Giornalesigenp 04 2013

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ommario

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PAPER ALERT

La pubblicazione scientifica e l'effetto "Ivory Tower" di C. Romano

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Topic HighLight

Intervista a Marc Rhoads. Il dolore addominale in età pediatrica di M. Baldassarre

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CLINICAL SYSTEMATIC REWIEV

Terapia dell’acalasia esofagea Treatment of esophageal achalasia

di C. Esposito, M. Escolino, I. Giurin, M. Iaquinto, A. Roberti, F. Turrà, A. Settimi

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Pediatric Nutrition

Nutrizione e diabete di tipo 1 Nutrition and type 1 diabetes di G. De Filippo

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Training and Educational Corner

La manometria esofagea nei disordini motori dell’esofago Esophageal manometry in the assessment of motor disorders of the esophagus di P. Zentilin e V. Savarino

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IBD HIGHLIGHTS

Osteoporosi e IBD

Osteoporosis and Inflammatory Bowel Diseases di G.E. Tontini, L. Spina, L. Pastorelli, G. de Nucci, F. Cavallaro, M. Vecchi, C. Zanchi, S. Martelossi

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

Cortisonici vecchi e nuovi in Gastroenterologia Pediatrica Old and new corticosteroids in Paediatric Gastroenterology di S. De Iudicibus, G. Decorti, S. Martelossi

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Case report

Una causa rara di diarrea cronica in età pediatrica A rare cause of chronic diarrhea in children

di C. Calzolari, B. Bizzarri, A. Ghiselli, G.L. de’ Angelis


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ommario

Endoscopy Learning Library

La POEM

Peroral Endoscopic Myotomy di P. Familiari, I. Boskoski, V. Gigante, G. Costamagna

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SIGENP UNITS PRESENTATION

Chi siamo e cosa facciamo Who we are and what we do

Unità di Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva, Epatologia e Cura del Bambino con Trapianto di Fegato, Azienda Ospedaliera, Università di Padova

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HEALTH AND FOOD SCIENCE

Impiego dei nutraceutici nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nell’enterocolite necrotizzante Nutraceutics in intestinal bowel disease of children and necrotizing enterocolitis

di T. Capriati, F. Panetta, R.E. Papa, D. Marino, A. Wunderle, E. Gallo, G. Cassano, R. Francavilla, A. Diamanti

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente

Carlo Catassi

Vice-Presidente

Tiziana Guadagnini

Segretario

Giovanni Di Nardo

Tesoriere

Daniela Knafelz Renata Auricchio, Licia Pensabene, Claudio Romano, Silvia Salvatore

Consiglieri

Come si diventa Soci della

Con il contributo di

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Giovanna Clerici g.clerici@areaqualita.com L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Soci junior: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02 55 12 322 - Fax 02 73960564 E-mail: sigenp@areaqualita.com

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Claudio Romano claudio.romano@unime.it c ap o redattore

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Fiorenza Lombardi Borgia impagi na zio ne

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I VAnTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP Gli scopi principali della società sono: • promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • sviluppare le relazioni scientifiche con le altre società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.

Come si diventa Soci della SIGENP L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dall’anno 2013 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Soci junior: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30.

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Dosi e modalitĂ di assunzione consigliate: bere ad libitum. Sciogliere il contenuto della busta A e della busta B in circa 200 ml di acqua.


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La pubblicazione scientifica e l’effetto “Ivory Tower”

a cura di Claudio Romano

La divulgazione della ricerca scientifica avviene per mezzo della pubblicazione in riviste scientifiche. Il valore dei ricercatori, sin da quando sono studenti “graduate” (2° livello), si misura oltre che per la loro destrezza in laboratorio e cultura anche per la quantità e qualità delle loro pubblicazioni. Oggi si assiste ad un eccesso di informazioni e pubblicazioni e ciò è un problema reale per i clinici, i manager e i ricercatori. È opportuno ricercare metodi capaci di ridurre il volume della letteratura (risorse, abilità, tecnologie). In generale l’80% di quello che ci serve si trova nel 20% della letteratura totale e non avremo mai bisogno del resto. In numerose circostanze negli studi pubblicati si possono riscontrare imprecisioni e minimi errori, o sono troppo lontani dalla realtà (effetto “Ivory Tower") e quindi non applicabili nella pratica clinica. Appare quindi necessario per chi lavora nell’ambito del mondo scientifico avere la capacità di separare gli studi “buoni” dai “cattivi”, sapere filtrare la ricerca originale o le meta-analisi di buona qualità e decidere quali articoli influenzeranno la nostra pratica clinica infrangendo le barriere tra ricerca (scienza pura) e pratica (scienza applicata) e supportando lo sviluppo dell’Evidence Based Practice (EBP). Questo processo viene definito “Critical Apprassial” (C.A.)* ed è una tecnica che implementa l’efficienza della nostra lettura permettendoci di escludere ricerche con disegni di studio troppo deboli per la pratica. Quando ci imbattiamo in un lavoro di ricerca ci dobbiamo chiedere preliminariamente: a. Vale la pena leggerlo? b. Il contenuto è credibile? A seguire deve essere valutata la rilevanza (argomento dello studio, importanza attuale nella pratica clinica, somiglianza con il setting dove state lavorando, come è stato scritto, a chi è rivolto, ecc), i fattori estrinseci (chi ha scritto l’articolo, dove lavora, qualifica professionale, se è conosciuto, chi finanzia la pubblicazione, in che rivista è pubblica-

to, se l’autore ha già scritto sull’argomento) ed infine i fattori intrinseci (appropriatezza del disegno dello studio rispetto al quesito di ricerca, la numerosità campionaria, i metodi di reclutamento, i metodi utilizzati per ottenere i risultati, etc.). Nella lettura dell’articolo sopra citato di Jane M Young e Michael J Solomon troverete tutti gli standards necessari e consolidati per la valutazione della tipologia degli studi con tutti gli aspetti metodologici. Un particolare approfondimento merita la valutazione degli outcomes dello studio che dovrebbe rispondere in maniera soddisfacente a 3 dimensioni quali l’efficacia, la soddisfazione ed il rapporto costo/efficacia. Le prime impressioni sono forti impressioni. Un titolo sensato deve essere ben pensato, preparato per dare nei limiti del possibile una definita, precisa e concisa sensazione di cosa viene dopo. Il titolo sembra secondario, ma rappresenta una delle cose più importanti in quanto è l’unica parte che verrà letta anche da migliaia di persone. Il titolo deve immediatamente comunicare di cosa parla il lavoro e quali eventuali implicazioni relative all’argomento affrontato. Non meno importante è l’Abstract, ciò che spesso leggiamo primariamente e talvolta in maniera esclusiva: esso deve essere un sommario descrittivo in forma di paragrafo ed è una mappa generale per il lettore. Dalla parte iniziale andiamo alla “fine”, dove una lettura anche sommaria della bibliografia rappresenta un ulteriore criterio di valutazione complessiva dello studio. In genere manoscritti contenenti parecchie citazioni manifestano insicurezza, infatti la bibliografia che si riporta deve essere solo ed esclusivamente quella citata nel testo. La C.A. è applicabile agli studi primari ma può essere adattata anche nella valutazione degli studi secondari (revisioni della letteratura) con uguale rigore metodologico. Diceva TH Huxley che “la tragedia della maggior parte dei lavori scientifici è ammazzare belle idee con fatti sgradevoli“ cioè non essere capaci di comunicare attraverso una valida pubblicazione ciò che si è dimostrato o approfondito in un progetto di ricerca scientifica. Spetta a coloro che lavorano in questo ambito imparare quelle regole minime che consentono, nella duplice veste di autori e di lettori, di formulare adeguati quesiti clinici, cercare le migliori prove di efficacia, valutare, organizzare e riassumere le evidenze integrando la ricerca alla pratica clinica.

*Jane M Young and Michael J Solomon. How to critically appraise an article. Nat Clin Prac Gastroenterol and Hepatol 2009 February;6(2)

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(4):5

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t gh i l N igh GHA di H a E pic SP curARR To - NA a SS N LDA BA HA A G L P EL ES MARI

Il Professor Marc Rhoads, Direttore della divisione di Gastroenterologia Pediatrica e Nutrizione dell’Università di Houston, Texas (USA), è impegnato da oltre 30 anni sul fronte della ricerca nell’ambito della Gastroenterologia Pediatrica. È inoltre un ottimo clinico, ha delle squisite qualità umane ed un grande “sense of humor”. L’intervista che appare in questo numero offre delle suggestioni importanti da un punto di vista pratico per ciò che riguarda diagnosi e terapia del dolore addominale nel bambino.

I ntervista a MARC RHOADS Il dolore addominale in età pediatrica

MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari

Chronic abdominal pain (CAP) refers to pain that has been present continuously - or occurring at least on a weekly basis when intermittent - for a minimum period of 2 months. It is a description not a diagnosis, and can be due to a functional disorder or organic disease. A functional disorder is one in which symptoms of disease occur in the absence of objective evidence for an organic process. In the majority of cases, CAP in childhood is due to a functional disorder. A detailed history should elicit the characteristics of the pain, precipitating and relieving factors, appetite, dietary intake, and stool history. In the well child with a normal examination and history typical of functional CAP, investigation is usually unnecessary. However, the duration and severity of pain, its impact on daily life and the level of concern will temper this approach.

Nei bambini il dolore addominale si definisce cronico se è presente da più di due settimane, anche se in modo intermittente, e non è sempre facile capire la causa, soprattutto quando il bambino è piccolo. In quali condizioni si può sospettare una causa organica? Quali sono le malattie più frequenti che causano dolore addominale cronico in relazione alle differenti età pediatriche?

Key Words Rome II and III Criteria for diagnosis of functional gastrointestinal disorders, infants colic, chronic abdominal pain, tricyclic antidepressants

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La maggior parte dei bambini con dolore addominale cronico che giunge all’osservazione nella Clinica Universitaria da me diretta a Houston (Texas, ndr) è in età scolare, ma, per un mio interesse personale, vedo anche molti neonati con pianto inconsolabile. Quando un bambino piange troppo ed ha meno di 4 mesi di età, la diagnosi più probabile è che si tratti di coliche, piuttosto che di reflusso gastroesofageo. Il gruppo di David Moore ad Adelaide, in Australia, ha dimostrato che il trattamento con omeprazolo di tali bambini non riduce il tempo del pianto. Per la definizione delle coliche infantili abbiamo i criteri di Wessel (la regola del 3: pian-

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to per > 3 ore al giorno> 3 giorni / settimana nei bambini di età superiore a 3 settimane di vita). Di solito si risolvono nel 3° mese (anche se nel 20% continuano per un tempo più lungo). A volte i genitori non sono sicuri nel riferire la sintomatologia, ed in questi casi può essere un utile ausilio il diario delle coliche di Ron Barr. Un bambino con coliche di solito piange e si agita (anche lo stato di agitazione del piccolo va considerato nel calcolo totale del tempo) per 4-5 ore al giorno, generalmente in periodi di 10-15 min. Abbiamo seguito clinicamente il figlio di un nostro collega medico che piangeva in media 10 ore al giorno! Per ciò che riguarda le cause organiche di dolore addominale in un lattante, penso che le «bandiere rosse» da considerare siano le seguenti: l’addome è morbido o poco trattabile? Le feci sono normali per età e tipo di alimentazione? È positiva la ricerca del sangue occulto nelle feci? C'è vomito incoercibile o biliare? Il bambino ha febbre? Il mese scorso mi è capitato il caso di un lattante di pochi mesi con vomito inco-


Prof. Marc Rhoads Marc Rhoads è professore di pediatria presso la facoltà di Medicina, direttore della divisione di Gastroenterologia Pediatrica dell’ Hermann Memorial Hospital all’Università di Houston, Texas (USA) e direttore del programma di training in Gastroenterologia Pediatrica presso la stessa Università. Ha conseguito la laurea in Medicina presso la Johns Hopkins University (Baltimora, USA), la specializzazione in Pediatria presso l’Università di California a Los Angeles (UCLA Hospital & Clinics, USA) ed ha completato la sua formazione in Gastroenterologia Pediatrica presso l’Hospital for Sick Children a Toronto (Canada). Stimolato da esperienze di formazione presso il Centro Internazionale per la ricerca sulle malattie diarroiche in Bangladesh, si è concentrato durante i primi 20 anni di ricerca sullo sviluppo di strategie di trattamento che potrebbero migliorare la riparazione intestinale nei neonati e nei bambini con malnutrizione e diarrea cronica. Le sue attuali linee di ricerca clinica e di laboratorio mirano a valutare l›impatto di microrganismi probiotici sulla risposta immunitaria della mucosa, con l'obiettivo di determinare se hanno un ruolo nel migliorare l'infiammazione gastrointestinale.

ercibile ed un addome poco trattabile. Avevo il sospetto si potesse trattare di malattia di Hirschsprung, ed è pertanto stato eseguito il clisma opaco che ha invece rivelato una stenosi congenita del colon discendente, in cui si è intervenuti chirurgicamente. Alcuni lattanti stanno male a causa di una allergia alle proteine del latte, di esofagite eosinofila (di solito in un’età superiore ai 6 mesi), o esofagite da reflusso (anche se un reflusso gastroesofageo endoscopicamente evidente è raro a questa età a causa del diffuso utilizzo di inibitori della secrezione gastrica acida). Credo che tutte queste condizioni siano molto meno comuni delle coliche, che interessano circa il 10% dei neonati. Il dolore addominale nei bambini in età scolare o adolescenziale è, nella maggior parte dei casi, dovuta a problematiche funzionali dell'intestino. I casi più frequenti riguardano la dispepsia funzionale (dolore epigastrico o senso di fastidio, ripienezza post-prandiale, esame endoscopico normale), dolore addominale funzionale, sindrome dell’intestino irritabile sia nella variante associata alla stipsi, che nella variante associata a diarrea. Giungono alla nostra osservazione anche molti bambini con sindrome del vomito ciclico ed un numero crescente di bambini con ruminazione (sia bambini con ritardo dello sviluppo psicomotorio che bambini con intelligenza normale). È molto importante ottenere una “storia sociale” del bambino con domande aperte, ad esempio «Con chi vivete?», «Come va la scuola?», «Avete avuto stress recenti nella vostra vita?». Molte volte si riescono ad ottenere informazioni illuminanti solo dopo diverse visite cliniche o dopo un esame endoscopico, rivelatosi normale. Una sintomatologia dolorosa intestinale di tipo funzionale sta compa-

rendo in un numero crescente di bambini con disturbi dello spettro autistico. Naturalmente, a tutti noi capita di trovare bambini con cause organiche di dolore addominale. Nella mia pratica clinica le cause più comuni sono l'esofagite eosinofila e/o la gastroduodenite eosinofila, che richiede l’endoscopia per la diagnosi corretta (sono causa di dolore, di solito in età compresa tra 6-12 mesi), l’intolleranza al lattosio, di solito in bambini che hanno più di 10 anni, la malattia di Crohn, principalmente in età adolescenziale (la ricerca del sangue occulto fecale e la calprotectina fecale sono molto utili nello screening dei soggetti da avviare all’esame endoscopico), la discinesia biliare e la presenza di veri e propri calcoli biliari, anche in questo caso di solito si tratta di bambini che hanno più di 10 anni, con un dolore localizzato ai quadranti destri dell’addome, e la malattia ulcerosa, rara, di solito compare in bambini con più di 10 anni, spesso appartenenti a classi sociali meno abbienti, caratterizzata da dolore epigastrico e storia familiare positiva. Questo gruppo di soggetti con malattia organica rappresenta probabilmente circa il 15% di tutto ciò che giunge alla nostra osservazione. Quando un pediatra può essere sicuro che un dolore addominale cronico abbia una origine funzionale?

Benjamin Franklin ha detto: “Nel mon­do nulla può essere sicuro tranne la morte e le tasse”! Ma per rispondere a questa domanda, personalmente trovo che i criteri di Roma II (più dei criteri di Roma III) e la scala di Bristol (da me disegnata su un pezzo di carta!) sono molto utili nel ca-

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ratterizzare da un lato il dolore addominale, dall’altro la forma e la consistenza delle feci. I criteri di Roma sono noti a tutti e sarei curioso di sapere quanti gastroenterologi li utilizzano. Se il dolore addominale viene alleviato dalla defecazione, si tratta certamente di una condizione funzionale, a prognosi favorevole in età pediatrica; molti hanno anche una sensazione di evacuazione incompleta o feci grumose. Altri bambini, in minor numero, hanno gonfiore o dolore associato a un cambiamento nella frequenza o nella consistenza delle feci. Trovo i genitori molto più disposti ad accettare la diagnosi quando dico “il vostro bambino rientra nei criteri di Roma”. E certamente non perché a Roma si trova il Papa! Se il bambino è sotto stress ed i genitori sono d’accordo con questa diagnosi, a volte già dalla prima visita somministro antidepressivi triciclici a basso dosaggio (amitriptilina 0.250.5 mg/kg/die per bocca la sera prima andare a dormire). I criteri di Roma III stanno aiutando i pediatri nella diagnosi del dolore addominale funzionale?

Penso che sia i criteri di Roma II che i criteri di Roma III siano molto utili. Abbiamo infatti inserito questi criteri nel nostro sistema informatico per un facile accesso durante l’anamnesi.

Per fare diagnosi di dolore addominale funzionale è comunque utile prescrivere qualche esame di laboratorio?

Le tue domande sono DIFFICILI! A questa domanda in realtà non si può rispondere sulla base di una chiara evidenza scientifica. In questo particolare momento storico in cui negli

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Topic Highlight ESPGHAN - NASPGHAN

Stati Uniti la spesa medica è fuori controllo, domande come queste avrebbero davvero bisogno di indicazioni basate su dati certi. Di solito prescrivo un emocromo, la proteina C-reattiva, un pannello metabolico completo (con enzimi epatici), il dosaggio della lipasi e degli anticorpi antitransglutaminasi umana tissutale (TTG), ma la resa di questi esami è bassa. Se vi è gonfiore o diarrea, eseguiamo il breath test al lattosio. In alcuni di questi bambini troviamo elevati livelli di idrogeno nel respiro a digiuno, e Melissa Van Arsdall del nostro gruppo sta facendo studi per determinare se in questi casi non vi sia una proliferazione batterica a livello intestinale, una causa di dolore addominale trattabile terapeuticamente (almeno in teoria). Brennan Spiegel della University of California-Los Angeles (UCLA), che studia negli adulti la Sindrome dell’intestino irritabile (IBS), sostiene che l'unico test del sangue di provata utilità negli adulti con sintomi di IBS è il dosaggio degli anticorpi antitransglutaminasi umana tissutale, per escludere la celiachia, che è aumentata di 4 volte in questa popolazione (1). Ritieni che negli ultimi anni si sia verificato un aumento dell’incidenza del dolore addominale funzionale? Se la tua risposta è sì, quali sono secondo te i fattori principali di tale aumento?

Mi occupo di gastroenterologia pediatrica da circa 30 anni e ho sempre visto una grande percentuale di bambini con dolore addominale funzionale. Li ho visti a Toronto, in North Carolina, a New Orleans ed a Houston, caucasici, afroamericani, Asiatici e, soprattutto in questo momento a Houston, ispanici. Non avevamo in passato i criteri di Roma che ci aiutavano, ed era più difficile convincere i genitori che i loro figli avevano bisogno di una consulenza psicologica, che era tutto ciò che avevamo a disposizione negli anni dal 1980 al 1990. Io penso in realtà che la consulenza psicologica sia

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molto utile, quando i genitori siano sufficientemente sensibilizzati. Oggi abbiamo prove scientifiche (a livello di meta-analisi) che supportano l’uso di antidepressivi triciclici negli adulti con IBS (e la mia esperienza con gli stessi farmaci a basso dosaggio nei bambini è stata simile a quanto riportato negli adulti con circa l’ 80% di risposta positiva entro 2-4 mesi). Gli studi sui bambini sono meno convincenti, ma ce ne sono molto meno rispetto a quelli sugli adulti. Bahar ha mostrato un effetto positivo sulla qualità della vita, diarrea e dolore (2), Teitelbaum (3) riporta l’80% di risposta con circa 10 mesi di follow-up, ma solo nei casi di IBS con diarrea, mentre il trial multicentrico condotto da Saps et al (4) non ha mostrato una risposta migliore rispetto al placebo dopo 1 mese di trattamento. Penso che si tratti di farmaci efficaci, ma la mia esperienza non è ancora supportata da chiare evidenze scientifiche. L’aumento della dose sembra essere importante, in quanto le dosi usate per trattare l’IBS e l’emicrania variano da 0,25 a 2,0 mg / kg / die; in rari casi di sindrome del QT prolungato il farmaco non può essere assunto. Bisogna poi considerare anche in età pediatrica le interazioni con l’alcool: una mia paziente adolescente, che aveva bevuto un po’ troppo ad una festa, cadde in un breve stato stuporoso, perché stava assumendo amitriptilina. Mi sembra poi importante sottolinea-

Key Points

re che alcuni gruppi etnici sembrano avere rischi aggiuntivi: gli ispanici sono più predisposti alle malattie della colecisti o all’infezione da H pylori, gli afroamericani presentano in maggior percentuale l’intolleranza al lattosio, gli Ashkenazi ebrei e gli arabi sono più predisposti alle malattie infiammatorie intestinali e la razza caucasica alla celiachia. Per concludere, come mi ha detto Jon Vanderhoof, «Se i genitori fanno venire al medico il mal di pancia, allora si può essere certi della diagnosi!». Corresponding author Marc Rhoads Department of Pediatrics Division of Gastroenterology & Nutrition University of Texas-Houston Medical School 6431 Fannin Street Houston, Texas 77030 E-mail: j.marc.rhoads@ uth.tmc.edu

Bibliografia

1. Ford AC et al. Yeal of Diagnostic tests for celiac disease in individuals with symptoms suggestive of irritable bowel syndrome: systematic review and metaanalysis. Arch Intern Med 2009;169:651-58. 2. Bahar RJ et al. Double-blind placebocontrolled trial of amitriptyline for the treatment of irritable bowel syndrome in adolescence. J Pediatr 2008;152:685-9. 3. Teitelbaum JE et al. Long-term efficacy of low-dose tricyclic antidepressants for children with functional gastrointestinal disorders. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;53:260-4. 4. Saps M et al. Multicenter, randomized, placebo-controlled trial of amitriptyline in children with functional gastrointestinal disorders. Gastroenterology, 2009;137:1261-9.

• Il dolore addominale cronico riconosce una causa funzionale in oltre 85% dei casi in età pediatrica. • I Criteri di Roma II e III sono un valido ausilio per una diagnosi in positivo di “disturbo funzionale gastrointestinale”. • In assenza di sintomi di allarme, gli esami di laboratorio andrebbero prescritti in maniera ridotta e circostanziata (lo screening per celiachia sarebbe comunque sempre indicato). • L’efficacia della terapia farmacologica come per esempio l’utilizzo di farmaci antidepressivi triciclici deve essere dimostrata nella variabile, sindrome dell’intestino irritabile (IBS), con atri trials clinici randomizzati. • L’approccio biopsicosociale è valido specie in età pediatrica con particolare attenzione agli aspetti ambientali ed eventuali fattori scatenanti.

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Because of the high success rate of minimally invasive surgery, today laparoscopic Heller myotomy is the preferred treatment modality for esophageal achalasia in children. Some controversies still linger about the type of fundoplication to perform after the myotomy. The following review describes the data present in the literature in order to identify the best procedure that can achieve relief of dysphagia while avoiding development of gastroesophageal reflux.

Terapia dell’acalasia esofagea CIRO ESPOSITO, MARIA ESCOLINO, IDA GIURIN, MARIANNA IAQUINTO, AGNESE ROBERTI, FRANCESCO TURRÀ, ALESSANDRO SETTIMI Dipartimento Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi di Napoli Federico II”

Introduzione L’acalasia esofagea è un disordine primario della motilità esofagea di eziologia sconosciuta, caratterizzato da assente peristalsi esofagea e dall’incapacità dello sfintere esofageo inferiore (SEI) a rilasciarsi adeguatamente in risposta alla deglutizione. L’obiettivo del trattamento è quello di risolvere l’ostruzione funzionale del SEI, consentendo quindi lo svuotamento del bolo nello stomaco per gravità. La miotomia laparoscopica secondo Heller è considerata oggi la più efficace modalità di trattamento per raggiungere questo obiettivo a lungo termine [Tabella 1]. Tuttavia, la miotomia può causare reflusso di contenuto gastrico nell’esofago aperistaltico, con il rischio di sviluppare complicanze come stenosi, esofago di Barrett, e anche adenocarcinoma. Mentre c’è generale consenso sulla necessità di effettuare una fundoplicatio in concomitanza con la miotomia, non vi è consenso unanime sul tipo di fundoplicatio da eseguire. Obiettivo La seguente revisione descrive i dati presenti in Letteratura per identificare la migliore procedura che consenta la prevenzione o il controllo del reflusso gastroesofageo dopo la miotomia, senza compromettere lo svuotamento esofageo. Metodologia della ricerca bibliografica effettuata I lavori cui faremo riferimento derivano da una ricerca condotta utilizzando come motore di ricerca PubMed con le seguenti parole chiave: (achalasia OR Heller myotomy OR Dor fundoplication OR Toupet fundoplication) AND (children OR infants OR pediatric OR pediatrics). Sono stati applicati i seguenti limiti: all child: 0-18, lingua inglese, date publication: 2003-2013. Terapia medica Non esiste una terapia specifica per l’acalasia poiché la patogenesi della neuropatologia responsabile della compromissione della peristalsi esofagea e del rilasciamento del SEI è sconosciuta. Come risultato, le strategie terapeutiche sono per la maggior parte state rivolte a cercare di ridurre la pressione del SEI o a facilitare il passaggio del cibo e dei liquidi attraverso di esso. La gravità, da sola o in combinazione con varie terapie mediche, facilita lo svuotamento esofageo. Infatti, individui con acalasia, consciamente o inconsciamente, tendono a restare in piedi dopo aver mangiato o bevono acqua per promuovere il passaggio del cibo attraverso il SEI.

Key Words esophageal achalasia, children, laparoscopic Heller myotomy, Dor fundoplication,Toupet fundoplication

Terapia farmacologica Recentemente i calcio-antagonisti, tra cui la nifedipina è il farmaco più efficace, e i nitrati a lunga durata d’azione sono le due classi di farmaci più comunemente utilizzati per il trattamento dell’acalasia. La difficoltà comune con tali farmaci è che rilasciano la muscolatura liscia, che porta ad un livello più basso la pressione del SEI, ma non migliorano il rilasciamento del SEI e non incrementano la peristalsi esofagea. Purtroppo, la risposta clinica a tali farmaci sembra essere di breve durata e implica importanti eventi avversi quali cefalea, ipotensione ed

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Clinical Systematic Rewiev

Tabella 1 Risultati della miotomia laparoscopica sec. Heller

Autore/anno

Numerosità campionaria

Tasso di Successo (%)

RGE postoperatorio (%)

Follow-up

Note

Kiudelis et al. 2013

46

78-82

39 (Toupet)/13 (Dor)

66 months

Dor vs Toupet fundoplication

Parise et al. 2011

137

94

10

65 months

Dor fundoplication

Lee et al. 2010

35

93

NR

10 years

LHM superior to pneumatic dilatation

Cowgill et al. 2010

47

92

NR

10.6 years

All patients over 10 years of follow-up

Wang et al. 2009

NR

82-84

NR

NR

LHM superior to pneumatic dilatation and botulinum toxin injection

Campos et al. 2009

3.086

89

15

35 months

LHM superior to pneumatic dilatation and botulinum toxin injection

Zaninotto et al. 2008

400

87

6

30 months

Dor fundoplication

Wright et al. 2007

115

90

19 (Dor)/50 (Toupet)

45 months

Dor vs Toupet fundoplication

Khajanchee et al. 2005

121

84

33

9 months

Toupet fundoplication

Perrone et al. 2004

100

96

NR

26 months

Toupet fundoplication

Richards et al. 2004

43

NR

48 (myotomy alone)/ 9 (Dor)

6 months

myotomy alone vs myotomy plus Dor fundoplication

NR: non riportato

LHM: laparoscopic Heller myotomy

RGE reflusso gastro-esofageo

edema declive. Tali difficoltà sono accentuate dal fatto che tali agenti per la maggior parte non riescono a fornire il sollievo completo dei sintomi. Tossina botulinica La tossina botulinica, che inibisce il rilascio di acetilcolina dalle terminazioni nervose presinaptiche, è un relativamente nuovo agente recentemente indagato nel trattamento dell’acalasia. È stato proposto che l’iniezione intrasfinterica diretta potrebbe essere di qualche utilità nel ridurre la pressione del SEI. È stato dimostrato che la tossina botulinica inizialmente allevia i sintomi in circa il 85% dei pazienti. Purtroppo, la risposta al farmaco è relativamente di breve durata e la sintomatologia ricompare in più del 50% dei pazienti entro 6 mesi. Dilatazione endoscopica Attualmente, il più sicuro ed efficace mezzo di dilatazione è rappresentato da dispositivi controllati di pressione pneumatica. Con questa tecnica, un palloncino è posto in corrispondenza del SEI sotto visione endoscopica diretta. Il palloncino viene gonfiato per 1-3 min a una pressione di 300 mmHg. Per ottenere un accettabile effetto terapeutico, dilatazioni fino a un diametro di almeno 3 centimetri devono essere eseguite, e la procedura dovrebbe abbassare la pressione a riposo del SEI a meno di 10 mmHg. L’immediato tasso di successo di questa procedura è del 55-70% con una singola dilatazione, ma può essere aumentato al 90% con più dilatazioni. Tuttavia, il 15-48% dei pazienti necessita di dilatazioni ripetute. Tale manovra non è priva di complicanze quali sanguinamento, ematoma intramurale e perforazione. L’incidenza di perforazione esofagea dopo dilatazione pneumatica varia ampiamente da 0 a 15%, ed è in larga misura dipendente dall’operatore sebbene una durata prolungata della malattia e un aumento del numero di dilatazioni possano aumentarne la probabilità.

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Terapia dell’acalasia esofagea

La miotomia esofagea laparoscopica: plastica antireflusso necessaria? Il trattamento dell’acalasia esofagea può essere medico o chirurgico e il suo obiettivo è la riduzione della pressione del SEI. La gestione farmacologica dell’acalasia nei bambini è quasi sempre senza successo, la dilatazione pneumatica è raramente eseguita in età pediatrica e in aggiunta non è di lunga durata e può aumentare il rischio di complicanze della chirurgia mentre l'iniezione di tossina botulinica determinando un alto grado di flogosi che può interferire con un’eventuale miotomia, non riveste alcun ruolo in età pediatrica. Per questa ragione il trattamento di scelta nei bambini è la chirurgia che consiste nell’esofagomiotomia sec. Heller per via laparoscopica [Tabella 1]. Nel caso in cui una plastica antireflusso non venga eseguita insieme alla miotomia, un’alta percentuale di pazienti sviluppa reflusso gastroesofageo. A tal proposito Burpee et al documentarono reflusso (con pH metria o endoscopia) nel 60% dei pazienti dopo miotomia senza fundoplicatio (1). Nel 2003 Falkenback riportò i risultati di uno studio in cui l’incidenza di reflusso veniva paragonata in pazienti che avevano avuto la sola miotomia ed in pazienti in cui una fundoplicatio secondo Nissen era stata aggiunta. Il reflusso era presente nel 100% dei pazienti del primo gruppo ma solamente nel 20% del secondo (2). Nel 2004 Richards riportò i risultati di un simile studio dove fu invece usata una plastica secondo Dor. L’incidenza del reflusso fu del 48% nel gruppo con la sola miotomia ma solamente del 9% quando la fundoplicatio fu aggiunta alla miotomia (3). Questi dati dimostrano chiaramente che una plastica antireflusso è necessaria per prevenire o limitare l’insorgenza del reflusso gastroesofageo dopo la miotomia. Fundoplicatio: parziale o totale? È stato dimostrato che in pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo, una fundoplicatio totale (360°) è l’intervento più efficace per controllare il reflusso ed i sintomi ad esso correlati. Inoltre l’incidenza di disfagia post-operatoria è simile a quello di una plastica parziale (240°-270°) anche quando la peristalsi è debole. Poichè nei pazienti con acalasia la peristalsi è completamente assente, l’azione di pompa del corpo dell’esofago è completamente persa. Per questo motivo una fundoplicatio totale può creare una resistenza troppo elevata a livello della giunzione gastroesofagea, impedendo lo svuotamento dell’esofago ed il passaggio del cibo nello stomaco. Chen et al hanno recentemente descritto ottimi risultati a lungo termine in pazienti in cui una plastica parziale era stata eseguita (4). Fundoplicatio parziale: anteriore o posteriore? Le tecniche di fundoplicatio parziale sono la tecnica secondo Dor che consiste in una plastica antireflusso con un manicotto gastrico che avvolge l’esofago solo sulla metà anteriore (180°) e la fundoplicatio sec. Toupet che invece consiste nell’effettuare una plastica antireflusso con un manicotto gastrico che avvolge l’esofago solo sulla metà posteriore (270°). Alcuni Autori sostengono che una fundoplicatio posteriore sec. Toupet dia risultati migliori nel controllo del reflusso ed inoltre impedisce il riavvicinamento dei margini della miotomia. Nel 2007, Wright et al sostenevano che per il trattamento dell’acalasia, una miotomia estesa (>3 cm) associata alla fundoplicatio sec. Toupet fornisce un’eccellente e durevole controllo della disfagia e risulta essere superiore alla miotomia standard associata con la fundoplicatio sec. Dor (5). Altri Autori sostengono invece che una plastica secondo Dor è tecnicamente più facile da eseguire ed ha il vantaggio di coprire e proteggere la mucosa dell’esofago. Nel 2011, Parise et al hanno riportato una percentuale di successo del 90% anche ad un follow-up a lungo termine della Heller associata a Dor (6). In un recente lavoro, Rawlings et al hanno comparato i risultati della fundoplicatio parziale anteriore (Dor) con la fundoplicatio parziale posteriore (Toupet) in pazienti sottoposti a miotomia laparoscopica sec. Heller hanno concluso che sebbene una percen-

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Clinical Systematic Rewiev

Figura 1 L’uncino monopolare può essere utile soprattutto per completare la miotomia a livello della giunzione gastro-esofagea

Figura 2 La maggior parte dei chirurghi preferisce aggiungere una procedura antireflusso secondo Dor per ridurre i rischi di sviluppare un RGE dopo l’intervento chirurgico

Figura 3 L’uso dei nuovi dispositivi emostatici come lo Starion consente una riduzione del sanguinamento intraoperatorio e della durata dell’intervento chirurgico

tuale maggiore di pazienti nel gruppo Dor avessero risultati ph-metrici anomali rispetto a quelli dei pazienti sottoposti a Toupet, le differenze non risultavano statisticamente significative (7). Kiudelis et al hanno confermato, in un recentissimo lavoro, che entrambe le tecniche laparoscopiche di fundoplicatio Dor e Toupet, associate alla miotomia sec. Heller, sono similmente efficaci (82,6% vs 78,3%) nel trattamento dell’acalasia (8) [Tabella 2]. Il nostro approccio negli ultimi 15 anni è quello di eseguire la miotomia secondo Heller per una lunghezza di circa 7-8 cm, estesa sullo stomaco per circa 2-3 cm [Figura 1]. Noi preferiamo associare alla miotomia una fundoplicatio secondo Dor come procedura antireflusso [Figura 2]. Dopo il 2005 abbiamo utilizzato i nuovi dispositivi emostatici come Starion e Ligasure per effettuare l’intervento, che hanno dimostrato di ridurre significativamente il sanguinamento intra-operatorio e conseguentemente la durata dell’intervento [Figura 3]. La revisione più recente della nostra esperienza, con un follow-up massimo di 13 anni, dimostra che ottimi risultati vengono ottenuti in circa il 90% dei pazienti sottoposti a miotomia laparoscopica sec. Heller associata a fundoplicatio Dor. Disfagia residua è stata riportata nel 16% dei pazienti; solo nel 6% dei casi, è stata necessaria la dilatazione endoscopica (9).

Tabella 2 T assi di successo e incidenza di reflusso postoperatorio dopo miotomia laparoscopica sec. Heller associata a Toupet e miotomia laparoscopica sec. Heller associata a Dor fundoplicatio

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Autore/anno

Numerosità campionaria

Tasso di Successo (%)

RGE postoperatorio (%)

Follow-up in mesi

Note

Kiudelis et al. 2013

46

78-82

39 (Toupet)/13 (Dor)

66

Dor vs Toupet fundoplication

Rawlings et al. 2012

85

93

41 (Dor)/ 21 (Toupet)

12

Dor vs Toupet fundoplication

Parise et al. 2011

137

94

10

65

Dor fundoplication

Zaninotto et al. 2008

400

87

6

30

Dor fundoplication

Wright et al. 2007

115

90

19 (Dor)/50 (Toupet)

45

Dor vs Toupet fundoplication

Khajanchee et al. 2005

121

84

33

9

Toupet fundoplication

Perrone et al. 2004

100

96

NR

26

Toupet fundoplication

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Terapia dell’acalasia esofagea

Conclusioni e prospettive L’ultimo decennio ha visto un cambiamento radicale nel trattamento dell’acalasia esofagea dovuta all’adozione delle tecniche mini-invasive. A causa dell’elevato tasso di successo della miotomia laparoscopica sec. Heller, la chirurgia è divenuta la modalità di trattamento preferita dalla maggior parte dei gastroenterologi. I dati presenti in letteratura suggeriscono le seguenti conclusioni: • La miotomia senza plastica antireflusso è seguita da un’incidenza molto elevata di reflusso gastroesofageo che espone il paziente al rischio di serie complicazioni quali la stenosi esofagea o l’esofago di Barrett. • Una fundoplicatio totale sembra determinare un progressivo deterioramento nel tempo, con recidiva dei sintomi. • Una plastica parziale dovrebbe essere sempre eseguita insieme alla miotomia. Poiché non ci sono dati che dimostrino la superiorità assoluta di un tipo di plastica parziale, sia la Dor che la Toupet possono essere eseguite in base alle preferenze individuali e all’esperienza del chirurgo. Va inoltre considerato che, data la rarità di questa condizione, i pazienti con acalasia dovrebbero essere indirizzati solo a centri con una consolidata esperienza nel trattamento di questa patologia. Il recente avvento della robotica potrebbe cambiare nel prossimo futuro la gestione e la chirurgia dell’acalasia. Recentemente è stato dimostrato che la chirurgia robotica è equivalente in termini di sicurezza ed efficacia alla laparoscopia nell’esecuzione della miotomia sec. Heller, sebbene con costi aumentati. Essa potrebbe divenire la metodica di routine nel trattamento di tale patologia quando chirurghi e aziende produttrici inizieranno a lavorare insieme sulle strategie di riduzione dei costi (10).

Key Points • La miotomia secondo Heller per via laparoscopica associata ad una plastica antireflusso è un metodo sicuro ed efficace per il trattamento dell’acalasia in età pediatrica. • Poichè non ci sono dati che dimostrino la superiorità di un tipo di plastica parziale, sia la Dor che la Toupet possono essere eseguite in base alle preferenze individuali e all’esperienza del chirurgo. • L’uso dei nuovi dispositivi emostatici sembra ridurre la durata dell’intervento chirurgico e il sanguinamento intraoperatorio. • Considerando la rarità di questa condizione, crediamo che i pazienti pediatrici con acalasia dovrebbero essere indirizzati solo a centri con una consolidata esperienza nel trattamento di questa patologia.

Corresponding Author Ciro Esposito U.O. di Chirurgia Pediatrica Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Università degli Studi di Napoli “Federico II” Via Pansini, 5 - 80031 Napoli Tel. + 39 081 7463377 Fax + 39 081 7463361 E-mail: ciroespo@unina.it

Bibliografia 1. Burpee SE, Mamazza J, Schlachta CM et al. Objective analysis of gastroesophageal reflux after laparoscopic Heller myotomy: an anti-reflux procedure is required. Surg Endosc 2005;19:9-14. 2. Falkenback D, Johansson J, Oberg S et al. Heller’s esophagomyotomy with or without a 360 degrees floppy Nissen fundoplication for achalasia. Long-term results from a prospective randomized study. Dis Esophagus 2003;16:284-90. 3. Richards WO, Torquati A, Holzman MD et al. Heller myotomy versus Heller myotomy with Dor fundoplication for achalasia: a prospective randomized double-blind clinical trial. Ann Surg 2004;240: 405-12. 4. Chen LQ, Chugtai T, Sideris L et al. Long-term effects of myotomy and partial fundoplication for esophageal achalasia. Dis Esophagus 2002;15:171-79. 5. Wright AS, Williams CW, Pellegrini CA et al. Long-term outcomes confirm the superior efficacy of extended Heller myotomy with Toupet fundoplication for achalasia. Surg Endosc 2007;21:713-18.

6. Parise P, Santi S, Solito B et al. Laparoscopic Heller myotomy plus Dor fundoplication in 137 achalasic patients: results on symptoms relief and successful outcome predictors. Updates Surg 2011; 63:11-15. 7. Rawlings A, Soper N, Oelschlager B et al. Laparoscopic Dor versus Toupet fundoplication following Heller myotomy for achalasia: results of a multicenter, prospective, randomizedcontrolled trial. Surg Endosc 2012;26:18-26. 8. Kiudelis M, Mechonosina K, Mickevicius A et al. The influence of operation technique on long-term results of achalasia treatment. Medicina (Kaunas) 2013;49:56-60. 9. Esposito C, Riccipetitoni G, Chiarenza SF et al. Long term results of laparoscopic treatment of esophageal achalasia in children. A multicentric survey. J Laparoendosc Adv Surg Tech A 2013, Sep 28 (Epub ahead of print) 10. Shaligram A, Unnirevi J, Simorov A et al. how does the robot affect outcomes? A retrospective review of open, laparoscopic, and robotic Heller myotomy for achalasia. Surg Endosc 2012;26:1047-50.

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ion

it utr

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Although diet plays a pivotal role in the overall management of type 1 diabetes, it is often classed as the most difficult aspect of the treatment. Flexible dietary instructions based on food quality, with an emphasis on low glycemic-index food and prevention of overweight have demonstrable benefits for children with diabetes.

Nutrizione e diabete di tipo 1 Gianpaolo De Filippo Service d’Endocrinologie et Diabétologie Pédiatrique, Hôpitaux Universitaires Paris Sud – Hôpital de Bicêtre (France)

Introduzione Gli aspetti nutrizionali rappresentano un elemento fondamentale della terapia del diabete: è impossibile ottenere un equilibrio glicemico ottimale se i consigli dietetici non sono seguiti, anche se l’insulina è somministrata correttamente. Purtroppo, la parte che riguarda la dietetica rappresenta anche l’aspetto più difficile da gestire nel quotidiano dei bambini e adolescenti con diabete (1,2). Il risultato finale è che l’alimentazione di bambini e adulti europei con diabete di tipo 1 nella pratica quotidiana non differisce da quella osservata nella popolazione generale, anche nei suoi aspetti meno salutari (3,4). Strategie terapeutiche diffuse, come le diete a scambio, possono essere interessanti dal punto di vista teorico ma l’esperienza quotidiana mostra come siano difficilmente attuabili sul lungo termine e in realtà difficilmente comprese dai giovani pazienti e dalle loro famiglie (5). Piuttosto che provare a imporre strette regole dietetiche, che con grande probabilità saranno scarsamente seguite dopo il primo periodo, è opportuno focalizzare la propria attenzione sulla qualità dei cibi, ottenendo uno schema alimentare che sia valido per tutta la famiglia. La quantità totale di carboidrati non dovrebbe superare il 55% dell’apporto calorico totale, privilegiando gli alimenti a basso indice glicemico. La distribuzione delle varie componenti alimentari è illustrata nella tabella 1. è dimostrato che il miglioramento della qualità della vita corrisponde ad un miglioramento del controllo metabolico sul lungo termine (6). Per fornire consigli adeguati è opportuno partire da concetti semplici ma indispensabili di fisiologia del metabolismo dei carboidrati. Alcuni elementi di fisiologia Nel soggetto non diabetico, in seguito all’assunzione di alimenti, si osserva un aumento della concentrazione di insulina nel sistema portale. Il principale regolatore della glicemia è il fegato, che capta il 10% del glucosio di un pasto e lo mette in riserva sottoforma di glicogeno. In periodo di digiuno, vi è una produzione endogena di glucosio innanzitutto da parte del fegato che mobilizza le riserve di glicogeno e in seguito da parte di substrati non glicidici (aminoacidi e lattati). Al momento dei pasti, quando vi è un aumento della glicemia e dell’insulinemia a livello portale, la produzione endogena di glucosio è inibita del 40 -70%. Questo blocco dura da 2 a 4 ore dopo il pasto. Il glucosio non immagazzinato al momento del passaggio epatico, raggiunge i tessuti periferici ed è utilizzato per il metabolismo energetico (cervello, muscoli).

Key Words Nutritional intake, insulin therapy, glycemic control

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Nel soggetto diabetico insulino-dipendente esistono delle differenze sostanziali rispetto alla situazione fisiologica: anche se la terapia è ben prescritta, l’insulina iniettata per via sottocutanea prima del pasto è immessa nella circolazione periferica e non in quella portale. La concentrazione dell’insulina risulta quindi insufficiente a livello epatico e in eccesso nel sangue periferico. Di conseguenza, la produzione endogena epatica di glucosio non è correttamente frenata durante il pasto. L’effetto iperglicemizzante derivante dall’eccesso di produzione è au-

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Tabella 1 Distribuzione dei vari nutrienti (4)

Carboidrati Grassi

Proteine

50-55% 30-35% < 10 % saturi < 10 % polinsaturi > 10 % monoinsaturi (fino al 20% dell’intake calorico totale) 10-15%

mentato se la dose di insulina è insufficiente o iniettata a distanza troppo breve dal pasto. Questo è sufficiente a provocare un’iperglicemia importante senza eccessi alimentari particolari (7). È quindi la somma della produzione endogena di glucosio e dell’apporto di glucosio ad essere responsabile dei picchi glicemici post-prandiali osservati nei diabetici. Da quanto esposto si comprende quali sono gli elementi fondamentali per ottenere un buon controllo del diabete: • assicurare un’insulinizzazione corretta del fegato con una dose adeguata di insulina • prevedere un apporto controllato di carboidrati, regolare da un giorno all’altro e ben distribuito nell’arco della giornata. • privilegiare gli alimenti a basso indice glicemico.

Principi generali dell’alimentazione di un soggetto diabetico Quando l’emoglobina glicosilata è compresa tra 6 e 9% (cioè nella maggior parte dei bambini diabetici, non solo in quelli con un equilibrio metabolico ottimale), il diabete insulino-dipendente non modifica in maniera significativa il fabbisogno energetico che quindi risulta del tutto sovrapponibile a quello dei coetanei non diabetici. L’apporto calorico deve essere quindi calcolato come per ogni bambino in funzione dell’età, del peso, dell’altezza e dell’attività fisica. Per l’adolescente, la priorità deve essere impedire la comparsa e la progressione di un sovrappeso: per questo motivo l’apporto calorico non dovrebbe mai essere superiore a 2.500 kcal/die, salvo in caso di attività sportiva intensa. Se si rispettassero gli apporti calorici raccomandati (es. circa 3.000 kcal/die per un adolescente di 16 anni) la maggior parte dei pazienti sarebbe in sovrappeso. Dopo i dodici anni, è bene limitare a 2.200 kcal l’apporto per le ragazze, poiché la terapia insulinica favorisce l’accumulo di grasso soprattutto nel sesso femminile; 2.200-2.500 kcal per l’adolescente normopeso che non pratichi un’attività sportiva particolare.

Le indicazioni sull’orario dei pasti dipendono dallo schema di insulinoterapia prescelto.

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Pediatric Nutrition

Per uno schema che prevede due iniezioni, è fondamentale il rispetto dell’orario dei pasti, in particolare intorno a mezzogiorno, quando le concentrazioni circolanti di insulina sono più elevate. Nel caso di uno schema a quattro iniezioni (in generale per i pazienti a partire dalla scuola media), gli orari dei pasti sono più liberi in quanto le iniezioni di insulina rapida o di analogo possono essere effettuate prima del pasto, indipendentemente dall’orario in cui questo viene consumato, a condizione di rispettare un intervallo di almeno 3 ore tra ogni iniezione. Occasionalmente, durante le vacanze per esempio, è possibile saltare la colazione e svegliarsi più tardi con uno schema a quattro iniezioni. Spesso viene proposto l’inserimento di uno spuntino intorno alle 22:00 nell’intento di limitare i rischi di ipoglicemia notturna. In realtà, è difficile far mangiare un bambino assonnato ed è più logico rispettare i suoi ritmi di sonno. In pratica, è possibile adattare il contenuto glicidico della cena e adattare la dose di insulina per ottenere delle glicemie post-prandiali soddisfacenti. Alcuni adolescenti che vanno a letto tardi potrebbero fare uno spuntino tra le 22 e le 23:00, ma questo non fa parte di una raccomandazione sistematica. Le evidenze attuali in letteratura Le raccomandazioni dietetiche dell’American Diabetes Association (ADA) possono sorprendere per il loro carattere generico: “There is no research on the nutrient requirements for children and adolescents with diabetes; therefore, nutrient recommendations are based on requirements for all healthy children and adolescents” (8). Nell’insieme delle raccomandazioni predominano gli aspetti riguardanti la necessità di assicurare una crescita corretta grazie a un buon equilibrio alimentare generale. Nessuno o quasi raccomanda di limitare gli apporti glicemici secondo dei criteri che devono essere stabiliti caso per caso. Non è detto, nonostante le difficoltà proprie alla loro realizzazione e interpretazione, che sia impossibile ideare degli studi randomizzati nel diabete di tipo 1 del bambino. È grazie a questo tipo di sperimentazione che la medicina moderna basa le proprie raccomandazioni. Meglio che sulle ricette e le affermazioni di questo o quel caposcuola, essa permette di generalizzare le procedure una volta che sono state testate positivamente, evitando errori di interpretazione. Al momento esistono pochi studi in letteratura che affrontano il problema della dietetica del diabete con metodi e criteri obiettivi. Sebbene tutti caratterizzati da piccoli gruppi di pazienti, le conclusioni concordano sul fatto che un regime dietetico con dei carboidrati a basso indice glicemico è associato a un miglior controllo del diabete (9,10). Conclusioni Senza imporre delle restrizioni inutili, che porterebbero ad un rifiuto della terapia e a un peggioramento del controllo metabolico, l’alimentazione del bambino con diabete deve essere:

• controllata per quanto riguarda gli apporti glicidici, per minimizzare le iperglicemie post-prandiali e limitare il rischio di ipoglicemia a distanza dai pasti • equilibrata, per assicurare al bambino e all’adolescente una crescita armonica, con un’attività fisica normale. Le spiegazioni chiare fornite dal personale che, a vario titolo, si prende cura del paziente diabetico devono riuscire a motivare il paziente e la sua famiglia a prestare una grande attenzione agli aspetti nutrizionali. È necessario dedicare a questo aspetto di-

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Nutrizione e diabete di tipo 1

verse ore di discussione personalizzata, soprattutto all’inizio della malattia, riprendendo i vari punti in occasione delle visite ambulatoriali. Nella Tabella 2 sono elencate alcune regole basilari che vengono illustrate nel nostro reparto alle famiglie dei bambini e adolescenti con diabete. Tabella 2 Le regole alimentari di base in forma semplificata

Pasti A pranzo e a cena imparare sin da piccoli a consumare vegetali in abbondanza Limitare globalmente la quantità di pane, pasta, riso, patate Inutile prevedere un apporto di carboidrati ad ogni pasto, cosi’ come è classicamente consigliato. Il dogma “una razione abbondante di carboidrati ad ogni pasto per evitare le ipoglicemie” andrebbe dimenticato

Key Points • L’aspetto nutrizionale è un elemento fondamentale per ottenere un buon controllo metabolico del diabete. • I picchi di iperglicemia postprandiali sono dovuti soprattutto alla neoglucogenesi non adeguatatamente frenata a causa del deficit di insulina. • L’alimentazione del bambino diabetico non deve imporre restrizioni inutili.

Consigliare uno spuntino pomeridiano molto leggero (le glicemie tendono già spontaneamente ad aumentare andando verso le ore serali) Limitare il consumo di frutta a due porzioni al giorno In uno schema di insulinoterapia a due iniezioni, il pranzo deve essere consumato prima delle 12:30. Con uno schema a 4 iniezioni, gli orari dei pasti sono liberi

Tra i pasti Evitare ogni fuoripasto Bandire i dolciumi

Le bibite Evitare le bibite zuccherate (concesse le bibite “light” in piccola quantità) Evitare i succhi di frutta industriali, anche quelli “senza zuccheri aggiunti”

Prevenire la comparsa del sovrappeso (o correggerlo quando già presente) è un punto fondamentale per un buon equilibrio del diabete

Personalizzare i consigli periodicamente in occasione delle visite ambulatoriali

Bibliografia 1. Brink SJ. Pediatric, adolescent and young- adult nutrition issues in IDDM. Diabetes Care 1988;11:192-200. 2. Lockwood D, Frey ML, Gladish NA et al. The biggest problem in diabetes. Diabetes Educ 1986;12:30-33. 3. Soedamah-Muthu SS, Chaturvedl N, Fuller JH et al. EURODIAB Prospective Compliance Study Group. Do european people with type 1 diabetes consume a high atherogenic diet? 7-year follow-up of the EURODIAB Prospective Complications Study. Eur J Nutr 2012;dec 7 (Epub ahead of print) 4. Rovner AJ, Nansel TR. Are children with type 1 diabetes consuming a healthful diet? A review of the current evidence and strategies for dietary change. Diabetes Educ 2009;35:97-107. 5. Smart C. Aslander-van Vliet E, Waldron S. ISPAD clinical practice consensus guidelines 2009 compendium. Nutrional management in children and adolescents with diabetes. Pediatric Diabetes 2009;10(12):100-117. 6. Lorenz RA, Christensen NK, Pichert JW. Diet

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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(4):14-17

Corresponding Author GIANPAOLO DE FILIPPO Service d’Endocrinologie et Diabétologie Pédiatrique Hôpitaux Universitaires Paris Sud (AP-HP) Hôpital Bicêtre 78, rue du Général Leclerc 94270 Le Kremlin-Bicêtre, France tel. + 33(0)1 45217835 fax + 33(0)1 45217850 E-mail: gianpaolo.defilippo@bct.aphp.fr

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Manometry is indicated to establish the diagnosis of suspected cases of esophageal dysmotility. Manometry is indicated for detecting esophageal motor abnormalities associated with systemic diseases (e.g.,connective tissue diseases), for placement of intraluminal devices (e.g., pH probes), for the preoperative assessment of peristaltic function in patients being considered for surgery and is indicated in this setting if uncertainty remains regarding the correct diagnosis, should be used as the test for chest pain or other esophageal symptoms.

Key Words esophagus, esophageal dismotility, achalasia, manometry, high resolution manometry

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La manometria esofagea nei disordini motori dell'esofago PATRIZIA ZENTILIN e VINCENZO SAVARINO Cattedra di Gastroenterologia, Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Università di Genova

Introduzione La manometria esofagea è una metodica che consente di misurare le contrazioni della parete muscolare esofagea ed identificare la funzione dello sfintere esofageo superiore (SES) e dello sfintere esofageo inferiore (SEI). In condizioni basali, ambedue gli sfinteri sono contratti ed il corpo esofageo è una cavità virtuale. L’attività esofagea inizia quando il faringe spinge il bolo in esofago, innescando la peristalsi primaria: si rilascia il SES; segue il passaggio del bolo nel corpo esofageo con una contrazione anulare che percorre il corpo esofageo in direzione del SEI rilasciato; le onde di contrazione viaggiano dalla parte prossimale dell’esofago con muscolatura striata alla porzione distale con muscolatura liscia. La peristalsi secondaria è l’attività peristaltica che consegue alla distensione di un qualsiasi punto del corpo esofageo. Tale distensione può essere causata da parte di residui solidi o liquidi non correttamente trasportati dalla peristalsi primaria o dalla presenza di materiale refluito dallo stomaco. Tale fenomeno non è indotto dalla deglutizione ma dalla stimolazione della rete nervosa intramurale e si propaga distalmente rispetto al tratto disteso. Le onde peristaltiche viaggiano con una velocità di 2-4 cm/secondo e l’onda peristaltica impiega circa 8 secondi per attraversare il corpo esofageo. Il rilasciamento del SEI inizia 1-2 secondi dopo la deglutizione, permane per circa 7-10 secondi ed è seguito da un aumento pressorio fino a due volte la pressione basale, per un tempo equivalente. Convenzionalmente, il tono basale del SEI è misurato come gradiente rispetto la pressione intragastrica; il SEI è una struttura asimmetrica e la sua pressione è modulata da influenze nervose e ormonali, sia eccitatorie sia inibitorie; esso separa la pressione negativa toracica da quella positiva endoaddominale e si distingue dal resto del corpo esofageo per l’attività basale tonica e fasica di rilasciamento. Descrizione delle tecniche Esistono numerosi apparecchi per la registrazione di tali funzioni ed hanno fedeltà soddisfacente nella misurazione della contrazione esofagea. La tecnica più datata si avvale di una sonda costituita da alcuni cateteri (3 - 8) di piccolo calibro, assemblati insieme. Il diametro della sonda è circa 5 mm o meno ed è ben tollerata. Ogni catetere termina con un piccolo foro, disposto lateralmente all’asse longitudinale della sonda, ed ogni forellino è distanziato dall’altro di 5 cm ed orientato a 90°-120° rispetto agli altri, sempre lungo l’asse longitudinale della sonda. I forellini ubicati lungo l’asse longitudinale della sonda sono definiti assiali, quelli allo stesso livello radiali; questi ultimi consentono una maggior precisione nella lettura delle pressioni a livello del SEI, asimmetrico [Figura 1]. Ogni catetere è perfuso con acqua bidistillata da un apparato per perfusione a bassa compliance (1). Per lo studio manometrico del SEI, può essere utilizzata una manica (descritta da Dent) (2), che andrà posizionata al suo livello, e che può ovviare alla asimmetria già accennata dello sfintere stesso, consentendo di avere direttamente le medie delle pressioni. La metodica consiste nel posizionamento, a

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paziente digiuno, dopo anestesia locale, per via nasale, fino a quando la parte distale della sonda sia a livello gastrico ed alla sua retrazione in modo lento, facendo deglutire il paziente o saliva o boli d’acqua di 5 cc. ogni 30 sec. Il paziente è in clinostatismo con il dorso inclinato di 45°. La metodica è ben tollerata ed ancora utilizzata per il Figura 1 Tracciato manometrico ottenuto in un soggetto normale con sistema a perfusione. minor costo e per Le quattro tracce prossimali sono ottenute lungo il corpo esofageo (da 21 a 36 cm dalla narice) e le quattro distali sono la registrazione ottenuta a livello del SEI. il fatto che le sonde sono monouso. La sedazione farmacologica non è consentita, in quanto può interferire sia sui valori della pressione del SEI che sui valori dell’ampiezza delle onde peristaltiche. Un passo avanti nella precisione ed affidabilità della registrazione è stato ottenuto con la miniaturizzazione dei trasduttori, che vengono assemblati nel catetere per lo studio della motilità: tale strumentazione ha consentito l’esecuzione di registrazioni nelle 24 ore e fornisce la possibilità di prescindere da un sistema a perfusione. La lettura dei dati pressori è fatta da un computer portatile nello studio prolungato (3) o stazionale per la definizione dei parametri motori dell’esofago, ottenendo una lettura più precisa. Ovviamente il costo dell’apparecchiatura sale e le sonde non sono monouso e sono più delicate. Un ulteriore vantaggio diagnostico è rappresentato dalla lettura non solo dei valori pressori, ma anche da quelli impedenziometrici (4), che permettono lo studio della conduzione del bolo, liquido o viscoso. La metodica è basata sull’uso di sonde che hanno rilevatori pressori miniaturizzati ogni 5 cm, ognuno appaiato ad una unità di rilevazioFigura 2 Tracciato manometrico ottenuto in un soggetto normale con manometria con impedenza. ne di impedenza (si parlerà di maLe quattro tracce prossimali segnalano il passaggio del bolo liquido, evidenziato dalla deflessione nometria con impedenza) [Figura2] anterograda delle linee (dai 25 ai 40 cm dalla narice). Le cinque tracce distali mostrano la peristalsi condotta lungo il corpo esofageo e la traccia distale evidenzia i rilasciamenti del SEI. oppure ogni centimetro.

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Training and Educational Corner

Quest’ultima è la configurazione delle sonde per manometria ad alta risoluzione (HRM) [Figura 3] (5), che consente una visualizzazione completa dell’esofago durante l’esame, fornendo la possibilità di dimostrare qualsiasi alterazione motoria esofagea con la massima precisione. Con le sonde sia per la manometria con impedenza che ad alta risoluzione, l’esame viene condotto lasciando il catetere, Figura 3 Tracciato manometrico ottenuto in un soggetto normale con metodica ad alta risoluzione. una volta posizionaLa parte alta della figura dimostra il passaggio del bolo liquido durante tre deglutizioni con le tracce impedenziometriche; la parte inferiore fa visualizzare la porzione manometrica. to correttamente in esofago con la porzione distale intragastrica, in situ, facendo deglutire il paziente ogni 30 sec. 5 cc d’acqua o di soluzione gelatinata. Indicazioni all’indagine L’obiettivo primario della manometria esofagea è quantificare l’attività contrattile del corpo esofageo e degli sfinteri durante la deglutizione (6). Ovvio che è il metodo più efficace per ottenere il preciso posizionamento di un catetere per la pH-metria o la pH-impedenziometria nelle 24 ore e consente di scegliere tra le due metodiche in caso di peristalsi inefficace, in quanto in questo caso l’impedenza non sarà letta, ma viene utilizzata per definire le anomalie di funzione motoria esofagea nei pazienti sintomatici. Le alterazioni che si possono evidenziare con questa metodica sono: acalasia, SEI ipertonico con peristalsi ancora presente ed inefficace commiste, spasmo esofageo diffuso, esofago con sporadiche onde simultanee ad ampiezza oltre i 180 mmHg, mono o multipicco (Jackhammer esophagus), esofago a schiaccianoci con onde propagate di ampiezza oltre i 180 mmHg, peristalsi inefficace (7). La manometria ad alta risoluzione ha consentito di poter definire con precisione le caratteristiche manometriche delle alterazioni su menzionate, grazie all’elaborazione dei dati ottenuti dalla registrazione. Abbiamo accennato all’appropriatezza dell’indagine manometrica nei pazienti sintomatici ed è ancora più importante nei bambini o nei giovani adolescenti, quando i sintomi possono essere poco specifici e confondenti. Si può essere di fronte al rifiuto dell’alimentazione per pirosi retrosternale, alla comparsa di rigurgito ricorrente (spesso confuso con il vomito), ad un insufficiente guadagno ponderale per disfagia, ad irritabilità per asma, a disturbi del sonno per coinvolgimento delle vie respiratorie, tosse secca ricorrente, disfonia. Tutti questi sintomi possono essere attribuiti ad altre patologie ed andranno investigati e la manometria esofagea può contribuire a fare una diagnosi corretta. Altra indicazione dell’indagine è lo studio preoperatorio per indicare al chirurgo la migliore tecnica di intervento cui sottoporre il paziente.

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La manometria esofagea nei disordini motori dell'esofago

Interpretazione dei risultati L’acalasia, patologia ad eziologia sconosciuta anche se recentemente l’ipotesi di patologia autoimmune a predisposizione genetica è la più accreditata, consiste nel mancato rilasciamento del SEI ed assenza di peristalsi. Con l’utilizzo della manometria ad alta risoluzione, si possono distinguere tre tipi di acalasia: tipo I (classica), tipo II (con pressurizzazione esofagea), tipo III (con presenza della peristalsi distalmente od atteggiamento spastico delle contrazioni in più del 20% delle deglutizioni). Tale divisione consente di prevedere una buona risposta dei pazienti affetti da acalasia tipo II alla terapia endoscopica con dilatazioni, all’intervento chirurgico con miotomia sec. Heller o alle infiltrazioni con tossina botulinica (complessivamente dal 70 al 100% dei casi), rispetto a quelli con acalasia tipo I (≥ 50%) e III (30%). La terapia è solo volta a diminuire i sintomi (8). Le alterazioni motorie associate o meno a peristalsi inefficace con SEI ipertonico costituiscono un gruppo nel quale non sono presenti i criteri per la diagnosi di acalasia ed i pazienti vanno monitorati nel tempo. Nelle patologie ipercinetiche, tipo spasmo esofageo diffuso ed esofago a schiaccianoci, può essere tentata la terapia medica con farmaci antidepressivi non triciclici inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) che determinano anche una diminuzione della soglia sensitiva del paziente con minor frequenza degli episodi di dolore toracico e della disfagia. Altra causa di alterazioni ipercinetiche è l’esofagite eosinofila che risponde sia a terapia medica con steroidi che con inibitori della pompa protonica. Completando lo studio con pH-impedenziometria, si può verificare se gli episodi sintomatici sono attribuibili a malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Il riscontro di peristalsi inefficace potrà far comprendere i sintomi da MRGE o, se associata a SEI ipotonico, far propendere la diagnosi verso patologie autoimmuni, quali la sclerodermia.

Key Points • La manometria esofagea definisce la motilità esofagea. • Può aiutare a porre diagnosi quando i sintomi sono poco specifici, specie nella popolazione infantile. • I segni ecografici caratteristici ed il tasso di detection rate delle patologie ostruttive del tratto gastroenterico fetale sono influenzati dall’epoca gestazionale in cui viene eseguito l’esame ecografico. • Mancato incremento ponderale per dolore toracico, disfagia, rigurgito spesso confuso con vomito, sintomi respiratori meritano, se non attribuiti ad altre patologie, un’indagine manometrica. • La terapia medica o chirurgica può aiutare ad ottenere una migliore qualità di vita.

LIMITI DELLA METODICA I limiti della metodica sono il paziente poco collaborativo e l’invasività. Corresponding author

VINCENZO SAVARINO Cattedra di Gastroenterologia Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche Università di Genova Viale Benedetto XV, 6 - 13132 Genova Tel. e Fax + 39 010 3538956 E-mail: vsavarin@unige.it

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Osteoporosi e ibd:

il punto di vista del gastroentrologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto Gian Eugenio Tontini1, Luisa Spina1, Luca Pastorelli1, Germana de Nucci1, Flaminia Cavallaro1 e Maurizio Vecchi1,2 1 U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS Policlinico San Donato di san Donato Milanese (MI) 2 Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano Chiara Zanchi3 e Stefano Martelossi3

3 Servizio di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica, IRCCS Materno Infantile Burlo Garofolo di Trieste

Osteopenia and osteoporosis are important complications of inflammatory bowel diseases (IBD), both in adult and pediatric patients. The pathogenesis of bone loss in IBD is complex, multifactorial, and only partly understood. Low body mass index, early disease onset, malnutrition, growth and pubertal delay, high corticosteroid doses and severe active disease are the main risk factor for decreased bone mineral density (BMD). BMD measurement in all IBD patients at diagnosis and during follow-up is crucial as a basis for the appropriate prevention and treatment.

INTRODUZIONE L’interessamento osteo-articolare rappresenta la più frequente manifestazione extraintestinale (MEI) delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o IBD) in età adulta. Le Osteopatie Metaboliche (OM), l´Osteopenia e l´Osteoporosi, sono disordini caratterizzati da un decorso silente per lunghi anni ma talvolta gravato da conseguenze rilevanti in termini di comorbidità, qualità della vita, disabilità e costi (1). EPIDEMIOLOGIA La prevalenza delle OM nelle IBD varia tra il 22-67% per l’Osteopenia e il 4-57% per l’Osteoporosi (1,2,3). I dati riguardanti le IBD pediatriche sono ancora limitati, ma riportano valori di densità della massa ossea (BMD) più bassi nei bambini con IBD rispetto ai coetanei sani. La prevalenza di osteopenia e di osteoporosi nelle IBD pediatriche varia tra il 22-77% e il 12-41%, rispettivamente (4,5).

Gli studi condotti nella popolazione generale unitamente alla conoscenza dei meccanismi pato-fisiologici dell’osso suggeriscono che qualunque processo di demineralizzazione aumenta consensualmente il rischio di frattura patologica (6). Nelle IBD tale relazione non è ancora emersa in modo chiaro, poiché gli studi volti a valutare il rischio di frattura presentano differenze metodologiche che rendono ardua l´analisi d´insieme (1,7-8). Nella maggior parte delle casistiche, il valore di BMD nei pazienti con IBD è analogo tra i due sessi, mentre alcuni studi riportano un valore più basso nei maschi (9). Il rischio di frattura invece, analogamente a quanto accade nella popolazione generale, sembrerebbe più alto nelle femmine (8). Sebbene alcuni studi riportino una maggiore demineralizzazione ossea nella malattia di Crohn (MC) (3), il rischio di OM ed i valori di BMD sembrerebbero sovrapponibili nella colite ulcerosa (CU) (10). L’impatto della localizzazione colica sulla massa ossea sembra, infatti, simile a quello della malattia del piccolo intestino e, contrariamente alle attese, l’assorbimento della vitamina D non sembra gravemente inficiato dalla localizzazione ileale, se non in casi di malattia estesa o di ampie resezioni chirurgiche. Il dosaggio di 25-OH-Vitamina D è, infatti, risultato paragonabile tra CU e MC con livelli spesso sotto a quelli ottimali (75nmol/L) e tendenzialmente inferiori rispetto alla popolazione generale (11).

Key Words Crohn’s disease, ulcerative colitis, bone density, osteoporosis, osteopenia, vitamin D deficiency

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La prevalenza di OM alla diagnosi di IBD è stata meno valutata. Sebbene talora evidente sin dall’esordio di IBD, l’OM sembra svilupparsi prevalentemente con il procedere della malattia, poiché legata a fattori insiti nella stessa patogenesi infiammatoria cronica o secondari a condizioni cliniche o iatrogene tipiche delle IBD (1).

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PATOGENESI E FATTORI DI RISCHIO Nell’adulto

L’Osteoporosi è un disordine scheletrico sistemico caratterizzato dalla riduzione della massa ossea associata ad alterazioni della microarchitettura del tessuto osseo con conseguente aumento della fragilità e del rischio di frattura (6). Tale condizione si instaura allorché i processi di riassorbimento eccedono quelli di sintesi. Nelle OM a “basso turnover” il riassorbimento osseo è fisiologico mentre l’attività di sintesi mediata dagli osteoblasti è ridotta (come nelle forme di osteoporosi secondarie all’uso di corticosteroidi, CS); al contrario, nelle OM ad “elevato turnover” si osserva un eccessivo aumento dell’attività litica degli osteoclasti (come nelle forme associate a disordini infiammatori cronici). I principali mediatori coinvolti nell’osteoclastogenesi e nel rimodellamento osseo sono descritti in tabella 1 (12). Tabella 1. Principali attori noti del rimodellamento osseo

RANK

Recettore di membrana attivatore del signaling intracellulare di NFkB: effetto pro-osteoclastogenico sui precursori osteoclastici, favorisce il riassorbimento osseo negli osteoclasti maturi

RANK-L

RANK ligando. Citochina di membrana espressa da linfociti T attivati, stimolata da PTH, Prostaglandina E2, desametasone, IL-1β, IL-6, TNFα

OPG

Inibitore solubile del RANK-L prodotto dagli osteoblasti, stimolato da 17β-estradiolo e da TNFα e IL-1β instaurando un feedback negativo sul RANKL

TNFα

Citochina pro-infiammatoria e osteoclastogenica per via diretta (NFkB osteoclasti) e indiretta attraverso l’attivazione di T linfociti e del RANK-L

IL-6

Citochina pro-infiammatoria e osteoclastogenica per via diretta (NFkB osteoclasti) e indiretta attraverso l’attivazione di T linfociti ed il RANK-L

IFNγ

Citochina pro-infiammatoria con attivtà anti-osteoclastogenica diretta tramite TRAF6 e potente attività pro-osteoclastogenica indiretta attraverso l’attivazione di T linfociti, in assenza dei quali risulta solo anti-osteoclastogenica

M-CSF

Prodotto da cellule stromali del midollo osseo, stimola la differenziazione dei progenitori ematopoietici in senso osteoclastico e macrofagico

Nella popolazione generale l’età avanzata, la menopausa precoce, il sesso femminile e i disordini endocrinologici costituiscono i principali fattori di rischio per le OM e le fratture ossee patologiche (6). Nelle IBD il maggiore fattore di rischio per le OM sembra legato all’uso di CS, il cui impatto negativo sui valori di BMD è stato ampiamente documentato [Tabella 2] (1,6,10). La demineralizzazione ossea meta-steroidea interessa prevalentemente l’osso trabecolare (i.e. corpi vertebrali) e agisce sin dalle prime settimane di trattamento, quando vengono utilizzati i dosaggi più alti; il conseguente aumento del rischio di frattura si evidenzia nei primi 6 mesi e tende a ridursi dopo la sospensione della terapia (1,6). Trattamenti prolungati, alte dosi, età avanzata o altri concomitanti fattori di rischio possono determinare riprese molto più lente o soltanto parziali. Alcuni studi tendono

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IBD Highlights

Tabella 2 Principali meccanismi osteolesivi associati a terapie steroidee Aumento del turnover osseo Ridotto assorbimento intestinale di calcio Aumentata eliminazione renale di calcio Stimolazione diretta del PTH Inibizione diretta della sintesi di calcitonina Osteoclastogenesi (RANK-L, TNFα, IL-1β, IL-6, IFNγ) Aumentata attività macrofagica ossea Ridotta sintesi ossea Inibizione osteoblastogenesi Apoptosi degli osteoblasti Inibizione androgeni/estrogeni

ad assolvere almeno parzialmente gli steroidi classici somministrati per via rettale e le formulazioni orali di ultima generazione, quali budesonide e beclometasone dipropionato, con minore biodisponibilità sistemica per l’elevato metabolismo di primo passaggio epatico (1). Resta ancora da chiarire quale peso abbia l’effetto farmacodinamico dei CS sul metabolismo osseo rispetto all’attività stessa della IBD durante una riaccensione di grado severo-moderato, vista la stretta associazione ormai ben documentata tra infiammazione e patogenesi dell’Osteoporosi (12-13). Negli adulti con IBD è stata osservata inoltre una correlazione positiva tra BMD e l’indice di massa corporea (1,6). Recenti studi suggeriscono l’esistenza di una correlazione positiva tra la massa grassa di soggetti non obesi e il BMD, imputabile verosimilmente all’azione di adipokine quali leptina, adiponectina, resistina e ghrelina sul metabolismo dell’osso. Altri fattori quali la chirurgia resettiva ileale o colica, la persistente flogosi cronica sistemica e la durata di malattia, benché dotati di un solido razionale patogenetico, non sono ancora stati chiaramente associati a un maggior rischio di OM. Infine, è importante rilevare che i principali fattori di rischio descritti nella popolazione generale [Tabella 3] hanno un ruolo importante anche nelle IBD (1,6). Nel bambino I pazienti con IBD ad esordio pediatrico presentano delle peculiarità, sia per quanto riguarda le caratteristiche stesse della IBD, sia della OM che si può associare (14). Nonostante i fattori di rischio siano simili a quelli dell’adulto, il rischio di fratture non è confrontabile: l’osso del bambino ha infatti delle caratteristiche biomeccaniche molto differenti, dovute ad una maggiore elasticità e a una minore rigidità, che gli conferiscono una maggiore resistenza agli stress meccanici. È quindi molto improbabile che variazioni anche del 25% della massa ossea (equivalenti a circa -2,5 deviazioni standard) possano determinare una fragilità marcata dell’osso tale da provocare una frattura da trauma minimo (14,15).

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Osteoporosi e ibd:

il punto di vista del gastroentrologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

L’OM nel bambino è quindi spesso asintomatica, ma la sua diagnosi è fondamentale per prevenire le conseguenze in età adulta. È infatti durante la tarda infanzia e l’adolescenza che si ha la massima formazione ossea che permette di raggiungere, nella prima parte dell’età adulta il picco di massa ossea, che è stato dimostrato essere il più importante fattore predittivo di rischio di osteoporosi, e quindi di fratture patologiche, in età adulta (4). La questione più importante per il gastroenterologo pediatra è quella di capire se l’infiammazione cronica, anche subclinica, predispone il bambino con IBD ad un aumentato rischio di fratture in età adulta, come risultato di un raggiungimento di massa ossea inferiore e di un più basso picco di BMD durante la pubertà. La patogenesi dell’osteoporosi nei bambini con IBD non è ancora stata completamente chiarita; i fattori maggiormente coinvolti, alcuni peculiari dell’età pediatrica, altri comuni all’adulto, includono la malnutrizione, l’uso dei CS, il ritardo puberale, la ridotta attività fisica, e l’azione delle citochine infiammatorie (4,19). I due fattori specifici dell’età pediatrica sono la malnutrizione, il ritardo di accrescimento e l’utilizzo di CS nell’età di rapida crescita (spurt puberale). La malnutrizione nei bambini è secondaria al calo dell’appetito, al malassorbimento, all’aumento della perdita di nutrienti e all’aumento delle richieste metaboliche. Questi fattori possono condurre ad un ritardo di crescita e di sviluppo puberale e a una riduzione dell’attività fisica, che influenzano negativamente il metabolismo osseo (4). È stata inoltre evidenziata una riduzione dei livelli sierici di vitamina D e di vitamina K, entrambi associati ad una riduzione della BMD (4,15). L’utilizzo dei CS determina, anche nel bambino, una perdita di massa ossea attraverso meccanismi diversi [Tabella 2]; peraltro il reale peso della terapia steroidea sul rischio di OM non è ancora stato completamente chiarito. Studi pediatrici dimostrano che non c’è una differenza significativa in termini di perdita di massa ossea tra pazienti trattati con CS e quelli “steroidi-naive”(4,16) facendo supporre che è l’attività di malattia più che i CS ad influire negativamente sul metabolismo osseo. È ragionevole supporre che i danni sull’osso in un organismo in rapida crescita, in cui la malattia è esordita precocemente, possano essere più importanti in termini di rischio di sviluppare osteopenia o osteoporosi, seppur non immediatamente visibili. Tabella 3 Principali fattori di rischio per Osteopatia Metabolica nell’adulto

Popolazione generale

Soggetti IBD

Età avanzata

BMI basso

Menopausa

Età avanzata

Terapie steroidee

Terapie steroidee

BMI basso

Carenza di Vitamina D

Familiarità per fratture patologiche

Sesso maschile (?)

Precedenti fatture patologiche

Durata di malattia (?)

Gravidanza e amenorrea

Resezione ileale (?)

Ipogonadismo

Crohn ileale esteso (?)

Alcolismo, Tabagismo

Persistente attività di malattia (?)

Sedentarietà Basso apporto di calcio Carenza di Vitamina D Ciclosporina A, metotressato, inibitori dell’aromatasi

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IBD Highlights

DIAGNOSI La massa ossea viene valutata attraverso la mineralometria ossea computerizzata (MOC), che fornisce una misura quantitativa di densità della massa ossea (BMD), ma non valuta funzionalmente la sua microarchitettura (6). Benché il BMD sia il miglior predittore del rischio di fratture patologiche, la MOC può sottostimare il rischio secondario a lesioni strutturali (6). La soglia OMS per diagnosticare la presenza di osteoporosi, T-score <-2.5 DS, è applicabile oggi solo ai valori densitometrici ottenuti con tecnica DXA [Tabella 4] (1,6,13).

AGA (American Gastroenterological Association) e SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) raccomandano l’esecuzione di un’indagine DXA di screening in presenza di uno o più fattori di rischio per OM [Tabella 5] (6,17).

Tabella 4 Definizioni OMS

T Score con tecnica DXA

Definizione OMS

> -1

Normale

-1 ↔ -2.5

Osteopenia

< -2.5

Osteoporosi

< -2.5 e fratture patologiche

Osteoporosi grave

Il T Score è la misura in deviazioni standard della differenza tra la densità minerale ossea (gr/cm2) di un individuo e quella media di soggetti standard di 20-29 anni. Lo Z Score valuta la differenza tra la densità minerale ossea di un individuo e quella media di soggetti di pari età, sesso, peso ed etnia.

Tabella 5 Proposta di gestione delle Osteopatie Metaboliche in adulti affetti da IBD

Non indicazione a DXA

Indicazione a DXA

T score > -1

T score fra -1 e -2.5

T score < -2.5

Misure di prevenzione Incoraggiare l’esercizio fisico e l’astensione da fumo e alcolici

Misure di prevenzione

Valutare lo stato mestruale Massimizzare l’introito di calcio e vitamina D Supplemento di calcio e vitamina D in caso di tp steroidea Minimizzare l’utilizzo di steroidi

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Misure di prevenzione

Considerare l’invio allo Specialista

Ripetere DXA a 1,5-2 anni

Valutare altre possibili eziologie

Considerare bifosfonati in caso di tp steroidea cronica e fattori di rischio aggiuntivi

Terapia con bifosfonati o terapia sostitutiva ormonale come più appropriato

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Osteoporosi e ibd:

il punto di vista del gastroentrologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

Il successivo controllo dovrebbe essere ripetuto dopo 2-3 anni nel caso di BMD basale normale, in caso contrario dopo 1,5-2 anni e comunque mai prima di un anno (6). Un follow-up breve, 1 anno, è stato invece suggerito per i pazienti che iniziano CS a dosi elevate (17). Al momento della diagnosi dovrebbero essere valutati inoltre calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina totale, protidemia frazionata e calciuria 24 h (6). Qualora siano presenti fratture patologiche è indispensabile ricercare altre possibili cause mediante esami di laboratorio di secondo livello, mentre l’uso dei markers del turnover osseo non è indicato nelle valutazioni cliniche routinarie (6). Nel bambino

La DXA è considerata il gold standard per la diagnosi di osteoporosi anche in età pediatrica poiché è ritenuta accurata e precisa, facile da eseguire, di costo relativamente contenuto e, soprattutto, richiede una minima esposizione alle radiazioni. In pediatria viene valutato lo z-score, parametro che confronta la massa ossea del paziente ottenuta con la DXA con quella di un soggetto normale di pari età, sesso e razza. Valori di z-score compresi tra -2,5 e -1 DS si definiscono l’osteopenia, valori inferiori a -2,5 deviazioni standard definiscono l’osteoporosi [Tabella 4] (4,18).

La DXA tuttavia non tiene in considerazione lo spessore dell’osso: i valori di BMD vengono infatti espressi come densità di area (gr/cm2), mentre la densità ossea andrebbe misurata in modo tridimensionale (gr/cm3). Questo aspetto risulta particolarmente rilevante nei bambini con deficit di crescita, che spesso si associa alle IBD, dal momento che porta a sovrastimare la densità ossea nei soggetti più grandi e a sottostimarla in quelli più piccoli. La tomografia quantitativa dell’osso (QTC) fornisce la reale densità tridimensionale ma è improponibile in età pediatrica per l’alta dose di radiazioni ionizzanti (4,18). Nel corso degli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso un’altra tecnica, l’ultrasonografia quantitativa (QUS) che, oltre a non utilizzare radiazioni, ha un costo contenuto, può essere eseguita ovunque (strumento trasportabile) e fornisce informazioni anche sulla struttura dell’osso. Attualmente però non ci sono dati sufficienti per poterla definire una tecnica alla pari della DXA. Il ruolo invece dei markers di turnover osseo (N telopeptide, C telopetide, fosfatasi alcalina, osteocalcina) non è ancora stato definito in età pediatrica: la maggior parte di essi non ha dei valori di riferimento perché sono influenzati dalla rapida crescita ossea caratteristica dell’infanzia e della pubertà. Gli studi pediatrici non hanno evidenziato alcuna correlazione tra markers di turnover osseo e massa ossea (4).

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IBD Highlights

PROFILASSI E TERAPIA

Le principali Società di Gastroenterologia raccomandano un uso parsimonioso dei CS e consigliano, dove indicato, di sostituirli con formulazioni steroidee a bassa biodisponibilità sistemica oppure di considerare un più precoce uso di immunomodulatori e agenti biologici, soprattutto in soggetti noti per OM o fattori di rischio ad esse correlati (1,17). La prolungata remissione clinica libera da CS si associa, infatti, a valori di BMD maggiori rispetto ai soggetti con malattia attiva e paragonabili a quelli della popolazione generale. Recentemente, alcuni Autori hanno persino ipotizzato un effetto farmacodinamico diretto degli anti-TNFα risultante dall’inibizione dell’osteoclastogenesi tramite influenze sull’asse OPG-RANK-L (12). Nella MC la vitamina D si è dimostrata efficace nella prevenzione della perdita di massa ossea metasteroidea (1). Durante un trattamento con dosi > 5-7.5 mg di prednisone die è pertanto raccomandabile l’immediata introduzione di una concomitante terapia profilattica con calcio (500-100 mg die) e vitamina D (800-1000 IU die) indipendentemente dai livelli basali di BMD (1,6,17). In soggetti IBD con alterati valori di BMD o concomitanti fattori di rischio per OM può essere valutata una profilassi additiva con bifosfonati quali risendronato o alendronato (1,6). In età pediatrica Non esistono ad oggi delle linee guida pediatriche sulla gestione della OM associata alle IBD (4).

Sicuramente l’uso dei CS dovrebbe essere il più possibile limitato, in considerazione anche degli effetti negativi sulla crescita e sullo sviluppo puberale; si dovrebbe raggiungere un BMI adeguato e incoraggiare il paziente a svolgere attività fisica (4,18). Inoltre dovrebbe essere assicurato un corretto intake di calcio e vitamina D, ed avviata, se necessaria, una terapia supplementare. L’introito dietetico di calcio raccomandato nella popolazione pediatrica varia in base all’età: 700 mg/die tra 1-3 anni, 1.000 mg/die tra i 4-8 anni e 1.300 mg/die tra i 9 e i 18 anni. Nei soggetti con malattia cronica, quindi anche con IBD, sono necessarie dosi più elevate, ma non ci sono linee guida che ne definiscano l’adeguato fabbisogno (18-19). Fondamentale è il dosaggio della vitamina D sierica, considerato anche il ruolo, dimostrato recentemente, che essa riveste nella risposta immune (15). I bambini con deficit di vitamina D dovrebbero ricevere 2000 UI/die oppure 50.000 UI/ settimana per almeno 6 settimane; la terapia di mantenimento nei soggetti a rischio richiede da 400-1000 UI/die (4,18). Il ruolo dei bifosfonati in pediatria non è ancora stato definito ed attualmente sono indicati solo in caso di importante riduzione della densità ossea, associata a fratture patologiche e a compressione vertebrale. In sintesi il trattamento della osteopatia metabolica in età pediatrica coincide con l’obiettivo di ottenere uno stato nutrizionale e una crescita staturo ponderale adeguata al bersaglio genetico, agendo su diversi fronti: utilizzando la terapia “nutrizionale” con formula polimerica, limitando l’uso degli steroidi, perseguendo la “deep remission” (intesa come remissione anche mucosale) anche con utilizzo precoce di farmaci biologici, supplementando calcio e vitamina D quando necessario, incoraggiando una qualità della vita normale e, dove possibile, la pratica di attività sportiva. 28

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Osteoporosi e ibd:

il punto di vista del gastroentrologo pediatra e del gastroenterologo dell’adulto

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Corresponding authors Maurizio vecchi Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva IRCCS Policlinico San Donato Via Morandi, 30 20097 San Donato Milanese (MI) Tel. e Fax + 39 02 52774655 E-mail: maurizio.vecchi@unimi.it stefano martelossi Servizio di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica IRCCS Materno Infantile Burlo Garofolo via dell’Istria, 65/1 - 34137 Trieste Tel. + 39 040 3785397 Fax + 39 040 3785290 E-mail: stefano.martellossi@burlo.trieste.it

14. Campos LMA, Liphaus BL, Silva CAA et al. Osteoporosis in childhood and adolescence. J pediatr (Rio J) 2003;79(6):481-8. 15. Garg M, Lubel JS, Sparrow MP et al. Review article: vitamin D and inflammatory bowel disease--established concepts and future directions. Aliment Pharmacol Ther 2012 Aug;36(4): 324-44. 16. Walther F, Fusch C, Radke M et al. Osteoporosis in pediatric patients suffering from chronic inflammatory bowel disease with and without steroid treatment. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2006;43(1):42-51. 17. Bernstein CN, Leslie WD, Leboff MS. AGA technical review on osteoporosis in gastrointestinal diseases. Gastroenterology 2003;124:795-841. 18. Ma NS, Gordon CM. Pediatric osteoporosis: where are we now? J Pediatr 2012 Dec;161(6): 983-90. 19. Mascarenhas MR, Thayu M. Pediatric inflammatory bowel disease and bone health. Nutr Clin Pract 2010 Aug;25(4):347-52.

Key Points • L’alterazione del metabolismo osseo (osteopenia e osteoporosi) è una importante complicanza delle IBD, sia nel paziente pediatrico che nell’adulto. • L’eziopatogenesi è multifattoriale e non ancora completamente chiarita: l’età precoce di esordio e quindi il raggiungimento di un basso picco di massa ossea alla pubertà, il processo infiammatorio cronico, la malnutrizione, il ritardo di sviluppo puberale, la scarsa attività fisica e le terapie corticosteroidee prolungate sono i principali fattori di rischio in età pediatrica. • L’età avanzata, la menopausa, il fumo, la sedentarietà, un basso BMI, l’infiammazione cronica attiva, le terapia steroidee protratte e a dosaggi elevati, sono i fattori di rischio più importanti per lo sviluppo di osteoporosi nel paziente adulto con IBD. • Una corretta valutazione della densità minerale ossea alla diagnosi e durante il follow-up è fondamentale per l’attuazione di strategie preventive (supplementazione di calcio e vitamina D) e per un idoneo approccio terapeutico.

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c tri y a i ed olog y P g r n s i ente colo di w r a ACI Ne stro rma u P ac Ga Pha NICA O M

Cortisonici vecchi e nuovi in gastroenterologia pediatrica

Sara De Iudicibus1, 2, Giuliana Decorti2, Stefano Martelossi1 1 IRCCS Burlo Garofolo di Trieste 2 Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste

Glucocorticoids are employed to induce remission in paediatric inflammatory bowel disease, but interindividual differences in their efficacy and side effects have been reported. Molecular mechanisms involved in variability in glucocorticoid response are still not known, but advance in pharmacogenomics could contribute to the optimization and personalization of therapy.

I glucocorticoidi e le MICI Nonostante l’introduzione in terapia di farmaci biologici altamente efficaci, nei pazienti con MICI da moderata a grave i glucocorticoidi sono ancora considerati il trattamento standard per l’induzione della remissione. Questo è certamente sempre valido per la rettocolite a localizzazione pancolica dove il trattamento con glucocorticoidi è sempre di prima scelta, mentre nel morbo di Crohn ad esordio pediatrico il trattamento di prima scelta è la terapia “nutrizionale” con formula polimerica e, nei casi a localizzazione anche colica, con manifestazioni extraintestinali o a prognosi “severa” (malattia perianale, malattia estesa), oggi la tendenza è di utilizzare da subito i farmaci biologici anti-TNF, nel tentativo di cambiare la storia naturale della malattia. Peraltro anche nel morbo di Crohn la terapia con glucocorticoidi rimane centrale nel trattamento dei pazienti.

Il prednisone orale è l’agente di scelta nelle MICI moderate o gravi, ma la risposta clinica a questo farmaco è estremamente variabile e circa il 95% dei pazienti pediatrici presenta un rapido miglioramento dei sintomi se trattati con un equivalente di prednisone da 1 a 2 mg/kg/giorno. Dopo un anno, tuttavia, solo il 55% dei pazienti trattati è ancora in remissione e può essere considerato responsivo, mentre circa il 38% dei pazienti non è in grado di interrompere la terapia e presenta una malattia in fase attiva alla riduzione della dose: questi pazienti sono considerati dipendenti. Circa il 5-7% dei soggetti non risponde alla terapia con prednisone ed è considerato resistente (2). Nei casi più gravi i glucocorticoidi, generalmente il metil-prednisolone, possono essere somministrati per via endovenosa, questo soprattutto nella rettocolite ulcerosa. Nella rettocolite a localizzazione nel retto e nel colon sinistro, i glucocorticoidi ad azione locale, somministrati in forma di clismi, presentano meno effetti secondari, ma inducono meno frequentemente la remissione: l’idrocortisone è disponibile per la terapia topica sotto forma di clismi. La somministrazione di clismi “combinati” di mesalazina e steroide si è dimostrata più efficace delle singole molecole. Nella malattia di Crohn ileocecale viene preferito il trattamento con capsule di budesonide, uno steroide sintetico a rilascio controllato, che è in grado di liberare il principio attivo in una specifica porzione di intestino infiammato: il rivestimento della capsula si scioglie solo ad un pH superiore a 5.5, prevenendo così il rilascio del farmaco nello stomaco; il budesonide viene poi gradualmente rilasciato durante il suo passaggio attraverso l’intestino tenue: il 60-70% della dose viene assorbita nell’ileo e nel cieco. Gli effetti sistemici di questo steroide sono ridotti da un esteso metabolismo epatico di primo passaggio, che porta alla formazione di metaboliti inattivi del farmaco (3).

Key Words Inflammatory bowel disease, glucocorticoids, prednisone, budesonide, genetic markers

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Non ci sono quindi grosse novità nell’ambito della terapia steroidea delle MICI, e non è probabile che molecole innovative vengano introdotte nei prossimi anni; la ricerca quindi è mirata all’ottimizzazione del trattamento con i farmaci tradizionali, ad esempio attraverso approcci farmacogenomici. Recentemente, molti studi hanno indagato i meccanismi d’azione dei glucocorticoidi e le basi genetiche e molecolari della variabilità di risposta a questi farmaci. Gli steroidi interagiscono con il loro recettore citoplasmatico che, in seguito

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al legame, trasloca nel nucleo regolando l’espressione genica e di conseguenza controllando l’infiammazione. Il recettore dei glucocorticoidi è quindi cruciale: le mutazioni del gene del recettore (NR3C1) sono la causa primaria di una rara forma ereditaria di resistenza a questi agenti. Inoltre, polimorfismi in questo gene sono stati descritti nella popolazione sana e sono stati correlati ad un’alterata sensibilità al cortisolo endogeno. Il polimorfismo BclI, che consiste in una transizione di base, è stato correlato anche ad una migliore risposta alla terapia steroidea in pazienti pediatrici con MICI (4). La funzionalità del recettore è condizionata da proteine chaperonine che formano un eterocomplesso con lo stesso recettore, necessario per il corretto legame con il ligando e per la sua attivazione: anomalie nelle proteine dell’eterocomplesso possono contribuire all’alterata attività dei glucocorticoidi. In uno studio su pazienti asmatici, le variazioni genetiche nel gene STIP1, che codifica per la co-chaperonina Hop, sembrano essere correlate ad una maggiore sensibilità alla terapia con glucocorticoidi (5). Anche le varianti nei principali effettori dei glucocorticoidi (ad esempio citochine e loro regolatori) sono state associate alla variabilità nella risposta. La potente azione antinfiammatoria dei glucocorticoidi è soprattutto rivolta al controllo della sintesi di numerose citochine: la citochina IL-1b è molto espressa nella mucosa intestinale infiammata nei pazienti con MICI attiva. Per svolgere la sua funzione pro-infiammatoria, questa citochina deve essere attivata dal complesso multi proteico NALP1. Il polimorfismo Leu155His (nomenclatura che indica che la variazione di base nel DNA del gene comporta un’alterazione amminoacidica), è stato associato in maniera statisticamente significativa alla resistenza alla terapia steroidea in pazienti pediatrici con MICI (6). TNF-α è una potente citochina pro-infiammatoria rilasciata dalle cellule del sistema immunitario in seguito a stimolazione: il polimorfismo G-308A, una comune variante del gene, è stato correlato con la risposta agli steroidi in diverse patologie, e in una coorte di pazienti pediatrici italiani con MICI l'allele mutato era significativamente associato alla resistenza agli steroidi (7). Altri possibili candidati di interesse che potrebbero spiegare la variabilità di risposta sono i polimorfismi in geni coinvolti nel trasporto di questi ormoni: particolarmente studiato è il gene ABCB1 che codifica per una proteina trasportatrice (P-glicoproteina) che estrude varie molecole e xenobiotici dalle cellule, tra cui i glucocorticoidi. Molti studi sono stati effettuati per chiarire il ruolo dei polimorfismi di questo gene nell’alterata risposta a questi farmaci, con risultati molto discordanti, che non permettono quindi di ottenere correlazioni univoche ed utili alla clinica (8). Conclusioni I risultati degli studi di farmacogenetica già disponibili e quelli che deriveranno dagli studi attualmente in corso potrebbero permettere di migliorare l’efficacia del trattamento con minore tossicità: ciò sarà di particolare importanza nel paziente pediatrico, particolarmente sensibile agli effetti collaterali di questi farmaci. Grazie alle informazioni farmacogenetiche, infatti, pazienti che sono destinati a non rispondere ai glucocorticoidi potrebbero essere identificati precocemente evitando quindi di essere sottoposti ad una terapia non solo destinata ad un insuccesso, ma anche aggravata da pesanti effetti collaterali.

Corresponding Author

SARA DE IUDICIBUS Laboratorio di farmacogenomica Dipartimento di Scienze della Vita Università degli studi di Trieste Via Fleming 22, - 34127 Trieste Tel. + 39 040 5588778 E-mail: sadeiu@libero.it

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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology

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Key Points • L’incidenza delle MICI è in aumento in particolare nei bambini e negli adolescenti. • I glucocorticoidi sono ancora utilizzati nell’induzione della remissione. • La scelta dello steroide dipende dalla severità e localizzazione della malattia. • La personalizzazione della terapia in base alle informazioni farmacogenomiche si potrà tradurre in una maggiore efficacia del trattamento e in una minore tossicità.

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A 16-year-old patient presenting with chronic non bloody diarrhea was admitted to our centre. Her past medical history was characterized by autoimmune hypothyroidism. The main differential diagnoses include coeliac disease and inflammatory bowel diseases. Another rare cause of chronic diarrhea in pediatric patients is microscopic colitis.

Una causa rara di diarrea cronica in età pediatrica

Cristina Calzolari, Barbara Bizzarri, Alessia Ghiselli, Gian Luigi de’Angelis Dipartimento Materno Infantile, U.O.C di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Maggiore, Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia dell'università degli Studi di Parma

PRESENTAZIONE CLINICA Z.U. è una ragazza di 16 anni giunta alla nostra attenzione per diarrea cronica (3 evacuazioni/die) senza sangue né muco, insorta circa 2 mesi prima ed intensificatasi nell’ultima settimana. A tale sintomatologia si associava recente comparsa di nausea, inappetenza, dolori addominali diffusi e calo ponderale di circa 2 Kg. Non iperpiressia. L’anamnesi familiare risultava negativa per patologie gastrointestinali. L’anamnesi patologica remota era positiva per tiroidite autoimmune, per la quale la ragazza assumeva terapia ormonale sostitutiva. Scenario clinico: paziente con diarrea cronica a carattere ingravescente associata a sintomatologia dispeptica.

ESAME OBIETTIVO Mucose disidratate. Dolorabilità diffusa alla palpazione profonda addominale senza segni di peritonismo. Non masse palpabili addominali.

DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE 1. Patologia infettiva Commento: ipotesi poco probabile per la cronicità della diarrea, l’assenza di febbre e di sintomatologia analoga nei conviventi, la mancata assunzione di antibiotici (che, se presente, avrebbe potuto far sospettare una colite da Clostridium difficile) e l’assenza di viaggi recenti in paesi tropicali 2. Malattia infiammatoria cronica intestinale Commento: ipotesi da prendere in considerazione per la presenza di diarrea cronica anche se in assenza di sangue (quest’ultima caratteristica sarebbe più indicativa di morbo di Crohn che di rettocolite ulcerosa), di dolori addominali con calo ponderale e di terreno di autoimmunità (tiroidite autoimmune) 3. Patologia endocrina Commento: ipotesi poco probabile per lo stato di eutiroidismo garantito dalla terapia ormonale con levotiroxina sodica 4. Malattia celiaca Commento: ipotesi da prendere in considerazione per la presenza di diarrea cronica, dolori addominali con calo ponderale ed il terreno di autoimmunità (tiroidite autoimmune) 5. Malattia neoplastica Commento: ipotesi poco probabile per l’età della paziente e l’assenza di familiarità per patologie neoplastiche o per poliposi intestinale 6. Diarrea da farmaci Commento: ipotesi improbabile in quanto l’unico farmaco assunto dalla ragazza era la levotiroxina sodica.

Key Words Chronic diarrhea, microscopic colitis, lymphocytic colitis, colonoscopy with biopsies

La soluzione del caso clinico a pagina 39

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La POEM (Peroral Endoscopic Myotomy)

PIETRO FAMILIARI, GIOVANNI GIGANTE, IVO BOSKOSKI, GUIDO COSTAMAGNA Unità Operativa di Endoscopia Digestiva Chirurgica, Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Peroral Endoscopic Myotomy (POEM) is a new endoscopic technique for the treatment of achalasia. POEM is performed with a flexible endoscope and consists in a myotomy, similar to the surgical one, but less traumatic for patients. In series with adults, POEM was associated with excellent efficacy and safety. Should preliminary results be confirmed at long term, POEM could become the first line therapy of achalasia.

Descrizione del caso Una bambina di 11 anni giungeva alla nostra osservazione per disfagia ingravescente. L’insorgenza dei primi sintomi, episodica disfagia ai solidi e rigurgiti, risaliva a 12 mesi prima. La disfagia, che non aveva inizialmente preoccupato i genitori, è peggiorata sostanzialmente 9 mesi dopo. Si associava calo ponderale di circa 1 Kg, rigurgiti quotidiani, e dolore retrosternale. Veniva sottoposta a studio radiografico dell’esofago, che risultava dilatato (fino a 4 cm). Il cardias, con aspetto a “coda di topo”, permetteva solo un minimo passaggio del mezzo di contrasto. La paziente veniva sottoposta a manometria esofagea ad alta risoluzione ed esofagogastroduodenoscopia che ponevano diagnosi di acalasia esofagea (tipo I secondo la classificazione di Chicago). La pressione media basale dello sfintere esofageo inferiore (SEI) risultava nei limiti della norma (35 mmHg), in assenza però di normali rilasciamenti dopo deglutizioni secche o umide (4sIRP 25mmHg). Si documentava inoltre completa mancanza di peristalsi nel corpo dell’esofago. L’acalasia esofagea è una malattia idiopatica, molto rara in età pediatrica, con un’incidenza annua di 0.02-0.11 casi ogni 100.000 bambini (1). È caratterizzata dalla degenerazione irreversibile del plesso mioenterico dell’esofago e dello SEI, con conseguente riduzione della peristalsi esofagea e alterazione del rilasciamento dello SEI (2).

Ipotesi di terapia endoscopica

Key Words Peroral endoscopic myotomy, POEM, achalasia, pediatric, esophagus, dysphagia

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Non esiste terapia eziologica per l’acalasia. Le strategie terapeutiche, medica, chirurgica o endoscopica, hanno come fine comune la riduzione delle pressione dello SEI (2). Nei bambini, gli interventi più eseguiti sono la esofagocardiomiotomia extramucosa laparoscopica con plastica antireflusso, e la dilatazione pneumatica del cardias. Studi sull’adulto hanno dimostrato che le due procedure sono sovrapponibili per efficacia e sicurezza a breve termine (3). Altri hanno dimostrato che l’efficacia della dilatazione pneumatica verrebbe meno a lungo termine, e soprattutto nei pazienti più giovani (4). La Miotomia Esofagea Transorale o POEM (Peroral Endoscopic Myotomy) è stata recentemente introdotta nella pratica clinica. Con la POEM viene eseguita una miotomia sovrapponibile a quella chirurgica, utilizzando però un endoscopio flessibile e un accesso transorale (5). La POEM sta guadagnando il consenso della comunità scientifica internazionale (6). Vi sono ancora pochissime esperienza in età pediatrica (7,8), ma i risultati sull’adulto sono estremamente promettenti (6). Dopo aver discusso con in genitori, la paziente è stata sottoposta a POEM [Figura 1]. L’intervento è stato eseguito con la paziente in decubito supino e anestesia generale. È stata eseguita una piccola incisione sulla mucosa della parete anteriore dell’esofago, circa 11 cm a monte della giunzione gastroesofagea. Con l’ausilio di un elettrobisturi, è stata eseguita la dissezione della sottomucosa dell’esofago e del cardias, estesa per 4 cm sul versante gastrico. Alla dissezione sottomucosa è seguita la vera e propria miotomia, che ha interessato prevalentemente le fibre muscolari circolari ed è stata estesa per 3 cm oltre la giunzione gastroesofagea. L’incisione mucosa è stata suturata con 6 clip. L’intervento è stato completato in 76 minuti. Il decorso postoperatorio è stato esente da complicanze, ed in seconda giornata la paziente ha ripreso l’alimentazione orale con una dieta semiliquida.

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(4):34-36


Figura 1 Miotomia Esofagea Transorale

incisione della mucosa esofagea, dopo aver iniettato nella sottomucosa una soluzione di glicerolo al 10% e indaco-carmino

dissezione della sottomucosa esofagea con l’ausilio di un ago diatemico e elettrocoagulazione e creazione di un “tunnel” nella sottomucosa, esteso dall’esofago medio sino allo stomaco. Sulla destra la tonaca muscolare dell’esofago

Risultato dopo la sezione della tonaca muscolare esofagea. Sulla sinistra la mucosa esofagea intatta, sulla destra la miotomia

chiusura dell’incisione mucosa con clips endoscopiche

A distanza di oltre 18 mesi dall’intervento la bambina non presenta più disfagia o rigurgiti. Gli esami strumentali hanno documentato un sostanziale decremento della pressione dello SEI (pressione basale 10 mmHg; 4sIRP 4.9 mmHg) in assenza di esofagite o reflusso gastroesofago.

Conclusioni e messaggi pratici L’acalasia esofagea è una malattia poco frequente in età pediatrica. Non vi sono ancora molti dati sul follow-up a lungo termine dei pazienti sottoposti a POEM. Se i dati preliminari dovessero essere confermati, la POEM potrebbe divenire in futuro il trattamento di prima linea dell’acalasia.

Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2013; Volume V(4):34-36

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Endoscopy Learning Library

Corresponding Author GUIDO COSTAMAGNA Unità Operativa di Endoscopia Digestiva Chirurgica Policlinico Universitario Agostino Gemelli Università Cattolica del Sacro Cuore Largo Gemelli, 8 - 00168 Roma E-mail: gcostamagna@rm.unicatt.it

BIBLIOGRAFIa 1. Mayberry JF, Mayell MJ. Epidemiological study of achalasia in children. Gut 1988; 29(1):90-3. 2. Campos GM, Vittinghoff E, Rabl C et al. Endoscopic and surgical treatments for achalasia: a systematic review and metaanalysis. Ann Surg 2009;249(1):45-57. 3. Boeckxstaens GE, Annese V, des Varannes SB et al. Pneumatic dilation versus laparoscopic Heller’s myotomy for idiopathic achalasia. N Engl J Med 2011; 364(19): 807-16. 4. Hulselmans M, Vanuytsel T, Degreef T et al. Long-term outcome of pneumatic dilation in the treatment of achalasia. Clin Gastroenterol Hepatol 2010;8(1):30-5. 5. Inoue H, Minami H, Kobayashi Y et al. Peroral endoscopic myotomy (POEM) for

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Key Points età pediatrica, ma va sospettata nei • L’acalasia esofagea è molto rara in pazienti con disfagia. potrebbe rappresentare una valida • La Miotomia Esofagea Transorale o POEM nti con acalasia. pazie nei gica chirur alternativa alla miotomia incidenza di complicanze. bassa una con , sicura • La POEM è una procedura necessari per stabilire la reale efficacia • Studi con follow-up a lungo termine sono della POEM.

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SIGENP "Unit" Chi siamo e cosa facciamo SIGENP presenta SIGENP, chi siamo e cosa facciamo. Una "vetrina" dedicata ai Centri presenti sul territorio nazionale è un atto dovuto verso una gastroenterologia pediatrica italiana moderna ed al passo con i tempi. In questo numero, la Prof. Graziella Guariso ci accompagnerà in un viaggio virtuale all'interno della sua Unit presentando le varie attività ed i particolari interessi di natura clinico-assitenziale.

Unità di Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva, Epatologia e Cura Del Bambino con Trapianto di Fegato Dipartimento A.I.S. per la Salute della Donna e del Bambino Azienda Ospedaliera – Università di Padova Graziella Guariso, Mara Cananzi, Marco Gasparetto

Graziella Guariso

La Struttura ha la funzione di fornire una risposta alle molteplici e differenziate domande di prestazioni gastroenterologiche che provengono da tutta la Regione Veneto e da Sedi extraregionali.

All’interno della Struttura si sono pertanto costituiti: • un centro di diagnosi e cura della malattia celiaca; • un centro di diagnosi, cura e follow up delle malattie infiammatorie croniche intestinali; • un centro di diagnosi e cura per le patologie intestinali rare; • un centro di diagnosi, cura e follow up per i bambini con epatopatie acute e croniche di natura virale (HCV, HBV) e da patologie rare, spesso di natura genetica; • un centro di cura del bambino con insufficienza epatica acuta e cronica che necessita di trapianto di fegato e del bambino sottoposto a trapianto nell’immediato post-operatorio e nel follow up a lungo termine; • un centro di trapianto epatico pediatrico. DIAGNOSTICA STRUMENTALE Endoscopia Digestiva Diagnostica ed Operativa

Test Permeabilità Intestinale 2/3 zuccheri (Biologia Molecolare)

Ph-impedenzometria Esofagea

Ricerca H. Pylori: PCR su Biopsia (Biologia Molecolare)

Ecografia Clinica Addominale

Breath-tests (Biologia Molecolare)

Profilo Acidi Biliari Urinari

Genetica Deficit alfa1 Antitripsina (Biologia Molecolare)

Videocapsula Endoscopica (UO di Gastroenterologia – Adulto)

Genetica Sindrome di Gilbert (Biologia Molecolare)

Biopsia Rettale per Suzione

Determinazione Polimorfismi Tiopurin Metiltransferasi (Biologia Molecolare)

Scintigrafia Intestinale

Determinazione Polimorfismi del Gene IL 28B (Microbiologia)

Videofluoroscopia Faringo-crico-esofageo-cardiale

Per raggiungere tali obiettivi la Struttura si articola in: • reparto con posti letto per le degenze; • day hospital per endoscopie diagnostiche ed operative in sedazione e per biopsie epatiche transcutanee ecoguidate; • ambulatorio gastroenterologico di primo livello e ambulatorio integrato di secondo e terzo livello per il follow up di patologie croniche gastrointestinali ed epatiche, esecuzione di terapie iniettive in pazienti cronici (esempio: farmaci biologici); • un servizio di follow up dei bambini con trapianto di fegato; • un ambulatorio di transizione delle cure per i pazienti con malattie croniche gastrointestinali, epatiche e con trapianto di fegato (ambulatorio gestito in collaborazione con i Gastroenterologi dell’adulto); • un’attività di consulenze interne al Dipartimento A.I.S. per la Salute della Donna e del Bambino e consulenze ai Reparti di Pediatria esterni;

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SIGENP Units Presentation

• un servizio di endoscopia digestiva diagnostica ed operativa (trattamento e monitoraggio varici esofagee, trattamento e monitoraggio poliposi intestinale) dedicata al bambino; biopsie epatiche ecoguidate; • un servizio di fisiopatologia esofagea (ph-impedenzometria) e di ecografia clinica addominale. Alla Struttura inoltre afferiscono il Master di Pediatria Specialistica: indirizzo di Gastroenterologia e i seguenti insegnamenti: • Corso Integrato di Pediatria nel Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia; • Corso di Gastroenterologia ed Epatologia nella Scuola di Specializzazione di Pediatria; • Corso di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica nella Scuola di Specializzazione di Chirurgia Pediatrica; • Corso di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica nella Scuola di Specializzazione di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva; • Corso Opzionale di Gastroenterologia Pediatrica nel Corso in Laurea Specialistica di Medicina e Chirurgia; • Corso di Pediatria Generale e Specialistica nel Corso di Laurea in Fisioterapia; • Scuola di Dottorato in Biologia e Medicina della Rigenerazione:indirizzo in Scienze Gastroenterologiche ed Epatologiche. Alla Struttura si affianca l’attività congressuale (rivolta a pediatri, gastroenterologi, dietisti, chirurghi pediatri, personale infermieristico) e l’attività di ricerca riguardante: malattie infiammatorie croniche intestinali, malattia celiaca, trials terapeutici: epatite HCV correlata e trapianto di fegato (collaborazioni nazionali/internazionali), difetto di sintesi degli acidi biliari. Principali collaborazioni • Terapia Antalgica Pediatrica • Dietetica e Nutrizione Clinica Pediatrica • Psichiatria Infantile e Psicologia Clinica • Terapia Intensiva Pediatrica • Chirurgia Pediatrica • Centro Trapianti di Cellule Staminali Ematopoietiche • Laboratorio di Spettrometria di Massa e Metabolomica • Centro di Riferimento Regionale Veneto Malattie Rare presso Dipartimento A.I.S. per la Salute della Donna e del Bambino – Padova • Chirurgia Epatobiliare e Centro di Trapianto di Fegato • Radiologia e Diagnostica per Immagini: Area Pediatrica • Istologia e Anatomia Patologica • Biologia Molecolare – Dipartimento Interaziendale di Medicina di Laboratorio

pubblicazioni • Guariso G, Gasparetto M et al. Inflammatory bowel disease developing in paediatric and adult age: a singlecentre comparative study. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010 Dec;51(6):698-707. • Basso D, Guariso G, Bozzato D et al. New screening tests enrich anti-transglutaminase results and support a highly sensitive two-test based strategy for celiac disease diagnosis. Clin Chim Acta 2011 Aug. 17; 412(1718):1662-67. • Kotlarz D, Beier R, Murugan D et al. Loss of Interleukin-10 Signaling and Infantile Inflammatory Bowel Disease - Implications for Diagnosis and Therapy. Gastroenterology 2012 Aug;143(2): 347-5. • Aita A, Rossi E, Basso D, Guariso G et al. Chemiluminescence and ELISA-based Serum Assays for diagnosing and monitoring celiac disease in children: a comparative study. Clin Chim Acta 2013 Jun 5;421:202-7. • Cananzi M, Gasparetto M, Curia G et al. Outcome of Liver Transplantation in children under 10 Kilograms: experience at a single italian tertiary center (University of Padova, 1993-2012) and Review of the Literature. Digestive and Liver Disease 2013 settembre;45(suppl.4):e309, PO66..

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RECAPITI Direttore Dott.ssa Graziella Guariso e-mail: guariso@pediatria.unipd.it graziella.guariso@sanita.padova.it Tel. 049 821 3509 3505 3506. Ricevimento telefonate: lunedì ore 15.00-16.00 - giovedì ore 14.30-15.30. Tel. 049 821 3509 3505 3506. Segreteria Tel. 049 821 3509 Fax 049 821 5430 Caposala Tel. 049 821 3550 Reparto

Tel. 049 821 3551

Day Hospital - Ambulatorio Tel. 049 821 3555 1662 Centro Unico Prenotazione Numero Verde 800316850 E-mail gastroenterologia@pediatria.unipd.it gastroenterologiapediatrica@sanita. padova.it


Soluzione del caso clinico di pagina 33

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Una causa rara di diarrea cronica in età pediatrica Cristina Calzolari, Barbara Bizzarri, Alessia Ghiselli, Gian Luigi de’Angelis Dipartimento Materno Infantile, U.O.C di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Maggiore, Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia dell’università degli Studi di Parma

SVILUPPO DEL CASO CLINICO

Z.U. è stata sottoposta ad esami emato-chimici che hanno evidenziato un quadro flogistico. La ricerca degli autoanticorpi per malattia celiaca, degli anticorpi anti-enterociti, degli ASCA e degli ANCA è risultata negativa. La funzionalità tiroidea è risultata nella norma. Gli esami microbiologici delle feci hanno escluso un processo infettivo del tratto digerente. L’iter diagnostico è stato completato con esami endoscopici. La gastroscopia ha mostrato una gastropatia iperemico-erosiva Helicobacter pylori positiva ed una duodenopatia eritematosa con aspetto istologico di lesione distruttiva tipo 3c di Marsh, modificato Oberhuber [Figura 1]. L’ileocolonscopia ha escluso lesioni macroscopiche mucosali [Figura 2]. Tuttavia l’esame istologico ha evidenziato una pancolite microscopica di tipo colite linfocitica. La paziente è stata quindi sottoposta a terapia con budesonide 9 mg/die per os e terapia eradicante dell’Helicobacter pylori. La ragazza ha continuato una dieta libera nonostante il riscontro istologico di atrofia villositaria Marsh 3c, per la concomitante presenza di infezione da Helicobacter pylori e per i casi descritti in letteratura di atrofia villositaria duodenale associati a colite microscopica. La terapia con budesonide ha permesso dopo pochi giorni una risoluzione della sintomatologia intestinale. Dopo 2 mesi di terapia la paziente è stata sottoposta a colonscopia di controllo con biopsie che hanno mostrato una normalizzazione dell’aspetto microscopico colico. La gastroscopia ha mostrato una risoluzione dell’atrofia villositaria duodenale precedentemente descritta. La terapia con budesonide è stata allora scalata di 3 mg ogni 2 settimane fino a sospensione. La paziente nell’anno successivo non ha mostrato recidiva della sintomatologia intestinale.

SPUNTI DI RIFLESSIONE

Le coliti microscopiche sono patologie infiammatorie intestinali croniche clinicamente caratterizzate da una diarrea acquosa senza sangue con reperto endoscopico di mucosa colica nor-

Key Points

imputabile ad • La presenza di una diarrea cronica non inale funziointest bo distur un ad o a celiac ttia mala una una coloncon ata indag re semp essere nale dovrebbe scopia con biopsie. diarrea cronica • In caso di colonscopia eseguita per ico del colon biopt aggio mapp un ito esegu re va semp ente rilevabili icam oscop macr i anche in assenza di lesion ca. al fine di escludere una colite microscopi ente associa• Le coliti microscopiche sono più frequentem ttia celiaca. mala a e e tiroide ni mmu te a patologie autoi no maniposso ente, raram r seppu • Le coliti microscopiche, festarsi anche in età pediatrica. è caratterizzata • La terapia delle coliti microscopiche . orale via per e sonid dall’utilizzo di bude

Figura 1 duodeno discendente

Figura 2 colon trasverso

male (1). La diagnosi è basata su caratteristici reperti istopatologici che consentono di distinguere le coliti microscopiche in due sottotipi: le coliti linfocitiche, caratterizzate da un numero aumentato di linfociti nell’epitelio colico, e le coliti collagene, caratterizzate da un ispessimento della banda di collagene sottoepiteliale (2,3). Fattori di rischio per l’insorgenza di coliti microscopiche sono: il sesso femminile, l’età avanzata, la presenza di concomitanti patologie autoimmuni quali le patologie tiroidee o la malattia celiaca, l’assunzione di farmaci (quali FANS, sertralina, lansoprazolo, ecc.) (4). Rari casi di colite microscopica sono stati descritti anche in età pediatrica (5). Questo caso clinico suggerisce, in pazienti con diarrea cronica, l’importanza di eseguire una colonscopia con biopsie coliche anche in caso di mucosa colica macroscopicamente normale, al fine di escludere una colite microscopica. Ci suggerisce inoltre che la presenza di un’atrofia villositaria duodenale in caso di autoanticorpi per malattia celiaca negativi, deve imporre la ricerca di cause di malassorbimento differenti dalla malattia celiaca. Corresponding author barbara bizzarri U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Ospedale Maggiore di Parma Via Gramsci, 14 - 43126 Parma Tel. + 39 0521 702640 E-mail: babizzarri@yahoo.it

BIBLIOGRAFIa 1. Rasmussen MA, Munck LK. Systematic review: are lymphocytic colitis and collagenous colitis two subtypes of the same diseasemicroscopic colitis? Aliment Pharmacol Ther 2012;36:79-90. 2. Guslandi M. Microscopic colitis: a therapeutic challenge. World J Gastroenterol 2013;19 (23):3531-533. 3. Tangri V, Chande N. Microscopic colitis. An update. J Clin Gastroenterol 2009;43(4):293-296. 4. Storr Ma. Microscopic colitis: epidemiology, pathophysiology, diagnosis and current management-an update 2013. ISRN Gastroenterology 2013; volume 2013, article ID 352718, 12 pages. 5. Mahajan D, Goldblum JR, Xiao SY et al. Lymphocytic colitis and collagenous colitis: a review of clinicopathologic features and immunologic abnormallties. Adv Anat Pathol 2012;19(19):28-38.

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Inflammatory bowel diseases and necrotizing enterocolitis (NEC) are sustained by immunoinflammatory responses that can be modulated by dietary components. The experimental basis of clinical efficacy of these components is strong while there’s only few clinical evidence. Probiotics show the best evidences in the treatment and prevention of chronic pouchitis in patients undergone colectomy for ulcerative colitis and for the prevention NEC in preterm infants.

Impiego dei nutraceutici nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nell’enterocolite necrotizzante TERESA CAPRIATI1,2, FABIO PANETTA1, RAFFAELE EDO PAPA1, DANIELA MARINO1, ALESSANDRA WUNDERLE1, ELISABETTA GALLO2, GILDA CASSANO2, RUGGIERO FRANCAVILLA2, ANTONELLA DIAMANTI1 1Unità Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma 2Unità di Gastroenterologia, Clinica Pediatrica della Università di Bari

INTRODUZIONE I nutraceutici sono stati molto studiati in età pediatrica nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) e nella enterocolite necrotizzante (NEC). Tali patologie sono sostenute da una risposta immuno-infiammatoria che porta a perdita della funzione di barriera dell’intestino e a intensa produzione di ossidanti, chemochine, citochine (CK) ed eicosanoidi (1), responsabili dell’innesco di un processo distruttivo che contribuisce ai sintomi clinici di malattia (1). I nutraceutici (prebiotici, probiotici, acidi grassi ω-3, vitamine ed antiossidanti) sono in grado di modulare tale risposta immuno-infiammatoria e potrebbero rivestire un ruolo nella gestione clinica di tali malattie (1). LE EVIDENZE La rettocolite ulcerosa (CU) e la malattia di Crohn (MC) hanno una eziopatogenesi multifattoriale nella quale giocano un ruolo importante la disregolazione immunitaria, la disbiosi e la riduzione della funzione di barriera intestinale. Il TGF-β ha un ruolo centrale nella soppressione della risposta infiammatoria Th1 della mucosa. Nella MC esiste una risposta immunitaria prevalente di tipo Th1 con aumento di TNF-α, IFN-γ, IL12, IL6 e IL1b. Il TNF-α innesca l’infiammazione attraverso un pathway fattore nucleare kB (NF-kB)-dipendente. Il TGF-β è aggiunto in alcune formule per nutrizione enterale (EN) usate come terapia di prima linea nelle fasi acute e di quiescenza della MC in età pediatrica (2). Studi clinici comparativi hanno valutato l’influenza di formule specifiche, addizionate e non di TGF-β, sullo stato infiammatorio della mucosa e sulla clinica delle MICI. Uno studio retrospettivo condotto in Israele ha confrontato 3 gruppi di bambini con MC: • un gruppo assumeva una formula standard polimerica con TGF-β, (gruppo A) • un secondo gruppo una formula standard polimerica priva di TGF-β (gruppo B) • un terzo gruppo nessuna formula (gruppo C).

Il Gruppo A e il Gruppo B mostravano una diminuzione significativa del PCDAI: il gruppo A da 34,3-15,7 e il gruppo B da 35 a 22; al contrario nessuna variazione di PCDAI veniva rilevata nel gruppo C. Nel solo gruppo A, durante il follow-up, si osservava un notevole miglioramento dell’indice di massa corporea e della VES (3). Key Words Nutraceutics, inflammatory bowel disease, necrotizing enterocolitis, pediatrics

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La Glutammina è un aminoacido “condizionatamente essenziale” in quanto, durante periodi di stress, l’organismo non è in grado di produrne una quantità adeguata alla incrementata domanda (1). La glutammina ha importanti effetti sul sistema immunitario: viene impiegata dai linfociti T e B, dalle cellule natural killer e dai macrofagi per proliferazione, differenziazione, attivazione e

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fagocitosi (1); migliora la funzione di barriera intestinale ed è un precursore del glutatione (1). Tuttavia, una dieta con formula polimerica arricchita di glutammina, nel trattamento della MC attiva, non si è mostrata superiore ad una dieta polimerica standard (2). Gli acidi grassi polinsaturi ω-3 (PUFA) inducono una diminuzione della produzione di eicosanoidi e di CK infiammatorie e una anomala attivazione dei fattori di trascrizione di geni infiammatori (NF-kB). Shoda et al (4) suggeriscono che un aumento della assunzione di ω-3 PUFA nella dieta possa essere di beneficio nella MC. Nonostante qualche evidenza sui vantaggi degli ω-3 PUFA, una Cochrane recente ha dimostrato che essi sono probabilmente inefficaci nel mantenimento della remissione dei pazienti con MC e quindi i dati esistenti non ne supportano un uso routinario (5). Lo stress ossidativo è parte della risposta infiammatoria: gli ossidanti (es. radicale superossido, perossido di idrogeno) possono danneggiare i componenti cellulari e, tramite fattori di trascrizione quali NF-kB, indurre produzione di eicosanoidi e CK infiammatorie. Un approccio teorico per ridurre la risposta infiammatoria è prevenire lo stress ossidativo (1). È stato osservato che adulti e bambini con MC, sia in fase attiva che cronica, presentano bassi livelli ematici di prodotti antiossidanti (vitamina C, E e carotenoidi). In pazienti con MC, trattati con olio di pesce e antiossidanti, si ha una significativa riduzione della produzione di PGE2 e IFN-γ da parte dei macrofagi e dei monociti circolanti (6) ma questo non sembra accompagnarsi ad una significativa risposta clinica. Molti studi indicano che la microflora intestinale ha un ruolo nella risposta infiammatoria anomala delle MICI (1). Una microflora intestinale sana ed equilibrata è prevalentemente saccarolitica (1) e, fermentando, produce acidi grassi a catena corta (acetato, propionato, butirrato). Tali acidi sono nutrienti essenziali per i colonociti, abbassano il pH del lume intestinale e hanno una intrinseca natura antimicrobica (1). Uno studio randomizzato, controllato con placebo, ha dimostrato che alte dosi di VSL#3 (una combinazione di vari ceppi probiotici) hanno efficacia maggiore del placebo nella prevenzione della pouchite (= infiammazione della anastomosi chirurgica ileale-anale) e nella terapia della pouchite cronica in pazienti colectomizzati per CU (7). Anche per il Lactobacillus rhamnosus GG è stata dimostrata efficacia come adiuvante nel mantenimento della remissione della CU (8). La NEC è principalmente una malattia dei neonati prematuri e in particolare dei neonati con peso molto basso alla nascita (VLBW) fra i quali si rileva una incidenza fino al 10% e un tasso di mortalità fino al 20%. La NEC può presentarsi con gravi sintomi sistemici e circa il 27-63% dei neonati affetti richiede un intervento chirurgico. Per quanto ancora poco chiara si è ipotizzato che la patogenesi della NEC sia la risultante di diversi fattori: ischemia intestinale, colonizzazione dell’intestino da parte di batteri patologici ed eccesso di substrato proteico nel lume intestinale. La colonizzazione batterica è necessaria per lo sviluppo di NEC. I neonati VLBW a rischio di NEC, rispetto ai neonati a termine, mostrano una anomala colonizzazione fecale (scarsità delle nor-

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Healt and Food Science

mali specie batteriche enteriche) e un ritardato inizio della colonizzazione batterica. Per proteggere il tratto gastrointestinale il corpo produce una sostanza naturale, l’ossido nitrico (NO), a partire dall’aminoacido arginina. Le concentrazioni plasmatiche di arginina nei neonati VLBW e nei neonati pretermine che sviluppano NEC sono basse (9). L’NO è importante nella normale funzione gastrointestinale per vari motivi (9): è un regolatore della funzione vasomotoria, é neurotrasmettitore di neuroni enterici non-adrenergici non-colinergici che regolano la peristalsi, inibisce l’adesione dei leucociti e modula le risposte infiammatorie dell’intestino. L’NO non può essere somministrato come tale perché volatile ma si può somministrare in modo indiretto attraverso la supplementazione con arginina. Una recente revisione sistematica ha valutato l’efficacia e la sicurezza nei neonati pretermine dell’arginina. Gli autori osservavano una riduzione del rischio di sviluppo di NEC in uno studio di buona qualità (9) senza effetti collaterali significativi attribuibili alla somministrazione di arginina. In ogni caso i dati venivano ritenuti insufficienti per sostenere la raccomandazione pratica di una supplementazione, con arginina nei neonati pretermine (9). I vantaggi dell’uso di glutammina, in nutrizione enterale (NE) e in nutrizione parenterale (NP), in pazienti affetti da NEC, sono stati esaminati in una revisione sistematica di Tubman et al (10) che includeva sei studi randomizzati e controllati ed esaminava un totale di 2365 neonati VLBW. Né i singoli studi, né la meta-analisi rilevavano effetti benefici significativamente associati alla supplementazione con glutamina e pertanto gli Autori concludevano che non vi sono prove per sostenere l’uso routinario di una supplementazione con glutammina in NE o NP per tali pazienti (10). Una recente metanalisi (3), comprendente 9 studi e un totale di 1425 neonati prematuri di età gestazionale < 37 settimane e/o peso alla nascita < 2500 gr, ha confrontato efficacia e sicurezza della somministrazione profilattica di probiotici in NE (versus placebo o versus nessun trattamento) sulla prevenzione della NEC grave. La supplementazione con probiotici ha ridotto significativamente l’incidenza di grave NEC (grado II e III) e la mortalità associata. Non c’è stata evidenza di una significativa riduzione di sepsi nosocomiali o della durata totale della NP. Risultavano però necessari ulteriori studi sui neonati VLBW (< 1000 gr) i cui dati non erano estrapolabili da questa metanalisi. CONCLUSIONI Nonostante le buone evidenze sperimentali relative all’uso dei nutraceutici nelle MICI e nella NEC, allo stato attuale, le evidenze cliniche circa un loro reale effetto benefico su tali patologie sono molto ridotte. I probiotici hanno ottenuto le migliori evidenze nel trattamento e nella prevenzione di pouchite cronica nella CU e nella prevenzione di gravi forme cliniche di NEC nei neonati pretermine. Promettenti sembrano, inoltre, arginina e TGF-β nella prevenzione della NEC e nella modulazione della risposta infiammatoria nei pazienti con MC, anche se ulteriori studi sono necessari per confermare tali dati. Corresponding Author

ANTONELLA DIAMANTI Unità Nutrizione Artificiale Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” Piazza S. Onofrio, 4 - 00165 Roma Tel. + 39 06 68592329 Fax + 39 06 68593889 E-mail: diamanti@opbg.net

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Impiego dei nutraceutici nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nell’enterocolite necrotizzante

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Key Points

nsada una risposta immunoinfiammatoria respo • Le MICI e la NEC sono malattie sostenute inale. intest sa muco della ttivo distru sso proce bile, attraverso una catena di eventi, a un immuci) sono in grado di modulare tale risposta • Alcuni componenti della dieta (nutraceuti noinfiammatoria. ma nutraceutici nelle MICI e nella NEC sono molte • Le basi sperimentali a favore dell’uso dei ogie. patol tali in ario routin uso un gano sosten ci sono poche evidenze cliniche che ne hite croniso dei probiotici nella terapia della pouc • Le migliori evidenze sono a favore dell’u NEC nei di he clinic forme gravi di prevenzione ca in pazienti colectomizzati per CU e nella neonati pretermine. lazione ti nella prevenzione della NEC e nella modu • Arginina e TGF-β sembrano prometten rconfe per studi ri ulterio ssari nece Sono con MC. della risposta infiammatoria nei pazienti mare tali dati.

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