Arte e Luoghi | novembre 2020 speciale Aldo Fabrizi

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ROmA

Indimenticabile personaggio del “Rugantino” il musical che varcò l’oceano

L’anima popolana, i gesti, gli sguardi...i sapori della città nei film come nelle rime

Anno XV - n 11/bis novembre 2020 - speciale Aldo Fabrizi

mAstRO tIttA

anno 153 numero 10 novembre 202 0

ALDO FABRIZI

IL mAestRO ALDO FABRIZI

IL FestIvAL DeL cInemA euROpeO

Nel castello Carlo V la mostra monografica con manifesti, locandine e oggetti dell’Archivio

La XXI edizione rende omaggio all’attore romano con una selezione dei suoi film di successo


primo piano

le novitĂ della casa

IL RAGGIO VERDE EDIZIONI

In uscita il nuovo romanzo di Walter Cerfeda

ilraggioverdesrl.it


EDITORIALE

Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l. Direttore responsabile Antonietta Fulvio

Nato a Roma il 1 novembre 1905, Aldo Fabrizi è stato un personaggio chiave del cinema e del teatro italiano. Attore, produttore, sceneggiatore, artista poliedrico e indimenticabile. Nel 2020, in occasione del trentesimo anno dalla morte, avvenuta il 2 aprile 1990, il Festival del Cinema Europeo, diretto da Alberto La Monica, ha pensato di rendergli omaggio dedicandogli una intera sezione del festival che si apre il 31 ottobre in una edizione, la XXI, quest’anno online a causa della pandemia e che vedrà come unico evento in presenza (in ottemperanza con le misure di prevenzione) l’inaugurazione della mostra al Castello Carlo V “Il maestro Aldo Fabrizi” a cura della nipote Cielo Pessione. In mostra fino al 7 novembre, fotografie, manifesti, locandine, abiti di scena, sceneggiature, ricette gastronomiche, tratte dall’Archivio Fabrizi. Tra i vari appuntamenti sarà possibile vedere in demand alcuni film di successo, tutti diretti dallo stesso Fabrizi - Benvenuto Reverendo!, Emigrantes, hanno rubato un tram, il Maestro, la Famiglia Passaguai, La Famiglia Passaguai Fortuna, Marsina stretta, Papà diventa mamma e Una di quelle con il grande Totò. Una chicca è il docufilm, per la regia di Luca Verdone, intitolato “Fellini e Fabrizi: lo strano incontro”,la storia di un’amicizia, poi bruscamente interrotta nel 1969, ma anche del cinema e dello spettacolo a Roma alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. La rivista Arte e Luoghi, insieme alla casa editrice Il Raggio Verde, ha pensato di rendere omaggio ad Aldo Fabrizi in occasione dei centoquindici anni dalla nascita dedicandogli un numero speciale della rivista. Ringraziamo ancora una volta il maestro Giancarlo Montelli che ha raccontato con le sue illustrazioni la romanità di sor Aldo, ricordandoci le espressioni di un volto, dell’uomo e dell’attore poeta che ha dato tanto al cinema italiano. Dalla sua Arte hanno attinto in tanti, registi e attori “eredi” della sua vis comica e, ancora oggi, i suoi film o le sue rime, attuali, ci regalano emozioni, risate e lacrime di commozione. Buon compleanno sor Aldo, grazie per quello che sei stato, per i capolavori che ci hai donato...e a tutti voi buona lettura (an.fu.)

SOMMARIO

progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic

Arte: Il segno di montelli racconta sor Aldo 50

Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Raffaele Polo

I luoghi della parola: | Aldo e Roma. Aldo è Roma 4

Questo numero si avvale della collaborazione esclusiva del maestro Giancarlo Montelli che ha illustrato e raccontato l’indimenticabile Aldo Fabrizi

Interventi letterari|Il mio amico Aldo 136

Redazione: via del Luppolo, 6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it

cinema Filmografia 46

Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.

Numero 11bis-speciale Aldo Fabrizi - anno XV - novembre 2020


ROmA e ALDO. ROmA è ALDO “cIAvete FAttO cAsO?” Antonietta Fulvio

Senza farlo apposta ripercorrendo la storia e la vis comica di Aldo Fabrizi tra cinema, teatro poesia e i sapori d’un tempo che fu

Le risate sono una specie di medicina: tengono in altalena lo stomaco e il cervello, in modo che danno l’appetito a chi non l’ha e aiutano la digestione di chi ha mangiato. Aldo Fabrizi

C’era una volta Roma. E c’era Aldo Fabrizi. Perché è stato Aldo Fabrizi la prima vera icona della romanità cinematografica, anima bella e vera della città eterna. All’anagrafe Fabbrizi con una b di troppo ma mai troppo ricordato e riconosciuto, lui, attore, regista, sceneggiatore, autore, produttore e poeta. «Omone geniale uno dei più gran-

di attori italiani di tutti i tempi» come lo ricorda Enrico Vanzina. E come non ricordarlo questo gigante dell’avanspettacolo, maschera della commedia dell’arte, attore che ci hanno invidiato persino gli americani che dopo aver visto il suo Mastro Titta nella rappresentazione a Broadway del celebre musical "Rugantino" di Garinei e Giovannini nel 1964 lo

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

definirono “a comic genius”. Aveva due grandi occhi scuri e un “faccione” capace di deformare in mille smorfie manco fosse stato di gomma. Un corpo massiccio e ingombrante sempre più negli anni come il doppio mento che rendeva il suo viso ancor più tondo, se possibile, tra il burbero e il pacioccone come dicono a Roma. E dentro un’anima sensibile, bonaria e schietta fino a diventare rude. Uno spirito libero che ha amato il teatro, il cinema e il cibo come le cose belle della vita. E la sua vita era iniziata al numero dieci di Vico della Grotta nella Roma popolana dove oggi una targa commemorativa, posta negli anni 2000, lo ricorda: «Aldo Fabrizi è nato in questa casa qui comincia la lunga strada che avrebbe percorso quel bambino destinato ad amare le tavole del palcoscenico quanto le tavole imbandite. Se riuscirete a fermarvi un momento sentirete ancora nell’aria la sua risata. Aldo è ancora qui e non se n’è mai andato» SPQR 2000 Già la risata. E per fortuna ci sono gli archivi Teche rai, Youtube, la tecnologia che lascia in rete, navigando qua e là, segni tangibili della sua presenza.

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targa commemorativa posta in Vico della Grotta

Non posso più contarle le volte in cui mi sono imbattuta nell’attore Aldo Fabrizi, grazie ai tanti film di cui è stato protagonista o coprotagonista, come direbbe lui – senza farlo apposta – con

Totò e Peppino sono stati i volti del cinema con il quale e grazie al quale sono cresciuta. Il cinema che amo e che rivedo sempre volentieri, quel cinema in bianco e nero capace ancora di rac-

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contare con poesia un tempo che non c’è più. Narrazioni di un’umanità, perduta, forse smarrita inseguendo il progresso E la modernità. Un’umanità con il suo caleidoscopio di


sentimenti di cui ci sarebbe estremo bisogno oggi, paradossalmente, ancora di più. E non per guizzo nostalgico o per partito preso. Aldo Fabrizi rappresenta e incarna ancora un ideale di cinema e di spettacolo che riusciva a legare la commedia e il melodramma, l’autenticità e l’ironia, il cinismo e la schiettezza. Forse è questa la lezione dei grandi che restano anche quando vanno via. E se a Totò e Peppino mi legano le origini partenopee, ad Aldo Fabrizi mi lega il ricordo più struggente della mia infanzia e adolescenza, delle mattine estive quando c’era concesso di accendere la tv ed era una festa poter assistere alle proiezioni dei film, sequenze di un mondo che ci stupiva, ci emozionava e ci divertiva allo stesso tempo raccontando la vita. È questo il fascino del mestiere dell’attore e Fabrizi di uomini e storie ne ha raccontate tante. Generoso e divertente nel ruolo del bigliettaio Cesare che aiuta la giovane Rossella in “Avanti c’è posto”. Il film diretto da Mario Bonnard segna nel 1942 il suo debutto cinematografico. Ad onor del vero di quel film Fabrizi è anche co-sceneggiatore insieme al giovane Federico Fellini che gli curava i dialoghi negli avanspettacoli come rivelerà lo stesso Fabrizi. «Fellini a quell’epoca era un ragazzetto che mi aspettava la sera a piazza Venezia dove c’era un caffè di moda, diciamo, dove andavano Trilussa, Del Pelo, anche noi attori di varietà, e lui gli piaceva stare in mezzo a quest’ambiente. E siccome poi per combinazione abitavamo tutti e due a san Giovanni, specie nei periodi estivi, camminavamo insieme di notte. A quell’epoca non c’erano timori o sorprese di incontri più o meno violenti. Io ero ammalato dalla cultura di questo capoccione come lo chiamavo io, e lui si faceva raccontare da me tutti i miei ricordi. Della vita mia, di uomo, di varietà, di tutto, tutti i ricordi, siccome io a quell’epoca, insomma, in scena mi reggevo perché avevo un certo modo di raccontare le cose… Comunque un’infinità di queste cose lui le ha messe nei suoi film, il buon Fellini. Magari domandandomi il permesso dopo che lo ha fatto. E buonanotte.» (Aldo Fabrizi: arte romana: al cinema e in cucina di Adriano Pintaldi, Maggioli editore, 2012)

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

E di racconti ne aveva tanti così come tantissimi furono i personaggi che interpretò sul palcoscenico come sui set. Vestendo i panni del Cameriere, dello Sciatore, del bigliettaio… mestieri che tra l’altro conosceva bene alcuni di questi avendoli svolti nella vita reale e non solo in quella filmica. Quando all’età di undici anni suo padre Giuseppe era morto in seguito ad una polmonite fulminante, aveva dovuto lasciare gli studi e rimboccarsi le maniche per poter sostenere la famiglia, lui e cinque sorelle tra le quali Sora Lella (Elena). Ma questo non gli impedì di seguire la passione per il teatro e per le poesie in dialetto romanesco che comincia a comporre e pubblicò, probabilmente a sue spese nel volumetto “Lucciche ar sole”. Calcò le scene prima con la Filodrammatica Tata Giovanni, recitando le sue poesie come fine dicitore e aveva soli 26 anni quando cominciò ad esibirsi come macchiettista nei teatri romani e italiani. Nel 1937 era già un attore popolare e fondò una sua compagnia dove per un breve tempo recitò un giovanissimo Alberto Sordi che ritroverà nel cast di “Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo” diretto da Mauro Bolognini (1956). Lui però, a differenza di altri comici, si scriveva i testi da solo, i suoi spettacoli non seguivano canoni tradizionali ma stabilivano con il pubblico un rapporto confidenziale, schietto come le risate che inevitabilmente arrivavano grazie alla gestualità e la mimica che amplificavano le parole spesso lasciate cadere a metà infarcite di esclamazioni e doppi sensi… Portava in scena il brusio dei vicoli di Roma. Quello della sua gente. Quella costretta a viaggiare stretta come sardine nel tram di “Avanti c’è posto”. O del simpatico pescivendolo Peppino Corradini in

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“Campo dei Fiori” – chiaro omaggio al rione dove era nato e dove la sua mamma gestiva un banco di frutto proprio come Elide la protagonista femminile del film. O ancora Antonio Urbani, detto "Toto", il vetturino romano del film “L’ultima carrozzella” (1943) di Mario Mattioli che lo vede recitare insieme ad Anna Magnani. La ritroverà nel cast di “Roma città aperta” (1945) del regista Roberto Rossellini. Due romani doc, due straordinari interpreti per il primo film neorealista destinato a cambiare la storia del cinema italiano. Magistrale l’interpretazione di don Pietro Pellegrini (che riassume le figure di Don Pietro Pappagallo e Don Giuseppe Morosini), ancora si piange insieme al parroco che implora perdono a Dio per aver maledetto gli oppressori, le lacrime che rigano il suo viso sono il segno della fragilità davanti al male, la violenza dei nazifascisti e l’orrore della guerra. E se epocale la scena di Nina/Anna Magnani che viene uccisa a colpi di mitragliatrice altrettanto potente è l’immagine del parroco fucilato a Forte Bravetta, davanti ai suoi ragazzi. Il film che uscì nelle sale il 27 settembre 1945 fu esportato in tutto il mondo e rappresentò un vero e proprio spartiacque nella stessa realizzazione cinematografica che portava le cineprese a girare per le strade mostrando la realtà senza filtri, per la critica internazionale sì coniò l’espressione: “la storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta”.

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Seguì un’altra importante prova attoriale, “Vivere in pace” (1947) del regista Luigi Zampa, dove elementi neorealisti si mescolano a momenti più divertenti e spensierati e nonostante l’epilogo drammatico si configura come un vero e proprio preludio a quello che sarà poi la commedia all’italiana degli anni 50 e 60. Aldo Fabrizi è zio Tigna, apparentemente burbero ma con il cuore tenero che vive nella sua piccola fattoria, in un paesino sulle colline umbre con Corinna, interpretata da una strepitosa Ave Ninchi, che vincerà il Nastro d’Argento, e che da quel momento diverrà la sua “moglie cinematografica”. Vedremo la coppia in tanti film di successo, ad iniziare dalla saga de “La famiglia Passaguai”(1951) dove Aldo Fabrizi che aveva fondato l’ Alfa film XXXVII ne fu produttore oltre che regista attore, co-sceneggiatore. Nei panni del cavalier Peppe Valenzi detto Passaguai lo vedia-mo affrontare l’affollatissima spiaggia di Fiumicino al seguito della famiglia al completo, attorniato da colleghi, tra cui il suo datore di lavoro il commendator Bidetti interpretato da un esilarante Peppino De Filippo. Una serie interminabile di equivoci, litigi e avventure che porteranno il nostro a perdere il posto di lavoro. Dirigerà anche il secondo episodio “La famiglia Passaguai fa fortuna (1952)

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che vede nel cast anche Macario. Al fortunato dittico, ispirato alle novelle di Anton Germano Rossi, seguì “Papà diventa mamma” dove un ipnotizzatore, Paolo Stoppa, lo convince di essere donna e non riesce più a disincantarlo per un incidente. Una divertentissima quanto surreale parodia dell’universo femminile, firmato dallo stesso Fabrizi che il 25 settembre 1952 lo presentò alla sala Umberto I di Bari (irrealizzato invece il quarto, che si sarebbe dovuto intitolare “Bruttissimo” evidente parodia al film “Bellissima” di Luchino Visconti a causa del fallimento dell’Alfa film a causa di un operazioni finanziarie deleterie eseguite dal precedente amministratore Angelo Serafinelli vittima del suo amore per i cavalli. Sceneggiato dallo stesso Fabrizi con Ruggero Maccari e Mario Amendola, da un soggetto di Piero Tellini, Papà diventa mamma utilizza il travestitismo, tra i luoghi canonici più utilizzati nell’avanspettacolo, senza mai cadere nella volgarità. Memorabile restano le scene in cui vediamo Fabrizi, che si crede donna, stendere il bucato e cantare ”Non c’è trippa per gatti” e litigare con le donne del vicinato. «I tre film nel 1952 e 1953 incassarono molto, ben distribuiti dalla Rank Film che li

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diffuse, debitamente doppiati, nei Paesi del Sud America, nel Nord Africa e in Europa, incrementando il successo internazionale» (Oreste del Buono, La Stampa, 30 dicembre 1995). Pellicole che anticipano la nascita della commedia all’italiana che la critica e la storiografia del cinema fa iniziare con “I soliti ignoti”, 1958, di Mario Monicelli premiato con il Nastro d’argento e candidato all’Oscar dove reciterà anche Lella Fabrizi. Un genere cinematografico che è particolarmente apprezzato dal pubblico desideroso di spensieratezza dopo gli anni bui e terribili della Guerra Un desiderio d’evasione e di vita che già anni addietro, nel 1937, era stato espresso nel brano Vivere, scritto da Cesare Andrea Bizio, colonna sonora diremmo oggi dell’omonimo film diretto da Guido Brignone che vide sugli schermi il grande tenore Tito Schipa e Caterina Boratto. Gli anni duri del conflitto iniziato con l’occupazione nazifascista del 1939 avevano oscurato e quasi annullato la speranza di una vita che ora, dopo l’arrivo degli alleati e la fine della guerra, ritornava con forza come i germogli a primavera. Il neorealismo aveva raccontato il dolore, la sofferenza, le ombre. Ora c’era però un desiderio di luce. Di sorrisi.


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Lo stesso Fabrizi motivava così le sue scelte cinematografiche. «Le risate sono una specie di medicina: tengono in altalena lo stomaco e il cervello, in modo che danno l’appetito a chi non l’ha e aiutano la digestione di chi ha mangiato. Non solo, la mia intenzione è che ognuno si deve poter portare un po’ di questa medicina a casa. Mi spiego: vedendo questi film, si deve poter ridere anche dopo, ripensandoci, e per questo ho voluto sacrificare alla comicità anche quella percentuale di patetico che mettevo nei miei film precedenti.» (oggi parla Aldo Fabrizi, Film d’oggi, 1952). L’Italia del dopoguerra, quella del riscatto economico e della ricostruzione, ha voglia di risate, amore, famiglia. E a proposito sempre Fabrizi scriverà in un suo componimento intitolato “La famigliola”: “E nun ve scordate , che la più bella soddisfazione der monno so’ li fiji. Fino a che uno è giovane, nun ce pensa, ma quanno uno cià una certa età, si nun cià famija, s’avvilisce, in una casa fredda, silenzionsa, triste, solo come un cane! Invece che antra cosa la cagnara, la baraonda, chi canta de qua, chi litia de là, chi fa l’amore, chi sposa, chi rimane, chi ritorna e la famiglia cresce…E so’ fiji e so’ nipoti che te chiameno: «A papà! A nonno! Me rigali ‘na lira? Me presti ‘no scudo?» E tu daje a caccià quatrinim sempre! Fino a che mori! Che bellezza! Che soddisfazione! (pag. 217, “Ciavete fatto caso”, Mondadori, 2002)

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In queste poche righe il senso della famiglia. E il rimando, naturale, è al Fabrizi uomo che una famiglia splendida la realizzò. La storia d’amore con la sua Reginella, all’anagrafe Beatrice Rocchi, fu unica ed esemplare. «L’avevo conosciuta in un teatro alla fine del 1929. Una giuria le aveva assegnato tre mie canzoni e insieme le provammo. Mi piacque subito. Tutto mi piacque di lei. Soprattutto la voce, la voce più bella del mondo. E poi quella pulizia, quell’onestà, quella freschezza» (pag. 55, Ciavete fatto caso, Mondadori) Sora Lella, altra figura femminile importantissima nella vita di Fabrizi, raccontò di quando Aldo e Beatrice si sposarono nel 1932 e che proprio Reginella aveva procurato ad Aldo una scrittura per uno spettacolo a Pistoia. La loro unione fu anche un sodalizio artistico, dalla prima esibizione insieme al Teatro Arenula poi via via nei teatri italiani, sempre insieme uniti nel cantar stornelli. Solo l’arrivo dei due gemelli, Wilma e Mario, impedì per qualche anno a Beatrice la presenza sulle scene, ma alla vigilia

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della guerra, nel 1938, Reginella e Aldo varcarono l’oceano per calcare i palcoscenici dei teatri di Broadway dove le loro canzoni in romanesco venivano tradotte simultaneamente su striscioni luminosi. Poi Reginella lasciò le scene per dedicarsi alla famiglia e affiancare il marito per quasi cinquant’anni. «Quando l’ho conosciuta nel 1928, lei era già famosa come cantante di un particolare e applauditissimo repertorio romanesco, mentre io semplice fruttarolo con banco in piazza Campo de’ Fiori, tentavo i primi passi come poeta e come attore di una compagnia filodrammatica. Fui al suo fianco in quella meravigliosa stagione artistica, seguendola nelle trionfali tournéè in centinaia di teatri italiani e all’estero, a New York, a Broadway e perfino in Africa. Poi ci sposammo nel 1932 e l’anno successivo, quando nacquero i nostri due gemelli, Massimo e Vilma, Reginella (questo nome d’arte lo aveva scelto per il successo conquistato soprattutto con la canzone “Reginella, piccina adorata…”) lasciò definitivamente il palcoscenico per dedicarsi ai figli e alla casa» «Era una donna eccezionale. Tre cose mi avevano conquistato: la voce, la semplicità e il pudore. Sì, il pudore. Pensate che il primo bacio se lo semo dati dopo un anno, mentre eravamo in viaggio di nozze. In tanti anni non l’ho mai sentita dire una parola sconve-

niente. Era romana, certo. Ma de dove doveva essere?» Quando Beatrice, malata di leucemia, fu invitata a “Domenica in” la Rai mandò una troupe nella loro casa per registrarla mentre cantava uno dei suoi cavalli di battaglia “La pastorella” di Fortunato Lai. Fu la sua ultima apparizione in pubblico. Reginella si spense il 25 maggio 1981 in una clinica del Nomentano per i postumi di una grave affezione broncopolmonare. Al funerale Aldo Fabrizi volle che in chiesa risuonasse la voce della sua Reginella attingendo ad un altro struggente brano del suo repertorio “Come le rose”. All’indomani della sua scomparsa, avvenuta il 25 maggio 1981, La Stampa riporterà in un articolo le parole di Aldo Fabrizi dedicate alla consorte. «È scomparsa colei che rappresentava tutta la mia vita; la donna che è stata la mia ispiratrice e la mia compagna di lavoro prima, la più tenera e la più devota delle mogli, la madre affettuosa e impareggiabile dei miei figli poi, il conforto e il sostegno della mia lunga e talvolta difficile carriera artistica» (La stampa, anno 115, numero 123, martedì 26 maggio 1981) Una vita intera al fianco di un uomo capace di precorrere i tempi anticipare e segnare la storia del cinema italiano, dagli anni ’40 agli anni ’60 attraversando generi diversi e la loro evoluzione.

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 © , particolare

Sono davvero tantissimi i film che lo videro protagonista ma voglio ricordarne uno in particolare, il primo che lo vide esordire dietro la macchina da presa. Si tratta di “Emigrantes”, 1949, di cui Flaiano scrisse: «Girato in Argentina resta un film romanesco. Siamo a Buenos Aires nelle scene del film circola l’aria di certe strade romane nei giorni di scirocco…» “Emigrantes” è un film malinconico sul tema della migrazione, sul distacco dalla propria terra e il cui significato è da ricercarsi come rivela lo stesso Fabrizi nella battuta “Dovremmo obbligare gli italiani ad apprezzare il valore e la bellezza dell’Italia con un viaggio perché ognuno si renda conto di quanto è bella e di quanto è doloroso viverle lontano”. (Pag 206 ciavete fatto caso, op.cit) Lui che per quel film si ritrovò a viverla quella condizione sulla sua pelle.

La comicità e l’etica in Aldo Fabrizi sono sempre andate di pari passo. Acuto osservatore traeva dalla cronaca di tutti i giorni le sue macchiette. Campo de’ Fiori era il suo osservatorio speciale e trasferiva nel teatro, nel bene e nel male, vizi e virtù di un pubblico che pur nelle esasperazioni dei personaggi che portava in scena si riconosceva e si divertiva. Come faceva Totò quando parlava del complesso dei fratelli siamesi e che per i suoi personaggi si ispirava alla sua gente dei vicoli della Sanità costruendo iperbole di comicità esasperando difetti e tic. L’incontro con Totò.


Fu un intesa straordinaria e una grande amicizia nata negli anni Trenta in quello che per entrambi fu il primo amore: il teatro. Un’amicizia autentica durata tutta la vita, l’unico attore come ha più volte raccontato Liliana De Curtis che Totò frequentava al di fuori dei set, ricordando le cene a casa e le loro risate fino a notte tarda. Cinque film. Cinque perle. Guardie e ladri (1951) di Steno e Mario Monicelli pluripremiato è ancor oggi un capolavoro, il loro capolavoro. “Una di quelle”, 1953, con Totò e Peppino De Filippo. Fabrizi è dietro la macchina da presa e comparve solo in una piccola parte. Nel cast con To t ò

ci sono Peppino de Filippo e Lea Padovani. Del film, tratto da una novella di Giorgio Bianchi, Fabrizi firmò regia, sceneggiatura e produzione. “I tartassati”, 1959, Totò alias cavalier Torquato Pezzella e Aldo Fabrizi nei panni del maresciallo di finanza Fabio Topponi furono diretti da Steno. Scriverà Claudio Fava in Corriere Mercantile, 23 aprile 1959. «L'antica lotta fra guardia e ladro (che è una delle chiavi di volta del cinema italiano comico, e non delle più fragili); la schermaglia ormai annosa fra Totò perseguitato e Fabrizi persecutore, viene riproposta, in questo filmetto di Steno, in chiave fiscale. Il film ha contenuti decorosi, senza ricorrere alla volgarità che così spesso deturpa soprattutto i nostri film di pretese comiche. Sorretto e salvato dal mestiere antico e furbesco dei due protagonisti, che hanno esperienza da tenere in piedi, da


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soli, sceneggiatura e regia di dieci opere equivalenti.» Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi per la regia di Mario Mattioli (1960). L’amore contrastato tra i giovani innamorati Gabriella ed Ermanno che sono rispettivamente i figli del ragionier Giuseppe D’Amore/ Aldo Fabrizi e del Cavalier Antonio Cocozza/ Totò. Un successo di critica e di pubblico Scrisse, a propostito, il critico cinematografico Morando Morandini: «I giovani d'oggi non c'entrano . [..] la prima parte del titolo è, invece, veritiera: è un festival Totò - Fabrizi, sono le loro liti e i loro duetti che alimentano la comicità dalla grana grossa del film . [..] Totò è un grande e Fabrizi non gli è da meno.» Totò contro i 4, 1963, regia di Steno. Aldo Fabrizi indossa la tunica ed è padre Amilcare buon amico dei ladri che fa restituire l’auto al Commissario Saracino interpretato da Totò. È il loro ultimo film insieme, il comico partenopeo morirà improvvisamente il 15 aprile 1967 stroncato da un infarto. Del loro rapporto di amicizia e le risate sul set parlerà lo stesso Fabrizi sulle pagine del Corriere della Sera: «Lavorare con Totò era un piacere, una gioia, un godimento perché oltre ad essere quell'attore che tutti riconosciamo era anche un compagno corretto, un amico fedele e un'anima veramente nobile. Ogni giorno il nostro incontro in teatro, mai prima delle 13

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(Totò era più nottambulo che mattiniero, mentre io pur rincasando tardi mi svegliavo presto; lui arrivava fresco fresco, leggero leggero, ed io che avevo già sforchettato, pesantino pesantino, dovevo ricorrere a doppi caffè antipennichellistici), dicevo, il nostro incontro avveniva sempre con un abbraccio sinceramente affettuoso e due bacetti, uno di qua, uno di là. Nel breve tempo che ci preparavamo per la scena da girare, c'era il solito scambio informativo a base di «come te senti?», «hai dormito?» e altre domandine e relative rispostine personali. Arrivati davanti alla macchina da presa, cominciavamo l'allegro gioco della recitazione prevalentemente estemporanea che per noi era una cosa veramente dilettevole. C'era soltanto un inconveniente, che diventando spettatori di noi stessi ci capitava frequentemente di non poter andare più avanti per il troppo ri-dere. Il guaio, però, era che la cosa non finiva lì poiché bastava una battuta nuova, un gesto impreveduto, una reazione inaspettata per dover interrompere nuovamente il dialogo con disappunto di noi stessi che, pur lieti e felici per il divertimento nostro e dei presenti, ci davamo complimentosamente la colpa l'un con l'altro. Se il regista, visti gli inutili tentativi di sottrarci a queste crisi di fanciullesca irresponsabile ilarità, proponeva di girare due primi piani in controcampo, per utilizzare i pezzi buoni, noi ci impeg-



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navamo solennemente di farla per l'ultima volta senza interruzione, come si addice a due professionisti seri e consapevoli del costo della pellicola. Però non del tutto ocnvinti di quanto promettevamo, alla prima battuta o espressione nuova del volto, scoppiavamo in una nuova risata e cercavamo di giustificaare al regista che la crisi era soltanto uno sfogo per scaricarci da ogni eventuale pericolo di ricaduta. Tuttavia, pirma di girare, cercavamo di rattristarci rinfaccindoci a vicenda la nostra età, le tasse da pagare e, se in quei giorni, poniamo, fosse capitata la dolorosa scomparsa di un nostro comune amico, saremmo ricorsi anche a quel luttuoso fremo. Ma dopo un’espressione di concentrato cordoglio, purtroppo, risbottavamo vergognosamente a ridere prima del ciak» (Il Corriere della Sera, 15 aprile

questo breve viaggio nella memoria dedicato ad Aldo Fabrizi preferisco chiuderlo così con un parallelismo a distanza tra le rime di questi due grandi Attori e Autori. Senza farlo apposta. Dalle rime e dai pensieri raccolti qua e là navigando a vista nel mare magnum della romanità di Aldo Fabrizi e tra l’essere irrimediabilmente partenopeo di Totò. Entrambi ci hanno insegnato della fame come metafora della povertà condendola con ironia e riempiendola di sorrisi. Nei gesti per Totò, nei versi per Aldo. La scena degli spaghetti che il comico partenopeo mette in tasca nella trasposizione cinematografica della commedia “Miseria e Nobiltà” di Scarpetta è emblematica. E in un rimando quasi naturale vengono in mente i versi di una poesia, Er sogno, recitata a Canzonissima nel 1973 da Aldo Fabrizi:

1977, Le risate sul set con Aldo Fabrizi)

La potenza e l’irriducibilità di quei film è anche e soprattutto nella forza del linguaggio. Il napoletano per Totò e il romanesco per Aldo. Un’equazione perfetta insieme all’umorismo romano e napoletano che si integravano alla perfezione. E il filo rosso tra i due non si spezza qui. L’espressività del volto, la mimica, l’intensità dello sguardo, la gestualità, i farfugliamenti linguistici e la tenerezza, l’entusiasmo e la determinazione…la malinconia e la vis comica e ancora… Si potrebbero riempire mille altre pagine ma

Me pareva de stà su ‘na montagna, e urlavo in un megafono spazziale: “Popolazzione mia, che campi male, accostete qui sotto ché se magna!” Poi come fussi er Re de la Cuccagna, buttavo giù, pe un’orgia generale, valanghe de spaghetti cor guanciale, che allagaveno tutta la campagna. E vedevo signori e poveretti, in uno sterminato affollamento, a pecoroni sopra li spaghetti. Quann’ecchete dar cèlo spuntà Dio, co un forchettone in mano e fà:

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“Un momento, si permettete ce sto pure Io!”

la nostalgia della sua giovinezza come si legge tra le righe di uno splendido componimento

Gli spaghetti, icona stessa della “Gli spaghetti alla poverella” pasta, rappresentano la tradizione, il piatto povero con i quali i commensali di Ieri dar friggidere, Miseria e nobiltà possono saziare l’atavico ch'ho svotato pe' daje 'na sbrinata, senso di fame. c'è sortito un pezzo de guanciale Solo chi ha vissuto fame e povertà può rancichito, capire. 'na crosta de formaggio smozzicato, E la pasta diventa metafora di pienezza, di 'na ciotola de strutto congelato, desideri appagati. du' fette de presciutto inseccolito, un ciuffo de basilico appassito, Non a caso Totò in una delle sue poesie più e un pommidoro mezzo magagnato. emblematiche, Il Cimitero della civiltà, Voi buttavate tutto alla monnezza, scriverà: ma io ch'ho combattuto cor bisogno ciò fatto «er sugo de la fanciullezza». «Nun facette sparà manco o cannone Un sugo cor sapore rancichetto, ca già steve assettato ‘int ‘a cantina, che m'ha portato indietro come annanze a nu’ piatto ‘ e maccarune: un sogno ar tempo bello nu zito ch’affucava ‘int ‘ o ragù.» ch'ero poveretto. Dopo aver mangiato, Totò si concederà una passeggiata nella campagna imbattendosi in una Giulietta e un carro armato che si prestano a diventare originali elementi di comparazione: la guerra tanto la spregiudicatezza e il consumismo sfrenato mietono vittime e sono la rovina degli uomini che , contrariamente ai metalli, hanno una sola vita da spendere. Tutto il componimento diventa metafora sulla società, della sua visione pessimistica.

E dal come eravamo a quello che siamo diventati il passo è breve. E ancora una volta la pasta, quella che inventò Dio - «Ho sfacchinato quarant’ore… basta! Domani ch’è domenica fò festa…e prima de fa’ Adamo fò la Pasta!» - si presta ad essere un profumato alibi per passare a setaccio la società del tempo e i suoi mali. Ne esce fuori una visione pessimistica davanti alla quale l’appagamento può darlo solo il piacere della convivialità sempre più compromessa purtroppo dai ritmi frenetici della Anche nei versi scritti da Aldo Fabrizi il cibo vita moderna: diventa un pretesto per parlare di altro, del-

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Che cosa? E’ un’Opera d’ingegno e fantasia, una grazia de Dio che s’assapora: l’unico tranquillante che rincora sia er popolino che la borghesia. E’ un sole in panza, e’ Mamma caloria che tira su chi sciopera e lavora, e’ l’unico miracolo che ancora po’ uni’ mezz’ora ar giorno ‘na famija. Quanno m’ariva sopra ar tavolino, er core me comincia a sartella’, felice de sentissela vicino: e mentre resto un attimo incantato… si penso a quello che diventera’, me pare de commette un gran peccato.

sonaggi “Il tranviere”, “Lo sciatore” o “Il vetturino” (chicche da collezionisti incise anche su dischi di vinile a 45 giri ora praticamente introvabili) come nel suo primo film. E di film ne ha fatti oltre settanta passando dalle esperienze neorealiste alle commedie brillanti degli anni ’50 e ’60 senza tralasciare il teatro che lo portò anche oltreoceano nel 1964. Lo storico spettacolo Rugantino di Garinei e Giovannini con le celebri musiche di Armando Trovajoli sbarcò in America nel 1964, tra gli interpreti con lui c’erano Nino Manfredi, Bice Valori, Ornella Vanoni.

Non è un caso che Aldo Fabrizi abbia scritto due libri “La pastasciutta. Ricette nuove e Considerazioni in versi”(Mondadori, 1970) e “Nonna minestra” (Mondadori, 1974) uniti da un unico denominatore l’amore per la cucina che si sposa, proprio come l’olio e il pomodoro sul pane, con l’amore per la scrittura. Era un ragazzino e scriveva le sue rime in romanesco, incoraggiato da Trilussa, Aldo Fabrizi però amava Belli perché esprimeva “l’anima del popolo” quella cui diede voce nella miriade di personaggi che portò in scena, sui set e poi in televisione, ospite di varietà che ancora possibile riguardare grazie alle Teche rai. Aldo Fabrizi arrivava dal mondo della radio e dell’avanspettacolo e conosceva l’importanza della “voce” e la sua inconfondibile anche con i suoi sfarfallamenti è sempre stata tra i punti caratterizzanti dei suoi per-

Raccontò, in un servizio rai, di essersi portato il suo baule di cucina personale con tanto di spaghetti, rigatoni e pecorino. Il suo Mastro Titta fu un successo mondiale. Un successo che continuò anche negli anni Settanta come testimoniano le sue partecipazioni a varietà nazionali di successo come Speciale Per Noi, 1971, diretto da Antonello Falqui e nel varietà Milleluci (1974). Parlare di Aldo Fabrizi, attore, regista, produttore e poeta significa ripercorrere la Storia del nostro Paese, gli anni magici del teatro, del varietà, del cinema e della televisione e la loro evoluzione. E sfogliando tra le pagine delle sue “considerazioni in rime” si trova ancora una volta affidato al cibo nel suo aspetto di “religione dell’esistenza” la constatazione del cambia-

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mento dei costumi e delle abitudini degli ital- quella che si prova leggendo la poesia iani. In questo itinerario tra le rime “Inviti a cena”: romanesche, che a leggerle ci sembra di sentire la voce inconfondibile di sor Aldo, il Uh, chi se vede! Hai rotto la clausura? ricordo di come eravamo e la critica alla ‘A dì la verità nun esco mai… quotidianità di fine secolo. Come nella poePerche? ?Ma co’ ‘sto traffico in do’ vai? sia “Sacrilegio” ‘A uscì da casa c’è d’avè paura Capisco…Sai, sarà l’etè matura… Sacrilegio Ma dentro casa… scuseme, che fai? Oggi se pranza in piedi in ogni sito; Che fò ? fò l’abbonato de la RAI… er vecchio tavolino apparecchiato e incretinisco dentro a quattro mura… che pareva un artare consacrato Vedemese ‘na sera!? ?Come no! nun s’usa più: la prescia l’ha abolito. Se famo du’ spaghetti ,Volentieri… ‘Na vorta er pranzo somijava a un rito, Ciao! Ma telefonamese però t’accomodavi pracido e beato, E mentre se saluteno già sanno, aprivi la sarvietta de’ bucato… che tutt’e due, pe’ l’ansie e li pensieri, un grazie a Cristo e poi… bon appetito! domani manco se ricorderanno. Mò nun c’è tempo de mettésse a sede, la gente ha perso la cristianità Aldo Fabrizi è riuscito a scrivere del profue magna senza amore e senza fede. mo e della bontà di tradizioni antiche come E’ proprio ‘n sacrilegio: invece io, quelle culinarie ma anche della solitudine e quando me piazzo a sede pe’ magnà, dell’ipocrisia dei rapporti umani. Rapporti sento ch’esiste veramente Dio! che invece sarebbe tanto bello poter recuperare come il piacere di mettersi a tavola, Complice la clausura forzata dalla pan- tutti insieme, magari davanti ad un demia, è stato bello rivedere i vecchi film in piatto di spaghetti. Come quei bianco e nero da lui interpretati e soprattut- gesti naturali, dagli to rileggere i suoi scritti e riscontrare l’attual- abbracci alle strette di ità del suo pensiero. Semplice nell’espo- mano che il Covid sizione e profondo nei contenuti. ci ha negato. Come succede per i veri artisti che sanno Come l’umanità leggere, interpretare e talvolta anche che è la vera guardare con lungimiranza il loro tempo. E essenza della riuscire, quasi paradossalmente e “senza vita. E lui direbbe farlo apposta”, a scrivere un copione che ci «Ciavete fatto caso?» ha visti costretti a recitare noi uomini di terzo millennio. La sensazione di ciò che siamo diventati è

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IL mIO AmIcO ALDO Raffaele Polo

Anche da Lecce un fan di Fabrizi ricorda il suo attore preferito

Piovigginava. Ma era una pioggerellina di marzo, proprio come quella del poeta, che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto. E il tempo atmosferico pareva proprio adeguarsi

al profumo dell'imminente primavera e al momento storico che io, noi, tutti, stavamo vivendo. Un momento di grande entusiasmo, di crescita, di volontà di recuperare il tempo perduto. Anche a

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Lecce, in questa cittadina che ci pareva ai confini del mondo, lontana da tutto e da tutti, solo la radio era il collegamento col mondo 'di fuori' e, per noi giov ani, la musica certo. E il cinema che, pure, arrivava con qualche ritardo a programmare i film giù nel tacco della Puglia, come dicevamo con un po' di rammarico. Proprio qualche anno prima , nel '39, si era iniziata la costruzione di un teatro monumentale, in puro stile fascista. Una creazione dell'architetto Piccinnato, famoso realizzatore di opere di grande importanza. Ma poi era stato tutto interrotto, la nostra città non era fortunata con le novità architettoniche, c'era sempre un intoppo, qualcosa che bloccava i lavori. Stavolta, però, terminato il conflitto, i lavori sono stati ultimati e il Teatro Massimo eccolo lì, sfavillante e imponente in pieno centro, a due passi dal mercato che, con la tettoia addossata alle mura della Caserma del castello, lo separa dall'altro teatro, il Politeama, deputato alla lirica ed alla tradizione. Qui, al Massimo, veniamo con i vestiti della festa, pettinati e in ordine, orgogliosi se accompagnamo una ragazza, sono ancora poche quelle che accettano di venire al cinema da sole, più facile per chi è fidanzato ufficialmente, ma l'ebbrezza del palchetto riservato per tutte le proiezioni del film è veramente enorme: si entra verso le 16, al primo spettacolo, e si può rimanere sino alla fine, un'oasi di intimità e di incredibile atmosfera, stare con la ragazza a guardare il film, riuscire ad accarezzarla e poi, quando si accendono le luci, fingere indifferenza o fumare una sigaretta, anche l'aria appestata dal fumo dà un tocco di proibito e di piacere nascosto, il cinema Massimo però mette un po' di sussiego, quegli ambienti così lussuosi paiono voler giudicare negativamente la tua estrazione popolare...

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Pure, oggi siamo a vedere un film con Totò e Fabrizi, un titolo accattivante, 'Guardie e ladri', si capisce subito dai manifesti che lo pubblicizzano che la guardia è Aldo Fabrizi, dovrà acchiappare Totò, non sarà facile, pensiamo. Il biglietto per la platea costa 120 lire, la ragazza oggi ce l'abbiamo, incredibilmente ha accettato di venire Maria Rosaria, che corteggio da tempo, una tutta sulle sue, ma con il fascino delle principessine, prima di accettare mi ha fatto penare, adesso è affianco a me, io dovrei avere occhi solo per lei ma il film lo dobbiamo vedere a tutti i costi, perchè ci sono questi attori bravissimi, io preferisco Fabrizi, ho visto e rivisto i suoi primi film ( Avanti c'è posto, il più bello e pure L'ultima carrozzella ) adesso è diventato il brigadiere Bottoni, tra gli interpreti c'è anche il ragazzino, figlio del 'ladro' che ha un naso curioso, lo vedremo spesso nei film dei prossimi anni, Delle Piane si chiama, e si vede subito che la stoffa c'è. Ma è lui, il bravo Aldo con la sua mimica ineffabile, che

attira la mia simpatia, la mia attenzione, Mentre fumo, tenendo una mano di Maria Rosaria, nascondendomi un po' vergognoso perchè non si vedesse la scadente qualità delle mie tre sigarette 'Alfa' comprate sciolte, inserite nella schedina del Totocalcio piegata in due, le vendono proprio così, gli dai 20 lire e ti contano anche due 'Golia' di resto , sgranocchio una caramella all'anice, al film segue il Notiziario INCOM che parla di Wilma Montesi, della Mole Antonelliana e di Nicolò Carosio. Poi si riprende, ricominciano le avventure dei due protagonisti, posso osservare con maggiore attenzione la studiata naturalezza di Fabrizi, la sua rimarcata umanità, la brusca timidezza, il tentativo di risolvere senza ferire una incresciosa situazione... E il finale è veramente commuovente, sempre grazie a lui; il grande Totò, bisogna ammetterlo, in questa pellicola è un gregario, si vede che non è abi tuato alle parti 'serie'. Lui no, Aldo è proprio così, se invece dell'attore avesse fatto il poliziotto, sarebbe stato perfetto.

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Adesso, dopo aver saziato la curiosità per la trama del film, posso dedicarmi di più alla mia compagna, la insidio con insistenza e lei, alla fine, cede e si lascia baciare, ma sull'angolo della bocca. Però riesco a stringerla,anche se è protetta da un pesante reggiseno. E conquisto un pezzo di pelle nuda, vicino al reggicalze.... Nella mia mente restano associate le immagini del brigadiere Bottoni e quelle di Maria Rosaria che si lascia baciare, Fabrizi amico mio, grazie che sei riuscito a farla scongelare un po'.... Fuori, verso casa sotto la pioggerellina di marzo che mi consente di stringerla a me, sotto l'ombrello, parliamo del film. E degli attori. “ Non mi piace molto” dice lei. “ Chi è che non ti piace?” le chiedo, pronto ad accontentare il suo giudizio, mi viene spontaneo essere dalla sua parte, non dimentico certo il bacio all'angolo della bocca e il resto.... “ Totò, dì quello che vuoi, ma non mi piace, poi è vecchio...” mi sussurra, con gli occhi bassi. “E' vero, ma fa ridere” dico io, diplomaticamente. “Veramente, in questo film era la rappresentazione di uno sfortunato e per niente comico...” mi dice la Rosaria, io le guardo gli occhioni azzurri, come si può darle torto? “Fabrizi, però, è bravo” dico con entu-siasmo. “Ma pure lui è vecchio” insiste la ragazza. “Ma era proprio nella trama del film, di uno che aspetta la promozione, è alla fine della carriera, poi ci sarà la pensione... Non poteva essere giovanissimo, scusa...” le dico. Io difendo Aldo, il mio attore preferito, probabilmente lei non lo ha visto interpretare le parti di giovane innamorato, sono film di qualche tempo fa, Fabrizi non è una bellezza virile, ma è rassicurante, capace di coinvolgerti e di rassicurarti. Ce ne sono tanti in giro che potrebbero essere proprio come lui, li incontri negli uffici, a scuola, alla fermata dell'autobus... “A me piacciono gli attori americani...” dice la Rosaria. E ci fermiamo in un anfratto buio, un posto che sembra fatto apposta per le coppiette, noi adesso siamo una coppietta. E cosa fanno, nei film e nella realtà, le coppiette? Si baciano.

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Perdo per qualche secondo la cognizione del tempo e chiudo gli occhi, le labbra della ragazza hanno questo effetto, meglio, molto meglio anche delle 'Serraglio', meno male che ho sgranocchiato le caramelle all'anice, penso subito, stringendola a me. Lei non dice nulla, abbassa lo sguardo e poi mormora: “Ecco, adesso cosa penserai di me? Che sono una che bacia alla prima uscita...” Io ho sorriso e l'ho presa per mano, l'ho tirata sotto l'ombrello e ho cominciato: “ Guarda, nel film mi è sembrato di vedere il nostro momento, adesso dobbiamo scegliere cosa fare del nostro futuro: se vivere alla giornata, come il ladro. Oppure seguire l'esempio di Fabrizi, arrabbattarci per vivere dignitosamente, superando tutte le disavventure che ci capitano. E avere fiducia nei sistemi del Totocalcio, prima o poi la vinciamo, la schedina...” Sono riuscito a farla ridere, vicino casa sua è scappata salutandomi, che non ci vedessero insieme. 'Grazie Aldo', ho pensato dentro di me. Indissolubile, da quel momento, la figura del bravo attore, alle mie vicende personali. Come fu quella volta che....

infatuazione per questo attore: fatto sta che, da sempre, ho cercato notizie, fotogrammi, commenti su di lui e sui suoi film, perdendomi a vedere e rivedere le pellicole, anche le meno conosciute, che lo avevano come protagonista o, spesso, interprete di parti secondarie che, però, brillavano per la sua presenza. Allora c'erano i giornali 'femminili' che riportavano foto e notizie degli attori; ma a lui dedicavano poco spazio, io capivo perchè non era particolarmente fotogenico, cioè a fronte dei divi 'belli' Aldo con la sua mole, il suo volto imbronciato, non risaltava particolarmente. Risultava simpatico, questo si: ma alle ragazze piaceva Cifariello oppure Mastroianni. De Sica e pure, un po' meno, Sordi. Lui....faceva ridere oppure commuoveva: e io mi sentivo vicino a questo attore perchè il mio fisico gli assomigliava, piuttosto pesante e col faccione, inutile dire che con la pastasciutta ci andavo a nozze, anche con tutti gli altri piatti della cucina 'povera' che era poi la più buona, in assoluto. Così, tra un film e l'altro, possibilmente con una ragazza sempre diversa, cercai e trovai l'indirizzo della casa di produzione delle pellicole cinematografiche e iniziai la corrispondenza con Aldo Fabrizi. Veramente, non mi ha mai risposto. In realtà, io non ricordo come sia Solo una volta, ma credo che fosse iniziata questa mia vera e propria la segreteria pubblicitaria del Film,

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mi pervenne una busta con la sua foto, ma senza dedica e senza firma. Fui contento, eccome. Sperai che lui avesse letto le mie lettere e avesse dato disposizioni che mi rispondessero.... Insomma, un rapporto, anche se molto tenue, si era consolidato con il 'mio' Aldo. Col passare del tempo, la mia predilezione per questo attore, è cresciuta; anche perchè la televisione permetteva una maggiore diffusione di fim, sceneggiati e partecipazioni a spettacoli. Fabrizi, ogni tanto, compariva sul piccolo schermo. E, per me, era come rivedere un vecchio amico. Negli anni Sessanta, poi, l'avvenimento clou della mia vita di fan di Aldo Fabrizi: a Roma si rappresentava 'Rugantino', al Teatro Sistina e io, a tutti i costi, dovevo esserci. Avevo messo da parte un po' di denaro, per le grandi occasioni. E andare a Roma per vedere 'Rugantino' era proprio la grande occasione che aspettavo. Volevo viaggiare di giorno: sono partito da Lecce la mattina presto del 18 dicembre 1962, il treno era poco popolato, avevo uno scompartimento tutto per me, ero emozionato e felice, affascinato da quel viaggio che mi auguravo fosse pieno di sorprese. È stato a Bari che è salita un po' di gente, una ragazza è venuta a sedersi proprio dove savo io e si è subito immersa nella lettura di un libro. Di solito, non prendo mai l'iniziativa e sto sempre in disparte quando incontro persone che non conosco. Ma quella volta, sicuramente per l'euforia della novità (andavo a Roma, a vedere Aldo Fabrizi!), incuriosito ho subito deciso di rompere il ghiaccio. “Scusa, che titolo ha il libro che stai leggendo?” le ho chiesto allora. Mi ha guardato un attimo, da dietro le lenti spesse degli occhiali da miope. “È un testo universitario sul teatro. Vado a Roma a fare l'esame” ha risposto

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meccanicamente, senza darmi importanza, tenendo sempre gli occhi bassi. Bruttina, era bruttina. E anche vestita in maniera dimessa, le unghie poco curate. E senza trucco. Ma aveva qualcosa che attirava l'attenzione, forse proprio quello sguardo celato dietro le lenti. “In fondo, abbiamo un obiettivo quasi comune” le ho detto allegramente. E ho subito aggiunto: “Anch'io vado a Roma. Per il teatro.” Allora mi ha guardato. E sul suo volto è apparsa una specie di smorfia, voleva essere un sorriso. Impaziente, ho continuato: “ Si, vado al Sistina, per il 'Rugantino'. Voglio vederlo soprattutto perchè c'è l'attore che, da sempre, è il mio preferito...” e ho lasciato la frase in sospeso, per incuriosirla. Niente. Ha continuato a leggere, scrutando con attenzione la pagi-

na che aveva dinanzi, non ha detto nulla, non pareva proprio essersi incuriosita. Sono trascorsi alcuni minuti. Io ho abbandonato ogni speranza di poter instaurare un dialogo, ho chiuso gli occhi e ho cominciato a seguire l'ipnotizzante andatura del treno. “Nino Manfredi?” ha detto lei, all'improvviso, chiudendo il libro accuratamente, con un segnalibro per la pagina letta. Mi ha sorpreso, lì per lì. E non ho risposto subito. Ma poi “No, Fabrizi, che fa Mastro Titta” ho detto. E lei ha approvato subito, ha sorriso e ha assentito col capo. “E' bravo, veramente. Il migliore.” ha detto. Si, era propriuo bruttina: ma, adesso, mi piaceva e lei lo ha capito subito. Abbiamo iniziato a parlare velocemente, mescolando i fatti personali con gli elogi a Fabrizi. A interrompere il nostro idillio verbale, fu la por-

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ta dello scompartimento che si aprì, facendo entrare un uomo che subito si sedette, salutando brevemente. Mi dava l'impressione di averlo già visto, da qualche parte. Ma non ci ho fatto caso e ho ripreso a parlare del mio attore preferito. “Li ho visti praticamente tutti, i suoi film” ho continuato, con entusiasmo. “E mi sono piaciuti tutti, quelli tristi e quelli allegri, tutti!” Lei annuiva e confermava che Fabrizi le piaceva da sempre. L'uomo entrato da poco, che stava a sentirci, con un risolino appena accennato, ci ha chiesto:”Scusate, ho sentito che state parlando del Re di Roma, Aldo Fabrizi, vero? Bè, per puro caso, io lo conosco bene, proprio qualche giorno addietro ero con lui, a casa sua. Si, è un bravo attore.... ma lo sapete che i suoi colleghi non lo hanno molto in simpatia? Dicono che ha la lingua lunga e che critica a sproposito....” Io ero ammutolito, ho avuto solo la forza di dire: “ Impossibile, guardi. Per me è come nei suoi film, buono, onesto, sincero...” L'uomo ha accentuato il suo sorriso. “Allora vi racconto un paio di annedoti che mi sono stati riferiti: riguardano la Magnani che, nel film 'Roma città aperta' secondo la versione di Fabrizi, nella famosa scena finale, quando lei corre dietro al camion, poco prima di essere falciata dalla raffica dei soldati tedeschi, fu aiutata nella interpretazione da una provvidenziale e non programmata scivolata che rese tutto ancora più drammatico. Il regista voleva ripetere la scena, ma poi è rimasta così e ha fatto la storia del cinema, incoronando la interpretazione di Anna Magnani che, sempre secondo Fabrizi, non riusciva a stare sulla scena, era insicura, bastava guardarle le mani che non sapeva mai dove mettere...” “Va bene, ma sono cose da niente, non è che si

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può giudicare un attore per questo” è intervenuta la ragazza difronte a me, che non mi è parsa più né insignificante né bruttina.... “Pure, nell'ambiente, tutti stanno alla larga da Aldo” ha continuato il signore che mi sembrava di conoscere ma non ricordavo assolutamente chi fosse. “Si mormora anche sul fatto che si sia cambiato il cognome, era Fabbrizi con due 'b' e lui ha tolto dal suo cognome quella tipica intonazione romanesca che poi usa sempre, sulle scene...” Siamo stati in silenzio, come si fosse rotto qualcosa. Di lì a poco, siamo arrivati a Roma Termini, prima di separarci ci siamo scambiati gli indirizzi, ho scoperto che lei si chiamava Immacolata, “Imma, chiamami Imma. Odio il nome Immacolata”, mi ha detto salutandomi con un bacetto sulla gota. Ed è sparita subito, inghiottita dalla folla che si destreggiava tra i cartelloni pubblicitari Frizzina, Necchi, Super Trim... Con il prezioso biglietto d'ingresso al Sistina nel portafoglio, mi sono incamminato anch'io verso l'uscita della stazione. Il biglietto me lo aveva procurato Antonio, un coetaneo romano col quale avevo trascorso quindici mesi di naja alla Cecchignola. Ho seguito il percorso più classico da fare a piedi:da Castro Pretorio a Corso Italia, fino a Porta Pinciana e poi, ecco il Sistina: fuori dal teatro c'era una grande pubblicità delle caramelle Dufour con le immagini di Marisa Del Frate e Raffaele Pisu... Ma dentro, dentro, era la realizzazione del mio sogno di amatore del cinema: tra gli spettatori ho

potuto intravedere Anna Maria Pietrangeli, Domenico Modugno e Warner Bentivegna, inconfondibile con la sua aria intellettuale.... Mi è parso di intravedere addirittura Totò, ma aveva gli occhiali scuri e non sono sicuro che fosse lui. Poi, il musical. Semplicemente meraviglioso, E lui, lui come Mastro Titta, il boia, un cameo, una perla. Per una strana coincidenza, ad interpretare la parte del figlio era proprio il ragazzo col naso strano di 'Guardie e ladri', proprio Delle Piane. Lo dicevo io.... Fabrizi, in scena, ci sta praticamente dall'inizio sino alla commuovente fine quando, con voce spezzata ma ironica allo stesso tempo (era la sua specialità) annuncia a Rugantino che di lì a poco avrebbe dovuto giustiziarlo proprio lui, il boia di Roma. Il dialogo lo ricordo ancora, Rugantino era un capace Nino Manfredi: Mastro Titta: - Rugantì, nun c’è stato gnente da fa’ Rugantino: - Come sarebbe a di’? Mastro Titta: - E’ pe’ domani Rugantino: - Domani? Li morta…. Mastro Titta: - Nun lo di’…da domani fra li morti ce stai pure tu… Ecco, a questo punto la sala, gremita all'inverosimile, era in perfetto silenzio e lui, proprio il brigadiere Bottoni o il padre che deve comprare l'abito di prima comunione alla sua bambina ma non ha i soldi, era stato capace di quella magia, di affascinare tutti con una interpretazione verosimile e sentita.

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Non ricordo altro di quella sera, certamente gli applausi e le chiamate, il successo e i consensi. Io ricordo ancora il volto di Mastro Titta, di Aldo Fabrizi che ci faceva piangere, lo stesso volto che avevamo imparato a vedere soprattutto al cinema, a stigmatizzare i difetti e le curiose costumanze di un'Italia che voleva crescere in fretta, sempre piĂš in fretta.

Di quella splendida serata mi resta ben poco: il biglietto d'ingresso, una brochure dello spettacolo e un paio di recensioni che, accuratamente ritagliate da 'Il Tempo' e 'Il Messaggero', sono ben visibili nell'Albo che ho dedicato al mio attore preferito. La storia di questo raccoglitore dalla pesante copertina nera, con i fogli tenuti ad anelli ed il logo sovraimpresso di 'Alfalaval' (una importante azienda che aveva sede a Milano, presso la quale ho lavorato per qualche tempo) è un po' la storia della mia vita, perchè contiene foto, ritagli di giornale, biglietti, cartoline e pensieri, tutti relativi ad Aldo Fabrizi. E, assieme alla documentazione dei suoi film e dei suoi successi, vi sono anche agganci agli episodi della mia vita che, in fin dei conti, ha finito per essere legata a quella dell'attore romano. Ad esempio, tanti ritagli tratti da 'Oggi' e 'Novella', un settimanale che leggevo avidamente perchè pubblicava racconti romantici e brevi articoli sugli attori e sugli avvenimenti del mondo dello spettacolo. Debbo dire che la brochure di 'Rugantino' si stagliava con evidenza, fra quei pezzi di giornale e , girando le pagine, la inconfondibile figura di Aldo Fabrizi

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

mutava, col passare del tempo, cambiando soprattutto dal bianco-e-nero al colore. Proprio come nella geniale trovata del regista Scola che nel film 'C'eravamo tanto amati', ad una parte relativa al periodo fino alla fine della guerra utilizza il bianco e nero. Poi, fissandosi su una piazza, la fa lentamente colorare, proseguendo tutta la pellicola col colore e rendendo benissimo l'idea di un'Italia che cambia, in tutti i suoi aspetti. Sono rimasto legato alle pellicole in bianco e nero. Ancora adesso, i 'vecchi film' mi affascinano per quel loro essere senza colori ma profondamente gestiti da ombre e sfumature. E non è un caso se, anche per Fabrizi, le migliori performances siano proprio in bianco e nero. Ci sono, è vero, anche delle gag che sono prese, pari pari, dai film americani. Ad esempio, in 'Totò e i giovani d'oggi', lo stesso Totò e Fabrizi cercano di cambiarsi i vestiti che, per errore hanno scambiato, nello spazio angusto di un'auto. La gag è la stessa che

vede protagonisti Stanlio e Ollio in un affollato vagone di treno letto, ma la comicità ineffabile del duo italiano è addirirrura superiore quando Fabrizi si affaccia dal finestrino e ammonisce gli incauti spettatori, cacciandoli via... 'C'eravamo tanto amati' è del 1975. Pochi anni prima, Aldo aveva pubblicato, con grande successo, 'La pastasciutta' e questo testo aveva finito per dargli la fama di buongustaio e amante della cucina, Del resto, proprio nella tournee di Rugantino in Canadà e negli Stati Uniti, un raro filmato d'epoca ci mostra Fabrizi che cucina in un ristorante americano e lo speaker, assieme ad un giovanisimo Nino Manfredi, spiega che Aldo si è portato appresso, dall'Italia, una notevole scorta di pasta e generi alimentari altrimenti introvabili di là dell'Oceano. 'Tengo tutto in un cofanetto e me lo porto appresso chiuso coi lucchetti' afferma con la sua consueta bonomia e l'immancabile accento romano l'attore, nella intervista che viene diffusa

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nel cinegiornale 'La settimana Incom' , che proiettavano prima dell'inizio del film. Quella volta, ero andato a vedere '7 monaci d'oro', un film veramente di secondaria importanza. Ma lo facevano al Massimo e ci sono andato con Loredana, una spigliata ragazza tutto pepe che non stava ferma un attimo e a cui, stranamente, ero simpatico. La coincidenza del film al Teatro Massimo mi ha fatto ricordare di Maria Rosaria, che non avevo visto più. Ma allora, in verità, se non si riscontrava il feeling subito, dalle prime uscite, poi la separazione era indolore e ci si metteva subito alla ricerca di un partner più vicino alle proprie esigenze. Questa Loredana era carina, ma sempre in preda ad una contagiosa agitazione; ho capito subito che il film non le piaceva e che aveva una innata antipatia per Magda Konopka, attrice polacca molto ammirata in quegli anni (il suo film più seguito fu Satanik, remake di un orribile fumetto che andava per la maggiore...). Fu proprio grazie a Magda che, inconsapevolmente, feci breccia nel cuore di Loredana. Lei mi aveva apostrofato ironica, bisbigliando nell'oscurità del cinema: “Ti piace la tettona, vero?'. E io, sereno, le avevo subito risposto: “Non ci crederai, ma sono venuto per vedere Aldo Fabrizi”. Lei pensava che scherzassi ma io rimanevo serio e allora, quasi a ringraziarmi, si è fatta più vicina, facendomi sentire tutto il suo calore, insi-nuandosi vicina e facendo le fusa come una gatta in calore.... Fu una bella serata, quella: rimanemmo a vedere il film, che non ci piacque, per due volte. Ma il nostro rapporto fu molto interessante e intenso, Loredana era un fuoco vivo, altro che la Konopka....

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

E questo spiega perchè c'è una foto dell'attrice polacca nell'album, un vero e proprio souvenir sentimentale che si era realizzato ancora una volta grazie al mio amico Aldo.... Di quella volta al teatro Massimo, oltre a Loredana, riesco a ricordare i manifesti dei film in programmazione che campeggiavano nell'atrio del cinema: Uccellacci e uccellini, Incompreso, l'Arcidiavolo... e la grande pubblicità della Nutella che era appena fuori dal cinema. Ma non solo al cinema, anche alla televisione potevo vedere gli amati film in bianco e nero con Aldo protagonista. Durante la 'Fiera del Levante', ad esempio, la Tv che normalmente iniziava i suoi programmi nel tardo pomeriggio, alle 10 e 30 trasmetteva un vecchio film che potevamo vedere anche a Lecce. E l'appuntamento era seguitissimo. C'erano dei film che ricorrevano, puntuali, ogni anno: Com'era verde la mia valle e Addio Mister Chips, ad esempio. Ma sono riuscito a vedere Campo de' fiori, cercando di capire perchè tra Fabrizi e la Magnani non

corresse buon sangue. E proprio questo film sembra realistico, presentando ripicche e gelosie fra i due attori. Ma anche un paio di pellicole minori, come 'Vivere in pace' e 'Vita da cani' furono trasmesse in quei tempi... Il sabato e la domenica mattina, poi, c'erano i ma-tinée al Santalucia e all'Antoniano. Anche lì, erano i vecchi film di successo ad essere proiettati e non posso dimenticare tutta la serie dei primi 'Godzilla' rigorosamente giapponesi e con trucchi infantili e addirittura comici (le casette di cartone che vengono schiacciate dall'enorme mostro) ad attirare una platea vociante di ragazzini. Aldo Fabrizi, il mio attore prediletto, nel frattempo è approdato anche in TV. Non mi perdo 'Speciale per Noi', dove il bravo attore, anche se appesantito e molto circospetto, offre indimenticabili macchiette, come il postino, il cameriere, l'impiegato... E anche in 'Milleluci' è stato presente, con la sua verve, in interventi sempre misurati e ricchi di umorismo.

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Poi, con lo sgranarsi degli anni, del tempo, diventano sempre più rari i ritagli di giornale incollati sull'album nero dell'Alfalaval. Anche perchè adesso i giornali sono stati sconfitti da mezzi più veloci, più esclusivi, da internet e dai computers; una notizia, un personaggio durano un attimo, anche un film è subito superato dal sequel della stessa pellicola, al cinema si va nelle multisale, non è possibile vedere il film più volte, oppure entrare in qualsiasi momento. In compenso, i costi sono notevoli e un biglietto raggiunge quasi le ventimila lire di una volta..... Io sono nato il 2 aprile di un anno lontano. Ed è il 2 aprile 1990 che si spegne Aldo Fabrizi, in una sorta di ultimo abbraccio con me, che l'ho seguito e ammirato da sempre, completando la mia passione per l'autore romano con la speranza che, un giorno, lo si ricordasse come veramente era, pieno di bontà ed ironia, col suo piacevolissimo accento romano. E, magari, proprio qui, nel Teatro Massimo di Lecce, far rivivere la sua figura semplice ma ricca di umanità. Sì, lo so. Maria Rosaria non c'è più; e non ci sono più gli anni meravigliosi della nostra gioventù, le caramelle all'anice, le sigarette nella schedina ripiegata. Ma chi ha vissuto quei tempi, chi si è innamorato dei film con Aldo Fabrizi, non può dimenticare. Non deve farlo. N.B. Lascio questo vecchio album nero con foto e ricordi a te, sconosciuto lettore. É la mia testimonianza per un grande attore che non c'è più: ho avuto il privilegio, l'onore di apprezzarlo e applaudirlo sino all'ultimo. É vero, la foto autografa non l'ho mai ricevuta. Ma non è detto che, prima o poi....

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

Laura Laurenzi, sulla sua morte, così scrive su La Repubblica:

AI FUNERALI DEL 'SOR ALDO' FIORI DI ZUCCA MA NIENTE STAR Una certa Roma sparita, una Roma popolare e popolana, un' atmosfera ottocentesca e perduta fatta di vetture a cavallo, stornelli e buoni sentimenti è tornata a vivere ieri durante i funerali insieme solenni e semplici di Aldo Fabrizi. Piena, pienissima, la basilica di San Lorenzo in Damaso, a pochi passi da Campo de' Fiori, la parrocchia in cui Fabrizi fu battezzato e in cui si sposò con Reginella, la cantante accanto alla quale si esibiva nel teatro d' avanspettacolo Arenula, proprio a due passi da qui. Gente del quartiere, soprattutto, molti anziani, donne, bambini; pochi invece i divi, gli attori, i registi e anche i politici i cui volti la folla ansiosamente cerca di riconoscere. È morto solo, Aldo Fabrizi, con accanto unicamente la famiglia, solo e quasi dimenticato, ultimo rappresentante di una generazione ormai cancellata dal tempo. Tanto odore di incenso, dolce e forte, e tanti fiori. Sulla bara di noce un cuscino di rose scarlatte da parte dei figli. La corona di Walter Chiari, la corona di Gigi Proietti, la corona, sfarzosa, di Carlo e Sofia (Ponti e Loren). Ecco i fiori istituzionali: quelli del sindaco, quelli di Giovanni Spadolini. Appoggiata a una colonna, la corona dell' Atac, l'azienda dei trasporti urbani, con la dedica in un

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 © , particolare

corsivo svolazzante che dice: Al suo

punto e lievemente imbarazzato, il sin-

tranviere onorario. Avanti, c' è posto.

daco di Roma Franco Carraro. Accanto

No, in realtà non c' è molto posto. La

a lui c' è Signorello. Altri uomini politici

chiesa è gremita fin dalle due del

non è dato vedere. Fra tanti fiori pre-

pomeriggio, un'ora prima che cominci il

giati rose, orchidee, strelizie e fra tanti

rito. Ressa di fotografi, ma anche di

mazzi anche umili, garofani, piccoli tuli-

curiosi che scrutano con indiscrezione

pani portati a mano e appoggiati ai pie-

il piccolo gruppo in nero che occupa i

di della bara, spicca una composizione

primi due banchi di destra. In prima fila

floreale anomala, ornata da un nastro

i due figli: i due gemelli Wilma e Massi-

bianco che dice: Noi, er pubblico. È un

mo, ormai prossimi alla sessantina, lei

gran ce-sto giallo e allegro, posato sul-

casalinga e molto somigliante al padre,

la balaustra, pieno di fiori di zucca, sec-

lui insegnante di pianoforte, e i loro figli

ondo un espresso desiderio di Aldo

Laura, Maria Cielo, Stefano e Alessia.

Fabrizi che in una poesia romanesca,

Dietro le due sorelle di Fabrizi: una,

più volte recitata in televisione, spiegò

Teresa, ha ancora il banco del pesce al

che ai suoi funerali gli sarebbe pia-ciu-

mercato di Campo de' Fiori; l' altra è la

to avere non candele ma cannoli alla

Sora Lella, nota e amata in tutto il

crema, non normali fiori ma fiori di zuc-

quartiere, proprietaria dell'omonima

ca (anzi, de cucuzza), non cuscini ma

trattoria nell' Isola Tiberina, e attrice

lasagne. Ed è un funerale un po' sacro

ogni tanto, raramente in parti di carat-

e un po' profano, quello che si celebra

terista. Sora Lella, corpulenta, pallidis-

nel cuore di Roma. Dopo tanta, austera

sima, i capelli tutti bianchi, si sente

musica d' organo nelle tre navate della

male perché la confusione è troppa,

basilica da un disco vecchio e graffiato

troppo caldi i fari, troppo pressante la

si spande, inconfondibile e roca, la

folla. Una parente le fa vento, qualcuno

voce dello stesso Fabrizi che canta uno

le porta un bicchier d' acqua. Lei chiude

stornello romano dedicato a sua

gli occhi e si abbandona all'indietro; moglie: Che bello ave' una donna drensembra che svenga, che sprofondi; ma to casa, er bacio coniugale è l'anticamè solo un attimo, poi rapidamente si

era amorosa. Che bello ave' una donna

riprende. La messa è cominciata. Nel

drento al letto, che quando che se

primo banco della fila di sinistra, com-

move

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te

calore

umano.

Un


lunghissimo applauso suggella questa canzone inattesa. Sorpresa fra i fedeli: Cos' è, un brano del Rugantino?. La gente parla a voce alta, insieme divertita e commossa, zittita dal sacrestano, fissata dai vigili in alta uniforme. Al momento della comunione, fra i primissimi ad accostarsi al sacramento è Sandra Milo. Il suo è uno dei pochi volti conosciuti. Un altro è quello di Gigi Proietti: Aldo Fabrizi è stato un grande

La sua era un' immagine di allegria e di gioia, com-

menterà all'uscita. Ecco il cantante Lando Fiorini, tutto in nero, compagno di tourneé in America. Ecco il vecchio Pietro De Vico, ecco Fiorenzo Fiorentini. Ma mancano le star. Perché non c' è Alberto Sordi? Perché non c'è Fellini?, chiede una donna con bambino in braccio: Dai, nì, batti le mani. Sulla porta della chiesa il giovane Pier Ferdinando Casini, braccio destro di Forlani, stigmatizza l'assenza di attori famosi: Credo sia una vergogna. Si vede che tutti gli attori sono troppo impegnati ad occuparsi degli spot nei film.... Finita la messa, prende la parola con semplicità monsignor Angelo Cecchi, per 22 anni, fino all'ottobre scorso, parroco di San Lorenzo. Ricorda i funerali di Anna Magnani, la stessa partecipazione di folla. E conclude: Aldo era un credente. Aldo, ci hai fatto tanto ridere ma oggi ci hai fatto tanto piangere. Aldo: sorridici ancora. E poi riposa in pace. All'uscita la bara, stretta da un applauso di folla, oltre duemila persone, viene caricata su una botticella, la classica vettura a cavalli romana. È bardata a festa, non certo a lutto, con decine di coccarde multicolori, in onore di Aldo Fabrizi, che fra i suoi molti mestieri fece anche il vetturino. La carrozza fa un lungo giro per Campo de' Fiori e poi per via del Pellegrino, la strada umida e cupa che dette i natali all' attore. Ancora un applauso, traffico bloccato, perfino l'allarme (falso) di una bomba contro il sindaco, e poi l'ultimo viaggio verso il Verano.

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

FILMOGRAFIA Avanti c'è posto... (1942) Regia: Mario Bonnard Soggetto: Aldo Fabrizi, Cesare Zavattini, Piero Tellini Ruolo: Cesare Montani, il bigliettaio

Antonio di Padova (1949) Regia: Pietro Francisci Soggetto: Pietro Francisci, Giorgio Graziosi Ruolo: Ezzelino da Romano

Campo de' Fiori (1943) Regia: Mario Bonnard Soggetto: Marino Girolami Ruolo: pescivendolo Peppino Corradini

Emigrantes (1949) Regia: Aldo Fabrizi Soggetto: Aldo Fabrizi Ruolo: Giuseppe Borbone

L'ultima carrozzella (1943), regia Mario Mattioli, soggetto: Aldo Fabrizi. ruolo: Antonio Urbani detto "Toto", vetturino)

Benvenuto, reverendo! (1950). Regia: Aldo Fabrizi | soggetto: Piero Tellini. Ruolo: don Peppino

Roma città aperta (1945). regia e soggetto: Roberto Rossellini | ruolo: don Pietro Pellegrini

Francesco giullare di Dio (1950) Regia e soggetto: Roberto Rossellini Ruolo: tiranno Nicolaio

Mio figlio professore (1946). Soggetto e regia: Renato Castellani Ruolo: Aldo Fabrizi (Orazio Belli)

Prima comunione (1950) Regia : Alessandro Blasetti Soggetto: Cesare Zavattini Ruolo: comm. Carloni

Il delitto di Giovanni Episcopo (1947) Regia Alberto Lattuada Ruolo: Giovanni Episcopo

Vita da cani (1950) Regia e Soggetto: Mario Monicelli, Stefano Vanzina Ruolo: cav. Nino Martoni)

Natale al campo ''119'' (1947) Regia: Pietro Francisci Ruolo: Giuseppe Mancini, il romano

Tre passi a Nord (1950) Regia: William Lee Wilder Ruolo: Pietro, custode del cimitero

Vivere in pace (1947) Regia di Luigi Zampa Soggetto: Suso Cecchi d'Amico, Piero Tellini e Luigi Zampa Ruolo:Aldo Fabrizi zio Tigna Tombolo, paradiso nero (1947) Regia Giorgio Ferroni Soggetto: Indro Montanelli Ruolo: Andrea Rascelli Circo equestre Za-Bum (1949) Regia: Mario Mattioli Soggetto: Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Mario Mattoli Ruolo: postino

Cameriera bella presenza offresi... (1951) Regia: Giorgio Pàstina Soggetto: Agenore Incrocci [Age], Furio Scarpelli, Aldo De Benedetti, Federico Fellini, Ruggero Maccari, Nicola Manzari, Tullio Pinelli Ruolo: Giovanni Marchetti La famiglia Passaguai (1951) Regia: Aldo Fabrizi, Soggetto: Aldo fabrizi, Ruggero Maccari, Mario Amendola Ruolo: cav. Peppe Valenzi, detto Passaguai

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Fiorenzo, il terzo uomo (1951) Regia: Stefano Canzio Aldo Fabrizi, Renato Rascel, Mario Siletti, Nino Taranto, Silvio Gigli Guardie e ladri (1951) Regia: Mario Monicelli, Stefano Vanzina [Steno] Soggetto: Piero Tellini Ruolo: brigadiere Bottoni Parigi è sempre Parigi (1951) Regia: Luciano Emmer Soggetto: Sergio Amidei, Giulio Macchi Ruolo: Andrea De Angelis Signori, in carrozza! (1951) Regia: Luigi Zampa Soggetto: Agenore Incrocci [Age], Furio Scarpelli Ruolo: Vincenzo Nardi Altri tempi (1952) Regia: Alessandro Blasetti Ruolo: venditore di libri usati Cinque poveri in automobile (1952) Regia: Mario Mattòli Soggetto: Cesare Zavattini Ruolo: Cesare Baroni, vetturino La famiglia Passaguai fa fortuna (1952) Regia e sceneggiatura: Aldo Fabrizi Ruolo: cav. Peppe Valenzi detto Passaguai Papà diventa mamma (1952) Regia: Aldo Fabrizi Soggetto/Subject: Piero Tellini Ruolo: sor Peppe La voce del silenzio (1953) Regia: Georg Wilhelm Pabst Soggetto/Subject: Cesare Zavattini Ruolo: commerciante in ceri Pio Fabiani Età dell'amore (1953) Regia: Lionello De Felice

Ruolo: Guglielmo Corelli, padre di Annetta Il più comico spettacolo del mondo (1953) Regia: Mario Mattòli Soggetto: Mario Monicelli, Alessandro Continenza, Italo De Tuddo, Ruggero Maccari Ruolo: se stesso Siamo tutti inquilini (1953) Regia: Mario Mattòli Soggetto/Subject: Vittorio Calvino, Ruggero Maccari Ruolo: Augusto il portinaio Una di quelle (1953) Regia: Aldo Fabrizi Soggetto: Aldo De Benedetti Sceneggiatura: Aldo De Benedetti, Aldo Fabrizi Ruolo: medico Café Chantant (1954) Regia: Camillo Mastrocinque Soggetto: Fiorenzo Fiorentini Cento anni d'amore (1954) Regia: lionello De Felice Ruolo: Pietro, parroco di Monterotondo Cose da pazzi (1954) Georg Wilhelm Pabst Soggetto: Leo Lania, Bruno Valeri, Bruno Paolinelli Ruolo: Gnauli Questa è la vita (1954) Regia: Aldo Fabrizi, Giorgio Pàstina, Mario Soldati, Luigi Zampa Ruolo: prof. Fabio Gori Hanno rubato un tram (1954) Regia: Aldo Fabrizi Soggetto/Subject: Luciano Vincenzoni Ruolo: Cesare Mancini Accadde al penitenziario (1955) Regia: Giorgio Bianchi Soggetto/Subject: Felice Zappulla Ruolo: Cesare Cantelli, ag. custodia

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 ©

Carosello del varietà (1955) Regia: Aldo Bonaldi, Aldo Quinti I due compari (1955) Regia: Carlo Borghesio Soggetto: Aldo Fabrizi Ruolo: Giovanni Berloni Io piaccio (1955) Regia: Giorgio Bianchi Soggetto: Vittorio Metz, Marcello Marchesi Ruolo: comm. Giuseppe Tassinetti I pappagalli (1955) Regia: Bruno Paolinelli Ruolo: Antonio, il portinaio I pinguini ci guardano (1955) Regia e soggetto: Guido Leoni Ruolo: vce fuori campo

Premier mai [Festa di maggio] (1958) Regia e Soggetto: Luis Saslavsky Ruolo: vecchio camionista I prepotenti (1958) Regia: Mario Amendola Ruolo: Cesare Martucci Ferdinando I re di Napoli (1959) Regia: Gianni Franciolini Soggetto: Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa Ruolo: (contadino che porta i capponi Prepotenti più di prima (1959) Regia: Mario Mattòli Soggetto: Mario Amendola, Ruggero Maccari, Aldo Fabrizi Ruolo: Cesare Martucci)

Un po' di cielo (1955) Regia: Giorgio Moser Soggetto: Attilio Paoletti Ruolo: Pietro Maltoni

I tartassati (1959) Regia: Stefano Vanzina [Steno] Soggetto: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Aldo Fabrizi, Ruggero Maccari, Stefano Vanzina Ruolo: maresciallo della finanza Fabio Topponi

Donatella (1956) Mario Monicelli Soggetto: Mario Rappini, Vittorio -André Ruolo: sor Augusto, padre di Donatella

Fra' Manisco cerca guai... (1960) Armando W. Tamburella Soggetto: Nora De Siebert Ruolo: fra' Manisco

Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo (1956) Regia: Mauro Bolognini Soggetto/Subject: Paolo Frascà Ruolo: brigadiere Pietro Spaziali

Un militare e mezzo (1960) Regia: Stefano Vanzina [Steno] Soggetto/Subject: Aldo Fabrizi Ruolo: maresciallo Giovanni Rossi

Mi permette babbo! (1956) Regia: Mario Bonnard Soggetto/Subject: Fulvio Pazziloro Ruolo: Alessandro Biagi, suo suocero Il maestro (1957) Regia: Aldo Fabrizi Soggetto: Luis Lucas, José Gallardo, Aldo Fabrizi Ruolo: maestro Giovanni Merino

La sposa bella (1960) Regia: Mario Russo, Nunnally Johnson Soggettot: Rom. di Bruce Marshall Ruolo: canonico Rota Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi (1960) Regia: Mario Mattòli Soggetto/ Castellano, Giuseppe Moccia [Pipolo] Ruolo: Giuseppe D'Amore

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Gerarchi si muore (1961) Regia: Giorgio C. Simonelli Soggetto: Marcello Ciorciolini, Mario Guerra, Vittorio Vighi Ruolo: commendator Frioppi Le meraviglie di Aladino (1961) Regia: Mario Bava Soggetto: Stefano Strucchi, Duccio Tessari Ruolo: Sultano Gli italiani e le donne (1962) Regia: Marino Girolami (con Aldo Fabrizi tra gli sceneggiatori) I quattro monaci (1962) Regia: Carlo Ludovico Bragaglia Soggetto/Subject: Gianni Buffardi Ruolo (fra' Giocondo Twist, lolite e vitelloni (1962) Regia e Soggetto: Marino Girolami Ruolo: cav. Rossi Il giorno più corto (1963) Regia: Sergio Corbucci Soggetto: Alessandro Continenza Ruolo: facchino alla stazione I quattro moschettieri (1963) Regia: Carlo Ludovico Bragaglia Soggetto: Bruno Corbucci, Gianni Grimaldi Ruolo: Bouboule I 4 tassisti (1963) Regia: Giorgio Bianchi Ruolo: sor Gigi) Totò contro i quattro (1963) Regia: Stefano Vanzina [Steno] Soggetto: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi Ruolo: don Amilcare

Made in Italy (1965) Regia: Nanni Loy Soggetto: Ruggero Maccari, Ettore Scola, Nanni Loy Ruolo: signor Piras I 7 monaci d'oro (1966) Regia: Marino Girolami Ruolo: frate Ugone Totò Story (1968) Cose di cosa nostra (1971) Regia: Steno Soggetto: Roberto Amoroso, Giulio Scarnicci, Steno Ruolo: brigadiere Aldo Panzarani La Tosca (1973) Regia: Luigi Magni Ruolo: governatore C'eravamo tanto amati (1974) Regia: Ettore Scola Soggetto: Agenore Incrocci, Furio Scarpelli, E.Scola Ruolo: Romolo Catenacci I baroni (1975) Regia e Soggetto: Giampaolo Lomi Ruolo: Monsignore Nerone (1976) Regia: Mario Castellacci, Pier Francesco Pingitore Ruolo: Galba Il ginecologo della mutua (1977) Regia e Soggetto:Aristide Massaccesi Ruolo: prof. Massone Giovanni Senzapensieri (1985) Regia: Marco Colli Ruolo: Armando bottegaio/suo fratello gemello

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IL segnO DI mOnteLLI RAccOntA sOR ALDO, IL mItO Antonietta Fulvio

Le illustrazioni dell’artista romano Giancarlo Montelli rendono omaggio all’attore romano Aldo Fabrizi

D

iversi anni fa, era il 2008, la casa editrice Il Raggio Verde, da un’idea del professore Giovanni Invitto, pubblicò una raccolta di saggi “Totò. Tocchi e ritocchi”, finiti nel primo volume (con progetto grafico di Giancarlo Montelli) della collana Ris-Volti, nata con l’intento di celebrare i personaggi che hanno scritto la storia del cinema e dello spettacolo italiano. Tra le pagine di quel libro (rieditato nel 2017 per il Festival del Cinema Europeo e arricchito con i contributi di Carlo Croccolo, Elena Anticoli de Curtis e Valerio Caprara) si insinuavano le illustrazioni del maestro Giancarlo Montelli riuscendo a raccontare, in punta di china, la verve e la gestualità, l’inimitabile forza espressiva del volto del Principe della risata, i movimenti del suo corpo snodato alla stregua di un burattino.

C

osì quando abbiamo parlato al Maestro dell’idea di rendere omaggio ad Aldo Fabrizi, come era avvenuto anni addietro per Totò, ci siamo ritrovati sulla stessa lunghezza d’onda ed entusiasti di “ricostituire” una insolita coppia alla Totò e Fabrizi romano il maestro, napoletana io - ai quali si è aggiunto l’estro letterario dell’amico e collega leccese Raffaele Polo. Roma, Napoli e Lecce in un ideale asse di parole e segni. Parole e segni ancora una volta insieme ad inseguirsi tra le pagine, per ora, di un numero speciale della rivista Arte e Luoghi. E ancora una volta il segno di Giancarlo

Montelli è riuscito a catturare e restituire la bellezza, l‘ironia e i gesti dell’attore romano come d’altro canto solo un vero romano come lui poteva raccontare. E mentre li osserviamo ripeschiamo nella memoria i gesti e persino la voce di sor Aldo, un mito, mai celebrato abbastanza.

N

on abbiamo voluto rinunciare al doveroso tributo e accanto al numero di novembre, a breve in rete, abbiamo realizzato uno speciale di Arte e Luoghi per ricordare Aldo Fabrizi,scomparso 30 anni fa, ma il nostro omaggio arriva in occasione del suo centoquindicesimo compleanno perché degli Autori ci piace ricordare il giorno in cui, venendo al mondo, lo hanno arricchito e reso più vero con la loro Arte. E di Arte sor Aldo ne aveva tanta. Lo ha dimostrato con la sua carriera artistica, dai numeri dell’Avanspettacolo, al cinema, alla televisione. E l’Arte resta sempre quando è autentica.

I

l Festival del Cinema Europeo, inaugurato oggi in una inedita versione on line in ottemperanza alle misure del recente Dcpm, lo ricorda con una mostra che si apre nel castello Carlo V di Lecce, curata dalla nipote Cielo Pessione, e con una selezione di film che a distanza di anni continuano a regalarci emozioni e risate...lacrime e sogni e l’idea che il “volemose bene” non è mai scontato...

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Giancarlo Montelli, Aldo Fabrizi, 2020 Š

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Prossimamente in uscita....


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