Arte e Luoghi | marzo 2020

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risveglio siciliano

L’artista Francesco Zavattari lancia il progetto di una versione virtuale di Poliedro

Aspettando la Primavera tra i luoghi più incantevoli della Sicilia

Anno XV - n 2 febbraio 2020 -

#restiamolegati

anno 153 numero 3 marzo 202 0

dante alighieri

il castello dentice di frasso

sulle tracce di james bond

Alla scoperta dell’antico maniero di Carovigno e della storia d’amore della contessa Elisabetta Schilippenbach e il Conte Alfredo Dentice

Per la rubrica i luoghi del cinema alla scoperta dei più bei set cinematografici naturali finiti nelle pellicole del più famoso agente segreto


primo piano

le novitĂ della casa

IL RAGGIO VERDE EDIZIONI

ilraggioverdesrl.it


EDITORIALE

Bronzino, Ritratto allegorico di Dante Alighieri, 1532-1533, National Gallery of Art di Washington DC, Usa

Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l.

Allor fu la paura un poco queta,/che nel lago del cor m'era durata/ la notte ch'i' passai con tanta pieta/. La terzina del primo canto dell’Inferno che spiega lo stato d’animo di Dante smarritosi nella selva in preda alla paura descrive il sentimento che ci accomuna dalla notte dell’8 marzo quando il presidente del consiglio ha decretato l’Italia zona rossa e il Coronavirus Covid 19 ha stravolto le nostra quotidianità. I contagi, che si diffondono in maniera esponenziale, le vittime sono diventati numeri di un primato che mai avremmo voluto avere. Le misure adottate sono state urgenti e necessarie e #restiamoacasa non è solo un appello, uno slogan da condividere sulle nostre bacheche social ma un modus vivendi, una regola da seguire scrupolosamente perché l’unica strategia possibile per spezzare la catena dei contagi. Contagi che come un effetto domino possono mandare in tilt il nostro sistema sanitario che per ora sta reggendo solo grazie allo sforzo di tanti medici, infermieri, operatori sanitari, tecnici sottoposti a turni massacranti e continuamente sovraesposti. A loro come alla protezione civile e a tutte le forze dell’ordine che per il loro impegno lodevole ma per non rendere vano il loro lavoro #restiamoacasa e atteniamoci alle misure che ci sono state indicate e rafforziamo il senso di identità e di appartenenza a questo meraviglioso Paese. Ben vengano i flash mob musicali che ci fanno riaprire finestre e balconi e scoprire che è bello come un tempo sentirsi uniti sotto lo stesso cielo da Nord a Sud. Forse l’omofobia, l’egoismo e la superficialità della nostra società aveva bisogno di uno schiaffo in pieno viso per ritrovare dentro se stessa valori come l’umanità, l’amicizia, la solidarietà. Noi di Arte e Luoghi vogliamo ripartire da qui, per questo abbiamo voluto celebrare Dante Alighieri che con la sua commedià è il simbolo dell’unità del nostro Paese. Grazie come sempre ai contributi che hanno riempito questo numero sperando che possa tenervi compagnia, come i tanti artisti, enti museali stanno facendo attraverso i social media. Questo è il lato positivo del web che azzera le distanze e ci fa sentire vicini ma vi prego #restiamoacasa e #tuttoandrabene (an.fu.)

SOMMARIO

Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo

luoghi|eventi| itinerari: girovagando i il castello di carovigno 34 |un siciliano risveglio di bellezza 50 |

impaginazione effegraphic

arte: dante nell’arte 12| #restiamolegati il progetto di francesco Zavattari 25 |

Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Raffaele Polo

musica: l’italia chiamò #restiamoacasa 91

Hanno collaborato a questo numero: Dario Bottaro, Giovanni Bruno, Stefano Cambò, Mario Cazzato, Sara Di Caprio, Sara Foti Sciavaliere, Loreta Failoni, Dario Ferreri, Giusy Gatti Perlangeli, Raffaele Polo, Francesco Zavattari Redazione: via del Luppolo, 6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it

Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si

i luoghi della parola: | i luoghi della Parola| albert einstein 24 | aspettando la fine di un incubo 25 | letteratura acchiappafantasmi 29 | curiosar(t)e: buttò 66 | noir effetto domino 78 interventi letterari|concorsi il dantedì 4 dro manzoni e il racconto della peste 48

alessan-

cinema: | libri e cinema 45 l’arte in tv 90|i luoghi del cinema : james bond dall’italia con amore 94 libri | luoghi del sapere 74-78 Parola allo psicoterapeuta 91 i luoghi nella rete|interviste| il concorso: il mare in una stanza 48 | m come miele, il concorso 72

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Numero 3- anno XV - marzo 2020


dedicata al sommo Poeta ogni 25 marZo arriva il dantedì

“ “

Da quest’anno si celebrerà Dante Alighieri simbolo dell’Italia nel mondo

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!

8 Marzo 2020. Ci sono eventi che sfuggono al nostro controllo e che mai avremmo potuto immaginare. Così succede che credevamo di essere padroni del nostro tempo e invece ci ritroviamo ad assaporare con ansia il tempo dell’attesa. Attesa in primis che si interrompa il contagio della pandemia da Coronavirus che sta mettendo in ginocchio il nostro Paese e il resto del mondo. In questo momento così carico di tensione e di angoscia per il nostro futuro non dobbia-

mo mollare però la presa e osservare con estremo rigore le indicazioni che ci sono state date, cercando di dare un nuovo senso a questo tempo che si è improvvisamente dilatato tra le mura domestiche, frenando bruscamente il ritmo spasmodico cui eravamo abituati. E allora riprendiamocele le ore, queste giornate sospese per rinnovare il nostro stile di vita e riflettere sull’importanza di ciò che abbiamo momentaneamente perso per poterlo poi assaporare

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Sandro Botticelli, Sandro Botticelli, La voragine infernale - Disegni per la Divina Commedia

con maggiore consapevolezza nel futuro. Di colpo la nostra vita è cambiata profondamente ma dobbiamo continuare a trasmettere nonostante tutto positività , cultura e arte! In

questo la tecnologia ci aiuta e possiamo continuare a restare uniti, a nutrirci di bellezza e sono convinta che questo malefico virus alla fine ci avrĂ tolto molto ma ci lascerĂ una

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Jean-Baptiste Camille Coro, 1859, Museum of Fine Arts, Boston,

lezione straordinaria e forse impareremo a pensare in modo diverso e non daremo tutto per scontato... Un abbraccio, un caffè tra amici, una stretta di mano oggi ci sembrano gesti di un mondo lontano... e percepiamo tutto il peso della solitudine ma recupereremo, impareremo a soppesare il valore dei gesti semplici che sono il sale della vita, sì recupereremo l'umanità che forse stavamo perdendo per sempre... Ricominciamo a dialogare e a guardarci negli occhi, anche se a distanza, e colmiamo oggi queste distanze riempiamole di pensieri positivi, di sogni e di speranze che forse avevamo accantonato in un angolo chissà dove persi dietro i monitor o gli schermi dei nostri smartphone. E utilizziamo la rete per fare rete per contagiarci l’uno l’altro la gioia di vivere e il senso di appartenenza. Come sta accadendo in queste ore che ci vedono riaprire finestre e balconi e cantare tutti insieme per vincere la paura e sentirci meno soli e disorientati. E allora ripartiamo dalla nostra identità culturale con il celebrare il padre della nostra amata lingua italiana, Dante Alighieri, il sommo Poeta che a partire da quest’anno sarà ricordato nel Dantedì. Un’idea nata da un corsivo del giornalista e scrittore Paolo Di Stefano, pubblicato sul Corriere della Sera il 24 aprile 2019, in cui proponeva che Dante Alighieri avesse una sua Giornata sul calenda-

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rio. La data stabilita è quella presumibilmente dell’inizio del viaggio dantesco negli inferi. Ma non sarà l’8 aprile come eravamo abituati a ritenere secondo la ricostruzione dello storico letterario Natalino Sapegno che collocava il viaggio tra l’8 e 15 aprile del 1300 anno giubilare istituito da Bonifacio VIII. Si è optato invece per il 25 marzo considerando cioè il giorno in cui sarebbe stato concepito il Cristo. Una giornata che, al di là dell’inizio delle celebrazioni in vista dei 700 anni dalla morte di Dante avvenuta il 14 settembre 1321, resterà una data per ricordare in Italia e nel mondo il genio dell’autore della “Commedia” che Boccaccio ribattezzò “Divina”. L’aggettivo perfettamente aderente alla materia trattata - il viaggio nei tre regni ultraterreni per riportare l’umanità sulla retta via del bene e della verità - comparve per la prima volta nell’edizione del 1555 curata da Ludovico Dolce e stampata da Gabriele Giolito de' Ferrari di cui conosciamo il volto grazie al ritratto eseguito da Tiziano (foto a lato). Il Comitato istituito ad hoc sta già elaborando

una serie di iniziative che vedranno un forte coinvolgimento delle scuole, degli studenti e delle istituzioni culturali. «A un anno dalle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante - ha spiegato il ministro Dario Franceschini - sono già tanti i progetti al vaglio del Comitato per le celebrazioni presieduto dal prof. Carlo Ossola. Dante - ha concluso - ricorda molte cose che ci tengono insieme: Dante è l'unità del Paese, Dante è la lingua italiana, Dante è l'idea stessa di Italia».

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La Commedia, scritta da Dante in terzine incatenate di versi endecasillabi, in lingua volgare fiorentina, tra il 1304 e il 1321 è, come la definì il critico letterario statunitense Harold Bloom, scomparso lo scorso 14 ottobre, «la più grande opera scritta in lingua italiana e uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale». Basta pensare alle espressioni dantesche che sono entrate a far parte del linguaggio comune - galeotto fu il libro e chi lo scrisse,


Gustave Dorè, Illustrazione Divina Commedia, Paradiso, Canto XXXI

...Non ragioniam di loro, ma guarda e passa, Senza infamia e senza lode, il Bel paese, il gran rifiuto, con l’animo si vince ogni battaglia; scegliere fior da fiore; tremar per ogni vena; il fiero pasto - per citarne alcune alle quale si aggiungono i tanti neologismi inventati dal Sommo - inurbarsi, indiarsi, ingemmarsi, internarsi - che arricchiscono il nostro idioma che deriva da quello della Divina Commedia. Quando Dante scrisse il poema, durante l'esilio (forse a partire dal 1304 o dal 1307) scelse la lingua volgare fiorentina ma utilizzò anche voci dialettali provenienti da altri luoghi della Tosca-

na e da altre regioni d’Italia, dal Nord al Sud, oltre che moltissime parole provenienti dal latino. Il risultato fu un poema didascalico allegorico straordinario per contenuti, con variazioni di stile e utilizzo di figure retoriche e che anche a livello linguistico rappresentava dunque l’umanità del suo tempo. Un capolavoro letterario universalmente riconosciuto e che i secoli non hanno sbiadito ma che continua ad essere oggetto di studio, di letture da Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Vittorio Sermonti, Roberto Benigni - e di traduzioni. Secondo la rassegna “Dante nel mondo”, realizzata dal

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Il prospetto del Museo Casa di Dante, fonte: https://www.museocasadidante.it/

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Sotto, il logo delle Celebrazioni per i 700 anni dalla morte,

comune di Ravenna nel 2016, si contano ben 58 traduzioni integrali della Commedia in lingue europee, asiatiche, africane e sudamericane. Riornando alla giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, il Dantedì ha raccolto l’adesione di intellettuali e studiosi e di prestigiose istituzioni culturali dall’ Accademia della Crusca, alla Società Dantesca, alla Società Dante Alighieri, all’ Associazione degli Italianisti alla Società italiana per lo studio del pensiero medievale. Già pronto il logo delle celebrazioni e soprattutto il Comitato Nazionale, presieduto dal filologo Carlo Ossola che ha avviato i suoi lavori e ha raccolto le numerose proposte di progetto che associazioni, enti locali, musei, istituti e realtà culturali intendono promuovere per ricordare questa importante ricorrenza che - parola del ministro «sarà anche grande occasione per diffondere e difendere nel mondo la lingua italiana, anche grazie allo straordinario lavoro dei nostri istituti di cultura che anno dopo anno raccolgono sempre più iscritti ai corsi di italiano». Anche Poste Italiane offrirà il suo contributo per sostenere la memoria e l’opera del sommo poeta in tutta Italia aiutando i piccoli comuni a restaurare effigi e monumenti danteschi inaugurando così una positiva collaborazione tra pubblico e privato. «Dante Alighieri - ha dichiarato Del Fante amministratore delegato di Poste italiane - è probabilmente la figura culturale più importante per la storia del nostro Paese ed esprime ancor oggi, e probabilmente lo farà in futuro per l’intera Europa, un baluardo culturale che non ha pari. Dunque non potevamo non cogliere l’occasione, sollecitata dal Ministro Franceschini, di collaborare alle iniziative che il nostro Paese metterà in campo per

ricordare la memoria e la rilevanza, oggi ancor più che mai attuale, di Dante». Per meglio contribuire al successo delle celebrazioni in programma nel 2021, Poste Italiane ha selezionato dunque settanta piccoli Comuni, che a diverso titolo sono collegati alle vicende artistiche e alla vita dell’Alighieri, tra quanti hanno richiesto un sostegno per poter realizzare iniziative specifiche, possiedono opere, sono citati nelle vicende della Divina Commedia, o sono legati alla vita avventurosa del poeta. Intanto vi segnaliamo, nell’ambito dei luoghi nella rete il sito dedicato al Museo Casa di Dante situato a Firenze in via Santa Margherita. Collegandosi all’indirizzo www.museocasadidante.it è possibile conoscere virtualmente il Museo, già chiuso per lavori oltre che per effetto del decreto presidenziale dell’8 marzo scorso. Navigando nelle varie sezioni del portale si scopre che esso si articola su tre piani ognuno dei quali affronta una tematica diversa che illustra, attraverso un percorso espositivo, la vita privata del Sommo Poeta, la sua attività politica, il suo esilio, fornendo inoltre informazioni sulla Firenze medievale. Vi consigliamo anche la visione dell’originale cortometraggio scritto da Stefano Massini sul canale youtube del Museo. L’edificio in cui esso è collocato non è però quello trecentesco dove nacque il Poeta poiché andato distrutto. Nel primo decennio del Novecento l’attuale edificio fu ricostruito nel luogo in cui «secondo una memoria popolare tramandatasi nei secoli ha sempre indicato il gruppo di case nei pressi della Torre della Castagna come “case di Dante”». La nascita dell’istituzione museale si deve nel 1960 quando in previsione del settimo centenario dantesco, l’Unione Fiorentina ottenne la concessione di istituirlo nella casa

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Alcuni ambienti del museo e reperti (fonte: www.museocasadidante.it):

di Dante, all’epoca occupata da uffici comunali. Progettò e allestì dunque gli spazi museali che aprirono al pubblico nel maggio 1965 grazie al contributo di alcuni Enti benemeriti e di personalità di spicco del mondo della cultura tra cui l’insigne dantista Francesco Mazzoni. Prendeva vita così un luogo della memoria per continuare a divulgare Dante, poeta linguista, teorico politico e filosofo e le sue opere letterarie. L’apertura del museo fu garantita dalla collaborazione tra Comune di Firenze e Unione Fiorentina fino al 1990 anno in cui fu necessario chiudere la struttura per alcuni lavori di restauro. Riaperto nel maggio 1994 un ulteriore ristrutturazione e l’abbattimento delle barriere architettoniche rese necessaria la chiusura dal 2002 al 2005 anni in cui il materiale espositivo venne conservato in un deposito che fu però distrutto da un incendio. Si dovette pertanto progettare un nuovo museo seguendo i criteri della moderna museologia e puntando sull’aspetto storico-didattico e grazie alla sinergia ancora una volta tra Unione Fiorentina, Enti e privati, il museo riaprì nuovamente il 27 settembre 2005. Passata l’attuale emergenza, il museo riaprirà e continuerà la sua missione di divulgazione dell’opera dantesca proprio come sarà destinato a fare, lo ricordiamo, ogni 25 marzo, il Dantedì come suggerisce il neologismo coniato con il linguista Francesco Sabatini.

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Palazzo dell'Arte dei giudici e notai, affresco, Firenze

dante nell’arte. iconografia del Padre della lingua italiana Sara Di Caprio

I mille volti del Sommo Poeta. Così gli artisti di tutti i tempi ritrassero l’autore della Divina Commedia

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l 25 Marzo ci sarà il primo “Dantedì” una giornata nazionale dedicata al poeta della Divina Commedia che tanto ha dato alla letteratura e all’arte. Il 25 marzo secondo gli studiosi iniziò il suo viaggio negli inferi, “nel mezzo del cammin di nostra vita” e con il suo peregrinare ha dato forma non solo all’Inferno, Purgatorio e Paradiso ma anche alla lingua e alla letteratura italiana rendendola immortale. A 700 anni dalla sua morte Dante Alighieri fa riflettere ancora sull’identità culturale del paese, è un simbolo dell’Italia stessa oltre ad essere il padre della lingua italiana. Ma che aspetto aveva Dante? Boccaccio, nel “Trattatello in laude di Dante”, ci restituisce una descrizione del suo aspetto fisico. Era di mediocre statura, reso

curvo dal passare degli anni, aveva degli occhi grandi e il naso aquilino, un colorito bruno e folti capelli neri e una barba ispida. E proprio quel naso aquilino è diventato l’attributo iconografico che meglio inquadra da subito il sommo poeta. Il ritratto più famoso, infatti, è senz’altro quello di Sandro Botticelli, eseguito nel 1495 e impresso in tutti i libri di scuola. Il pittore rinascimentale lo ritrae di profilo, rendendo ben evidente la curva del naso e, in testa, il lauro poetico, simbolo di gloria, avvolto in una veste rossa. Botticelli aveva una vera passione per il sommo poeta, ha infatti illustrato per anni l’inferno dantesco. Il ritratto più antico di Dante, invece a sorpresa, non ricalca la descrizione iconografica tradizionale. Si trova nel Palazzo dell’Ar-

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Dante e il suo poema, affresco di Domenico di Michelino nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze (1465)

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Il Grand Hotel di Rimini

te dei Giudici e Notai o del Proconsolo di Firenze e qui non esiste il naso aquilino ma, un semplice naso lungo. Lo stato di conservazione della pittura è molto deteriorato e molti dettagli sono andati perduti come l’autore che ci è ignoto. Un altro pittore del primo Rinascimento Andrea del Castagno decide di dipingere il sommo poeta nel Cenacolo dell’ ex convento benedettino di S. Apollonia a Firenze nel 1450. L’affresco fa parte di un ciclo dedicato agli uomini e donne illustri e, di certo, Dante Alighieri non poteva mancare all’appello. In gruppi di tre, Andrea Del Castagno raffigura celebri politici e condottieri come Pippo Spano o Farinata degli Uberti, donne profetiche come la Sibilla Cumana e letterati che hanno reso immortale la fama di Firenze. Assieme a Petrarca e Boccaccio, dunque, non poteva mancare il nostro Dante ammantato di rosso, che sembra quasi uscire dalla cornice marmorea in cui è inserito, staccandosi di netto dallo sfondo, con gli immancabili libri stretti nella mano destra. Probabilmente per celebrare il secondo centenario dalla nascita del sommo poeta, nel 1465, poeta viene commissionato a Domenico di Michelino nel cuore di Firenze, cioè nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, un affresco che si intitola “La Divina commedia illumina Firenze”. L’artista raffigura Dante con il suo poema tra le mani, mentre lo spiega alla città sullo sfondo, ben visibile è la cupola del Brunelleschi e compare anche la visione dei tre regni dell’aldilà e il monte Purgatorio. Nel pieno Rinascimento l’urbinate

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Gustave DorĂŠ, Illustrazione del Canto I dell'Inferno, Divina Commedia, Dante e la pantera, (fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Inferno_Canto_01)

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Gustave Doré Illustrazione del Canto I dell'Inferno di Dante. Nella didascalia in basso leggiamo: (EN) «In the midway of this our mortal life, / I found me in a gloomy wood, astray» (IT) «Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura», 1861

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Bronzino, Ritratto allegorico di Dante Alighieri, 1532-1533, National Gallery of Art di Washington DC, Usa

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Andrea del Castagno, "Ritratto di Dante", 1450

Raffaello Sanzio, di cui quest’anno ricorrono i 500 anni dalla morte, ha inserito Dante nel famoso affresco della Disputa del Sacramento, nelle Stanze Vaticane, ricalcando l’iconografia consueta e mettendogli in testa l’alloro. Lo inserisce nella parete dedicata alla teologia, e soprattutto nella parte inferiore dedicata alla chiesa militante tra teologi, dottori, pontefici e Santi a testimonianza della sua reputazione. Agnolo Bronzino rappresenta, nel 1530, un ritratto molto intimista del poeta fiorentino, avvolto in un’aurea di mistero con il libro aperto verso il fruitore, ma con lo sguardo rivolto altrove, verso il monte del Purgatorio e, forse, anche oltre a ricercare un’altra terzina perfetta. Non solo Rinascimento, Dante ha influenzato anche l’arte del Romanticismo. Gustave Dorè, pit-

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tore e incisore francese oltre che litografo esperto, si dedica ad illustrare la Divina Commedia di Dante, restituendo in pieno il gusto romantico dato al viaggio, carico di simboli, alla ricerca del virtuosismo tecnico e del pathos. Anche Eugène Delacroix sarà affascinato dal Sommo Poeta, che rappresenterà sulla Barca assieme a Virgilio e al demonio Flegias mentre superano lo Stige, verso l’infuocata città di Dite. Dante viene rappresentato con sgomento e raccapriccio mentre cerca di proteggersi dai dannati immersi nell’acqua fangosa e che si mordono a vicenda. Virgilio invece cerca di infondere coraggio al discepolo tenendogli salda la mano. Un’opera olio su tela, esposto al Salon del 1822 e oggi visibile al Museo del Louvre di Parigi. E l’arte contemporanea come ha elogiato il sommo? Salvador Dalì si dedica nel 1960 alle illustrazioni della Divina Commedia. Le 100 xilografie sono una delle maggiori espressioni del metodo pittorico “paranoico-critico” dell’artista surrealista. Il viaggio di Dante diventa per Salvador Dalì un

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Eugène Delacroix, La Barque de Dante, 1822, olio su tela, 189×246 cm, Musée du Louvre, Parigi

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Salvador Dalì, Dante in dubbio, xilografia, 26x33 cm, tratta da La Divina Commedia, 1951-60

viaggio nel suo stesso inconscio, lasciando libero spazio ai fenomeni causati dal suo delirio per poi riemergere con contenuti razionalizzati nella fase critica. Ed ecco dunque le molli forme di “Dante in dubbio”

nella xilografia a colori dove ben distinguibile rimane l’uso del rosso e l’accenno alla corona d’alloro.

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Ritratto di Dante di Sandro Botticelli, Bibliothèque et fondation Martin Bodmer (Cologny, Suisse)

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Albert Einstein in una fotografia del 1947 Premio Nobel per la fisica 1921

albert einstein e la crisi oPPortunità di cambiamento

Sull’onda del pensiero del più brillante fisico del Novecento

i Luoghi della Parola

I

l 18 aprile 1955 Albert Einstein lo scienziato più brillante del Novecento concludeva la sua esperienza terrena iniziata - ma forse era già un segno - nel giorno del pigreco, il 14 marzo 1879, ad Ulma in Germania. Sua l’equazione più famosa al mondo “E = mc2”, fisico, filosofo e accademico tedesco naturalizzato svizzero e statunitense, nel 1905 noto come il suo personale annus mirabilis pubblicò sette importanti lavori scientifici tra cui quello della teoria della relatività. Nel 1921 ricevette il premio Nobel per la fisica «per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico» ma Einstein si distinse non solo in ambito scientifico ma anche in quello sociale, politico e culturale. Ci piace ricordare il suo pensiero sul tema della non violenza di Gandhi: «Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici del nostro tempo, le più illuminate. Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere la nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto.». E in questo particolare momento di crisi le sue considerazioni risuonano quanto mai attuali e lucide, un vero e proprio monito per ciascuno a valutare in positivo anche le avversità che incontriamo lungo il nostro

cammino. Nel suo “Il mondo come io lo vedo” (1931) si legge la sua visione sulla crisi che ritiene un’opportunità, una sorta di benedizione perché induce al cambiamento. Ricordiamo e facciamo nostro il suo pensiero. «Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall'angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce le proprie sconfitte e i propri errori alla crisi, violenta il proprio talento e mostra maggior interesse per i problemi piuttosto che per le soluzioni. La vera crisi è l'incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora; senza crisi qualsiasi vento diventa una brezza leggera. Parlare di crisi significa promuoverla; non parlarne significa esaltare il conformismo. Cerchiamo di lavorare sodo, invece. Smettiamola, una volta per tutte, l'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla.»

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immagine della campagna #iorestoacasa

asPettando la fine di un incubo Pensando al futuro

Considerazioni al tempo del Coronavirus

Q

uesta paura prima o poi finirà e ci accorgeremo ancora di più di quanto sia analfabeta una larga parte della popolazione, non si cercano più le fonti, non ci si sofferma a leggere più nulla che sia scritto in più di tre righe o non sia espresso in un meme. Non ci si vanta più di leggere un libro di studiare, di essere in grado di affrontare i problemi complessi. Un gregge impazzito che segue il santone del momento. Tifoserie di taluni omuncoli che sparano imbecillità a raffica. Inviti a non uscire e tutti sulle piste o in spiaggia. Chiudiamo i teatri e ci commentano che sia-

mo troppo allarmisti, che è solo influenza, che quel politico esagera, che il virus doveva colpire la Cina, che è inventato dai poteri forti per liberarsi degli anziani e non pagare le pensioni (i poteri forti, è noto, sono composti da adolescenti), che comunque il virus muore a 28 gradi. Quando, tra molti mesi, tutto questo sarà finito, forse potremmo riconsiderare l'importanza della cultura, dello studio, del livello di alfabetizzazione di questo paese. Intanto proviamo a seguire le indicazioni, a fare come questo fiammifero. Ognuno faccia la sua parte per interrompere il contagio. Non è difficile no?

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i Luoghi della Parola

Loreta Failoni


Nel riquadro l’artista Francesco Zavattari

#restiamolegati l’arte contro l’alienaZione Francesco Zavattari

On line il progetto dell’artista Francesco Zavattari. I social possono fare molto per fare rete nella più bella accezione del termine e creare condivisione per guardare avanti con ottimismo e non sentirsi soli

In quello che è probabilmente il momento di massima alienazione fisica dell'epoca moderna, in cui ci è richiesto (giustamente e per fortuna) di limitare al massimo la vicinanza fra persona e persona, mi sono domandato quale sia il mio ruolo di artista e comunicatore in tutto questo. La mia installazione più celebre è Poliedro, i cui fili hanno legato moltissime persone in differenti paesi del mondo. Legami, appunto, questo è il

Se solitamente il mio essere italiano è un plus che mi fa brillare per stile e riconoscimento internazionale, oggi è il marchio di una paura che In questi giorni realizzare in sale nei nostri confronti da pratica qualcosa del genere parte di chi ci guarda dall'esarebbe impossibile. Non sterno. solo: molti degli appuntamenti che mi vedevano pro- Così ho pensato di realizzatagonista all'estero nei pros- re un'installazione digitale, simi mesi sono già stati can- una versione virtuale di cellati con grossi danni anco- Poliedro per legare i volti di ra da calcolare precisamen- coloro che vorranno farne te. parte. Una serie di mosaici concetto: centinaia di metri di fili di lana tesi ovunque per connettere spazi, persone, idee, pensieri e ambizioni.

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Francesco Zavattari, Poliedro,

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per unire persone che non necessariamente si conoscono ma che oggi condividono molto più di quanto non immaginino. Per questo progetto richiedo volti esclusivamente di persone che vivono nel territorio italiano ormai interamente dichiarato "Zona protetta". Non per una forma di individualismo patriottico, ma perché se agli occhi del mondo adesso siamo il cuore del problema, agli occhi del mondo mostriamo anche di essere in grado di restare uniti.

Ecco un primo esempio realizzato grazie alla collaborazione di alcuni amici che subito hanno risposto alla mia richiesta. Grazie di cuore a tutti loro! Ognuno di voi sarà parte di mosaici digitali che realizzerò io stesso e magari, chissà, alla fine di questo momento così difficile, ne trarremo materiale per una vera mostra in cui trovarci tutti insieme e abbracciarci durante un grande vernissage. Invitate i vostri amici, le vostre persone e chiunque vogliate. Al contrario di quanto avviene negli spazi fisici in questi giorni, qui più siamo e meglio è.

L'idea è bastata sui due concetti principe di Poliedro: "restare" e "legarsi", dal loro insieme nasce l'hashtag #restiamolegati. Nel breve video in rete e sulla homepaPer coloro che ge della nostra rivista vogliono partecipare un ulteriore spiegaa questo progetto zione del progetto chiedo semplicemente di inviare un pro- h t t p s : / / w w w. f a c e prio selfie, in qualche book.com/zavattari/vi modo accompagnato deos/252403274116 dall'hashtag. Una 8004 foto a testa che potete inviare nella mes- # r e s t i a m o l e g a t i saggistica privata di #zavattari #poliedroquesta stessa pagi- restaora na.

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I giovani novellatori del Decameron in un dipinto di John William Waterhouse, A Tale from Decameron, 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool

I LuOGhI DELLA PAROLA

la letteratura acchiaPPafantasmi Giusy Gatti Perlangeli

Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro della paura

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osa fare quando la paura ci attanaglia da settimane e l’infodemia ci rende più insicuri e, paradossalmente, meno informati? Come reagire di fronte alle immagini degli scaffali vuoti dei supermercati, alla penuria di disinfettanti liquidi o in gel, alle dichiarazioni talvolta antitetiche di questo o quel virologo? Ognuno cerca la propria comfort zone, il proprio piccolo rituale per sentirsi, se non protetto, almeno non troppo a rischio, al fine di custodire il bene e chiudere fuori

il male. Ci si rassicura gli uni con gli altri anche sulla base di nulla, ci si scambia consigli empirici, giusti, sbagliati, contraddittori, si sdrammatizza con battute, si condividono meme su whatsapp per strappare una risata prima del bollettino delle 18. La mia è deformazione professionale, lo ammetto: sono andata a cercare i precedenti letterari. Sono tanti. Mi limiterò solo a due, celeberrimi: Boccaccio e Manzoni. Non intendo certo ridurre la diffusione del Coronavirus a una mera dimensione letteraria. Il

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I LuOGhI DELLA PAROLA

COVID-19 non è letteratura, ma sicuramen- biografica della “Peste Nera” che colpì te (quando riusciremo a contenerlo e lo Firenze (e l’intera Europa) nel 1348. All’inavremo collocato nell’archivio del tempo) terno della narrazione si configura immediapotrà produrre letteratura. Forse sarà un tamente la contrapposizione tra gli “appecontagio culturalmente fecondo questo: stati” e i “sani”, i dieci novellatori che isolati genererà storie, pensieri, racconti, romanzi in una villa nel contado fiorentino per non e poesie. Forse sta già accadendo. cedere alla paura, si raccontano storie d’aProbabilmente è già nato l’embrione di un more e di varia umanità. Per ricostruire una altro capolavoro: un libro che le generazioni società in cui il degrado morale ha temporafuture leggeranno in formato digitale. neamente preso il sopravvento, puntano È già accaduto, il passato ce lo conferma. Il tutto sulla letteratura (o, come si direbbe celeberrimo «Decameron» di Giovanni Boc- oggi, sullo storytelling). Boccaccio stigmacaccio nacque proprio dall’esperienza auto- tizza la totale mancanza di compassione e


Scena del capitolo XXXIV dei Promessi Sposi illustrata da Francesco Gonin. «Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta». «No, disse, devo metterla io su quel carro.» «Voi, passando di cui verso sera, salirete a prendere anche me.» «Rientrò in casa e, un momento dopo, s’affacciò alla finestra... stette a guardare quelle così indegne esequie, poi disparve.»

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di pietà verso i contagiati: non esistono più i legami familiari e i malati vengono abbandonati al loro destino. I poveri muoiono per strada, i servi derubano i padroni ammalati; i funerali sono solitari e le sepolture effettuate in fosse comuni. «E lasciamo stare che l’uno cittadino l’altro schifasse e quasi niuno vicino avesse dell’altro cura e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano: era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito; e (che maggior cosa è e quasi non credibile), li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano». Dall’orrore è nato il Decameron, il miglior esempio di prosa in lingua italiana, un documento sociale prezioso, un’opera immortale. Da Alessandro Manzoni possiamo ricavare una preziosa lezione da applicare alla situazione odierna: a proposito delle reazioni alla peste del Seicento, invita a non limitarsi a valutazioni troppo superficiali e frettolose e a ragionare bene prima di aprire bocca. Nel capitolo XXXI de «I promessi sposi» «Si potrebbe… osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell’altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire». Troppo facile lasciarsi andare ai pregiudizi, alle discriminazioni, alle condanne più o meno esplicite contro i presunti “untori”. I parallelismi con la situazione attuale sono numerosi e inquietanti. Osserviamo come Manzoni descrive come i medici arrivano alla diagnosi definitiva dell’epidemia tra mille contraddizioni e la voglia di non vedere ciò che oramai era palese: «Medici opposti alla opinione del contagio, non volendo ora confessare ciò che avevan deriso, e dovendo pur dare un nome generico alla nuova malattia, divenuta troppo comune e troppo palese per andarne sen-

za, trovarono quello di febbri maligne, di febbri pestilenti: (…) In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto». Pensiamo all’ostilità che noi italiani e, prima ancora i cinesi, avvertiamo chiaramente: «La città già agitata ne fu sottosopra: i padroni delle case, con paglia accesa, abbruciacchiavano gli spazi unti. […] I forestieri, sospetti per questo solo, e che allora si conoscevan facilmente al vestiario, venivano arrestati nelle strade dal popolo, e condotti alla giustizia. Si fecero interrogatòri, esami d’arrestati, d’arrestatori, di testimoni; non si trovò reo nessuno: le menti erano capaci di dubitare, d’esaminare, d’intendere. […] S’era visto di nuovo, o questa volta era parso di vedere, unte muraglie, porte d’edifizi pubblici, usci di case, martelli. Le nuove di tali scoperte volavan di bocca in bocca; e, come accade più che mai, quando gli animi son preoccupati, il sentire faceva l’effetto del vedere». Quando si è spaventati si cerca ogni modo per esorcizzare quei mostri che non aspettano più il buio per manifestarsi. Tuttavia, il mistero, l’inspiegabile, il confronto/scontro con “l’altro”, possono diventare il fondamento di un atto creativo: la paura genera l’arte. E l’arte è capace di trasformare la malattia in racconto, il terrore in romanzo, il dolore in poesia, per rischiarare il buio dell’incertezza, alleviare il macigno dei timori inconfessati, confortare dalla preoccupazione per la sorte di chi amiamo. Dalla letteratura possiamo imparare tanto sul passato e sul presente. La letteratura ci dà lezioni di umanità e ci invita a restare umani.

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Il Castello Dentice di Frasso a Carovigno, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere

castello dentice di frasso ed elisabetta schliPPenbach

Storie l’uomo e il territorio

Sara Foti Sciavaliere

A Carovigno l’amore di una contessa austriaca e controcorrente

Il castello Dentice di Frasso sorge in posizione eccentrica a ridosso del centro storico di Carovigno (Br), su un promontorio che domina la fascia costiera che si estende da Torre Canne a Brindisi, ben avvistabili dall’alto delle sue torri. La struttura si presenta a pianta triangolare, con una torre quadrata sul vertice orientale, una cir-

colare su quello occidentale e una “a mandorla” sul vertice a nord. Questa costruzione è un gioiello inaspettato nel panorama dei castelli di Puglia, anzi già varcando il cancello del cortile interno, sul fronte posteriore, si rimane impressionati dalle sue architetture e dall’atmosfera che rimanda ad altri luoghi, e ad altri tempi.

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Castello di Carovigno, sala di rappresentanza, particolare, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere

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Storie l’uomo e il territorio

Il primo nucleo del castello, con ogni probabilità di origine normanna, è da identificarsi nella torre quadrata a forte controscarpa adiacente Porta Ostuni. Sul lato sud, a ridosso della torre, doveva svilupparsi il “palatium” descritto nell’Inventario di Maria d’Enghien del 1440. Le fabbriche successive a questa data insistono sulla zona nord, inglobando in una struttura triangolare sia la torre quadrata normanna, sia quella circolare, forse aragonese. Il torrione a mandorla posto sullo spigolo nord-est fu fatto costruire, tra XV e XVI secolo, dai Loffreda, feudatori di Carovigno in quell’epoca come testimoniato dalla presenza dell’arma di matrimonio di Pirro Loffreda, murata nella stessa torre. Pare che i costruttori della torre a mandorla di Carovigno abbiano per certi versi emulato l’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, che in Puglia, a fine del XV secolo, sopraintendeva alla costruzione delle piazzeforti di Taranto, Otranto, Gallipoli e Brindisi. Tutte queste fabbriche e dunque anche quella di Carovigno, risentono del clima innovativo che ha investito, tra Quattrocento e Cinquecento, l’arte delle fortificazioni. A partire dal XVII secolo, però, venuta meno l’esigenza difensiva, il castello iniziò ad assumere i connotati di una residenza gentilizia ad opera delle nobili famiglie che ne ebbero possesso e tra di esse figurano i Caputo, i Serra, i Costaguti, i Castaldi, i Granafei e gli Imperiali. Nel 1792 fu acquistato dalla famiglia Dentice di Frasso del beneventano, divenendo dono di nozze per i conti Alfredo Dentice di Frasso ed Elisabetta Schlippenbach, che ne avviarono un’ulteriore ristrutturazione nel 1906. Fra gli interventi di quel periodo c’è quello “integrativo” affidato all’ingegnere Marshietzek, che sul coronamento fa ricostruire “in stile” le merlature, le caditoie e alcune parti della tessitura muraria; si costruì, infine, un loggiato sugli spalti e un portico-altana a sei archi che affaccia sul cortile interno.




Storie l’uomo e il territorio

Nella pagina precedente prospetto Castello Dentice Frasso, in questa pagine Biblioteca del Contef, oto di Sara Foti Sciavaliere

Per volontà della contessa Elisabetta, inoltre, il castello venne dotato di uno straordinario parco all’italiana, che richiamava in scala ridotta quelli delle regge europee, e per accedervi venne creato anche un cunicolo sotterraneo per collegarlo il giardino adiacente e l’orto botanico attiguo. Nel 1926, al fine di risollevare l’economia del paese, i Conti realizzarono una Scuola di filatura e tessitura all’interno del complesso residenziale, che restò in funzione fino agli anni Cinquanta e produsse stoffe rinomate in tutte il mondo e note come “stoffe di Carovigno”. Tra il 1909 e il 1961 il castello fu frequentato da ospiti illustri, tra i quali figurano lo scienziato Guglielmo Marconi e il re d’Italia Umberto di Savoia. La residenza diventerà poi proprietà della Provincia di Brindisi e concessa in uso al Comune che, dopo aver completato i restauri, ha destinato la struttura a museo e biblioteca, e quest’ultima tra gli oltre 11mila volumi conserva una nutrita sezione di storia locale. I luoghi non solo si rac-

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in basso ritratto della Contessa Schlippenbach, sotto la cartella verde, memorie della Contessa Schlippenbach, foto di Sara Foti Sciavaliere


Storie l’uomo e il territorio

Castello di Carovigno, esterno, particolare; a lato particolare ingresso Biblioteca del Conte, foto Sara Foti Sciavaliere

contano ma diventano cassa di risonanza delle storie di chi hanno ospitato e sicuramente tra i nomi fatti nel parlare del castello di Carovigno, è piena di fascino e fuori dal comune la storia di Elisabetta Schlippenbach che, dopo anni sfortunati, troverà l’amore con il Conte Alfredo Dentice di Frasso. Le sue memorie sono state ritrovate quasi casualmente, in una cartella rivestita di seta verde bordata con la stessa cordicella con cui era legata, conservate nell’Archivio Dentice di Frasso di San Vito dei Normanni tra registri contabili, giornali di cassa, fotografie, lettere, atti e contratti, testamenti e documenti di archivio vari riferiti alla famiglia, gelosamente custoditi. Sono tali memorie, scritte all’età 58 anni in lingua tedesca, a raccontarci la sofferta e combattiva vita di questa donna. Elisabetta apparteneva a una nobile casata austriaca e fu costretta a meno di 17 anni, nel 1889, per assecondare un desiderio dei familiari, a sposare giovanissima il conte John Palffy, più anziano di lei di quindici anni. Avrebbe potuto rassegnarsi ad un matrimonio senza amore, che comunque le garantiva agiatezza, relazioni di alto rango e vicinanza al loro unico figlio Paul. Dopo 10 anni di matrimonio però, con grande scandalo della famiglia di fervente credo cattolico, decise di separarsi dal marito, accettando l’imposizione dell’allontanamento dal figlio che la legge sui divorzi allora vigente in Austria le imponeva. Rischia il

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“baratro” - come lei scriverà - innamorandosi di un uomo sbagliato, tuttavia ebbe la buona sorte di incontrare l’amore di Alfredo Dentice di Frasso, che sposerà nel dicembre 1905. Sarà così che verrà a vivere nel Salento, nel castello di Carovigno, che con lei (come si poteva leggere prima) tornerà a nuovo splendore. Una donna che combatte e si oppone quindi alla mentalità conservatrice dell’epoca e che non si rassegna al matrimonio impostole e che, in nome di un amore autentico, si ribella alla logica del matrimonio come affare di famiglia.

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Castello di Carovigno, corte; foto a lato particolare di una sala di rappresentanza, foto di Sara Foti Sciavaliere

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La lettura delle memorie di Elisabetta, attraverso i suoi ricordi, offre la possibilità di ricostruire le trasformazioni della società nel suo complesso e della condizione della donna in particolare: per secoli il matrimonio aristocratico e alto borghese era da considerarsi più affini a un contratto d’affari che nulla aveva a che vedere con i sentimenti delle persone in causa, la stipula di un legame che mirava a rafforzare patrimoni e consolidare alleanze. L’affermazione del “matrimonio romantico”, ovvero della scelta del coniuge per amore ed affinità elettiva, in questi contesti sociali, è stata una conquista novecentesca. Quindi pensiamo al coraggio dimostrato nell’affrontare i rischi della sua scelta (divorziare dal primo marito) fuori ogni logica comune del tempo, tra i quali l’allontanamento dall’amatissimo figlio (il chè può ricordare i fatti che vide protagonista la scrittrice Sibilla Aleramo che racconta anche nel suo romanzomanifesto “Una donna). Elisabetta rivedrà Paul solo quando lui, diventato maggiorenne, sceglierà di vivere con lei, a Carovigno. La contessa morì ad Udine il 7 agosto 1938 in seguito a un incidente stradale.

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Un frame del film La Guerra dei Mondi

libri e cinema ma è ProPrio fantascienZa? Raffaele Polo

“ I LuOGhI DEL MISTERO

Considerazioni

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ominciamo subito con una curiosità positiva: ne 'La guerra dei mondi” di H.G. Wells, l'intera umanità si salva dall'assalto distruttivo di alieni invincibili, proprio grazie ai bacillli (del raffeddore?) che sterminano gli invasori, senza protezione verso i 'nostri' virus.... Ma proprio la fantascienza, da sempre, ha immaginato apocalittiche epidemie e pandemie, provocate quasi sempre dall'imprudenza o incoscienza dell'uomo. Questo genere letterario, che poi ha avuto un naturale sbocco nella cinematografia, ha un'idea ben precisa: ammonire il lettore su quelle che possono essere le conseguenze di esperimenti azzardati o sulle manomissio-

ni della Natura e della genetica. La fantasia, peraltro, ha registrato sorprendenti affinità con le vicende che sta vivendo la nostra contemporaneità, dimostrando che proprio l'immaginazione di grandi scrittori non è per nulla campata in aria ma, anzi, suona come una motivata ammonizione a rispettare i codici etici e morali della ricerca scientifica... Tra gli autori più vicini a questo genere di apocalittico, immaginario resoconto, annoveriamo Edgard Allan Poe, con la sua 'Morte rossa', dove è inutile il barricarsi del principe Prospero nel suo castello, lasciando che fuori imperversi questo morbo letale. Nell'impressionante finale, una maschera camuffata da 'Mor-

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te rossa', dall'orribile aspetto, suscita l'interesse e i complimenti dei partecipanti al ballo mascherato, sembra proprio vera, è realistica, dicono tutti.... ma non è una maschera: è proprio la 'morte rossa' che pone fine a tutti i festeggiamenti.... Tra i classici, ricordiamo anche Jack London che in un breve ma avvincente romanzo fa raccontare ad un vecchio, nel 2073, cosa è successo mezzo secolo prima, quando si è

diffusa 'La peste scarlatta', che ha falcidiato la razza umana. Da notare la corrispondenza delle date.... Tra gli scrittori americani che hanno pubblicato su questo argomento i loro romanzi, vanno citati certamente Richard Matheson, Michael Crichton, Stephen King, Frank Herbert, Margaret Atwood.... Con il cinema, poi, siamo addirittura a pellicole e serial profetici: come 'Contagion' (l'epi-

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Locandina del film Contagion

demia nasce in un villaggio della Cina e proviene proprio da esperimenti su un pipistrello, ma siamo nel 2011) e 'Survivors – I sopravvissuti', una serie degli anni Settanta ambientata in una Inghilterra resa deserta da un virus, fuggito da un laboratorio cinese. Di notevole interesse, per i risvolti che queste epidemie possono creare nella nostra società, cronicamente impreparata a difendersi dalle

catastrofi annunciate, ricordiamo 'La città verrà distrutta all'alba', con il tentativo dei governanti di nascondere la gravità della situazione. E poi, i famosi 'Resident Evil (del 2002) e il 'classico' 'L'esercito delle 12 scimmie' che è del 1995. Tra le curiosità, il film del 1980 'Ultimo rifugio: Antartide' dove il virus killer è creato in laboratorio e curiosamente l'epidemia si diffonde

proprio a partire dall'Italia, poiché la letale fiala col virus si rompe a seguito di un incidente aereo sulle Alpi, diffondendo la 'febbre italica'... Insomma, senza voler citare i classici di Boccaccio, Manzoni e Camus sull'argomento, si constata che l'argomento è stato affrontato molte volte, e con aderenza alla realtà. Vogliamo parlare ancora di fantascienza?

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indicato. Sono previsti premi speciali e segnalazioni. 9.Il giorno e il luogo della presentazione ufficiale dei vincitori sarà tempestivamente comunicato tramite mail a ciascun concorrente. 10. La giuria sarà formata da appartenenti al mondo della cultura, del giornalismo, dell’ANMI, della Lega Navale, della Scuola Navale Militare "F. Morosini” e dell’Associazione Nazionale Scuola Navale Militare “F. Morosini”. I loro nomi saranno resi pubblici durante la cerimonia di premiazione. Il giudizio della giuria è insindacabile. 11. La partecipazione al concorso comporta la piena accettazione del presente Regolamento; l’inosservanza di una qualsiasi norma qui espressamente indicata, comporta l’esclusione dalla graduatoria. 12. La cerimonia di premiazione si svolgerà il 26 settembre in una location istituzionale di prestigio che verrà comunicata in occasione della conferenza di presentazione della manifestazione. Info e contatti Segreteria organizzativa Associazione culturale ICARUS e-mail ilmareinunastanza@ilraggioverdesrl.it mobile. +39.3495791200

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I LuOGhI NELLA RETE | IL CONCORSO

1.I partecipanti dovranno inviare una prova di narrativa, racconto o novella, con il mare protagonista “in una stanza”. Il limite massimo di scrittura è di quattro cartelle, spazio due (2), con rigo di cinquanta battute, tipo di carattere Times New Roman, dimensione 12, entro e non oltre la data del 10 giugno 2020. Non è consentito l’invio del cartaceo, con qualsiasi mezzo. 2.Alla domanda di partecipazione, ogni concorrente allegherà una scheda, max 10 righe, con le note biografiche. 3.Il lavoro deve risultare inedito e mai premiato (e tale deve restare fino alla prima presentazione pubblica). 4.Possono partecipare al Concorso Nazionale di narrativa “Il mare in una stanza” i cittadini italiani, civili e militari, che abbiano compiuto la maggiore età alla data della pubblicazione del presente bando. 5.Tutti i racconti in concorso dovranno pervenire entro la data stabilita tramite una mail che sarà di seguito indicata. 6.I racconti selezionati saranno pubblicati su apposita pubblicazione. 7.La partecipazione al Concorso non prevede quota di iscrizione. Sarà cura di ogni concorrente, provvedere all’acquisto di un minimo di 3 (tre) copie, senza obbligo di collaborazione futura. 8.I premi consistono in: coppe, targhe e pergamene, oltre alla pubblicazione come già


Antica Chiesa Madre di Caltabellotta (AG) e veduta panoramica sul litorale fra Agrigento e Sciacca, foto D. Bottaro

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un siciliano risveglio di belleZZa Dario Bottaro

Le variazioni cromatiche del paesaggio di Sicilia aspettando la Primavera

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i sono luoghi che in determinati periodi dell’anno esprimono se stessi nella maniera più eccelsa e grandiosa, lasciando stupiti coloro i quali si ritrovano a percorrerne strade, sentieri e antiche trazzere della Sicilia. Una terra che sembra addormentarsi in alcuni mesi dell’anno ostentando un fascino

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austero, determinato da colori più scuri di quelli a cui solitamente siamo abituati. L’autunno e l’inverno fanno della Sicilia un luogo unico per atmosfera e paesaggio. Dal verde scuro dei boschi, spesso avvolti in un sottile velo nebbioso – mostrando quasi di aver perso brillantezza – al marrone delle lunghe

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distese dei campi coltivati a vitigni, mandorli, ulivi o semplicemente grandi appezzamenti di nuda terra, che fanno da collegamento tra un paese e l’altro, scendendo dai dolci declivi delle colline alle valli o inerpicandosi per le alture dei monti Iblei trapuntati dal grigio della roccia calcarea - dei monti Peloritani o delle Madonie ammantate dal fitto verde delle aree incontaminate e dell’Etna, l’incontrastata maestà di bianco vestita che domina il mare e si staglia alta e imponente verso l’azzurro del cielo. È un paesaggio povero, a tratti malinconico, quello della Sicilia autunnale e della stagione fred-

da. Eppure agli occhi dei viaggiatori essa appare di una bellezza sobria e al tempo stesso elegante e solenne. L’intensità della luce va in forte contrasto con una terra che attende l’acqua, che si spacca sotto i raggi forti del sole e che attende il suo risveglio, dettato dal tempo della natura che saprà regalare nuovamente, nel suo eterno ciclo di vita, il colore della gioia e della speranza, la brillantezza dei prati puntellati di fiori, papaveri, margherite gialle, fresie e ferule che poco a poco torneranno a primeggiare nel verde manto della terra, cambiandone completamente l’aspetto.

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Panorama dal piano della Chiesa Madre di Caltabellotta (AG), foto D. Bottaro

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Valle dei Templi di Agrigento nel periodo del mandorlo in fiore, foto G. Vespo

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Nevicata a Caltagirone, 2019, foto D. Bottaro

Veduta delle colline ai piedi dell'eremo di S. Rosalia alla Quisquina, S. Stefano di Quisquina (AG), foto D. Bottaro

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Infiorata di Noto (SR), foto D. Bottaro

Mettersi in viaggio per la Sicilia nella stagione primaverile, significa accostarsi a numerosi quanto repentini mutamenti. Ci saranno zone ancora brulle, dove è più lento il processo di rinascita, mentre in altre già verso fine febbraio e per tutto il mese di marzo, la natura esploderà in una moltitudine di colori e di profumi che non hanno paragone con altri luoghi al mondo, e così sarà fino a tutto il mese di maggio, dove la primavera – finalmente – verrà salutata in diverse città con manifestazioni importanti ed eventi culturali. Per citarne una, probabilmente la più conosciuta essendo entrata nel patrimonio dell’umanità, la grande Infiorata della città di Noto (SR) che attira migliaia di turisti da ogni parte del mondo. Dicevamo però della

fine di febbraio, i giorni del risveglio che porteranno al primo tepore di marzo e nella Valle dei Templi di Agrigento si svolge la grande festa del Mandorlo in fiore, una manifestazione che negli anni è cresciuta talmente tanto che ha travalicato i confini delle nazioni, ed ogni anno centinaia di gruppi folcloristici sfilano per l’antica via Atenea nei loro costumi tipici, per uno spettacolo del mondo, ma unico al mondo. Sul finire di febbraio e per i mesi successivi, il paesaggio naturale della valle dei Templi regala ai visitatori immagini e scorci di unica bellezza, le cui tinte variano dal bianco al rosa chiaro dei fiori di mandorlo, al giallo delle margherite spontanee che crescono silenziose e quasi timide accanto

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Alberi in fiore davanti il Duomo di S. Giorgio a Modica, foto D. Bottaro

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Mandorlo in fiore nella Valle dei Templi di Agrigento, foto D. Bottaro

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Gruppo folcloristico durante la festa del Mandorlo in fiore ad Agrigento, foto D. Bottaro

L'antica Via Sacra nella Valle dei Templi di Agrigento, foto D. Bottaro

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Ruderi dell'antico castello di Aidone (EN), foto D. Bottaro

alle rovine degli antichi templi greci, punteggiando di colori brillanti l’intero percorso della Via Sacra e le campagne circostanti che dalla valle salgono verso nord in direzione dell’antica Girgenti il cui colore predominante è quello dell’argilla e del tufo nelle varianti del marrone chiaro fino a trasformarsi nel bianco dei fregi e delle decorazioni di chiese e palazzi, celebrando la grandezza di artisti che hanno reso unico questo territorio con la loro arte. Parlando di valli – la Sicilia – anticamente suddivisa in valli denominati Val Demone, Val di Mazara e Val di Noto, si mostra con paesaggi mozzafiato in tutto il suo territorio. Se da Agrigento ci spostiamo verso est, in direzione di Ragusa, Noto e Siracusa, non possiamo imma-

ginare lo spettacolo della natura che esplode nei suoi meravigliosi colori di primavera. Qui il rosa di alcuni alberi da frutto diventa più acceso, il bianco è ancora più brillante o forse questo effetto è dato dalla coabitazione di questi elementi naturali con monumenti dal colore dorato, o di quelli realizzati con la pietra di Modica o con quel materiale lapideo chiarissimo estratto dalle antiche cave aretusee. Pietre le cui tonalità variano dall’ocra gialla al bianco rosato, al bianco splendente della pietra di Siracusa il cui opposto troviamo a pochi chilometri da questa città, nella vicina Catania che della pietra lavica dell’Etna ha fatto il suo trionfo. Questa varietà di colori coinvolge come una sinfonia i nostri sensi, frutto di un’armonia che nei secoli l’uomo ha rea-

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Tempio della Concordia nella Valle dei Templi di Agrigento, foto D. Bottaro

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Vedute panoramiche di Modica dal Castello della contea e dal quartiere di S. Giorgio, foto G. Vespo

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lizzato grazie al continuo dialogo con la natura. Una natura che è madre e figlia. Una natura che ha fatto sì che l’uomo potesse prendere il meglio da essa, rispettandone i tempi e i ritmi. Così quando la natura si addormenta nell’autunno e poi scivola lenta nell’inverno, sembra quasi di rivivere il mito che nella storia si racconta di volta in volta e che è patrimonio di tutto un popolo. Sembrerebbe quasi vivere il mito di Demetra e Kore. Madre e figlia separate da una volontà divina per sei mesi all’anno. Così, quando Kore è costretta a tornare nelle viscere della terra, il dolore di Demetra si manifesta nella desolazione del paesaggio, mentre quando ella torna tra le braccia della madre, la natura esprime orgogliosa la sua bellezza. Risplendono la gioia e la vita, il continuo rigenerarsi e rinascere con una profusione di colori e profumi che invadono ogni angolo di questa meravigliosa Sicilia.

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saturno buttò storie di Peccati e redenZioni Dario Ferreri

Un viaggio tra i luoghi e nonluoghi fisici ed emozionali dell'arte contemporanea

CuRIOSAR(T)E

«Esistono molte vie per la redenzione, non tutte sono pacifiche...» dal film Solomon Kane

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l mio primo incontro con un'opera di Saturno Buttò dal vivo risale al 7 giugno 2014, allorquando in occasione del 1St Tattoo Expo in piazza Palio a Lecce fui folgorato da "Ingrid mask", un olio su legno di circa 30x40cm, esposto da una Galleria-Studio tattoo di Salerno. Ricordo ancora il raggio di un faro che, mi si consenta l'analogia, come nella "Annunciazione" del Beato Angelico, colpiva e faceva brillare, fuori dalla maschera, gli occhi di Ingrid che, su un grande pannello di cartongesso bianco, contornata da innumerevoli opere di altri artisti italiani cari al mondo del tatuaggio, svettava sopra ogni

altra. Ci sono occasioni in cui l'arte toglie il fiato e questa è stata una di quelle. Saturno Buttò, classe 1957, nasce a Portogruaro e studia al Liceo Artistico ed all’ Accademia di Belle Arti di Venezia, diplomandosi nel 1980, anno a cui segue un decennio di personale ricerca sulla pittura ad olio nel suo studio. La carriera espositiva dell'artista inizia nel 1993, anno in cui viene pubblicata anche la sua prima monografia dal titolo "Ritratti da Saturno: 1989-1992". Da allora seguono numerose esposizioni personali (e partecipazione a collettive) in Italia, Europa e negli Stati Uniti (a New York, Los Angeles, San

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Saturno buttò, Ingrid mask

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In questa pagina: da sinistra: Saturno buttò, Blade lovers; Lola ten years old; Red mass

stralmente il macrocosmo poetico di Saturno Buttò. Molti suoi lavori sono forti, impudichi, sfrontati, violenti, disturbanti e crudeli, ma al contempo ieratici, poetici e fragili come la varia umanità che li popola, vittima e carnefice di se stessa e dei propri impulsi ed aspirazioni. Come sul sito web dell'artista (http://www.saturnobutto.com/) viene riportato, la sua opera "è caratterizzata da una personalissima interpretazione formale dell’arte sacra europea e da una perizia tecnica impeccabile, che ricorda quella dei grandi maestri della nostra tradizione pittorica. Rituali figurati, tableaux vivants, neogotiche pale d'altare sono le magistrali creazioni con cui l’artista indaga da sempre gli affascinanti misteri di una "oscura religione": quella della

CuRIOSAR(T)E

Francisco). Sinora sono tre i volumi monografici che ospitano le immagini delle sue creazioni: "Opere 1993-1999", "Martyrologium" (2007) e la sua ultima straordinaria monografia "artistico-liturgica"del 2015 : il"Breviarium humanae redemptionis (Saturno buttò 2007-2014)", che è, come egli stesso scrive nella prefazione "una liturgia della redenzione dove testi in latino accompagnano, quasi musicalmente, la visione delle tavole dipinte. In un Breviarium concepito quale compendio dell'intero 'ufficio' del mio lavoro artistico (cioè pittorico e meditativo) composto di salmi, inni, cantici, preghiere, letture e figure. Figure affondate nelle viscere della terra, eppure anelanti all'eternità delle più alte sfere celesti" Quest'ultima affermazione sintetizza magi-

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innata sensualità del corpo e della sua profonda spiritualità. In continuo conflitto tra erotismo e dolore, trasgressione ed estasi, i pregiati dipinti su legno di Buttò sviscerano la visione intransigente e contraddittoria dell’iconografia religiosa occidentale nei confronti del corpo, da un lato esibito come oggetto di culto, dall’altro negato nella sua valenza di purissima bellezza erotica. Ne scaturisce un’affascinante tensione che esalta innanzitutto la figura umana, che nella sua opera è da sempre al centro della scena. La figura umana, che nella poetica di Buttò è costantemente rappresentata come sacra, viene indagata nei suoi aspetti di decadenza fisica e psicologica, talora attraverso la presenza di strumenti e apparati medici, che da un lato comunicano il senso del dolore umano e del-

le afflizioni del corpo, dall’altro tradiscono l’utopistica, più che mai attuale, volontà di sconfiggere la morte e l’ineluttabile condizione di caducità fisica. Così una parata di splendide fanciulle consacrate da un’aura dorata, la stessa delle icone bizantine, brillano di una fisicità pienamente terrena e sensuale, ma sono avvolte da un misterioso fascino demoniaco, come votate in purezza alla distruzione e al disfacimento" Saturno Buttò è un artista fedele ai suoi principi, per il quale la pittura diventa uno strumento che fissa la memoria personale, prima che sociale e la cui ricerca artistica è in continua interessante evoluzione, giustamente sganciata dalle regole e dalle dinamiche di un mercato dell'arte commerciale. Gli epigoni visuali di riferimento dell'artista sono clas-

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In questa pagina: Saturno Buittò, Look around you; a lato: Red Wine-Sweet Skin

tro la maschera di Ingrid potrebbe infatti celarsi tanto la vicina di casa quanto un microuniverso emozionale o esperienziale individuale e/o sociale.

CuRIOSAR(T)E

sici e contemporanei, e, tranne un costante riferimento e passione per la performance artist francese Gina Pane palesato nel corso di interviste, sono tutti sempre guardati col sufficiente distacco di chi è consapevole di incarnare una cifra artistica originale. Per quanto riguarda i social, su Facebook (https://www.facebook.com/Saturno-Butto60953827784/) ha 25.000 follower, su instagram (https://www.instagram.com/buttosaturno/?hl=it) oltre 10.000. Il mio invito è quello di conoscere le opere di Buttò non facendosi "distrarre" da ciò che appare, die-

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I LuOGhI NELLA RETE | IL CONCORSO



LuOGhI DEL SAPERE

tranquilla, il romanZo di Pamela sPinelli amore e fragilità

PAMELA SPINELLI Tranquilla Il Raggio Verde edizioni 2018 ISBN-9788899679620 pp.116 12,00 €

Prima di parlare del libro Tranquilla della giornalista e scrittrice Pamela Spinelli (edito da il Raggio Verde Edizioni di Lecce), è giusto soffermarsi un attimo per ammirare al meglio la bellissima copertina opera dell’artista Nuria Arezzi. Una donna, infatti, osserva persa tra i pensieri un fiore che delicatamente sostiene da entrambe le mani come se fosse un bene che deve essere protetto e custodito. Così come la sua vita… Perché Angela, la protagonista del romanzo, ha bisogno di sentirsi ripetere la parola Tranquilla per riuscire ad alleviare tutte le insicurezze, le ansie e le paure che la tengono stretta e l’avvinghiano in quella fragilità che fa parte del suo essere profondo. Donna forte e tenace solo all’apparenza, esperta in marketing pubblicitario, sempre solare e con il sorriso gentile, si ritrova a quarantaquattro anni a fare i conti con il suo passato e con quello che è stato. Un passato dove alcune scelte sbagliate e un matrimonio non proprio felice fanno da cornice ad un’esigenza che dal profondo del suo animo riemerge e ritorna, proprio come la parola tranquilla, ogni volta che la donna ne sente il bisogno. Perché, oltre ai problemi e alle insicurezze, nella vita di Angela c’è spazio anche per l’amore. Quello con la A maiuscola che ti fa battere forte il cuore e ti tiene ancorata alla felicità fatta per lo più di momenti rubati e di pensieri ribelli. Pensieri legati ad Ernesto, un affermato avvocato di sessantacinque anni, carismatico e sicuro di sé, sposato e padre di una figlia. Un uomo così diverso da lei eppure così intrigante. Pronto a prendersi cura delle fragilità e delle insicurezze di Angela, a farla sentire tranquilla in un rapporto particolare che sembra seguire in tutto e per tutto le leggi della fisica, con i poli opposti che si attraggono e si respingono per poi attrarsi di nuovo. Perché così è successo quella fatidica sera dell’11 agosto del 1999, quando durante una cena con amici comuni, gli occhi dell’una si sono incontrati per la prima volta in quegli dell’altro. Da allora, il loro strano rapporto sarà un susseguirsi di suggestioni e ricordi, di momenti felici e spensierati e di altri lacerati dal dolore e dalla tristezza. Fino al finale inaspettato (con tanto di colpo di scena) che farà conoscere finalmente al lettore il vero volto di entrambi i protagonisti, in un turbinio di parole ed emozioni che apriranno un nuovo scenario nel cuore di entrambi i personaggi. Stefano Cambò

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LuOGhI DEL SAPERE

rossa tacco 12 asPettando il nuovo noir di Pino de luca

PINO DE LuCA ROSSA. TACCO 12 Il Raggio Verde edizioni pp.120 2020 €15 ISBN 978-88-99679-85-9

Dopo il successo de “Le rape di Santino” e “Trappole” i due volumi della tetralogia con protagonista il professore di latino e greco, Santino, e il suo migliore amico Dario “Cipolla” arriva il terzo e attesissimo noir enogastronomico di Pino De Luca intitolato “Rossa. Tacco 12”. Intrigante, divertente, dai toni chiaroscurali come quelli con cui Pino abilmente fa passare Santino dall’indagine ai fornelli. Dalle rape alle pittule, fino alle cocule. Sì perché mentre il primo libro terminava nel giorno di San Martino e il secondo si conclude alla vigilia del Santo Natale il terzo, “Rossa. Tacco 12”, finisce a Paqua come anticipa lo stesso autore nella quarta di copertina. Vicende diverse per ambientazione e per i tanti altri personaggi che dopo aver accompagnato per mano il lettore dallo sfondo di una immaginaria San Marcellino e tra le vie di Brindisi e la campagna salentina lo fanno giungere questa volta a Lecce, nella centrale piazza Sant’Oronzo. Qui in particolare, quasi una quinta scenografica ambiente primario è un ristorante ma soprattutto l’umanità che è sempre al centro della inventio narrativa di Pino De Luca. Particolare attenzione l’autore rivolge non solo alla caratterizzazione dei personaggi che si evolvono e “crescono” anche grazie alle situazioni vissute confermando il panta rei di eraclitea memoria ma anche al linguaggio che in questo nuovo lavoro non poteva che colorarsi anche del dialetto leccese. La cifra di questo periodo - lo svela lo stesso De Luca - è: «perché ci si preoccupa del giorno della morte che è uno solo e invece si glissa su quelli della vita che sono tantissimi?» Non vogliamo anticiparvi nulla se non che tra ironia e colpi di scena non mancano gli spunti di riflessione e i momenti magici quando le pagine del noir rivelando insospettabili dinamiche sociali diventano anche occasione per evocare gesti dell’arte culinaria e i profumi del cibo che è espressione dell’identità culturale dei protagonisti e del loro stesso territorio. Pino De Luca, classe 1958, nato sotto il segno dei pesci. Ha una moglie presente e due figlie lontane. Tempo fa, anche un cane. Docente di Informatica all’I.I.S. “E. Fermi” di Lecce, dopo una vita trascorsa tra scienza e peccato, approda all’E(t)nogastronomia nella quale si cimenta con la medesima pignoleria con la quale ha raccontato cose molto più serie ma anche molto più tristi. Collabora con il Nuovo Quotidiano di Puglia da svariati anni,

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scrive per VinoWay di birra e distillati ed è colpevole di numerose pubblicazioni. Dal 2018 si cimenta con il ciclo de “i racconti del Terroir” sotto la cappa della casa editrice Il Raggio Verde e le copertine di Angelo Arcobelli.

le trenta Più belle residenZe del mondo realiZZate da celebri architetti e designer

GIANNI FRANChELLuCCI ROBERTO BEGNINI Interiors of Europe & The Americas Visual Profile Books Inc. – NYC pp.272 2020 € 60 ISBN 978-1733064835

Gianni Franchellucci, il pluripremiato fotografo internazionale e il giornalista Roberto Begnini sono gli autori del libro “Interiors of Europe & the Americas”. Un libro che apprezzeranno particolarmente chi ama il fecondo connubio tra casa e design. La bellezza di trenta residenze più esclusive realizzate da celebri architetti e designer catturate grazie ad ampi panorami e dettagli intimi. Le immagini costituiscono rari tour privati che portano i lettori in viaggi mozzafiato tra Parigi, Londra, Madrid, Roma, Milano, Ginevra, Atene, New York, Washington, Filadelfia, Houston, San Francisco, Montreal, Buenos Aires, Montevideo e altri destinazioni sospese. Il design degli interni di successo è costruito da uno strato dopo l’altro di colori, trame, motivi decorativi e altro ancora. Il prestigioso fotografo e l’autore forniscono un'esplorazione incisiva degli aspetti essenziali dell'interior design. Inoltre, questo libro presenta dettagli architettonici, mobili, colori, tessuti, pavimenti, illuminazione e accessori. “Interiors of Europe & the Americas” è stato prodotto secondo gli stessi standard delle residenze che ritrae. Assemblaggio di oltre 500 fotografie a colori su 272 pagine in mostra 32 progetti. Questo è un libro che sarà apprezzato dai lettor appassionati di architettura e interior design.

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Per semPre tuo cirano il nuovo saggio di vincenZo arena

VINCENZO ARENA Per sempre tuo Cirano I libri di Icaro 2019 pp. 91 ISBN 9788895377667 € 15

Si intitola Per sempre tuo, Cirano. Un giornalista contro le mafie pugliesi, il saggio di inchiesta scritto da Vincenzo Arena, giornalista da sempre impegnato nella denuncia delle attività mafiose nel territorio pugliese edito da I libri di Icaro. Il libro è il primo della collana Sōkrátēs, curata da Annibale Gagliani, scrittore e giornalista e si prefigura come un lavoro editoriale inedito, di grande interesse sociale e storico. La prefazione è a firma di Attilio Bolzoni, giornalista de La Repubblica, che riassume l’intento dell’autore di questo saggio d’inchiesta: “Vincenzo Arena con questo lavoro tenta di andare in profondità, al di là della cronaca quotidiana e delle apparenze e lo fa, in particolare, sul tema della presenza delle mafie in Puglia. Quella Puglia in cui ci sono tante mafie, forse troppe. Non così potenti come le calabresi e le siciliane, ma sicuramente feroci e per troppo tempo non adeguatamente investigate.” Il volume, il cui titolo si rifà alla nota canzone di Francesco Guccini, sta già destando curiosità nei lettori e nella critica, non solo per il coraggio con cui è stato scritto, ma anche per l’impostazione editoriale originale. Si tratta, infatti, di un viaggio nelle mafie pugliesi, con riferimenti anche altre esistenti nel resto del Meridione, attraverso gli articoli più esplicativi pubblicati dal giornalista nel periodico mediapolitika.com, che ricorda la struttura di un diario personale. Vincenzo Arena è pugliese di nascita, siciliano di origine, romano d'adozione per 12 anni. Oggi vive a Bisceglie (BT). Laureato in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo, ha conseguito un Master in Affari Pubblici e Parlamentari. È stato consulente del Servizio Comunicazione del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo oltre un decennio trascorso nella Capitale, è tornato in Puglia dove lavora come Digital Project Manager e Web Designer. Giornalista pubblicista, editorialista e fondatore del periodico mediapolitika.com, collabora con Ossigeno per l’Informazione, osservatorio nazionale dei cronisti minacciati e sotto scorta. È docente e formatore presso l’Università di Roma Tor Vergata e presso enti privati, pubblici, associazioni e spazi di coworking.

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il nando e il commissario bortone effetto domino Stefano Cambò

Fernando Arcuti, detto il Nando, è un giovane scrittore di racconti gialli che vive a Lecce in un piccolo monolocale che si affaccia sulla Piazzetta Greca, non lontano dal centro storico. Per abitudine compone le sue opere, mentre è seduto su una panchina immerso nel verde cittadino di Villa Garibaldi. Ama il vino (soprattutto il negramaro), il jazz e le macchine d’epoca. Infatti possiede una Fiat 500 del 1969, di cui è letteralmente innamorato. Sogna un giorno di scrivere il bestseller che lo consacrerà nell’olimpo della letteratura di genere. Ugo Bortone, invece, è un vecchio commissario di polizia che sogna di andare in pensione. Il classico poliziotto di un tempo, con gli abiti sfatti, i capelli radi sulle tempie e una vistosa barba incolta. Di tanto in tanto (praticamente sempre) chiede la consulenza del Nando per risolvere i casi su cui è costretto ad indagare. Diciamo che lo scrittore è la mente mentre lui il braccio. Insomma… Una coppia perfetta come nella migliore tradizione del noir italiano.

Quest’opera è tra i dieci racconti vincitori del Concorso Letterario Nazionale AG NOIR 2018 indetto dal Comune di Andora (provincia di Savona) in collaborazione con l’Associazione Culturale c/e Contemporary di Milano, nell’ambito del prestigioso Festival Nazionale dedicato interamente al Noir. Questo è un racconto di fantasia. Ogni riferimento a eventi storici o a persone e luoghi reali è usato in chiave fittizia. Gli altri nomi, personaggi, località e fatti descritti sono frutto della fantasia dell’autore e qualsiasi rassomiglianza con eventi, persone e luoghi realmente esistenti o esistiti è puramente casuale. Stefano Cambò

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l Nando si sentiva come un pugile a bordo ring. Seduto in un angolo, con lo sguardo smarrito e le mani sudaticce appoggiate sopra le ginocchia. Perché in cuor suo sapeva bene che, pur di piazzare qualche copia in un periodo morto della stagione, ci poteva stare davvero di tutto. Anche accettare l’invito di un simpatico gruppo di vecchiette in pensione. Pardon… L’invito del club delle signore in giallo per essere ben precisi. Attempate ex professoresse che si riunivano ogni ultimo giovedì del mese all’ora del tè, per dialogare e discutere con un autore salentino degno rappresentante del genere a cui si erano ispirate per dare il nome al gruppo.

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i Luoghi della Parola | NOIR

I PERSONAGGI

EFFETTO DOMINO di Stefano Cambò


i Luoghi della Parola | NOIR

E nonostante una pioggerellina primaverile che aveva iniziato a battere su tutta Lecce fin dalle prime ore del pomeriggio, nel salotto di casa Fulco erano presenti otto arzille donne, sedute in cerchio con una copia di Pensieri Noir, l’ultima raccolta pubblicata dal Nando, appoggiata con garbo sulle cosce. «Direi di parlare del primo… Giusto per iniziare. Che ne dite?» riferì la padrona di casa, una certa Antonietta Fulco, ex professoressa di storia e filosofia al Liceo Classico Giovanni Verga di Nardò e adesso accanita lettrice nonché scrittrice alle prime armi. «Dico che sarebbe perfetto!» le rispose la donna che aveva di fronte. Pronta con la sua copia in mano, già aperta sulla pagina riguardante la storia annunciata. Una storia adatta per dare il via alle danze e mettere al tappeto ogni perplessità legata alla situazione. Tenendo in considerazione che il Nando, si sentiva come un vecchio nipote che andava a far visita alla zia e si ritrovava suo malgrado, seduto ad un tavolo del soggiorno con tutte le vicine di casa, pronte a recitare a memoria il rosario che veniva puntualmente messo in scena sugli schermi di un canale del digitale terrestre sempre alla stessa ora del pomeriggio. Perché, se ancora non lo si fosse capito, il lavoro di scrittura richiedeva spesso sofferenza e quello di promozione addirittura il sacrificio. Come se non bastasse il pacchetto creativo che comprendeva l’idea, poi la messa in auge, la rilettura e la correzione del testo. D’altronde tutto si poteva dire, tranne che quella dell’inventare fosse una semplice mansione di tutti i giorni. Legata solo all’abitudine e la routine. E mentre quei pensieri non del tutto positivi, iniziavano a riempire la testa del povero

Nando, ci pensò l’arzilla signora al suo fianco a gettare nell’aria la stoccata decisiva. Quella che avrebbe messo al tappeto qualsiasi scrittore esordiente. «Certo che far pagare una copia da centoventi pagine nove euro, mi sembra un tantino esagerato, non crede?» Come se quella somma, del tutto irrisoria per delle ex professoresse in pensione, fosse davvero un problema. Ma che diavolo ne potevano sapere mai otto simpatiche vecchiette annoiate e con la puzza sotto il naso! Pronte solo a criticare e controbattere su ogni minima cavolata, pur di sentirsi partecipi alla causa. O a sbeffeggiare indegnamente il loro status da privilegiate, invece di tenere la bocca serrata. Soprattutto quando erano in procinto di sparare castronerie assurde, come in quel momento. «Cara signora… Deve capire che dietro a quel prezzo c’è la spesa di stampa che porta via un bel po’ di soldi… E poi ci sarebbe anche il lavoro d’impaginazione e di correzione. Per non parlare dell’artista che cura la copertina.» «Questo lo capisco… Mi creda! Ma deve comprendere che noi povere pensionate non viviamo certo nell’oro!» «Perché, secondo lei, io ci sguazzo con i quattro libri che di tanto in tanto piazzo in giro?» «Mi scusi… Ma non credo di aver inteso…» «Non si preoccupi… Era solo tanto per dire. E visto che gli animi si sono fatti belli caldi che ne pensa di partire con un passo del racconto che avete scelto. Giusto per dare il la alla kermesse e far decollare la serata?» E mentre lo riferì, il Nando si perse a contemplare il viso della donna che aveva di fianco.

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Offrendogli uno dei suoi sguardi irresistibili. «Magari può iniziare lei… Ha proprio una bella voce da cardellino.» «Lo crede davvero?» «Certo… Altrimenti perché affermarlo davanti a tutti così apertamente.» «Forse perché si vuole prendere gioco di me per le cose che gli ho riferito poc’anzi… Quelle riguardanti il prezzo del libro!» «Oh, no signora… Non mi permetterei mai!» «Allora incomincio io… Ne è proprio convinto?» «Convintissimo!» «Quindi vado?» «Vada!» urlò quasi il Nando, rifilando una piccola pacca non proprio affettuosa sulla spalla destra della signora. All’improvviso del tutto emozionata per essere stata scelta proprio dallo scrittore ospite di quella serata.

pensò il Nando rimanendo come un ebete ad osservare il vuoto al centro della stanza. Incurante per un attimo degli applausi che avevano iniziato a riempire il salotto di casa Fulco. Perché, senza neanche rendersene conto, lo scrittore aveva fatto centro nel cuore delle otto signore in giallo. Rimaste piacevolmente sorprese dalla storia. «Le devo fare i miei complimenti signor Arcuti… Uno dei racconti più belli che siano mai stati portati qui. Peccato solo per il prezzo!» ribadì la signora con la voce da cardellino. Come se al Nando non fosse stato ancora ben chiaro il concetto squisitamente economico. «Sono contento che le sia piaciuto… E rimanendo in tema di complimenti, vorrei congratularmi con lei per il trasporto messo in scena durante la lettura.» ********* «È stato un vero piacere per me!» «Anch’io concordo in pieno con quanto rife«Quando Gennaro Spaderi emise l’ultimo rito da Assunta.» sentenziò l’arzilla signora respiro era da poco passata la mezzanot- con i capelli color cenere che il Nando avete… Il Bertani questo se lo ricordava abba- va alla sua destra. stanza bene nonostante fossero già trascor- «Per poco non mi stava per scappare una si nove anni da allora. E per uno strano lacrimuccia!» scherzo del destino, molto probabilmente «La stessa cosa vale per me!» ribatté una se lo sarebbe ricordato per tutta la vita, per- voce dall’angolo a sinistra, seguita subito a ché inevitabilmente uccidere qualcuno ruota da un’altra dal lato opposto. segna un confine invisibile nell’animo di un «E per me!» uomo… Anche quando l’uomo in questione «E sicuramente anche per la sottoscritta!» è stato costretto a farlo!» decretò infine la padrona di casa con un Fine del racconto Attimi. ampio sorriso sulle labbra. Fine della storia letta con impeto e traspor- «Ho fatto davvero bene a farti venire qui to dalla signora con la voce da cardellino. oggi, Fernando!» E pensare che non se l’era cavata affatto E nel momento in cui lo riferì, i suoi occhi male! pieni di gratitudine si posarono su quelli cirUn po’ impacciata e titubante all’inizio, ma coscritti dello scrittore visibilmente colpito poi veloce e spedita come un treno che ha da tutti quei complimenti genuini. «E io sono davvero felice di esserci… accumulato ritardo durante il tragitto. Alla faccia delle nove euro di copertina, Quindi grazie a voi!»

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i Luoghi della Parola | NOIR

Poi nella sala calò uno strano silenzio, figlio sia delle emozioni provate, che del vago senso d’imbarazzo che a volte capita di respirare durante una situazione piacevolmente vissuta insieme. Per fortuna ci pensò Antonietta Fulco, la padrona di casa, a rilanciare subito la conversazione. «E per rimanere in tema con quanto letto da Assunta…Vorrei che spostassimo la discussione su un fatto realmente accaduto molti anni fa.» Piccola pausa per avere su di sé tutti gli sguardi dei presenti. «Un fatto che ricorda in parte ciò che ha descritto il nostro ospite nel suo bellissimo racconto.» «A cosa ti stai riferendo?» chiese incuriosita una donna minuta ed esile sulla sinistra. Una donna dallo sguardo attento e perspicace nonostante le lenti spesse degli occhiali da vista le coprissero parte del volto. «Mastro Ntoni Camisa ve lo ricordate?» «Sinceramente no… Anche se il nome mi dice qualcosa.» «Se non sbaglio era un sarto!» sentenziò la signora con la voce da cardellino che sedeva di fianco al Nando. «Più che un sarto… Io direi il sarto per eccellenza, visto che ha vestito gli uomini della Lecce per bene dagli anni del boom economico fino al giorno della sua…» «Della sua?» «Fino al giorno fatidico della sua dipartita avvenuta per mano di Enzo Vaccai!>> «Ma Enzo Vaccai non era quello che aveva il bar non lontano dalla Chiesa di San Sebastiano?» «Sì… Proprio lui!» rispose Antonietta Fulco, visibilmente compiaciuta dalla piega che stava prendendo la discussione. «Aspettate un attimo…» sentenziò all’improvviso il Nando, riprendendosi di colpo la

scena dopo un momento passato in sordina ad ascoltare. «Volete davvero farmi credere che quello che ho raccontato in Attimi ha delle assonanze con un fatto di cronaca realmente accaduto?» «Più che assonanze direi similitudini… Non tanto legate all’atto in sé, quanto alle cause che lo provocarono» rispose la padrona di casa, sempre più consapevole di quanto andava riferendo. «Cause che ricordano per l’appunto quello che ha descritto lei!» «Si fermi un momento… Ma stiamo parlando di un omicidio?» «Sì…» «Avvenuto nella nostra città?» «Esattamente!» «In che anni ci muoviamo, se riesce ancora a ricordarselo?» La donna si prese un attimo. Giusto il tempo per mandare gli occhi all’insù e stabilire con precisione una data. «Era il 1966!» «Ne è proprio sicura?» chiese il Nando, già pentendosene amaramente. «Sicurissima direi… Visto che compivo diciotto anni.» «Quindi lei è del ’48?>> «Se la matematica non è un’opinione, direi proprio di sì!» affermò la donna con un tono leggermente stizzito. Perché tutti sapevano che non bisognava mai chiedere l’età. Specialmente ad una arzilla signora che ti stava ospitando nel suo bel salotto. «Mi scusi… Non volevo mancarle di rispetto!» «Nessuna mancanza si figuri… Non provo vergogna nel portare con coraggio i miei anni.» Coraggio? Quale coraggio? Stava per ribadire il Nando, prima di fermar-

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si in tempo e serrare una buona volta la sua boccuccia dispettosa. E pensare che quella strana serata uggiosa di fine aprile, stava prendendo una piega davvero inaspettata. Merito del suo racconto naturalmente e di quello che la padrona di casa aveva appena riferito. Perché, volente o nolente, qualcosa di strano era successo per le strade laterali al centro storico di Lecce nel lontano 1966. Qualcosa che aveva a che fare con un sarto e un barista. E molto probabilmente con un omicidio, se non addirittura due!

«Si figuri… Abbiamo avuto anche di peggio in questo salotto!» Come se la stoccata, rifilata quasi per istinto, avesse dovuto sottendere qualcosa di positivo ed umoristico. Diavolo di uno scrittore… Ma come aveva fatto a ritrovarsi lì! E pensare che all’inizio l’idea gli era anche piaciuta. Non tanto per il tipo di presentazione a cui era stato invitato a partecipare. Quanto piuttosto per il contesto in cui stava avvenendo, con il fantomatico club delle signore in giallo pronte a fargli il cosidetto sul suo ultimo libro. E lui, al centro della scena, come un gladiatore che sfida i suoi nemici nell’arena. ********* Perché, per quanto la metafora potesse sembrare pretenziosa, la situazione comun«Dunque ricapitoliamo… Secondo lei, ciò que ci si avvicinava molto, con la padrona di che viene raccontato da me in Attimi ricorda casa attenta a vendere cara la pelle e a molto un vecchio fatto di cronaca nera controbattere ad ogni minima domanda. avvenuto nella nostra amata città cin- «Questo Ntoni Camisa… Era una specie di quant’anni fa.» nome d’arte?» «Sinceramente… Appena l’ho finito di leg- «Beh, certo… In realtà si chiamava Antonio gere, ho subito pensato che si fosse libera- Baldini.» mente ispirato a quanto accaduto a mastro «E aveva una sartoria non lontano dalla Ntoni Camisa!» ribadì Antonietta Fulco Chiesa di San Sebastiano.» guardando fisso negli occhi il suo giovane «Affermerei meglio piccola bottega… Perinterlocutore. ché era di questo che si trattava in realtà, «Perché afferma questo?» tenendo presente che vestiva la maggior «Perché ci sono molte connessioni tra le parte degli uomini della Lecce per bene.» due storie.» «Stiamo parlando di alta classe?» «Connessioni di che tipo?» «Più che altro, di gente con i soldi.» «Causale.» E nel riferirlo, la donna alzò leggermente gli «Causale legate all’atto o alle azioni che ne occhi al cielo. sono derivate in seguito?» Come se quella domanda, l’avesse per l’en«Diciamo causale come una specie di effet- nesima volta infastidita. to domino a catena!» sentenziò la donna Il che era difficile da spiegare… visibilmente infastidita da quello scambio di Trattandosi di una storia di cui sembrava battute veloci sparate a raffica dal suo ospi- essere l’unica veramente a conoscenza. Almeno nei particolari. te per niente consone alla situazione. «Mi scusi, signora Fulco… Non voglio sem- Per questo il Nando fece finta di non vedebrarle una persona famelica di notizie che re, o meglio ancora… Fece finta di non accorgersi del piccolo non conosce le buone maniere.»

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gesto sgarbato, inclinando leggermente verso destra lo sguardo. «Di quell’altro che mi sa dire?» «Niente di che... Gestiva un piccolo bar di fronte alla bottega del sarto.» «Un bar frequentato?» «Beh, per essere negli anni Sessanta direi di sì… Non alla moda come quelli di oggi, ma sicuramente un bel punto di ritrovo nel centro storico di Lecce, che come lei ben sa, non era ancora considerato un polo ad alta attrazione turistica.» «Dunque ricapitolando abbiamo un sarto e un barista, con il primo ucciso dalla mano del secondo. Dico bene?» «In maniera davvero striminzita… Dice bene!» «E sempre se ho capito bene… Alla base dell’omicidio, ci sarebbe una specie di effetto domino che ha provocato la tragedia.» «Prendendola alla larga e con le giuste precauzioni… Affermerei di sì!» «Quindi, se è vero che la mia storia assomiglia molto a questo fatto di cronaca nera avvenuto nel 1966, converrà con me che deve esserci stato un punto cruciale da cui tutto è partito!» «Si riferisce all’incipit?» «Beh, in Attimi… É bastato un semplice scambio di sguardi per scatenare invidie e rancori mentre nella sua storia…» «Solo un banalissimo caffè!» rispose secca Antonietta Fulco. In presa plastica sul viso dello scrittore. Mai così assorto nei suoi ragionamenti. E soprattutto… Mai così concentrato!

«Cosa intende per non pagato?» chiese il Nando, ormai immerso completamente nel racconto. «Quello che le stesse parole sottintendono… Un giorno mastro Ntoni Camisa entrò nel bar di Enzo Vaccai, per fare colazione come sempre faceva ogni mattina.» «Qualcuno lo potrebbe definire un gesto di cortesia.» «Io penso invece… Buon vicinato!» «Perché chi ha una attività commerciale deve crearsi sempre un’immagine positiva e vincente… Dico bene?» «Dice bene… Anche se la storia in questione è ambientata alla fine degli anni Sessanta e di un mondo patinato come quello dei social network non si poteva avere la minima immaginazione.» «Per non parlare di blog turistici e siti annessi… Allora si che sarebbe stato davvero difficile!» «Eppure nonostante la mancanza di questi strumenti… A volte basta il semplice passa parola per poter rovinare la carriera professionale di una persona.» «Si riferisce a Mastro Ntoni Camisa o ad Enzo Vaccai?» «Ad entrambi direi!» «Perché il primo quella mattina non pagò il suo caffè?» «Tutt’altro… In verità, secondo i pettegolezzi che si scatenarono in seguito, lasciò l’importo esatto sul bancone, ma il barista sembrava così intento a parlare con un altro cliente che non se ne avvide… O almeno non se ne avvide, fino a quando non sentenziò stupidamente quello che sarebbe stato meglio tenersi tutto per sé.» ******** «Ossia?» Passarono dieci secondi buoni, prima che la «Riferì semplicemente che il sarto, ormai donna rettificasse ciò che aveva pronuncia- allontanatosi dal bar, aveva dimenticato di saldare il conto!» to qualche istante prima. «Pardon… Un banalissimo caffè non paga- «Nonostante i soldi fossero in bella vista davanti a lui…» to!»

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«Ed è qui che qualcosa non quadra… Perché in realtà del contante sembrava non esserci stata traccia.» «Ma stiamo parlando davvero di un banalissimo caffè?» «Sì…» «No… Non ci credo!» «E infatti non ci deve credere… Perché può benissimo immaginare cosa sia successo subito dopo.» «Immaginare mi sembra un po’ esagerato… Diciamo che potrei ipotizzare.» «Ipotizzare cosa?» «Non lo so… Che magari il cliente che aveva assistito a tutta la scena, conoscesse Mastro Ntoni Camisa… O almeno che lo conoscesse abbastanza bene da andarlo a trovare nella sua piccola bottega e raccontargli quanto aveva visto con i suoi occhi e sentito con le sue orecchie.» «Potrebbe essere… E poi?» «Poi ho paura che si sia scatenato il famoso effetto domino citato prima!» «Caro Fernando, ha fatto centro… È bastato un caffè, una frase detta d’istinto e un piccolo pettegolezzo per creare un caso e trasformarlo in seguito in un dramma.» «Perché Mastro Ntoni Camisa non se l’è tenuta, vero?» «Lei cosa crede?» «Mah… Quello che credo io non ha più tanta importanza, visto e considerato che il fatto risale al lontano 1966. Piuttosto ipotizzo, come ho fatto precedentemente, quello che potrebbe essere successo.» «E sentiamo… Cosa è successo?» «Non essendoci né social, né siti turistici a dar man forte posso immaginare che il sarto abbia iniziato a buttare fango sul bar di Enzo Vaccai con i suoi clienti abituali… I famigerati uomini della Lecce per bene.» «Potrebbe anche essere… E poi?» «Poi avrà pensato di fargli qualche dispetto che lo potesse mettere ancora più in cat-

tiva luce.» «Dispetto del tipo?» «Non lo so… Forse gli ha bucato le ruote della macchina o gli ha graffiato la fiancata con una chiave.» «Ho paura che sia stato più efficace e cinico.» «Cinico quanto?» «Quanto una visita inaspettata da parte degli agenti specializzati all’igiene al bar.» «Caspita… Una cosa da niente!» «Oh, non direi proprio Fernando… Visto che al Vaccai gli fecero una bella multa costringendolo a chiudere la baracca per una settimana.» «Mi faccia indovinare… Mastro Ntoni Camisa, tra i suoi clienti, aveva anche il direttore provinciale dell’agenzia temuta ancora oggi da tutti i commercianti.» «Anche se erano gli anni Sessanta e le regole non erano così ferree come quelle di oggi… Se cadevi nella rete non c’era speranza.» «Perché è tutta una questione di conoscenze e giochi di potere!» «E il povero Enzo Vaccai non aveva né gli uni e né gli altri a differenza del suo temibile avversario.» «Che invece ha trasformato un piccolo misfatto in una vera e propria vendetta personale!» «Effettivamente… Tra un presunto caffè non pagato e una retata degli agenti specializzati ce ne passa di acqua sotto i ponti.» «Come si vuol affermare oggigiorno, il sarto ha voluto mostrare i denti… Se mi passa il termine.» «Peccato che non ha calcolato bene le conseguenze!» «Che cosa vuole dire?» chiese il Nando, ormai completamente assorto nei meandri del caso. «Beh, non puoi pensare di poterla fare franca con un attacco di tale portata!»

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i Luoghi della Parola | NOIR

«Mi faccia indovinare… Anche Enzo Vacci aveva il suo asso nella manica. Giusto?» «Giustissimo!» «E sempre indovinando… Presumo non avesse nulla a che fare con gli uomini della Lecce per bene!» «Beh… Per quanto privo di protezioni a livello politico, il barista sapeva come essere persuasivo.» «Perché lui era figlio del popolo, vero?» «Vero!» «E si sa che la voce del popolo alle volte diventa anche la voce di Dio!» «Soprattutto quando c’è da mettere in piazza un pettegolezzo e tu sei il titolare di un bar nel centro storico di Lecce.» E nell’attimo in cui lo riferì, un piccolo sorriso amaro si disegnò sulle labbra di Antonietta Fulco. Preludio di ciò che stava per raccontare allo scrittore. Uno scrittore completamente assorbito dagli intrighi celati di quella strana storia. ********* «Cosa andò a raccontare in giro?» chiese il Nando, dopo alcuni secondi di ragionato silenzio. «Forse l’unica cosa che poteva mandare davvero mastro Ntoni Camisa al tappeto in meno di poche settimane!» rispose la donna guardando dritto negli occhi il suo interlocutore. «Perché ho come l’impressione che questa storia stia prendendo una strada tortuosa ed impervia?» «Perché non è solo un’impressione!» «Si spieghi meglio.» «Beh, converrà con me che quando uno è il sarto che veste tutti gli uomini della Lecce per bene, c’è solo un tipo di pettegolezzo che potrebbe rovinarlo per sempre.» «Perché siamo negli anni Sessanta e la

storia è ambientata nel Sud d’Italia?» «Soprattutto perché siamo negli anni Sessanta e la storia è ambientata nel Sud d’Italia.» «Mi faccia indovinare… Enzo Vaccai andò a raccontare in giro di aver visto mastro Ntoni Camisa in compagnia di una donna che non era la sua fidanzata.» «Peggio ancora…» disse schietta Antonietta Fulco, mentre l’espressione del viso si rabbuiò. «Il barista non si limitò a far passare il sarto per un Dongiovanni… Anzi…» sottolineò con un filo di voce. «Anzi cosa?» chiese il Nando, ormai in rampa di lancio. «Semplicemente andò a riferire in giro di averlo pizzicato insieme ad un altro uomo.» «Non ci credo…» «Ed invece è così… Enzo Vaccai si servì delle bocche serpenti di alcuni fedeli clienti del suo locale, per mettere in cattiva luce la figura di mastro Ntoni Camisa.» «Perché a volte ferisce più la parola che la spada, vero?» «Soprattutto quando hai a che fare con il sesso forte… E ti pagano per vestirlo bene!» «La cattiveria gratuita è un male difficile da estirpare.» «Non solo… Ma come una pianta selvatica cresce a dismisura quando trova terreno fertile.» Piccola pausa carica di tensione. «E qui, caro Fernando… Converrà con me, che di terreno fertile ce n’era in abbondanza visto e considerato che il sarto non era sposato!» «Ma aveva comunque una fidanzata?» «Che lo lasciò non appena le voci sulle sue tendenze sessuali si fecero più insistenti… Per non parlare del lavoro.» «Conoscendo il pensiero di molti uomini del Sud… Non penso che provassero più tanto

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il desiderio di farsi vestire dalle mani sapienti di mastro Ntoni Camisa.» «Ecco perché prima parlavamo di carriera professionale rovinata!» «E pensare che tutto questo putiferio si è scatenato solo per uno stupido caffè.» «Uno stupido caffè che ha fatto precipitare all’improvviso la situazione, come tu puoi immaginare.» «Beh… Suppongo che il sarto, non sia rimasto a guardare la sua attività andare in malora.» «Ho paura che siano stati più i pettegolezzi e le cattiverie sui suoi gusti sessuali ad averlo mandato su tutte le furie.» «Perché mastro Ntoni Camisa non era un Dongiovanni.» «E soprattutto non si intratteneva con altri uomini.» «Non so lei… Ma ho come l’impressione, che questa storia stia correndo in picchiata verso un finale amaro.» «Più che amaro… Tragico direi. Sa cosa successe una notte di fine autunno del 1966?» «Non oso immaginare…» «Allora glielo racconto io… Qualcuno lanciò una bottiglia molotov contro la vetrina del bar di Enzo Vaccai. Ben presto le fiamme riempirono tutto l’ambiente interno distruggendo gran parte del mobilio.» «Core Dannatu… Ma dice davvero?» «Sì…» «E si pensò subito che potesse essere stato mastro Ntoni Camisa?» «Questo sinceramente non glielo so dire… Perché all’alba di quello stesso giorno, mentre ancora i vigili del fuoco erano a lavoro per spegnere le fiamme, Enzo Vaccai si presentò davanti a casa del sarto e lo freddò con un colpo di pistola alla testa mentre questi usciva dal portone principale.» «Oh, mio Dio…» si lasciò scappare il Nando, assolutamente incredulo da quell’ultima

rivelazione. «Ha detto proprio bene… Oh, mio Dio!» Poi il silenzio riempì tutta la stanza. Perché, come spesso accade, la morte richiede rispetto. Soprattutto quando ha a che fare con un omicidio avvenuto alle prime luci di una mattina del lontano 1966. ********* Dopo un minuto passato a guardarsi intensamente negli occhi, fu il Nando a riaprire di nuovo la bocca e dare vita ai ragionamenti che gli balenavano nella mente in seguito all’ultima affermazione della donna che lo stava ospitando nel suo salotto di casa. Più che ai ragionamenti… Alla domanda! Quella che stonava dannatamente con quanto riferito poco prima. «Mi scusi Antonietta… Ma c’è qualcosa che non mi torna.» «A cosa si riferisce in particolare?» «Al fatto che Enzo Vaccai si sia presentato sotto casa di Mastro Ntoni Camisa con una pistola in mano.» «Beh… Molto probabilmente conosceva le sue abitudini e sapeva che il sarto si svegliava presto al mattino per fare delle commissioni prima di andare a lavoro.» «È proprio questo il punto!» tuonò lo scrittore, con lo sguardo in presa sul viso della donna. «Se è vero che nella notte qualcuno ha lanciato una bottiglia molotov contro la vetrina del bar incendiando gran parte del mobilio interno… E se è vero che i vigili del fuoco fossero ancora a lavoro mentre si stava per compiere l’omicidio vicino al portone, non mi spiego come sia possibile che l’uomo presunto colpevole dell’atto vandalico sopra citato possa uscire tranquillo da casa propria senza preoccuparsi minimamente della reazione del suo avversario.»

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«In parole più semplici, Fernando?» «In parole più semplici, se fosse stato davvero mastro Ntoni Camisa a provocare l’incendio… Trovo priva di logica la sua uscita mattutina alle prime luci dell’alba.» «Perché sapeva che Enzo Vaccai in un modo o nell’altro gliela avrebbe fatta pagare?» «Certo… Altrimenti non avrebbe alcun senso!» «Effettivamente il suo ragionamento segue un principio del tutto attendibile… D’altronde l’omicidio è da ritenersi una diretta conseguenza di ciò che il barista subì quella notte.» «In cuor suo era davvero convinto che fosse stato il sarto ad appiccare l’incendio!» «Così convinto da presentarsi sotto casa sua e freddarlo con un colpo di pistola alla testa.» «Perché vendetta chiama vendetta… Non è vero?» «E di sicuro diventa l’unica strada certa per l’inferno!» Sentenziò la donna con gli occhi puntati sul viso dello scrittore. Mai così concentrato come in quel momento. Eppure, nonostante la storia fosse arrivata quasi al capolinea, rimanevano ancora dei buchi neri da coprire. Legati sia all’intreccio, che a ciò che ne scaturì in seguito. «Che ne fu di Enzo Vaccai dopo l’omicidio?» «Venne condannato a ventiquattro anni se non sbaglio… Ma se ne fece appena tre prima di morire in cella per delle complicazioni cardiache.» «E del suo locale?» «Fu venduto dai suoi familiari per pagare le spese del processo e saldare alcuni debiti che il barista aveva contratto nei confronti di molti creditori.» «E della bottega invece?»

«Beh lì… Effettivamente è successo qualcosa di strano.» «Perché strano?» «Perché nonostante gli anni trascorsi e la storia raccontata, esiste ancora ed è sempre pronta a vendere abiti di alta sartoria agli uomini della Lecce per bene… Chi l’avrebbe detto, eh?» «L’ha riscattata per caso qualcuno della famiglia Baldini?» «No…» «E allora com’è possibile che l’esercizio commerciale sia ancora attivo?» «Caro Fernando… Lei sarà pure bravo a inventare le sue storie, ma alle volte non riesce ad andare oltre il suo naso.» «E adesso che c’entra il mio naso?» chiese lo scrittore leggermente stizzito. «C’entra eccome… Perché ci ha visto bene prima, quando parlava di stranezza legata all’omicidio.» «Intende il fatto che mastro Ntoni Camisa, uscì di casa incurante di quello che gli sarebbe potuto capitare?» «Beh, se avesse buttato lui la bottiglia molotov, quella notte… Non credo proprio che poi si sarebbe alzato per andare a fare le sue commissioni, come se niente fosse.» «Magari l’ha fatto per depistare le future indagini.» «O forse solo perché se lo sentiva e non sapeva nulla dell’incendio!» «Che cosa sta insinuando, Antonietta?» «Quello che per anni molta gente come me ha pensato e creduto.» «E cioè?» «Che il povero sarto non c’entrava assolutamente niente con quel gesto vandalico… E che per uno strano scherzo del destino e degli eventi, abbia pagato con la vita l’atto infame compiuto dalla mano di un’altra persona.» «Un’altra persona che aveva un motivo per farlo!» «O forse solo un interesse… Ma queste

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rimangono ahimè delle supposizioni, figlie del tempo e dei pettegolezzi di una storia che porta addosso ancora molti strascichi e dubbi.» «Per non parlare delle menzogne!» rettificò il Nando, all’improvviso guardingo. «Che cosa vuole dire?» chiese Antonietta Fulco, per un attimo sorpresa dal cambiamento repentino nell’atteggiamento del suo interlocutore. «Quello che ho appena insinuato.» «Ossia?» «Che dietro a questa assurda storia ci sia davvero stato un effetto domino scatenato da un banalissimo caffè non pagato… O peggio ancora…» riferì il Nando quasi in stato di contemplazione. «Un effetto domino innescato da un cattivo pettegolezzo uscito fuori dalla bocca dispettosa di una persona perfida!» «Dica la verità, Fernando… Lei ha capito, non è vero?» «Più che capito… Affermerei meglio inteso, visto che comunque il fatto risale al 1966 e mancano le prove certe.>> «La certezza non appartiene di certo a questo mondo!» «E forse mai ci apparterrà… Ma rimangono comunque i dubbi e soprattutto un nome.»

«Un nome?» «Sì… Un nome!» «A chi si sta riferendo, in particolare?» «Non so lei… Ma a me piacerebbe sapere come si chiamava l’uomo presente nel bar quel giorno fatidico del caffè non pagato.» «Quale? Quello che poi andò a spifferare tutto a mastro Ntoni Camisa?» «Certo…» «Beh… Visto che ci tiene tanto. Salvatore Giordano!» Piccola pausa carica di tensione. Preludio a ciò che Antonietta Fulco stava per dire. «Marito di una certa Filomena Belsole, madre di due figlie e ottima sarta in casa a sentire la voce della gente.» Ancora un momento, prima di rettificare e chiudere una volta per tutte il cerchio. «Così brava da riscattare all’asta alcuni anni dopo, per pochi soldi, la bottega di mastro Ntoni Camisa e farla diventare il suo piccolo atelier… Conosciuto anche oggi, da tutti gli uomini della Lecce per bene, che si vanno a vestire lì quasi fosse un principio, nonostante al suo posto ci siano adesso le figlie e sull’insegna spicchi ancora il nome storico della Vecchia Sartoria Baldini!»

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l’arte in tv tanti documentari su rai Play

Da Caravaggio a Picasso alle bellezze dell’Italia #iorestoacasa

Per gli appassionati di arte su Rai Play è possibile vedere gratuitamente i documentari più belli. Ecco alcune segnalazioni. La libertà di Bernini, 8 puntate di 60 minuti circa in cui lo storico dell’arte Tomaso Montanari racconta Gian Lorenzo Bernini, probabilmente il più grande scultore italiano di tutti i tempi, e non solo. Picasso, una vita è lo speciale dedicato al Pablo Picasso, padre del Cubismo e artista straordinario, raccontato in 2 puntate (di 60 minuti circa). Spesso classificato come un artista naïf, tra i precursori dell’arte moderna e fonte ispirazione per molti artisti tra cui Picasso, Apollinaire, Delaunay, Kandinsky, Ernst e De Chirico. Stiamo parlando di Douanier Rousseau. Un pittore nella giungla (1 puntata di 52 minuti). Per chi ha voglia di soffermarsi e scoprire il bel Paese ci sono ben 46 puntate, ciascuna di 50 minuti) di Italia: viaggio nella bellezza. Un vero e proprio programma enciclopedico che racchiude millenni

di storia e cultura italiana: si va dalla Palermo Araba e Normanna ai villaggi operai nel nord d’Italia. La bellezza di questa serie sono le particolarità e la capacità di far emergere gli aspetti meno conosciuti e meno frequentati dal turismo di massa e dagli stessi italiani. Troviamo infatti un puntata dedicata interamente a Spoleto, una ai tesori nascosti nei magazzini dei nostri musei, la Calabria Bizantina e la Sardegna Fenicia e così via… Per gli appassionati di Caravaggio da non perdere “La vera natura di Caravaggio” ,12 puntate, di 60 minuti circa, in cui lo stesso Tomaso Montanari, racconta la vita e l’opera di uno dei più grandi artisti di sempre da riscoprire #restandoacasa.

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Paura e angoscia al temPo del coronavirus Giovanni Bruno

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L’importanza delle parole Le riflessioni dello psicoterapeuta

ediamo di fare una distinzione basica. Distinguiamo tra paura e angoscia. La prima è un meccanismo di difesa connaturato nell’uomo. Di fronte a un pericolo si fugge via, c’è appunto un pericolo ben individuato direi oggettivato. Nell’angoscia proprio come suggerisce Freud non c’è un oggetto preciso di cui avere paura ma è piuttosto uno stato emotivo tormentoso dove si intreccia ansietà e sofferenza. Tutti noi stiamo attraversando un periodo di grandissima difficoltà, ma sappiamo che con i giusti e razionali comportamenti tutto questo potrà presto passare. Intere giornate dunque da trascorrere a casa, le ore che si susseguono lente e la necessità di guardare al nostro privato, alla nostra vita, alla nostra famiglia. È il momento di vederla più da vicino questa famiglia, fare qualche rettifica o aggiornamento nelle relazioni o aggiustamento nelle relazioni, essere più gentili e generosi mettendo da parte la fretta, il mito della velocizzazione perché adesso il tempo c’è, il fluire della nostra quotidianità è sotto i nostri occhi va solo interpretato un po’ di più. Finalmente possiamo guardare gli altri, superando il nostro egoismo o egocentrismo, immaginando come stanno, quali sono le loro ansie, i loro desideri le loro speranze. Il nostro vissuto è stato finora troppo appartato apriamolo a chi ci è vicino. Facciamo in

modo che l’inermità individuale si trasformi in un sentimento solido di identità collettiva. Sentimento che ci aiuti a superare con forza e determinazione uno tsunami che deve essere solo spazzato via.

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l’italia chiamò. maratona solidale sul canale mibact

Il più grande live streaming di tutti i tempi su YouTube perché 'rimanere in casa' non è tempo perduto ma l’occasione per fare qualcosa di straordinario

Un sito: www.litaliachiamo2020.it . e due sottotitoli che sono tutto un programma: Coraggio, resilienza, talento. Gli anticorpi degli italiani e delle italiane al tempo del Coronavirus. È in momenti come questi che si misura il valore di una comunità. La capacità di stare assieme agli altri, pur restando dentro casa, di sostenersi, di riscoprire – grazie ad Internet – la gentilezza come cifra del nostro vivere sociale. Questo l’assunto della campagna nata spontaneamente sul web. Così grazie alla rete artisti, giornalisti, musei e istituzioni culturali sono impegnati in un grande evento finalizzato alla raccolta fondi per la Protezio-

ne civile e per ribadire come sia necessario, oggi più che mai, ascoltare le indicazioni che ci vengono fornite per contenere il contagio: perché 'rimanere in casa' non è tempo perduto ma l’occasione per fare qualcosa di straordinario. Una lunga staffetta tra conduttori radio e tv di tutte le emittenti ha preso il via venerdì 13 marzo in live streaming dalle 6.00 alle 24.00 su litaliachiamo2020.it, sul canale YouTube del MiBACT - Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, su ANSA.it, tra i promotori dell'iniziativa, e su centinaia di altri siti di news e di emittenti che hanno messo a disposizione le proprie frequenze e i propri spazi per dare un contributo al 'risorgimento' del nostro Paese. Per chi se la fosse persa la piattaforma è ancora attiva. Intanto continuano le adesioni alla campagna #iorestoacasa nata spontaneamente sulla rete per invitare gli italiani, specie i più giovani, a limitare gli spostamenti e rimanere nelle proprie abitazioni per contenere la diffusione del Covid-19. Oggi il Ministro

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Parco Archeologico di Pompei, Via del Vesuvio , La casa di Leda e il cigno sintonizzatevi sulle pagine social del sito archeologico tantissimi video per condividere lavori e scoperte

per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini ha lanciato un appello ai più giovani invitandoli a restare a casa e a convincere i propri coetanei a non uscire. Anche la rete dei musei autonomi statali si è immediatamente attivata per permettere al pubblico di godere del proprio patrimonio culturale attraverso i social network e la rete. Moltissimi luoghi della cultura stanno contribuendo con immagini, visite virtuali, video in

cui i direttori illustrano le opere che custodiscono. Questi sforzi, favoriti, promossi e coordinati dal MiBACT, stanno aiutando le persone a avvicinarsi alla cultura o a mantenersi in contatto con il proprio patrimonio culturale. Un primo, importante passo di un nuovo approccio digitale alla valorizzazione dei musei che rimarrà anche al cessare dell’emergenza Coronavirus.

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Lago di Garda, foto di Stefano Cambò

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mi chiamo bond, james bond. dall’italia con amore! Stefano Cambò

Per i luoghi del cinema a spasso tra i set dell’agente segreto più famoso di tutti i tempi

rally Carlo Caponediretto da Matteo Rovere liberamente ispirato

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uando si pensa ad un personaggio mitico come James Bond, inevitabilmente il pensiero corre al Regno Unito, agli intrighi di Corte e alle missioni in giro per il Mondo. D’altronde, non c’è film della serie in cui l’agente segreto più famoso di tutti i tempi non sia da qualche parte a dare la caccia ai malavitosi

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di turno o alle organizzazioni criminali. Spesso lo abbiamo visto scorrazzare in Centro America, dalle assolate spiagge dei Tropici alle turbolenti piazze messicane. Per non parlare della Russia, a cui addirittura è stato dedicato il titolo di uno dei film più conosciuti e avente come protagonista l’intramontabile Sean Connery.


Matera, Sasso barisano, foto di Stefano Cambò

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I luoghi del cinema

Eppure, che ci crediate o meno, una delle nazioni a cui è più legato il nome di James Bond sembra essere proprio l’Italia. Il rapporto tra la nostra amata terra e il personaggio creato da Ian Fleming nel 1952 è così forte, che nella sua ultima avventura si ritrova costretto addirittura a divincolarsi e scappare tra i vicoli dei Sassi di Matera. Infatti, nel centro storico della bellissima città lucana Patrimonio dell’Unesco dal 1992, sono state girate alcune scene di No time to die, l’ultimo capitolo della saga firmato dal regista Cary Fukunaga che vede come protagonista l’attore Daniel Craig. Fin dai primi trailer, si capisce che quella di James Bond tra i meravigliosi Sassi non si può considerare di certo una gita turistica, visto che le scene mostrano un inseguimento serrato tra il protagonista e i criminali a cui darà la caccia, con tanto di salti acrobatici in moto sopra i tetti. Del resto non è la prima volta che l’agente 007 viene mandato in missione in Italia per conto dei servizi segreti britannici. Già nel 1963 lo si vedeva nel film Dalla Russia con Amore di Terence Young sfrecciare tra i canali di Venezia. All’epoca nei panni di James Bond c’era Sean Connery, forse l’attore che tra tutti è riuscito ad impersonare meglio e ad avvicinarsi di più al personaggio dei libri di Fleming. Bisognerà aspettare però quattordici anni e ben altri sette capitoli cinematografici della saga,


Venezia Canal Grende, foto di Stefano Cambò

per rivedere la spia britannica di nuovo in Italia e più precisamente in Sardegna. All’epoca, a vestire i panni dell’agente 007 c’era l’attore Roger Moore e il film in questione era La Spia che mi amava del 1977 diretto da Lewis Gilbert. Nella pellicola in questione vediamo spesso James Bond alle prese con inseguimenti adrenalinici sulle strade tortuose a picco sul mare (si scorge infatti il piccolo paese di San Pantaleo e quello più turistico di Porto Cervo con tanto di tuffo dell’auto in prossimità della spiaggia di Capricciosi). Per la nuova tappa italiana, passano appena due anni perché James Bond nel film Moonraker Operazione Spazio ritorna a Venezia. In una scena cult lo vediamo arrivare in Piazza San Marco, con alle spalle la classica scenografia di gondole, turisti ed edifici storici che da sempre contraddistingue la città lagunare (immancabile lo stacco finale sul famoso campanile). Passano ancora due anni e l’agente segreto più famoso al mondo approda a Cortina D’Ampezzo (Provincia di Belluno). Infatti, parte della trama del film Solo per i tuoi occhi del 1981 di John Glen, si svolge nella Perla delle Dolomiti. Molte scene sono state ambientate lungo il famoso

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I luoghi del cinema

Venezia Canal Grande, foto di Stefano Cambò

Corso Italia, il “luogo della struscio” per eccellenza e attrattiva turistica per gli amanti del costume e della moda. Passeggiando per le vie del centro storico di Cortina d’Ampezzo attraverso la visione si possono ammirare le numerose botteghe artigianali, testimoni dell’espressione culturale del territorio e di una preziosa arte che si tramanda da secoli. La presenza dell’attore Roger Moore tra le strade della bellissima cittadina fu talmente gradita agli abitanti del posto che nel 2016 al Miramonti Majestic Grand Hotel, a trentacinque anni esatti dall’uscita del film, si è celebrata una vera e propria rimpatriata di tutte le star internazionali che ne presero parte. Nel 2006 James Bond ritorna in Italia, facendo una capatina a Como, transitando per gli splendidi giardini terrazzati di Villa del Balbianello (per chi volesse andare in visita si tratta del lato Ovest del Lago, nei pressi di Lenno). Tra la Lombardia, il Veneto e la Toscana invece si svolgono alcuni intrighi del film Quantum of Solace di Marc Foster del 2008 con protagonista l’attore Daniel Craig (sarebbe il ventiduesimo capitolo della saga). In questa pellicola, l’agente 007 transita prima sul Lago di Garda preferendo la sponda veneta con tanto di riprese sui borghi e le località di Malcesine, Navene e Tempesta fino ad approdare in Toscana e vederlo aggirarsi a Carrara (nella cava dove si intagliano i preziosi marmi conosciuti in tutto il mondo) e poi addirittura a Siena durante l’immancabile Palio dell’Assunta con le contrade che si sfidano a cavallo in Piazza del Campo davanti agli occhi dei turisti. Se nel capitolo intitolato Casino Royale lo rivediamo tornare a Venezia (con tanto di innamoramento nei confronti dell’attrice Eva Green e con una sequenza finale che

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Roma, Isola Tiberina, foto di Stefano Cambò

prevede addirittura l’esplosione di uno dei palazzi più importanti della città), per il penultimo film Spectre, diretto per l’occasione da Sam Mendes (il regista di American Beauty tanto per intendersi), il mitico agente segreto si permette il lusso di sfrecciare a bordo della sua Aston Martin per il Lungo Tevere a Roma, passando prima per Porta San Pancrazio, poi per il Museo della Civiltà Romana e infine per l’Appia Antica (con immancabile annesso tuffo finale dell’auto in notturna sul fiume). E con le immagini di James Bond che riesce a scappare dall’ultimo folle inseguimento, usando uno dei suoi soliti stratagemmi al cardiopalma, ci lasciamo avvolgere dalle immagini e dalle scenografie scelte dai tanti registi che in tutti questi anni hanno scelto il nostro amato Stivale (con le sue innumerevoli bellezze) per far rivivere al meglio le avventure di uno dei personaggi più conosciuti ed invidiati della letteratura contemporanea. Perché tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di pronunciare la frase storica che ha caratterizzato da sempre l’agente 007. Perché in fondo, in fondo… A tutti noi sarebbe piaciuto dire Mi chiamo Bond, James Bond!

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Foto di Mario Cazzato

alessandro manZoni e il racconto della Peste Mario Cazzato

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Salento Segreto

a cura di Mario Cazzato

Rileggendo i libri antichi...

Il 7 marzo di 235 anni fa nasceva a Milano il poeta e scrittore Alessandro Manzoni. La sua Storia della colonna infame pubblicata la prima volta nel 1840 è, come leggiamo tutti, tornata in voga in questi giorni di epidemia. Manzoni ci ha insegnato a vedere la costanza plurisecolare di alcuni atteggiamenti umani basati sul pregiudizio e condanna l'esercizio di un potere giudi-

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ziario minato dall'ignoranza e dal fanatismo nei confronti dei quali neppure la Provvidenza ha molte possibilitĂ di riscatto. Ritorniamo a leggere Manzoni piaccia o non piaccia rimane sempre un grande romanziere che tesse i suoi intrecci letterari sulla storia e, soprattutto, a differenza di don Abbondio, giudica.

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