D.A.ITALIA N.91

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NUMERO 91 NOVEMBRE 2014

GESTORI MIAMI RISTORO MASSIMO FERRARINI

GESTORI ADA VENDING MARZIA, LUCA E MATTEO AMORUSO

PRODUTTORI DRINK CUP MARCO FERRERO

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D.A.ITALIA 91 NOVEMBRE 2014

LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE Nel 1969 un professore dell’Università di Stanford ha condotto un interessante esperimento di psicologia sociale, abbandonando una vettura in una zona ricca e tranquilla della California ed osservando i comportamenti della collettività. Dopo una settimana, la macchina era assolutamente illesa. Allora i ricercatori hanno rotto un vetro dell’auto. Entro poche ore la macchina incominciò ad essere smantellata, perdendo le ruote, il motore, la radio, gli specchietti retrovisori ecc. I materiali che potevano essere utilizzati vennero rubati e quelli non utilizzabili vennero distrutti. Il meccanismo psicologico che il vetro rotto aveva innescato era fortemente legato al senso di disinteresse, di noncuranza e di assenza di norme, che aveva spinto alcuni normalissimi individui a compiere furti e atti vandalici. Ogni volta che l’auto veniva privata di un suo pezzo, l’idea di abbandono aumentava e gli episodi si moltiplicavano in tempi sempre più ravvicinati fino ad arrivare perfino ad inaspettati episodi di violenza irrazionale. In esperimenti successivi la teoria delle finestre rotte è giunta sempre alle stesse conclusioni: quando c’è incuria, sporcizia e disordine, gli atti vandalici aumentano esponenzialmente. Gli evi-

denti segni di deterioramento o disinteresse, facilitano moltissimo le devianze comportamentali. Una risposta a questo meccanismo psico-sociale è stata sperimenta per la prima volta a metà degli anni ottanta all’interno della metropolitana di New York. Si cancellarono i graffiti che deterioravano i muri, venne rimosso lo sporco dalle stazioni e si usò la tolleranza zero per i casi di ubriachezza tra il pubblico, i piccoli furti e il disturbo della quiete. I risultati furono sorprendenti, in pochi mesi uno dei luoghi più pericolosi della metropoli si trasformò in un luogo definito dalla stessa popolazione come sicuro. Sarebbe davvero interessante se, quasi 50 anni dopo l’illustrazione di questa teoria, il vending prendesse spunto dai suoi presupposti e risultati per intervenire sull’area ristoro. Oggi sono purtroppo ancora troppe le locazioni che danno una vera e propria sensazione di abbandono. Si tendono ad accettare i graffiti, i piccoli vandalismi o l’incuria dell’area, senza rendersi conto che se non si interviene subito la situazione è destinata a degenerare. L’attenzione alla pulizia dell’area, all’estetica della macchina e alle strutture di arredo che spesso la compongono,

hanno un effetto diretto sulla percezione della qualità del servizio di pausa ristoro, con evidenti conseguenze sui consumi in macchina. Mantenere in ottimo stato una postazione vending è la migliore assicurazione sugli atti vandalici che un gestore possa mai fare. Anche le dinamiche del prezzo sono fortemente condizionate dall’estetica e dalla pulizia dell’area ristoro. Vendere uno snack o una bibita ad un prezzo corretto in un distributore con la vetrina sporca o graffiata è incredibilmente più difficile che ottenere il medesimo risultato su di una macchina in perfette condizioni e ben illuminata. Spesso la cultura del giusto prezzo per il vending non passa solo dall’attenzione ai bilanci e alla marginalità, ma anche dalla cura con cui si gestiscono le aree ristoro presso i clienti.

EDITORIALE DI ALESSANDRO FONTANA

Inoltre ogni giorno ci sono segnalazioni di atti vandalici in tutta Italia. Tutti gli esperimenti di psicologia sociale ci dicono che ci sarebbe una sensibile diminuzione degli stessi se facessimo tutti più attenzione ai “vetri rotti” all’interno delle nostre locazioni. A questo punto, intervenire prima che il problema diventi ingestibile potrebbe davvero essere una buona idea.

IN POCHI MESI UNO DEI LUOGHI PIÙ PERICOLOSI DELLA METROPOLI SI TRASFORMÒ IN UN LUOGO DEFINITO DALLA STESSA POPOLAZIONE COME SICURO

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SOMMARIO

NUMERO 91 NOVEMBRE 2014 RENZO GABRIEL BONIZZI DIRETTORE RESPONSABILE EDITOR IN CHIEF ALESSANDRO FONTANA DIRETTORE EDITORIALE EDITORIAL DIRECTOR LAURA GUASPARRI ART DIRECTOR ANDREA LOTTERO GRAPHIC DESIGN DANIELA BISCOTTI COMMERCIALE/ COMMERCIAL NOEMI MARGAROLI REDAZIONE EDITORIAL STAFF LASERGRAFICA POLVER SRL STAMPA PRINTERS D.A.ITALIA IL PERIODICO DELLA DISTRIBUZIONE AUTOMATICA PUBBLICAZIONE ISCRITTA AL TRIBUNALE DI MILANO, NUMERO DI REGISTRAZIONE 177 DEL 22 MARZO 2004 ISCRIZIONE AL R.O.C.: 11412 PERIODICITÀ MENSILE EDITORE ART&WORKS SRL UNIPERSONALE VIA MARCANTONIO COLONNA 15 20149 MILANO P.IVA 04234310961 TEL +39 02 48958566 FAX +39 02 89694472

3 EDITORIALE

La teoria delle finestre rotte

6 GESTORI

Ada Vending Entusiasmo, dedizione e professionalità al servizio dei clienti Intervista con Marzia, Luca e Matteo Amoruso Miami Ristoro la pausa caffè buona e sostenibile Intervista con Massimo Ferrarini

22 PRODUTTORI

Drink Cup l’acqua in boccione per chi ha sete di qualità Intervista con Marco Ferrero

30 EVENTI

TriestEspresso 2014 La fiera professionale dell’espresso chiude i battenti con il miglior risultato di sempre

41 MONDO ASSOCIAZIONE

CSQA E CONFIDA la prima certificazione di qualità funzionale delle miscele di caffè in grani destinato al vending

42 NOVITÀ

Coges Lettore MIFARE 2. Piccolo fuori, grandissimo dentro Baltom Elivend Group apertura nuova sede in Spagna N&W lancia #HeartofVending

45 LIBRI

COFFEE MAKERS (Macchine da caffè). 2.000 caffettiere storiche fotografate direttamente nelle case dei più grandi collezionisti di tutto il mondo

UFFICIO COMMERCIALE COMMERCIALE@ DAITALIA.IT WEB WWW.DAITALIA.IT POSTA ELETTRONICA INFO@DAITALIA.IT ABBONAMENTI ABBONAMENTI@ DAITALIA.IT LA RIPRODUZIONE TOTALE O PARZIALE DELLE ILLUSTRAZIONI E DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI SU D.A. ITALIA È PERMESSA SOLO SE AUTORIZZATA DALLA DIREZIONE. LA DIREZIONE NON ASSUME RESPONSABILITÀ PER LE OPINIONI ESPRESSE DAGLI AUTORI DEI TESTI REDAZIONALI E PUBBLICITARI. CONCEPT BY ART&WORKS SRL

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GESTORI

ADA VENDING 7 MIAMI RISTORO 15

IL MERCATO DEL VENDING GESTORI

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ADA VENDING ENTUSIASMO, DEDIZIONE E PROFESSIONALITA' AL SERVIZIO DEI CLIENTI

ADA VENDING È UNA STORICA GESTIONE LOMBARDA NATA IL 25 SETTEMBRE 1970, QUANDO ALCUNI DIRIGENTI DI FAEMA EBBERO L’INTUIZIONE DI CREARE UNA SOCIETÀ CHE POTESSE GARANTIRE IL SERVIZIO DI PAUSA RISTORO AUTOMATIZZATO NELLE GRANDI REALTÀ INDUSTRIALI ATTRAVERSO LA E61 E LA LIOFAEMINA, DUE MACCHINE CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL VENDING. “A.D.A. AMBROSIANA DISTRIBUTORI AUTOMATICI” NASCE NELLA SEDE MILANESE DI VIA MAESTRI CAMPIONESI E VIENE TRASFERITA NEL 1987 A BUSTO ARSIZIO DA UN GRUPPO DI IMPRENDITORI CHE NE RILEVA

LA PROPRIETÀ. NEL 1999 LA GESTIONE VIENE SPOSTATA NELL’AMPIA STRUTTURA DI OLGIATE OLONA, ATTUALE SEDE DELLA SOCIETÀ. NEL 2013 LA GESTIONE CAMBIA IL SUO ASSETTO SOCIETARIO E ASSUME LA DENOMINAZIONE ADA VENDING. LA NOSTRA REDAZIONE, PER APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DI QUESTA IMPORTANTE REALTÀ E CONOSCERNE I PROGETTI FUTURI, HA INCONTRATO PAOLO E ENZO AMORUSO (TITOLARI DI ADA VENDING) E INTERVISTATO LA SECONDA GENERAZIONE DI IMPRENDITORI IMPEGNATI IN AZIENDA: MARZIA, LUCA E MATTEO AMORUSO. 7


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INTERVISTA CON MARZIA, LUCA E MATTEO AMORUSO ADA Vending, fino allo scorso anno, era parte integrante del Gruppo Orasesta. Quali sono le ragioni che vi hanno portato a scegliere un percorso professionale autonomo? La separazione dal gruppo ha avuto il suo epilogo nel giugno 2013 ed è nata dalla mancanza di una visione condivisa sugli obiettivi da perseguire, di un'idea concreta su come gestire il passaggio generazionale e tantomeno su come comporre il futuro gruppo dirigente. La scelta di continuare il percorso professionale su binari diversi è stata pertanto assolutamente naturale e vissuta con l'entusiasmo di una nuova, grande opportunità.

costi e sfruttare la struttura esistente al massimo delle sue possibilità. L'espansione verso altre regioni non è al momento nei nostri progetti. Operare all’interno di un gruppo molto noto per la presenza al suo interno di una grande rivendita ha influito sulla vostra decisione? No, è stata assolutamente irrilevante. Oggi Ada Vending che territorio serve? ADA Vending opera principalmente nelle provincie di Varese, Milano, Como e una parte della provincia di Novara.

Pensate che nel difficile mercato attuale la focalizzazione in uno specifico territorio sia una strategia vincente? Non necessariamente, ma di certo preferiamo ottimizzare i

Nel 2014 avete scelto di crescere anche attraverso acquisizioni estremamente mirate. Quali considerazioni strategiche vi hanno portato a fare queste due operazioni in tempi così brevi? In poco più di un anno dalla divisione da Orasesta, Ada Vending ha perfezionato l’acquisto di due note società della provincia di Varese, D Express 8 di Olgiate

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GESTORI ADA VENDING

Olona e Time Out di Cassano Magnago. Si tratta di un risultato di grande rilievo in quanto ci ha permesso una crescita nell’ordine del 40%, con un portafoglio clienti dislocato esattamente su zone già servite. Un risultato, quindi, coerente con i nostri obiettivi di ottimizzazione di cui si è detto. La velocità con cui è le operazioni sono state concluse è molto dipesa dalla qualità dei nostri interlocutori. Da una parte i signori Foglia, con i quali c’è stata immediate intesa e franchezza nei rapporti, dall’altra il signor Ponzo con i suoi figli, persone di indiscutibile professionalità, correttezza e competenza. In un periodo difficile, caratterizzato da un forte calo dei consumi, come mai avete deciso di investire in acquisizioni? Ci vuole un certo coraggio… Siamo ripartititi con l’entusiasmo della “prima volta”, con la voglia di fare di più e meglio. Il nostro primo anno di attività è stato molto




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incoraggiante sia per i risultati conseguiti, sia per il clima favorevole e il sostegno che abbiamo ricevuto da fornitori e colleghi. Di questo siamo estremamente soddisfatti e riconoscenti a tutti. Non ci saranno sovrapposizioni di funzioni e problematiche occupazionali dovute al processo d’integrazione con le nuove realtà acquisite? Le sovrapposizioni di funzioni sono quasi inevitabili in fase d’integrazione e indubbiamente Il percorso di ottimizzazione che abbiamo scelto di perseguire ci impone di eliminarle. Ci stiamo impegnando per ricollocare la maggior parte delle persone proponendo mansioni alternative, sia per la responsabilità sociale da cui non vogliamo sottrarci, sia perché desideriamo trattenere in azienda figure esperte e professionali. Crediamo che ogni acquisizione oltre ad essere rilevante dal punto di viste economico, possa essere motivo di crescita anche per chi si trova

nella posizione dominante di compratore. Le aziende sono fatte di uomini. All’interno di ADA c’è un clima favorevole all’integrazione dei nuovi elementi? Il clima in azienda è al tempo stesso disteso e piacevolmente “frizzante”. Tutti hanno voglia di fare e noi ci impegniamo ogni giorno ad alimentare questo entusiasmo con nuovi progetti. L’inserimento di elementi con idee, formazione e percorsi professionali diversi è essenziale per favorire un atteggiamento di apertura nei confronti di un mercato che cambia velocemente. Far parte di un grande gruppo spesso consente rapporti privilegiati con i fornitori. Li avete mantenuti dopo la separazione? Una volta chiarita con i fornitori la questione della separazione di Ada Vending dal gruppo, le cose sono proseguite naturalmente grazie al rapporto di fiducia ormai consolidato che si era creato negli

GESTORI ADA VENDING

anni precedenti. I fornitori hanno continuato a seguirci mantenendo gli accordi pregressi. Ad oggi ADA Vending ha rapporti diretti con i produttori di macchine, solubili e capsule, senza la mediazione di alcuna rivendita. Ada Vending è un’azienda certificata? La gestione della Qualità è un nostro imperativo, da sempre. Nel 1998, tra le prime nel settore del vending, ADA ha ottenuto la Certificazione secondo la norma UNI EN ISO 9002 e da allora il sistema è parte integrante della nostra attività. Una persona in azienda si occupa a tempo pieno di qualità, igiene e sicurezza. Gestite sia clienti privati che locazioni pubbliche? Partecipate spesso ai bandi di gara? Gestiamo quasi esclusivamente aziende private e l’incidenza delle locazioni pubbliche è marginale nel nostro business, a causa di parametri economici qua11


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si sempre non in linea con la nostra politica commerciale. Come si può riuscire a mantenere un buon volume di vendite pur in presenza di un prezzo medio-alto? Tutti i gestori dispongono delle migliori tecnologie e di prodotti di primaria qualità. La differenza può unicamente derivare dall’attitudine o meno a porre il cliente al centro del nostro universo.

dia. Non avrei mai pensato di farlo, ma mi è sembrato giusto accettare, specialmente in un periodo così particolare per la nostra azienda. Sarà una grande occasione per affiancare chi ha grande esperienza nel settore e partecipare attivamente alle decisioni che ci riguardano: un aspetto che fino ad oggi non avevo mai avuto modo di approcciare così da vicino e quindi un’esperienza importante a livello personale.

Ada Vending è socia di Confida e recentemente Luca Amoruso è stato nominato come delegato regionale della Lombardia. Cosa vi ha spinto a dare così grande attenzione alle dinamiche associative? Luca: Bruno Mazzoleni (storico delegato lombardo, ndr) e il direttore Generale di Confida Piero Lazzari, mi hanno proposto di mettere a disposizione una parte del mio tempo per fare da portavoce per la Regione Lombar-

Dopo Confida, avete aderito anche al Consorzio Coven. Cosa vi ha spinti ad entrare in una società consortile? L’ingresso in Coven nasce dalla voglia di confrontarci con altre aziende primarie e di tornare dopo anni di latitanza ad essere in prima linea in un settore dinamico come il nostro. Condividere esperienze e risorse permette di intraprendere progetti ambiziosi che altrimenti non sarebbero alla nostra portata.

ADA ha un lungo passato, ma quali sono i vostri progetti futuri? Come vi immaginate tra cinque anni? Vogliamo crescere in modo coerente logico ed ordinato. Le acquisizioni continueranno ad essere centrali, ma a queste si affiancheranno attività commerciali mirate, basate essenzialmente su servizi aggiuntivi che abbiamo già iniziato a proporre a clienti di dimensioni rilevanti e che contiamo possano essere vincenti Il successo che speriamo di ottenere sarebbe il modo migliore di dare peso al grande lavoro che è stato fatto dalla prima generazione e per darle il giusto riconoscimento.


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GESTORI

MIAMI RISTORO LA PAUSA CAFFÈ BUONA E SOSTENIBILE

MASSIMO FERRARINI

MIAMI RISTORO È UNA DINAMICA SOCIETÀ DI GESTIONE CHE SI È SEMPRE CONTRADDISTINTA PER LA PARTICOLARE DISPOSIZIONE AD OPERARE NEL PIENO RISPETTO DEL CONSUMATORE FINALE E DELL’AMBIENTE. IL SUO IMPEGNO SI MANIFESTA IN UN SERVIZIO CARATTERIZZATO DA UN’OFFERTA ECOSOSTENIBILE COMPLETA CHE PUNTA MOLTO ALLA CURA E MANUTENZIONE DELLE MACCHINE INSTALLATE, AL FINE DI MANTENERLE EFFICIENTI E DI GARANTIRE LA QUALITÀ COSTANTE DEL PRODOTTO EROGATO.

LA SOCIETÀ È MOLTO ATTIVA A MILANO E NEL SUO HINTERLAND, OLTRE CHE NELLE PROVINCE DI MONZABRIANZA, VARESE, COMO, PAVIA E BRESCIA, MA È PRESENTE ANCHE NEL VICENTINO, NEL VERONESE E IN ALTRE AREE DEL TERRITORIO NAZIONALE, GRAZIE AD UNA RETE DI AZIENDE PARTNER. LA REDAZIONE DI D.A. ITALIA HA INCONTRATO ED INTERVISTATO MASSIMO FERRARINI, FONDATORE DI MIAMI PRESSO LA SEDE DELL’AZIENDA A VAREDO, A POCHI CHILOMETRI DA MONZA E DAL CAPOLUOGO LOMBARDO. 15


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INTERVISTA CON MASSIMO FERRARINI La distribuzione automatica è divenuta parte del tuo percorso professionale solo in tempi relativamente recenti. Come sei venuto a contatto con questo mondo? Fino ad una decina di anni fa non mi ero mai occupato di distribuzione automatica. Ho un passato d’imprenditore tessile specializzato nel canale al dettaglio ed ero proprietario di 25 punti vendita in Lombardia e di una catena in franchising con negozi dislocati in tutta Italia. Un componente della mia famiglia seguiva da tempo una piccola azienda di vending (rivendita); decidemmo di cederla ma non avendo ricevuto offerte economiche interessanti decisi di occuparmene direttamente Mi è stato insegnato che vendere, si tratti di un paio di jeans, di un bullone o di un caffè, significa seguire determinate logiche, simili per qualsiasi merceologia di prodotto, ma non conoscendo assolutamente il vending, ho affrontato questa nuova sfida professionale con la dovuta 16

umiltà e con la consapevolezza di essere inesperto. Alcuni amici vicini al mondo Lavazza ci hanno indirizzato verso l’OCS, mentre altri, che avevano delle società di rivendita, ci hanno dato ottimi consigli su come gestire l’automatico; in particolare la conoscenza di un imprenditore tra i più famosi nel mondo del vending che opera in Veneto è stata fondamentale per la mia crescita professionale. Ne è nata poi una profonda amicizia e ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per le mie scelte importanti. Abbiamo quindi messo insieme le diverse competenze derivate da conoscenti e dipendenti, scelti in base alla loro esperienza nel settore e così siamo partiti. Era il 2002. Avevamo con noi, ed è ancora a bordo, Francesco Torrisi, nostro socio da sempre, che proviene dall’omonima storica torrefazione siciliana. Durante questi anni la crescita dell’azienda è sempre stata organica? Sì, le uniche acquisizioni sono state fatte nel 2013 e prima non abbiamo mai comprato neanche un’erogazione. Siamo cresciuti

per oltre sette anni a due cifre, soprattutto con l’OCS, sbilanciando il nostro business: 70-75% di OCS e il 30-35% di tradizionale. Oggi siamo invece al 60% di tradizionale e 40% di OCS. Lo sviluppo dei primi anni nell’OCS com’è stato ottenuto? Le strategie che in passato si sono rivelate valide possono realizzate con successo anche oggi? Nei primi anni di attività ci siamo focalizzati sul telemarketing esterno, realizzando numeri impressionanti, impensabili nel mercato attuale. Siamo arrivati ad avere dodici addetti all’interno dell’ufficio dedicato e avevamo raggiunto una media importante di installazioni/mese. Oggi abbiamo dovuto ridurre il numero del personale dedicato allo sviluppo, perché i potenziali clienti sono sempre meno e abbiamo concentrato le forze vendita sulla fidelizzazione del cliente e sul customer service. La sensazione è che il cliente sia un po’ stanco. Riceve telefonate a scopo di vendita da parte di tutti e anche per questa ragione abbiamo scelto di dedicarci mag-


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giormente al servizio, al rapporto con il cliente, anche inventandoci promozioni e intraprendendo diverse iniziative. Avete subito anche voi un sostanziale calo delle erogazioni nel segmento OCS? Quali sono state le principali cause? L’OCS è in caduta libera: ormai da tre anni i nostri numeri sono in discesa e negli ultimi 12 mesi il decremento ha avuto percentuali a doppia cifra. Il calo rispecchia senz’altro questo momento di crisi, ma questo segmento del settore è stato colpito duramente anche dalla concorrenza aggressiva da parte di un competitor molto noto, che ha fatto della comunicazione il suo cavallo di battaglia e che ha scelto di gestire tutta la catena del valore: nessun distributore, nessun rappresentante, nessun agente, nessuna rivendita, solo vendita online e punti vendita brandizzati. Parliamo di Nespresso? Sì, Nespresso. Soprattutto a Milano, abbiamo perso numerose locazioni. Miami Ristoro è storicamente presente, con le proprie mac-

chine OCS, presso studi professionali di alto livello che hanno deciso di cambiare a favore di Nespresso, soprattutto per un’esplicita richiesta da parte del loro personale interno È chiaro poi che anche il nostro fornitore, Lavazza, non è esente da colpe. Nonostante questo, la mia azienda sembra una loro filiale. Il magazzino è ancora caratterizzato al 50% dal loro prodotto e dalle loro macchine e qui da sempre si “respira” il brand Lavazza. Gli ultimi tre anni sono stati difficili, ma non dimentico che nei primi sette anni di attività, grazie a questo prodotto, siamo cresciuti e abbiamo raggiunto risultati molto soddisfacenti. Credo sia giusto fare delle critiche ma anche rimanere fedele al fornitore, nell’ottica di risalire la china insieme. Cosa ne pensi del nuovo progetto Lavazza “Firma”? Si tratta di un progetto molto ambizioso, che probabilmente verrà premiato nel tempo e che, se supportato da una comunicazione adeguata, troverà il giusto posizionamento. Il si-

GESTORI MIAMI RISTORO

stema a capsule coniuga due eccellenze del made in Italy: l’espresso Lavazza e il design Pininfarina. La tradizione italiana che sposa le nuove abitudini di consumo e l’estetica contemporanea. Firma è una novità molto interessante che purtroppo sconta l’ingresso sul mercato in un momento non particolarmente felice. In un contesto economico complesso come quello attuale, quali sono le possibili strategie di un gestore? Operare in questo mercato ovviamente non è semplice. Oltre all’attenzione costante per il servizio e ad una crescente fidelizzazione del cliente, quest’anno abbiamo fatto una scelta drastica, non condivisa da Lavazza, decidendo di proporci con un prezzo aggressivo, non diminuendo di fatto il prezzo, ma facendo delle promozioni sul prodotto, cercando anche di far provare referenze meno conosciute. Questo ha sicuramente comportato una riduzione del margine ma, a mio avviso, in un contesto nel quale siamo attaccati da mercati ibridi, “non autorizzati” (negozi, rete) che praticano prezzi scorretti, 17


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la nostra promozione aveva come scopo mantenere la posizione dal cliente e così è stato, anche se naturalmente abbiamo sacrificato parte degli utili. Adesso abbiamo ripristinato il prezzo iniziale, ma è stata davvero dura e, secondo me, prima dell’inizio del 2015 non si vedranno segnali di mercato particolarmente incoraggianti. Hai mai considerato a un sistema di deconto per gestire il tuo parco macchine OCS? Quali altre soluzioni pensi possano avere una buona risposta da questo segmento di mercato? Qualche esperimento in questo senso c’è stato, in particolare sulla nuova Lavazza EP2500. Il sistema di deconto non è presente sul parco macchine già installato, ma è su tutte le nuove installate, consegnate ai clienti più meritevoli. Ho però l’impressione, nonostante il mio ottimismo, che sia un modello di business con qualche limite. Probabilmente l’unica soluzione per questa tipologia di piccola utenza, è quella di togliere dalle loro mani soldi e cialde. Ci vorrebbe una macchina OCS con una capienza superiore alle attuali e che fosse automatica. Bisogna poi analizzare con attenzione questo nuovo modello di business, rivederne i costi, perché ci sono il passaggio dell’operatore (che oggi si limita alla consegna), gli interventi tecnici, le visite. Con Lavazza stai sviluppando un progetto Ho.Re.Ca. I risultati sono incoraggianti? Sì, siamo stati tra i primi a partire anche nel segmento Ho.Re.Ca. All’inizio il nostro solo limite è stata l’inesperienza, ma dopo aver capito meglio quali fossero le reali esigenze di questo segmento, i risultati sono stati soddisfacenti. Ad esempio abbiamo compreso che questi operatori si trovano quasi sempre a dover gestire molte erogazioni concentrate in particolari fasce e che necessitavano quantomeno di una macchina con doppio beccuccio, esigenza prontamente arginata da parte di Lavazza, che ha montato i doppi gruppi sulle macchine e risolto il problema. I titolari degli esercizi Ho.Re.Ca., soprattutto quelli che realizzano poche decine di consumazioni al giorno, comprendono quanto possa essere importante per loro dotarsi di una macchina 18

a cialde monodose? La mia idea è che il mercato dei ristoratori non sia ancora del tutto maturo. Il cliente evoluto, con il locale “giusto”, capisce che il caffè non è un palliativo finale, ma la degna chiusura di un pasto eccellente e che non si può sbagliare. Facendo un parallelo musicale, se fai un buon pezzo ma poi sbagli il finale, vanifichi tutta l’esecuzione. Il ristoratore attento lo capisce, gli altri guardano solo al costo più alto. Invece, nei ristoranti non c’è la figura professionale del barista, oltre al fatto che una maggiore scelta in fatto di miscele sarebbe un vantaggio per operatori e consumatore finale. Il segmento potrebbe crescere, ma deve cambiare la mentalità, la cultura del ristoratore. È quasi incredibile constatare che ci sono ristoratori di altissimo profilo che privilegiano il prezzo a dispetto della qualità! Mentre nella fascia medio-alta, dove c’è il ristoratore che va in cucina, c’è una cultura diversa. Perché anche se ha un certo numero di dipendenti è lui a fare gli acquisti, è sempre “sul pezzo” , conosce la materia prima e sa correttamente valutare l’importanza di un buon caffè espresso. L’assistenza nell’Ho.Re.Ca. è molto impegnativa. Quali strategie è possibile adottare per dare un buon servizio al proprio parco clienti? Con le macchine Ho.Re.Ca. i problemi non mancano mai, noi cerchiamo di risolverli 365 giorni l’anno e, soprattutto nei weekend o la sera, siamo sempre pronti ad intervenire. Lasciamo comunque a tutti i nostri clienti una EP2300 a supporto, per gestire le emergenze. Siamo stati comunque molto aiutati in questo campo. La divisione tecnica Lavazza ci è stata sempre di supporto. Siamo andati a Torino per i corsi di formazione e loro sono venuti più volte in azienda, quindi abbiamo fatto un’ottima formazione dedicata alle macchine Ho.Re.Ca. Quale percentuale del vostro business rappresenta oggi l’Ho.Re.Ca.? Rappresenta circa il 3% del fatturato. È forse l’unico segmento che potrebbe avere grandi possibilità di crescita. Lavazza è un fornitore ideale per l’Ho.Re.Ca., gli operatori sposano bene il prodotto, la macchina e ne apprezzano la qualità. Che copertura territoriale ha oggi Mia-

mi Ristoro? Milano è il fulcro della nostra attività, però arriviamo fino a Bergamo, Como, Varese e Monza-Brianza. Nel Lodigiano e nel Cremasco serviamo una grande catena GDO. In Veneto abbiamo investito quasi due anni fa creando a Meledo di Sarego (Vicenza) una nuova struttura che si chiama “Dedicata”. Siamo andati a capitalizzare un po’ di conoscenze che avevamo nel territorio per i distributori automatici e poi siamo partiti con il progetto OCS. Rispetto agli inizi, ci siamo senz’altro ingranditi. Il mercato veneto è molto diverso da quello lombardo? Il mercato vicentino/veronese è più fertile del milanese, perché per quanto riguarda il segmento OCS ha risentito sicuramente meno dell’influenza Nespresso. Oggi in quell’area riusciamo ancora a fare clienti di prestigio, anche se è vero che se ne perdono altri a causa della concorrenza sul prezzo. È necessario essere in grado di affrontare a viso aperto il cliente e cercare di trovare condizioni vantaggiose per entrambi, altrimenti il rischio di perderlo è davvero alto. Con quale strategia commerciale realizzati nuovi clienti nel Veneto? Abbiamo affrontato l’OCS in quest’area attraverso la strategia commerciale del “porta a porta”. L’operatore lascia la macchina e le cialde e torna dopo una settimana… È un sistema vecchio, non abbiamo inventato nulla e si basa sul contatto diretto con il cliente, ma qui in Veneto funziona e non sono molti a farlo. Probabilmente in altre aree geografiche sarebbe un fallimento, ma in questo territorio le risposte sono positive e sono convinto che questa piccola realtà sia pian piano destinata a crescere. Miami Ristoro è molto attenta alle tematiche legate alla responsabilità sociale di impresa. Come è nata la tua collaborazione con AVIS? Questa partnership è nata prima di tutto da un interesse personale, sono un donatore di sangue da tantissimi anni. Inoltre una delle nostre società (Movi&Co n.d.r.) opera nell’ambito della comunicazione visiva e, ogni anno, all’interno di un evento che organizziamo dal 2002, abbiamo dato ad un’associazione no profit l’opportunità di presenziare gratuitamente, perché lo


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riteniamo un modo concreto di fare la nostra parte e dare un aiuto a chi realmente lo merita. In pratica regaliamo un video, uno spot: ad esempio oltre ad Avis, abbiamo, realizzato spot per Lega ambiente, Lega del filo d’oro, Terres des hommes (adozione a distanza) e per la Regione Abruzzo post terremoto, per incentivare il turismo. Nel corso di uno dei convegni sulla comunicazione audiovisiva che con la mia struttura di comunicazione organizzo ogni anno, ho avuto come ospite il Direttore Generale di AVIS Milano (una delle realtà più grosse sul territorio nazionale per numero di donatori), Sergio Casertelli e con lui, chiacchierando, mi sono chiesto perché non applicare questo tipo di ragionamento anche al vending, innanzitutto mettendo a disposizione quello che ho, ovvero qualche migliaio di clienti OCS e qualche centinaio di clienti nel tradizionale con i loro dipendenti. Concretamente, come aiutate l’AVIS? Cerchiamo in primis di introdurre le unità mobili all’interno delle aziende in cui

siamo presenti, per fare sensibilizzazione. Se andiamo avanti così, in Italia il sangue si dovrà comprare: nascite in calo, popolazione che invecchia, incremento demografico dovuto solo agli extracomunitari, che non sono idonei donatori, stanno drammaticamente facendo diminuire le scorte di sangue. Ci vorrebbe un’opera di educazione alla donazione che partisse dalla scuola elementare, come nel Regno Unito. Qui non c’è e quindi diamo il nostro contributo in questo senso. Sabato 11 ottobre abbiamo organizzato direttamente in azienda un evento che prevede due unità mobili, perché non solo i nostri, ma anche i dipendenti delle aziende del circondario, daranno l’esempio, donando. È una cosa che non costa molto, ma che a livello personale fa stare bene. I miei ragazzi hanno accolto con entusiasmo la proposta, cercando di veicolare il messaggio all’interno del loro giro di clienti. Siamo partiti con questo progetto ma ci sono molte altre iniziative: dedicare loro una spirale, creare un gadget (tshirt, portachiavi), venderlo dando loro

GESTORI MIAMI RISTORO

il ricavato e, grazie a macchine vending evolute, anche pubblicizzare le iniziative e il messaggio AVIS attraverso touch screen. Inoltre, forniamo colazioni ai donatori presso la sede AVIS di Milano e offriamo ai nuovi clienti Miami Ristoro la possibilità di devolvere un percentuale dei nostri incassi per questa nobile causa. Recentemente abbiamo promosso anche “Innovation Running”, la marcia non competitiva organizzata da AVIS che ha coinvolto circa 20.000 persone a Milano. Sei considerato un pioniere del vending ecosostenibile. Puoi spiegare brevemente quali sono le iniziative che porti avanti per supportarlo? Attrezziamo le aree ristoro nel rispetto dell’ambiente e del consumatore, attraverso una scelta attenta di prodotti, macchine e soluzioni. E, secondo me, facciamo ancora poco! Occupandomi anche di comunicazione, vedo che ormai tutte le aziende hanno comparti specializzati che si occupano esclusivamente di ecosostenibilità. Noi del vending siamo un po’ in ritardo su 19


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questo discorso, ma dovremo iniziare a farlo, perché diventerà per le società di gestione un elemento di differenziazione importante, soprattutto sulle grandi locazioni. Naturalmente i costi non saranno più gli stessi. Il gestore potrebbe fare informazione anche con il touch screen e con i display sul distributore. Ci sono ancora problemi a livello tecnico, ma si risolveranno. I prezzi sono ancora alti, ma sono destinati a diminuire, perché i distributori automatici saranno tutti di classe energetica A+, mentre oggi la domanda è troppo bassa. Bisogna diffondere valore e cultura. Gestori, fabbricanti, grandi Gruppi e società di servizi: è compito di tutti educare i consumatori. Questa attenzione deriva anche da una tua convinzione personale in tema di rispetto dell’ambiente? Nel mio piccolo cerco di fare quello che coscientemente tutti dovremmo. M’impegno a smaltire correttamente i rifiuti, attraverso la raccolta differenziata e a sprecare di meno. Non sono un ambientalista “talebano”, applico semplicemente il buonsenso e Miami Ristoro, inevitabilmente, è influenzata da alcune mie idee personali. Oggi fare un buon ecosostenibile costa e il costo bisogna ripartirlo ai clienti. Come ci riuscite? È davvero complicato. Ci scontriamo anche con un periodo di crisi in cui, dati alla mano, a parità di prezzo e soprattutto di utenze, i consumi sono calati. Quindi in certe aziende in questo momento, un aumento di prezzo per l’ecosostenibile sarebbe davvero un rischio, anche se l’interlocutore, a livello teorico, fosse d’accordo.

distributori, ovviamente con tutte le attenzioni per i requisiti di sicurezza. Non facciamo ancora un grande volume, però funzionano. È un complemento, come lo sono i prodotti per intolleranze alimentari, come il gluten free. Miami Ristoro gestisce anche appalti pubblici? No. Non essendo una gestione di grande dimensione, ho sempre avuto timore di avvicinarmi a clienti che potrebbero rappresentare il 15-20% del fatturato globale. Forse ho sbagliato, potremmo cominciare anche noi, con qualche piccola struttura. Per crescere, probabilmente questa sarebbe una buona opportunità. Oggi quanto tempo dedichi al vending e quanto al resto del tuo business? Il 75% lo spendo per il vending e il 25% lo dedico alle altre attività di famiglia. L’attenzione al consumatore finale è il fulcro di questa azienda e l’hai portata con te anche in ambito consortile. Sei il presidente di Coven, sono stati questi i valori che ti hanno spinto ad accettare? Coven ha il merito di aver messo insieme un gruppo di gestioni indipendenti (che io non conoscevo, con un paio di eccezioni) con l’obiettivo di far crescere e di migliorare il vending. Dopo la presentazione del progetto da parte di

L’attenzione al cliente la concretizzi anche attraverso la gamma prodotti? Assolutamente. Siamo una delle poche compagnie di gestione ad offrire ormai da due anni frutta fresca e spremuta (con OranFresh) in abbinata ai distributori automatici. È un’attività con cui è davvero difficile fare utili, ma che dà una spinta diversa al consumo. Noi la proponiamo perché riteniamo sia un completamento di gamma che arricchisce l’offerta. Abbiamo provato anche a proporre i piatti pronti, non con le macchine dedicate, ma con un piccolo forno per il rinvenimento posto a fianco dei nostri 20

GESTORI MIAMI RISTORO

Alessandro Fontana, che ben conosce le dinamiche di questo settore, molte aziende hanno sposato quelle che erano linee comuni di pensiero e hanno deciso di trasformare l’idea in una realtà. Abbiamo costituito Coven cercando di innovare un settore stanco, fatto di imprenditori non solo anagraficamente avanti con l’età, ma soprattutto vecchi di spirito, a livello di iniziative. Questa è stata la leva che maggiormente ci ha spinto: il vending è un settore che davvero necessita di innovazione. Il Consorzio raggruppa un numero importante d’imprese che realizzano un fatturato complessivo importante (circa 150 milioni di euro). Non siamo un gruppo di acquisto, questo è bene dirlo, perché non abbiamo l’obiettivo di trovare il minor prezzo, ma cerchiamo di coinvolgere anche il fornitore nel tentativo di sviluppare dei progetti specifici per Coven. Siamo sempre di più alla ricerca di un autentico rapporto simbiotico tra il fornitore e le aziende consorziate, al fine di sviluppare dei prodotto dedicati, nuovi e a marchio. Ecco, questo è un discorso che stiamo cercando di portare avanti, insieme a molte altre iniziative.



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PRODUTTORI

DRINK CUP L’ACQUA IN BOCCIONE PER CHI HA SETE DI QUALITÀ

IL MERCATO DEL VENDING PRODUTTORI

DRINK CUP È UN’AZIENDA IMBOTTIGLIATRICE D’ACQUA DI SORGENTE CHE PRODUCE BOCCIONI IN PIEMONTE E IN UN ECO-STABILIMENTO SITUATO NEL CUORE DELLA RISERVA NATURALE DELLA GOLA DEL FURLO, TRA LE MONTAGNE DELLE MARCHE. ACQUISITA NEL 2007, L’AZIENDA È OGGI UNO DEI LEADER DEL MERCATO NAZIONALE DEI BOCCIONI E DEI WATERCOOLER. L’INNOVAZIONE E LA GRANDE ATTENZIONE PER LA QUALITÀ DELL’ACQUA SONO I TRATTI DISTINTIVI DELL’AZIENDA, IMPEGNATA A GARANTIRE UN PRODOTTO COSTANTE SEMPRE NEL PIENO RISPETTO DELL’AMBIENTE. 22

I BOCCIONI, PRODOTTI INTERAMENTE IN PET MONOUSO, VENGONO DISTRIBUITI ANCHE DA UNA SOCIETÀ DEL GRUPPO NATA DIECI ANNI FA: JOOG, CHE COMMERCIALIZZA EROGATORI PER LA DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA TRA I QUALI SPICCA AQUADRATO, UN EROGATORE DAL FORMATO RIVOLUZIONARIO CHE CONIUGA IL DESIGN ESCLUSIVO A GRANDI INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E CHE PUÒ OSPITARE I BOCCIONI “QUADRATI” DRINK CUP. D.A. ITALIA HA INTERVISTATO PRESSO LA SEDE DI SANT’ANNA DEL FURLO, COMUNE DI FOSSOMBRONE (PU) MARCO FERRERO, AMMINISTRATORE DELEGATO DELL’AZIENDA.


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INTERVISTA CON MARCO FERRERO Sei un operatore storico del vending e il tuo percorso nel settore è iniziato molti anni fa. Quando la tua azienda ha deciso di dedicarsi anche alla produzione dei boccioni da 18 litri? Siamo diventati produttori nei primi anni ’90, dopo essere stati per anni rivenditori per il vending di boccioni imbottigliati da terzi. I difficili rapporti con il produttore che ci riforniva ci ha spinti a renderci autonomi. Abbiamo comprato un primo impianto per realizzare boccioni in policarbonato e abbiamo posizionato la li-

nea all’interno di uno stabilimento di proprietà di alcuni nostri conoscenti. Quando abbiamo incominciato a produrre i risultati sono stati decisamente inaspettati: nel giro di soli tre anni siamo arrivati a realizzare numeri molto interessanti, pari a circa un milione di boccioni/anno. Quando siete passati alla produzione esclusiva di boccioni in PET monouso? La nostra produzione continuava ad aumentare e il policarbonato cominciava a dare alcuni problemi, soprattutto legati al recupero dei vuoti. In alcuni casi infatti, i boccioni venivano riutilizzati in modo improprio e riempiti con i più disparati prodotti, dal vino al gasolio. Il materiale plastico che veniva re23


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stituito, poiché cauzionato, assorbiva tutti questi odori, creando oggettive difficoltà in fase di lavaggio. Questo ci ha portati, nel 1998, alla decisione di passare alla produzione di boccioni monouso, anche in questo caso con ritmi di crescita molto superiori alle aspettative. Poco tempo dopo abbiamo acquisito Drink Cup decidendo di mantenere e utilizzare questa ragione sociale come nostro principale marchio distintivo. Prima dell’acquisizione con quale marchio vi presentavate? La prima etichetta commercializzata è stata “Sincera”, poi diventata “Stella del Monviso”, per dare un taglio deciso al passato e far passare il concetto che c’era stato un cambiamento notevole, non solo della forma del contenitore, ma proprio del modo di lavorare. Avete adottato il boccione monouso per dare ai vostri clienti maggiori garanzie igieniche? Usate questa caratteristica per avere un vantaggio competitivo sul mercato? Nonostante fossimo gli unici produttori di boccioni monouso non abbiamo mai usato quest’arma commerciale, perché non sentivamo di averne bisogno. L’utilizzo del PET offre una garanzia igienica che il policarbonato non dà, soprattutto alla luce di alcuni studi recentemente condotti da prestigiose università americane come quelle di Los Angeles, che hanno dimostrato la convenienza e i gli indubbi vantaggi del monouso. In che modo viene smaltito il PET monouso e chi se ne occupa? 24

Noi siamo disponibili a ritirare i vuoti, purché vengano compattati. Forniamo ai nostri clienti una pressa per rendere possibile il trasporto e abbiamo ideato un sistema di triturazione per rendere il sottoprodotto trasportabile. Purtroppo avremmo bisogno di una normativa specifica a supporto, perché nel momento in cui un boccione viene triturato diventa “rifiuto speciale”, con le complicazioni che ne derivano in fase di trasporto e smaltimento. Noi guardiamo alla questione anche con il cappello di Joog, la società che gestisce i watercooler e distribuisce i boccioni all’utente finale, attraverso la quale ritiriamo i vuoti dei nostri clienti (in questo caso integri) e li portiamo nei depositi, dove abbiamo i trituratori. Un’azienda esterna, autorizzata al trasporto, viene in azienda a ritirare i rifiuti. Avete sempre avuto una grande attenzione all’ambiente arrivando a costruire a Fossombrone uno stabilimento ecocompatibile che viene portato ad esempio in tutte le Marche. Cosa vi ha spinto in questa direzione? L’ecologia e l’ambiente sono sempre stati al centro della nostra filosofia produttiva. È un aspetto che ci sta davvero a cuore. Quando abbiamo iniziato ad operare a Fossombrone, all’interno della Riserva Naturale della Gola del Furlo, un paradiso incontaminato in provincia di Pesaro Urbino, abbiamo completamente ristrutturato lo stabilimento per renderlo ecocompatibile. Il rispetto dell’ambiente che ci circonda ci viene restituito attraverso la purezza dell’acqua, che ha un bassissimo contenuto di nitrati, inferiore a 10 mg/l, indice di assenza inquinamento antropico ed industriale. Siamo orgogliosi che


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oggi il nostro stabilimento sia portato come esempio virtuoso di ecosostenibilità, tanto che anche il telegiornale regionale si è occupato di noi. Quali sono stati gli step operativi e progettuali che vi hanno consentito di ottenere questo importante risultato? Per prima cosa, sono stati eliminati dal ciclo produttivo quasi tutti i prodotti chimici. Utilizziamo unicamente l’ozono per la sanificazione dei boccioni prima dell’imbottigliamento e per sanificare i macchinari (imbottigliatrice ecc.), mentre i detersivi, i detergenti e i prodotti chimici vengono impiegati solo dove strettamente necessario e indispensabile, ovvero per la pulizia dei pavimenti, il lavaggio mani o le docce dei dipendenti. Il secondo passo è stato recuperare tutto il calore possibile generato dagli impianti (compressore, refrigeratore degli stampi, ecc.) per riscaldare lo stabilimento durante l’inverno. Questo sistema ha ridotto la spesa del combustibile destinato al riscaldamento di oltre il 95%. Il 5% rimanente viene impiegato solo per scaldare l’acqua delle docce e, al mattino, nei mesi invernali, per generare il calore necessario all’inizio dell’attività. Abbiamo anche un sistema per la sanificazione dei serbatoi a ciclo chiuso. Il sanificante utilizzato viene recuperato in una vasca e può essere successivamente impiegato per altri cicli. Non per speculare sui 50-100 litri di acido paracetico, ma per evitare che vada ad inquinare le acque reflue. Tutto questo è dimostrato dai campionamenti che preleva la Forestale, che prima era in stabilimento almeno una volta al mese e adesso quasi non viene più,

perché siamo considerati “non inquinanti”. Un altro investimento, forse il più oneroso in termini di spesa, è stato il rifacimento di tutto il lastrico solare, realizzato montando sul tetto un impianto fotovoltaico integrato. I pannelli solari sono stati posizionati con un’inclinazione molto bassa che li fa rendere un po’ meno rispetto al loro potenziale, ma in questo modo non sporgono dal capannone, elemento essenziale per un complesso che è pur sempre posto all’interno di un parco naturale e che ne deve rispettare l’estetica. Il ricorso all’energia solare vi rende autonomi dal punto di vista dei consumi energetici? Con questo impianto siamo in grado di produrre quasi il 90% dell’energia elettrica dello stabilimento. Abbiamo ridotto la bolletta energetica da una media di 2530.000€ a meno di 2.000€ al mese e quasi azzerato l’impatto ambientale. Come si raggiunge l’alta qualità in un comparto naturale come quello dell’acqua? Soprattutto cercando. Quando siamo arrivati, questo stabilimento aveva un’unica sorgente, una sorgente storica, che sgorga in modo naturale da un bacino sotterraneo. Negli anni abbiamo intrapreso diverse ricerche con la collaborazione di geologi locali ed effettuato parecchie perforazioni. Dopo qualche anno abbiamo trovato tre nuove captazioni che danno origine a due qualità di acqua abbastanza diverse, una decisamente più “leggera” dell’altra. Il pozzo che oggi utilizziamo per riempire i nostri boccioni si trova a circa 260 m di profondità e questo fa sì

PRODUTTORI DRINK CUP

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Caffè Toscano

è prodotto e distribuito da Grillo Pods Services Srl Via Leopardi, 18 - 57126 Livorno Tel/Fax +39 0586 403515 www.caffetoscano.it info@caffetoscano.it


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che le acque siano protette da più strati di argilla. Oltre alla ricerca di acqua di ottima qualità, certificata dall’Università di Torino attraverso prelievi stagionali, abbiamo installato all’interno dello stabilimento un laboratorio di analisi in cui lavora a tempo pieno una biologa qualificata, che presso di noi ha conseguito il dottorato di ricerca. Grazie al suo lavoro, il laboratorio è accreditato a svolgere analisi anche per soggetti terzi. Il laboratorio interno permette di effettuare le analisi sull’acqua non una volta al mese, come ci richiede la legge, ma anche tutti i giorni, più volte al giorno. Oltre alle analisi sulle acque eseguiamo tamponi ambientali, ovvero controlli delle cariche batteriche del pavimento, sui macchinari, ecc., per controllare il più possibile tutto il ciclo produttivo. Possiamo garantire un’acqua sicuramente costante e di altissimo livello. Quanto è importante distribuire l’acqua attraverso un watercooler che ne rispetti la qualità? L’erogazione è fondamentale. Dopo aver messo a punto tutto il ciclo produttivo abbiamo fatto una seria analisi su tutti i refrigeratori presenti sul mercato e abbiamo visto che la maggior parte di essi sono prodotti di bassa qualità, che offrono una scarsa possibilità di essere sanificati correttamente, intervenendo in tutte le parti che entrano a contatto con l’acqua. Molti refrigeratori non consentono questo tipo di sanificazione, perché hanno tubi e rubinetti fissi e non hanno serbatoi estraibili. Questo ci ha portati a far progettare e produrre Acquadrato, un cooler realizzato con il nostro design e con i nostri stampi. Per la produzione ci siamo rivolti a Ebac, un’azienda leader inglese. Dopo qualche resistenza, Ebac ha accettato di realizzarlo per conto nostro e abbiamo avuto la soddisfazione di ricevere la richiesta da parte del produttore di poter essere lui stesso il rivenditore del nostro cooler per le nazioni in cui non siamo presenti sul mercato. È la prova che il nostro erogatore è di ottima qualità. Abbiamo un kit di sanificazione estraibile sterile e monouso che permette di sostituire serbatoio, pompa dell’acqua, filtro dell’aria e rubinetti in pochissimi secondi. In quali formati producete oggi? Perché avete deciso di progettare un boccione quadrato? I formati che stiamo utilizzando sono due: il 10 litri, destinato ai piccoli uffici o alla famiglia e il “classico” 18 litri, che ricalca il five gallons americano. La forma quadrata del boccione è nata da un’esigenza tecnico/pratica di ottimizzazione della logistica.

Il formato quadrato vi ha portato dei vantaggi? Il boccione quadrato in PET ha rappresentato una vera e propria rivoluzione logistica per l’intero settore. Questo formato consente di ottimizzare il trasporto, perché i boccioni restano impilati meglio nei furgoni e non rischiano di sporcarsi o ammaccarsi, con ripercussioni negative sul prodotto finale. Questo formato ha un costo di produzione leggermente superiore rispetto al boccione classico, perché richiede una maggiore quantità di plastica. La proforma che utilizziamo pesa circa 390 g, mentre con il boccione rotondo si può scendere tranquillamente sotto i 350. Il costo dei PET è alto, oltre 1.200€/t., ma come contropartita registriamo un’efficienza sia in termini di trasporto che di logistica, mai avuta prima: a parità di spazio in magazzino, siamo passati da 4.500 a 7.000 boccioni stoccati, 2.500 unità in più, quindi gran parte di questo costo viene recuperato. Il boccione quadrato inoltre ci ha distinti in modo netto dai diretti concorrenti e lo scorso anno siamo stati premiati dall’università UCLA-Anderson School of Management di Los Angeles come prima azienda al mondo per l’innovazione sul packaging. Avete deciso di mantenere due linee produttive dedicate, una per i 10 e una per i 18 litri, cosa che non fa nessuno dei vostri competitor. Come mai? Sicuramente questa scelta comporta un impegno di capitale maggiore, ma dà un’efficienza produttiva superiore. Produrre tanti formati con un singolo impianto genera sempre problemi, perché quando andiamo a cambiare un formato non cambiamo forma, ma dimensioni e tutta la linea va regolata: l’imbottigliatrice, l’etichettatrice e i vari nastri, Il risultato è che per parecchi giorni abbiamo una produzione poco efficiente e con una difettosità elevata. Con le linee separate noi abbiamo una produzione pressoché perfetta e siamo riusciti a ridurre i difetti di produzione al di sotto dello 0,3 per mille. Quali sono i numeri del vostro stabilimento di produzione? Lo stabilimento ha una superficie totale di 7.000 mq. I 4.000 mq destinati allo stoccaggio, interamente arredati a scaffali e percorribili dai mezzi di trasporto, permettono di ospitare e gestire correttamente oltre 250.000 boccioni. La posizione centrale dello stabilimento a livello geografico, facilita indiscutibilmente la nostra rete di distribuzione. La produzione avviene su due turni, a partire dal mese di maggio fino alla fine di settembre e su un turno solo durante l’inverno. Lavorando su due turni produciamo oltre 15.000 pezzi al giorno.

PRODUTTORI DRINK CUP

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Quali zone d’Italia riuscite a coprire a livello commerciale? Drink Cup, attraverso Joog e le sue consociate, ha depositi in tutta Italia per assicurare la distribuzione diretta su tutto il Territorio. La nostra idea di deposito diretto viene dalla partecipazione ad appalti di carattere nazionale come Enel e altre aziende di primaria importanza, che richiedono la consegna diretta da parte del fornitore, non accettando subappalti, con eccezioni per le consegne in luoghi eccessivamente scomodi da raggiungere. Avete spinto molto nella direzione dell’innovazione tecnologica, automatizzando gli impianti. Siete soddisfatti di questo salto tecnologico? Siamo decisamente soddisfatti di questa nostra scelta strategica. Abbiamo automatizzato moltissimo la produzione, riducendo le maestranze al minimo, non per una speculazione fine a se stessa, ma per un’ottimizzazione della produzione. Più il ciclo produttivo è automatizzato, più la qualità è elevata. Ogni addetto allo stabilimento rappresenta una possibilità in più di distribuire batteri o contaminazione, quindi meno persone ci sono all’impianto, minori saranno le possibilità che il prodotto venga compromesso in qualche modo. Con quali etichette e quali marchi affrontate oggi il mercato? I nostri marchi principali sono Drink Cup e Stella. Oltre a Drink Cup e Stella, c’è un terzo marchio, Joog, che è l’etichetta per i nostri depositi diretti, quella con cui partecipiamo alle gare di appalto. Inoltre abbiamo diversi marchi commerciali, che diamo ai nostri principali clienti per evitare conflitti “di zona”, qualcuno lo abbiamo dato addirittura in esclusiva. Quando è nata Joog, la vostra società di distribuzione? Joog, la società legata a Drink Cup e che distribuisce erogatori a rete idrica e per i boccioni, è nata cinque anni fa. Grazie ad una serie di acquisizioni ed a una forte crescita organica, è arrivata ad avere dieci filiali sul territorio nazionale e diverse partecipazioni che consentono di distribuire il prodotto in maniera diretta e capillare in tutta Italia. Ad oggi contiamo oltre 25.000 erogatori installati. Il vostro parco macchine è di ultima generazione o deve essere rinnovato? Abbiamo un parco macchine che rispecchia la media italiana, perché deriva da acquisizioni. Lo stiamo cambiando facendo ogni anno notevoli investimenti, anche per introdurre Acquadrato, la nostra colonnina di proprietà, che consente di offri-

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re al cliente un servizio di alto livello. Questo non aiuta solo noi, ma anche i gestori vending con cui collaboriamo che, attraverso il rinnovo delle apparecchiature, possono fidelizzare il cliente. Joog ha siglato degli accordi di collaborazione con qualche gestore del vending? Sì, abbiamo stretto accordi con alcuni gestori indipendenti, al di fuori dei grandi gruppi, che ci vedono di buon’occhio perché non siamo legati a nessuno. Il watercooler a volte può essere il “cavallo di Troia” del gestore, quindi è molto importante per lui sapere che il suo partner commerciale non ha conflitti d’interesse e collabora sempre in maniera trasparente ed onesta. La sanificazione dei watercooler ogni quanto viene effettuata? Dipende molto dall’ambiente in cui è posizionato il cooler. La sanificazione in un ufficio, con ambiente pulito va effettuata ogni sei mesi, come da HACCP. In ambienti particolarmente contaminati o in luoghi come officine, laboratori o ancora luoghi in cui si fuma, è consigliabile effettuarla ogni 3-4 mesi. Per ogni bicchiere di acqua erogato, ne entra uno d’aria. Se entra aria non pulita, l’acqua viene contaminata. Joog applica un canone ai suoi clienti? La nostra attività di distribuzione diretta attraverso Joog si basa sulla fornitura del prodotto e del servizio di sanificazione (due volte l’anno) a fronte del pagamento di un canone. Il canone è necessario per garantire la qualità del prodotto e delle procedura di sanificazione. Le aziende del comparto che non hanno in passato applicato i canoni, tendenzialmente hanno pagato questo errore anche con la chiusura dell’azienda. Senza questo contributo fisso non c’è possibilità di futuro, perché i cooler diventano vecchi e vengono sostituiti con altri di bassa qualità o vengono lasciati nella locazione ben oltre il loro ciclo naturale di vita. Gli operatori sono costretti a lavorare male. Tutte queste cose portano a perdere il cliente, perché se noi presentiamo una colonnina obsoleta, sporca o che si presenta male, un boccione prodotto senza attenzione, l’acqua contenuta viene vista come di pessima qualità. Alla fine, il danno è di molto superiore all’investimento in erogatori di buona qualità. Dove si cambia la colonnina, in linea di massima, è più semplice applicare un canone, perché si giustifica un aumento del prezzo. Il boccione potrebbe diventare, in un futuro, un centro idrico

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per nuove soluzioni come il coffee water system? Siamo stati probabilmente i primi a proporre il boccione come alimentazione per le macchine del caffè. L’idea è nata per risolvere il problema di un nostro cliente che ha una gestione in Val d’Aosta, dove c’è un’acqua con residuo altissimo in termini di sali minerali. In qualche località abbiamo acque che superano anche i 40 gradi francesi, il che si traduce in un intasamento delle caldaie in pochissime battute. Ho personalmente costruito un’apparecchiatura, un sistema da affiancare al distributore automatico per installare il boccione. Alimentando la macchina con un’acqua di buona qualità e basso residuo fisso si avrebbe anche la possibilità di aumentare il prezzo del caffè. Dal punto di vista operativo non va tralasciato l’aspetto importante della longevità della caldaia, perché questa soluzione ridurrebbe tutti i problemi legati al calcare, eliminando anche l’utilizzo dei filtri che, se non sostituiti con regolarità, possono provocare danni al distributore. Perché, a tuo parere, una macchina di questo tipo finora non ha trovato il giusto spazio? Quando andiamo a erogare un caffè, un tè o una cioccolata, l’ingrediente principale, pari al 95% della bevanda, è l’acqua, perché dei 7 g di caffè contenuti in una capsula in pratica estraiamo solo l’aroma. Se abbiamo un’acqua con degli odori o dei sapori strani, il prodotto non potrà essere gradevole. Per un buon espresso, l’acqua utilizzata deve essere costante, controllata e di ottima qualità. Ci vuole un imprenditore che dica:

“il mio caffè viene fatto solo con acqua di sorgente” e ci vuole una rete distributiva funzionante con dei gestori che credano nel progetto. Le potenzialità esistono e noi mettiamo a disposizione la nostra esperienza, ma per realizzare un progetto del genere ci vorrebbero dei partner in grado di sviluppare numeri importanti.


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EVENTI

EVENTI

TRIESTESPRESSO 2014 LA FIERA PROFESSIONALE DELL’ESPRESSO CHIUDE I BATTENTI CON IL MIGLIOR RISULTATO DI SEMPRE IL PORTO FRANCO VECCHIO, ANTICO SCALO TRIESTINO HA OSPITATO, TRA GIOVEDÌ 23 E SABATO 25 OTTOBRE I PADIGLIONI DI TRIESTESPRESSO 2014, TORNANDO AD ACCOGLIERE IL CAFFÈ, GLI OPERATORI E L'INDUSTRIA CHE VI RUOTANO ATTORNO. LA MANIFESTAZIONE, ORGANIZZATA DA ARIES IN COLLABORAZIONE CON ASSOCAFFÈ TRIESTE, QUEST'ANNO PER LA PRIMA VOLTA SI È INFATTI 30

SVOLTA PROPRIO ACCANTO AI MAGAZZINI IN CUI VENIVA MOVIMENTATO IL CAFFÈ GIÀ A FINE '800. UNA FIERA BIENNALE GIUNTA ALLA SETTIMA EDIZIONE CHE VALORIZZA L'IMPORTANTE CLUSTER PRODUTTIVO DELLA CITTÀ: TRIESTESPRESSO È IL PIÙ IMPORTANTE APPUNTAMENTO DEDICATO AL CAFFÈ ESPRESSO, PATROCINATO DA ICO (INTERNATIONAL COFFEE ORGANIZATION), L'ORGANISMO DI RIFERIMENTO PER TUTTI COLORO CHE LAVORANO NEL SETTORE DEL CAFFÈ.


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170 espositori da 20 paesi a popolare l'area espositiva con una

dei coreani, veri entusiasti dell'espresso italiano, mentre si sono

selezionata presenza di molti dei più prestigiosi brand di riferi-

registrate presenze da paesi come Malesia, Curaçao, Arabia

mento per il settore: ecco i protagonisti della settima edizione di

Saudita, Georgia, Iran, Kazakistan, Azerbaijan, Sud Africa, Nuova

TriestEspresso Expo.

Zelanda, Gabon solo per citarne alcuni. Un chiaro segnale che

Sono stati 10.782 i visitatori professionali che da 80 paesi sono

il caffè espresso è sempre più internazionale e prosegue il suo

giunti in fiera, pertanto continua il trend di crescita dell'evento

processo di diffusione in tutto il mondo.

che segna un +5.3% sui risultati già positivi del 2012. TriestE-

I due profili più rappresentati tra i visitatori sono torrefattori, e

spresso si conferma l'evento dedicato al caffè espresso di rife-

importatori/distributori di caffè, macchine, macchinari o acces-

rimento per l'area dei Balcani e per l'Europa Centromeridiona-

sori per la filiera, nel 48% dei casi fanno parte del management

le, ma parallelamente aumenta la partecipazione dall'Estremo

dell’azienda e la maggioranza ha un ruolo attivo nelle decisioni

Oriente e da nuovi mercati. Sempre nutrita la rappresentanza

d’acquisto: TriestEspresso dunque, è una manifestazione che 31


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attrae visitatori con un profilo molto qualificato o che giungono

frire concrete opportunità di business.

in fiera proprio per formarsi o aggiornarsi, come nel caso del-

Inaugurata giovedì 23 ottobre dal presidente della Camera di

la nutrita presenza dai Paesi Arabi, in particolare Emirati Arabi

Commercio di Trieste Antonio Paoletti e dai saluti delle autorità

Uniti, in cerca di formazione sull’espresso, per rispondere alla

locali, la fiera ha poi ospitato la conferenza d'apertura con Mas-

domanda in crescita del loro mercato interno che ha buone po-

similiano Fabian, presidente Associazione Caffè Trieste, Patrick

tenzialità specie per il settore del “coffee to go”. Produttori di

Hoffer, presidente Comitato Italiano Caffè, Robério Oliveira Sil-

caffè verde, marchi leader produttori di caffè tostato, di macchi-

va, executive director International Coffee Organization, Furio

ne da caffè, macchinari, accessori e servizi: tutto il meglio del

Suggi Liverani, presidente Trieste Coffee Cluster.

made in Italy e non è stato presentato con le ultime novità. Due

Di seguito, alcuni interessanti spunti di riflessione emersi dalla

le caratteristiche distintive: focalizzarsi sull'espresso (non sul

conferenza di apertura e dalla tre giorni di lavori triestina, ricca

caffè in generale) ed essere una fiera professionale, quindi of-

di momenti di approfondimento.

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> IL MERCATO DEL CAFFÈ

cui circa 950 milioni di euro destinati all’esportazione. L'Italia

Quanto pesa il settore del caffè, in Italia e nel mondo? E quali le tendenze e le prospettive da attendersi nell'immediato futuro? Sono partiti da qui gli approfondimenti settoriali di TriestEspresso Expo. Per l'occasione, Hoffer ha diffuso i nuovi dati del mercato del caffè, di import e export, mettendo in luce le ultime modalità di consumo degli italiani. Una panoramica sui punti di forza e sulle problematiche di un mercato, quello italiano, che è uno dei settori industriali più vivaci del food & beverage, con oltre 700 torrefazioni e 7000 addetti che lavorano nel comparto, per un giro d’affari alla produzione di 3,1 miliardi di euro, di

rappresenta infatti il 3° paese in Europa per la produzione e per l’export di caffè torrefatto, mentre, a livello mondiale, è al 4° posto (alle spalle di Germania, Belgio e Stati Uniti) nella graduatoria dei maggiori esportatori di caffè. Un mercato maturo, vivace e che cambia velocemente: il dato rilevante è che il settore del porzionato continua a crescere, rispetto al macinato moka, sostanzialmente stabile. Nei primi mesi dell’anno, le vendite di caffè porzionato hanno sfiorato una crescita del 6%.

Quali saranno le minacce da cui guardarsi negli anni a venire?

EVENTI TRIESTESPRESSO 2014

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Furio Suggi Liverani, presidente Trieste Coffee Cluster, ricono-

gnificativo incremento dei prezzi del caffè dalla fine del 2013

sce nei fenomeni delle concentrazioni industriali una delle prin-

a oggi, durante il convegno inaugurale ha presentato una

cipali dinamiche da tener d'occhio. Oggi ci sono 4 multinazionali

stima sulle produzione del prossimo anno. 145,2 milioni di

che controllano il 60% del mercato USA e il 40% del mondo. La

sacchi è la cifra prevista, in cui si rileva, però, un significati-

produzione di verde si sta concentrando: il commercio della ma-

vo scostamento dall'arabica al robusta (robusta +6%, arabica

teria prima è in mano a 7 gruppi, la logistica in 2. Di contro, il

-4%). Rimane il punto interrogativo sul raccolto del Brasile,

mercato italiano è molto frammentato, con circa 700 aziende di

mentre in via di ripresa quello della Colombia. Buone noti-

medie e piccole dimensioni”.

zie anche sul fronte dei consumi con 155 milioni di sacchi e una previsione di crescita complessiva del 2% all'anno a

D'ampio respiro il quadro delineato da Robeiro Olivera Silva.

spalmarsi sia sui mercati emergenti, che i tradizionali che

L'executive director ICO, partendo dalla presa d'atto del si-

gli esportatori.

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EVENTI TRIESTESPRESSO 2014



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> IL CONSUMATORE E LE ABITUDINI DI CONSUMO

E, a proposito di abitudini d'acquisto, dall'elaborazione dei dati

Forti bevitori di caffè, soprattutto nero e al bar, ma senza competenze specifiche e poco fedeli al marchio. È in sintesi il profilo del consumatore di caffè che è emerso dai dati di Tasting&Testing raccolti a Trieste dal Centro Studi Assaggiatori e FIPE in occasione di TriestEspresso Expo, presentati nella giornata conclusiva della manifestazione. L’indagine rappresenta per gli operatori, l’opportunità di fare un confronto tra molte miscele ma è anche ideale test per individuare i caffè che piacciono di più ai clienti per avere un quadro di quali sono e come mutano le abitudini di acquisto e di consumo.

2012 (quelli 2014 sono ancora in fase di raccolta) risulta che

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l'80% nel scegliere la marca del caffè si orienta su diversi brand. La modalità di scelta, per la maggioranza (55,68%) è quella di testare diversi tipi per poi giudicare. Un dato che farebbe pensare a un consumatore accorto che non si lascia guidare semplicemente dall'abitudine. La formazione all'assaggio è molto bassa (17% “contro” il 30% che emerge da inchieste simili in ambito enologico). Ciò significa che il consumatore di caffè non ha competenza sull'assaggio e di conseguenza fa difficoltà a discriminare sulla qualità. È quindi necessario fare un salto di


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qualità attraverso la formazione del personale e l'informazione

ma necessita di un rilancio della qualità e del servizio, spesso

e formazione della clientela”. Incoraggiante il risultato secondo

compressi da una competitività serrata e dalla presenza di re-

cui per la maggioranza bere un caffè non nasce dalla necessità

altà poco qualificate lungo tutta la filiera produttiva e distribu-

di tenersi svegli o di ricevere una sferzata d'energia, ma per il

tiva. Nel corso del convegno dal titolo “Il valore della tazzina”,

39,73% rimane soprattutto un piacere dei sensi.

organizzato da FIPE, sono state suggerite risposte e proposte per le sfide attuali e future del mercato grazie agli interventi di

> IL VALORE DELLA TAZZINA

studiosi, economisti e dei protagonisti della filiera del caffè. Al

Su un punto l'attenzione del consumatore e dell'operatore inevi-

centro dei dibattiti è stata inoltre la qualità dell'espresso. È sta-

tabilmente si incontrano: sul prezzo della tazzina, ovvero quanto

to infatti presentato il progetto di promozione della candidatura

vale il prodotto in tazza e quanto è giusto farlo pagare a chi lo

dell'espresso a patrimonio immateriale dell'Unesco. Giorgio

consuma. Il caffè tiene come prodotto di larghissimo consumo

Caballini di Sassoferrato, motore dell'iniziativa, ha introdotto il

EVENTI TRIESTESPRESSO 2014

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neo-fondato Consorzio che ha come obiettivo quello di conse-

sting, tecniche di preparazione...), sono stati organizzati anche

guire questo risultato e a cui hanno già aderito prestigiosi brand

mini-corsi dedicati ai manager e agli imprenditori della filie-

italiani del settore.

ra, curati da Human Academy. Un'offerta formativa innovativa che mira a dare strumenti concreti da mettere immediatamen-

> LA FORMAZIONE D’ALTO PROFILO

te in pratica e da fruire in pillole, indicazioni volte a evidenziare

Tra gli eventi collaterali molti sono stati incentrati sull'alta for-

strategie innovative con cui potenziare la propria impresa, per

mazione professionale, sempre più specifica e settoriale, che

dare input e strumenti concreti con cui potenziare la propria rete

rimane un cardine nel calendario di TriestEspresso. Quest'anno,

vendita, ottimizzare i costi logistici, sfruttare le potenzialità del

accanto al punto fermo dei workshop e degli educational curati

crowdfunding. E poi ancora, una chiave di lettura su come svilup-

dalla Speciality Coffee Association Europe - SCAE che puntano

pare nuovi prodotti e nuovi business, riflettendo sui moltiplicato-

ad accrescere la conoscenza del chicco (sensorialità, cup ta-

ri di valore nella filiera del caffè.

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EVENTI TRIESTESPRESSO 2014




D.A.ITALIA 91 NOVEMBRE 2014

DTP n0 000000 — CERT. n0 000000

MONDO ASSOCIAZIONE

CSQA E CONFIDA LA PRIMA CERTIFICAZIONE DI QUALITÀ FUNZIONALE DELLE MISCELE DI CAFFÈ IN GRANI DESTINATO AL VENDING Lo standard, DTS 114-Qualità caffè per vending, unico nel suo genere, è promosso da CONFIDA e prevede la certificazione rilasciata in esclusiva da CSQA, società italiana che da più di vent’anni offre servizi di certificazione con una riconosciuta esperienza in campo agroalimentare. Tre le aziende che hanno già ottenuto la certificazione: Kimbo, COVIM e Julius Meinl. Sarà capitato a tutti, almeno una volta, di inserire una monetina in un distributore automatico, in ufficio, in un negozio, all’università e aver preso un caffè. Ebbene, grazie a CSQA e Confida da oggi si avvale di una certificazione di qualità specifica, la prima mai realizzata in Italia, per le miscele di caffè in grani utilizzate nel settore. Il caffè, oltre a rappresentare un’eccellenza italiana, è la bevanda che traina il settore della distribuzione automatica. Basti pensare che sono più di 2.400.000 i distributori automatici installati in Italia e oltre 6.000.000.000 le consumazioni erogate in un anno, pari a 200 al secondo, di cui 2.500.000.000 caffè da caffè in grani. È quindi importante che si possa riconoscere la qualità funzionale del caffè offerta dal distributore automatico. La certificazione, infatti, è applicabile a tutte le aziende che producono caffè tostato in grani destinato al vending e definisce, per le singole miscele, parametri qualitativi funzionali superiori a quelli già definiti per legge. La norma stabilisce i limiti massimi ammessi per quel che riguarda: > il contenuto di ossigeno e di umidità (dopo il trattamento di tostatura, raffreddamento e confezionamento);

LA COMUNICAZIONE DI COVIM, UNA DELLE PRIME AZIENDE AD OTTENERE LA CERTIFICAZIONE CSQA

> la presenza di rotture; > la dimensione del chicco; > l’assenza di corpi estranei.

“È per noi un grande onore, lavorare in sinergia con Confida su questo standard fondamentale per il settore del vending e unico in Italia”, ha detto Pietro Bonato, Direttore Generale CSQA, proseguendo: “L’importanza della norma è riconosciuta dalle stesse aziende che hanno richiesto sin da subito di ottenere la certificazione. Siamo certi che questo possa rappresentare un’ulteriore garanzia ai clienti della

qualità del prodotto che consumano”. “La certificazione delle miscele di caffè torrefatto per il vending rappresenta un importante passo avanti verso una generale qualificazione del settore”, ha dichiarato Lucio Pinetti, Presidente di CONFIDA, chiudendo: “CSQA, a cui CONFIDA ha già affidato la gestione del marchio di qualità di servizio TQS Vending, è il partner naturale con il quale sviluppare temi come qualità e responsabilità. Siamo certi che anche la certificazione DTS 114 sarà presto un requisito condiviso per il settore.” 41


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ANTEPRIMANTEPRIMANTEPRIMA COGES LETTORE MIFARE 2. PICCOLO FUORI, GRANDISSIMO DENTRO Il sistema Coges Engine è stato accolto con entusiasmo dal mondo del vending, anche grazie alla sua capacità di adattarsi senza sforzo alle esigenze del mercato e alle innovazioni tecnologiche. Finalità principale del sistema Engine è il pagamento presso il distributore automatico, potendo sfruttare la gamma completa di lettori cashless offerta da Coges. Da oggi questa gamma si arricchisce di un nuovo modello, il lettore MIFARE 2, presentato in anteprima a Venditalia ed ora disponibile per l’acquisto. MIFARE 2 rappresenta un decisivo passo in avanti rispetto al modello precedente grazie alla sua compatibilità con lo standard DESFire, una versione speciale del protocollo MIFARE con caratteristiche di sicurezza superiori rispetto alla versione Classic. Grazie al lettore MIFARE 2 i vostri dati personali saranno quindi ancora più al sicuro da tentativi di frode informatica. Il lettore MIFARE 2 è stato inoltre riprogettato completamente anche nell’estetica, per integrarsi al meglio con i nuovi modelli di distributore automatico. Le sue linee semplici, la scelta del policarbonato nero lucido e le dimensioni

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compatte rendono questo dispositivo un elegante punto di incontro tra design e tecnologia e rappresenta il giusto biglietto da visita nei confronti del cliente finale della vending machine. La robustezza dei materiali, i LED di stato verde e rosso e la retro illuminazione completano l’opera offrendo l’ergonomia necessaria per un utilizzo semplice ed immediato di questa interfaccia di pagamento. Insieme al nuovo lettore MIFARE 2, sono ora disponibili come supporto per il credito anche i tag MIFARE marchiati Coges, sia nella pratica versione portachiavi (“fob”) personalizzata con numero di serie univoco, sia nella versatile forma adesiva che può essere applicata su qualsiasi oggetto trasformandolo in una memoria MIFARE. Per maggiori informazioni sul lettore MIFARE 2 e sui tag MIFARE: sales@coges.eu


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ANTEPRIMANTEPRIMANTEPRIMA N&W LANCIA #HEARTOFVENDING

Per festeggiare i 20 anni di Venezia, N&W ha prodotto un pezzo unico che sarà messo in vendita con un prezzo base di 2.000 Euro nel corso di un’asta il cui ricavato andrà in beneficenza. N&W lancia #HeartofVending, un'iniziativa rivolta a tutti i clienti e i contatti del Gruppo, che saranno chiamati a partecipare all’asta benefica, che metterà in palio un esemplare della “Venezia”realizzato appositamente per l'occasione. La base d'asta è di euro 2.000 ma N&W, facendo appello al grande cuore del vending, conta di raccogliere una cifra superiore, che andrà a unirsi a un contributo una tantum versato dall'azienda. Il tutto per una buona causa: il ricavato sarà interamente devoluto a favore della ONLUS C.A.F. che aiuta i bambini maltrattati e le famiglie in difficoltà. Venezia, una macchina che ha fatto la storia del vending I festeggiamenti per Venezia sono più che giustificati: si tratta del distributore che ha segnato la svolta nel mondo del vending, facendo da spartiacque tra i vecchi modelli con gruppi in metallo, costosi e di complessa manutenzione, e una nuova generazione di macchine più economiche, semplici da gestire e con nuove funzionalità e servizi per l’operatore e l’utente finale.

Grazie alle sue caratteristiche innovative, questo distributore ha innalzato il rapporto qualità/prezzo per gli operatori, facendo decollare il mercato del vending e aprendo la strada al successo di N&W. A 20 anni dal debutto, Venezia è tuttora in produzione e continua a essere apprezzato in quei i mercati che richiedono un modello di base, semplice e funzionale. Un modello unico, da aggiudicarsi all'asta Nel corso del tempo Venezia ha conosciuto diverse evoluzioni, anche nell'estetica. L'ultima è proprio la grafica personalizzata appositamente studiata per #HeartofVending. Nei prossimi giorni saranno comunicate a tutti i clienti N&W e agli operatori del settore le modalità di partecipazione a #HeartofVending. Il ricavato dell'asta, insieme a un contributo una tantum da parte di N&W, sarà interamente devoluto all’Associazione CAF ONLUS – Centro Aiuto Minori e Famiglia, per il sostegno delle sue attività di accoglienza e cura di minori vittime di abuso e maltrattamento. CAF è una Onlus che dal 1979 opera nel settore dell’accoglienza e della cura dei minori vittime di abusi e maltrattamenti e nel sostegno delle famiglie in crisi. È attiva anche nell’affiancamento delle persone/famiglie che intendono intraprendere un percorso di affido. (per approfondimenti: www.caf-onlus.org)

BALTOM ELIVEND GROUP APERTURA NUOVA SEDE IN SPAGNA Baltom Elivend Group, società torinese di produzione leader nel settore Vending, ha aperto nel mese di ottobre una nuova sede commerciale ed operativa in Spagna: Elivend España S.L. La scelta, in considerazione delle caratteristiche commerciali ed economiche della penisola iberica, è dettata dalla strategia di

crescita dell’azienda italiana che intende così offrire sul territorio una rivendita dei propri prodotti, per un mercato ad oggi in ripresa. I gestori spagnoli, che da anni hanno dimostrato interesse per i prodotti a marchio Baltom, potranno così contare su Elivend España S.L., come punto di riferimento vicino ed affidabile.

Baltom Elivend Group, che opera sul mercato da oltre quindici anni nella produzione di Vending Corners, distributori automatici di capsule e snack e mobiletti per macchine da caffè, affronta questa nuova sfida confermando la costante attenzione ai bisogni dei propri clienti e alla ricerca dello sviluppo del business attraverso nuove importanti sfide.

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Macchine per Caffè Espresso CA-TWIN-CUPS Macchina da Caffè a 2 Gruppi per Capsule standard ø36mm. anche con SISTEMA DECONTO

PANAFE’ è un marchio Commerciale Adriatica Srl www.commercialeadriatica.com


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LIBRI

COFFEE MAKERS (MACCHINE DA CAFFÈ). 2.000 CAFFETTIERE STORICHE FOTOGRAFATE DIRETTAMENTE NELLE CASE DEI PIÙ GRANDI COLLEZIONISTI DI TUTTO IL MONDO Da un viaggio durato due anni in giro per il mondo, gli autori, anch’essi collezionisti di macchine da caffè, hanno creato una vera e propria “enciclopedia della caffettiera”. Una raccolta composta da migliaia di immagini corredata di documenti originali dell’epoca (brevetti, cataloghi, manuali, cartoline pubblicitarie, schemi di funzionamento) e dettagliate didascalie tecniche, ma anche una piacevole lettura con curiosità e aneddoti mai pubblicati prima. Quattrocento anni di storia, dalle origini della bevanda con i suoi complicati cerimoniali e i semplici utensili, fino ad arrivare alle macchine espresso elettriche di oggi. Coffee Makers è un’opera unica nel suo genere per la mole di documentazione mostrata: 2.700 immagini, 2.080 descrizioni tecniche e numerosi testi divisi nei vari periodi storici. Esaustiva per l’appassionato cultore e capace di suscitare anche nel neofita tanta curiosità intorno a questi affascinanti strumenti per il rito quotidiano del caffè. Le presentazioni, organizzate in tutta Europa, prevedono l’allestimento di una mostra temporanea. Saranno esposte molte caffettiere rare, dalle “Turche” alla locomotiva “Toselli”, dalle macchine a leva della Faema alla Moka Bialetti. Al termine di ciascuna presentazione seguirà una degustazione di caffè ovviamente preparato con le preziose caffettiere, utilizzando i vari sistemi di estrazione della bevanda. Le date degli eventi saranno presto pubblicate all’interno della sezione news del sito web www.coffeemakers.it Il libro è disponibile sul sito web “www.coffeemakers.it” e, dallo scorso 15 settembre 2014, in esclusiva in tutti i punti vendita del circuito Mondadori.

Dati editoriali Titolo: “COFFEE MAKERS”; Formato: cm 24,5x30; Pagine: 776; ISBN 978-88-9006526-2; Editore: Collezione Enrico Maltoni 1a Edizione - 2013 Italiano/English - Illustrazioni a colori Gli autori Enrico Maltoni nasce a Forlì il 2 dicembre 1970. Vive e lavora a Verucchio (Rn). Studioso e collezionista di macchine da caffè espresso d’epoca, nonché di libri antichi attinenti alla materia. Nel 2001 ha pubblicato il libro Espresso made in Italy 19011962: tre ristampe, 9.000 copie vendute. È coautore de Il libro completo del caffè (De Agostini Editore, 2005). Suoi contributi compaiono in Il Caffè (Giunti Editore, 2009). Nel 2009 ha scritto il libro Faema Espresso 1945- 2010. Nel 2012, in collaborazione con il Gruppo Cimbali, ha inaugurato a Binasco (Milano) il MUMAC, il più importante museo al mondo dedicato alla storia e alla cultura della macchina espresso da bar. Mauro Carli nasce il 2 dicembre 1961 a Cecina, cittadina costiera della provincia di Livorno, dove vive e lavora come progettista per l’edilizia. Colleziona macchine da caffè d’epoca ad uso domestico da oltre venti anni. L’interesse per il disegno industriale e per la ricerca – stimolato dagli studi universitari presso la Facoltà di Architettura di Firenze – lo porta ad affiancare al collezionismo lo studio storico e iconografico di brevetti e trattati sull’argomento, in special modo quelli pubblicati nel XIX secolo. Per completezza storica nella successione tipologica dei pezzi raccolti e dei sistemi di funzionamento la sua collezione è da considerarsi tra le più importanti e qualificate.

Enrico Ma

“Encicloped unica nel su cumentazio 2080 descri sti divisi nei pologie di c stri giorni, f case dei co

Formato: cm Prezzo: L 10 Editore: Coll 1a Edizione Italiano/Engl

“Coffee Makers. Mi riconosco nel titolo e mi sento così d Collaboratore speciale Proprio come una buona e fidata caffettiera o come una Lucio Del Piccolo macchina per caffè espresso”. (Prefa

Comitato scientifico Luciano Allasia, Ursula Becker, Ian Berna ricerca durata Capodici, due anni in giro per il mondo alla sten, Gino Bisso, Salvatore ziose macchine fotografate nelle case dei più imp clopedia composta da migliaia di immagini corredata d Thomas Leeb, Peter Schwarzwälder, Kent poca (brevetti, cataloghi, manuali, cartoline pubblicitarie dettagliate didascalie tecniche, ma anche una piacevole Bakke.

U

pubblicati prima. Quattrocento anni di storia, dalle orig complicati cerimoniali e i semplici utensili, fino ad arrivar espresso. Un’opera esaustiva per l’appassionato cultore nel neofita tanta curiosità intorno a questi affascinanti st del caffè.

Contenuti trattati: • 2.700 immagini • 60 disegni tecnici dei sistemi di funzionamento • 220 cartoline e locandine pubblicitarie delle varie epoche • 76 bolli chiudilettera sul tema del caffè degli anni 1930-1950 • 40 immagini di istruzioni di funzionamento originali • 55 immagini di brevetti originali • 35 immagini di cataloghi dell’epoca originali • 55 pagine di testi di ricerche storiografiche • 2.080 testi didascalici dettagliati

“Coffee Makers. Mi riconosco nel titolo e mi sento così da sempre: uno che fa caffè. Proprio come una buona e fidata caffettiera o come una futuribile e visionaria macchina per caffè espresso”. (Prefazione di Giuseppe Lavazza) 45



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