Giornalesigenp 05 2013

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ommario

Commentary

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Il microbiota intestinale di C. Romano

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INTRODUZIONE al monotematico il microbiota Dove ci sono i batteri (giusti)... c'è casa di R. Francavilla

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Microbiota intestinale: comprendere il dialogo tra i microbi Intestinal microbiota: understanding the dialogue between microbes and host di J. Neu e T. Ping-Yuen Ma

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Update sulle recenti tecniche di analisi del microbiota intestinale

Update on recent techniques to analyze the intestinal microbiota di M. Gobbetti, R. Di Cagno, M. De Angelis

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Dieta, ambiente e microbiota intestinale Diet, environment and gut microbiota di P. Lionetti e C. De Filippo

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Asse cervello microbiota intestino Gut- brain microbiota axis

di F. Indrio, D. Gallo, A. Di Mauro

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Disbiosi e possibili approcci terapeutici: esempio della celiachia

Dysbiosis and possible therapeutic approaches: example of celiac disease di G. Serena e A. Fasano


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ommario

NEWS AND VIEWS: novità e punti di vista

Influenza del microbiota intestinale e relativi metaboliti in bambini con disturbi dello spettro autistico di R. Di Tonno e A. De Giacomo

Quanto e come cambia il microbiota in età pediatrica con l’assunzione di lattobacilli di F. Savino

Quali applicazioni e potenziali rischi della manipolazione del microbiota in età neonatale di F. Raimondi e L. Capasso

Il rene e l’intestino: possibilità di comunicazione attraverso il microbiota di M. Papale e L. Gesualdo

Si può modificare il microbiota intestinale durante l’epoca perinatale? di M. Baldassarre, P. Mastromarino, A. Miccheli

Prevenzione delle malattie allergiche: dacci oggi i nostri germi quotidiani di V. L. Miniello e L. Diaferio

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente

Carlo Catassi

Vice-Presidente

Tiziana Guadagnini

Segretario

Giovanni Di Nardo

Tesoriere

Daniela Knafelz Renata Auricchio, Licia Pensabene, Claudio Romano, Silvia Salvatore

Consiglieri

Come si diventa Soci della

Con il contributo di

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Giovanna Clerici g.clerici@areaqualita.com L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dal 2013 i Soci possono scegliere tra le seguenti opzioni: - solo quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD on-line (anno solare) € 75. Soci junior: quota associativa annuale SIGENP senza DLD (anno solare) € 30.

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel. 02 55 12 322 - Fax 02 73960564 E-mail: sigenp@areaqualita.com

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I VAnTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP Gli scopi principali della società sono: • promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • sviluppare le relazioni scientifiche con le altre società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari.

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Dosi e modalitĂ di assunzione consigliate: bere ad libitum. Sciogliere il contenuto della busta A e della busta B in circa 200 ml di acqua.


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ommentary Il microbiota intestinale È con grande piacere che introduco il secondo numero monotematico del Giornale SIGENP che riguarderà un topic di estrema attualità sul piano della ricerca di base e quella clinica. La flora batterica intestinale rappresenta un articolato ecosistema, in equilibrio dinamico, e che esercita funzioni complesse e regolatrici sullo stato di salute dell'uomo. Analisi sul DNA batterico, estratto direttamente dalle feci (DGGE) e la possibilità di ibridazioni DNA-DNA in situ (FISH), hanno consentito la caratterizzazione delle specie, la definizione della loro concentrazione, ed in maniera particolare, la migliore precisazione dei rapporti numerici e sinergici tra le varie specie. Il pediatra è particolarmente coinvolto nella conoscenza del microbiota con tutte le sue implicazioni in molte condizioni patologiche del bambino. Questo numero monotematico ha visto il coinvolgimento di numerosi specialisti, anche di settori trasversali alla pediatria, con un efficace e puntuale coordinamento scientifico da parte di Ruggiero Francavilla. Non mi resta che augurarvi una buona lettura!

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a cura di Claudio Romano

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INTRODUZIONE al monotematico sul microbiota Dove ci sono i batteri (giusti)… c’è casa

Tre miliardi di anni fa, l’unica forma di vita erano i batteri che colonizzano tutto lo spazio a loro disposizione (aria, terra, acqua) e quando, molto tempo dopo, circa qualche milione di anni fa, comparirono le prime forme di vita evoluta, i batteri invasero anche queste per determinare quello che diventerà un rapporto inscindibile. Numeri e spazio caratterizzano questa convivenza, infatti, i batteri superano di circa dieci volte il numero delle cellule di ogni singolo individuo (più di 100 trilioni di microrganismi, soprattutto batteri, colonizzano il tratto orale-gastrointestinale, e la maggior parte di questi microrganismi risiedere nel colon: microbiota) e occupano una superficie pari a circa un campo da tennis. I batteri presenti nel nostro intestino sviluppano un genoma (insieme di geni) che supera di cento volte il genoma umano che codifica funzioni indispensabili per la nostra sopravvivenza quali la sintesi di vitamine, il metabolismo dei sali biliari, la degradazione di metaboliti e l’estrazione di energia. Questo legame indissolubile ha fatto recentemente proporre il termine di “superorganismo” per identificare l’insieme di cellule umane e microbiche e di “organo dimenticato” per identificare il ruolo svolto dal microbiota intestinale! Generazione dopo generazione, era dopo era, millennio dopo millennio l’uomo e i batteri si legano per sempre in un legame simbiotico, dove l’uomo garantisce una “casa” ed il “cibo” ed i batteri ricambiano con attività metaboliche ed immuno-modulazione. Si stabilisce in tal modo simbiosi perfetta caratterizzata da una forma di coevoluzione: il microbiota migliora lo stato di salute dell’uomo che a sua volta gli garantisce un habitat per la sopravvivenza (più vive l’uomo e più vivranno le specie microbiche). Al parto la madre, nel passaggio del feto attraverso il canale

vaginale, gli dona milioni di anni di evoluzione, il microbiota perfetto; in seguito allattando il bambino al seno e tenendolo a contatto della sua pelle continuerà la sua opera di facilitazione della colonizzazione ideale. Il microbiota si forma durante la prima settimana di vita e in seguito si consolida nel primo anno per acquisire le sue connotazioni definitive entro i primi tre anni. Proprio il primo anno di vita rappresenta quindi una finestra d’intervento (volontario o involontario) che determinerà la composizione definitiva dei microorganismi che colonizzeranno il nostro intestino. La nutrizione, ad esempio, gioca un ruolo importante dalla nascita: il latte materno non solo fornisce una gamma di substrati oligosacarridici unici per la crescita del microbiota ideale per il lattante ma determina anche un inoculo naturale di batteri altamente selezionati e speficici per il cucciolo di uomo. Infatti, nei lattanti alimentati con latte materno è garantita una maggiore diversità del microbiota intestinale con una preponderanza di lattobacilli e bifidobatteri. Altri fattori sono particolarmente operanti in questa delicata fase: il tipo di parto, il livello igienico, l’ospedalizzazione e l’uso di farmaci. È quindi ipotizzabile che nell’epoca moderna il microbiota sia cambiato rispetto a quello più stabile dei nostri antenati. Questa riflessione è importante nel considerare la patogenesi di malattie multifattoriali la cui comparsa deriva dall’interazione tra geni ed ambiente e, parte di quest’ultimo, il microbiota. E quindi possibile ipotizzare che in un particolare contesto genetico predisponente, la presenza di un particolare microbiota possa facilitare/prevenire l’insorgenza di una particolare malattia. Lo stato di salute della struttura del microbiota, in cui i microrganismi con potenziali benefici per la salute predominano in numero rispetto a quel-

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li potenzialmente dannosi, è definita “eubiosi”. Al contrario, per “disbiosi” si identifica una condizione in cui sono dominanti una o più specie batteriche potenzialmente dannose che vanno a costituire le comunità patogenetiche dove a favorire uno stato di malattia non è un batterio nello specifico ma un insieme “esplosivo”. L’alterazione della normale composizione del microbiota, perturba il rapporto mutualistico tra l’ospite ed il microbiota che diviene “disbiotico” e può causare o contribuire allo sviluppo di patologie aumentando il rischio di infezioni, la crescita di microorganismi potenzialmente patogeni e lo sviluppo di malattie infiammatorie. Le aberrazioni microflora-specifiche rilevate in specifiche malattie sono definite come ’firma microbica’, indicando che un determinato assetto microbico può essere un segno distintivo di una specifica malattia. Esempi sono le tipiche alterazioni microbiche riscontrate in soggetti obesi o in pazienti con sindrome dell’intestino irritabile o malattia infiammatoria cronica intestinale. Un microbiota sano, o in eubiosi, protegge dalle malattie, mentre una struttura microflora anormale, o in disbiosi si associa ad un aumentato rischio di malattia. Comprendere le strette connessioni che esistono tra il microbiota, l’ospite ed i patogeni, permette di ottenere una nuova chiave interpretativa dei meccanismi patogenetici di diverse malattie così come di aprire nuove frontiere per la ricerca di innovative strategie di prevenzione e cura di malattie gastrointestinali e sistemiche. Lo scopo di questo volume è quello di presentare in modo divulgativo le attuali conoscenze relative a questo mondo invisibile ma straordinariamente importante; abbiamo pertanto affidato ai massimi esperti il compito di guidarci in questa nuova dimensione per il pediatra che deve essere iniziato a temi fino ad oggi squisitamente micro-

biologici che non avremmo pensato potessero invece entrare di prepotenza nel nostro modo di vedere la medicina classica, fatta di pazienti e malattie da combattere. Allora ecco le nostre guide. A Josef Neu, direttore del Dipartimento di Neonatologia dell’Università della Florida, il compito di illustrarci cosa è e come si sviluppa il microbiota intestinale, come dialoga con noi e come può essere responsabili di patologie precoci e fatali per il neonato. A Marco Gobetti, Direttore del Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata dell’Università di Bari ho affidato il difficile compito di sintetizzare la tecnologia degli ultimi dieci anni che ci ha permesso di vedere oltre i confini della microbiologia classica aprendo le porte ad un mondo composto da miliardi di batteri che cambiano in relazione a come viviamo e a cosa mangiamo; Paolo Lionetti, tra i primi ad aver dimostrato che il microbiota varia con il modo di alimentarsi, ci aiuterà a comprendere perché la corretta scelta degli alimenti è alla base dello stato di salute, a Flavia Indrio ha il ruolo di illustrarci come il microbiota può comunicare con il nostro cervello e per finire ad Alessio Fasano, pioniere della medicina, il compito di affascinarci con i possibili approcci terapeutici attraverso la modulazione microbica. Gli autori e gli argomenti erano tanti, troppi ed allora per finire perle di novità per aprire nuove strade, riflettere e pianificare innovazioni. Qui vi lascio voltar pagina e precipitare in una nuova dimensione. Ruggiero Francavilla Questo volume è stato ideato e realizzato con l’insostituibile contributo scientifico nella realizzazione e contatto con gli autori e revisione della dr.ssa Flavia Indrio

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Microbiota intestinale: comprendere il dialogo tra i microbi JOSEF NEU1 E TERENCE PING-YUEN MA2 1Division of Neonatology, Department of Pediatric, College of Medicine, University of Florida 2Visiting Scholar, Department of Paediatrics, Prince of Wales Hospital, Hong Kong, Chinese University of Hong Kong

INTRODUZIONE

The human body is the host to a wide variety of microbes. With the advent of new technologies utilized in the Human Microbiome Project, there is increasing recognition of the scope of the intestinal microbiota. Although commonly thought to be related to disease as pathogens, the majority of intestinal microbes are commensals and symbionts that provide beneficial effects in nutrition, development of the immune system, and postnatal maturation of the intestine.

Key Words Microbiota, microbiome, gut colonization proteomics, transcriptomics, necrotic enterocolitis

Il corpo umano ospita un’ampia varietà di microbi. L’avvento di nuove tecnologie, utilizzate nell’ambito dello “Human Microbiome Project” (1), ha incrementato le nostre conoscenze sul ruolo e sul funzionamento del microbiota intestinale. Il termine Microbiota indica una comunità di microrganismi residenti in un determinato ambiente, sia esso un intero organismo (per esempio, un essere umano) o parti di esso (per esempio, l’intestino o la cute) mentre per Microbioma s’intende l’insieme del patrimonio genetico della totalità dei microrganismi di quest’ambiente definito. La somma totale dei batteri residenti nell’intestino umano è di gran lunga superiore a quella delle cellule che compongono l’ospite ed in tali cellule microbiche è inoltre possibile identificare più di 3 milioni di geni, 100 volte il totale dei geni umani. Con l’avvento dalle nuove tecniche di sequenziamento è oggi possibile riconoscere nel tratto gastroenterico un numero di unità tassonomiche microbiche di gran lunga superiore a quelle fino ad ora identificabili tramite coltura, che sono in procinto di essere catalogate (2). Sebbene siano comunemente considerati al pari dei patogeni come causa di malattie, la maggior parte dei microbi intestinali sono invece commensali o simbionti e forniscono al nostro organismo effetti benefici per la nutrizione, lo sviluppo del sistema immunitario e la maturazione post-natale dell’intestino (3). Essi svolgono funzioni che l’ospite umano non sarebbe in grado di compiere. Scopo di questo articolo è riassumere alcune delle più recenti acquisizioni sul microbiota intestinale, focalizzando l’attenzione sul processo di colonizzazione intestinale facendo un breve cenno alle modalità di analisi del microbiota con le tecniche di sequenziamento ed analizzando due argomenti recentemente oggetto di studi in particolare l’asse intestino-cervello e l’enterocolite necrotizzante (NEC). LA COLONIZZAZIONE INTESTINALE La colonizzazione dell’intestino del neonato è un importante stadio dello sviluppo intestinale. Precedenti studi hanno rilevato che questo processo potrebbe essere influenzato da numerosi fattori sia esogeni che endogeni, quali l’alimentazione, l’uso di antibiotici e altri fattori ambientali (4). Sebbene l’intestino del feto sia generalmente considerato sterile, recenti ricerche effettuate mediante

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metodi molecolari e colturali, hanno dimostrato una colonizzazione batterica del fluido amniotico anche in presenza di membrane fetali e materne integre. Queste evidenze suggeriscono che l’intestino fetale potrebbe quindi essere esposto ai microrganismi del fluido amniotico attraverso la sua deglutizione. Evidenze di questo processo sono date dall’identificazione di DNA microbico in campioni di meconio di neonati. Studi in corso stanno inoltre valutando un’eventuale correlazione tra la colonizzazione batterica del liquido amniotico, il travaglio ed il parto pretermine. Nel parto naturale il neonato è esposto ai batteri del tratto vaginale materno, cosa che non accade nel caso del taglio cesareo (5). Uno studio ha infatti rilevato tramite l’utilizzo di tecniche di genetica molecolare (RT-PCR) che i neonati da taglio cesareo presentano un numero inferiore di Bifiobacteria e Bacteroides e sono più spesso colonizzati dal Clostridium difficile rispetto a quelli nati per via vaginale (5). Inoltre ad un mese di vita è stato possibile riscontrare un numero complessivamente più basso di microrganismi. Un altro studio recente, condotto con tecniche coltura-indipendenti quali Elettroforesi su gel in gradiente denaturante (PCR-DGGE) ed Elettroforesi su gel in gradiente di temperatura (PCR-PGGE), ha rilevato la presenza di Bifidobacteri nei bambini nati da parto naturale e non in quelli nati da taglio cesareo. Gli autori hanno anche segnalato una maggiore variabilità intra ed inter-gruppo nei nati da parto vaginale. Alcuni autori riportano una prevalenza più elevata di patologie di tipo atopico in bambini nati da taglio cesareo (6). Altri hanno ipotizzato una correlazione tra taglio cesareo ed una più elevata incidenza di enterocolite necrotizzante (NEC). Tuttavia, se la modalità di parto abbia un effetto sul successivo sviluppo immunologico del neonato rimane ancora da dimostrare. Dopo la nascita, il microbioma intestinale acquisisce gradualmente nei successivi tre anni di vita le caratteristiche di quello dell’età adulta. (7) Le diverse modalità di nutrizione del neonato, come l’allattamento al seno o con formula, hanno un’influenza significativa in questo processo. (4) Le Enterobacteriaceae (Proteobacteria) sono i batteri dominanti nel microbiota fecale di bambini allattati con formula, al contrario in quelli allattati al seno predominano sia le Veillonellaceae (Firmicutes) che le Enterobacteriaceae (Proteobacteria). Bisogna ricordare che batteri sono anche presenti nel latte materno (8) e che la colonizzazione microbica e le interazioni con l’ospite potrebbero svolgere nello sviluppo e nella tolleranza immunitaria.

TECNOLOGIE DI IDENTIFICAZIONE MICROBICA CULTURA INDIPENDENTE Le precedenti ricerche sul microbiota sono state ostacolate dalle limitazioni imposte dalle tecniche di coltura. Negli ultimi 25 anni, l’avanzamento di una tecnologia cultura indipendente ci ha portato una nuova prospettiva per la comprensione del microbioma. Queste tecniche, note come tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Next-generation Sequencing - NGS) fanno riferimen-

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Microbiota intestinale

to all’utilizzo di geni ribosomali unici per ogni specie microbica ed hanno permesso di identificare numerosi gruppi microbici che non si sapeva esistessero (9). Le informazioni derivanti dai dati genomici forniscono un nuovo strumento per identificare la composizione genetica di una comunità microbica a un certo punto nel tempo, ma non forniscono alcuna indicazione circa l’espressione genica di questa popolazione. Inoltre, l’informazione che si ottiene è indipendente dalla vitalità dei batteri identificati e pertanto le indagini devono essere mirate alla applicazione dei dati genomici a livello funzionale ed alla definizione delle interazioni ospitemicrobi. Le indagini di tipo funzionale includono meta-transcriptomica, metaproteomica e metabolomica. La Figura 1 illustra i vari livelli di questa importanti valutazioni “meta-omiche".

Metagenomica

Transcriptomica

Proteomica

Metabolomica

Valuta il genoma dei microbi e le categorie tassonomiche

Valuta il cross-talk tra i geni e la mucosa

Valuta l’espressione genica attraverso lo studio delle proteine e dei peptidi

Valuta l’attività metabolica dei microbi e l’effetto sugli ospiti

Figura 1 Il “meta-omica”

La meta-transcriptomica è stata precedentemente applicata nella ricerca dell’ambiente compreso il suolo e l’acqua di mare. Questa metodica fornisce informazioni sul RNA messaggero attivamente trascritto dalla comunità microbica. Questa metodica indagando il genoma nell’atto della sua trascrizione fornisce la visualizzazione del crosstalk tra l’intestino in via di sviluppo e microbiota in via di colonizzazione. La meta-proteomica permette l’analisi qualitativa delle proteine/peptidi microbiche, che riflettono l’influenza del microbiota sulla funzione intestinale. Un approccio di questo tipo ha permesso di ampliare le conoscenze nel campo della trascrizione proteica suggerendo nuove possibili vie di interazione tra ospite e batteri che non erano state precedentemente descritte. La metabolomica mira a quantificare i metaboliti come le piccole molecole prodotte da parte della comunità microbica. Alcuni autori descrivono la metabolomica come l’impronta digitale chimica dello stato funzionale del mi-

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Microbiota intestinale: comprendere il dialogo tra i microbi

crobiota. Gli studi di metabolomica possono essere eseguiti su urina, sangue e campioni di feci; ogni specie possiede i propri unici profili metabolici.

L’ASSE MICROBIOTA-INTESTINO-CERVELLO Recenti indagini si sono concentrate sul sistema di segnalazione bidirezionale tra il cervello e l’intestino. È stato proposto il nuovo termine “asse microbiota-intestino-cervello" per sostituire il termine originale, considerando che il microbiota intestinale svolge un ruolo molto determinante in questo percorso di segnalazione, in particolare durante le fasi iniziali dello sviluppo (10). Recenti evidenze permettono di ipotizzare l’esistenza di una finestra “critica" per lo sviluppo dell’asse intestino-cervello, dato che non è possibile normalizzare il comportamento di un topo germ-free con una con una colonizzazione microbica da adulto.

Recenti evidenze dimostrano una chiara relazione tra l’alterazione della flora intestinale e la disfunzione del sistema nervoso centrale. Studi in topi germfree hanno dimostrato un comportamento ansioso-simile inferiore rispetto ai topi colonizzati. Altri studi hanno dimostrato che l’alterazione delle comunità microbiche intestinali attraverso la somministrazione di antibiotici influenza il comportamento dell’animale. Ancor poco chiari sono i meccanismi alla base dell’influenza sul comportamento. Uno studio ha infatti, dimostrato un’espressione significativamente inferiore di mRNA relativo ad un fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF) nell’ippocampo, che è un importante area del cervello nel controllo dell’ansia (11). Tuttavia un altro studio ha dimostrato il risultato opposto con una sovra-regolazione dell’espressione di mRNA. Saranno inoltre da definire i cambiamenti nella chimica del cervello alla base del funzionamento dell’asse intestino-cervello; infatti, sono state recentemente implicati nel processo di segnalazione vie che coinvolgono recettore GABA, la glutammina, serotonina, dopamina, istamina e sistemi adrenergici. Un precedente studio ha ipotizzato il coinvolgimento della segnalazione attraverso la stimolazione del nervo vago in considerazione dell’assenza di comportamenti ansia-simili nei topi che avevano subito vagotomia. Uno studio randomizzato controllato ha anche suggerito il possibile effetto di segnalazione intestino-cervello tramite l’influenza dell’asse endocrino. In questo studio, volontari sani trattati con probiotici hanno dimostrato riduzione dello stato di ansia e depressione (12). Questo gruppo di soggetti trattati ha avuto anche i livelli di cortisolo libero urinario inferiore. Gli autori suggeriscono quindi la possibile modulazione della risposta dell’asse ipofisi-surrene allo stress da parte del microbiota intestinale.

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Microbiota intestinale

Il sistema nervoso centrale potrebbe da parte sua influenzare la microflora intestinale mediante l’alterazione della permeabilità e motilità gastrointestinale. Sintomi gastrointestinali più frequenti e più gravi sono stati riportati in pazienti con disturbo dello spettro autistico, e sintomi gastrointestinali sono stati fortemente correlati con la gravità dell’autismo: i bambini autistici avevano livelli più bassi di Bifidobatteri e livelli più elevati di Lactobacilli (13).

IL MICROBIOTA INTESTINALE E L’ENTEROCOLITE NECROTIZZANTE (NEC) L’enterocolite necrotizzante è una grave patologia che colpisce in modo predominante i neonati pretermine. Circa il 10% dei bambini nati prima della 29a settimana di gestazione possono sviluppare la NEC, con una mortalità estremamente elevata che può raggiungere il 30% (14). La ricerca è, infatti, diretta alla diagnosi precoce della NEC o all’individuazione di fattori che possano predirne la comparsa. È stato ipotizzato che un’inappropriata colonizzazione di microrganismi nell’intestino possa condurre alla NEC. Sebbene non sia chiara la sua esatta patogenesi, studi effettuati in precedenza hanno dimostrato l’assenza di NEC in topi germ-free. Nell’apparato digerente di nati pretermine è stata riscontrata una risposta anomala dei recettori Toll-like (TLR) nella via del TLR4, attivata dai lipopolisaccaridi presentati dai batteri gram-negativi (14). Gli enterociti immaturi presentano, infatti, una eccessiva segnalazione implicata nella patogenesi della NEC. La ricerca più recente oggi mira ad evidenziare modelli di colonizzazione intestinale che siano coinvolti nella patogenesi della NEC. Il nostro gruppo di ricerca ha rilevato modificazioni del microbiota fecale in campioni di feci prelevati prima dello sviluppo della NEC utilizzando il sequenziamento dell’rRNA 16S. Nei campioni prelevati tra una settimana e meno di 72 ore prima dell’esordio della NEC è stato riscontrato un incremento significativo dei Proteobacteria e una riduzione dei Firmicutes. Un altro studio ha inoltre dimostrato che la comparsa della NEC è preceduta da una significativa riduzione del microbiota fecale assente nei controlli sani (15). Lo stesso gruppo riporta ancora un incremento dei Gammaproteobacteria nel microbiota fecale di pazienti con NEC. Un altro studio ha tentato di descrivere una correlazione tra la colonizzazione microbica precoce e il successivo esordio della NEC. In questa coorte di pretermine sono stati studiati 35 neonati, tutti nati prima della 29a settimana di gestazione. Sono stati raccolti campioni fecali e urinari e sono state eseguite analisi di tipo genico sull’rRNA 16S e di tipo metabolomico sulle urine. Si è riscontrata una prevalenza di Proteobacteria e Firmicutes nettamente più elevata nel microbiota intestinale dei bambini pretermine (16). I risultati hanno inoltre mostrato che i bambini che avevano in seguito sviluppato la NEC tendevano a una diversità alpha più bassa ed erano carenti di Propionibacterium. Sono stati anche individuati modelli differenti di disbiosi. La

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Microbiota intestinale: comprendere il dialogo tra i microbi

NEC preceduta dalla disbiosi da Firmicutes tendeva a manifestarsi più precocemente rispetto ai casi con disbiosi da Proteobacteria (15). Un altro studio ha fornito informazioni differenti a riguardo delle modificazioni del microbiota intestinale nella NEC (6). I bambini che avevano sviluppato la NEC erano colonizzati con maggiore probabilità da specie di Stafilococchi Coagulasi negativi, mentre con minore probabilità da Enterococcus faecalis. I campioni prelevati prima della diagnosi di NEC hanno inoltre dimostrato clusters differenti, in particolare tutti i campioni raccolti al primo giorno presentavano almeno una specie microbica.

CORRESPONDING AUTHOR JOSEF NEU 1600 SW Archer Road Human Development Building HD 112 Gainesville, Florida 32610 Phone 352-273-8985 Fax 352-273-9054 Email: neuj@peds.ufl.edu

BIBLIOGRAFIA

Key Points • La colonizzazione dell’intestino del neonato è un importante stadio dello sviluppo intestinale che inizia alla nascita e si completa entro i tre anni. • I neonati da taglio cesareo presentano un numero inferiore di Bifiobacteria e Bacteroides e sono più spesso colonizzati dal Clostridium difficile rispetto a quelli nati per via vaginale. • Il sistema nervoso centrale e l’intestino si influenzano a vicenda. • L’Enterocolite Necrotizzante può derivare da uno stato di disbiosi e l’identificazione di specifiche variazioni della microflora intestinale può avere implicazioni diagnostico-terapeutiche.

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a em ta t In bio e l o cr stina DI i m A U R I LL A di inte A C AV RU

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Update sulle recenti tecniche di analisi del microbiota intestinale MARCO GOBBETTI, RAFFAELLA DI CAGNO, MARIA DE ANGELIS Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti, Università degli Studi Aldo Moro di Bari

INTRODUZIONE

An emerging field of research in the human intestinal microbiota, which encompasses system approaches, is the investigation of all biological information to capture the occurring functional interactions. In particular, “omics” approaches are used to determine, respectively, the DNA sequences of the human intestinal microbiota, the collectively transcribed RNA, the translated proteins and the metabolites resulting from cellular processes.

Key Words Intestinal microbiota, metagenomics, transcriptomics, proteomics, metabolomics

L’essere umano è essenzialmente sterile durante la gestazione, ma durante e dopo la nascita, ogni superficie del corpo, ivi incluse pelle, bocca e intestino, ospita molti microrganismi. Il microbiota umano, definito come l’insieme di microrganismi simbiotici del tubo digerente dell’uomo, è costituito da oltre 1000 specie essenzialmente di batteri e, in minor numero, di miceti e virus. Pertanto, l’organismo umano è considerato come un “sovra-organismo” in co-evoluzione con la comunità microbica indigena. Attraverso il co-metabolismo uomo-microrganismi, il microbiota intestinale si è evoluto fino ad esercitare una marcata influenza sul fenotipo metabolico umano (1). Infatti l’ecosistema intestinale è, in parte, responsabile del mantenimento dello stato di salute dell’uomo. Esso è coinvolto nella protezione da patogeni, nello sviluppo del sistema immunitario e nella modulazione dello sviluppo gastrointestinale. Inoltre, i microrganismi intestinali hanno un ruolo fondamentale o, quanto meno, collaterale nell’eziologia di molti stati patologici. Alterazioni della composizione del microbiota intestinale (disbiosi) sono state associate a malattie infiammatorie intestinali, sindrome del colon irritabile, allergie, diabete di Tipo 1 e 2, autismo, nefropatia e celiachia (3,4). Il potenziale ruolo terapeutico del microbiota intestinale nella salute umana ha condotto allo sviluppo di approcci, quali la batterioterapia ed il controllo bioecologico. Complessivamente, tali teorie affermano che la modulazione del microbiota intestinale mediante alimentazione o somministrazione di prebiotici, probiotici o simbiotici può essere di beneficio per la salute. Gli effetti microbici sono associati alla modulazione di una serie di vie metaboliche nell’ospite (es. cambiamenti dei profili lipidici e gluconogenesi), e alla fermentazione microbica dei carboidrati (1). In considerazione della complessità del microbiota e, più in generale, della varietà di interazioni che si instaurano tra il microbiota e l’organismo umano, i moderni approcci metodologici di analisi dell’ecosistema intestinale prevedono lo studio sistematico di tutti i livelli d’informazione biologica (DNA, RNA, proteine e metaboliti) [Figura 1] (5). Pertanto, in questo articolo saranno descritte le più recenti tecniche di analisi metagenomica, metatrascrittomica, metaproteomica e metabolomica che mirano alla conoscenza del microbiota come un unico “meta-organismo” con l’uomo.

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MICROBIOTA INTESTINALE

Quali microrganismi ci sono?

Cosa fanno i microrganismi?

Qual è la potenzialità genetica?

Analisi comunita microbica

FUNZIONALITÀ comunita microbica

POTENZIALITÀ comunita microbica

Analisi

Analisi globali

Genomica

RNA

Proteine

Metaboliti

Meta trascrittomica

Meta proteomica

Meta bolomica

Meta genomica

Trascrittomica “Omica” integrata Proteomica

Figura 1 Rappresentazione schematica degli approcci metodologici utilizzati per lo studio della diversità e della funzionalità del microbiota intestinale. Adattata da Aires e Butel (5).

METAGENOMICA È stimato che il genoma collettivo dei microrganismi, definito come microbioma, contenga un numero di geni almeno 100 volte superiore rispetto a quello del genoma umano, costituito da 2,85 miliardi di paia di basi (6). Pertanto, il “sovra-organismo” umano ha in sé un “metagenoma”, costituito da geni umani e da geni appartenenti ai microrganismi che sono in rapporto di simbiosi con l’intestino. L’esplorazione su larga scala dei dati metagenomici offre la straordinaria opportunità, prima impensabile, di far luce sulla complessità tassonomica del microbiota intestinale in termini di composizione e potenziali collegamenti con lo stato di salute (4). Al fine di qualificare il metagenoma, è necessario determinare la sequenza di tutte le molecole di DNA presenti in un determinato campione. Sono stati realizzate attrezzature (next-generation sequencing) che consentono di determinare la sequenza del DNA con elevatissima efficienza e costi estremamente contenuti.

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Microbiota intestinale

La tecnica di sequenziamento più utilizzata è il cosiddetto sequenziamento per sintesi (SBS). La tecnica SBS prevede l’impiego della DNA polimerasi o ligasi per estendere molti filamenti di DNA in parallelo (7). Le piattaforme di sequenziamento più utilizzate sono la 454 FLX prodotta da Roche (www. roche.com), la Illumina/Solexa Genetic Analyzer HiSeq della Illumina (www.illumina.com) e la SOLiD 4 della Applied Biosystems (http://www. appliedbiosystems.com). Ad esempio, mediante il sequenziatore ultra massivo 454 GS FLX Titanium della Roche si è in grado di assicurare, con una singola corsa, la lettura multipla e parallela di oltre un milione di singoli frammenti di DNA di lunghezza media compresa fra 400 e 500 paia di basi, con elevata accuratezza (>99,5%) e producendo in un singolo esperimento (ca. 10 ore) la lettura di circa 500 milioni di paia di basi. Inoltre la nuova tecnica della PCR (Polymerase Chain Reaction) in emulsione o amplificazione clonale (emPCR), la quale costituisce una delle fasi del metodo di sequenziamento, è in grado di ridurre drasticamente i tempi totali del processo, eliminando la necessità di clonare il DNA da sequenziare. Il sistema Illumina effettua un’amplificazione “a ponte” (bridge amplification) dei frammenti su un vetrino, seguita dal sequenziamento associato alla sintesi del DNA (come nel metodo di Sanger) utilizzando terminatori reversibili. Il sistema SOLiD 4 segue, nelle prime fasi, una procedura simile al sequenziamento 454 (frammentazione, aggiunta di adattatori, amplificazione in emulsione). Il sequenziamento è basato sulla ligazione progressiva di oligonucleotidi in cui un diucleotide ha sequenza nota. Il risultato è una sequenza di “colori” ciascuno dei quali rappresenta uno specifico dinucleotide. L’utilizzo delle piattaforme di sequenziamento ha consentito il sequenziamento parziale del gene codificante per l’rRNA 16S, contribuendo alla caratterizzazione tassonomica dei batteri presenti nel microbiota intestinale (6,8).

METATRASCRITTOMICA Il sequenziamento massivo dell’RNA (metatrascrittomica) può offrire un quadro completo del profilo di espressione della comunità microbica all’interno dell’intestino, in termini qualitativi e quantitativi (8). Infatti, poiché la metagenomica ha come target il DNA batterico, essa può fornire soltanto un catalogo del potenziale genetico di un ecosistema. Ma la presenza di un gene non indica che esso sia espresso. È possibile che le informazioni genetiche raccolte derivino in parte da cellule morte. Per avere informazioni sull’attività dei microrganismi presenti, è necessario rivolgere l’attenzione su marker di attività come RNA messaggeri (mRNA), proteine o metaboliti. L’espressione genica totale del microbiota riflette la sua attività complessiva. La metatrascrittomica è basata sul sequenziamento ad alta processività dell’RNA totale e può essere informativa sull’impatto di variazioni ambientali o

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Update sulle recenti tecniche di analisi del microbiota intestinale

dell’ospite sull’espressione genica della comunità microbica nel suo complesso. Ad esempio, l’introduzione di polisaccaridi complessi nella dieta umana comporta l’insorgenza di un metagenoma batterico profondamente adattabile, dotato di una grande diversità di enzimi saccarolitici, in particolare glicosil-idrolasi necessarie per l’estrazione di energia dai diversi polisaccaridi vegetali (9). L’RNA-sequencing (RNA-Seq) è la tecnica principale utilizzata in metatrascrittomica ed è stata recentemente applicata con successo al microbiota intestinale umano (1,8).

METAPROTEOMICA La metaproteomica consiste nell’identificazione di tutte le proteine espresse in un dato momento in un certo ecosistema. Essa assume notevole importanza per la comprensione del ruolo dei microrganismi in un determinato ecosistema (5,8). Nell’ambito della biologia umana, gli approcci di metaproteomica hanno anche il potenziale di identificare proteine marcatrici di uno stato patologico. L’approccio intrinsecamente generico della metaproteomica rappresenta, inoltre, un’ideale strategia per prevedere interazioni tra microbiota ed ospite. Usualmente, gli approcci di metaproteomica comprendono fino a sette fasi principali: raccolta del campione, recupero della frazione d’interesse, estrazione e separazione e/o frazionamento delle proteine, spettrometria di massa, ricerca su database ed interpretazione dei dati. Ad oggi, per quanto di nostra conoscenza solo quattro studi sono stati condotti sul proteoma del microbiota intestinale. Questi studi hanno impiegato sia tecniche di elettroforesi mono-dimensionale (1-DE), bidimensionale (2-DE), digestione con tripsina delle proteine separate e successiva identificazione mediante spettrometria di massa (MS) (10), e sia l’identificazione delle proteine mediante cromatografia liquida e spettrometria di massa (LC-MS/MS) (5). Tuttavia, la metodologia, basata sull’elettroforesi (gel based) o sulla cromatografia liquida (gel free), presenta alcune criticità e una riproducibilità relativamente bassa, soprattutto per campioni biologici (es. campioni fecali). La conoscenza attuale della composizione microbica degli ecosistemi intestinali è ancora limitata e, conseguentemente, la proteomica sarà sicuramente utile per identificare elementi chiave del microbiota intestinale (10).

Per ottenere ulteriori informazioni funzionali, le proteine sono annotate sulla base della classificazione COG. I COGs identificati sono generalmente mappati sul database KEGG (http://www.genome.jp/kegg/pathway.html) e visualizzati mediante l’applicazione on line con interactive Pathways Explorer (iPath). Tutti i peptidi identificati sono generalmente ricercati su UniProtKB (http:// web.expasy.org/docs/swiss-prot_guideline.html) e, quindi, mappati. Per individuare il più elevato livello funzionale di tutte le proteine identificate, i COGs identificati sono successivamente mappati sui “pathways” KEGG.

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Microbiota intestinale

METABOLOMICA La metabolomica, intesa come la determinazione dell’intero spettro dei metaboliti presenti in un ambiente, fornisce una visione integrata della biochimica di un organismo complesso ed è uno strumento utile per studiare la rete di interazioni tra geni, proteine e metaboliti (8). La metabolomica è stata inclusa tra le dieci tecnologie emergenti. Mentre la genomica e la proteomica suggeriscono un possibile modo di funzionamento del sistema, la metabolomica dà la rappresentazione reale del sistema. Con il rapido sviluppo di tecniche molecolari, quali la risonanza magnetica nucleare (NMR), la gascromatografia abbinata alla spettrometria di massa e alla microestrazione in fase solida (GC-MS/SPME), esiste la possibilità di raccogliere una grande massa di dati su nutrienti, metaboliti ed altre molecole presenti nei campioni intestinali e fecali, di urine e di altri liquidi biologici. Questo approccio può essere non selettivo, attraverso la cattura totale dei dati, o altamente indirizzato, mediante la determinazione solo di un gruppo di componenti, quali ad esempio i composti direttamente correlati con la salute dell’uomo. Se da un lato la metabolomica è stata già impiegata in ambito farmacologico e tossicologico, le sue potenzialità in relazione allo studio del microbiota intestinale sono state solo parzialmente esplorate. Infatti, l’insieme di tutti i metaboliti che sono presenti nei fluidi umani dipende sia da fattori estrinseci, quali dieta, attività fisica, microbiota intestinale, stato di stress, e sia da fattori intrinseci, quali genotipo, età e stato di salute. Ad oggi, le principali tecniche utilizzate nel campo della metabolomica sono la spettroscopia 1H-NMR, la GC-MS/SPME, la cromatografia liquida ad altissime prestazioni associata alla spettrometria di massa (UPLCMS) e la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR). La spettroscopia 1H-NMR richiede, così come la GC-MS/SPME, una sommaria preparazione del campione, offre alta riproducibilità e profili spettrali senza necessità di un assegnamento “a priori” dei segnali a precise molecole che riflettono l’impronta metabolica di un individuo. Per contro, la spettroscopia 1H-NMR è meno sensibile rispetto a tecniche, quali la GC-MS/SPME e UPLCMS che possono generare profili metabolici di migliaia di segnali in tempi compresi tra 30 e 60 minuti. La spettroscopia FTIR, pur non consentendo l’identificazione di specifiche molecole, fornisce profili riguardanti proteine, lipidi, polisaccaridi, acidi grassi e può dare modelli di ricognizione molto simili a quelli prodotti con la spettroscopia 1H-NMR. Generalmente l’approccio metabolomico prevede il contemporaneo utilizzo di due o più techiche complementari (2).

CONCLUSIONI Con un approccio integrato di ricerca di base e clinica, microbiologi e specialisti in discipline “omiche” contribuiscono all’individuazione del ruolo del microbiota dalla simbiosi fisiologica sino allo stadio di disbiosi microbica e all’insorgenza di patologie correlabili con l’alterazione del microbiota intestinale (3,4,8). Tuttavia, il livello di variabilità del microbiota e del microbioma

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Update sulle recenti tecniche di analisi del microbiota intestinale

è notevole, sia considerando un medesimo soggetto e sia considerando individui diversi. Ad oggi, solo alcuni progetti, quali l’“Human Microbiome Project” (http://commonfund.nih.gov/hmp) ed il “MetaHIT (Metagenomics of the human intestinal tract)” (http://www.metahit.eu), hanno iniziato a studiare tale variabilità. È quindi, facilmente prevedibile che nei prossimi anni le tecnologie “omiche” avranno un grande impatto sia per quanto concerne la ricerca del microbiota umano e sia per lo studio delle complesse interazioni tra cellule microbiche e cellule umane (4). CORRESPONDING AUTHOR MARCO GOBBETTI Dipartimento di Scienze del Suolo della Pianta e degli Alimenti Università degli Studi di Bari Aldo Moro Via G. Amendola, 165/A - 70125 Bari Tel. + 39 080 5442949 Fax + 39 080 5442911 E-mail: marco.gobbetti@uniba.it

Key Points • Gli esseri umani sono considerati come “super-organismi” in coevoluzione con la propria comunità microbica indigena. • Il microbiota intestinale gioca un ruolo chiave nella salute e nella malattia. • I sistemi di sequenziamento di nuova generazione e le di metagenomica, meta-trascrittomica, proteomica e meta-metametabolomica sono utilizzate per guardare le comunità microbiche miste nel loro complesso. • Tecnologie “omiche” integrate potrebbero essere utilizzate per sviluppare test diagnostici specifici, e/o per la prevenzione e/o il trattamento.

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Dieta, ambiente e microbiota intestinale PAOLO LIONETTI1 E CARLOTTA DE FILIPPO2 di Pediatria,Servizio di Gastroenterologia Pediatrica, Università degli Studi AOU Meyer di Firenze 2Fondazione Edmund Mach-Research and Innovative Centre di San Michele all’Adige (TN)

1Dipartimento

INTRODUZIONE

The human gut microbiota is a complex consortium of trillions of microorganisms, whose collective genomes or “metagenome” contains at least 100-times as many genes as our own eukaryote genome. Factors such as the environment and diet shape the human gut microbiota is still unclear, partly because these factors are often confounded. However, in terms of microbiota function, metabolic output and interactions with the host, diet and other exogenous factors like antibiotics or xenobiotic compounds also plays a dominant role.

Key Words Microbiota metagenome, diet, microbiota community

Nonostante il numero progressivamente crescente degli studi di metagenomica, la complessa interazione tra dieta e microbiota intestinale nella popolazione umana è ancora aperta a nuove scoperte. È ben noto che il microbiota intestinale ricava energia e molecole biologicamente attive da alimenti che altrimenti verrebbero eliminati attraverso il tratto gastroenterico. Alcuni cibi o composti alimentari interagiscono direttamente con il microbiota intestinale, in particolare quei cibi composti che sfuggono alla digestione gastrica ed all’assorbimento a livello del tenue e raggiungono il colon, sede della maggior parte dei microrganismi intestinali. Questi alimenti includono polisaccaridi indigeribili (prebiotici e oligosaccaridi non aggredibili dagli enzimi digestivi umani o polisaccaridi resistenti alla digestione in rapporto alla struttura chimica o fisica della molecola) e metaboliti secondari di piante polifenoliche, il 90% delle quali raggiunge il colon (1,2). Questi composti sono componenti essenziali di cibi non processati, frutta, ortaggi e cereali integrali. Considerando come il microbiota intestinale si sia evoluto nell’ospite umano non è così sorprendente che questi composti alimentari modulino l’attività del microbiota stesso. Le piante alimentari hanno rappresentato il pilastro dietetico della specie umana nei tempi più remoti e dei nostri più vicini progenitori primati. Per circa un milione di anni gli uomini sono stati cacciatori e raccoglitori di frutta, ortaggi, erba e tuberi, integrando la loro dieta con animali selvatici e insetti. I maggiori cambiamenti nella nostra dieta si realizzarono con la nascita dell’agricoltura (3) che ridusse la diversità dei cibi consumati, e con la rivoluzione industriale e agricola (che incrementarono la disponibilità di cibi raffinati e processati). Tuttavia è negli ultimi 50 anni che è avvenuto il più drammatico cambiamento della nostra dieta poiché ci siamo discostati dal tipo di alimentazione dei nostri antenati cacciatori e raccoglitori. Dopo la seconda guerra mondiale e la successiva ‘green revolution’ degli anni ’60 nel mondo sviluppato c’è stato un drammatico aumento di cibi ad alto contenuto energetico con alto contenuto in grassi saturi, carne rossa, sale, zuccheri, carboidrati raffinati e una basso consumo di frutta fresca, ortaggi e cibi integrali e di conseguenza un ridotto apporto di fibre e di composti polifenolici. Questo mutamento verso il cosiddetto ‘stile di vita Occidentale’ è stato a lungo correlato con un incremento dell’incidenza di malattie dieto-associate

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come obesità, diabete mellito di tipo 2, steatopatia non alcolica, malattie cardiovascolari e taluni tipi di cancro (3,4). Più recentemente una correlazione dietetica è stata riscontrata in malattie di natura autoimmune sebbene i meccanismi non siano ancora noti (5,6). Allo stesso modo un introito di cibi non processati è considerato protettivo nei confronti delle malattie croniche prima menzionate (7,8). Una ovvia implicazione di questo cambiamento dietetico è che il tipo e la quantità di queste macromolecole alimentari capaci di raggiungere il microbiota del colon si è modificato, se confrontato con l’alimentazione tradizionale (ad esempio la dieta mediterranea, giapponese e africana) e quella dei cacciatori e raccoglitori con possibili implicazioni nelle funzioni del microbiota come la fermentazione delle fibre alimentari e il rilascio di derivati biologicamente attivi di composti vegetali. Ciò identifica il microbiota intestinale umano e la sua interazione con la dieta come punto cruciale delle modificazioni della salute umana, in rapporto al potenziale effetto protettivo nei riguardi di malattie croniche correlate allo stile di vita o al contrario all’effetto favorente le malattie autoimmunitarie, le malattie metaboliche e il cancro (9). Fino a poco tempo fa non avevamo a disposizione strumenti per studiare in dettaglio le conseguenze della dieta moderna sulla costituzione e attività del microbiota umano, tuttavia le tecniche microbiologiche emergenti e ancora più recentemente l’applicazione degli studi sul profilo metabolico e genetici ad alta risoluzione, hanno modificato la nostra visione del microbiota intestinale. Sta emergendo un nuovo campo di studio che combina la genomica dell’ospite, l’immunologia, la metagenomica, la metabolomica, la scienza dell’alimentazione (chimica alimentare, genomica e biotecnologie) e la nutrizione per definire le interrelazioni tra il cibo che consumiamo, il nostro microbiota e il sistema umano nella sua diversità genetica, metabolica e immunologica. La simbiosi nutrizionale ben definisce la relazione tra cibi ingeriti, il microbiota intestinale e il corpo umano, sebbene di solito sia stata utilizzata per definire la relazione tra piante e i loro partner fungini. Studi di metagenomica recentemente hanno inoltre messo in evidenza alcuni elementi di rilievo precedentemente non noti attraverso cui il cibo può modulare la composizione e il funzionamento del microbiota e delle specie che lo costituiscono. Il trasferimento genico tra batteri intestinali si è recentemente dimostrato essere condizionato dalle interazioni tra alimenti e il microbiota intestinale. In soggetti giapponesi la cui dieta prevede il consumo regolare di sushi, Hehemann et al (10), lavorando con il Zobellia galactanivorans, membro dei Bacteroidetes marini, scoprirono un enzima (porfirinasi) responsabile della degradazione della porfirina e dei polisaccaridi dell’alga rossa della specie Porphyra, in cui la Z. galactanivorans è spesso identificabile.

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Microbiota intestinale

Cercando nei database genetici i ricercatori si sono imbattuti in sequenze della porfirinasi in metagenomi derivanti da feci umane e nel genoma del batterio Bacteroides plebeius residente nell’intestino umano, suggerendo che il Bacteroides plebeius acquisisse tali geni dal batterio marino. Poiché si scoprì che queste sequenze erano presenti in individui giapponesi ma non in abitanti degli Stati Uniti, gli autori conclusero che Z. galactanivorans fosse introdotto attraverso la Porphyra (“nori”), il tradizionale componente della dieta giapponese, normalmente usato come alga per preparare il sushi. I ricercatori ipotizzano quindi che il consumo ripetuto di alga abbia determinato nelle comunità giapponesi una pressione selettiva che ha condotto ad acquisire nel loro microbiota intestinale gli utili geni della porfirinasi (11). Studi precedenti condotti su animali con un microbiota intestinale ‘umanizzato’ hanno dimostrato che la dieta di stile occidentale ‘ad alto contenuto di grassi’ può incrementare la coniugazione di plasmidi tra batteri all’interno del tratto intestinale (12). Questa interrelazione tra cibo e microbiota intestinale sottolinea l’importanza della composizione del microbiota alimentare in termini sia di qualità (specie probiotiche) che di sicurezza (per esempio rapporto probiotici/patogeni) e include la dieta nella co-evoluzione del microbiota intestinale nella salute e nella malattia. Un altro importante ruolo del microbiota intestinale è l’estrazione di energia da fibre e carboidrati complessi. Le piante sono infatti indigeribili dall’uomo e sono costituite da carboidrati complessi noti come fibre alimentari. Il nostro corpo richiede la crusca per digerire il cibo in modo appropriato ed eliminare gli sprechi perché le sostanze di massa progredendo attraverso il tratto digestivo ripuliscono il colon. Le fibre alimentari provengono da ortaggi, frutta, grano e legumi. I polisaccaridi vegetali sono ricchi in carboidrati contenenti xilosio, pentosio, arabinosio e lattosio. Nel genoma umano mancano molti degli enzimi richiesti per la degradazione di questi glicani (approfondimenti su http://afmb.cnrs-mrs.fr/ CAZY/). Tuttavia il microbiota del basso intestino ne è capace. Almeno 81 diverse famiglie di idrolasi glicosidiche sono possedute dal microbiota, molte delle quali non presenti nel ‘glicobioma’ umano (13). Il muco gastrointestinale fornisce una riserva consistente di glicani per il microbiota e così in principio può servire a mitigare gli effetti dei marcati cambiamenti nella disponibilità dei carboidrati alimentari. I carboidrati alimentari, in particolare gli amidi e le fibre alimentari (per esempio inulina e frutto oligosaccaridi) contenuti nella frutta, negli ortaggi e nei cereali integrali, sono prontamente fermentati dal microbioma

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Dieta, ambiente e microbiota intestinale

colico ad acidi grassi a corta catena (SCFAs),più propriamente acetato, propionato e butirrato. Modelli murini del microbiota intestinale indicano che i glicani terminanti in fucosio costituiscono una fonte energetica accessibile per i membri del microbiota come i Bacteroidetes (14). LE VARIAZIONI DEL MICROBIOTA NELLA POPOLAZIONE UMANA Il profilo del microbiota intestinale riflette il paese di origine della popolazione. Una delle più importanti differenze tra le popolazioni prima della globalizzazione o meglio ‘Occidentalizzazione’ era la dieta. Esempi includono la cosiddetta ‘dieta mediterranea’ caratterizzata da una abbondanza di olio d’oliva e legumi o il pesce e la dieta ricca di grassi della popolazione Eschimese. La diversità geografica della dieta potrebbe perciò spiegare le differenze geografiche del microbiota come risultato della interrelazione tra le variabili sopramenzionate. Alcuni studi hanno analizzato variabili come le differenze geografiche, la dieta, l’età. Un recente studio trasversale sulla composizione del microbiota intestinale è stato eseguito su 230 soggetti sani (2 gruppi di età, da 20 e 50 anni e ultrasessantenni) abitanti in quattro paesi europei (Francia, Germania, Italia, Svezia) (36). L’analisi usava un set di 14 sonde oligonucleotidiche aventi come bersaglio l’rRna 16S gruppo e specie-specifiche per analizzare campioni fecali attraverso l’ibridazione fluorescente in situ (fish) e la citofluorimetria a flusso. Furono riscontrate delle differenze età correlate nella composizione del microbiota, che tuttavia cambiavano tra le popolazioni in studio dei diversi paesi, ciascuna delle quali mostrante un pattern di colonizzazione caratteristico. Marcate interazioni età e paese-correlate furono osservate per le popolazioni tedesca e italiana. Queste erano opposte per i gruppi batterici predominanti di Eubacterium rectale, Clostridium coccoides e Bacteroides-Prevotella. Differenze tra le popolazioni europee furono osservate solo per il Bifidobacterium. I bifidobacteria erano in numero due-tre volte superiore nella popolazione Italiana rispetto a qualsiasi altro gruppo di studio, con un effetto età-indipendente. La più alta proporzione di enterobacteria fu rilevata nei volontari più anziani indipendentemente dalla provenienza. Effetti di genere furono osservati per il gruppo Bacteroides-Prevotella, con livelli più elevati nei maschi rispetto alle femmine. L’utilizzo di tecniche di sequenziamento dell’intero microbioma ha portato questo tipo di studi di popolazione a descrivere i geni e le specie microbiche presenti in particolari habitat, correlando la struttura e le operazioni dinamiche delle comunità microbiche alla biologia umana e alla patobiologia in modo reciproco. Bambini di differenti popolazioni forniscono un modello attrattivo di studio per le variazioni del microbiota dipendenti dalla geografia e dalla dieta. I

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bambini che vivono in paesi in via di sviluppo sono colonizzati in età precoce da batteri fecali e hanno un più rapido trasferimento di ceppi microbici enterici rispetto ai bambini in paesi sviluppati (16). In un nostro recente lavoro (17), che ha studiato l’interazione microbiota intestinale-dieta, abbiamo discusso di come l’abilità dell’homo sapiens moderno di vivere in differenti ambienti e di seguire un’ampia varietà di diete abbia influenzato l’ecologia del microbiota. Abbiamo caratterizzato il microbiota fecale di 14 bambini africani (BF) di un villaggio rurale (Boulpon, Burkina Faso, Africa) e 15 bambini europei (EU) di un’area urbana (Firenze, Italia) sequenziando il gene per l’rRna 16S con lo scopo di definire gli effetti delle differenti diete sul microbiota intestinale. Il disegno sperimentale ha incluso un gruppo controllo naturale, ovvero bambini nutriti al seno materno del Burkina e dell’Italia. Ci sono state cinque interessanti scoperte. Il primo ritrovamento chiave è che il gruppo dei bambini del Burkina forma un gruppo differente rispetto ai bambini di Firenze e i lattanti nutriti al seno materno, che costituiscono un terzo gruppo tra questi. Ciò può essere esclusivamente il risultato della dieta. Il contributo delle condizioni sanitarie potrebbe giocare un ruolo ma esso è certamente poco importante; infatti se le condizioni sanitarie e igieniche fossero in grado di causare tale differenza allora ci si aspetterebbe che i bambini allattati al seno rappresenterebbero essi il gruppo distinto. Abbiamo inoltre osservato che il latte materno riduce significativamente le differenze ed è per questo che i bambini allattati al seno rappresentano un cluster separato, comprendente i lattanti del Burkina e di Firenze, distinto da quello dei bambini del Burkina e Toscani. La seconda importante scoperta è che il microbiota dei bambini del Burkina è ricco di Bacteroidetes e povero di Firmicutes se confrontato con la controparte europea, suggerendo una coevoluzione dei batteri intestinali con la loro dieta ricca in polisaccaridi di origine vegetale. Terza scoperta chiave è che i campioni fecali di bambini del Burkina differiscono soprattutto dai bambini italiani per la presenza di Prevotella e Xylanibacter (Bacteroidetes), Treponema (Spirochaetes), and Butyrivibrio (Firmicutes); tutto riscontrato nei campioni africani ma non in quelli italiani. Questo particolare microbiota è a rischio di essere perso negli africani urbanizzati. Ipotizziamo che questi generi batterici peculiari possano aiutare ad estrarre energia da polisaccaridi delle diete più ricche in fibre. Questi batteri sono in grado di fermentare cellulosa attraverso un numero di enzimi attivi verso i carboidrati producendo nello stesso tempo effetti antiinfiammatori. La speculazione è legata al collegamento tra questi microbi che colonizzano l’intestino umano e le termiti, come componente della dieta Burkinabè.

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Il quarto ritrovamento è che i livelli di acidi grassi a catena corta sono statisticamente molto più alti nei bambini del Burkina rispetto a quelli europei e le quattro specie specifiche del Burkina (Prevotella, Xylanibacter, Treponema e Butyrivibrio) hanno il corredo enzimatico capace di digerire le fibre e produrre queste molecole benefiche. La presenza di queste specie permetterebbe ai bambini del Burkina Faso di massimizzare il recupero energico dalle componenti indigeribili producendo elevati livelli di SCFAs che forniscono all’ospite una quota energetica addizionale. Il normale epitelio colico ottiene il 60-70% della sua energia dai SCFAs, particolarmente dal buttirato (17). Il proprionato è in massima parte captato dal fegato ed è un buon precursore per la gluconeogenesi, la liponeogenesi e la sintesi proteica. L’acetato entra nella circolazione periferica per essere metabolizzato dai tessuti periferici ed diviene substrato per la sintesi del colesterolo. Insieme essi costituiscono circa il 10% delle calorie estratte da una dieta occidentale quotidiana (17) e probabilmente una quota di calorie più abbondante rispetto ad una tipica dieta di un villaggio del Burkina Faso. Inoltre gli SCFAs hanno diverse funzioni: riducono l’infiammazione nelle coliti, promuovono la rigenerazione tissutale incrementano l’assorbimento di sodio e acqua nella diarrea e regolano i neuroni enterici controllando la motilità intestinale (18).

Il quinto punto chiave è che la biodiversità è significativamente ridotta nei bambini europei rispetto a quelli del Burkina Faso. La differente composizione batterica potrebbe influenzare altri organi come il sistema immunitario, spiegando la possibile assenza di malattie infiammatorie croniche intestinali in bambini adulti africani.

CONCLUSIONI L’esposizione ad una grande varietà di microbi intestinali, associata ad una dieta ad alto contenuto di fibre incrementa i potenzialmente i genomi batterici benefici, arricchendo il microbioma.

La riduzione della varietà microbica è probabilmente uno degli effetti indesiderati della globalizzazione e della alimentazione basata su cibi incontaminati e ricchi di nutrienti. Sia nel mondo occidentale che nei paesi in via di sviluppo, una dieta ricca in grassi, proteine e zuccheri insieme ad un ridotto introito di fibre non riassorbili è associata ad un rapido incremento dell’incidenza di malattie intestinali non infettive. I potenziali effetti protettivi della dieta sui disordini intestinali furono per primi descritti da Burkitt che, lavo-

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rando in Africa negli anni 60, definì la quasi totale assenza di malattie intestinali non infettive in africani dediti al consumo di fibre. Estendendo l’osservazione possiamo proporre che questo miglioramento di salute è il risultato di una dieta ricca in fibre e del microbiota. La speculazione riguardante l’influenza di una dieta simile a quella del Burkina nel ridurre l’incidenza di MICI e le allergie dovrebbe essere valutata in futuro ma molteplici evidenze indipendenti correlano il morbo di Crohn e le allergie ad alterazioni del microbiota intestinale e di conseguenza nella risposta immunitaria e l’incremento in SCFAs che abbiamo riportato nei bambini del Burkina potrebbe spiegare perché queste malattie sono in aumento nei paesi occidentali ma non nelle regioni africane.

CORRESPONDING AUTHOR PAOLO LIONETTI Ospedale Pediatrico Meyer Dipartimento di Pediatria Servizio di Gastroenterologia Università degli Studi - AOU Meyer Viale Pieraccini, 24 - 50139 Firenze E-mail: paolo.lionetti@unifi.it

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Dieta, ambiente e microbiota intestinale

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Key Points • Alcuni cibi o composti alimentari interagiscono direttamente con il microbiota intestinale. • Il trasferimento genico tra batteri intestinali si è condizionato dalle interazioni tra alimenti e il microbiota intestinale. • Il profilo del microbiota intestinale riflette il paese di origine della popolazione. • La diversità geografica della dieta potrebbe spiegare le differenze geografiche del microbiota.

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There is a rapidly growing interest in the characterization of the human intestinal microbiota, its composition, and its multilevel effects in normal and pathological conditions. In addition to local intestinal effects, it is now evident that there is a close and continuous relationship between the gut, the intestinal microbiota and the brain in a bi-directional pathway. The so-called “gut-brain axis” is thought to play a role in modulating several metabolic, endocrine, immune, and even nervous processes and has become a possible target for therapeutic interventions. There are promising data about the clinical benefit of probiotics administration for treating functional and organic diseases.

Key Words Intestinal microbiota, gut-brain interaction, probiotic

Asse cervello microbiota intestino FLAVIA INDRIO1, DARIO GALLO2, ANTONIO DI MAURO2 Dipartimento di Pediatria, Azienda Ospedaliera Policlinico, Università degli Studi di Bari Scuola di Medicina, Università degli Studi di Bari

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COMUNICAZIONE INTESTINO-CERVELLO L’interazione intestino-cervello avviene attraverso un complesso sistema di comunicazione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale (SNC) e il tratto gastrointestinale. Protagonista di questo asse è il microbiota e, ad oggi, la ricerca è in gran parte finalizzata a stabilire in che modo questo partecipi a situazioni sia in condizioni fisiologiche che patologiche (4). Tale asse integra centri cognitivi ed emozionali nel SNC con il sistema neuroendocrino e neuroimmune, le diramazioni simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo (SNA), l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema nervoso enterico (SNE, chiamato anche ‘il piccolo cervello) e il microbiota intestinale (5). Attraverso questa complessa rete bidirezionale il SNC e l’intestino sono intimamente connessi: segnali del SNC influenzano la motilità, la sensibilità e la funzione secretiva del tratto gastro-intestinale, rilasciando neuropeptidi e ormoni; al contrario messaggi viscerali del tratto gastrointestinale possono influenzare la funzione cerebrale, l’umore e il comportamento. Un approccio utilizzato per studiare il ruolo del microbiota sulla salute dell’ospite è l’uso di animali germ-free. Topi germ-free, animali privi di ogni contaminazione batterica, offrono la possibilità di studiare l’impatto della completa assenza del microbiota sulle funzioni gastrointestinali e sulle funzioni connesse all’asse intestino-cervello. Attraverso questi studi sui topi germ-free sono stati identificati varie vie di comunicazione tra cervello intestino e microbiota. Il microbiota comunica con l’asse cervello-intestino attraverso differenti meccanismi e diverse vie: Interazione diretta con le cellule mucosali (comunicazione endocrina): mediante il rilascio di sostanze di derivazione batterica, prodotti di fermentazione come gli acidi grassi a corta catena, e stimolando per via indiretta la produzione di fattori neuroendocrini intestinali.

Interazione con le cellule immunitarie (comunicazione immunitaria): attraverso il riconoscimento da parte dei recettori Toll-like di modelli molecolari associati a patogeni, che modulano l’espressione di fattori come citochine e chemiochine, le quali a loro volta reclutano e modificano il fenotipo e la funzione delle cellule immunitarie e infiammatorie. I mastociti sono importanti effettori dell’asse intestino-cervello, essi traducono I segnali di stress nel rilascio di un’ampia gamma di neurotrasmettitori e citochine pro-infiammatorie. Neuroni, astrociti e microglia esprimono recettori superficiali di membrana che sono specifici per i prodotti molecolari delle cellule immunitarie, il che sottende la risposta delle cellule nervose ai segnali immunologici.

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Interazione con le terminazioni nervose (comunicazione neuronale): il microbiota induce un incremento nell’espressione di recettori del GABA e di recettori per oppioidi e cannabinoidi nelle cellule epiteliali intestinali, determina inoltre l’aumento del triptofano nel plasma, precursore della Serotonina, un neurotrasmettitore chiave all’interno dell’asse cervello-intestino, e così via. Sono ovviamente possibili molteplici meccanismi e ulteriori studi potranno chiarire quali vie nervose ed umorali sono utilizzate dalla microflora intestinale per influenzare la segnalazione del SNC e del SNE [Figura 1].

È chiaro che nell’insieme il microbiota possa modulare vari aspetti dell’asse cervello-intestino. Tuttavia tali effetti dipendono dai ceppi batterici e quindi bisogna essere prudenti nell’estrapolare i dati ottenuti da un organismo all’intera popolazione. Alterazioni nella colonizzazione primaria e nell’equilibrio della normale microflora intestinale (o nella risposta dell’ospite a questa) hanno mostrato avere un ruolo critico nella patogenesi di un’ampia varietà di disordini intestinali ed extra-intestinali. La colonizzazione batterica dell’intestino svolge infatti un ruolo di primaria importanza nello sviluppo post-natale e nella maturazione dei sistemi immunitario, nervoso ed endocrino (6). Questi processi sono fattori chiave nel sostenere la segnalazione del SNC e suggeriscono per il microbiota un ruolo nella modulazione dell’umore e del comportamento. Esso ha infatti un ruolo importante nella modulazione dell’asse ipotalamoipofisi-surrene, attivato in risposta a vari agenti stressanti sia fisici che psichici. Uno dei più importanti coordinatori della risposta endocrina, comportamentale e immune allo stress è il CRF (fattore di rilascio della corticotropina). Il CRF ha un potente effetto sull’intestino modulando l’infiammazione, l’incremento della permeabilità intestinale, l’ipersensibilità viscerale e la motilità intestinale. Gli agenti stressanti nei topi germ-free inducono un rilascio esagerato del CRF con una anomala attivazione dell’HPA (asse ipotalamo-ipofisi-surrene). La ghiandola pituitaria risponde al CRF rilasciando ACTH, il quale stimola la secrezione di cortisolo da parte della ghiandola surrenale. Questa esagerata risposta allo stress in topi germ-free è parzialmente reversibile mediante ricolonizzazione batterica (7). Alcuni studi riportano in topi germ-free una riduzione del comportamento ansioso e una up-regulation del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), una proteina coinvolta in molteplici aspetti del funzionamento cognitivo ed emotivo attraverso la modulazione della crescita e della differenziazione di nuovi neuroni e sinapsi. Un modello sperimentale mostra come topi con un microbiota disbiotico, reso tale tramite l’utilizzo di antibiotici, abbiano un comportamento meno ansioso e livelli proteici alterati di BDNF. L’interruzione della somministrazione del cocktail di antibiotici ripristina il normale profilo comportamentale degli animali. Una simile perturbazione del microbiota ottenuta tramite la somministrazione di batteri patogeni, ha

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Microbiota intestinale

Il microbiota comunica con l’asse cervello-intestino attraverso differenti meccanismi e diverse vie : - Interazione diretta con le cellule mucosali (comunicazione endocrina): mediante il rilascio di sostanze di derivazione batterica, prodotti di fermentazione come gli acidi grassi a corta catena, e stimolando per via indiretta la produzione di fattori neuroendocrini intestinali. - Interazione con le cellule immunitarie (comunicazione immunitaria): attraverso il riconoscimento da parte dei recettori Toll-like di modelli molecolari associati a patogeni, che modulano l’espressione di fattori come citochine e chemiochine, le quali a loro volta reclutano e modificano il fenotipo e la funzione delle cellule immunitarie e infiammatorie. I mastociti sono importanti effettori dell’asse intestinocervello, essi traducono I segnali di stress nel rilascio di un’ampia gamma di neurotrasmettitori e citochine proinfiammatorie. Neuroni, astrociti e microglia esprimono recettori superficiali di membrana che sono specifici per i prodotti molecolari delle cellule immunitarie, il che sottende la risposta delle cellule nervose ai segnali immunologici. - Interazione con le terminazioni nervose (comunicazione neuronale): il microbiota induce un incremento nell’espressione di recettori del GABA e di recettori per oppioidi e cannabinoidi nelle cellule epiteliali intestinali, determina inoltre l’aumento del triptofano nel plasma, precursore della Serotonina, un neurotrasmettitore chiave all’interno dell’asse cervello-intestino, e così via. Sono ovviamente possibili molteplici meccanismi e ulteriori studi potranno chiarire quali vie nervose ed umorali sono utilizzate dalla microflora intestinale per influenzare la segnalazione del SNC e del SNE.

IMMUNE MESSAGE

NEURONAL MESSAGE

ENDOCRINE MESSAGE

Th 1 Tre g Th 2

Macus layer

T-cell naive

Citokines & chemiokines

Antigen Presenting cells

Cajal cells

Microbial products

Microbiota ells ec scl u m th oo Sm

Figura 1 Vie di comunicazione tra il microbiota, il cervello e l’intestino. Interazione diretta tra le cellule mucosale e gli ormoni gastrointestinali, vie immunologiche (citochine), contatti neuronali diretti

mostrato un incremento del comportamento ansioso e ha prodotto disfunzioni mnesiche indotte dallo stress, le quali sono tuttavia reversibili in seguito a somministrazione giornaliera di probiotici (8). Il cervello umano alla nascita ha già quasi raggiunto la sua completa capacità neuronale. Tuttavia lo sviluppo cerebrale non cessa alla nascita. In seguito, durante l’infanzia, il cervello stabilisce una miriade di connessioni sinaptiche che forniscono il substrato essenziale per le reti funzionali cerebrali che sottendono la percezione, la cognitività e l’azione. Uno studio recente ha rivelato come il contenuto batterico intestinale possa intervenire sui modelli di sviluppo cerebrale (9). Tale regolazione ha chiari vincoli temporali con una finestra critica di sviluppo nel periodo postnatale precoce durante il quale il microbiota intestinale modulerebbe la sinaptogenesi attraverso cambiamenti nell’espressione di geni, i cui prodotti influenzano la neurotrasmissione del sistema nervoso. Il processo di colonizzazione microbica modula i meccanismi di segnalazione dei circuiti neuronali implicati nel controllo sensitivo e motorio, e può inoltre influenzare la rete neurale responsabile della risposta allo stress (10). Sebbene il microbiota eserciti un’ampia influenza sulle funzioni cerebrali, è vero anche il contrario. Il cervello può modificare il microbiota attraverso la modulazione delle secrezioni intestinali, della permeabilità e della motilità, rimuovendo l’eccesso di batteri dal lume e prevenendo la sovra crescita batterica. Le molecole di segnalazione rilasciate nell’intestino dalle cellule della lamina

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Asse cervello microbiota intestino

propria, le quali sono sotto controllo del SNC, possono determinare modificazioni nella secrezione e motilità gastrointestinale come anche della sua permeabilità, alterando così l’ambiente gastrointestinale in cui i batteri risiedono. Vi sono evidenze di come l’esposizione allo stress possa essere responsabile di una disregolazione dell’asse cervello-intestino, conducendo così a diverse patologie gastroinestinali. Variazioni nella interazione tra il microbiota e il cervello sono implicate nella patofisiologia dei disordini gastrointestinali, come le coliche infantili o la sindrome del colon irritabile, e nella patognesi di altre malattie gastrointestinali come le malattie infiammatorie intestinali, le risposte avverse ad antigeni alimentari, l’ulcera peptica e la malattia da reflusso gastro-esofageo.

IL RUOLO DEI PROBIOTICI NELL’ASSE INTESTINO-CERVELLO Una composizione aberrante del microbiota intestinale, così come un livello inadeguato di lattobacilli e un incremento della concentrazione di coliformi nei primi mesi di vita, potrebbe svolgere un ruolo importante nella patogenesi dei disordini gastrointestinali correlati allo stress. Infatti la colonizzazione intestinale da parte dei lattobacilli sembrerebbe essere un prerequisito fondamentale per la buona funzionionalità dell’asse cervello-intestino. Crescenti evidenze supportano il concetto che l’asse cervello-intestino sia responsivo anche nell’uomo a molteplici interventi nutrizionali, inclusa la somministrazione di probiotici. Il microbiota intestinale potrebbe modulare la sensibilità al dolore e alcuni probiotici potrebbero inibire l’ipersensibilità e forse anche la permeabilità intestinale (11). Il meccanismo d’azione ipotizzato per i probiotici sulla mucosa gastrointestinale soggetta a stress include:

• il miglioramento della funzione batterica dell’epitelio • la soppressione della crescita e fissazione dei batteri patogeni • effetti positivi sulla ipersensibilità viscerale • effetti immunomodulatori. Sebbene l’esatta modalità d’azione non è ancora completamente conosciuta, ci sono numerose evidenze che sostengono il ruolo dei probiotici nel ridurre l’ansia e la risposta allo stress, particolarmente per quei probiotici in grado di ridurre le citochine infiammatorie e lo stress ossidativo, e per quelli che possono modificare l’espressione dei recettori GABA-ergici nel sistema nervoso centrale. In maniera interessante la vagotomia previene tali effetti dei probiotici, suggerendo che l’innervazione parasimpatica svolge un ruolo importante nella trasmissione di informazioni dall’intestino al cervello e anche nell’omeostasi del sistema immunitario (12). Oggi sappiamo che specifici ceppi modulano la trasmissione del dolore

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nell’intestino, mediante l’induzione dell’espressione di recettori per oppiodi e cannabinoidi endogeni nelle cellule epiteliali intestinali, mimando l’effetto della morfina sulle funzioni analgesiche nell’intestino. Si è inoltre postulato un ruolo del microbiota intestinale nella percezione del dolore mediante la modulazione dell’attività dei gangli delle radici dorsali sulla distenzione colo-rettale, con un consequenziale decremento della ipersensiblità viscerale (13). Il nostro gruppo ha recentemente dimostrato che la somministrazione del Lactobacillus GG in bambini con dolore addominale e soprattutto sindrome del colon irritabile determina una significativa riduzione delgli episodi e dell’intensità del dolore addominale e che questi effetti sono secondari alla normalizzazione della permeabilità intestinale (14). Nonostante l’ampio numero di studi riguardanti i probiotici, molti dubbi restano ancora irrisolti: la dose ottimale, il ruolo della terapia combinata, l’attività di specifici ceppi, la loro stabilità all’interno del tratto GI, il possibile sviluppo di resistenza ad antibiotici, la durata della terapia.

CONCLUSIONI L’evidenza che il cervello abbia un ruolo sul controllo delle funzioni intestinali era già nota da tempo. Sempre più forte e determinante è il ruolo che il microbiota assume in questa comunicazione bidirezionale. La somministrazione probiotica potrebbe in futuro essere uno strumento utile alla modulazione del comportamento umano anche se ulteriori studi devono essere svolti a supporto di questa tesi. CORRESPONDING AUTHOR FLAVIA INDRIO Dipartimento di Pediatria Azienda Ospedaliera Policlinico Università degli Studi di Bari P.zza Giulio Cesare, 1 – 70124 Bari Tel. e Fax + 39 080 5593624 E-mail: f.indrio@alice.it

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Key Points stretta e continua. • Il cervello e l’intestino sono in comunicazione te e coinvolgono numerosi organi e apparati. indiret e dirette • Le vie di comunicazione sono ne è il microbiota. • Il principale mediatore di questa comunicazio in cui gli effetti di questa comunicazioni hanno rale tempo • Esiste nella prima infanzia una finestra intestinali e del sistema nervoso centrale. un ruolo cruciale nello sviluppo di malattie gastro

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Disbiosi e possibili approcci terapeutici: esempio della celiachia GLORIA SERENA1,2 E ALESSIO FASANO1 1Department of Pediatrics, Massachussets General Hospital East, Charlestown 2University of Maryland, School of Medicine, Baltimore MD (USA)

MA (USA)

INTRODUZIONE

The microbiota has several important physiological functions in the human body. Alterations in its composition have been associated to numerous diseases therefore the idea of treating these diseases by ”resetting” the microbiota is now growing in the scientific community. Here we focus on celiac disease, an autoimmune enteropathy, and on the possible alternative approaches to treat it.

Key Words Celiac disease, dysbiosis, faecal transplant, probiotics

La celiachia è un’enteropatia autoimmune causata in soggetti geneticamente predisposti dall’ingestione di glutine, una proteina contenuta in grano e altri cereali minori. Sebbene a lungo descritta come una patologia gastrointestinale dell’infanzia, oggi la celiachia viene considerata una malattia sistemica che può insorgere a qualsiasi età. Alcuni sintomi tipici che caratterizzano un’alta percentuale dei pazienti sono diarrea cronica, perdita di peso, anemia e ridotta densità ossea; tuttavia anche altre manifestazioni atipiche quali, ad esempio, la dermatite erpetiforme sono state associate alla mancata tolleranza al glutine (1). La prevalenza mondiale della celiachia, fino ad oggi stimata all’1%, sta notevolmente aumentando. Le cause di tale aumento, però, non sono ancora state chiarite. Sebbene l’aplotipo HLA DQ2/DQ8 sia considerato un fattore genetico necessario per lo sviluppo della celiachia, tuttavia non è sufficiente a causarne l’insorgenza. Sempre maggiore è l’interesse della comunità scientifica verso altri fattori, genetici ed ambientali, che contribuiscono allo sviluppo della celiachia (1). Il microbiota comprende l’insieme dei microorganismi che colonizzano il corpo umano e gioca un ruolo fondamentale in diverse funzioni fisiologiche e metaboliche dell’ospite: dall’assorbimento dei nutrienti alla regolazione e sviluppo del sistema immunitario (2). Alterazioni nella composizione del microbiota (disbiosi) sono state associate a diverse patologie quali morbo di Crohn, obesità, ma anche alcuni tumori e malattie autoimmuni (3). DISBIOSI E MALATTIA CELIACA Ad oggi diversi studi hanno valutato il rapporto tra disbiosi e malattia celiaca. In un recente lavoro Wackil et al hanno analizzato attraverso PCR (Polymerase Chain Reaction) e DGGE (Denaturating Gradient Gel Electrophoresis) le differenze della composizione microbica tra controlli sani e celiaci adulti in fase attiva con diversa sintomatologia (sintomi gastrointestinali o dermatite erpetiforme). Lo studio evidenzia la relazione tra un certo profilo microbiotico e uno specifico quadro sintomatico nei pazienti celiaci. I soggetti con sintomi gastrointestinali, paragonati a quelli con dermatite erpetiforme, presentano una popolazione microbica meno eterogenea. Inoltre, nei controlli sani e nei pazienti con dermatite erpetiforme il microbioma associato alla mucosa consiste per lo più in batteri appartenenti ai phyla dei Batteroidi e Firmicuti, mentre nei pazienti con sintomi gastrointestinali la maggior parte dei batteri appartiene al phylum dei Proteobatteri (4). Gli autori suggeriscono che la variabilità dei sintomi nella

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malattia celiaca sia in parte associata alla presenza di un diverso microbiota. Sebbene questo lavoro sia uno dei pochi che mette in luce la relazione tra sintomi nella celiachia e il microbiota, la ridotta eterogeneità riscontrata nei campioni celiaci con sintomi gastrointestinali non stupisce. È ormai noto, infatti, che il processo di infiammazione caratterizzante la celiachia riduce notevolmente la ricchezza microbica nell’intestino (3). Inoltre, l’assenza di un follow-up dopo una dieta senza glutine non permette di chiarire se la disbiosi riscontrata sia da considerare causa o conseguenza di tale processo infiammatorio. Ad ogni modo, Collado et al hanno pubblicato un interessante lavoro sulle differenze del microbioma nei pazienti celiaci prendendo in considerazione sia i campioni fecali che le biopsie duodenali. Lo studio considera tre tipologie di soggetti: celiaci attivi, celiaci in dieta senza glutine da almeno due anni e controlli sani (4). Dall’analisi dei campioni fecali emerge che il numero totale di batteri in entrambi i gruppi di celiaci è maggiore di quello presente nei controlli sani con particolare abbondanza di Batteroidi e C.leptum. Nessuna differenza, invece, è stata trovata tra i celiaci attivi e quelli a dieta senza glutine. Anche dall’analisi dei campioni duodenali la disbiosi sembra caratterizzare allo stesso modo entrambi i gruppi di celiaci; gli autori, infatti, dimnostrano che i batteri appartenenti al gruppo dei C. Coccoides sono ridotti nei celiaci e che, al contrario, quelli appartenenti al gruppo Lactobacillus sono aumentati. Tali risultati suggeriscono che la disbiosi associata alla celiachia non dipenda solamente dallo stato infiammatorio che caratterizza la malattia attiva, ma che sia piuttosto uno dei fattori che contribuiscono all’insorgenza stessa della patologia (5). Ad avvalorare questa ipotesi il nostro gruppo ha pubblicato uno studio caratterizzante i cambiamenti longitudinali nella comunità microbica che colonizza bambini geneticamente predisposti alla celiachia dalla nascita ai 24 mesi d’età e l’impatto dovuto alla ritardata introduzione del glutine nella dieta (6). Neonati con HLA DQ2/DQ8 parenti di primo grado di un genitore celiaco sono stati reclutati nello studio e suddivisi in due gruppi. Fino a sei mesi tutti i neonati sono stati sottoposti ad una dieta basata esclusivamente su latte materno o formula; dal sesto mese al primo anno d’età in uno solo dei due gruppi è stato introdotto il glutine ed infine dal primo anno d’età in poi entrambi i gruppi sono stati lasciati a dieta libera. Analisi sierologiche per la diagnosi di celiachia e analisi del microbioma nelle feci sono state effettuate a diversi time points. Il nostro studio suggerisce che una ritardata introduzione del glutine nella dieta di bambini geneticamente predisposti alla celiachia sia in grado di ritardare l’insorgenza della malattia. Inoltre, attraverso il pirosequenziamento del gene 16S, abbiamo dimostrato che il microbioma di tali bambini è caratterizzato da una forte riduzione di Batterioidi, mentre presenta un’alta concentrazione di Firmicuti (6). Sebbene questi dati siano solamente preliminari, dimostrano che il microbiota di soggetti HLA DQ2/DQ8 è profondamente diverso rispetto a quello di soggetti con un diverso aplotipo anche prima dell’eventuale insorgenza della malattia. Nella popolazione generale Il phylum dei Batterioiditi rappresenta un’alta percentuale dei batteri presenti nel tratto gastrointestina-

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Microbiota intestinale

le. Alcuni membri di tale phylum, quali per esempio B. Fragilis, sono stati descritti come fondamentali per la regolazione della risposta immunitaria (6). I dati pubblicati suggeriscono, quindi, che la disbiosi trovata nei bambini predisposti alla celiachia rappresenti un ulteriore fattore di predisposizione alla malattia oltre all’aplotipo HLA DQ2/DQ8.

LA TERAPIA DELLA MALATTIA CELIACA TRA PRESENTE E FUTURO L’unica terapia sicura ed efficace per la celiachia è l’eliminazione del glutine dalla dieta. Questa è in grado di alleviare i sintomi della celiachia e di ridurre l’infiammazione a livello della mucosa intestinale nella maggior parte dei pazienti (1). Tale dieta ha anche un effetto sulla composizione del flora batterica. Nel loro lavoro De Palma et al analizzano l’impatto dell’assenza di glutine sulla composizione e sulla funzione immunomodulatoria del microbiota. Attraverso un’analisi qPCR e FISH (Fluorescence In Situ Hybridisation) dei campioni fecali di soggetti sani sottoposti a dieta senza glutine, gli autori suggeriscono che questa abbia un effetto sul microbiota e quindi probabilmente anche l’omeostasi del tratto gastrointestinale (7). L’importanza di trovare una terapia alternativa alla dieta senza glutine è sottolineata dalla scarsa compliance alla dieta riportata in letteratura e dall’esistenza di forme di celiachia refrattarie alla dieta. Interventi sul microbioma possono offrire opportunità terapeutiche alternative o complementari alla dieta senza glutine, nonché strumenti di prevenzione primaria. Il trapianto fecale è una tecnica utilizzata da più di un secolo come terapia di patologie associate a disbiosi. Sebbene diversi studi abbiano descritto tale tecnica come efficace, soprattutto nel trattamento di infezioni da C. Difficile, in altri casi la risposta a tale trapianto non è sempre stata completamente definita (8). Ciò dipende dalle numerose variabili che la tecnica porta con sé quali per esempio la scelta dei donatori o la modalità e la frequenza di amministrazione del nuovo microbiota. Il potenziale rischio di trasmissione di agenti patogeni, inoltre, è ancora oggi in discussione. Sebbene siano stati descritti diversi metodi di screening dei campioni fecali dei donatori, un protocollo specifico e dettagliato non è ancora stato pubblicato (8). L’effetto benefico dei probiotici è ormai noto. Composti probiotici (Streptococcus thermophilus, B. longum, B. breve, B. infantis, L. acidophilus, L. plantarum, L. paracasei, L. delbrueckii subsp. bulgaricus) sono oggi in commercio e diversi studi hanno dimostrato la capacità di tale miscela nell’alleviare i sintomi di patologie quali poucite e colite ulcerosa. Tuttavia la colonizzazione dei batteri probiotici è temporanea e un trattamento basato su una terapia probiotoica richiederebbe una continua somministrazione del composto. L’efficacia del trattamento poi verrebbe probabilmente influenzata dalla dieta e dall’assunzione di antibiotici (9). Un’altra possibile via attraverso cui il microbiota può essere modificato è l’utilizzo di farmaci che interagiscono con le sue componenti. Numerose macromolecole batteriche sono già state descritte

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Disbiosi e possibili approcci terapeutici: esempio della celiachia

come “targets” di farmaci. Lo sviluppo di terapie personalizzate, però, è ancora lontano e richiede diverse considerazioni (10). Tra queste la necessità di farmaci in grado di rimanere nel lume intestinale che però siano in grado di raggiungere i “targets” all’interno della cellula batterica e la scelta di farmaci che siano specifici per molecole prodotte da microbi presenti esclusivamente nel tratto gastrointestinale (10). Gli studi finora condotti sul microbiota hanno messo in luce il suo possibile ruolo come cofattore ambientale scatenante la celiachia proponendola come un buon esempio di patologia per cui una terapia basata sulla modificazione del microbiota rappresenti una valida ipotesi. Purtroppo non emergono ancora indicazioni precise sull’utilizzo di tali terapie nei soggetti celiaci o a rischio di celiachia e ulteriori studi dovranno essere condotti prima di adottarle.

Key Points • La celiachia è un’enteropatia autoimmune che si associa a disbiosi. • La disbiosi caratterizzante la celiachia sembra precedere l’insorgenza della malattia • Interventi sul microbioma possono offrire opportunità terapeutiche alternative alla dieta senza glutine e di prevenzione primaria.

CORRESPONDING AUTHOR ALESSIO FASANO Mass General Hospital East Bldg 114 16th St (Mail Stop 114-3503) Charlestown, MA 02129-4404 Tel. 888-644-3248 E-mail: afasano@partners.org

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a NEWS AND VIEWS t s i v i d i t n tà e pu novi

temente studiato il microbiota e metaboloma in un gruppo di bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo RAFFAELLA DI TONNO1 E ANDREA DE GIACOMO2 Non Altrimenti Specificato (PDD1Clinica Pediatrica “Trambusti”, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari 2UOC di Neuropsichiatria Infantile, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari NOS), autismo (AD) e germani sani. I dati cultura-dipendenti hanno rivelato Recenti studi hanno iniziato a rivelare tante. L’osservazione che molti pazienche i Faecalibacterium e Ruminococche il microbiota intestinale ha effetti ti con DSA riferiscono sintomi gacus sono più rappresentati nei PDDmolto ampi sulla fisiologia dell’ospite, strointestinali (2) porta ad ipotizzare un NOS mentre i generi Caloramator, più di quanto si pensasse in passato, e possibile ruolo del microbiota intestiSarcina e Clostridium lo erano nei stanno emergendo dati anche sulla nale. Sono diversi gli studi che hanno bambini con AD. Rispetto al controllo possibile modulazione dell’attività ceindagato la composizione del microsano, la composizione della famiglia Lachnospiraceae (Roseburia, Dorea, Coprorebrale e del comportamento. I dibiota intestinale in soggetti con ASD coccus, Lachnospira) prevaleva in PDDsturbi dello spettro autistico (DSA) (rispetto ai soggetti sani) con metodi NOS e, soprattutto in AD. I bambini comprendono disturbi dello sviluppo colturali e coltura-indipendenti (3) [Tacon PDD-NOS e AD presentavano il bella 1]. I risultati non sono di facile inneurologico che sono definiti da altelivello più elevato dei generi Alistipes, terpretazione ed un confronto diretto razioni comportamentali, quali le diAkkermansia, Enterobacteriaceae, Bacteroidetra gli studi è complicato dell’utilizzo di sfunzioni nell’interazione sociale, la tes (Bacteroides, Barnesiella, Odoribacter, Padiverse metodologie, dalla differenza capacità di comunicazione, e la prerabacteroides) e Sutterellaceae e quello più dei pazienti studiati che non sono disenza di comportamenti ripetitivi (1). basso di Bifidobacterium ed Eubacteriaceae. rettamente confrontabili a causa della L’aumento dei casi di autismo negli ulInfine la Canonical Discriminant natura eterogenea dei DSA, dall’utiliztimi anni, non può essere unicamente Analysis of Principal Coordinates, ha zo frequente di farmaci o di diete spespiegato da un aumento della consamesso in luce che i livelli di aminoacidi ciali o di comportamenti dietetici ripepevolezza e capacità diagnostica della e acidi grassi a catena corta (SCFA) titivi, che possono alterare la composicondizione, questo lascia ipotizzare erano significativamente inferiori nei che l’ambiente gioca un ruolo imporzione del microbiota. Abbiamo recenbambini con PDD-NOS ed AD rispetto ai germani sani. Se Tabella 1 Differenze del microbiota intestinale in pazienti con DSA cambiamenti nella flora intestie soggetti di controllo nale svolgono un ruolo nello sviluppo dei DSA, quali sono i SIGNIFICATIVO SIGNIFICATIVA GRUPPO PMID* METODI meccanismi che collegano tali INCREMENTO IN DSA RIDUZIONE IN DSA DI STUDIO modifiche con lo sviluppo neu13 DSA rologico ed il comportamento? Coltura Clostridium e Ruminococcus spp. 12173102 8 CON È noto che gli SCFA (propiona15 DSA PCR quantitativa Clostridium clusters I. XI, to e butirrato) sono capaci di in15528506 8 CON fecale Clostridium bolteae durre dei cambiamenti comportamentali nei roditori simili 58 DSA 12 GER FISH Clostridium clusters I, II 16157555 all’autismo (4). È possibile ipo10 CON tizzare che una condizione di profonda disbiosi possa generaFilia: bacteroidetes and Filia: firmicutes and 33 ASD proteobacteria actinobacteria re un alterato metabolismo mi7 GER Pirosequenziamento Genere: Alkaliflexus, Desulfovibrio, Genere: Weissella, 20603222 crobico degli aminoacidi aro8 CON Acetanaerobacterium, Turicibacter, Clostridium, matici con produzione di metaParabacteroides, Bacteroides Anaerofilum, boliti ad effetto sistemico capaci 23 DSA di interagire con il sistema nerA. muciniphila PCR quantitativa 21784919 Bacteroides fragilis 22 SIB Bifidobacterium spp. fecale voso dell’ospite e partecipare al9 CON la genesi di sintomi neurologici. Bifidobacterium spp. , Infine, il microbiota potrebbe 58 DSA Coltura Lactobacillus spp.; Bacilluss spp. Enterococcus spp., 21410934 anche essere coinvolto nell’e39 CON Klebsiella oxytoca ziologia della malattia attraPirosequenziamento verso le interazioni con il siste21949732 Firmicutes + proteobacteria; 15 ASD

Influenza del microbiota intestinale e relativi metaboliti in bambini con disturbi dello spettro autistico

7 CON

38

e PCR quantitativa su biopsie ileali

Sutterella spp.

bacteroidetes

15528506

DSA: Disturbo Spettro Autistico; GER: Germani non autistici; CON: soggetti di controllo * PubMed unique IDentifier


ma immunitario. Nuovi studi sono necessari per chiarire il reale ruolo del il microbiota intestinale nella patogenesi dei DSA: idealmente dovrebbero essere studi prospettici capaci di rivelare una relazione di causa-effetto e studi di intervento volti a modulare il microbiota, ad esempio, con i probiotici.

BIBLIOGRAFIA 1. Onore C, Careaga M, Ashwood P. The role of immune dysfunction in the pathophysiology of autism. Brain Behav Immun 2012;26:383-92. 2. Buie T, Fuchs GJ 3rd, Furuta GT et al. Recommendations for evaluation and treatment of common gastrointestinal problems in children with ASDs. Pediatrics 2010:125:S19-29.

Quanto e come cambia il microbiota in età pediatrica con l’assunzione di lactobacilli FRANCESCO SAVINO Dipartimento di Pediatria I, Ospedale Infantile Regina Margherita, Città della Salute e della Scienza di Torino

È noto come la modulazione del microbiota intestinale mediante l’impiego di probiotici sia in grado di modificare l’equilibrio microbico intestinale, promuovendo il benessere gastrointestinale dell’ospite in termini di miglioramento dell’alvo e di prevenzione delle infezioni e delle allergie, e numerosi trials clinici ne documentano l’efficacia, anche se sono ancora piuttosto limitati gli studi volti a comprendere come si modifica il microbiota intestinale dopo la supplementazione con probiotici. Quello delle coliche infantili è un problema comune nei bambini sani associato a pianto eccessivo durante il giorno per i primi mesi di vita. Anche se colpisce il 5% -19% dei lattanti rimane un problema frustrante per i genitori perché è difficile da trattare e può comportare significative conseguenze psicosociali. Nonostante i 40 anni di ricerche, l’eziologia delle coliche infantili resta ancora da definire. Possibili meccanismi sono: allergie alimentari, immaturità della funzione intestinale e disturbi della motilità. Recentemente, la composizione della microflora intestinale è stata cosiderata come un fattore di rischio. Gli studi indicano che i lattobacilli insufficienti nei primi mesi di vita può influenzare il profilo intesti-

nale degli acidi grassi favorendo la genesi delle coliche infantili. Nei neonati affetti da coliche è stato anche riscontrato una concentrazione maggiore di batteri coliformi e si è ipotizzato che l’alterazione della composizione della microflora intestinale può influenzare positivamente la gestione dei bambini affetti. Recentemente abbiamo condotto uno studio prospettico randomizzato in doppio cieco in cui si è osservata non solo l’efficacia clinica della somministrazione di Lactobacillus reuteri DSM 19738 nella risoluzione della sintomatologia dei lattanti affetti da coliche rispetto al gruppo placebo, ma anche degli effetti sulla modulazione del microbiota. Utilizzando la metodica FISH, si è potuta riscontrare una riduzione significativa dei ceppi di Escherichia coli ed un aumento significativo dei lattobacilli nel gruppo di soggetti trattati dopo 4 settimane di supplementazione. Utilizzando la PCR con primer specifici abbiamo documentato la colonizzazione intestinale da parte del Lactobacillus reuteri DSM 19738. Utilizzando il 454 pirosequenziamento, abbiamo potuto rilevare come la somministrazione del probiotico Lactobacillus reuteri DSM 19738 in soggetti affetti da coliche allattati al seno non modifichi

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la composizione globale del microbiota. Abbiamo inoltre identificato che i soggetti “responders” al trattamento con probiotico presentavano un particolare enterotipo e dimostravano un significativo aumento delle specie dei Bacteroides.

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Microbiota intestinale

Quali applicazioni e potenziali rischi della manipolazione del microbiota in età neonatale FRANCESCO RAIMONDI E LETIZIA CAPASSO Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Sezione di Pediatria, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università “Federico II” di Napoli

Nonostante una variazione interpersonale significativa, sembra esserci un equilibrio tra specie batteriche in un nucleo microbico stabile, che conferisce benefici per la salute. Alterazioni nei batteri utili causati da infezioni, malattie e alimentazione possono influenzare negativamente il benessere di un individuo (1,2). È interessante notare come un microbiota alterato possa ritornare alla sua equilibrata diversità stabilitasi in infanzia, una volta che la minaccia dei fattori perturbanti iniziali si è placata. All’interno del tratto gastrointestinale microbiota differenti hanno una relazione di beneficio reciproco con il loro ospite. Il microbiota ha un ruolo critico nel supportare la normale digestione, per esempio gli oligosaccaridi del latte umano e il metabolismo dell’ospite promuovono la fermentazione batterica dei substrati energetici non utilizzati dalle fibre alimentari in acidi grassi a corta catena (SCFA). Gli SCFA svolgono un ruolo importante nella regolazione dell’appetito attraverso l’incremento degli ormoni enteroendocrinianoressizanti come il pYY e il Peptide simile al glucagone di tipo 1, e attraverso la modulazione delle riserve energetiche e ricavando calorie dagli oligosaccaridi altrimenti non utilizzabili. Convenzionalmente topi allevati hanno un contenuto di grasso corporeo più alto del 40% rispetto a topi germ-free nonostante un più basso consumo alimentare. È oggi riconosciuto che il microbiota è essenziale per la normale peristalsi. La normale motilità intestinale richiede la coordinazione tra i neuroni estrinseci, i neuroni motori enterici, le cellule interstiziali di Cajal e le cellule muscolari liscie (SMC). Il sistema nervoso enterico è un complesso sistema di

integrazione capace di controllare la funzione gastrointestinale. La anomala motilità dei topi germ-free è probabilmente una conseguenza della combinazione tra il difetto di maturazione del sistema enteroendocrino, i cambiamenti nella neurotrasmissione e l’immaturità del sistema immunitario mucosale. Infine la prevenzione della colonizzazione dei patogeni è raggiunta in gran parte attraverso il microbiota residente mediante la competizione per nutrienti e recettori, e mediante la produzione di composti antimicrobici e attivando inoltre l’espressione di molteplici fattori antimicrobici nelle cellule di Paneth (3). Come dimostrato da diversi studi su animale, è chiaro che il microbiota sia coinvolto nel mantenimento della funzione di barriera inducendo un incremento della proliferazione delle cellule epiteliali e rinforzando l’integrità dell’epitelio intestinale attraverso la traslocazione della proteina della zona occludente di tipo 1 delle giunzioni serrate e mediante l’up-regulation di geni coinvolti nel mantenimento dei desmosomi. Il microbiota intestinale contiene inoltre una schiera di componenti infiammato genici e la sua presenza suscita una flogosi minima che influenza l’intero organismo. Studi su animali germ-free rivelano che il microbiota è essenziale per lo sviluppo dell’ intestino in associazione al tessuto linfatico, e svolge un ruolo importante nel modellare la risposta immunologica attraverso lo stimolo alla sintesi e secrezione di IgA e mediante la produzione di una risposta equilibrata delle cell T helper (ottimo equilibrio tra immunità di tipo Th1 e Th2). Animali germ-free hanno poche cellule immunitarie nella lamina propria intestinale e pochi lin-

fociti intraepiteliali. Le loro placche di Peyer e i linfonodi mesenterici hanno dimensioni inferiori e difettano di centri germinativi. La ridotta stimolazione microbica durante l’infanzia determina una maturazione post-natale del sistema immunitario sicuramente più lenta con difficoltà nella capacità di differenziare tra antigeni potenzialmente dannosi e quelli innocui . Il riconoscimento da parte dei recettori delle cellule T dei patogeni o dei commensali determina una cascata di eventi ed esiti differenti nell’innesco delle risposte immunitarie e dei modelli neurali intestinali (4,5). A fronte dei suddetti benefici nella manipolazione della colonizzazione intestinale in epoca neonatale non vanno sottovalutati i rischi che un massivo utilizzo di probiotici comporterebbe in un epoca critica di sviluppo. Un rischio da non sottovalutare è quello di selezionare e favorire la crescita di ceppi batterici a sfavore di altri. Questo comporterebbe una pauperizzazione delle specie presenti nel microbiota provocando non solo effetti a breve termine ma soprattutto effetti a lungo termine.

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NEWS AND VIEWS vista i d i t n u p e à novit

Il rene e l’intestino: possibilità di comunicazione attraverso il microbiota MASSIMO PAPALE1,2 E LORETO GESUALDO2 1Centro di Medicina Molecolare, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Foggia 2Sez. di Nefrologia, Dipartimento dell’Emergenza e Trapianti d’Organo, Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari

Un numero crescente di evidenze scientifiche suggerisce un legame importante tra la composizione del microbiota intestinale e lo sviluppo delle patologie renali. Il microbiota intestinale è, infatti, implicato nella comparsa di nefropatie primitive a patogenesi immunitaria, quali la nefropatia di Berger (IgAN) e la Glomerulonefrite Membranosa (GMN) e, potenzialmente, nello sviluppo di nefropatie secondarie, quali la nefropatia diabetica, che si osservano nel 20-40 % dei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2). Recentemente McCharty e colleghi (1), hanno dimostrato che, in topi transgenici per il fattore di attivazione delle cellule B (BAFF), l’insorgenza del fenotipo IgAN necessita del microbiota intestinale. In particolare, tale studio evidenzia come l’eccesso di BAFF, perturberebbe l’equilibrio fisiologico esistente con il microbiota, aprendo una breccia nella normale compartimentalizzazione mucosa-sistema periferico e determinando un’aumentata produzione di IgA che si depositano a livello mesangiale. Gli studi recenti di Debiec e colleghi (2), pubblicati sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, hanno invece dimostrato il coinvolgimento del microbiota intestinale nell’insorgenza della Glomerulonefrite Membranosa (GMN). Secondo questi autori, lo sviluppo della GMN idiopatica dipenderebbe, nelle

forme non correlate con la presenza di auto-anticorpi verso il recettore della fosfolipasi A2 (PLA2-R), da modificazioni chimico-fisiche, operate dal microbiota intestinale, dell’albumina bovina (BSA) assunta con la dieta, che la renderebbero suscettibile a deposito glomerulare mediante la formazione di immunocomplessi. Negli ultimi anni, si sta facendo strada l’idea che il microbiota intestinale sia tra principali fattori responsabili della comparsa e della progressione del danno d’organo in malattie dismetaboliche quali il diabete mellito di tipo 2 (DMT2). La variazione qualitativa e quantitativa del microbiota intestinale è stata, infatti, associata a fattori di rischio di complicanze d’organo quali obesità, sindrome metabolica e infiammazione (3). Nei soggetti obesi e diabetici, l’interazione tra il microbiota intestinale e il sistema immunitario innato, sembra innescare un maggiore rilascio di adipochine (4) e di lipopolisaccaride (LPS) che cooperano allo stato microinfiammatorio cronico caratteristico di questi pazienti. Gli studi di Turnbaugh et al (5) evidenziano un altro aspetto sorprendente: la capacità del microbiota di condizionare o addirittura indurre un fenotipo patologico. Questi autori hanno, infatti, documentato la comparsa di un fenotipo obeso in ratti germ-free sottoposti a trapianto di microbiota intestinale di ratti obesi. È ra-

gionevole attendersi, nei prossimi anni, che tale approccio possa essere usato, in modelli animali di diabete e complicanze d’organo, per stabilire il rapporto di causa-effetto tra la composizione del microbiota e lo sviluppo delle complicanze d’organo nel DMT2. La conferma di queste ipotesi potrebbe consentire di identificare nel microbiota, il nuovo bersaglio terapeutico per la prevenzione primaria e secondaria della malattia renale cronica nel DMT2.

BIBLIOGRAFIA 1. McCarthy DD, Kujawa J, Wilson C et al. Mice overexpressing BAFF develop a commensal flora-dependent, IgAassociated nephropathy. J Clin Invest 2011;121(10):3991-4002. 2. Debiec H, Lefeu F, Kemper MJ et al. Early-childhood membranous nephropathy due to cationic bovine serum albumin. N Engl J Med 2011;364:2101110. 3. Larsen N et al. Gut Microbiota in human adults with type 2 diabetes differs from non-diabetic adults. PLoS One. 2010 Feb 5;5(2):e9085. 4. Tilg H, Moschen AR. Adipocytokines: mediators linking adipose tissue, inflammation and immunity. Nat Rev Immunol 2006;6(10):772-783. 5. Turnbaugh PJ, Backhed F et al. Dietinduced obesity is linked to marked but reversible alterations in the mouse distal gut microbiome. Cell Host Microbe 2008;3:213-22.

Si può modificare il microbiota intestinale durante l’epoca perinatale? MARIELLA BALDASSARRE1, PAOLA MASTROMARINO2, ALFREDO MICCHELI3 1Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia- sezione di neonatologia e TIN, Università degli Studi di Bari 2Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma 3Dipartimento di Chimica, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma

L’influenza della flora intestinale sulla salute umana è continua dalla nascita alla vecchiaia. Il primo contatto con i batteri durante e immediatamente dopo la nascita ha un ruolo impor-

tante nello sviluppo della flora intestinale e successivamente sul sistema immunitario della mucosa del neonato. Il microbiota intestinale del neonato è correlato alla suscettibilità alle

infezioni e alla sensibilizzazione ad antigeni ambientali nei primi anni di vita. La corretta successione nelle specie microbiche che colonizzano l’intestino

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Microbiota intestinale

del neonato nel primo periodo di vita determina una programmazione immunitaria e metabolica che ha un’influenza a lungo termine sul rischio di malattie. Ad esempio la nascita mediante parto cesareo sembra aumentare il rischio di malattia celiaca, diabete di tipo 1 e asma, che sono generalmente associati a risposte T helper eccessive o aberranti. È stato ipotizzato che il contatto tra microbiota materno e feto possa avvenire già a livello uterino. Quantità rilevabili di batteri o DNA batterico sono stati rilevati nella placenta sana come pure nelle membrane e nel liquido amniotico e questo contatto microbico, pur non ancora del tutto chiarito, è associato ad una risposta immunitaria sistemica nel neonato. La presenza di DNA microbico nella placenta potrebbe modulare significativamente l’immunità innata nell’ intestino fetale. La possibilità di modulare lo sviluppo e la composizione del microbiota intestinale allo scopo di migliorare la salute della madre e del bambino è alla base dell’utilizzo di probiotici. La somministrazione di probiotici alla madre nel periodo perinatale determina variazioni sul microbiota intestinale della donna che si riflettono in modifiche di fattori immunitari e del microbiota del neonato. Infatti l’assunzione di una miscela di lattobacilli e bifidobatteri (VSL#3) nell’ultimo mese di gravidanza e durante il primo mese di allattamento

ha determinato nel latte materno un aumento significativo della concentrazione di IgA secretorie e citochine ad attività antinfiammatoria e immunomodulante come TGF-β e Il-10. Inoltre la concentrazione di lattobacilli e bifidobatteri del microbiota intestinale dei neonati allattati da madri che assumevano il probiotico è risultata maggiore rispetto ai neonati di madri di controllo (1). Anche l’assunzione del Lactobacillus GG da parte di madri finlandesi prima del parto e durante l’allattamento induceva la modulazione della colonizzazione e dello sviluppo di bifidobatteri nell’intestino dei loro bambini, in particolare aumentando la diversità delle specie di bifidobatteri (2). Inoltre la somministrazione alle madri durante le ultime settimane di gravidanza di probiotici contenenti un ceppo di lattobacilli ha determinato un’aumentata quantità di B. longum fecale nei neonati (3) e si è dimostrata efficace nel proteggere il bambino dalla dermatite atopica (4). Uno studio recente (5) ha dimostrato che l’assunzione orale di VSL#3 nell’ultimo trimestre di gravidanza è associato ad una modulazione del microbiota vaginale e della secrezione di citochine, con livelli significativamente più alti di IL-4 e IL-10, ad azione antiinfiammatoria, e riduzione della Eotassina, chemochina pro-infiammatoria. Tutto ciò potrebbe avere importanti implicazioni nella prevenzione delle infezioni vaginali e quindi

del parto pretermine. In conclusione, alcuni probiotici, validati sul piano scientifico, somministrati alla madre durante la gravidanza e l’allattamento possono modulare il microbiota della madre e del neonato. Gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interesse

BIBLIOGRAFIA 1. Baldassarre ME, Cacciotti F, Miccheli A et al. VSL# 3 probiotic maternal supplementation affects breast milk composition and newborn faeces microbiota. Digestive and Liver Disease 2012;44:S253. 2. Gueimonde M et al. Effect of maternal consumption of Lactobacillus GG on transfer and establishment of fecal bifidobacterial microbiota in neonates. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2006;42:166-170. 3. Lahtinen SJ et al. Prenatal probiotic administration can influence Bifidobacterium microbiota development in infants at high risk of allergy. J Allergy Clin Immunol 2009;123:499-501. 4. Rautava S, Kainonen E, Salminen S et al. Maternal probiotic supplementation during pregnancy and breast-feeding reduces the risk of eczema in the infant. J Allergy Clin Immunol 2012;130:1355-60. 5. Vitali B, Cruciani F, Baldassarre ME et al. Dietary supplementation with probiotics during late pregnancy: outcome on vaginal microbiota and cytokine secretion. BMC Microbiology 2012; 12:236-240.

Prevenzione delle malattie allergiche: dacci oggi i nostri germi quotidiani VITO LEONARDO MINIELLO E LUCIA DIAFERIO

Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale Policlinico di Bari -Ospedale Giovanni XXIII

“A good reliable set of bowels is worth more to a man that any quantity of brains”. Josh Billings, 1875

Nel corso degli ultimi decenni è stato registrato in Paesi ad economia postindustriale un allarmante incremento della prevalenza di malattie allergiche. Considerando il periodo relativamente breve in cui tale fenomeno si è realizzato, sono stati imputati fattori ambientali, oltre il background genetico. La cosiddetta “ipotesi igienica” riconduce la pandemia allergica alla ridotta esposizione, durante le prime epoche

di vita, alle infezioni. A livello intestinale la “pressione” antigenica degli agenti patogeni garantirebbe il processo di immunoconversione dei linfociti T helper (Th): uno shift di prevalenza da Th 2 (caratteristica dei soggetti atopici, ma fisiologica nella vita fetale e nella prima infanzia) a Th1 (deputati a fronteggiare infezioni). Gli individui atopici conservano un sistema immunitario Th2-polarizzato, verosimilmente imputabile ad un inefficace shift Th2→Th1 e/o al deficit di citochine che lo modulano quali INF-γ e IL-12. Ma la realtà biologica è decisamente più complessa della

schematica dicotomia paradigmatica Th1/Th2 prospettata dall’ipotesi igienica, in quanto i vari stimoli antigenici non inducono risposte polarizzate esclusivamente Th1 o Th2. L’ipotesi igienica è stata pertanto rivisitata ed integrata (new hygiene hypothesis). Un adeguato carico antigenico costituirebbe per il sistema immunitario mucosale intestinale (GALT, gut-associated lymphoid tissue) un challenge per il network regolatore che controlla lo sviluppo sia di malattie allergiche sia di quelle autoimmuni. In questo modello rivestirebbero un ruolo chiave le cellule

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NEWS AND VIEWS vista i d i t n u p e à novit

T regolatrici (induced Tregs) Tr1 e Th3 che producono rispettivamente IL-10 e Transforming Growth factor (TGF)-β, citochine anti-infiammatorie. Recenti osservazioni attribuiscono al microbiota intestinale un efficace ruolo di challenge antigenico più importante di quello svolto dalle infezioni: attraverso un complesso e continuo cross-talk con il GALT, il microbiota invia segnali che ne favoriscono la maturazione postnatale e, in ultima analisi, l’omeostasi immunitaria. La modalità del parto (vaginale o cesareo), la sede del parto (domiciliare o nosocomiale), il tipo di allattamento (naturale o artificiale), condizionano quali-quantitativamente la colonizzazione postnatale ed il futuro fenotipo immunitario. Nella multifattoriale etiologia della espansione epidemiologica allergica sarebbero coinvolti pattern di colonizzazione microbica postnatale aberranti. A conferma di tale ipotesi, studi prospettici e trasversali hanno evidenziato sensibili alterazioni nella composizione del microbiota intestinale precedenti allo sviluppo di manifestazioni allergiche. Alterazioni compositive sono state riscontrate in particolare in lattanti affetti da dermatite atopica (1). La possibilità di modulare e ottimizzare la composizione di tale biomassa batterica rappresenta l’intrigante razionale preventivo e terapeutico di biomodulatori intestinali quali i probiotici (microrganismi vivi che, assunti in quantità adeguata, conferiscono all’organismo ospite un effetto salutare), i prebiotici (costituenti alimentari non vitali che conferiscono un beneficio alla salute, mediante una modulazione del microbiota) ed i simbiotici (associazione di entrambi). Nell’ultimo decennio numerose evidenze scientifiche, derivanti da trial randomizzati e metanalisi, hanno suggerito l’adozione di specifici ceppi probiotici nella prevenzione e trattamento di patologie immuno-allergologiche (2). Nonostante a tutt’oggi diversi aspetti rimangano ancora ignoti, i vantaggiosi meccanismi d’azione di alcuni ceppi probiotici sarebbero da ricondurre alle seguenti proprietà: a) ottimizzazione della composizione del microbiota intestinale; b) mantenimento dell’integrità della barriera intestinale con conse-

guente prevenzione della traslocazione batterica e del passaggio di molecole antigeniche; c) modulazione delle risposte immunitarie del GALT ; d) inibizione delle risposte Th2; e) attivazione di un network regolatore mediato da citochine quali IL-10 e TGF-β. Il Lactobacillus rhamnosus GG, ATCC 53103 (LGG) è uno dei pochi ceppi probiotici che vanta una mole consistente di evidenze scientifiche nella prevenzione di patologie allergiche ed in particolare della dermatite atopica (3), la più comune affezione cutanea infiammatoria in età evolutiva (5–20% della popolazione pediatrica). Tale affezione, geneticamente determinata, può precedere lo sviluppo di altre manifestazioni allergiche (allergia alimentare, asma bronchiale, rinite-congiuntivite). LGG consolida i meccanismi endogeni della barriera mucosale contrastando l’alterata permeabilità intestinale (4). Tali prerogative potrebbero essere ricondotte alla capacità di degradare gli antigeni alimentari (5), ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie quali IL-4, stimolare la produzione di INFγ (6) indispensabile nel catalizzare lo shift Th2→Th1 e di citochine regolatorie quali IL-10 e TGF-β (7). Nel più ampio studio di coorte, finalizzato a valutare la valenza preventiva di probiotici somministrati in periodo perinatale, furono arruolate alla 35a settimana di gestazione 1223 donne con storia familiare di atopia (8). Madri e lattanti ad alto rischio di sviluppare allergie furono randomizzati per ricevere placebo o una miscela di probiotici (Lactobacillus rhamnosus GG, Lactobacillus rhamnosus LC705, Bifidobacterium lactis Bb12, Propionibacterium freudenreichii ssp. shermanii JS). Le mamme assunsero la miscela fino al termine della gravidanza, mentre ai lattanti fu somministrato fino al sesto mese placebo o il mix di probiotici supplementato con prebiotici (galatto-oligosaccaridi). A due anni fu riscontrata nel gruppo attivo una significativa riduzione del 30% di dermatite atopica (p = 0.012), rispetto al gruppo controllo. Ma, nel long-term follow-up a 5 anni non vi fu alcuna differenza nell’incidenza cumulativa di malattie allergiche e di eczema atopico tra i due gruppi, tranne che nei soggetti nati da parto cesareo (17% dell’intera coorte)

che presentarono riduzione di eczema atopico e di sensibilizzazione a trofoallergeni (9). I nuovi orizzonti applicativi dei probiotici sono decisamente affascinanti, ma bisogna considerare che “despite the plethora of literature, probiotic research is still in its infancy” (10).

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