L’assunzione di acqua risulterebbe sufficiente per i Tabella 3 I bambini hanno una termoregolazione meno efficiente degli adulti. Specialmente nelle condizioni climatiche estreme

Peculiarità fisiologiche del bambino

Il rapporto superficie corp./Kg peso corporeo è maggiore nei bambini

Conseguenze in ambienti molto caldi (temperatura ambientale superiore a quella corporea) e/o umidi e/o con prolungata esposizione al sole e/o scarsa idratazione Aumento di dispersione del calore per convezione MA Aumento di accumulo calore per irradiazione Aumento di accumulo di calore per conduzione

Maggiore produzione di calore/Kg peso corp. REE (Resting Energy Expenditure): a riposo il metabolismo è più alto poiché vi è la produzione di nuovi tessuti dovuta all’accrescimento EEE (Exercise Energy Expenditure): col movimento, per una stessa quantità di lavoro, si ha un dispendio energetico/Kg peso corp. superiore, a causa di una minore coordinazione ed ergonomia dei movimenti. Minore produzione di sudore e soglia di sudorazione più alta Minore stimolo della sete

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Maggiore quantità di calore da disperdere/Kg di peso corporeo

Questa caratteristica impedisce di sfruttare la maggiore superficie corporea /Kg peso corp. per poter disperdere più calore con la sudorazione Maggiore possibilità di trovarsi relativamente disidratati ad affrontare lunghi periodi in ambienti troppo caldi o soleggiati.

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Nutrizione e sport in età evolutiva

soggetti impegnati in attività ludico/sportive che non comportino intensa sudorazione o che siano, comunque, di durata inferiore ad un’ora (situazione più comune). In caso di impegni sportivi prolungati o svolti in condizioni di temperatura e/o umidità elevate è, invece, indicata una bevanda gluco-idro-salina per ripristinare la perdita di sali ed il consumo del glicogeno muscolare. è sconsigliabile l’assunzione di soft drink per l’elevato tasso di zuccheri (10-12%) l’iperosmolarità, la caffeina e l’acido ortofosforico, spesso presenti (cola, thé, energy drinks). Conclusioni Una adeguata formazione riguardo le tematiche della nutrizione sportiva da parte dei pediatri è importante, per preservare la salute ed un adeguato accrescimento dei loro piccoli pazienti, anche contrastando l’adozione incondizionata ed ingiustificata di alchimie dietetiche prive di qualsiasi fondamento scientifico e propagandate da figure non legittimate a prescrivere diete, medicinali ed integratori (ad es. atleti più anziani, allenatori o sedicenti esperti non qualificati). Non sono necessarie diete magiche o speciali, ma risulta fondamentale impostare una seria educazione alimentare finalizzata ad ottimizzare una dieta per ragazzi spesso ipernutriti e sedentari. Al tempo stesso vanno precocemente individuati eventuali casi di carenze nutrizionali o di disturbi del comportamento alimentare. Corresponding author DOMENICO MELELEO Pediatra Commissione Scientifica SINSeB Via G. Falcone, 19 D - 76012 Canosa di P. (BT) Tel. + 39 0883 664730 E-mail: info@domenicomeleleo.it

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Key Points • L’apporto energetico deve essere proporzionato al reale livello di attività fisica. • Bisogna sorvegliare i giovani agonisti impegnati in allenamenti frequenti e impegnativi per individuare precocemente casi di malnutrizione e insorgenza di disturbi del comportamento alimentare. • è importante organizzare la composizione e la tempistica di assunzione dei pasti in relazione all’orario di allenamento/gara. • I bambini hanno una termoregolazione meno efficace degli adulti, pertanto bisogna porre molta attenzione all’idratazione e reintegrazione idro-salina. • I bambini non devono essere sottoposti ad attività sportive particolarmente intense e pertanto risulta inutile e potenzialmente dannoso l’uso di integratori energetici, a base di proteine e derivati proteici e aminoacidici; gli integratori di micronutrienti devono essere prescritti solo per correggere eventuali carenze e/o curare eventuali patologie diagnosticate da un medico.

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Obstructive gastrointestinal diseases affect 0,5-2/1000 live borns. Ultrasound scan represents the first line screening for fetal anomalies. Ultrasound features of gastrointestinal obstructive diseases differ depending on the level of the obstruction. Prenatal diagnosis is difficult and often occurs at advanced gestational age: in these cases a multidisciplinary approach involving obstetricians, neonatologists and pediatric surgeons is needed.

Diagnosi prenatale delle patologie ostruttive del tratto gastrointestinale fetale CARLA VERROTTI, FRANCESCA ALINOVI, FRANCESCO CONTE, ANDREA DALL’ASTA U.O.C. Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma

La patologia ostruttiva del tratto gastroenterico fetale ha una prevalenza complessiva di 0,5-2 casi/1000 nati vivi e comprende un gruppo di differenti quadri patologici determinati dalla mancata ricanalizzazione o dalla stenosi del tubo digerente fetale, secondaria ad eventi ischemici insorti durante lo sviluppo intrauterino. L’intestino primitivo si forma a partire dalla 6° settimana di gravidanza, allorché la porzione dorsale del sacco vitellino viene incorporata all’interno dell’embrione; a partire dalla 9° settimana inizia il processo di ricanalizzazione, che porta alla formazione di un lume virtuale; la produzione di meconio inizia a partire dalla 13° settimana; la deglutizione, la peristalsi e le funzioni di secrezione e riassorbimento dei liquido si sviluppano all’inizio del II trimestre, mentre la chiusura funzionale dello sfintere anale dopo la 20° settimana (1,2). L’ecografia è la metodica di prima linea per la valutazione della morfologia fetale ed ha un ruolo cruciale nello screening e nella diagnosi delle anomalie gastrointestinali [Figura 1].

L’esofago fetale, in condizioni di normalità, è visualizzabile con difficoltà: è di aspetto quadrilaminare, posto posteriormente alla trachea; occasionalmente può essere osservato come un’area allungata anecogena subito dopo la deglutizione in sede cervicale e toracica.

Key Words Gastrointestinal obstruction, prenatal diagnosis, ultrasound imaging, second-trimester screening

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Lo stomaco è visibile alla fine del I° trimestre di gravidanza come area anecogena sottodiaframmatica nel lato sinistro dell’addome.

Il colon, nel III° trimestre, invece, per la presenza di meconio, è visibile per tutto il decorso con le tipiche haustrature.

Il piccolo ed il grosso intestino hanno ecostruttura finemente ecogena e non sono distinguibili tra loro nelle fasi iniziali della gravidanza.

L’ampolla rettale è identificabile posteriormente alla vescica, nel III° trimestre, come un’area rotondeggiante ipoecogena.

Figura 1 Quadri ecografici normali dell’apparato gastroenterico fetale

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Lo screening ecografico delle malformazioni fetali viene routinariamente effettuato tra la 19a e 22a settimana. Nelle ecografie precoci, considerati i recenti progressi tecnologici, è possibile una prima valutazione già alla 12a settimana: a tale epoca gestazionale, è possibile individuare la presenza o l’assenza dello stomaco (3). Le anomalie ostruttive del tratto gastrointestinale sono generalmente identificabili dopo la seconda metà della gravidanza e più facilmente nel III° trimestre, proprio per lo sviluppo tardivo delle funzioni intestinali: ecograficamente l’ ostruzione si rende evidente come una dilatazione del tratto intestinale a monte, tanto più tardivamente quanto più è bassa l’ostruzione stessa. Un altro segno ecografico comune alle patologie ostruttive è il polidramnios, dovuto al mancato passaggio intestinale del liquido amniotico e al suo ridotto riassorbimento nel tratto dilatato. L’aumento massivo del liquido amniotico può comportare, per la sovradistensione dell’utero, un rischio di parto pretermine. Oltre all’epoca gestazionale, accenniamo ad altri fattori che possono modificare la capacità diagnostica dell’ecografia che sono: materni, fetali, strumentali e operatoredipendenti. Per tutti questi aspetti, la diagnosi prenatale delle ostruzioni intestinali non sempre è agibile. La detection rate è stata valutata nello Studio Eurofetus (4), del 50% per l’atresia esofagea, dell’87% per l’atresia del piccolo intestino e del 15,4% per l’atresia ano-rettale. Diagnosticare la sede dell’ostruzione è di fondamentale importanza ai fini di una corretta diagnosi e altrettanto per eseguire un counselling e per indirizzare gli accertamenti prenatali più adeguati. Atresia esofagea [Figura 2] EPIDEMIOLOGIA 1:2500 - 1: 5000 nati vivi PATOGENESI Errore di differenziazione dell’intestino primitivo in esofago e trachea (4°-6° settimana) ANATOMIA PATOLOGICA Isolata nel 8% dei casi - 90% dei casi fistola tracheo-esofagea concomitante MALFORMAZIONI ASSOCIATE Altre anomalie gastrointestinali (13%), cardiache(25%), urogenitali (15%), scheletriche(14%), SNC (11%). VACTERL syndrome (10%), sindromi genetiche (descritta l’associazione con 40 sindromi) ANEUPLOIDIE ASSOCIATE Trisomia 18 e 21 (20-44%) EPOCA GESTAZIONALE ALLA DIAGNOSI II trimestre avanzato - III trimestre MANAGEMENT Ecografie di II livello, ecocardiografia fetale, counselling prenatale - Studio cariotipo fetale, consulenza genetica - Controllo accrescimento fetale - Programmazione della nascita in centro di III livello dotato di Chirurgia Pediatrica PROGNOSI Dipendente da eventuali anomalie associate e/o aneuploidie, dall’epoca del parto (aumentato rischio di parto pretermine). Sopravvivenza >90% per atresia isolata PARTO Non controindicazioni al parto vaginale Figura 2 Sintesi principali caratteristiche dell’atresia esofagea

La diagnosi ecografica è influenzata dal tipo di atresia, dalla presenza o meno di fistole tracheo-esogagee e dall’epoca gestazionale. Il sospetto ecografico si basa, o sulla mancata visualizzazione, in modo persistente nel tempo, della bolla gastrica, per mancata connessione tra esofago e stomaco (atresia esofagea senza fistola) o sulla visualizzazione di uno stomaco di ridotte dimensioni (in presenza di fistola tracheoesofagea), in cui il liquido amniotico deglutito dal feto può raggiungere in parte lo stomaco attraverso la fistola. L’osservazione di uno stomaco di dimensioni inferiori alla norma è oggettivabile mediante il calcolo biometrico o della ratio dell’area gastrica (rapporto tra area gastrica fetale e area dell’addome fetale).

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Training and Educational Corner

L’esofago fetale al di sopra dell’ostruzione è visibile in quanto dilatato dal liquido amniotico ed appare come una struttura tubulare anecogena localizzata nel collo o a livello mediastinico (pouch sign). Nella maggior parte dei casi è presente polidramnios. L’atresia esofagea può essere inoltre associata ad un rallentamento della crescita fetale, nel 40% dei casi, correlabile al ridotto assorbimento di liquido amniotico e proteine, necessari all’accrescimento fetale (5,6). Atresia duodenale [Figura 3] EPIDEMIOLOGIA 1:2500 - 1:10000 nati vivi PATOGENESI Difetto di ricanalizzazione del duodeno (11ª settimana) - mancato sviluppo su base ischemica - compressione ab estrinseco: pancreas anulare, bande fibrose peritoneali. In genere sporadica, raramente ha trasmissione AR ANATOMIA PATOLOGICA Tipo 1: atresia membranosa - Tipo 2: anse intestinali che terminano a fondo cieco intercalate a tratti fibrosi - Tipo 3: completa separazione delle anse intestinali MALFORMAZIONI ASSOCIATE Malformazioni cardiache(20-30%), genitourinarie (5-8%), scheletriche (4-8%), gastrointestinali(25-35%); più di 15 sindromi genetiche descritte in associazione ANEUPLOIDIE ASSOCIATE 30-40% di associazione con trisomia 21 EPOCA GESTAZIONALE ALLA DIAGNOSI Oltre la 25ª settimana MANAGEMENT Ecografie di II livello, ecocardiografia fetale - Studio cariotipo fetale, consulenza genetica - Programmazione della nascita in centro di III livello dotato di Chirurgia Pediatrica PROGNOSI In assenza di malformazioni associate sopravvivenza del 91% - In presenza di atresia esofagea concomitante 60% mortalità PARTO Non controindicazioni al parto vaginale Figura 3 Sintesi delle principali caratteristiche dell’atresia duodenale

Si presenta con il caratteristico, anche se tardivo, segno ecografico della “doppia bolla”, con visualizzazione di due aree anecogene nell’addome superiore, in comunicazione tra loro, di cui una è lo stomaco (dotato di aumentata peristalsi), l’altra è l’ansa duodenale prossimale dilatata. Il polidramnios, di grado severo, è presente nel 50-80% dei casi, dopo la 25a settimana (7). Atresia digiuno-ileale [Figura 4] EPIDEMIOLOGIA 30% della patologia ostruttiva gastrointestinale fetale, 1: 2000-1:5000 nati vivi PATOGENESI Incompleta ricanalizzazione embrionale. Accidente vascolare intrauterino con necrosi ischemica della parete intestinale ANATOMIA PATOLOGICA 31% digiuno prossimale - 20% digiuno distale - 13% ileo prossimale - 35% ileo distale - Ostruzioni multiple nel 6%, più spesso digiunali MALFORMAZIONI ASSOCIATE Anomalie cardiovascolari (7%), vertebrali, genitourinarie, gastrointestinali, gastroschisi- onfalocele (20%) - Difetto di crescita fetale (30%) - Più di 15 sindromi genetiche descritte in associazione ANEUPLOIDIE ASSOCIATE Rara associazione con aneuploidie (7%) EPOCA GESTAZIONALE ALLA DIAGNOSI Oltre la 25ª settimana MANAGEMENT Ecografie di II livello - Ecocardiografia fetale - Programmazione della nascita in centro di III livello dotato di Chirurgia Pediatrica PROGNOSI Sopravvivenza 85-90% per atresia intestinale isolata operata tempestivamente. Principale complicanza: sindrome dell’intestino corto PARTO Non controindicazioni al parto vaginale Figura 4 Sintesi principali caratteristiche dell’atresia digiuno-ileale

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Diagnosi prenatale delle patologie ostruttive del tratto gastrointestinale fetale

Normalmente il lume ileale ha un calibro non superiore a 7 mm. Nel II° trimestre l’atresia esordisce con la dilatazione di una unica ansa, prossimale all’occlusione: il tratto interessato si presenta a pareti iperecogene e dotato di iperperistalsi. Progressivamente la dilatazione può andare ad interessare le parti di intestino a monte dell’ostruzione, definendo l’aspetto "a ruota di carro" con multiple aree cistiche dilatate. Più raramente la dilatazione interessa stomaco e duodeno. Più tardiva la comparsa di polidramnios. Possono essere associati anche altri segni ecografici: nei casi di perforazione, più facilmente se l’ostruzione è ileale, compaiono segni di peritonite da meconio con ascite, iperecogenicità intraperitoneali e pseudocisti. La rilevazione di atresia ileale può essere difficoltosa per il fatto che i segni ecografici, quando presenti, sono aspecifici e a comparsa tardiva. Ci sono patologie, come la fibrosi cistica, che possono determinare simili segni ecografici rendendo necessaria una diagnosi differenziale. Infatti il 10% dei feti portatori di fibrosi cistica presenta ileo da meconio come evento sentinella (7,8). L’ileo da meconio è caratterizzato da un accumulo di meconio denso, con ostruzione del piccolo intestino, dilatazione del tratto intestinale a monte dell’occlusione e iperecogenicità diffusa. Atresia del colon [Figura 5] EPIDEMIOLOGIA <15% patologia ostruttiva gastrointestinale, 1:10000 – 1:20000 nati vivi PATOGENESI Incompleta ricanalizzazione embrionale - Accidente vascolare intrauterino con necrosi ischemica della parete intestinale - Malattia di Hirshprung: stenosi funzionale del tratto agangliare ANATOMIA PATOLOGICA Più spesso localizzata prossimalmente alla flessura splenica - Microcolon distale MALFORMAZIONI ASSOCIATE Isolata nei 2/3 dei casi - Gastroschisi, onfalocele, anomalie oculari , scheletriche, cardiopatie - VACTERL Syndrome (cuore, colonna, reni, scheletro, cordone) ANEUPLOIDIE ASSOCIATE Associazione tra malattia di Hirshprung e trisomia 21 EPOCA GESTAZIONALE ALLA DIAGNOSI Oltre la 25ª settimana MANAGEMENT Ecografie di II livello - Studio cariotipo fetale - Programmazione della nascita in centro di III livello dotato di Chirurgia Pediatrica PROGNOSI Sopravvivenza >95% nella forma isolata e bassa PARTO Non controindicazioni al parto vaginale Figura 5 Sintesi principali caratteristiche dell’atresia del colon

Si associa frequentemente, ma non sempre, ad abnorme dilatazione del tratto prestenotico. L’evidenza ecografica di un colon dilatato può aversi anche in feti normali, soprattutto nel III° trimestre. Il lume normale del colon ha un calibro non superiore a 20-23 mm a termine di gravidanza. Il polidramnios è un reperto raramente associato (9). Ostruzioni anorettali [Figura 6]

La diagnosi ecografica è difficoltosa, infrequente e tardiva (dopo la 30a settimana). È possibile repertare un’immagine anecogena/corpuscolata oblunga a livello dell’addome inferiore, riferibile alla dilatazione retto-sigmoidea a monte della ostruzione. Il colon dilatato è dimostrabile in circa il 40% dei feti. In caso di concomitante fistola retto-urinaria può essere presente meconio calcificato o enterolitiasi all’interno dell’ ansa dilatata (1,7).

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EPIDEMIOLOGIA 1:1500 - 1:5000 nati vivi PATOGENESI Presumibilmente da incompleto/anomalo sviluppo del setto urorettale ANATOMIA PATOLOGICA Possibili quadri: stenosi anale, membrana anale imperforata, agenesia o atresia dell’ano, agenesia o atresia del retto MALFORMAZIONI ASSOCIATE Rara atresia anale isolata - Frequente associazione con anomalie apparato genitourinario (38%) - Descritta l’associazione con 80 sindromi genetiche - Sequenza VATER e VACTERL, sindrome da regressione caudale ANEUPLOIDIE ASSOCIATE Trisomia 18 e 21 EPOCA GESTAZIONALE ALLA DIAGNOSI III trimestre MANAGEMENT Ecografie di II livello - Studio del cariotipo fetale, consulenza genetica - Programmazione della nascita in centro di III livello dotato di Chirurgia Pediatrica PROGNOSI Sopravvivenza >90% per atresia anale isolata PARTO Non controindicazioni al parto vaginale Figura 6 Sintesi delle principali caratteristiche delle ostruzioni anorettali

La gestione ottimale di sospetta ostruzione gastrointestinale fetale, dopo l’inquadramento ecografico, è multidisciplinare e prevede la presa in carico della paziente presso un centro di III livello nel quale un team di ostetrico-ginecologi, neonatologi, genetisti e chirurghi infantili si occupi della gestione prenatale, del followup ecografico e delle eventuali complicanze ostetriche, della programmazione del parto e del management postnatale. In questa ottica sono importati i seguenti percorsi diagnostici : La consulenza genetica, con la diagnostica prenatale invasiva per la determinazione del cariotipo fetale e con l’eventuale esecuzione di indagini di citogenetica molecolare al fine di escludere che la malformazione rientri in un quadro sindromico o di cromosomopatia. La risonanza magnetica fetale (RM), indagine non invasiva di seconda linea, che viene eseguita solo in alcuni centri.(3) La RM, rispetto all’ecografia, ha una maggiore accuratezza nella diagnosi di sospette ostruzioni ileo-digiuno-coliche in quanto fornisce informazioni più precise sulla sede dell’ostruzione, sulla presenza di microcolon distale e sulle caratteristiche strutturali di masse cistiche. È più incerta la sua accuratezza nella diagnosi di fistole uro-intestinali o nell’identificazione di ostruzioni multiple. Infine, non viene raccomandata in caso di sospetta atresia esofagea o duodenale e nelle ostruzioni ano-rettali (2). CORRESPONDING AUTHOR CARLA VERROTTI U.O. di Ginecologia e Ostetricia Dipartimento di Scienze Chirurgiche Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Via Gramsci, 14 - 43100 Parma Tel. + 39 0521 702436 Fax + 39 0521 702542 E-mail: carla.verrotti@libero.it

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Diagnosi prenatale delle patologie ostruttive del tratto gastrointestinale fetale

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Key Points

. linea per la valutazione dell’anatomia fetale • L’ecografia rappresenta l’indagine di prima livello II di rafia ecog fetale è indicata l’esecuzione di • Nel sospetto di patologia malformativa fetale. logia morfo della zione valuta rata accu per tratto detection rate delle patologie ostruttive del di e • I segni ecografici caratteristici ed il tasso l’esam ito esegu viene cui in le ziona poca gesta gastroenterico fetale sono influenzati dall’e ecografico. impone la ostruttiva del tratto gastrointestinale fetale • La conferma di un sospetto di patologia ne multidisciplinare del gestio la e livello III di o centr un presso presa in carico della paziente atologi, genetisti e chirurghi infantili. caso ad opera di ostetrico-ginecologi, neon nalla RM fetale rappresentano sempre e comu e va • Il ricorso alla diagnostica prenatale invasi que indagini di II livello.

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La gestione medica ottimale della colite ulcerosa severa Il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO PEDIATRA Alessio Morley-Fletcher1 e Athos Bousvaros2 1Pediatric Gastroenterology and Nutrition Massachusetts General Hospital for Children

Harvard Medical School, Boston, MA -USA 2Pediatric Gastroenterology and Nutrition Children’s Hospital Boston

Harvard Medical School, Boston, MA - USA

Although pediatric Ulcerative Colitis (UC) shares many similarities with adult-onset UC, some aspects of this challenging condition are unique to children. The initial treatment of the hospitalized child includes supportive care, intravenous steroids, and sometimes antibiotics. If there is no improvement after 7 days either surgery or medical rescue therapies should be considered. Discussion with the family about the risks and benefits of medical vs. surgical therapy allows for a joint decision.

Fino a poco tempo fa, i dati relativi alla CU severa nel bambino erano scarni e per lo più derivati dall’adulto, nonostante l’importanza di questa condizione e la sfida terapeutica che rappresenta per il gastroenterologo pediatra. Circa un terzo dei bambini con CU va incontro ad almeno un attacco di colite severa (Acute severe colitis, ASC) prima dei 15 anni di età. Sebbene il tasso di mortalità si sia ridotto negli ultimi decenni, esso si attesta ancora intorno all’1% (1).

VALUTAZIONE DIAGNOSTICA INIZIALE Davanti ad un esordio di ASC in pazienti senza una diagnosi precedente di IBD (Inflammatory Bowel disease), è necessario effettuare la diagnosi differenziale con le coliti infettive e, più raramente, con le vasculiti, come la porpora di Schonlein-Henoch. La valutazione iniziale deve quindi includere un’accurata anamnesi (sintomi acuti o cronici? Familiarità per IBD? Esposizione infettiva?) ed esame obiettivo, esami di laboratorio (emocromo con formula, VES, PCR, albumina, chimica clinica, coprocoltura) e l’Rx diretta dell’addome per escludere un megacolon tossico. La diagnosi definitiva viene posta attraverso l’endoscopia con biopsie: la stretta collaborazione con un patologo dedicato è fondamentale per una corretta diagnosi differenziale. Non tutti i pazienti acuti possono essere sottoposti ad una colonscopia completa: in questi casi la sigmoidoscopia con biopsie può essere utile per porre diagnosi di CU ed escludere un’infezione da CMV. Key Words Acute severe colitis (ASC), Steroid-refractory, Pediatric Ulcerative Colitis Activity Index (PUCAI), Infliximab (IFX), Cyclosporine (Cs), Tacrolimus

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MANAGEMENT DELLA ASC Come nell’adulto, anche in età pediatrica i corticosteroidi (CS) ev rappresentano la terapia di primo livello ed il loro uso ha drammaticamente ridotto la mortalità per questa patologia negli ultimi 50 anni (1,2). Il metilprednisolone, è più utilizzato rispetto all’idrocortisone, per i minori effetti mineralcorticoidi: si suggerisce un dosaggio di 1-2 mg/kg (fino ad un massimo di 60

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mg/die) (3,4). L’uso di antibiotici nei pazienti ospedalizzati è molto comune nella pratica clinica, sebbene i dati riportati in letteratura siano controversi. L’idratazione per via endovenosa è generalmente raccomandata come mantenimento. La sospensione dell’alimentazione per os non è risultata influenzare l’outcome a breve termine, ma alcuni pazienti potrebbero trarre beneficio da un breve periodo di assunzione per os solo di liquidi chiari. La gestione del dolore riveste una grande importanza: nei piccoli pazienti con dolori ingravescenti dovrebbe sempre essere esclusa la perforazione o il megacolon tossico. L’uso routinario di farmaci anti-infiammatori non steroidei e di oppiodi non è raccomandato, per il potenziale rischio di esacerbare le recidive di colite e di precipitare il megacolon tossico.

COME VALUTARE LA GRAVITÀ DELLA CU Circa un terzo dei pazienti con ASC non risponderà alla terapia di primo livello con CS ev: identificare i fattori predittivi di non risposta rappresenta ancora oggi una sfida per il clinico. Idealmente, l’introduzione della terapia di salvataggio (“rescue therapy”) dovrebbe essere basata sul riconoscimento dei pazienti probabilmente “nonresponder” dopo 7-10 giorni di CS ev, così da ridurre la morbidità e la mortalità ed evitare di protrarre inutilmente i CS. Il Pediatric Ulcerative Colitis Activity Index (PUCAI; Tabella 1) rappresenta oggi uno strumento non invasivo validato per la valutazione dell’attività clinica della CU del bambino (5). Ha il vantaggio di non richiedere esami di laboratorio né indagini invasive ed ha una eccellente correlazione con lo score di attività endoscopica di Mayo e con il physician global assessment.

QUANDO INIZIARE LA “TERAPIA DI SALVATAGGIO?” Un PUCAI > 45 dopo 3 giorni dall’inizio dei CS ev è un indice di non risposta alla terapia. Questo impone la discussione con i genitori, un consulto chirurgico, lo screening per la tubercolosi e l’esecuzione di una sigmoidoscopia per escludere infezioni (più spesso CMV e C. Difficile) e per la diagnosi differenziale con una colite da Crohn. Un PUCAI > 65 al giorno 5 di CS ev predice una non risposta con una specificità del 94% ed un PPV del 100%, rappresentando quindi una indicazione ad iniziare la terapia di secondo livello (6). Nei pazienti che al 5 giorno hanno un PUCAI compreso tra 35 e 64, la terapia di salvataggio deve sempre essere considerata; molti clinici tuttavia attendono altri 2-3 giorni prima di valutare la risposta alla terapia steroidea ev.

QUALI OPZIONI DI “SALVATAGGIO”? Nei pazienti non-responder ai CS ev, si ha indicazione ad iniziare una second-line therapy, che può essere di tipo medico o chirurgico. La terapia medica include gli inibitori della calcineurina (ciclosporina e tacrolimus) e l’infliximab (IFX). Queste terapie inducono una risposta in circa il 70% dei pazienti. L’uso crescente della second-line therapy deriva non solo dall’efficacia di questi farmaci, ma anche dalla consapevolezza che la colectomia può essere associata a complicanze quali la pouchite ed ad un rischio di infertilità nelle giovani donne sottopo-

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IBD Highlights

Tabella 1 Il “Pediatric Ulcerative Colitis Activity Index (PUCAI)”: score clinico Dolore addominale Assenza - 0 Punti Può essere ignorato - 5 Punti Non può essere ignorato - 10 Punti

Sanguinamento rettale Assente - 0 Punti Piccole quantità e in <50% delle evacuazioni/die - 10 Punti Piccole quantità ma in >50% delle evacazioni/die - 20 Punti Abbondanti quantità (>50% del contenuto fecale) - 30 Punti

Consistenza delle feci Formate - 0 Punti Parzialmente formate - 5 Punti Liquide - 10 Punti

Numero di evacuazioni giornaliere 0-2 evacuazioni/die - 0 Punti 3-5 evacuazioni/die - 5 Punti 6-8 evacuazioni/die - 10 Punti >8 evacuazioni/die - 15 Punti

Evacuazioni notturne (anche un singolo episodio) Assenti - 0 Punti Presenti - 10 Punti

Condizioni psico-fisiche generali del paziente Assenza di limitazione di attività - 0 Punti Lieve e occasionale limitazione di attività - 5 Punti Attività severamente compromessa a causa della sintomatologia - 10 Punti

Somma totale dei punteggi nelle varie sottocategorie PUCAI (0-85 punti) PUCAI > 45 al giorno 3 di CS ev → Considerare e prepararsi a “terapia di salvataggio” PUCAI > 70 al giorno 5 di CS ev → Incominiciare “terapia di salvataggio” Indice clinico estratto da: Turner D, Otley AR, Mack D et al. Development, validation, and evaluation of a pediatric ulcerative colitis activity index: a prospective multicenter study. Gastroenterology 2007;133:423.

ste ad intervento di confezionamento di pouch. Inoltre, molti chirurghi preferisono controllare l’attacco acuto di colite con la terapia medica ed intervenire in un secondo tempo. La colectomia nella colite refrattaria è da considerare infine nei pazienti che preferiscono la chirurgia all’uso cronico di immunosoppressori (IM).

INIBITORI DELLA CALCINEURINA COME “BRIDGE-THERAPY” Poiché circa il 50% dei pazienti trattati con inibitori della calcineurina andrà incontro a ricaduta alla sospensione della terapia, questi farmaci andrebbero usati solo come ponte per l’inizio della terapia con tiopurine nell’arco di 4-6 mesi, anche in considerazione del loro profilo di tossicità e del fatto che la probabilità di colectomia è minore quando la terapia con IM viene iniziata precocemente. Nei pazienti già in terapia con tiopurine al momento del ricovero l’ IFX è il farmaco di scelta.

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La gestione medica ottimale della colite ulcerosa severa

TERAPIA BIOLOGICA L’IFX si è dimostrato efficace in circa il 70-80% degli adulti con CU moderata, con un buon profilo di sicurezza e tollerabilità (7,8). Risultati simili sono stati riportati anche nel bambino (9). L’IFX viene utilizzato alla dose iniziale di 5 mg/kg; se non ci sono problemi si può considerare una dose maggiore (10 mg/kg) 7-14 giorni dopo la prima infusione. Se non vi è risposta dopo 2 dosi, dovrebbero essere considerate altre alternative. In una Cochrane di studi dell’adulto, l’IFX è risultato efficace nell’indurre la remissione clinica, promuovere la guarigione mucosale e ridurre la necessità di colectomia nei pazienti con CU attiva non-responder alla terapia convenzionale (10). Tuttavia, il tasso di remissione dopo due mesi dall’inizio della terapia era del 40%. Anche nel bambino sembra esserci una perdita di risposta ai farmaci biologici nel corso del tempo, e dopo 1 anno la remissione libera da steroide era del 30-50% (11). Se usare un inibitore della calcineurina o l’IFX come terapia di induzione nella colite severa, rimane un argomento controverso: i dati attualmente disponibili indicano un’efficacia sovrapponibile sia nell’adulto che nel bambino.

COME DETERMINARE SE IL TRATTAMENTO HA SUCCESSO Il parametro utilizzato per la risposta a breve termine è il miglioramento del PUCAI di almeno 20 punti (e idealmente un punteggio assoluto < 35), che persista per almeno 3 giorni prima della dimissione. Non si hanno indicazioni su quando valutare il successo della terapia di salvataggio. Tuttavia, trattandosi di pazienti acutamente malati, la maggior parte dei clinici non attende più di una settimana dopo l’inizio della “rescue therapy” e molti indirizzano il paziente alla colectomia dopo il fallimento della terapia medica, piuttosto che tentare un secondo regime terapeutico (“rescue therapy sequenziale”).

CONCLUSIONI L’uso di una specifica terapia di salvataggio nella colite acuta severa del bambino si basa ancora oggi sulle decisioni del clinico, sull’esperienza del centro, sulle preferenze del paziente e dei genitori: questo evidenzia la necessità di studi randomizzati controllati in grado di fornire informazioni più dettagliate sull’outcome a lungo termine, che consentiranno di migliorare la qualità della vita dei nostri piccoli pazienti.

CORRESPONDING AUTHOR ALESSIO MORLEY-FLETCHER Division of Pediatric Gastroenterology and Nutrition Massachusetts General Hospital for Children Harvard Medical School 175 Cambridge Street - CPZ-5, Boston, MA 02114 E-mail: amorley-fletcher@partners.org

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IBD Highlights

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Key Points

comune in età pediatrica. ndente e steroido-refrattaria è La colite ulcerosa steroido-dipe •La • te i pazienti probabilmenntale identificare precocemen •Nella colite severa è fondame iniziare prontamente la da o mod in ale, nto convenzion te non-responder al trattame “second-line therapy”. ento predittivo validato, che vity Index (PUCAI) è uno strum •l Pediatric Ulcerative Colitis Acti il timing dell’escalation nel tare valu nel e e tich peu isioni tera può guidare il clinico nelle dec trattamento. . terapia ponte verso le tiopurine dovrebbero essere usati come •Gli inibitori della calcineurina parra, ma è riportata una agement della colite acuta seve •L’Infliximab è efficace nel man ine. o term ziale perdita di efficacia a lung

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La gestione medica ottimale della colite ulcerosa severa

IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO DELL’ADULTO Annalisa Aratari, Valeria Clemente, Claudio Papi U.O.C. Gastroenterologia e Epatologia, A.O. San Filippo Neri di Roma Severe ulcerative colitis should be immediately recognised and managed in hospital. The “Oxford regimen” based on high dose of intravenous steroids, early recognition of prognostic factors and early colectomy have improved the outcome of this condition. In steroid-refractory patients cyclosporine and infliximab are possible rescue therapies. Colectomy remains a valid option for complications and no response to medical therapies.

DEFINIZIONE E FATTORI PROGNOSTICI Circa il 15% dei pazienti con colite ulcerosa (CU) va incontro a un attacco severo durante il decorso della malattia. La CU severa è una condizione potenzialmente letale anche se la mortalità è oggi inferiore al 2% grazie al trattamento medico intensivo, alla precoce identificazione dei fattori prognostici e al ricorso alla colectomia nei pazienti non responsivi alla terapia medica. Un attacco severo viene definito in base ai criteri di Truelove e Witts (1955): frequenza di evacuazioni > 6 nelle 24 ore, rettorragia costante, temperatura corporea > 37.8°C, tachicardia (> 90 battiti/minuto), anemia (emoglobina <10.5 g/dl) e VES >30 mm/1ªh. Molti pazienti, pur non presentando tutti i criteri, hanno un importante coinvolgimento sistemico, calo ponderale, alterazioni dell’equilibrio elettrolitico e acido-base, disidratazione, ipoalbuminemia e lesioni endoscopiche severe. Sono stati proposti diversi indici di attività, basati su parametri clinici, di laboratorio ed endoscopici, nel tentativo di quantificare numericamente la gravità dell’attacco. Nessuno di questi indici è stato tuttavia validato (1).

Key Words Severe ulcerative colitis, steroids, cyclosporine, infliximab, colectomy

In corso di un attacco di CU severa possono inoltre manifestarsi complicanze locali o sistemiche quali l’emorragia massiva, il megacolon tossico, la perforazione del colon, la disfunzione o l’insufficienza sistemica multi-organo. Per queste forme complicate è stato spesso utilizzato il termine di colite fulminante, ma al momento non esiste una definizione univoca (1). Importante è l’identificazione precoce dei fattori prognostici negativi (2). Fin dagli anni ’70 era nota l’associazione tra elevata frequenza di evacuazioni, tachicardia, febbre, ipoalbuminemia, ulcere profonde e distensione gassosa intestinale con il rischio di insuccesso della terapia medica e di colectomia. Successivamente sono stati identificati come fattore prognostico sfavorevole l’alcalosi metabolica, la distensione gassosa del tenue (impending megacolon) e le ulcere profonde all’endoscopia (2). Infine la persistenza di PCR elevata (>45 mg/l) e diarrea (> 3 evacuazioni al giorno) in terza giornata di regime intensivo si associano a un rischio di colectomia nel breve termine dell’85% (3).

TRATTAMENTO Negli anni ’70, l’introduzione del cosiddetto “regime intensivo di Oxford”, basato sulla terapia steroidea endovena (ev) ad alte dosi e sul ricorso alla colectomia

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IBD Highlights

precoce in caso di non risposta alla terapia medica, ha drammaticamente ridotto la mortalità per colite severa a meno del 2% vs il 60% dell’inizio del novecento (2). Originariamente il regime di Oxford si basava su (4): 1) nulla per os 2) steroidi ev (prednisolone 0.7-1 mg/kg/die) 3) steroidi per via rettale 4) antibiotici ev (tetracicline) 5) correzione degli squilibri elettrolitici 6) somministrazione di plasma o emotrasfusioni Il regime intensivo veniva protratto per 5 giorni: in assenza di miglioramento veniva raccomandata la colectomia. Sebbene il trattamento intensivo non sia mai stato validato in studi clinici controllati, ancora oggi rappresenta il cardine del trattamento della CU severa ed è raccomandato dalle principali linee guida pur con alcune variazioni rispetto all’origine (5). Il paziente con un attacco severo di CU deve essere ospedalizzato e sottoposto a monitoraggio clinico multidisciplinare (gastroenterologo e chirurgo dedicato). È necessario monitorare frequenza cardiaca, temperatura, frequenza di evacuazioni, elettroliti sierici, pH arterioso, emoglobina e PCR, allo scopo di identificare precocemente i fattori prognostici negativi. All’ingresso va esclusa una infezione sovrapposta (in particolare da Clostridium difficile) e va eseguito un esame radiologico diretto dell’addome in clinostatismo per la ricerca della distensione gassosa del tenue e/o del colon. Un esame endoscopico senza preparazione e senza insufflazione di aria è importante per identificare la presenza di lesioni endoscopiche severe e per escludere una infezione da Citomegalovirus (CMV). È raccomandata la sospensione di farmaci anticolinergici, antidiarroici, antiinfiammatori non steroidei (FANS) e oppiacei che possono favorire l’insorgenza di dilatazione del colon. La dose raccomandata di steroide è 60 mg/24h di metil-prednisolone o 400 mg di idrocortisone in 4 somministrazioni giornaliere. La somministrazione in bolo o in infusione continua sono ugualmente efficaci mentre l’incremento di dose non comporta un maggior beneficio clinico. La nutrizione parenterale totale (nulla per os) non modifica la prognosi della CU severa e pertanto il supporto nutrizionale va considerato solo nei pazienti con segni di malnutrizione. La terapia antibiotica è in gran parte empirica: diversi studi controllati non hanno infatti dimostrato alcun vantaggio degli antibiotici rispetto al trattamento steroideo da solo in termini di riduzione di rischio di colectomia (5). Infine in tutti i pazienti ricoverati per CU severa è raccomandata la somministrazione di eparina a basso peso molecolare per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche il cui rischio è aumentato nei pazienti con malattia infiammatoria cronica dell’intestino (5). In una revisione sistematica di 32 studi per un totale di 1991 pazienti con CU severa, la risposta complessiva al trattamento medico intensivo è stata del 67% con un tasso di colectomia del 29%, sostanzialmente immodificato negli ultimi 30 anni, e un tas-

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so di mortalità dell’1% (6). La risposta al trattamento intensivo va valutata entro 3-5 giorni anche se molti gastroenterologi protraggono il trattamento steroideo fino a 7-10 gg, sotto uno stretto monitoraggio clinico e quando c’è evidenza di un progressivo miglioramento. In caso di non risposta le diverse opzioni (conservative o chirurgiche) devono essere discusse con il paziente. Il timing della colectomia nella CU severa refrattaria è una delle decisioni più difficili per il gastroenterologo: la disponibilità oggi delle terapie di salvataggio (“rescue therapy”), offre nuove opportunità, ma non giustifica un atteggiamento conservativo ad oltranza in quanto questo aumenta la morbilità e la mortalità associate alla chirurgia qualora questa si renda necessaria. L’efficacia della ciclosporina (Cs) come terapia di salvataggio nella CU severa refrattaria è stata confermata in diversi studi osservazionali che dimostrano che il 65-80% dei pazienti con CU severa refrattaria risponde alla Cs ed evita la colectomia nel breve termine (7). Tuttavia la Cs è gravata da importanti effetti collaterali (nefrotossicità, neurotossicità, ipertensione, ipertricosi ed infezioni opportunistiche) ed i benefici nel lungo termine sono ridotti: la probabilità di evitare la colectomia nei 2-3 anni successivi all’attacco acuto è intorno al 50%: il trattamento concomitante con tiopurine riduce significativamente il rischio di colectomia a lungo termine, mentre i pazienti già in trattamento con tiopurine al momento dell’attacco severo hanno una più elevata probabilità di colectomia (7). Pertanto la condizione di paziente naive alle tiopurine rappresenta un importante prerequisito per la scelta della Cs come terapia di salvataggio. Nei pazienti già in trattamento con tiopurine al momento del ricovero, l’Infliximab (IFX) rappresenta il farmaco di scelta. L’IFX è efficace come terapia di salvataggio nella CU severa refrattaria. In un piccolo studio controllato vs placebo condotto su 45 pazienti con CU severa refrattaria agli steroidi il tasso di colectomia a tre mesi è risultato significativamente ridotto nei pazienti trattati con una singola dose di IFX 5 mg/kg (29% vs 67%) (8). Nel lungo termine, il tasso di colectomia è riportato fra il 30 e il 50% (8). In una esperienza multicentrica italiana condotta su 110 pazienti con CU severa refrattaria trattati con tre dosi di IFX 5mg/kg a 0, 2 e 6 settimane, il tasso di colectomia entro 1 anno è risultato del 24.5% (9). L’efficacia della Cs e dell’IFX risulta ad oggi sovrapponibile (10, 11): entrambe le strategie rappresentano dunque una valida opzione e la scelta del trattamento deve essere individualizzata sulle caratteristiche del paziente e sull’esperienza del centro. Una proposta di algoritmo decisionale per il trattamento della CU severa è illustrato in Figura 1. La mancata risposta a una qualunque strategia di salvataggio entro 4-7 giorni è comunque una indicazione alla colectomia: una seconda terapia di salvataggio non è raccomandata e può essere presa in considerazione sono in pazienti molto selezionati e in centri di alta esperienza (5).

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IBD Highlights

CU SEVERA Regime intensivo 5-7 gg

Risposta

Non risposta

Non miglioramento

Deterioramento o complicanze locali o sistemiche

TERAPIA DI SALVATAGGIO

Tiopurine naive

Tiopurine “failure” o intolleranza

COLECTOMIA IFX

CYA Non risposta

Risposta

Risposta

Mantenimento IFX Mantenimento Tiopurine (naive)

Mantenimento Tiopurine

Figura 1 Gestione della colite ulcerosa severa nell’adulto

CONCLUSIONI La gestione della CU severa è multidisciplinare. Il trattamento steroideo intensivo è il cardine della terapia medica. In caso di refrattarietà agli steroidi va presa in considerazione e discussa con il paziente una strategia alternativa che prevede una soluzione chirurgica o una terapia di salvataggio con Cs o IFX. La decisione deve tenere in considerazione la storia di malattia, il precedente trattamento con immunosoppressori, l’età e la comorbidità del paziente e l’esperienza del Centro. La chirurgia è mandatoria in caso di complicanze, di rapido deterioramento durante il trattamento medico e in caso di mancata risposta alla terapia di salvataggio con ciclosporina o infliximab entro 4-7 giorni.

CORRESPONDING AUTHOR CLAUDIO PAPI UOC Gastroenterologia & Epatologia AO San Filippo Neri, Roma Via Martinotti, 20 - 00135 Roma Tel. + 39 06 3306 3169 Fax + 39 06 33062641 E-mail: c.papi@sanfilipponeri.roma.it

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La gestione medica ottimale della colite ulcerosa severa

BIBLIOGRAFIA 1. Hyde GM, Jewell DP. Review article: the management of severe ulcerative colitis. Aliment Pharmacol Ther. 1997;11:419-24. 2. Caprilli R, Clemente V, Frieri G. Historical evolution of the management of severe ulcerative colitis. J Crohns Colitis. 2008;2:263-268. 3. Travis SP, Farrant JM, Ricketts C et al. Predicting outcome in severe ulcerative colitis. Gut 1996;38:905-910. 4. Truelove SC, Jewell DP. Intensive intravenous regimen for severe attacks of ulcerative colitis. Lancet 1974;1:1067-70. 5. Dignass A, Lindsay JO, Sturm A et al. Second European evidence-based consensus on the diagnosis and management of ulcerative colitis Part 2: Current management. Journal of Crohn’s and Colitis 2012;10:991-1030. 6. Turner D, Walsh CM, Steinhart AH et al. Response to corticosteroids in severe ulcerative colitis: a systematic review of the literature and meta-regression. Clin Gastroenterol Hepatol 2007;5:103-110. 7. Hart AL, Ng SC. Review article: the optimal medical management of acute severe ulcerative colitis. Aliment Pharmacol Ther 2010;32:615-627. 8. Järnerot G, Hertervig E, Friis-Liby I et al. Infliximab as rescue therapy in severe to moderately severe ulcerative colitis: a randomized, placebo-controlled study. Gastroenterology 2005;128:1805-811. 9. Monterubbianesi R, Daperno M, Armuzzi A et al. A Infliximab for severe ulcerative colitis: short-term and one year outcome of three dose regimen. An Italian multicentre open-label study. Gastroenterology 2009;138(S1):S685. 10. Laharie D, Bourreille A, Branche J et al. Groupe d’Etudes Thérapeutiques des Affections Inflammatoires Digestives. Ciclosporin versus infliximab in patients with severe ulcerative colitis refractory to intravenous steroids: a parallel, open-label randomised controlled trial. Lancet 2012;380:1909-15. 11. Chang KH, Burke JP, Coffey JC. Infliximab versus cyclosporine as rescue therapy in acute severe steroid-refractory ulcerative colitis: a systematic review and meta-analysis. Int J Colorectal Dis 2013;28:287-29.

Key Points

riconosciuto e gestito in regirosa deve essere prontamente • Un attacco severo di colite ulce . osservazione medico-chirurgica me di ricovero con una stretta terapeutiche. fattori prognostici guida le scelte • La precoce identificazione dei ovena (“Regime di Oxford”). amento intensivo con steroidi end • Il cardine della terapia è il tratt e terapia di salvataggio nei sono ugualmente efficaci com • La ciclosporina e l’infliximab pia steroidea. pazienti non responsivi alla tera di rapido deterioramento siderata in caso di complicanze, con pre • La colectomia va sem alla terapia di salvataggio. clinico o in caso di non risposta

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Un caso di sanguinamento gastroenterico da causa oscura in un paziente con sindrome di Peutz-Jeghers MARCO PENNAZIO, TATIANA SPRUJEVNIK, STEFANIA CARONNA U.O. Gastroenterologia 2, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino

Peutz Jeghers syndrome (PJS) is an autosomal dominant condition characterized by hamartomatous polyps throughout the gastrointestinal (GI) tract and mucosal cutaneous pigmentation, especially of the vermilion border of the lips. PJS is associated with increased risk of GI and non-GI malignancies. The predominant clinical features of PJS are the result of GI polyposis, which can lead to abdominal pain, intussusception, and bleeding. We report the case of a teenage boy suffering from PJS, operated on for intussusception of the small intestine ten years ago. Because of obscure GI bleeding, he was investigated by capsule endoscopy, which identified a large ileal polyp which was successfully removed by single-balloon enteroscopy. The development of capsule endoscopy and deviceassisted enteroscopy has significantly improved our ability to diagnose and treat patients suffering from this disorder.

Key Words Obscure bleeding, capsule endoscopy, enteroscopy, Peutz-Jeghers syndrome

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PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO Viene qui riportato il caso di un adolescente di 15 anni affetto da PJS, portatore della mutazione in STK11/LKB1, con un’anamnesi di invaginazione ileale con resezione parziale dell’ileo occorsa all’età di 5 anni. Il paziente era sottoposto a sorveglianza mediante esofagogastroduodenoscopia, colonscopia e Rx transito seriato del tenue, eseguite ad intervalli irregolari presso altri centri. Le ultime indagini strumentali risalivano a circa 6 anni addietro. Per la comparsa di una anemia con persistente positività del sangue occulto fecale veniva ricoverato nel nostro reparto per accertamenti. All’ingresso: L’emocromo mostrava un valore di Hb di 8.8 gr/dl, la sideremia era di 30 µg/ dl e la ferritina 18 ng/ml. L’esame obiettivo generale era negativo tranne per la presenza macule color marrone scuro attorno alle labbra. Non era presente sintomatologia addominale. Ipotesi diagnostica: Sanguinamento a partenza dal tratto digestivo.

SVILUPPO DEL CASO CLINICO Nel corso della degenza sono stati eseguite una esofagogastroduodenoscopia risultata negativa e una colonscopia in cui è stato riscontrato un polipo peduncolato del colon discendente (1.5 cm) che è stato asportato mediante polipectomia endoscopica. Istologicamente si trattava di un polipo amartomatoso. Una ecografia addominale e testicolare sono risultate nella norma. Nel sospetto della presenza di polipi a livello dell’intestino tenue è stata quindi programmata un’endoscopia con videocapsula. Stante l’anamnesi di pregressa resezione dell’intestino tenue il paziente è stato dapprima sottoposto a verifica della pervietà intestinale mediante capsula Patency Agile® che è risultata nella norma (dispositivo evacuato intatto dopo 28 ore dalla ingestione). All’endoscopia con videocapsula era segnalata, a circa due ore di registrazione, una grossa formazione polipoide peduncolata, verosimilmente localizzata nel digiuno distale [Figura 1 e 2].

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Figura 1 e 2 Endoscopia con videocapsula: polipo peduncolato

Il paziente è stato quindi sottoposto ad enteroscopia a singolo-pallone in anestesia generale. L’esame mostrava un grosso polipo peduncolato localizzato nell’ileo prossimale a circa 320 cm dell’angolo duodeno-digiunale di Treitz [Figura 3]. Si è proceduto a polipectomia endoscopica con ansa diatermica, previa infiltrazione del peduncolo con adrenalina diluita in fisiologica [Figura 4].

Figura 3 Enteroscopia a singolo pallone: polipo peduncolato ileo prossimale

Figura 4 Enteroscopia a singolo pallone: polipectomia endoscopica

La formazione è stata successivamente recuperata per tipizzazione istologica [Figura 5]. È stato altresì praticato un tatuaggio con inchiostro di china sterile nella sede della polipectomia. Non si sono registrate complicazioni immediate legate alla metodica. Anche in questo caso l’esame istologico deponeva per un polipo amartomatoso.

Figura 5 Enteroscopia a singolo pallone: recupero del polipo

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Endoscopy Learning Library

CONCLUSIONI Ad un anno dalla polipectomia il paziente è in buone condizioni generali, non mostra segni di anemizzazione e prosegue il programma di follow-up clinico e strumentale per la patologia di cui è affetto.

CORRESPONDING AUTHOR MARCO PENNAZIO U.O. Gastroenterologia 2 Dipartimento di Medicina Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino Via Cavour, 31 - 10123 Torino Tel. + 39 011 6333980 Fax + 39 011 6333979 E-mail: pennazio.marco@gmail.com

BIBLIOGRAFIA 1. Gastineau S, Viala J, Caldari D et al. Contribution of capsule endoscopy to Peutz-Jeghers syndrome management in children. Dig Liver Dis 2012;44:839-43. 2. Aggarwal P, Kumaravel V, Upchurch BR. Single-balloon enteroscopy in managing Peutz Jeghers syndrome polyps. Therap Adv Gastroenterol 2012;5:439-41. 3. Manno M, Riccioni ME, Cannizzaro R et al. Diagnostic and therapeutic yield of single balloon enteroscopy in patients with suspected small-bowel disease: Results of the Italian multicentre study. Dig Liver Dis 2013;45:211-15. 4. Di Nardo G, Oliva S, Aloi M et al. Usefulness of single-balloon enteroscopy in pediatric Crohn's disease. Gastrointest Endosc 2012;75:80-86. 5. Sakamoto H, Yamamoto H, Hayashi Y et al. Nonsurgical management of small-bowel polyps in PeutzJeghers syndrome with extensive polypectomy by using double-balloon endoscopy. Gastrointest Endosc 2011;74:328-33. 6. Beggs AD, Latchford AR, Vasen HF et al. Peutz-Jeghers syndrome: a systematic review and recommendations for management. Gut 2010;59:975-86.

Key Points

nante, rara malattia ereditaria, autosomica domi • La sindrome di Peutz-Jeghers (PJS) è una a livello di tutto il tratto gastrotosi toma amar polipi li multip di nza caratterizzata dalla prese della ea localizzata prevalentemente a livello enterico e dalla pigmentazione mucocutan regione periorale e delle labbra. inali che rischio di sviluppare sia tumori gastrointest • I pazienti con PJS hanno un aumentato a cliniglianz sorve di a amm progr rato ad un accu extraintestinali e vanno quindi sottoposti ca e strumentale. locasoprattutto legate alla presenza dei polipi • Le manifestazioni cliniche prevalenti sono o luogo a sintomi dand i nsion dime enti differ di essere no lizzati all’intestino tenue, che posso intestinale e sanguinamento. quali dolore addominale, invaginazione e ha la e dell’enteroscopia assistita da devic capsu • L’avvento dell’endoscopia con video i cui nti, pazie i quest a o eutic terap e diagnostico notevolmente cambiato il management tati endoscopicamente, limitando aspor casi dei parte ior magg nella polipi possono essere il ricorso alla chirurgia a casi selezionati. ita in tecnica non semplice che andrebbe esegu • L’enteroscopia assistita da device è una ti. esper tori opera da centri di endoscopia di terzo livello e

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SIGENP "UNIT" CHI SIAMO E COSA FACCIAMO SIGENP presenta SIGENP, chi siamo e cosa facciamo. Una "vetrina" dedicata ai Centri presenti sul territorio nazionale è un atto dovuto verso una gastroenterologia pediatrica italiana moderna ed al passo con i tempi. In questo numero, il Prof. Arrigo Barabino ci accompagnerà in un viaggio virtuale all'interno della sua Unit presentando le varie attività ed i particolari interessi di natura clinico-assitenziale.

U.O.C. Pediatria III ad indirizzo Gastroenterologico con Endoscopia Digestiva Istituto G. Gaslini, IRCCS Genova ARRIGO BARABINO, PAOLO GANDULLIA, ANGELA CALVI, LIA GIOVANNINI, SILVIA VIGNOLA, SERENA ARRIGO

ARRIGO BARABINO

Ambulatorio di gastroenterologia Per informazioni/prenotazioni: tel. 010 5636.637 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 16.00. L'ambulatorio è aperto martedì, mercoledì e giovedì mattina. Visite urgenti “U”, da espletarsi entro 72 h, o “B”, da espletarsi entro 10 gg, su telefonata del Curante allo 3357413604 dalle ore 14.00 alle 15.00 dal lunedì al venerdì.

Ambulatorio celiachia Solo per pazienti già diagnosticati. Per informazioni/prenotazioni: tel. 010 5636.585 martedì, mercoledì, giovedì dalle ore 14.00 alle 15.00. L'ambulatorio è aperto martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 14.00 alle ore 16.00. Day Hospital Il DH è aperto lunedì, martedì, mercoledì e giovedì mattina. Per informazioni/prenotazioni: tel. 010 5636.585 lunedì, martedì, mercoledì, giovedì dalle ore 14.00 alle 15.00. Ricovero ordinario Per informazioni/prenotazioni: tel. 010 5636.241 dalle ore 8.00 alle 9.00 dal lunedì al venerdì. DIAGNOSTICA STRUMENTALE Endoscopia Digestiva diagnostica ed intervenzionale pHmetria/impedenzometria esofago-gastrica Breath test (all'urea marcata per l’infezione da Helicobacter pylori [in collaborazione con la Cattedra di Gastroenterologia Università di Genova] e all’H2 per l’intolleranza ai carboidrati) Test di funzionalità intestinale Diagnostica per immagini (tradizionale, ecografia, TAC spirale, Risonanza Magnetica effettuata dall’U.O.C. di Radiologia dell’Istituto) Scintigrafia (effettuata dalle Medicine Nucleari dell’Ospedale Galliera e Villa Scassi- Sampierdarena) Enteroscopia con videocapsula (effettuata dall’U.O.C. di Gastroenterologia dell’Ospedale Galliera)

Interventi terapeutici • La terapia medica • La nutrizione clinica artificiale (enterale e parenterale in degenza e domiciliare) • Le diete selettive • La terapia endoscopia intervezionale: dilatazioni intestinali, gestione dell’ipertensione portale, resezione di polipi intestinali, tamponamento di emorragie digestive, demolizioni di web duodenali o duplicazioni esofagee, applicazione di gastrostomie per nutrizione enterale, estrazione di corpi estranei • La colangio-pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) terapeutica (in convenzione con l’U.O.C di Gastroenterologia dell’Ospedale Galliera • La terapia chirurgica digestiva neonatale (malformativa) o pediatrica effettuata dalla U.O.C. di Chirurgia Pediatrica/ Cattedra di Chirurgia Pediatrica dell'Istituto, con particolare riferimento alla chirurgia laparoscopica delle malattie infiammatorie croniche intestinali.

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SIGENP Units Presentation

L’attività clinica riguarda tutta la patologia gastrointestinale del bambino con particolare riferimento a: • Malattie infiammatorie croniche intestinali (Malattia di Crohn e colite ulcerosa) [area eccellenza] • Malattia celiaca (l’U.O.C. è Centro di riferimento regionale per la Celiachia) • Insufficienza intestinale cronica benigna da diarree croniche intrattabili dell’infanzia, intestino corto e pseudoostruzioni intestinali croniche [area eccellenza] • Gestione del pre-trapianto intestinale • Nutrizione clinica (enterale e parenterale in degenza e domiciliare) [area eccellenza] • Disordini motilistici intestinali • Intolleranza ai carboidrati • Patologia gastrointestinale da allergia alimentare • Malattia peptica • Epatologia malformativa ed autoimmune • Gestione del pre e post-trapianto epatico • Endoscopia digestiva diagnostica ed operativa, con un medico titolare dell’Incarico di Alta Specializzazione (IAS) in Endoscopia Intervenzionale: gastroscopia e pancolonscopia con ileoscopia retrograda, dilatazione di stenosi esofagee e coliche, applicazione di stent, polipectomia, tamponamento di emorragie (terapia iniettiva, clip metalliche, goldenprobe argon-plasma) estrazione di corpi estranei, legatura e sclerosi di varici esofagee, applicazione di gastrostomie per via endoscopica (PEG). [area eccellenza] • colangio-pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP) diagnostica (in convenzione con l’U.O.C di Gastroenterologia dell’Ospedale Galliera • Gestione della nutrizione clinica del paziente con disabilità complessa (attività multidisciplinare). Attività di Ricerca L’U.O.C. è impegnata sulla ricerca clinica riguardante: • le malattie infiammatorie croniche intestinali: epidemiologia, storia naturale, farmaci off-label, ottimizzazione terapia con tiopurine (genotipizzazione TPMT, ITPA, dosaggio metaboliti) • nutrizione clinica: partecipazione a registri nazionali, sperimentazione di nuove formulazioni di nutrienti • stenosi esofagee: follow-up a lungo termine dopo dilatazione endoscopica. Principali collaborazioni • Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma • Centro Trapianti Ospedale di Bergamo • Chirurgia Pediatrica Ospedali Civili di Brescia • S.C Gastroenterologa Pediatrica Università La Sapienza, Roma • S.C. Gastroenterologia Ospedali Galliera, Genova • Cattedra Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Università di Genova. Staff Arrigo Barabino, Paolo Gandullia, Angela Calvi, Lia Giovannini, Silvia Vignola, Serena Arrigo PUBBLICAZIONI • Romeo E, Jasonni V, Caldaro T, Barabino A, Mattioli G, Vignola S, di Abriola GF, De Angelis P, Pane A, Torroni F, Rea F, Dall'Oglio L. Strictureplasty and intestinal resection: different options in complicated pediatric-onset Crohn disease. J Pediatr Surg 2012 May;47(5):944-8. • Cangemi G, Barabino A, Barco S, Parodi A, Arrigo S, Melioli G. A validated HPLC method for the monitoring of thiopurine metabolites in whole blood in paediatric patients with inflammatory bowel disease. Int J Immunopathol Pharmacol 2012 Apr-Jun;25(2):435-44. • Barabino A, Arrigo S, Gandullia P, Vignola S. Duodenal web: complications and failure of endoscopic treatment. Gastrointest Endosc 2012 May;75(5):1123-4. • Barabino A, Nardi F, Arrigo S, Gandullia P, Vignola S, Muraca M, Montobbio G, Pini-Prato A. Tubular esophageal duplication in a boy: further evidence of a possible endoscopic treatment. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2012 Aug 7. [Epub ahead of print] • Mattioli G, Guida E, Pini-Prato A, Avanzini S, Rossi V, Barabino A, Coran AG, Jasonni V. Technical considerations in children undergoing laparoscopic ileal-J-pouch anorectal anastomosis for ulcerative colitis. Pediatr Surg Int 2012 Apr;28(4):351-6. doi: 10.1007/s00383-011-3030-1. Epub 2011 Nov 30.

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RECAPITI Direttore Prof. Dott. Arrigo Barabino Segreteria Tel. 010 5636350 Fax 010 383688 Caposala Sig.ra Monica Franzi Tel. 010 5636241 Ore 8.30-9.30 dal lunedì al venerdì Referente per la qualità Dott.ssa Angela Calvi Tel. 010 5636350 Degenza Tel. 010 5636241 E-mail pediatria3@ospedale-gaslini.ge.it


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The occurrence of mycotoxins as food contaminants represents a serious treat for the population, in particular for the children, exposed to the intake of contaminated food. Health risk assessment and risk management have been adopted by the World Health Organization, and the establishment of mycotoxins levels and regulations need be developed focusing on child characteristics and health concerns.

Le micotossine negli alimenti: un rischio sottovalutato per i giovani consumatori Antonello Santini, Gian Carlo Tenore, Alberto Ritieni Dipartimento di Farmacia – Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Introduzione Le micotossine dal punto di vista chimico sono un gruppo eterogeneo di molecole prodotte dal metabolismo secondario di alcuni miceti e sono tossiche sia per gli animali che per l’uomo. Sono attive su numerose funzioni cellulari, e la loro tossicità è bene documentata in letteratura. Alcune micotossine hanno azione nefrotossica (ocratossine), epatotossica (aflatossine), immunotossica (aflatossine e ocratossine), mutagena (aflatossine), teratogena (ocratossine) e cancerogena (aflatossine, ocratossine, fumonisine) (1). In generale, queste sostanze entrano in contatto con l’organismo attraverso l’alimentazione. Il cibo contaminato è considerata la fonte principale di rischio anche se l’inalazione di spore o il contatto attraverso la pelle sono possibili vie di contaminazione. Le micotossine o i loro metaboliti attivi possono essere presenti negli alimenti anche dopo i processi di preparazione e sono motivo di crescente preoccupazione per la salute dei consumatori (2). Un aspetto rilevante è costituito dalla possibile presenza di micotossine in forma di metaboliti secondari potenzialmente tossici in prodotti alimentari derivati da animali alimentati con mangimi contaminati. Questo fenomeno è noto come “carry over”, e provoca l’accumulazione di sostanze potenzialmente tossiche (3). I metaboliti secondari sono generalmente resistenti al calore e non vengono completamente distrutti dalle normali operazioni di cottura o di preparazione degli alimenti. Le condizioni climatiche e geografiche, le pratiche di coltivazione e di conservazione, e il tipo di substrato interessato influenzano molto la formazione e lo sviluppo di micotossine. Gli alimenti più esposti alla contaminazione sono i cereali, i semi, la frutta secca, i legumi, le spezie, il caffè, il cacao (4). In generale, l’impatto delle micotossine sulla salute dipende dalla quantità di micotossine assunta con gli alimenti, dalla tossicità del composto, dal peso corporeo dell’individuo, e dalla co-presenza di micotossine diverse nello stesso alimento. Gli effetti provocati dalle micotossine sulla salute dell’uomo e degli animali sono noti e descritti dal 1960, quando, in Inghilterra, la “malattia X” del tacchino (turkey X disease) causata da farina di arachidi contaminata da una tossina prodotta da Aspergillus flavus, l’aflatossina, provocò la morte di numerosi tacchini, ma anche di anatroccoli, suini e bovini. Il consumo di alimenti contaminati da micotossine può produrre nell’uomo un’ampia varietà di quadri patologici sia acuti che cronici, che possono avere origine anche dai primi mesi di vita dei soggetti coinvolti. Alcune micotossine di maggiore rilevanza Tra le micotossine più importanti, dal punto di vista quantitativo, coinvolte nei processi patologici, possono essere considerate le aflatossine, lo zearalenone, le ocratossine, e le fumonisine, anche se è ragionevole prevedere che i moderni metodi analitici potranno consentire di aumentare il numero di micotossine rilevabili anche in quantità esprimibili in parti per bilione (ppb, ng/g) o parti per trilione (ppt, ng/kg).

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Tabella 1 Alcuni funghi microscopici che possono produrre micotossine a rischio per la salute dei bambini (Etzel, 2006)

Fungo

Micotossine

Effetti combinati sulla salute

Aspergillus flavus, A. parasiticus

Aflatossine

Vomito, epatite, cancro del fegato

Fusarium verticillioides

Fumonisine

Vomito, neural tube defects, cancro esofageo

Fusarium culmorum

Deossinivalenolo

Vomito

Fusarium sporotrichiodes

Tossina T-2

Aleuchia tossica alimentare, vomito, emorragie

Aspergillus ochraceus, A. niger

Ocratossine

Nefropatia Endemica Balcanica, cancro del rene

Penicillium expansum

Patulina

Vomito, cancro (sospetto)

Fusarium graminearum

Zearalenone

Effetti estrogeni, sospetto di cancro alla cervice dell’utero

Claviceps purpurea

Ergot alcaloidi

Ergotismo

La Tabella 1 riporta alcuni microfunghi responsabili della produzione di metaboliti secondari e gli effetti combinati sulla salute, principalmente dei bambini (5). Le aflatossine sono i metaboliti secondari maggiormente osservate negli alimenti: sono prodotte da alcuni ceppi di Aspergillus flavus e da quasi tutti i ceppi di Aspergillus parasiticus. Chimicamente sono dei derivati della cumarina, e vengono indicate con le sigle B1, B2 (rispettivamente metossi-difuro-cumarone e metossi-difuro-cumaro-lattone), G1, G2 (loro diidroderivati), M1, M2 (metaboliti idrossilati rispettivamente di B1 e B2 che si riscontrano nel latte di lattifere alimentate con mangimi contaminati da aflatossine B1 e B2). Le lettere B e G corrispondono al tipo di fluorescenza che queste micotossine emettono se irradiate con luce ultravioletta di 360 nm (Blue o Green), mentre la lettera M è l’iniziale del prodotto idrossilato che viene ritrovato nel latte (Milk). Sono essenzialmente delle epatotossine dotate anche di attività cancerogena, mutagena e teratogena: la più potente è la aflatossina B1, AFB1 altamente tossica per somministrazione acuta, con una DL50 pari a 60 mg/kg nel topo; per l’uomo la dose mortale di aflatossina B1 oscilla è compresa tra 0.6 e 10 parti per milione (ppm = mg/kg). Le aflatossine sono assorbite nel tratto gastrointestinale dove vengono o attivate metabolicamente o detossificate nella mucosa intestinale e nel fegato. La biotrasformazione della aflatossina B1, AFB1 varia molto da specie a specie ed è largamente influenzata da fattori endogeni ed esogeni. Tale biotrasformazione avviene attraverso processi di epossidazione, ossidrilazione, O-demetilazione, coniugazione e processi non enzimatici. In particolare, l’AFB1 subisce una ossidazione, dipendente dal citocromo P-450 che porta sia a vari metaboliti ossidrilati, sia all’8,9-epossido, elettrofilo instabile e altamente reattivo dal punto di vista biologico che forma addotti covalenti con DNA (soprattutto AFB-N7-guanina), RNA e proteine. L’intossicazione acuta in genere si manifesta con grave apatia, perdita dell’appetito, febbre più o meno elevata e morte dell’animale in tempi varianti a seconda della sensibilità specifica. Generalmente, il fegato appare pallido, aumentato di volume con necrosi del parenchima.

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I reni possono presentare delle lesioni da glomerulonefrite, mentre a livello polmonare si osservano fenomeni di congestione. I segni più visibili legati all’intossicazione cronica consistono in inappetenza, rallentamento della crescita accompagnato da perdita di peso. Il fegato risente maggiormente dell’attività tossica: risulta congestionato e presenta delle zone emorragiche e necrotiche e, quando l’intossicazione è prolungata, si manifestano processi cancerogeni. I reni sono congestionati e occasionalmente si può osservare enterite emorragica. Inoltre, compaiono stato depressivo e disturbi nervosi, quali incoordinazione motoria, perdita di equilibrio e spasmi muscolari. In generale l’impatto delle micotossine sulla salute umana non è trascurabile. Sono stati accertati eventi epidemiologici di tossicosi acute nell’uomo principalmente associati al consumo di cereali contaminati mediamente da quantità modeste, circa 2 ppm di AFB1. Esiste una correlazione positiva tra la ingestione di aflatossine con la dieta e l’incidenza del cancro del fegato (5). Il cancro primario del fegato è soprattutto una malattia delle popolazioni giovani delle regioni tropicali e subtropicali, dove è maggiore il rischio di contaminazione da micotossine negli alimenti, mentre è relativamente raro in Europa e in America del Nord. Tra i prodotti importanti risultano particolarmente contaminati le arachidi, il mais e la manioca che trovano larghissimo impiego anche nell’alimentazione del bestiame (6). La comunità europea ha individuato un limite di 4 ppb di aflatossine per gli alimenti umani, mentre per quanto concerne l’alimentazione animale la concentrazione massima attualmente ammessa è di 50 ppb nei mangimi per vitelli, agnelli, pollame e suini. Per i bovini da latte il limite è di 10 ppb. Gli zearalenoni sono prodotti da diverse specie di Fusarium e in particolare da F. graminearum, F. gulmorum e F. equiseti. Dati recenti indicherebbero un’attività cancerogena dello zearalenone e il suo passaggio nel latte. I prodotti più soggetti alla colonizzazione di specie tossigene di Fusarium e all’accumulo di zearalenone sono essenzialmente i cereali e, in particolare, il mais, il frumento, il sorgo, l’orzo e l’avena. Le ocratossine sono un gruppo di metaboliti strutturalmente simili, prodotti da funghi del genere Aspergillus e Penicillium, in particolare da A. ochraceus e da P. viridicatum. Quelle attualmente conosciute sono l’ocratossina A e la B e delle due quella più tossica è la A. Il suo assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale e, attraverso la circolazione entero-epatica, può essere escreta e riassorbita. Il principale organo bersaglio dell’ocratossina è il rene, ma per dosi sufficientemente elevate si ha tossicità anche a livello epatico con infiltrazione grassa e accumulo di glicogeno negli epatociti per blocco del sistema enzimatico delle fosforilasi. Oltre all’azione nefrotossica è riportata per questa tossina un’azione teratogena e immunosoppressiva. Tra i prodotti che con più frequenza vengono trovati contaminati vi sono l’orzo, il sorgo, il mais, diversi legumi, il caffè crudo in grani (la tostatura denatura le ocratossine) e vari prodotti da forno e l’esposizione giornaliera non dovrebbe essere superiore a valori di pochi ng/kg peso corporeo/giorno. Le fumonisine sono un gruppo di sostanze strutturalmente correlate prodotte principalmente dalla specie Fusarium moniliforme e F. proliferatum. Chimicamente le fumonisine sono diesteri dell’acido tricarballilico e polial-

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coli e hanno una struttura chimica simile a quella della sfingosina precursore chimico di tutti gli sfingolipidi, sostanze che esplicano un importante ruolo in numerose funzioni cellulari, a livello di crescita, di differenziazione cellulare e di trasmissione degli impulsi nel sistema nervoso. Le fumonisine, come altre micotossine, sono termostabili: la distruzione della struttura molecolare richiede temperature di circa 220°C. Queste sostanze sono epatotossiche, ed hanno azione di inibizione della sintesi degli sfingolipidi inibendo la azione della sfingosina come agente antitumorale endogeno. Nell’uomo il consumo di cereali contaminati da fumonisina potrebbe essere all’origine di un’elevata incidenza di cancro all’esofago. I giovani consumatori sono esposti al rischio alimentare da micotossine in misura differente a seconda del Paese di origine. Hanno infatti una maggiore possibilità di sviluppare patologie croniche stimolate da una esposizione in giovane età a contaminazione da micotossine. Questa circostanza si verifica più frequentemente nei Paesi in via di sviluppo dove la sovrapopolazione e la possibilità di minore controllo sugli alimenti in campo e nelle fasi di produzione e conservazione rendono la popolazione giovane più esposta al rischio connesso alla presenza delle micotossine e dei loro metaboliti secondari. I bambini in particolare sono relativamente più esposti a contaminanti ambientali a causa della loro metabolismo meno sviluppato, alla elevata velocità di produzione di cellule, crescita e cambiamento. In aggiunta ad una maggiore vulnerabilità ambientale i bambini sono maggiormente esposti anche a causa di fattori diversi, come il tempo di esposizione, la povertà, la malnutrizione o la cattiva alimentazione. Rispetto agli adulti, l’esposizione può essere maggiore a causa di una maggiore velocità di assunzione di alcuni alimenti per peso corporeo, la farmacocinetica di sostanze contaminanti esogene è diversa rispetto agli adulti dato che il metabolismo, la capacità di detossificazione, la capacità di legarsi con le proteine, la farmacodinamica, sono differenti e anche la sensibilità nello sviluppo di tessuti e sistemi nei neonati e nei giovani può essere anche molto diversa rispetto a quella degli adulti (7). Non è stato ancora tuttavia chiarito in maniera esaustiva come le micotossine possano influenzare in maniera negativa lo sviluppo di un individuo. I biomarcatori hanno una grande potenzialità come misuratori della quantità di esposizione e della dose biologica effettiva come anche quella di segnalare in anticipo effetti di danno biologico e possono documentare suscettibilità individuali a micotossine in composti di interesse alimentare. I continui progressi nel campo dei marcatori biologici e delle scienze omiche potranno fornire un maggiore approfondimento nella comprensione dei processi patologici e delle differenze nei processi di danno derivanti dalla esposizione a micotossine in organismi adulti e giovani specialmente riguardo alla co presenza di diverse micotossine e agli effetti della contemporanea presenza nella dieta di sostanze come vitamine o antiossidanti e dei trattamenti di processo degli alimenti (8,9).

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Corresponding author Antonello Santini Dipartimento di Farmacia Università di Napoli “Federico II” Via D. Montesano, 49 - 80131 Napoli Tel./Fax + 39 081 2539317 E-mail: asantini@unina.it

BIBLIOGRAFIA 1. Richard JL. Some major mycotoxins and their mycotoxicoses- An overview. International Journal of Food Microbiology 2007;119:3-10. 2. Moss MO. Risk assessment for aflatoxins in foodstuffs. International Biodeterioration & Biodegradation 2002;50:137-42. 3. Kumar V, Basu, MS, Rajendran TP. Mycotoxins research and mycroflora in some commercially important agricultural commodities. Crop Protection 2008;27:891-905. 4. Groopman JD, Kensler TW, Wu F. Food Safety: Mycotoxins - Occurrence and Toxic Effects. Encyclopedia of Human Nutrition (Third Edition) 2013;37-341. 5. Etzel RA. What the primary care pediatrician should know about syndromes associated with exposures to mycotoxins. Curr Probl Pediatr Adolesc Health Care 2006;36:282-305. 6. Milićević DR, Škrinjar M, Baltić T. Real and Perceived Risks for Mycotoxin Contamination in Foods and Feeds: Challenges for Food Safety Control. Toxins 2010;2:572-92. 7. Besunder JB, Reed, MD, Blumer JL. Principles of drug biodisposition in the neonate. A critical evaluation of the pharmacokinetic-pharmachodynamic interface (Part I). Clin Pharmacokinet 1988;14:189-216. 8. Arcella D, Leclercq C. Modeling exposure to mycotoxins. Mogan N, Olsen M. (Eds.), Mycotoxins in Food, Detection and Control, CRC Press, Woodhead Publishing Ltd, New York, Cambridge, England. 2004;32-48. 9. Bullerman LB. Processing effects on mycotoxins: introduction. DeVries JW, Trucksess MW, Jackson LS (Eds.), Mycotoxins and Food Safety. Advances in Experimental Medicine and Biology, Vol. 504. Kluwer Academic/Plenum Publishers, New York. 2002.

Key Points • Le micotossine sono chimicamente eterogenee e sono prodotte dal metabolismo secondario di alcuni miceti. • Le micotossine sono tossiche sia per gli animali che per l’uomo. • Le micotossine e i loro metaboliti attivi possono essere presenti negli alimenti anche dopo i processi di preparazione e sono motivo di crescente preoccupazione per la salute dei giovani consumatori. • Le condizioni climatiche e geografiche, le pratiche di coltivazione e di conservazione influenzano la formazione e lo sviluppo di micotossine. • Gli alimenti più esposti alla contaminazione sono i cereali, i semi, la frutta secca, i legumi, le spezie, il caffè, il cacao.

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