capaci, 25 anni dopo
i luoghi del cinema
Ritorna a Palermo la Quarto Savona Quindici dopo aver percorso l’Italia
Alla scoperta dei luoghi leopardiani grazie alla pellicola di Matteo Martone
anno 123 numero 5 maggio 201 7
Anno XII - n 5 maggio 2017 -
botero
il museo del duca di martina
caravaggio e i caravaggeschi
All’interno del Parco della Villa Floridiana, il Museo delle ceramiche del Duca di Martina. Una collezione imponente con oltre seimila opere.
Si apre ad Otranto il prossimo 11 giugno la mostra dedicata a Caravaggio e ai Caravaggeschi con opere della Fondazione Longhi
primo piano
le novitĂ della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
In copertina e sopra: Fernando Botero, La Fornarina, 2008, Olio su tela; 198x143 cm
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l.
Venticinque anni da quel 23 maggio che tutti, anche i giovani che all’epoca erano piccoli o non erano ancora nati, ricordano come la strage di Capaci. Il Giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta furono annientati con 400 chili di tritolo che squarciò l’A29. Una strage che paralizzò l’Italia intera, in un giorno di primavera destinato a diventare per sempre il giorno della morte, della paura, della crudeltà, dell’impotenza davanti alla violenza, del lato oscuro di una società capace di far crescere dentro di sé quel cancro maledetto chiamato mafia. Ricordo che mentre le immagini in tv rivelavano l’orrore il pensiero andava a quelle vite spezzate, al dolore delle loro famiglie costrette a far per sempre i conti con l’assenza dei loro cari che avevano sacrificato la loro vita in nome della legalità e dell’onestà. Per tutti noi. Quel che resta delle due auto blindate è solo un ammasso di lamiere e se la vista della stele commemorativa all’altezza dello svincolo dell’autostrada A29 fa rabbrividire chi la percorre, non è niente al confronto della vista dei resti della Fiat Croma, la Quarto Savona Quindici. La teca-monumento in questo mese, grazie all’impegno dell’omonima associazione presieduta da Tina Montinaro, ha attraversato otto città raccontando con il suo carico di dolore e di sgomento la storia di giovani servitori dello Stato, di uomini onesti impegnati nella ricerca della verità e della giustizia. Il loro sacrificio non è stato però vano perché, nonostante, tutto la mafia non ha ucciso la speranza di costruire un mondo migliore ma ha rafforzato la voglia di combatterla, di diffondere la cultura della legalità. E ribellarsi. Il Giudice Giovanni Falcone e con lui l’amico e magistrato Paolo Borsellino, anch’egli ucciso con i suoi uomini poco dopo il 19 luglio nella strage in via d’Amelio, hanno dimostrato ciò che Falcone aveva in più occasioni ripetuto “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Alla memoria di questi uomini,e a chi continua a spendersi per la legalità e la memoria va il nostro quotidiano GRAZIE. (an.fu.)
SOMMARIO
Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Michele Bombacigno
Hanno collaborato a questo numero: Marcella Barone, Michele Bombacigno, Michele Bovino, Giovanni Bruno, Stefano Cambò, Sara Di Caprio, Dario Ferreri, Sara Foti Sciavaliere, Peppe Guida, Anna Paola Pascali, Giuseppe Salerno, Lydia Tarsitano Redazione: via del Luppolo,6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.
luoghi|eventi| itinerari: treviso in festa 28| borgoinfesta a borgagne 31 | andar per mare a pesca di immondizia 44 |itinerarte 53 |la casa museo alberto moravia 71 il museo delle ceramiche 66 g7 taormina e satira politica 80 arte: botero la gioia dell’arte 4| san nicola in cinque opere 16|gli scatti di paola casali 24 | caravaggio e i caravaggeschi 34 | roberto cotroneo. genius loci 37 a Fabriano le donne segnate di rossella baldecchi 40 | le grammature di colore di elio marchegiani 46 congetture isomorfe 50 Forma colore materia 64 musica: orchestra popolare di puglia 20| FasanoJazz 2017 23 the wolf session 38 omaggio a vincenzo d’annibale 47| l’estate musicale a gallipoli 62 le grandi Famiglie della musica 78 cinema: | i luoghi del cinema: i soggiorni poetici del giovane Favoloso 84 i luoghi della parola: Quarto savona Quindici. la memoria in marcia 10| casa, spazio metaforico 14|curiosar(t)e 58 libri|luoghi del sapere 54-57 | viaggio nella bellezza dell’italia giardino d’europa 48 | rita guido, il libro di marina pizzarelli 52 | Festa del racconto 63 il sigillo degli acquaviva 74 i luoghi nella rete|interviste|gusto: renato centonze 15 | orchestra popolare di puglia 20 | il maestro dell’incisione 48 Numero 5- anno XII - maggio 2017
botero la gioia dell’arte Sara Di Caprio
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Al Vittoriano fino al 27 agosto la mostra dedicata all’artista colombiano ROma. Semplicemente Botero. Dal 5 maggio fino al 27 agosto è allestita presso il complesso del Vittoriano, nell’ala Brasini una grande mostra che è, a tutti gli effetti, la prima grande retrospettiva del maestro in Italia. arriva in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno dell’artista colombiano che è stato in grado, con le sue forme e i suoi colori, di creare un suo personalissimo universo. Un universo dalla cifra stilistica immediatamente riconoscibile che coinvolge il fruitore. L’esposizione, curata da Rudy Chiappini, raccoglie cinquanta capolavori in oltre cinquant’anni di carriera del maestro, dal 19582016. Sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento
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Italiano la mostra è promossa dall’assessorato alla Crescita Culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio e dell’ambasciata di Colombia in Italia. E Juan manuel Santos, presidente della Repubblica di Colombia, non a caso scrive su Botero: “orgoglio del nostro paese, è un uomo universale con diverse patrie, una delle quali è senza dubbio l’Italia”. Fernando Botero, difatti, non ha mai dimenticato le sue radici che alimentano la sua pittura, riversando nei colori e nelle forme sulla tela, la cultura e la storia latinoamericana. Nell’universo dei suoi quadri vi è il microcosmo di
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Fernando Botero Le sorelle, 1969-2005, Olio su tela; 173x204 cm
medellìn, sua città natale, e la sicurezza del suo disegno è la stessa che gli fa affermare a sua madre, appena terminati gli studi liceali, di voler diventare un artista. «La mia principale ossessione era quella di apprendere veramente il mestiere del pittore». Questa passione lo porta nel 1952 a lasciare la sua terra d’origine e ad apprendere il mestiere: viaggiando. Il percorso lo porterà a Barcellona, ad osservare i grandi del museo del Prado; a Parigi, guadagnandosi da vivere con copie dei dipinti dei grandi esposti al Louvre; e a raggiungere, nel 1953-54, l’Italia, incontrando i grandi del Rinascimento. é in questi percorsi che Botero diventa “uomo universale”, in grado di riscoprire i grandi del passato di scomporli e assemblarli mediante il suo linguaggio artistico. La sua poetica nella deformazione fisica dei suoi personaggi cela una
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ragione stilistica e il colore, sgargiante, e senza ombre serve ad evidenziare questi tratti, la sua capacità di dilatare lo spazio è pura libertà: «libertà che ho in un certo senso ereditato dall’arte antica italiana: quella di pensare che nessuna cosa corrisponda alla dimensione prospettica della composizione». Bisogna andare oltre al primo sguardo e al primo sorriso con le opere di Fernando Botero per cercare di arrivare alla sua “verità essenziale”. Un lunga ricerca che si esprime perfettamente con una delle frasi più famose dell’artista: «Dipingere è una professione angosciante. Fintanto che l’artista non padroneggia il proprio mestiere e non sa esattamente quello che desidera esprimere, vive in una condizione di angoscia permanente. […] arriva poi il momento in cui il pittore giunge a dominare la tecnica e al tempo stesso tutte le sue idee diven-
tano chiare: allora il suo desiderio di trasporle fedelmente sulla tela diventa così preciso e impellente che il dipingere si trasforma in gioia.» L’arte di Botero non è solo pittura ma anche scultura: ad accogliere il pubblico fuori dalla mostra vi è la gigantesca scultura in bronzo (materiale che secondo l’artista è sinonimo di resurrezione) Cavallo con briglie che guida il fruitore anche alla prima sezione dell’allestimento, quella delle plastiche sculture. Si è già accennato ai viaggi che portano l’artista colombiano alla scoperta dei grandi della storia dell’arte e la seconda sezione permette proprio di ammirare le versioni di opere da antichi maestri. Ecco allo sguardo indagatore del pubblico l’omaggio a Raffaello con la Fornarina (2008),
Rubens e sua moglie (2005), e L’infanta Margherita Teresa (2006) omaggio a Velasquez. Nella terza sezione le nature morte di Botero, studiate a partire dagli anni Sessanta, sottolineano come la firma stilistica sia riconoscibile in una tela spogliata dalla dimensione umana e riesca a permanere anche in un oggetto inanimato come una bottiglia. Natura morta con frutta e bottiglie (2000), Natura morta davanti al balcone (2000) e Natura morta con strumenti musicali (2004) hanno un unico denominatore ben spiegato dall’artista: «Quando guardate una delle mie nature morte noterete che i coltelli e le forchette, la frutta, il tavolo, il tovagliolo, ogni cosa è resa nella stessa maniera, perciò l’intero lavoro irradia un senso di unità, armonia e
coerenza. Questo è ciò che comunica la sua verità essenziale». Una verità essenziale che non è mai giudice e lo si vede bene nelle sezioni dedicate alla Religione e alla Politica. L’universo di Botero non ha mai una dimensione morale e psicologica: viene rappresentato semplicemente il popolo, la quotidianità, senza pregiudizio, senza valutazione sulla sua condizione. ad esempio questo dato emerge tanto osservando il monsignore che recita il rosario in una Passeggiata sulla collina (1977), che nella tela il Presidente e i suoi ministri (2011) dove i generali nelle loro divise sono immortalati in pose istituzionali tutti attorno al Presidente più grande e posto al centro della tela. La Vita latino-americana è rac-
Botero- foto Iskra Coronelli 2017 per arthemisia
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Fernando Botero, Contorsionista, 2008, Olio su tela; 135x100 cm
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L’artista Fernando Botero- foto Iskra Coronelli 2017 per arthemisia
contata nella sesta sezione. Il tessuto narrativo proviene dai racconti e dai climi della terra natale in cui Botero continua a specchiarsi e da cui trae alimento. Vi è la Colombia in opere come la Strada (2000)
dove le persone sembrano emergere dalla stradina affollata. Tutti i personaggi sono fermati in un’azione della vita quotidiana - la donna con il cesto di frutta in testa, il cane, la donna con il bambino, un
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La storia dell’arte è la storia della bellezza e della sua creazione. Quando avete visto un dipinto impressionista aggressivo o deprimente? O tale un dipinto di Tiziano, Velázquez, Rubens o Vermeer? Ho sempre aderito alla definizione dell’arte di Poussin: “La pittura è un’interpretazione della Natura, con forme e colori, su una superficie piana per dare piacere.
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Fernando Botero, Picnic, 2001, Olio su tela; 113x165 cm
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uomo che esce dalla sua abitazione, una signora che apre l’imposta- all’interno di una composizione giocata sull’equilibrio e sul movimento che sembra restare quasi sospeso nell’aria. Nella settima sezione dominano i Nudi, Adamo ed Eva (2005) il bagno (1989) tele che trasmettono sensualità, esuberanza ma senza malizia. a chiudere l’allestimento nell’ottava sezione vi è l’incontro con un altro mondo: quello equestre, ricco di movimento e di colori che l’artista ha avuto modo di scoprire in messico. Il Circo viene catturato e assorbito nell’universo “boteriano”: nel Contorsionista (2008) e nel Pagliaccio (2008), ad esempio, l’artista riesce a coglierne la poesia e il clima, e incredibilmente, tutto si fa leggero e Botero stesso ammette di dipingere «[…] qualcosa che è improbabile ma non è impossibile». Vi è una forza magnetica nelle tele di Botero ospitate fino al 27 agosto al Vittoriano che spinge il pubblico non solo a immergersi nel cosmo creato dell’artista per studiarne lo spazio ed osservare la tecnica pittorica ma fa di più: lo stimola ad andare oltre, a viaggiare. Per dove? ma è semplice, ed è lo stesso Botero, ancora una volta a fornirci la chiave: «La mia è una pittura che tocca la realtà, che crea una realtà parallela, una realtà possibile».
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Fernando Botero, Musici, 2008 Olio su tela; 178x100 cm
Fernando Botero, Piero della Francesca (dittico), 1998 Olio su tela; 204x177 cm; Fernando Botero Il presidente, Lafirst lady (dittico), 1989, Olio su tela; 203x165 cm
Nel riquadro Tina montinaro e il sindaco Luigi De magistris, al centro i resti dellla Fiat Croma della scorta di Falcone
Quarto savona Quindici. da nord a sud “la memoria in marcia” Antonietta Fulvio
“ I LUOGhI DELLA PAROLA
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PaLERmO. Peschiera del Garda, Sarzana, Pistoia, Riccione, monte San Giusto, Napoli, Vibo Valentia, Palermo. Otto città, otto tappe, ripercorrendo lo stivale da Nord a Sud per ricordare la strage di Capaci. La memoria in marcia questo il nome dell’iniziativa organizzata dall’associazione “Quarto Savona Quindici” nel venticinquesimo anniversario della morte del giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca morvillo e gli uomini della sua scorta: antonio montinaro, Vito Schifani, Rocco Di Cillo. Vite spezzate orribilmente dalla mafia. Una violenza inaudita, un dolore che toglie il respiro ancora oggi al solo ricordo di quell’anno, il 1992, segnato dalle due grandi stragi di mafia, il 23 maggio a Capaci e il 19 luglio in via D’amelio che dilaniarono non solo i corpi dei giudici palermitani Falcone e Borsellino e delle loro scorte ma anche la speranza, quella dei cittadini onesti, dell’Italia migliore. Era già successo dieci anni prima con l’assassinio del generale Carlo alberto Dalla Chiesa e sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. ma quel 23 maggio l’agguato fu terrificante perché l’intento era quello di
mostrare la potenza devastante di Cosa Nostra le cui fondamenta le indagini investigative del pool antimafia stava scardinando. 400 chili di tritolo per fermare il giudice Falcone e i suoi uomini. La Fiat Croma marrone della scorta fu investita in pieno dall’esplosione e fu scaraventata a trecento metri di distanza: dall’ammasso di ferro si è salvato il contachilometri fermato per sempre sul numero 100.287. Quell’ammasso di rottami è diventato una teca-monumento itinerante grazie ad una donna straordinaria: Tina montinaro, presidente dell’associazione che ha voluto chiamare con il nome in codice della vettura assegnata alla scorta di Falcone e a bordo della quale suo marito, appena ventinovenne, perse la vita insieme ai suoi colleghi. Il desiderio di mantenere viva la memoria del suo antonio è coinciso con il suo impegno civile perché dobbiamo essere tutti “Capaci” di non dimenticare, di combattere per affermare la cultura della legalità. Una lotta che ha ingaggiato in questi anni con l’arma più potente, la parola che rompe il silenzio, denuncia, testimonia. In questi anni ha organizzato incontri con studenti, cittadini, autorità perché non si interrompesse mai il filo della memoria che andava però riannodato lì dove tutto ha avuto fine e inizio al tempo
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associazioni, alla rotonda di via Oreto, il movimento dei poliziotti che quest’anno assegnerà alla stessa montinaro la presidenza nazionale onoraria di mP. Nel pomeriggio e lunedì, gli iscritti al sindacato di polizia resteranno accanto alla macchina per rendere omaggio alla memoria dei colleghi e per raccontare alle scolaresche in visita chi erano quei tre ragazzi uccisi dalla mafia che è e resterà sempre “una montagna di merda” per dirla con le parole del giornalista Peppino Impastato. Nella mattinata di martedì 23 maggio una catena umana partirà dall’aeroporto e si snoderà lungo l’autostrada mazara Del
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Si conclude a Palermo il 23 maggio la marcia della teca monumento con i resti della Croma che scortava il Giudice Falcone
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I LUOGhI DELLA PAROLA | Interventi
stesso. Così dallo scorso 1° maggio la teca custodita dalla caserma di Peschiera del Garda, dal '92, ha intrapreso la sua “marcia” verso il capoluogo siciliano. Insieme alla Polizia di Stato, in queste sette tappe dell’iniziativa La Memoria in marcia, Tina montinaro si è fermata anche a Napoli ricevendo dal sindaco Luigi de magistris la medaglia #4giornatedinapoli dedicata alla resistenza all'oppressione. Domenica 21 maggio la Croma blindata è tornata alla caserma Lungaro di Palermo, dalla quale uscì il 23 maggio del 1992 per non farvi più ritorno. ad accoglierla insieme a circa duecento ciclisti di varie
Il Giudice Falcone e la sua scorta (fonte: associazione Quarto Savona Quindici”
Vallo-Palermo per poi concludersi alle 17.58, ora in cui avvenne la strage, nel giardino in prossimità della stele posta lungo l'a29 in direzione Palermo. Lo spazio è lo stesso dove è “atterrata” la Croma blindata, ed è stato curato e ripulito proprio dall’associazione e dai volontari che hanno dato vita alla manifestazione “Piantiamola”, una risposta alle tante promesse disattese, un gesto concreto come la stessa “marcia” per ricordare ma anche ribadire «il dovere morale ed etico di ciascuno di noi, di dire no all’arroganza, al malaffare e ai quei gesti di illegalità quotidiana tipici della subcultura mafiosa.». «mio marito antonio, Rocco e Vito - ricorda Tina montinaro - non volevano essere eroi, non sfoggiavano il completo da Superman, erano uomini con paure come tutti ma mai vigliacchi. Scortavano un uomo che stimavano e per il quale come è accaduto, erano pronti a dare la propria vita. L'auto su cui viaggiavano è un blocco di lamiere accartocciate, vedendola si percepisce subito cosa sia rimasto dei corpi di quei tre ragazzi. Tocchi con mano la brutalità della mafia, l'orrore infinito di cui si è resa responsabile. E noi per questo vogliamo che la teca sia a Palermo, per ricordare a tutti di cosa sono stati capaci quei mostri e per dire a testa alta che nonostante tutto, non hanno vinto loro».
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I LUOGhI DELLA PAROLA | Interventi
Foto piccola: particolare della stele commemorativa, foto grande il giardino della memoria (fonte: associazione Quarto Savona Quindici�)
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casa spazio metaForico Giovanni Bruno
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La riflessione dello psicologo psicoterapeuta
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e Roland Barthes nei suoi “Frammenti” sostiene che l’amore è un discorso, una narrazione altrettanto si potrebbe dire del concetto di casa dove le possibili declinazioni dello spazio abitativo sono potenzialmente infinite. Da sempre la casa è un simbolo che colpisce l’immaginario collettivo, qualcosa che attiene alla nostra intimità più profonda, luogo di emozioni, di legami, di condivisioni e di solitudini. Le mura della propria abitazione racchiudono un’atmosfera psicologica che trasfonde nelle persone che la abitano e il feedback è continuo e coinvolge non solo arredi e suppellettili ma lo stesso inconscio, tutta quella attività psichica che non raggiunge la soglia della coscienza. Da sempre l’uomo ha cercato un riparo per la propria condizione, un luogo confortevole e sicuro dove poter realizzare legami forti e possibilmente stabili così da assumere sicurezza per affrontare la realtà esterna e migliorare la propria qualità di vita. Lo spazio domestico spesso può rispecchiare il nostro ordine interiore ma
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anche il disordine lancia spesso un messaggio di confusione interna e soprattutto di notevole mancanza di definizioni. Studiare l’habitat è anche riflettere sulle relazioni fra individui. La rete di legami si conformerà ai diversi spazi abitativi, non prescindendo dalle varie necessità individuali, ma anche dagli ideali e dalle priorità di ognuno. Tutti i conviventi si costruiranno così una mappa mentale che servirà da bussola per dare risposte adeguate alle vari esigenze dei propri stati interni ,delle proprie emozioni e della realtà che ci circonda. Ci sono due testi che più di altri hanno ispirato questo articolo. Sono quelli di un grande psichiatra francese, alberto Eiguer, e di un giovane antropologo italiano andrea Staid. Eiguer nell’opera L’Inconscio della casa edito da Borla analizza le attività della mente che ispirano la rappresentazione della casa. Le dinamiche interne che presiedono alla costruzione degli spazi e alla disposizione di mobili e suppellettili. L’autore studia concetti come quelli di raffigurazio-
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ne, immagine corporea, e intersoggettività familiare articolandoli tra di loro e facendo così scoprire al lettore che sempre gli spazi domestici hanno connotati di interiorità che sfuggono a una prima lettura. Eiguer, inoltre, ci invita a distinguere tra i due sostantivi: dimora e casa, dove il primo ha un carattere asettico e neutro mentre il secondo ci parla di accoglienza, ospitalità e sicurezza. alberto Staid in abitare illegale edito da milieu analizza le forme dell’informalità dell’abitare. Viaggiando tra Europa e Stati Uniti, Staid studia esperienze abitative del tutto differenti, dalle case occupate italiane alle case sugli alberi in Germania, dagli accampamenti rom e sinti alle case autocostruite in Spagna. L’autore dunque ci racconta di un vivere e abitare borderline dove comunque c’è il calore della convivenza, un cuore che palpita e una vitalità gioiosa e a tratti infantile. Spazi abitativi del tutto informali che tuttavia diventano straordinari osservatori di emozioni e psicologie. Un ultimo cenno voglio riservar-
lo alle nuove tecnologie e alla ricerca istintiva dell’uomo di un riparo, di un rifugio , di una protezione . alessandra Zanelli e Salvatore Viscuso del Politecnico di milano hanno inventato e brevettato il Textile Wall, un pannello in tessuto che si trasforma in muro. La finalità è quella di creare alloggi dopo calamità naturali o crisi umanitarie. I due lati del
Textile Wall sono in tessuto mentre la parte interna è composta da celle che, riempite di adeguato materiale, trasforma il tessuto stesso in una parete solida e isolante. In ogni modo dunque e ad ogni latitudine l’uomo ricerca la formazione di uno spazio fisico che diventi anche spazio metaforico dove trasferire il proprio vissuto e la propria condizione umana.
Renato Centonze Dopo 50 anni di passione per l’Arte ed oltre 30 anni di attività artistica pubblica, tenendo mostre personali in Italia e all’estero, partecipando, invitato, a manifestazioni artistiche di respiro nazionale ed internazionale, è maturo il tempo per inserirmi sulla «grande rete», con il mio mondo artistico… La «rete» mi darà l’occasione di aprire un dialogo ed un più ampio e proficuo confronto con tutti coloro che hanno avuto o avranno contatto con le mie opere. La motivazione che è alla base del mio «fare artistico» è di una semplicità e naturalezza unica: «SENZa L’aRTE La mIa ESISTENZa NON aVREBBE SENSO» L’arte per me è il fluire della vita…è un mondo interno <-> esterno, che passa attraverso il pensiero, le mani, il suono, il segno, la forma, il colore. Per un approfondimento ed una esplicazione della mia arte preferisco che siano altri compagni di viaggio a parlarne: critici, poeti, artisti che, attraverso i loro scritti ed il loro pensiero… mi seguono e si sono «interessati» lungo questo trentennale sentiero che ha un cuore…» È con lo stesso spirito e con le stesse motivazioni che viene riaperto il sito dell’artista renatocentonze.it - fortemente voluto e ideato dalla moglie Floris Quarta insieme al loro figlio marco, prematuramente scomparso in messico il 27 luglio 2016 e aLLa CUI mEmORIa È IDEaLmENTE DEDICaTO L’INTERO PROGETTO. Il percorso artistico di Renato Centonze abbraccia un arco di tempo che va dal 1970 al 2008. La presentazione del suo «fare artistico» non può considerarsi esaustiva della sua ricca produzione, ma rappresentativa del suo incessante processo di ricerca che si snoda da un periodo figurativo (1970/80) alla progressiva scomparsa della figura… alle pitto-sculture-sonore…alle auto-geo-grafie. Sono presenti anche opere su cartoncino e serigrafiche così come una parte dei testi critici relativi a mostre ed eventi che hanno scandito la sua esistenza. Sono passati sette anni da quel 24 maggio 2010 da quando Renato Centonze non è più. L’intento del sito è continuare a divulgare ulteriormente l’opera di Renato Centonze, perché ne resti viva la memoria e possa continuare ad offrire opportunità di studio e di ricerca a coloro che ne avvertissero l’interesse. Per eventuali informazioni di carattere generale o per acquisizioni di opere dell’Archivio scrivere a: info@renatocentonze.it
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I LUOGhI nELLA RETE
(9-10-1947 |24-5-2010)
Nicola mascialino, San Nicola,1930; al centro una sala della Pinacoteca
san nicola in cinQue opere alla pinacoteca giaQuinto
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Fino al 4 giugno 2017 e apertura straordinaria per ‘Musei in Contest’
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BaRI. Dedicata a San Nicola, patrono di Bari e tra i Santi più venerati della cristianità orientale, è la mostra che si è aperta lo scorso 6 maggio nella Pinacoteca di Bari “Corrado Giaquinto”. In visione fino al 4 giugno un significativo percorso iconografico attraverso cinque opere della collezione museale, dal medioevo al contemporaneo. In visione l’icona più antica del museo, la Pala
raffigurante il santo e le storie della sua vita: una tempera dipinta su tavola lignea di autore pugliese, risalente al XIII secolo, proveniente dalla chiesetta di Santa margherita a Bisceglie. Impostato secondo la tradizionale iconografia bizantina, il dipinto raffigura il Santo benedicente in posizione frontale, circondato da una cornice di piccole scene che raccontano episodi della sua vita e
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miracoli post-mortem. Uno dei suoi miracoli più famosi è anche illustrato nella tela di Corrado Giaquinto, San Nicola salva i naufraghi, del 1746. L’opera costituisce un modello che il maestro molfettese realizzò per la grande pala perduta nella chiesa romana di San Nicola dei Lorenesi. Il Santo, protettore dei marinai, mercanti e naviganti è rappresentato mentre porta in salvo l’intero equipaggio di una barca in balìa delle onde, con l’intercessione della Vergine Immacolata. Il soggetto marinaresco è poi ripreso anche nel grande lavoro di Raffaele armenise, la Festa di San Nicola a Bari, del 1920, che descrive l’arrivo delle barche cariche di pellegrini per la festa patronale, presso il molo Sant’antonio, all’epoca in cui
non era stato ancora costruito l’attuale lungomare Imperatore augusto. Di carattere più devozionale è il Ritratto del Santo di Nicola mascialino, del 1930, qui accompagnato dalla presenza dei bambini nella botte, riferimento a un altro dei più noti miracoli del vescovo di mira, che è anche protettore dei bambini. a chiusura della piccola esposizione, un olio su vetro di Gabriela Desvaldi, pittrice contemporanea specializzata nella rivisitazione delle icone bizantine, che in questa sua opera richiama la tradizionale impostazione iconografica della pala di Bisceglie. Nell’ambito della festa dei "musei in contest", sabato 20 maggio 2017 la Pinacoteca sarà aperta con orario continuato dalle 9 fino alle 23, e con
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Corrado Giaquinto, San Nicola salva i naufraghi, 1746
ingresso gratuito per tutti dalle 19 alle 23. "musei in contest" proseguirà anche domenica 21 maggio dalle 9 alle 13 (la biglietteria chiude alle 12:30). Nata ufficialmente il 12 luglio 1928, la Pinacoteca “Corrado Giaquinto” di Bari vide confluire il nucleo di dipinti (provenienti dalla soppressione dei conventi nella seconda metà dell’800) già conservati nella Pinacoteca annessa al museo archeologico Provinciale sorto nel 1875, e altri dipinti ceduti a titolo di deposito da chiese e conventi pugliesi, di opere ottenute in prestito dalle Gallerie Nazionali di Napoli e di Roma e di altre acquistate dalla stessa amministrazione Provinciale di Bari. Così come si presenta attualmente, la Pinacoteca fornisce un’ampia documentazione dell’arte pugliese – o in relazione con la Puglia – dall’XI al XX secolo. Il materiale esposto comprende: una sezione medievale (sculture dei secc. XIXV, icone pugliesi dei secc. XIIXIV); dipinti veneti provenienti da chiese della regione (sono presenti opere di antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto); dipinti pugliesi dei secc. XV-XVI (Tuccio d’andria, Costantino da monopoli, andrea Bordone); dipinti napoletani o di scuola napoletana dei secc. XVI-XVIII (con opere di marco Pino, Paolo Finoglio, maestro degli annunci ai pastori, andrea Vaccaro, Luca Giordano, Giuseppe Bonito, Lorenzo De Caro, Francesco De mura, Fedele
Fischetti, Domenico mondo); un prezioso nucleo di dipinti del Giaquinto; una raccolta di pittura dell’Ottocento (con le prestigiose presenze di Giuseppe De Nittis, Francesco Netti, Domenico morelli, Giovanni Boldini, Teofilo Patini e altri). Notevole il nucleo di ceramiche, per lo più di produzione pugliese del Sei e Settecento, grazie alla donazione De Gemmis (1957) e il grande presepe cosiddetto Caleno (dal nome del proprietario originario), consistente in circa 500 figure e suppellettili che, pur difforme per cronologia, materiali, qualità stilistica, vanta comunque esemplari di grande o grandissimo pregio risalenti ai secc. XVIII-XX. Della massima importanza è stata, per la Pinacoteca, l’acquisizione nel 1986 della cosiddetta collezione Grieco, dal nome del donatore, l’ingegnere Luigi Grieco di origine lucana, composta da 50 notevolissimi dipinti che comprendono, per così dire, tutti i macchiaioli toscani (ad eccezione del Cecioni), alcuni artisti veneti e napoletani dell’Ottocento e un’ottima scelta di grandi artisti del primo Novecento (Pellizza da Volpedo, De Pisis, morandi, Viani, Casorati, Spadini, Campigli). Negli anni Ottanta è stato acquisito inoltre il fondo fotografico del Cav. Vincenzo Simone (Gravina di Puglia 1892 – Bari 1968). Nel 2003, ad incrementare il patrimonio della Pinacoteca, ha concorso il Banco di Napoli che ha concesso, a titolo di deposito temporaneo a lungo termine, numerosi
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Una sala della Pinacoteca (particolare); foto in basso: Raffaele armenise La festa di san Nicola a Bari, 1920
dipinti il cui nucleo principale è costituito da opere napoletane o di presumibile provenienza napoletana, comprese fra i secc. XVI-XIX. Pinacoteca metropolitana di Bari “Corrado Giaquinto” via Spalato, 19/Lungomare Nazario Sauro, 27 ex Palazzo della Provincia (IV piano). Info: 080/5412420 pinacoteca@cittametropolitana.ba.it www.pinacotecabari.it Giorni e orari di apertura: dal martedì al sabato 09,00 – 19.00 (ultimo ingresso consentito ore 18:30) domenica 09.00 – 13.00 (ultimo ingresso consentito ore 12:30) lunedì e festività infrasettimanali chiuso Ingresso: intero € 3,00; ridotto € 0,50
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In questa pagina “Bandadriatica”; a lato i gruppi: “Skanderband” e “Sossio Banda”
orchestra popolare di puglia debutto a galatina
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Nasce l’ensemble promosso da Manigold e Radicanto. Selezioni aperte fino al 26 maggio
GaLaTINa. È un progetto ambizioso ma necessario per il territorio e per chi ama la musica popolare ma non vuole confinarla in stereotipi che poi poco hanno a che fare con la tradizione. Perché se è vero che la tradizione va “tradita” per tenerla in vita è anche vero che c’è bisogno di darle nuova linfa. E cosa
c’è di meglio di un’Orchestra stabile che produca nuovi repertori e metta in campo nuove energie? «Un ensemble stabile, costituito per iniziare da una quindicina di musicisti provenienti da tutta la Puglia», anticipa Claudio Prima, leader di Bandaadriatica. «L’idea, promossa dalle associazioni culturali
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manigold e Radicanto, è di creare un’Orchestra che sia espressione della musica tradizionale pugliese ma soprattutto delle sue nuove forme e indichi lo stato dell’arte, presupposto necessario per proseguire una ricerca sulle possibilità evolutive della musica popolare con un’ottica più allargata: da una parte il deside-
rio di ricerca e l’approfondimento dei repertori popolari pugliesi - dal Salento al Gargano, passando per la Terra di Bari, dall’altra le spinte innovative che guardano alle nuove direzioni della musica tradizionale con uno sguardo al mediterraneo.» Un duplice sguardo: al passato rivolto alle influenze che si sono stratificate grazie alle dominazioni e agli attraversamenti di cui la Puglia si è nutrita nel corso della sua storia e al futuro, agli incontri con le tradizioni dei paesi che si affacciamo sul mare di mezzo, dal Nord africa ai Balcani, dall'Occitania all'andalusia - spiegano i promotori impegnati in questi
ultimi giorni con la selezione dell’organico. I musicisti pugliesi che intendano parteciparvi dovranno compilare e inviare entro il 26 maggio il format di iscrizione - che troveranno sul sito galatinarte.wordpress.co m - assieme ad un videoclip con una performance musicale di un brano (preferibilmente tradizionale) da cui si possa evincere la personale padronanza dello strumento e trasmetterlo all’indirizzo orchestrapopolaredipuglia@gmail.com. L’Orchestra debutterà, all'interno di Suoni di Puglia nell'articolata programmazione GalatinArte il prossimo 29 giugno in Piazza San Pietro a Galatina in
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Nelle foto i gruppi “Taricata” e “Uaragniaun”
occasione dei festeggiamenti dei Santi Patroni. Per l'evento la neonata Orchestra incontrerà la compagnia del coreografo francese alexandre Roccoli, la musica elettronica della tunisina Deena abdelwahed e numerosi protagonisti d’eccellenza del panorama musicale e coreutico pugliese che presenteranno al pubblico il frutto di un lavoro collettivo ad hoc svolto nel corso di una residenza per artisti, ricercatori e operatori culturali denominata PauLaB sulle musiche, le danze e i rituali del patrimonio immateriale salentino. La rassegna Suoni di Puglia proporrà inoltre, a partire dal 27 maggio, una serie di concerti in Piazza Galluccio a Galatina - con la direzione artistica del musicista, compositore e cantante Claudio Prima - che culminerà nella settimana del tarantismo a fine giugno, in occasione dei festeggiamenti dei Santi Patroni Pietro e Paolo. Ospiti della rassegna, organizzata dal Comune di Galatina e sostenuta dalla Regione Puglia, dal Teatro Pubblico Pugliese e da Puglia Sounds, saranno cinque gruppi provenienti dalle diverse province pugliesi che operano nell'ambito della ricerca attorno alla musica tradi-
zionale e che indagano sulle sue radici e sulle sue possibili evoluzioni. a partire, come annunciato dal 27 maggio, si alterneranno sul palco gli “Skanderband”, “La taricata” (sabato 3 giugno), “Bandadriatica” (sabato 10 giugno), “Uaragniaun” (sabato 17 giugno), “Sossio Banda” (sabato 24 giugno) e, dulcis in fundo, il 29 giugno il debutto della Nuova Orchestra Popolare di Puglia. (an.fu.) Info: orchestrapopolaredipuglia@gmail.com galatinarte.wordpress.com
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Il trombettista sardo Paolo Fresu fotografato da alessandra Freguja (sito ufficiale dell’artista),
Fasano Jazz 2017 in arrivo Fresu e di bonaventura
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Apre la rassegna il 26 maggio Gianluca Petrella. Nella serata finale il 10 giugno il ritorno dei Lingomania
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FaSaNO. Vent’anni di ritmi, di intrecci sonori all’insegna di emozioni in note. al via “Fasano Jazz 2017”, la rassegna concertistica organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune e con la direzione artistica di Domenico De mola in collaborazione con l'associazione “Le Nove muse”. Giunta alla ventesima edizione, la manifestazione si articolerà in tre date in cui si avvicenderanno cinque diversi set. Si comincia venerdì 26 maggio al Teatro Sociale, alle ore 21, con due situazioni: dapprima sul palcoscenico suonerà Gianluca Petrella (trombone ed elettronica) per il suo nuovo progetto Electronic solo; il secondo momento, invece, sarà dedicato al tema La nostalgia progressiva – una rilettura della musica dei King Crimson,
Soft Machine & Robert Wyatt, Nucleus ed altro vedrà esibirsi insieme Boris Savoldelli (voce ed elettronica), maurizio Brunod (chitarra) e Giorgio Li Calzi (tromba ed elettronica). Costo del biglietto: 5 euro. Giovedì 8 giugno, sarà la volta di due set al Teatro Kennedy, alle ore 21 in scena Connie Valentini (voce) e Daniele Di Bonaventura (bandoneon), mentre, a seguire, si proporrà il duo formato da Paolo Fresu (tromba ed elettronica) e lo stesso Di Bonaventura con il quale Fresu ha pubblicato l'album In Maggiore. Costo del biglietto: 10 euro. Sabato 10 giugno, infine, ultimo appuntamento della kermesse al Teatro Kennedy con i Lingomania (ore 21): gli spettatori potranno apprezzare il gruppo fusion tendente al jazz nato e cresciuto a metà degli anni '80 che si ricostruisce per l'appuntamento fasanese; si esibiranno maurizio Giammarco (sassofoni e all'epoca leader della band), Umberto Fiorentino (tromba), Furio Di Castri (contrabbasso), Roberto Gatto (batteria) e Giovanni Falzone (unica new entry del gruppo). Costo del biglietto: 10 euro. Info: 080.4394180 (ufficio Cultura) oppure 080.4426468 e 393.8975459 (segreteria del Teatro Sociale)
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In basso una foto di Paola Casali, a lato un momento del backstage
gli scatti di paola casali nel mirino la magia della danza Marcella Barone
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Protagoniste dello shooting firmato dalla fotografa romana le allieve della Kledi Dance Lecce e i luoghi del Salento
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a danza tradotta in fotografia parla un linguaggio fatto di istanti in cui il tempo sembra fermarsi per accogliere un fotogramma che immortali per sempre il senso più vero e intimo di un'arte che, sin dai primi passi di una ballerina, diventa un tutt'uno con la sua stessa vita. Dalle ballerine più piccole a quelle più grandi, la fotografa romana Paola Casali ha fatto tappa nel Salento per catturare la tenerezza e la passione per la danza che le allieve dello Studio Danza
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Kledi Dance Lecce coltivano giorno per giorno grazie alla direttrice artistica della scuola, Ilenia De Pascalis, e a tutto il corpo docente di cui si avvale per lo studio della danza classica, contemporanea, moderna e per la disciplina del musical, fiore all'occhiello della scuola leccese. La collaborazione tra Paola Casali e Ilenia De Pascalis nasce a Roma anni fa e torna, più viva che mai, dalla volontà condivisa di creare un percorso fotografico dedicato alla danza e ambienta-
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to in alcuni degli scorci e luoghi più suggestivi del Salento. Per l'occasione, le ballerine hanno indossato magnifici tutù professionali messi a disposizione della costume designer Elena Cretì della sartoria Degas. ma protagoniste sono state di diritto anche le ambientazioni impresse negli scatti artistici di Paola Casali nei giorni in cui si è svolto lo
shooting, nell'ultima metà del mese di aprile: le ballerine hanno posato in alcuni angoli del centro storico leccese ricchi di fascino, dal Duomo alle viuzze circostanti fino ai cortili aperti, per poi immergersi nel cuore del Salento, ospitate a Vernole presso gli intimi e ospitali spazi di masseria Vittoria di Loris mulino, struttura del XVI secolo immersa negli ulivi e nel verde, nell'antica tenuta dei Cacari.
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alcuni scatti di Paola Casali
L'ultima giornata dello shooting ha avuto luogo in un altro posto incantato del territorio salentino, il maestoso e storico Palazzo Baronale Guerrieri di Trepuzzi, costruito nei primi anni del '900, una vera e propria perla artistica del paese del Nord Salento nelle cui sale si intrecciano passato e presente con uno stile aristocratico ed eterogeneo fortemente caratterizzato dagli affreschi che adornano le molteplici stanze. Se da un lato lâ&#x20AC;&#x2122;obiettivo dello shooting è quello di dare risalto artisticamente al mondo della danza, dallâ&#x20AC;&#x2122;altro il progetto mira
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La fotografa Paola Casali mentre realizza uno scatto
anche a valorizzare questi luoghi senza tempo animandoli con la passione e il talento espressi dalle ballerine della Kledi Dance Lecce in momenti conviviali e teneri che prossimamente potranno essere ammirati in una mostra fotografica. "abbiamo scelto delle location molto suggestive per valorizzare anche il territorio oltre alle nostre ballerine e dare lustro agli edifici storici
e agli scorci piĂš affascinanti del Salento", spiega la direttrice artistica Ilenia De Pascalis, "per questo il nostro progetto ha un duplice scopo, da un lato mettere in mostra il lato piĂš intimo della danza con scatti quasi rubati e poco posati delle ballerine, appunto per far vedere la naturalezza e l'amore per questa disciplina, dall'altro abbiamo voluto che queste immagini fossero accompagnate da luoghi pieni di fasci-
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treviso in Festa. il tricolore e gli alpini salutano il piave Anna Paola Pascali
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Lo scorso 14 maggio si è svolta la novantesima adunata nazionale degli Alpini TREVISO. Sembra una festa, e forse lo è davvero, quello che in questi giorni di maggio ha investito la città di Treviso e molti dei suoi comuni. Il territorio è parato a festa da centinaia di bandiere tricolore e striscioni con su scritto: Benvenuti alpini! Gli alpini, con il loro sorriso sgargiante ed il loro orgoglio che trapela dai volti sereni e rassicuranti, sono dappertutto. Provengono da ogni parte d’Italia e sono dislocati sul territorio della marca Trevigiana, ospitati da diverse strutture tra cui scuole e centri per anziani. alcuni sono situati lungo le strade in tendopoli e camper. Con il loro berretto, con su una penna nera, si aggirano tra le vie. Ti salutano, anche se non li conosci; sembra vogliano portare una nuova ventata di primavera e di speranza, soprattutto tra i giovani che oggi, purtroppo, hanno per-
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so gran parte della loro identità sociale e culturale. Le manifestazioni, che si susseguono ormai da parecchi mesi e culminano con la grande adunata nel cuore della città il 14 maggio, sono state tante. I luoghi della Grande Guerra, dove gli alpini hanno combattuto per ridare all’Italia libertà e dignità hanno visto celebrazioni, commemorazioni, concerti, mostre, rievocazioni storiche e manifestazioni sportive e culturali donando, oltre a momenti aggregativi, grandi spunti di riflessione sull’importanza della pace nel mondo. Il ritorno ai luoghi simbolo dell’epopea delle Penne nere (Piave – Grappa – montello) hanno evocato grandi emozioni in virtù delle sofferenze vissute dagli stessi e dalla popolazione civile durante il grande conflitto. Il Piave, fiume sacro alla
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patria, racconta le sue ferite nel trevigiano: un pezzo di storia italiana che si snoda fra trincee e postazioni dove i nostri soldati combatterono per ridare decoro ad un paese calpestato. Le loro imprese sono intrise di sangue, di sofferenza, di sacrifici inenarrabili ma anche di stoica resistenza in mezzo a cruente e ardimentose lot-
te. I “figli dei monti”, come erano definiti da Cesare Battisti, si adattarono alle condizioni più avverse, e in 41 mesi riuscirono a portare a termine ciò che altri non seppero fare. Il coraggio e la determinazione del corpo degli alpini si traduce, oggi, in un impegno costante, schierato su vari fronti. Le loro attività sono
alcuni momenti dell’adunata, foto di anna Paola Pascali
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alcuni momenti dell’adunata, foto di anna Paola Pascali
molteplici: volontariato volto sempre ad aiutare chi è in difficoltà, azzerando ogni diversità. L’alpino, oggi come ieri, non conosce differenza di religione, razza, etnia, cultura; insegna a mantenere e ad essere fieri della propria italianità, rispettando ed aiutando il prossimo, sgretolando così le diseguaglianze. Perché non c’è più bella cosa che dire: “sono un cittadino del mondo” indossando il tricolore italiano. Oggi, 14 maggio, Treviso è in festa, in un tripudio di verde, bianco e rosso, ricordando la fulgida epopea degli alpini e ravvisando che gli errori/orrori del passato devono servire come monito perché non si ripetano mai più. Oggi Treviso è l’Italia e l’Italia è portatrice di pace ovunque.
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borgoinFesta a borgagne se l’estate è ecosostenibile Marcella Barone
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Voci di terra per dar voce alla speranza. Racconti, Sapori, Canti, Danze, Musiche all'insegna dell'integrazione e del vivere sostenibile
BORGaGNE (LECCE). Borgoinfesta, il prologo sostenibile dell’estate salentina, torna per il tredicesimo anno a Borgagne, frazione di melendugno e Borgo autentico d’Italia, dal 2 al 4 giugno per continuare a promuovere all’interno del festival eco-culturale tutti quei valori di uguaglianza, confronto aperto, rigenerazione e sostenibilità che sono racchiusi nell’aPS Ngracalati. Il caratteristico centro storico e le corti circostanti ospiteranno il palcoscenico diffuso di incontri, laboratori, mercatini, installazioni artistiche, rac-
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conti, suoni e grida di terra che, a cura di Franco Ungaro, quest’anno avranno un ruolo centrale in piazza Sant’antonio con “gridatori” d’eccezione, tra cui Nando Popu, marco Sartoro Verri, marina Greco e massimo Vaglio, che si alterneranno ogni sera per condividere umori, desideri e afflizioni della nostra terra. Non a caso, il tema di Bif 2017 resta “Voci di Terra” e proprio da qui si deve ripartire per pensare un cambiamento possibile che passi da un approccio culturale e colturale differente nel qua-
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In queste pagine e la precedente, immagini d’archivio riferite alla scorsa edizione
le l’agricoltura sostenibile viene raccontata da contadini e piccole aziende in un apposito spazio dove presentare e spiegare prodotti e pratiche virtuose (mercatino dell’agricoltura Sostenibile); l’accoglienza e la solidarietà prendono il nome di Borgofratellanza con “maniaperteversolafrica”, i cui fondi serviranno alla realizzazione di un grande pollaio all’interno dell’orto di Ouenou (in Benin) per il sostentamento alimentare ed economico dell’orfanotrofio nato grazie a monsignor martin che sarà presente nei giorni della manifestazione; la tradizione culinaria riempirà la piazza dell’intenso profumo dei piatti locali, poveri e preziosi al tempo stesso, frutto della fatica e dell’esperienza delle donne di Borgagne, le stesse che metteranno le“mani in pasta” per insegnare in un mini corso come realizzare la pasta fresca fatta in casa ai visitatori; il borgo potrà essere esplorato seguendo i passi del paesologo Franco arminio, documentarista e poeta che da anni coglie e racconta le problematiche dei territori promuovendo un turismo che intreccia svago e impegno civile. accanto a solidarietà, gusto, arte e artigianato, come sempre non mancheranno i momenti di intrattenimento e festa legati indissolubilmente al concetto di Bif con BorgoInCanto: si comincia venerdì 2 giugno con il gradito ritorno di marco Poeta e Roberto Licci, che quest’anno raccontano in musica l’incontro di blues e mediterraneo nel progetto Grico ‘n Blues; si prosegue sabato 3 giugno con la Unzapzap Bif Band, la voce del popolo contadino diretta da Luigi morleo con mauro Squillante e Sante Tursi, idea incentrata sulla valorizzazione dei canti tradizionali salentini accompagnati da strumenti da lavoro agricoli, e l’Orchestra Popolare di via Leuca con musiche e danze da ogni dove che chiuderanno la serata; domenica 4 giugno, infine, un grande ritorno in piazza Sant’antonio con la Notte delle Cento Chitarre diretta da Luca morino, una grande orchestra spontanea che diffonderà le Grida di Terra con percussioni, cantanti e, in particolare, tantissimi chitarristi che creeranno un momento di condivisione musicale in cui le barriere di età e competenze vengono meno in favore della passione per questo strumento e per le armonie che si legano alla musica tradizionale. Subito dopo, in conclusione della 13esima edizione di Bif, sul sagrato della Chiesa madre si esibirà il progetto migranti 2.0, diretto dal mae-
stro Luigi morleo e donato a Bif direttamente dal Festival dei Popoli di Bari, guest star Enza Pagliara. migranti 2.0 è una strategia musicale che si avvale di un coro multietnico e sarà supportato da un interprete LIS: Bif, così come ha iniziato, chiuderà nel segno di una rINvoluzione sana e possibile lanciando un messaggio di integrazione, condivisione e accessibilità. La promozione del territorio passa anche dall’o-
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spitalità e dalla comunicazione: ecco perché quest’anno l’aPS Ngracalati ha organizzato, nei giorni di Bif, un educational tour dal titolo “Salento Carpe Diem Bif Tour 2017” finanziato dalla Regione Pugliaall’interno del bando ospitalità per giornalisti e opinion leader nato con l’obiettivo di destagionalizzare e dare massima visibilità agli eventi che si svolgono in Puglia prima del 21 giugno, presentato e cofinanziato dal
Comune di melendugno: il 2, 3 e 4 giugno giornalisti, blogger e opinion leader saranno ospiti del Borgo autentico di Borgagne alla scoperta del patrimonio storico-culturale, naturalistico ed enogastronomico che diffonderanno mediante i propri canali. Tutte le info e i dettagli del programma su: www.borgoinfesta.com
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caravaggio e i caravaggeschi nel castello di otranto
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Dalla Fondazione Longhi in arrivo l’11 giugno, fino al 24 settembre, grandi capolavori del maestro lombardo e dei suoi seguaci
O T R a N TO ( L E C C E ) . Dopo lo straordinario successo della mostra dedicata a Steve mcCurry nell’estate 2016, il Comune di Otranto e Civita mostre organizzano, dall’11 giugno al 24 settembre 2017, nei suggestivi ambienti del Castello aragonese una mostra dedicata a Caravaggio e ai pittori caravaggeschi che hanno operato nell’Italia meridionale. Tutte le opere esposte provengono dalla Fondazione di Studi di Storia dell’arte Roberto Longhi, che custodisce il lascito di quello che è stato il più importante storico dell’arte italiano ma anche uno straordinario collezionista. Roberto Longhi (alba 1890 – Firenze 1970) è una delle personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX secolo. alla pittura del Caravaggio
(michelangelo merisi, detto il Caravaggio, milano 1571 – Porto Ercole 1610) e ai suoi seguaci, i cosiddetti caravaggeschi, ha dedicato una vita di studi, a partire dalla tesi di laurea sul Caravaggio del 1911. Si trattò, a quella data, di una scelta pioneristica, tanto all’epoca il pittore era uno dei “meno conosciuti dell’arte italiana”. Longhi seppe da subito riconoscere la portata rivoluzionaria della pittura del merisi, così da intenderlo come “il primo pittore dell’età moderna”. Nella sua dimora fiorentina – villa Il Tasso –, oggi sede della Fondazione che gli è intitolata, raccolse un numero notevole di opere dei maestri di tutte le epoche, che furono per lui occasione di ricerca e di studio. Tra queste il nucleo più importante e significa-
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tivo è senza dubbio quello che comprende le opere del Caravaggio e dei caravaggeschi, formatosi attorno al Ragazzo morso da un ramarro del merisi, da lui acquistato verso il 1928. Il dipinto, che risale all’inizio del soggiorno romano di Caravaggio, all’incirca nel 1596-1597, colpisce innanzitutto per la resa del brusco scatto con cui il giovane si ritrae improvvisamente per il morso di un ramarro, quasi come in una istantanea fotografica, ma anche per la “diligenza” con cui ha reso il brano della natura morta con la caraffa e i fiori, un genere pittorico riportato a dignità autonoma proprio dal Caravaggio. Nella mostra, curata da maria Cristina Bandera, direttrice scientifica della Fondazione di Studi di Storia dell’arte Roberto
michelangelo merisi, detto Il Caravaggio, Ragazzo morso da un ramarro, 1596-1597 circa, olio su tela, cm. 65,8 x 52,3
Longhi, accanto al Caravaggio sono esposti i dipinti dei suoi seguaci meridionali o attivi nell’Italia del Sud, che fanno parte della stessa collezione e offrono una efficace testimonianza del significato storico della sua pittura. Grandi capolavori possono ritenersi cinque tele che raffigurano gli apostoli, del giovane Jusepe de Ribera e la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo, il principale caravaggesco napoletano. Il profondo radicamento dell’esempio del maestro nell’arte napoletana è attestato dal David di andrea Vaccaro e dal drammatico San Girolamo del maestro dell’Emmaus di Pau. Nelle opere di matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia, si materializza una perfetta sintesi tra la cultura nordica di partenza – legata al caravaggismo olandese – e la pittura italiana. Sono inoltre presentate inoltre opere di Lanfranco, del maestro dell’Annuncio ai pastori, di Filippo Napoletano e di Giacinto Brandi. Il percorso si conclude con due capolavori di mattia Preti, l’artista che più di ogni altro contribuisce a mantenere per tutto il Seicento la vitalità della tradizione caravaggesca. È infine prevista la proiezione del film di mario martone dal titolo L’ultimo Caravaggio (durata 40‘), realizzato
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Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello , Cristo morto trasportato al sepolcro, primo quarto del XVII secolo, Olio su tela, cm. 128 x 164
nel 2004. La cinepresa del grande regista scompone e riassembla dettagli rubati ora ai dipinti di Caravaggio, ora ai quartieri popolari e alle estreme periferie di Napoli, ricostruendo così, con un linguaggio che parla anche al nostro tempo, la vicenda artistica ed umana del Caravaggio nei suoi ulti-
mi anni, vissuti nell’Italia meridionale. La mostra, unitamente a quella di Roberto Cotroneo, sarà accessibile al pubblico con il biglietto di ingresso del Castello aragonese, che consente di visitare tutti gli ambienti della fortezza, dai sotterranei agli allestimenti dedicati alla storia della città.
VISIONI DEL SUD. FOTOGRAFIE DI GIUSEPPE PALUMBO aprirà i battenti, dal 24 maggio nella Torre matta di Otranto, Visioni del Sud. Fotografie di Giuseppe Palumbo, una mostra-laboratorio itinerante promossa da Istituto di Culture mediterranee (ICm). L’evento espositivo mira a far conoscere e valorizzare l’archivio fotografico di Giuseppe Palumbo, grande intellettuale e studioso di inizi Novecento, autore di una collezione di oltre 1700 immagini, donata dall’autore al museo Sigismondo Castromediano di Lecce. Un’opera monumentale, dallo scorso anno oggetto di esplorazione, studio e rielaborazione da parte del laboratorio creativo Big Sur, a cui si deve l’ideazione del progetto. Fino al 1 novembre 2017. Info: 0836 210094
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roberto cotroneo genius loci, nel teatro dell’arte
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«C’è un profondo rapporto, un rapporto nuovo, tra narrazione e fotografia. Colpa della narrazione, merito della fotografia».
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Pensiamo sempre agli spazi espositivi come a dei luoghi perfetti, dove quello che conta sono le opere esposte. Le opere fanno i musei: i capolavori artistici li abitano e li rendono quello che sono. In realtà gli spazi espositivi sono luoghi abitati da persone, visitatori, e in molti casi masse di gente che si muovono, che si fermano, che guardano, che meditano, che vanno e vengono, e disegnano percorsi, raccontano una loro storia, contribuiscono a rendere l’esposizione dell’arte qualcosa di mobile, di duttile, di sempre diverso. Per dirla tutta, nessun museo o galleria d’arte è pensabile senza un pubblico. Roberto Cotroneo, scrittore e saggista, autore tra gli altri di un romanzo “Otranto” e di una raccolta di poesie “I demoni di Otranto” dedicati alla città salentina, da alcuni anni ha affiancato il suo lavoro di scrittura con quello della fotografia. E per più di tre anni ha osservato e fotografato il pubblico negli spazi espositivi. Nei loro movi-
menti, nelle posture, nelle espressioni, nella capacità di attraversare gli spazi, le soglie, i luoghi. Nel castello aragonese, accanto alla mostra dedicata a Caravaggio e ai suoi seguaci, sarà allestita una mostra, presentata questa primavera nella Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, con cui Roberto Cotroneo esordisce nella sua attività di fotografo, intrapresa negli ultimi anni. Genius Loci, nel teatro dell’arte è il risultato di questo lungo lavoro, sul rapporto tra pubblico e arte, tra opere e immagini fotografiche. Le fotografie esposte conducono il visitatore in una sorta di teatro, in una scena dove gli attori entrano sul palcoscenico dell’arte, o si preparano a farlo. Le sale di un museo d’arte prevedono un pubblico che guarda le opere, ma non un pubblico che osserva un pubblico. Eppure tra le prime cose di cui si deve prendere atto, e che è l’origine di questo lavoro, è che nel teatro dell’arte, la scena non è quella dell’opera ma del pubblico. Come scrive l’autore, «l’opera, nell’epoca della riproducibilità tecnica, ritrova la sua unicità solo attraverso la condivisione con il visitatore, sottraendo la sua potenza estetica per cederla a chi passa, a chi si ferma, a chi guarda». La mostra, organizzata dal Comune di Otranto e Civita mostre, unitamente a quella su Caravaggio e i caravaggeschi, sarà accessibile al pubblico con il biglietto di ingresso del Castello aragonese, che consente di visitare tutti gli ambienti della fortezza, dai sotterranei agli allestimenti dedicati alla storia della città.
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Nella foto in basso antonio Jasevoli, nella pagina a lato mauro Smith
the WolF session, antonio Jasevoli e mauro smith
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Dal 5 aprile su tutti i digital store il disco del duo pubblicato da Videoradio Edizioni Musicali
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i intitola The Wolf Session il progetto musicale che vede insieme il chitarrista antonio Jasevoli e mauro Smith musicista, architetto e artista visivo. Un lavoro discografico,
pubblicato da Videoradio Edizioni musicali e dal 5 aprile su tutti i digital store, che unisce sessioni di libera improvvisazione nate per caso durante una vacanza in montagna, con una
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rudimentale strumentazione “da viaggio”. Tra i più interessanti chitarristi della scena contemporanea, antonio Jasevoli ha uno stile molto personale, sintesi della
sua formazione eterogenea sviluppata, nel corso degli anni, con la frequentazione di molteplici ambiti musicali e chitarristici: dal rock al jazz alla musica etnica, dall'elettronica alla chitarra classica, dalla scrittura colta europea alle forme d'improvvisazione contemporanea. Pioniere ed importante riferimento per intere generazioni di chitarristi nell'uso degli effetti elettronici applicati alla chitarra elettrica, è al tempo stesso un grande conoscitore della chitarra classica, di cui è uno degli interpreti più originali. Nel corso della sua carriera ha composto musica per Teatro, Danza, Cinema e ha pubblicato numerosi dischi da solista e come ospite. attualmente pubblica molti suoi lavori per la prestigiosa etichetta “Parco della musica Records” ha collaborato con i massimi esponenti della musica internazionale tra i quali Kenny Wheeler, Tony Scott, Steve Grossman, andy Sheppard, Bob Brookmeyer, maria Shneider, Daniel Humair, Ernst Reijsenger, Dominique Piffarelly, antonello Salis, Paolo Damiani, Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Gianluigi Trovesi, Don moje, John Taylor. Dirige la GEO, Guitar Experience Orchestra organico di 30 chitarre di S. Cecilia, di cui è anche arrangiatore e compositore. maestro di "Chitarra Jazz" ed "armonia, analisi e Tecnica d'improvvisazione" al Conservatorio di S. Cecilia di Roma dal 2007 ad oggi, è stato il primo docente di Chitarra Jazz nella storia di questa prestigiosa istituzione, inoltre ha insegnato al Conservatorio a. Casella di L’aquila ed al Conservatorio O. Respighi di Latina, attualmente è docente presso i Conservatori L.Refice di Frosinone e L. Che-
rubini di Firenze. musicista, architetto e artista visivo mauro Smith è tra i fondatori dei Neroitalia, band che negli anni 90 pubblica Il suono delle radici (W&w), Distanze (Harmonia mundi, France) e Terres du sud Italie (Harmonia mundi, France). Tra il 1999 e il 2005 prende parte parallelamente a progetti musicali di artisti pop, tra i quali, Ornella Vanoni (Adesso, CGD East West), Enzo Gragnaniello (Oltre gli alberi, Sugar/Universal) e alan Wurzburger (Amour amer, Sottosuono). Nel 2006 pubblica il cd La danza di Uaio il Pesce (Itinera), disco di duo cameristico e d’improvvisazione di pianoforte e batteria Urciuolo Smith; il disco è considerato dalle riviste di jazz italiano tra i migliori dell’anno. Compositore ed esecutore di colonne sonore per corti e documentari, di installazioni artistiche e rappresentazioni teatrali, letture in musica e dialoghi tra fotografia, video e percussioni collabora
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tra i vari con Wayne Shorter, John Patitucci, Danilo Perez, Brian Blade, Dan Fante, Horacio El Negro Hernandez, Robbie ameen, Joe amoruso, Tiziano Scarpa, Silvio Perrella, michele Serio, alessandro Cimmino, Luca aquino, Vito Ranucci. Tra il 2015 e il 2016 nascono i progetti con il chitarrista antonio Jasevoli Divergent Meetings e The Wolf Sessions. In quest’ultimo progetto viene espressa l’essenza della libera improvvisazione caratterizzata da alcune connotazioni tipiche dello stile e della poetica dei due musicisti che hanno tratto ispirazione dal contesto magico ed intenso dell’ambiente circostante. Quel che è uscito fuori dal connubio è una musica che oscilla tra sonorità classiche e delicate della jazz guitar a momenti più laceranti, con riff e grooves potenti, una sorta di “free grunge jazz”, sempre densa di linguaggi emozionali intensi, poetici e crudi al tempo stesso.
Nel riquadro La gabbia di Rossella Baldecchi
a Fabriano le donne segnate di rossella baldecchi Giuseppe Salerno
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Dal 13 maggio all’11 giugno nel Museo della Carta e della Filigrana diciotto acqueforti dell’artista pistoiese Quando alcuni anni fa assistetti per la prima volta ad una esposizione di pitture ad olio di Rossella Baldecchi, nell’apprezzarne l’indiscutibile capacità tecnica corsi il rischio, per una visione superficiale, di passare oltre ascrivendo l’apparente leggerezza dei suoi lavori alla categoria oggi poco significante del “bello”. Una categoria che nulla ci dice dell’opera nel mentre che la allontana dal rapporto con la contemporaneità. Furono però quelle piccole presenze di insetti ed elementi vegetali reiterate in ogni tela, inizialmente lette come puro decoro, a reclamare un supplemento di attenzione che me ne rivelò presto il ben più prezioso valore simbolico. Fu poi la scoperta dei testi di accompagnamento alle singole opere a far montare l’interesse per un’artista che, attraverso l’uso tanto della parola che del colore, iniziava ad avvolgermi e coinvolgermi. Ogni donna è una storia che si ripete. Violenze perpetrate nei confronti di creature la cui bellezza, ancorché ferita, risulta
essere sempre trionfante. Una galleria di ritratti di donne accomunate da un medesimo crudele destino. Donne dietro le cui sembianze aleggia molto più che non il comune denominatore del dolore. E’ forte la percezione che le sofferenze delle tante vittime celebrate siano vissute dall’artista sulla propria pelle, sofferenze delle quali ci rende partecipi presentandoci autoritratti che nella loro diversità sono pur sempre autoritratti. Di ciò non c’è da meravigliarsi. Non è forse nel farsi pienamente carico del mondo trattato la grandezza di un’artista? E’ una bellezza, quella espressa nelle donne ritratte dalla Baldecchi, capace di veicolare contenuti pesanti la cui rappresentazione poetica è in quelle piccole, bianche piume che, macchiate di sangue, volteggiano leggere nell’aria. La frequentazione poi ed una più approfondita conoscenza dell’artista mi hanno dato ampia conferma della sua profonda partecipazione e totale dedizione alla causa delle donne. Con Rossella
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Nelle immagini le opere L’essenza dei papaveri e Butterfly di Rossella Baldecchi
Baldecchi ci troviamo di fronte ad una chiara testimonianza di come soltanto l’arte e la vita in stretto rapporto diano oggi i risultati migliori. Venendo a “Donne Segnate”, mostra che vede insieme 18 opere realizzate con la tecnica dell’incisione, nessun titolo avrebbe potuto essere più indicato per ritratti di donne il cui corpo e la cui anima segnate si mostrano a noi per via del segno, questa volta lasciato con pietà dall’artista sulla lastra di rame. Vincente inoltre la scelta di accostare le preziose lastre alle relative stampe su carta. Una scelta che, nel mettere a confronto il bianco e nero dell’immagine stampata con il colore lucente del rame, ci riporta al calore che contraddistingue l’universo femminile rappresentato. Una superfice delicata quella del rame, soggetta ad alterarsi al prolungato contatto con l’aria ed ancor più quando esposta al tocco delle dita. Un materiale sensibile che, in simbiosi con le donne in esso riprodotte, chiede rispetto. alla scelta dell’artista di accostare all’immagine stampata la matrice, da sempre considerata un prodotto intermedio del processo realizzativo, va una mia finale riflessione. Considerando che l’incisione nacque in tempi lontani per disporre di più copie della stessa immagine a corredo di testi stampati e che furono poi le stampe ad alimentare un florido mercato dell’arte a costo contenuto mi domando, in un mondo profondamente diverso dove si avverte forte la necessità di distinguere l’arte dal mercato, se non sia opportuno cambiare visione riconoscendo a quella lastra in primis, sulla quale l’artista ha trasferito le proprie tensioni e dato corpo a pensieri ed emozioni, il valore di opera d’arte. Chiedo scusa ai tanti che non condivideranno questo mio pensiero ma è ciò che sento di esprimere di fronte alla forte suggestione che emanano queste opere su rame. Donne segnate di Rossella Baldecchi Museo della Carta e della Filigrana Fabriano, Largo Fratelli Spacca 2 13 maggio – 11 giugno 2017 dal martedì alla domenica, ore 09.30/13.30 14.30/18.30
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Nel riquadro lil maestro Pasquale Urso, in basso l’entrata del Laboratorio a Lecce, in via Santa maria del Paradi-
il maestro dell’incisione e il torchio d’arte la stella
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In mostra una selezione delle opere dei 280 autori che hanno animato l’Officina calcografica di Pasquale Urso
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LECCE. 1974-2017. 43 anni di Stamperia con circa 280 autori. In mostra dal 1 al14 giugno nelle sale dell’ex Conservatorio Sant’anna a Lecce una selezione delle opere degli autori di grafiche che hanno animato in quasi mezzo secolo l’Officina Calcografica “Torchio d’arte La Stella” di Pasquale Urso. «Un nome preso in prestito ad vecchio timone per tirare le barche in secca trovato su una spiaggia dai miei figli. Quando ho cominciato nel lontano 1974 lo studio era in via Don Bosco, 28 poco dopo riuscii ad acquistare il torchio e decisi subito di metterlo a disposizione di quanti volessero usufruirne. Vito Ursoleo si mise a fare lo stampatore e Ciro Intermite ha abitato nello studio: amici grottagliesi con i quali avevo vissuto l’accademia di Belle arti.», ricorda Pasquale Urso che per tantissimi anni è stato docente del Liceo artistico di Lecce. Tra lastre, pece nera e acidi per le morsure la nascita di una calcografia è un prodigio che passa
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Nella foto: Pasquale Urso, la pietra vive, acquatinta
attraverso nove fasi: dal disegno, realizzato al contrario, sulla lastra che a seconda della tiratura può essere di zinco, rame, ottone. Per diventare matrice deve essere tagliata, lucidata, sgrassata, verniciata prima di essere pronta per essere incisa con la punta d’acciaio tenuta come se fosse una matita. a disegno ultimato, l’immersione nell’acido, infine l’inchiostrazione e la stampa. «Una stampa d’arte non è una riproduzione precisa lo stesso Urso - ma un originale in quanto sulla matrice
l’artista ha elaborato un’immagine nuova per essere stampata come dettano i canoni internazionali senza utilizzare processi meccanici o fotomeccanici.» Il Torchio La Stella, in via santa maria del Paradiso, “all’ombra della Chiesa del Rosario” ha fatto la storia dell’arte dell’incisione ed è stato frequentato da numerosi artisti. «Ricordo il grande lavoro svolto da marisa Romano, Rita Guido e angelo Lupi Tarantino. E ancora Salvatore Spedicato, Ercole Pignatelli, Piero Paladini, Giuseppe Lisi, Gianfranco Russo, Lucio Conversano, Lorenzo marra». E sfogliando il catalogo delle edizioni Grapho, un foglio d’arte realizzato per l’occasione, Pasquale Urso racconta dell’amico Giovanni Polo assiduo frequentatore del laboratorio e autore di splendide acqueforti. Il torchio è stato un punto di riferimento anche per gli artisti provenienti dal Sud Italia. «Dalla vicina Basilicata, Bernalda, sono venuti negli anni per realizzare diverse matrici Rosellina Prisco e Franco malvasi; da maruggio, nel Tarantino, invece Gianfranco Russo e Pietro
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Palummieri. altri venivano da Cosenza, da Bari come Graziano miglietta e antonio Rega, Nico D’amico da Ssan Vito dei Normanni, Enzo marino da Casoria (Napoli), alfonso Congedo, Roberto manni che veniva da Venezia maestri indimenticabili.» Oggi pensando al futuro Pasquale Urso confida nelle nuove leve: Tiziana mele, Gabriella Scalinci, Gabriella Castellano, mariangela Caricato, Valentina Faggiano, Lucia Flora Reho ed un gruppo di cinesi che frequentano la vicina accademia di Belle arti. Sono molti gli autori che continuano ad animare la stamperia recentemente con Silvà (Silvana Campa) abbiamo costruito una serie di acqueforti acquetinte, puntesecche dedicate agli animali e che presto saranno presentate nella mostra “Verto e reverto illustrazioni in cerca di storie” anticipa il maestro» L’archivio del “Torchio La Stella” è imponente, alle ottocento matrici degli autori che lo hanno utilizzato si deve aggiungere anche la produzione personale delle incisioni del maestro. La mostra al Sant’anna, inaugurata dal giornalista Raffaele Polo, sarà dunque un vero e proprio viaggio alla scoperta delle tecniche dell’incisione calcografica ma anche per ricostruire le esperienze di tanti artisti protagonisti della scena pugliese e non solo. (an.fu.) 1974-2017 43 Anni di Stamperia ex Conservatorio Sant’Anna Lecce, via LIbertini dal 1 al 14 giugno 2017
andar per mare, spiagge e scogli a pesca ... di immondizia
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Dal 21 maggio al via la pulizia delle coste pugliesi. All’opera i pescatori della community ‘La Pesca in mare’ È partita domenica 21 maggio dall’amP Porto Cesareo, l’iniziativa nazionale “a pesca di immondizia” con i pescatori sportivi e ricreativi all’opera per ripulire coste e fondali e sensibilizzare alla tutela ambientale, per toccare poi numerosi altri luoghi fra i quali Casalabate, Torre venere, Taranto e manfredonia. La Community “La Pesca in mare” con la FIPSaS Puglia darà il via il 21 maggio a un’iniziativa nazionale in 5 tappe sul territorio pugliese (12 su tutto il territorio nazionale), atta a sensibilizzare e promuovere la tutela del territorio costiero e del mare. I pescatori e chiunque voglia dare il proprio supporto all’iniziativa potranno unirsi agli appuntamenti che vedono come prima protagonista, per la prima volta in Italia, proprio un’area marina Protetta: quella di Porto Cesareo (Lecce). a Porto Cesareo l’obiettivo è importante: pulire ben tre punti tra cui il cuore dell’area marina protetta e l’isola dei Conigli, Sant’Isidoro e Punta Prosciutto.
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Nelle foto alcuni momenti dello spettacolo, i fratelli Spedicato e il manifesto della mostra dedicata a Tito Schipa
La FIPSaS Lecce, rappresentata da Sandro Congedo, massimo Barretta e Valeria Congedo con andrea De Nigris, fondatore della community “La pesca in
mare”, saranno presenti in loco a coordinare la pulizia delle spiagge in quanto organizzatori dell’iniziativa. L’evento che in Puglia si svolge già da qualche tempo sarà complementare a ulteriori iniziative analoghe nate nel comune di Porto Cesareo e coordinate dall’amP. In contemporanea si svolgerà lo stesso evento in un altro luogo topico, Taranto, dove l’iniziativa è organizzata da L’aSD martin Pescatore Fishing Team FIPSaS. Fra gli altri, importante è anche il ruolo di “Plastiqquà”, associazione che sul territorio ha spesso dato il via a iniziative di sensibilizzazione come questa, come anche l’Endas Taranto. molti su Taranto i sostenitori fra associazioni e privati. Durante lo svolgimento della manifestazione sarà presente un banchetto dell’associazione di volontariato ONLUS “arcobaleno nel cuore”che attraverso la vendita di t-shirt racco-
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glierà fondi da destinare al reparto di Pediatria dell’ospedale “Santissima annunziata ” di Taranto. Il ritrovo dei partecipanti sarà alle h. 8:30 presso il “Lido azzurro” (zona fiume Tara). Dopo aver informato le persone dei compiti, creati i gruppi di lavoro e distribuito il materiale, incomincerà la pulizia. Intorno le h. 12.30 verrà conclusa la raccolta. Dopodiché verrà fatto un discorso circa la pesca sportiva e ricreativa, la premiazione e i ringraziamenti. Infine i saluti. L’iniziativa si ripeterà il 28 maggio a Torre Venere (Lecce) l’11 giugno a Casalabate (Lecce) e in data da definire a manfredonia (Foggia). a pesca di immondizia è un esempio di come i pescatori sportivi e ricreativi possano essere una vera e propria risorsa, i tutor della costa e dell’habitat marino.
le grammature di colore di elio marchegiani
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Dal 30 maggio al 30 giugno 2017 Alla Galleria L’Osanna di Nardò
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NaRDò (LECCE). Elio marchegiani espone a L’Osanna di Nardò le sue “Grammature di colore” definite dalla più autorevole critica dell’arte contemporanea la sintesi astratto-geometrica dell’affresco italiano e che rappresentano il costante riferimento della ricerca del maestro, del suo “fare per far pensare”; una sorta di leitmotif del suo operare ed una cifra della sua produzione pur in continua evoluzione. Per marchegiani, precursore della pittura analitica il supporto dell’opera è materia e parte integrante della stessa, tanto da far dire a Gillo Dorfles “a marchegiani basta il supporto per far l’opera”; ed
i supporti elettivi restano l’intonaco e la lavagna, tesi ed antitesi della sua creatività. La mostra è introdotta in catalogo da Toti Carpentieri, non solo nella veste di critico d’arte e profondo conoscitore del lavoro di Elio marchegiani, ma anche quale suo “compagno di strada” in arte a Bologna già dagli anni ’60, testimone e quasi compartecipe della esperienza del maestro e del suo “esercizio continuo ed infinito nel rapporto tra arte, scienza e tecnologia, che porta al “procedimento circolare della conoscenza” di cui Carpentieri ebbe già a trattare in occasione della mostra del maestro da lui favorita, sempre nello spazio de L’Osanna, nel 1983, e dalla stessa galleria riproposta nell’anno successivo all’Expoarte di Bari. Gran parte di quelle grammature di colore su supporto intonaco o lavagna presenti in quelle storiche esposizioni, ritornano nella rassegna del maggio 2017. Una sorta di scrittura verticale composta da aste multicolori prodotte con combinazioni seriali rigorosamente calcolate, da rivisitare oggi sull’onda del crescente interesse per l’arte analitica, dopo la storicizzazione dell’artista e della sua ricerca che conferma la qualità delle scelte nel tempo della galleria neretina e la sua capacità di intuire ciò che è destinato a restare nella storia dell’arte. Galleria L’Osanna Nardò, via XX Settembre 30 maggio - 30 giugno 2017 Orario: martedì al sabato, ore 17 – 20.30
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omaggio a vincenzo d’annibale, indimenticabile compositore Lydia Tarsitano
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Il 24 maggio nella sala Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli
Nel 123° anniversario della nascita di Vincenzo D’annibale (24-05-1894), grande musicista della prima metà del novecento, a Napoli nella splendida Sala Rari della Biblioteca Nazionale mercoledì 24 maggio (ore 16,30) verrà presentato per la prima volta al pubblico l’archivio del m” Vincenzo D’annibale depositato [per volontà degli eredi] e custodito presso la Sezione Lucchesi Palli della biblioteca. Ne parleranno Francesco mercurio, Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Rosaria Savio, responsabile sezione Lucchesi Palli, Francesco Cotticelli dell’Università Federico II, Paolo Giovanni maione del Conservatorio di musica ‘S.Pietro a majella’, sarà presente Giuseppe D’annibale, che ha curato il trasferimento del fondo alla Nazionale. Per l’occasione un recital di famose melodie di D’annibale sarà eseguito da Giuseppe Ippolito, Raffaele Schiavone (tenori), Guglielmo D’aniello (pianista) e Enrico Sforza (pianista accompagnatore) alessandra Gargiulo (attrice). L’archivio del m” Vincenzo D’annibale è un importante raccolta dal punto di vista documentale e di storia della musica napoletana che arricchisce le collezioni della Sezione di musica e spettacolo Lucchesi
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Palli. Nel fondo sono presenti, infatti, lettere manoscritte, spartiti autografi, corrispondenza di carattere ufficiale, un piccolo archivio fotografico, una rassegna stampa e dei concerti di maggior successo che documentano la carriera artistica del famoso concertista ed illustrano i rapporti dell’indimenticabile compositore con i maggiori poeti del tempo: da Salvatore Di Giacomo, Giovanni Capurro e Roberto Bracco a Ferdinando Russo, E. a. mario, Raffaele Chiurazzi, ed in particolare con Libero Bovio, al quale D’annibale fu legato da un lungo sodalizio artistico e di amicizia. Nel fondo ora conservato presso la Biblioteca nazionale di Napoli oltre ai documenti vi sono anche le onorificenze conquistate dal D’annibale sul campo di battaglia: la medaglia della Commenda, attribuitagli da Vittorio Emanuele III, e la decorazione di Ufficiale e della Corona D’Italia. Il deposito vanta, infine, la presenza di alcune testimonianze di indubbio valore e fascino: una chitarra in mogano anni ’40, una una fisarmonica con tasti in madreperla ed il pianoforte Ronish di D’annibale che la moglie e gli eredi hanno riottenuto superando innumerevoli difficoltà. La musica di Vincenzo D’annibale trova la massima espressio-
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ne nella canzone classica napoletana, ha, infatti, musicate circa duecento composizioni che si caratterizzano per la malinconia calda ed avvolgente come una melodia che esprime la lontananza dalla patria, l’amore e la bellezza del paesaggio partenopeo. La sua fama è legata al ‘O paese d’ ‘o sole, sui versi del grande amico Libero Bovio, presentata all’audizione della Piedigrotta 1925, al Teatro Politeama Giacosa, ma numerose sono le altre melodie di successo da lui composte: Casarella a Marechiaro, ‘A bumbuniera‘, E denare d’ ‘o nfinfirinfì , Terra straniera, Maggio m’ha scritto , Tu ca si mamma, Voce napulitana, ‘A luna, Serenatella amara, Anema ardente, ‘E palomme, Vela surrentina. Dopo la morte di Libero Bovio nel 1942, la vedova maria di Furia affidò all’amico Vincenzo D’annibale l’incarico di musicare i versi di Addio a Maria, a lei dedicati, estremo, struggente saluto a lei ed alla sua Napoli .
viaggio nella bellezza dell’italia “giardino d’europa” Sara Di Caprio
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Presentata a Lecce la guida del Touring Club Italiano in collaborazione con l’associazione Parchi e Giardini
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stato presentato lo scorso 28 marzo nella Sala del Rettorato dell’Università del Salento il volume L’italia dei giardini - viaggio attraverso la Bellezza tra Natura e Artificio. Un’avventura editoriale, pubblicata dal Touring Club Italiano in collaborazione con l’associazione Parchi e Giardini d’Italia, che prevede il censimento e la valorizzazione dei Giardini, coinvolgendo i massimi studiosi del settore. Il curatore della pubblicazione è infatti il professor Vincenzo Cazzato, docente ordinario dell’Università del Salento del corso di Storia dell’architettura che è intervenuto alla presentazione del volume cui hanno preso parte Vincenzo Zara, Rettore dell’Università; maria Piccarreta, Soprintendente archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto; Ludovico Ortona, Presidente onorario del-
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l’associazione Parchi e Giardini d’Italia assieme all’attuale Presidente dell’associazione Paolo Pejrone. Presenti anche Luciano mornacchi direttore delle iniziative speciali Touring Editore; Fabio Ippolito coordinatore dell’Orto botanico dell’Università del Salento, Elvira addonizio paesaggista e Damiano Reale vicepresidente associazione Ville e Giardini di Puglia. Il nostro paese è uno dei più ricchi nel campo dell’arte dei giardini, e nell’agile guida sono descritti e illustrati oltre 300 giardini, simbolo di cultura e portatori di storia e di bellezza dei nostri luoghi. «Si tratta di un vero e proprio Grand Tour botanico tra i giardini: pagina dopo pagina, tappa dopo tappa» - ha spiegato il professor Cazzato sottolineando come la guida sia il felice risultato di un immenso lavoro di studio e di un connubio tra Soprin-
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Il giardino della Cutura a Giuggianello (Lecce) e sotto un dettaglio del parco di Villa Vergine (Cutrofiano)
tenze, associazioni e Università. In questo viaggio di pura bellezza si raccontano i paradisi sparsi per la nostra Penisola, dalle residenze sabaude, ai giardini esoterici e ricchi di fascino della Liguria, valorizzando anche aree che erano state in passato trascurate, come nel caso della Puglia che viene ben illustrata con le schede del Professor Cazzato (presidente, tra l’altro, dell’associazione Ville e Giardini di Puglia), di Fabio Ippolito e di Elvira addonizio. Una guida tascabile, suddivisa per regioni che si apre con una pianta per facilitare la localizzazione dei tanti “Eden” schedati e che contiene anche curiosità storiche e informazioni pratiche per rendere più agevole il tour alla scoperta della bellezza di un patrimonio troppo spesso trascurato.
Un atlante «per tutelare la nostra flora che è in pericolo», come fa notare Elvira addonizio, autore delle schede sui giardini di Puglia, «non è solo un censimento dei giardini italiani ma una selezione sulla base dell’accessibilità e sullo stato conservativo». Damiano Reale, vicepresidente dell’associazione Ville e Giardini di Puglia, è intervenuto anche in veste di proprietario di un giardino, e ha sottolineato come l’occasione di questo volume abbia dato la possibilità anche di far capire il duro lavoro e lo sforzo che c’è dietro la cura del verde e quanto sia complicato mantenere sempre viva questa bellezza. Questa raccolta nasce anche per un turismo consapevole alla scoperta delle nostre radici e dell’Italia, giardino d’Europa e meta di bellezza. Dall’altronde come scrisse Van Gogh: «E poi, ho la natura e l’arte e la poesia, e se questo non è sufficiente, che cosa posso volere di più?»
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congetture isomorFe se l’arte incontra la matematica
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Un nuovo progetto espositivo per l’artista Francesco Zavattari che dal 10 giugno esporrà al Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa
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Si aprono nuovi orizzonti di ispirazione per Francesco Zavattari: curata dalla museologa portoghese Cláudia almeida, la nuova serie Congetture Isomorfe prende infatti spunto dall'universo della matematica, grazie a un comitato scientifico costituito ad hoc per l'occasione. Ecco così che tematiche quali la Congettura di Poincaré, l’Ultimo Teorema di Fermat, il Secondo Teorema di Incompletezza di Gödel e l'Ipotesi di Riemann sono state prese in esame e rielaborate dall'artista in modo inconsueto attraverso forme, linee e, come sempre, tanto colore. «Dire che arte e matematica sono materie strettamente connesse può risultare banale e universalmente accettato – afferma la curatrice Cláudia almeida – ma a tutto ciò Francesco Zavattari
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aggiungerà il suo genio creativo e le sue tecniche innovative: in quel preciso istante, egli creerà una nuova espressione, un nuovo modo di guardare e svelare questi temi.» a sostenere completamente il progetto, Cromology Italia, leader nella produzione di vernici, che proprio con Zavattari ha dato il via al suo programma di mecenatismo, in particolare con l'iniziativa didattica Colour State of Mind, avviata nel gennaio scorso con una prima tappa presso l'accademia di Belle arti di Lecce. anche attraverso la fornitura di colori maxmeyer con cui sono state realizzate le opere, l'azienda è quindi main sponsor sia della serie Congetture Isomorfe sia dell'evento inaugurale, che si terrà sabato 10 giugno presso il museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa.
«Dall’inizio dell’anno Cromology Italia ha intrapreso una collaborazione con il mondo dell’arte fondata sul colore, al fine di unire due aspetti fondamentali: tecnicità ed emozione.» - ha dichiarato massimiliano Bianchi amministratore delegato di Cromology Italia. La nostra volontà ha aggiunto - è creare un legame tra queste due sfere poiché, tanto nel nostro settore quanto nell’arte, la creatività e il risultato estetico si basano su studi, ricerche e conoscenze tecniche. Per noi è un onore che tutta la serie di Francesco Zavattari sia stata realizzata con colori maxmeyer, brand che, ancora una volta, intreccia il suo percorso con l’arte italiana. Già nel 1921 il celebre illustratore aleardo Terzi disegnò il primo manifesto pubblicitario con il tanto conosciuto e amato cagnolino di maxmeyer. «La scelta del museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa per la prima tappa di questa nuova mostra deriva dalla volontà di Zavattari di proiet-
tare la propria arte in un ambiente avulso dai consueti canali espositivi, ma strettamente legato alle tematiche affrontate; opere pittoriche e grandi installazioni andranno quindi a fondersi con la ricca collezione di strumentazione presente.» Così commenta il Direttore del museo, Prof. Fabio Gadducci: La bellezza matematica è evidente nell’eleganza di un teorema o di un algoritmo, e i suoi legami con il mondo artistico sono sempre stati stretti, dalla prospettiva rinascimentale alle visioni create al computer. Riflettere su tale rapporto rende più consapevoli delle meraviglie tecniche e naturali che ci circondano. a rafforzare la sinergia con la location e il territorio, i prestigiosi patrocini di Università di Pisa e Comune di Pisa, nonché il sostegno di Fondazione Sistema Toscana. L'inaugurazione di sabato 10 giugno avrà inizio alle ore 17 e vedrà gli interventi della curatrice della serie, dell'amministratore Delegato di Cromology, del Direttore del
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museo e di un esponente per ogni patrocinante coinvolto. Per l'occasione, il look di Zavattari sarà il risultato di una selezione di preziosi capi scelti in collaborazione con DEI Fashion Store di Pisa. In esposizione sino al 16 ottobre, la serie Congetture Isomorfe vanta anche l'importante sponsor tecnico di Bricocenter massa, che ha fornito i supporti su cui sono state realizzare le opere. Sempre nell'ottica del coinvolgimento dei ragazzi, molto cara a Zavattari, l'evento sarà impreziosito dalle coreografie della Scuola Studio Danza, sotto la Direzione artistica di annalisa Ciuti, laureata presso l'accademia Nazionale di Danza di Roma (Istituto di alta Cultura). Non mancherà l'intrattenimento musicale: i SoulSoup, Elisa Ghilardi (voce) e Filippo Guerrieri (piano e tastiere) proporranno un repertorio di musica Soul, dagli anni Sessanta fino al New Soul odierno.
rita guido. le porte della luce il libro di marina pizzarelli
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A Lecce, il 28 maggio la presentazione al Castello Carlo V
Rita Guido. Le porte della luce è il titolo del libro monografico della storica d’arte Marina Pizzarelli che Il Raggio Verde ha dato alle stampe per omaggiare Rita Guido, artista di spicco nel panorama dell’arte contemporanea del Novecento, aprendo la collana Vite d’artista. Il libro monografico, che sarà presentato domenica 28 maggio al Castello Carlo V (ore 19), oltre a pubblicare il saggio inedito di Marina Pizzarelli, raccoglie nell’antologia critica alcuni scritti di autorevoli firme del panorama culturale salentino dalla prima recensione a firma di Enzo Panareo, pubblicata sulle pagine del Quotidiano agli scritti inediti, di proprietà dell’artista, a firma di Vittorio Pagano, Giovanni Bernardini, Nicola Cavallo ai testi di Lucio Galante, Antonio Massari, Toti Carpentieri, Giovanni Invitto, Pasquale Urso e della stessa Pizzarelli. Inoltre le recensioni di Antonietta Fulvio, Marinilde Giannandrea, Lorenzo Madaro. Significativa è una selezione di opere, attraverso le quali si è cercato di ricostruire l’evoluzione e i temi del suo lungo percorso artistico. Completano il libro i bozzetti preparatori della mostra tenuta
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alla Galleria L’Osanna di Nardò nel 1996, un cameo conservato da Riccardo Leuzzi, e alcune poesie. «Ripensando questo percorso nel segno dell’anticonformismo della ragione e dell’anarchia dell’inconscio - si legge nell’interessante saggio della Pizzarelli - viene in mente la figura della poetessa milanese Alda Merini, anche lei impegnata, con un altro vissuto e per altri luoghi, a dare corpo all’anima in evocazioni ora carnali ora oniriche nella follia sapiente della poesia». Nata a Gallipoli, Rita (suo padre ha una storica tipografia a Lecce) sceglie di frequentare l’Istituto d’arte “Giuseppe Pellegrino”. Poco dopo il diploma vince il concorso a cattedra e ottiene l’incarico di docente all’Istituto d’arte di Poggiardo. «La vita dell’artista - si legge nelle note biografiche all’interno degli apparati a cura della storica d’arte Sara Di Caprio - è caratterizzata da una continua formazione nel campo artistico, importante sarà la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Lecce e la decisione di iscriversi nella sezione Scultura, guidata dal professor Gerardo di Fiore, allie-
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vo di Augusto Perez. L’esperienza accademica durerà solo due anni, l’interruzione sarà dettata dall’esigenza di dedicarsi all’insegnamento, ma il suo percorso continuerà ad essere improntato alla ricerca di nuove tecniche spaziando dalla pittura, al disegno all’incisione.» Una vita vissuta interamente per l’arte, a partire dagli anni Sessanta, quando le mostre dei suoi lavori si susseguono a ritmo costante in Italia ma varcano anche l’oceano arrivando in Canada e negli Usa esponendo a Toronto, New York, S. Francisco. Oltre che nelle principali città italiane: Milano, Bergamo, Nardò, Matera, Firenze, Lucugnano fino alla mostra antologica, tenutasi nel 2013 al Castello Carlo V di Lecce, curata dalla stessa Pizzarelli e Antonio Cassiano.
Francesco del drago. parlare con il colore Roma, Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese Viale Fiorello La Guardia Ingresso gratuito. Orario: dal martedì al venerdì ore 10 – 16 ; sabato e domenica ore 10 -19. Info 060608 www.museocarlobilotti.it Keith haring. about art Milano, Palazzo Reale fino al 18 giugno 2017 Orari: lunedì: 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; giovedì e sabato: 9.3022.30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura). Ingresso: Intero € 12 / Ridotto € 10/ Ridotto scuole € 6 / Biglietto Famiglia: uno o due adulti € 10 a testa, bambini fino a 5 anni gratuito, da 6 a 14 anni € 6 adrian paci. the guardians Milano, Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” (ingresso da piazza Sant’Eustorgio 3) fino al 25 giugno 2017 Orari: tutti i giorni, dalle 10 alle 18 (la biglietteria chiude alle ore 17.30) Biglietti (Mostra + Museo Diocesano + Museo di Sant’Eustorgio e Cappella Portinari): Intero: € 6,00; Info: 02.89420019 art dÉco. gli anni ruggenti in italia Forlì, Musei San Domenico fino al 18 Giugno 2017 Informazioni e prenotazioni mostra tel. 199.15.11.34 Riservato gruppi e scuole: tel. 0543.36217
guercino a piacenza fino al 4 giugno 2017 Cattedrale di Piacenza (piazza Duomo) Musei di Palazzo Farnese piazza Cittadella 29 Orari: martedì, mercoledì, giovedì, domenica, dalle 10.00 alle 19.00 venerdì e sabato, dalle 10.00 alle 23.00; lunedì chiuso Intero: Cattedrale: 10 €; Palazzo Farnese: 7 €; tel. 335.1492369 pinocchio nel cuore di napoli mostra laboratorio napoli, Complesso Monumentale SS. Annunziata, Salone delle Colonne via Annunziata 34/ via Egiziaca a Forcella 18 fino al 30 giugno 2017 In mostra: “Intorno a Pinocchio” di Aldo Capasso e i Totocchi di Riccardo Dalisi Incontri di lettura: "Pinocchio in fuga alla ricerca di sé" (Andrea Rauch, Giancarlo Alfano, Maurizio Braucci, Cesare Moreno); venerdì 21 aprile: Andrea Rauch "Pinocchio e la sua immagine"; venerdì 28 aprile: Giancarlo Alfano “Pinocchio Eroe dei tre mondi” WoW, gilles! Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 fino al 16 luglio 2017 Orari: lunedì chiuso; dal martedì al venerdì: 11-13/14-19; sabato e domenica: 11-20. Ingresso: 11 €. Info +39 02 36638600 marcello morandini Museo MA*GA, Gallarate VA via E. De Magri 1 fino al 16 luglio 2017 Orari:Lunedì chiuso Martedì-venerdì, 10.00|18.30 sabato e domenica, 11.00|19.00 Info: Tel. +39 0331 706011 alessandro papetti paesagginterni Catanzaro, Museo MARCA via Alessandro Turco, 63 fino al 10 giugno 2017 Orari: tutti i giorni, 9.30-13.00; 15.30-20.00. Lunedì chiuso Ingresso: intero: € 4,00; ridotto: € 3,00
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helmut neWton. FotograFie, mostra a cura di Matthias harder e Denis Curti PAn|Palazzo delle Arti di napoli fino al 18 giugno 2017 Via dei Mille, 60, 80121 napoli Orario di apertura: 09:30–19:30 Info: 081 795 8651 percorso illustrato sulla vita e l’opera pastorale di san carlo borromeo Arona (nO), Parco della statua di san Carlo (piazzale san Carlo) fino al 15 ottobre 2017 Orari : tutti i giorni, 9.00 – 12.20 / 14.00 – 18.15; domenica orario continuato; Ingresso al terrazzo e interno statua: € 6,00; Ingresso solo al terrazzo: € 3,50 Informazioni: Tel. 0322.249 669 serpotta e il suo tempo a cura di Vincenzo Abbate Palermo, Oratorio dei Bianchi 23 giugno – 1 ottobre 2017 omaggio al granduca: i piatti d’argento per la Festa di san giovanni a cura di Rita Balleri, Maria Sframeli Firenze, Palazzo Pitti, Tesoro dei Granduchi 24 giugno - 5 novembre 2017 elio marchegiani a lungo potrei scrivere a cura di Toti Carpentieri nardò (Lecce), Galleria L’Osanna via XX Settembre vernissage 30 maggio ore 19 dal 30 maggio al 30 giugno 2017 Orario di apertura: 17:30-20 (chiuso lunedì e festivi); fuori orario per appuntamento Info: 0833/562906 visionarY art shoW italY Arte contemporanea e spettacolo, evento a cura di Dores Sacquegna Palazzo Vernazza Castromediano Lecce Fino al 30 Maggio 2017
ITInER_ARTE...DOVE E QUAnDO...
da haYez a boldini. anime e volti della pittura italiana dell’ottocento Brescia, Palazzo Martinengo (via dei Musei 30) fino all’11 giugno 2017 Orari: da mercoledì a venerdì, dalle 9.00 alle 17.30; sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 20.00; lunedì e martedì chiuso. Biglietti: intero 10€; ridotto 8€; ridotto gruppi 8€; scuole 5€ Visite guidate: gruppi 80€; scuole 45€. Info e prenotazioni: tel. 380-4650533
LUOGhI DEL SAPERE
le nostre anime di notte il nuovo e intenso romanzo di Kent haruF Ci sono i libri belli – tanti, grazie a Dio! – e poi ci sono i libri… magici, quelli toccati da una grazia superiore, che ti entrano nel cuore e ci restano per sempre, arricchendo la tua anima e rendendo più significativa e più bella la tua vita, quali che siano le vicende che la stanno attraversando. E sono talmente magici, questi libri, che non hai nemmeno bisogno di andarli a cercare, sono essi stessi che prendono l’iniziativa, che ti scelgono e, nei modi più canonici ma spesso anche in quelli più impensati, vengono a trovarti perché sanno che in quel preciso momento della tua esistenza, per le più diverse ragioni, hai bisogno di loro, proprio di loro. kEnT hARUF LE nOSTRE AnIME DI nOTTE nn editore 2017 pp. 171 ISBn 9788899253509
alcuni giorni fa, mentre gironzolavo tra gli scaffali di una libreria alla ricerca di un libro da regalare alla mia cara amica Sabrina, mi sono imbattuto ne “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf (NN editore, 2017). Prima ancora che potessi sfogliare qualche pagina o dare uno sguardo alla quarta di copertina, lui, il libro intendo, mi ha fatto l’occhiolino. “Ehi, amico, sono io il libro che cercavi. Sono l’ideale per la tua amica. E credo anche per te”. Così, quando l’ho consegnato a Sabrina, le ho detto: “appena lo finisci, me lo fai leggere, eh…” Detto fatto. Lei lo ha divorato in una giornata, io… anche. Kent Haruf, rifiutato da tutti gli editori per anni e anni – la sua prima pubblicazione all’età di 41 anni – è oggi considerato uno dei più grandi interpreti della letteratura contemporanea e venerato come Carver, e “Le nostre anime di notte”, in qualche modo una sorta di seguito ed epilogo della celebre Trilogia di Holt, nonché suo ultimo romanzo prima che ci lasciasse nel 2014 a causa di una grave malattia, è il sigillo ideale, è stato osservato, della sua opera. Un capolavoro. La scrittura di Kent Haruf è semplice, fluida, priva di fronzoli, eppure straordinariamente raffinata, suggestiva e seducente, da leggere e gustare parola per parola con lentezza. I dialoghi sono brevi ed essenziali, ma coinvolgenti, immediati, “veri”: impeccabili gemme narrative. La trama del romanzo è scarna e consiste quasi unicamente nel rapporto che si instaura tra i due anziani protagonisti, anche se forse il vero protagonista del romanzo è l’animo umano che Kent Haruf descrive con una delicatezza e una tenerezza che incantano e commuovono. addie moore, vedova settantenne, un bel giorno – così comincia il romanzo – si reca dal suo vicino Louis Waters, anch’egli vedovo, e in modo tanto inaspettato quanto diretto gli propone: «mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me.
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Cosa? In che senso? Nel senso che ce ne stiamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare. Lui la fissò, rimase a osservarla incuriosito, cauto. Non dici nulla. Ti ho lasciato senza parole?, chiese lei. Penso proprio di sì. Non parlo di sesso. me lo stavo chiedendo. No, non intendo questo. Credo di aver perso qualsiasi impulso sessuale un sacco di tempo fa. Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi? Sì. Credo di sì.» Louis è sorpreso, ma accetta e nasce così un rapporto di amicizia affettuosa, una intensa intimità fatta di dialoghi notturni nei quali i due ex insegnanti, tenendosi per mano, si confidano, ripercorrendo e condividendo le vicende delle loro vite: la morte dei rispettivi coniugi, i rapporti complicati con i propri figli, le delusioni, i rimpianti, i rimorsi, per addie anche la dolorosa perdita di una figlia, e la attuale solitudine, ma anche, e ancora, sogni e speranze. Come un flusso di coscienza “a due” che avvicina sempre di più addie e Louis, nella consapevolezza che la vita non è andata troppo bene per nessuno dei due, ma che il passato, nel bene e nel male, va accettato (“è stata semplicemente la nostra vita…”) e che quel che resta è un dono che va gustato e che anche quando si è avanti con gli anni qualcosa di buono, di bello, ci può ancora essere. «Erano sdraiati uno accanto all’altro e ascoltavano la pioggia. E così, la vita non è andata troppo bene per nessuno dei due, quantomeno non come ce la aspettavamo, disse Louis. anche se adesso, in questo momento, mi sta piacendo molto. a me sta piacendo più di quanto io pensi di meritare, disse lui. Oh, ma tu meriti di essere felice. Non credi? Credo sia quello che mi sta capitando in questi ultimi mesi.» «… Be’, è proprio quello che stiamo facendo. Chi si sarebbe aspettato che a questo punto delle nostre vite potesse capitare una cosa del genere. Chi l’avrebbe mai detto? Per noi le novità e le emozioni non sono finite. Non siamo diventati aridi nel corpo e nello spirito.» ma se le loro vite non sono andate troppo bene, anche questo loro incontro che, da semplice modo per vincere la solitudine, diventa pian piano delicato amore che si nutre a un certo punto anche del bellissimo rapporto instaurato dai due con Jamie, il nipotino di addie, trova non poche difficoltà a
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LUOGhI DEL SAPERE
causa dei pettegolezzi della gente e soprattutto della puritana, gretta ed GGGGG
egoistica opposizione del figlio di addie. addie e Louis, con coraggio e grande determinazione, riescono a non farsi condizionare dalle maldicenze dei compaesani, mentre appare insormontabile, invece, la malevola resistenza del figlio di lei, che obbliga la madre a non frequentare più Louis minacciandola di non farle vedere più il nipotino. Eppure, per fortuna, alla fine appare un filo di speranza, dolcissima e commovente.
BIAnCA SORREnTInO Mito classico e poeti del ‘900 Stilo Editrice Edizione: 2016, pp. 168 • € 14,00 ISBn: 978-88-6479-161-6
Come negli altri suoi romanzi, i personaggi di Kent Haruf sono uomini e donne comuni e le loro sono storie normali, fatte di semplice quotidianità, e proprio per questo conquistano e fanno tanta simpatia. E lo scrittore ci racconta queste donne e questi uomini ordinari e loro storie ordinarie in modo invece straordinario, forte di un talento e di una sensibilità eccezionali… Leggendo le pagine de “Le nostre anime di notte”, sembra di vedere addie e Louis, sdraiati nel letto, stringersi la mano, avvolti dal silenzio della casa e del vicinato, alla luce fioca di una lampada, e di ascoltarli davvero mentre, sussurrando, si raccontano vicende e sensazioni, e di sentire con emozione come le loro anime, più che i loro corpi, si avvicinino sempre di più l’una all’altra. Sembra prossima l’uscita del film tratto da questo imperdibile romanzo. Protagonisti saranno due grandissimi attori, Robert Redford e Jane Fonda. Speriamo davvero che la trasposizione cinematografica sia all’altezza di questo capolavoro, di questa storia dolce, tenera e delicata, di questa storia che ti lascia, al termine della lettura, un senso di appagante serenità e benessere. Michele Bombacigno
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sulle GGGG strade dei libri. nel mondo della lettura dalle pagine del libro al blog
PAOLA BISCOnTI Sulle strade dei libri Edizioni Esperidi 2017 pp. ISBn 978-88-99679€
Chi legge? E perché? Chi compra libri? E dove? Chi vende libri? a queste domande, circoscritte soprattutto al mondo della lettura nell’area salentina, ha cercato di rispondere Paola Bisconti autrice del libro edito da Esperidi da cui prende il nome anche il suo blog che come recita il sottotitolo del libro vuole essere un viaggio nel mondo dei libri. In copertina Babele 2005, assemblaggio di caratteri tipografici di legno di Giorgio milani ben suggeriscono il punto di partenza di questa indagine raccontata dall’autrice con toni appassionanti in prima persona grazie alle sue avventure tra le librerie indipendenti e le biblioteche scolastiche, tra una lettura in un parco vicino ad una “Free little Library” e in uno studio medico, o ancora nel bel mezzo della movida il sabato sera. Paola Bisconti crede nel potere salvifico e aggregante della lettura, e regala ai lettori le sue esperienze. “La libreria è il luogo del rammarico: perché quei libri vorresti comprarli tutti, possederli tutti. Ce ne sono alcuni intorno ai quali giri e rigiri per più giorni. Risparmi su altre cose e poi li compri, con la convinzione che poche sono le cose essenziali e fra queste poche ci sono il pane e i libri. Paola Bisconti ci fa provare ancora questo rammarico, ci ricorda questa essenzialità” si legge nella prefazione a firma del giornalista antonio Errico. “Paola racconta la storia delle “Little free Library” ma racconta la sua, di storia, che poi è anche quella della sua famiglia allegra, complice, sorridente; del marito manuele che crea e costruisce mini biblioteche, della grande famiglia di amici che accompagnano la sua energia e si muovono insieme a lei” - aggiunge nella postfazione la giornalista Giuliana Coppola. aderendo al movimento delle “Little free Library” Paola Bisconti ha installato nel Salento e non solo circa trenta mini biblioteche contribuendo ad avvicinare le persone ai libri. Già vicedirettrice di Salento in linea, ha collaborato con varie testate tra cui “articolo21”, “La Perfetta Letizia”, “L’Ora del Salento”. attualmente cura un blog su “Linkiesta” e ha condotto una rubrica culturale settimanale per l’emittente televisiva siciliana “Telejato”. È coautrice, con Roberta Natalini, del libro Le rose d’acciaio (Pubblicazioni Italiane) che raccoglie le testimonianze delle donne “dell’Ilva” di Taranto. Certa del principio secondo il quale la cultura è di tutti e per tutti, nel 2015 la Bisconti ha dato vita al Vagabondaggio Letterario ovvero momenti di lettura nelle periferie dei paesi con le persone sole o emarginate o con i ragazzi della “movida”. Un vagabondaggio che l’ha portata a declinare Assalti poetici, scrivendo versi sulle vetrine dei negozi, o Sottofondi letterari leggendo alle donne in dolce attesa nelle sale d’aspetto degli studi medici.
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Nel riquadro Dario Ferrer; nelle altre pagine alcune immagini delle opere dell’artista Riusuke Fukahorii
goldFish salvation: dal giappone con Furore, riusuKe FuKahori Dario Ferreri
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Un viaggio tra i luoghi e nonluoghi fisici ed emozionali dell'arte contemporanea "Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso" (Albert Einstein)
CURIOSAR(T)E
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Big Fish – Le storie di una vita incredibile è un film del 2003 diretto da Tim Burton, tratto dall'omonimo romanzo di Daniel Wallace; una delle sue frasi più celebri, «ci sono dei pesci che nessuno riesce a catturare, non è che sono più veloci o forti di altri pesci, è solo che sembrano sfiorati da una particolare grazia» sembra adattarsi perfettamente agli spettacolari goldfish (pesci rossi) dell'artista giapponese Riusuke Fukahori, classe 1973, nato ad aichi e specializzatosi in media Design presso la locale University of Fine arts and music. Dopo 5 anni dall'agognato Bachelor of Fine arts, e dopo altrettanti anni di frustrazioni artistiche, nella sua camera da letto,
ispirato da una antiecologica e trascurata boccia di vetro dove languiva Kim-pin, un pesce rosso femmina di 20 centimetri che ospitava in casa da ben 7 anni, arriva la folgorazione vincente, che lui stesso definisce "Kingyo Sukui", in inglese "Goldfish Salvation" (ovversossia "la Salvezza del Pesce Rosso") che lo avrebbe, da lì a breve, portato alle ribalte artistiche internazionali. Il lampo rosso iridescente del pesce tra le alghe e la sporcizia della boccia, energia vitale nel grigiore, è un fulmine che disvela la sua ispirazione artistica: i pesci rossi, con tutte le loro stravaganti e multicolori varietà: cometa, shubunkin, oranda, testa di leone, pearlscale,
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demekin, ninfa, tosakin, a tre code, veiltail, ecc. Del pesce rosso lo colpisce il colore vitale, la fragilità ed allo stesso tempo la incredibile resistenza e capacità di evoluzione alle modifiche morfologiche causate dalla ultramillenaria selezione artificiale sulla specie operata dall'uomo, così come le leggende legate all'animale ed i significati simbolici che la cultura orientale tributa a questa entità. Inizia così per Fukahori una compulsiva produzione artistica di pesci rossi, dapprima con pittura tradizionale e, successivamente, nell'ambito di una ricerca espressiva ossessiva per entrare nel pensiero, nel corpo, nel nuoto e nel respiro del pesce, attraverso una tecnica di pittura in 3d
nella resina, ed all'interno di contenitori vari, che sperimenta con successo per portare alla vita le sue creazioni. Ciascun suo dipinto iperrealista, anche il più piccolo, è completato in un lungo periodo di tempo (da due a molti mesi) ed inizia sempre con uno strato di resina sul quale l'artista dipinge una porzione delle pinne pelviche dei pesci cui segue altro strato di resina che viene fatto
asciugare per un minimo di due giorni; il processo viene ripetuto strato dopo strato per il corpo, gli occhi e la porzione superiore delle pinne, sino a quando l'artista non è soddisfatto del risultato raggiunto; talvolta, nell’opera, vengono inglobati oggetti o elementi naturali. attraverso la deposizione di numerosi strati di resina, lasciati asciugare e dipinti stra-
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to dopo strato, dona straordinaria profondità, volume ed iperrealismo ai soggetti che crea, con un effetto, a cavallo tra pittura e scultura, assimilabile a quello di una stampante 3D, ma che è invece svolto integralmente a mano, rispettando i lunghi tempi di asciugatura del medium utilizzato. Riusuke Fukahori ama definirsi non un artista della resina ma un artista dei pesci rossi; ama
CURIOSAR(T)E
dipingerli dal vivo, osservandoli, ma anche e soprattutto per come sono nei suoi ricordi e nella sua immaginazione, spesso, quindi, realizzando soggetti di pura fantasia. Vedere le sue creazioni tridimensionali dal vivo è una esperienza straordinaria: sembra di trovarsi dinanzi a creature viventi, per quanto appaiono reali ed espressive e la cosa è ancora più straordinaria in
quanto trattasi di creazioni "animaliste". Per Fukahori i pesci rossi rappresentano gli uomini e l'acquario, luogo di vita e di morte, è la società contemporanea; finché hanno vita, i pesci rossi in acquario continuano a sporcare ed inquinare ed, in assenza del cambio periodico di acqua, moriranno: è il paradigma di ciò che fa l'uomo alla terra e del suo destino ormai segnato se
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non interviene in tempo. Riusuke Fukahori ha esposto sinora in asia (Giappone, Taiwan), Europa (Germania, Gran Bretagna) ed america (USa) e le sue creazioni vanno sold out in breve arco di tempo. Sue opere sono presenti, in Giappone, nelle collezioni pubbliche dell' Edogawa art museum di Tokyo e del World Children’s museum di Hamada.
Per vedere ulteriori sue opere i riferimenti sono il suo sito web http://goldfishsalvation.com/ ed i social media, in particolare Facebook, dove il suo profilo conta oltre 25.000 follower (https://www.facebook.com/Riusuke0Fuka hori); di particolare impatto anche il video su Youtube che lo vede impegnato nella realizzazione di un'opera (https://www.youtube.com/watch?v=HttlQaSKzFm). altri giovani artisti sono rimasti affascina-
ti dalle sue creazioni ed ispirati da lui e dalla sua tecnica hanno iniziato a dipingere in 3D nella resina anche altri soggetti animali; tra gli artisti piĂš noti a livello internazionale, segnalo il singaporiano Keng Lye (https://www.facebook.com/Keng-Lye317060285087978/ ; http://kenglye.deviantart.com/gallery/ ) ed il vietnamita Ti ay (https://www.facebook.com/3dpaintingbytiay/) .
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Paola De Rosa, II Stazione 2012, olio su tela, 43 x43 cm
l’estate musicale a gallipoli anche i liFtiba con eutòpia tour
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Il rock protagonista al Parco Gondar che celebra i dieci anni di grande musica con grandi ospiti
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GaLLIPOLI. Sabato 5 agosto farà tappa al Postepay Sound Parco Gondar di Gallipoli (Le) l'"Eutòpia Tour" dei Litfiba, che infiammeranno a suon di rock il Parco a tema più grande d'Italia per arricchire la line up del decimo anniversario della celebre location! Piero Pelù e Ghigo Renzulli, accompagnati sul palco da Luca martelli (batteria e cori), Ciccio Licausi (basso) e Fabrizio Simoncioni (tastiere e cori), presenteranno live con una data speciale in Puglia i brani dell’ultimo disco e i loro più grandi successi, con tutta la carica prorompente che da sempre la caratterizza. L'ultimo potente disco dei ragazzacci toscani è “Eutòpia” (prodotto da TEG/Renzulli e distribuito da Sony music Italy) che, con un esordio terzo posto della classifica degli album più venduti in Italia e al primo posto della classifica dei vinili, è composto da dieci graffianti tracce in puro stile Litfiba, dove Piero Pelù e Ghigo Renzulli trattano diversi temi: dall’inquinamento all’estremismo religioso, passando per le vittime della ‘Ndrangheta ai nuovi media. L'ultimo singolo estratto è “STRaNIERO che,
raccontano Piero e Ghigo, «parla della difficoltà di sentirsi a proprio agio nel mondo attuale. Il brano è ispirato al romanzo di Erri De Luca Tu non c’eri, che è anche diventato un cortometraggio presentato e premiato all’ultima Festa del Cinema di Roma. La colonna sonora del cortometraggio, dall’omonimo titolo “Tu non c’eri”, è inclusa come bonus track insieme ad un altro brano strumentale, “La danza di minerva”, nel vinile di “Eutòpia”, rimasto saldamente al primo posto della classifica dei vinili più venduti in Italia per due settimane consecutive.». Dopo gli annunci dei live di Sean Paul e alvaro Soler (15 agosto), Damian marley (24 giugno), moderat (11 agosto), Jax e Fedez (9 agosto), mannarino (16 agosto), Thegiornalisti (18 agosto), Steve aoki (8 agosto), martin Solveig (4 agosto) e marra/Guè (29 luglio), e della due giorni di sport e fitness della Salento Sport Convention (20-21 maggio) si continua a delineare il programma dell'estate 2017 del Postepay Sound Parco Gondar, quest'anno più che mai per il decimo anniversario della location in linea con una programmazione sempre più attenta alle aspettative del più vasto pubblico e trasversale per ogni genere di musica, con un palco in più e tante attrazioni di ogni genere a confermare il Parco Gondar come la più grande location di eventi in Italia. I biglietti a 27,5 € + d.p possono essere acquistati fino a esaurimento posti al prezzo scontato del 15% per tutti i possessori di Carta Postepay® su www.postepaysound.it e presso il botteghino il giorno dell'evento, e a prezzo pieno su tutti i circuiti di vendita online e tradizionali di Bookingshow e Ticketone. Infoline: 327 821 5783 - http://www.parcogondar.com – www.facebook.com/PostepaySoundParcoGondar
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a carpi la Festa del racconto luoghi come riFlessi di storie
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Dal 4 al 44 maggio la dodicesima edizione della manifestazione quest’anno dedicata all’architettura
CaRPI (mODENa). massimo Gramellini , michela marzano , Federico Rampini , Corrado augias , Donatella Di Pietrantonio, Raul montanari , Edith Bruck , alessandro Robecchi , mauro Covacich , andrea Vitali , Nicolai Lilin e Guido Catalano. Saranno tra gli ospiti della dodicesima edizione della Festa del racconto che, come recita il sottotitolo Costruire mondi. Luoghi e architetture come riflessi di storie. La manifestazione vedrà dipanarsi i suoi tanti appuntamenti nelle piazze, nelle vie e nei teatri dei centri storici di Carpi, Campogalliano, Novi di modena e Soliera, seguendo il filo rosso
dell’architettura, intesa non soltanto nella sua forma più concreta di disciplina della costruzione e ricostruzione di edifici, paesaggi e sistemi urbani, ma declinata anche come arte di costruire, e rendere abitabili, mondi possibili. E in vista della manifestazione lo staff e i volontari della Festa del Racconto stanno scrivendo sulle vetrine degli esercizi commerciali le citazioni che andranno a formare la grande narrazione corale che farà da cornice ai 59 eventi e agli oltre 70 protagonisti di questa edizione. La Festa, lo ricordiamo, avrà inizio mercoledì 24 maggio al
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Nuovo Cinema Teatro Italia di Soliera con Nicolai Lilin contemporaneamente, a Campogalliano nell’Oratorio San Rocco in piazza Castello, il pubblico potrà invece seguire Storie di vita, l’incontro con Fabrizio Silei che, insieme all’attrice monica morini e alla scrittrice annamaria Gozzi, approfondirà il tema della legalità, filo conduttore delle iniziative del Comune nel 2017. Tra i tanti appuntamenti in programma si segnala quello con massimo Gramellini che rifletterà sull’Europa e sul senso di appartenenza, sui limiti e sulle imperfezioni di questo progetto, nato dalle ceneri della seconda guerra mondiale, a 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma e a un anno dalla Brexit. La festa del racconto sarà anche occasione per scoprire la bellezza dei luoghi con Nuovi racconti per la città, si potrà partecipare alle visite teatralizzate tra le bellezze di Carpi a cura di Koiné, con una tappa speciale agli affreschi del Torrione degli Spagnoli, eccezionalmente accessibili in questa occasione. approfondimenti su festadelracconto.it
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Forma, colore e materia e l’argilla modella geometrie Michele Bovino
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Nell’atelier di Silvano Apollonio ad Aradeo
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a R a D E O (LECCE). Non ci si stupisca di incontrare un modo diverso, probabilmente nuovo, di produrre arte, trovandosi al cospetto delle opere di Silvano apollonio. Non esiste soluzione di continuità nella sua affannosa ricerca di spunti originali, di materiali difficili da addomesticare e immortalare sull’altare dell’arte. Una ricerca, oserebbe dirsi spirituale, d’introspezione, equilibrata spe-
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rimentazione, quasi scientifica, che dona alle sue opere un carattere trascendente in un diverso contesto artistico. Gli elementi che compongono la sua arte sembrano ordinati e raggiungono una chiarezza intima. I liberi grafismi, prevalenti in alcune sue opere, acquistano dimensione umana in un regolare, pacato eppur fantasioso modo di rappresentazione. Di fronte al traumatico mutare e alla
sua improvvisa perdita dello status originale, la materia plastica si moltiplica in una miriade di forme colorate, modellate sapientemente dalle mani esperte dell’artista e vengono collocate negli spazi scelti per meglio rappresentare l’idea che nasce e si sviluppa rincorrendo motivi informali che scatenano la fantasia di chi osserva le opere. Le sue opere trovano una spiegazione nell’antico linguaggio delle forme, dei colori e del simbolismo. Il colore viene usato come mezzo per esercitare un’influenza diretta sull’anima, allo stesso tempo colore e
calore si fondono per esaltarsi nelle sfumature cromatiche pensate dall’artista che, assecondando l’istinto, sviluppa il senso espressivo in funzione di una giusta rappresentazione del quadro. Silvano apollonio, quindi, riprende e conserva la tecnica antica della lavorazione dell’argilla, che dalla natura nasce, la trasforma in un tripudio di forme, uno scoppiettio di invenzioni plastiche che vengono assemblate con arte, utilizzando una serie sistematica di tutte le combinazioni possibili, di effetti paralleli e con-
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trapposti, che prendono corpo nello spazio già stabilito dall’artista. Silvano apollonio, nasce nel 1947 in aradeo (LE) dove attualmente vive e lavora. Dopo un primo periodo dedicato alla pittura e ai paesaggi naturalisti, scopre la bellezza dei colori sulla ceramica e inizia una nuova esperienza nel modellare la creta e trasformarla in composizione pittorica. ama le opere di W. Kandinsky, è innamorato degli ulivi del Salento e crea bonsai. Non ama mettere in vendita i suoi lavori che considera come suoi figli.
Girovagando...Conosciamo napoli e la Campania
Ingresso della Villa Floridiana, Napoli e museo del Duca di martina, foto Peppe Guida
il museo delle ceramiche del duca di martina Peppe Guida
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Tra i “luoghi della rete” il gruppo Fb ‘Conosciamo Napoli e la Campania’ e i suggestivi itinerari raccontati da Peppe Guida nella rubrica ‘Girovagando’
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NaPOLI. all’interno di quel polmone verde che è la Villa Floridiana, percorrendo il Vomero, si trova il museo Duca di martina sede di una delle maggiori collezioni italiane di arti decorative. ma prima di addentrarci nelle sale del museo, doveroso qualche cenno storico sull’edificio che nel 1817 Ferdinando di Borbone acquistò da Cristoforo Saliceti, ministro di polizia del governo murattiano. Si trattava di un appezzamento con preesistente villa che volle destinare a residenza estiva alla moglie morganatica Lucia migliaccio di Partanna, duchessa di Floridia, sposata in Sicilia nel 1814, tre mesi dopo la morte della regina maria Carolina. La ristrutturazione dell’intero complesso, che già comprendeva un piccolo casino (l’attuale museo) e una coffeehouse (l’odierna Villa Lucia), fu affidata all’architetto antonio Niccolini che, tra il
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1817 e il 1819, progettò sia il rifacimento in stile neoclassico della palazzina che la riconfigurazione dei giardini all’inglese, secondo la moda del tempo. Il Niccolini progettò, inoltre, un teatrino all’aperto, un tempietto ionico, le serre ed alcune grotte per animali esotici, unici elementi architettonici ancora oggi esistenti nell’attuale area del
Parco, che fanno percepire l’originaria atmosfera pittoresca. Dopo la morte della duchessa, nel 1826, gli edifici monumentali ed il Parco subirono numerose trasformazioni da parte degli eredi fino al 1919, anno in cui la Villa venne acquistata dallo Stato e destinata a sede museale dal 1924 per ospitare la collezione del duca di martina.
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museo del Duca di martina, La Collezione di ceramiche, foto Peppe Guida
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Una collezione imponente, oltre seimila opere di manifattura occidentale e orientale, databili dal XII al XIX secolo, il cui nucleo più cospicuo è costituito dalle ceramiche. La raccolta, che dà il nome al museo, è stata costituita nella seconda metà dell’Ottocento, da Placido de Sangro, duca di martina e donata nel 1911 alla città di Napoli dai suoi eredi. Il duca, trasferitosi a Parigi dopo l’unità d’Italia iniziò ad acquistare oggetti d’arte applicata, entrando in contatto con i maggiori collezionisti europei, come i Rothschild, e partecipando alle grandi esposizioni universali che proprio in quegli anni, tra Londra e Pari-
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museo del Duca di martina, La Collezione di ceramiche, foto Peppe Guida
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museo del Duca di martina, La Collezione di ceramiche, foto Peppe Guida
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gi stavano contribuendo ad alimentare l’interesse per le arti applicate all'industria. Il museo si sviluppa oggi su tre piani; al piano terra sono esposti oggetti in avorio, smalto e bronzo di epoca medioevale, maioliche rinascimentali e barocche e vetri di murano dei secoli XV- XVIII; al primo piano è collocata la raccolta di porcellane europee del XVIII secolo il cui nucleo più cospicuo è costituito da quelle delle fabbriche di meissen, Napoli e Capodimonte; infine al piano seminterrato, è stata riallestita da pochi anni la sezione di oggetti d’arte orientale, tra cui notevole è la collezione di porcellane cinesi di epoca ming (1368-1644) e Qing (1644-1911).
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Veduta del Gran Sasso, foto di Sara Foti Sciavaliere
il sigillo degli acQuaviva la storia tra le pagine Sara Foti Sciavaliere
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Un romanzo storico tra la Terra d’Otranto e il Gran Sasso
Da lettrice ho sempre pensato che un bel romanzo storico debba saper raccontare un'epoca, rievocandone le atmosfere e avvicinandoci a quei dati spesso ostici e così lontani da noi nel tempo e nello spazio da renderceli di solito pesanti sui manuali di storia. Serve quindi una capacità da affabulatore, che sappia aprire una finestra su quei mondi distanti e lasciarti dare uno sguardo più da vicino. Deve essere abilità dello scrittore riuscire a prendere per mano l'immaginazione del lettore e accompagnarlo in un’epoca che
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non è la sua, coinvolgendolo. I romanzi storici di Ornella albanese hanno questa qualità, di lasciarti sbirciare da vicino luoghi e personaggi ormai persi nel tempo e nella polvere della Storia. E così, come era già stato per “L’anello di ferro” e “L’oscuro mosaico” (Leggereditore), la scrittrice di origine salentina è tornata in libreria con un romanzo di ambientazione medievale, “Il sigillo degli acquaviva” (Leone Editore, 2017), che racconta del saraceno Yusuf Hanifa, medico guerriero dall’oscuro passato, e Sara dei Sassi, nobile fanciulla di un casato del Gran Sasso che affronta un viaggio che rompe le convenzioni del suo rango e del suo sesso.
“Il ragazzo aprì lentamente la mano e rivelò la piccola pietra da inserire nel mosaico per completarlo. Non si avviò verso il portale, dove tutti si aspettavano che fosse posto l’ultimo tassello, ma camminò con passo sicuro lungo la navata e si fermò a un passo dalla figura di adamo ed Eva. Lì si piegò su un ginocchio, lasciò cadere con un pennello sottile una goccia di liquido vischioso e
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poi pose la piccola pietra nell’occhio del serpente. – Ecco come è nata l’implacabile lotta tra il Bene e il male – disse il monaco, e la sua voce vibrò di emozione. Il sole fece rifulgere la pietra, che non era di opaco calcare. Una pasta vetrosa sprigionò riverberi color sangue e molti, nella chiesa, si segnarono. La folla si era diradata. La maggior parte della gente era uscita sul sagrato e dentro rimaneva solo chi, essendo arrivato tardi, aveva trovato
posto molto indietro e quindi non era riuscito a vedere bene il mosaico. adesso piccoli gruppi indugiavano, camminando cauti sulle immagini di pietra, per osservare da vicino il ricco rigoglio di uomini, di bestie e di mostri”. (O.albanese, “Il sigillo degli acquaviva”) La storia prende il via nel 1165, un anno che ricorda un fatto ben preciso nel Salento, nell’antica Terra d’Otranto: tre anni prima il presbitero Pantaleone da Casole, insieme a una squadra di mosaicisti, dà inizio
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a un’opera straordinaria, il pavimento musivo della Cattedrale di Hydruntum (l’odierna Otranto). ancora oggi la cittadina più orientale d’Italia è conosciuta per questo gioiello d’arte medievale, una sorta di enciclopedia illustrata del sapere dell’uomo del XII secolo, migliaia di tessere di pietra dura che animano il pavimento della chiesa dell’annunziata con scena riprese dalle Sacre Scritture, dai bestiari medievali e dalla Storia dell’umanità rappresentati su tre alberi distri-
Storie. L’uomo e il territorio
il mosaico di Otranto, particolare; foto a lato la scrittrice Ornella albanese (foto di Sara Foti Sciavaliere)
buiti in altrettante navate. I visitatori calpestano quest’opera e tutt’oggi non trattengono il senso di meraviglia, lo stesso che ne trassero probabilmente gli abitanti di Hydruntum e dei dintorni quando parteciparono alla cerimonia di inaugurazione e il più giovane dei mosaicisti avrebbe posto l’ultima tessera alla presenza del arcivescovo Gionata. Ornella albanese immagina quel giorno e lo racconta ai lettori de “Il sigillo dell’acquaviva”, mettendo in mano quell’ultima tessera a Sara dei Sassi: una donna? Già una giovane donna, un’artista che aspira di vivere liberamente la sua passione e che per questo si allontana dalla castello paterno vestendo i panni di un uomo. Lo sguardo attento e la mente aperta di Yusuf Hanifa riescono però a guardare oltre le apparenze e riconoscere la donna che si nasconde sotto quegli abiti maschili. Sara dei Sassi sarà capace infatti di scalfire l’imperturbabilità del guerriero saraceno, che per lei si è fermato in quella terra interrompendo il suo lungo peregrinare. Yusuf Hanifa compare sulla scena lettera-
ria con L’anello di ferro, il primo romanzo della trilogia medievale di Ornella albanese. Si tratta di opere autoconclusive ma che presentano degli elementi di richiamo tra un libro e l’altro, e Yusuf è la costante, nei due precedenti volumi si trattava di un personaggio secondario, qui diventa protagonista, seppure una figura carismatica come quella di Yusuf Hanifa non si limitava ai margini delle vicende narrate, e così assai apprezzato dai lettori l’autrice non ha potuto fare altro che dargli lo spazio che meritava in questo nuovo romanzo. Torna con lui la figura di Sara che in “L’oscuro mosaico” aveva fatto solo delle apparizioni lampo e insieme a lei torna l’affascinante opera di Pantaleone che era stata al centro di un intricato mistero del precedente romanzo, come suggeriva il titolo stesso. Le strade dei due protagonisti saranno separate e Yusuf si troverà costretto a un viaggio nella sua terra natia, nel deserto mediorientale dal quale si era allontanato parecchi anni prima. Tornando scoprirà un’inaspettata verità che lo riguardo, un
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nuovo tassello per rimettere insieme la sua storia e sciogliere i nodi della trama del romanzo che da qui va a infittirsi, mentre Sara dei Sassi ritorna nel suo castello nelle terre del Gran Sasso, convinta di aver perso l’uomo amato. Non sa che il destino sta di nuovo intrecciando i fili delle loro vite in modo inconsueto. Nel corso della lettura si scoprono una carrellata di personaggi, nomi come il vescovo Guido II di Interamnia, il conte Rinaldo di aprutium, Leone d'atri, attone di Peteczano, Trasmondo di Castello Vetere, Oderisio di Palearia, Folgerio di Scorrano, maccabeo di melatino, Niccolò di mons aureus, Guglielmo di Cantalupo, Gualtieri di Rinaldo de Sancto Homero, Gualtieri di aquilano, Guido di Ferrato dell'altro aquilano e Pagano delle Terre di ardingo. Erano solo dei nomi nel Catalogus Baronum fatto redigere da Guglielmo il malo nel 1160, ma Ornella albanese gli ha restituito la vita nel suo romanzo, rendendogli più umani di un nome senza storia. Un romanzo corale ricco di colpi di scena, tra i quali quello che spiega le ragioni del titolo. Non resta quindi che leggere “Il sigillo degli acquaviva” e scoprire la storia di Yusuf Hanifa e Sara dei Sassi.
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le grandi Famiglie della musica al via la stagione concertistica
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Fino al 7 dicembre gli eventi promossi dall’associazione ex Allievi del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella
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NaPOLI. Si è tenuto giovedì 18 maggio a Napoli, nella Sala Rari della Biblioteca Nazionale in Palazzo Reale, "L'incontro con le grandi famiglie della musica". antonella e massimo Rinaldi, nipoti del celebre soprano, Toti dal monte, ne hanno ricordato la personalità umana ed artistica, insieme a Francesco mercurio, Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Vincenzo De Gregorio, Preside del Pontificio Istituto di musica Sacra in Vaticano, Patrizia miscione, Direttrice della Biblioteca Cornelia di Roma, Paola De Simone, giornalista e musicologa, e Lorenzo Tozzi, critico musicale del quotidiano Il Tempo di Roma. Particolarmente emozionante il récital lirico della soprano Nunzia De
Falco, accompagnata al pianoforte da Francesco Pareti, già Direttore del Coro del Teatro San Carlo di Napoli e titolare della Cattedra di Pianoforte al San Pietro a majella. "L'incontro con le grandi famiglie della musica" ha aperto la stagione concertistica dell'associazione Ex allievi del Conservatorio di musica "S. Pietro a majella", organizzata dal suo Direttore artistico m° Elio Lupi e giunta alla XVI edizione. Nonostante la promozione della cultura musicale risenta delle difficoltà economiche, la stagione concertistica, grazie agli sforzi degli organizzatori, si propone ancora una volta con un programma ricco di proposte diverse e si contraddistingue per la qualità degli
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eventi in calendario. musica barocca, classica, contemporanea, jazz, di tradizione e di innovazione, incontri scientifici e proiezioni cinematografiche danno vita difatti al cartellone 2017. accanto agli appuntamenti ormai fissi “L’incontro con le Grandi Famiglie della musica”(18 maggio), a cui è stata assegnata una medaglia di rappresentanza dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio mattarella, la “Festa Europea della musica” (21 Giugno), la serata di gala del “Premio Oltre l’Orizzonte” giunto alla sua XII edizione (21 Settembre) ed i docu-film del regista Lamberto Lambertini, non poteva mancare l’omaggio a Ludwig Van Beethoven in occasione del 190°
anniversario della morte con un récital del violinista Giuseppe Guida e del pianista Francesco Pareti. altro appuntamento di prestigio sarà quello che vedrà la partecipazione di Claudio Ronco, uno fra più interessanti interpreti della prassi esecutiva barocca, in coppia con la violoncellista Emanuela Vozza. Da segnalare una singolare conferenza-spettacolo dello storico michele D’andrea e il maestro Fulvio Creux “Della non opportunità di sostituire il Sole con una grancassa”. Tra le novità una serata denominata “Le Stelle di Domani “ destinata ai giovani artisti, che sottolinea il legame profondo che unisce gli Ex allievi alle future generazioni di musicisti.
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Le foto sono di Enrico Coco
g7 di taormina e satira politica così i capi di stato diventano “pupi”
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La Fondazione del Carnevale acese, con l’Amministrazione comunale, ha riunito all’opera gli artigiani dei carri allegorici
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aCIREaLE – all’ombra dell’Etna, nella valle del Barocco consacrata dall’Unesco, lì dove il Carnevale è motore di cultura, l’arte della cartapesta di acireale riunisce in piazza Duomo i capi di Stato attesi al G7 di Taormina in programma il prossimo 26 e 27 maggio. Giganti, divertenti e biz-
zarre, le caricature dei sette leader del mondo da sabato 20 maggio fino al 2 giugno attendono nella Piazza Duomo della città acese tutti coloro che vogliono partecipare a quest’omaggio divertente e popolare dedicato al summit internazionale che da mesi sta mobilitando la Sicilia orientale.
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Le foto sono di Enrico Coco
L’idea e l’invito è rivolto dalla Fondazione del Carnevale di acireale guidata da antonio Belcuore, che ha deciso – insieme all’amministrazione comunale e al sindaco Roberto Barbagallo – di riunire le associazioni culturali degli artigiani “carristi” per un innovativo
progetto comune. Si sono messi all’opera: il Cantiere Gapass per realizzare il mappamondo posto al centro dell’installazione; il Cantiere Scalia per ricreare le fattezze della cancelliera tedesca angela merkel; il Cantiere ardizzone ha lavorato invece al
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modello del primo ministro del Canada Justin Trudeau; il neo presidente francese Emmanuel macron è stato raffigurato dal Cantiere messina; mentre la caricatura del capo giapponese Shinzō abe è stata affidata al Cantiere Principato; alla costruzione del presidente USa Donald Trump ha lavorato il Cantiere mario Scan; il Cantiere Fichera ha riprodotto la ministra inglese Theresa may; infine il premier italiano Paolo Gentiloni è stato realizzato dal Cantiere Cavallaro Principato. Nelle foto, scattate da Enrico Coco, è possibile ammirare l’installazione nel suo insieme e i particolari dei tradizionali “testoni” – letteralmente “grandi teste” – che hanno richiesto settimane di lavoro. L’arte dei maestri cartapestai diventa così ulteriore occasione per valorizzare il patrimonio turistico e artistico del territorio e rendere omaggio con i colori della satira della tradizione carnascialesca ai leader della Terra.
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Nel riquadro la locandina del film; al centro veduta di Recanati (foto di Elisabetta Nardi)
i soggiorni poetici del giovane Favoloso Stefano Cambò
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Sui luoghi del film di Mario Martone incentrato sul poeta Giacomo Leopardi
I luoghi del Cinema
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on sempre il cinema e la letteratura vanno in simbiosi, soprattutto quando si tratta di raccontare la biografia di un artista. Nonostante il successo di alcune pellicole internazionali incentrate sul mondo della scrittura, Neverland- Un sogno per la vita e Truman Capote- A sangue freddo per fare solo due esempi, pochi sono i film che narrano le vite dei poeti. Eppure nel 2014 il regista mario martone volle sfatare questo mito, portando nelle sale italiane Il giovane favoloso, una trasposizione cinematografica completamente incentrata sulla figura di Giacomo Leopardi. Presentato in concorso alla 71ª mostra Internazionale d’arte
cinematografica di Venezia, il film vede nei panni del grande poeta l’attore Elio Germano (a mio modesto parere perfetto nella sua interpretazione). Partendo da Recanati, il regista ci porta per mano nella sua casa e ci fa conoscere dapprima i fratelli Carlo e Paolina e poi il padre monaldo, un nobile marchigiano dai modi rudi e severi. Fin dall’inizio si capisce quanto il poeta si sia sentito prigioniero di un ambiente familiare bigotto che non vedrà mai di buon occhio la sua voglia di condividere i propri scritti con il mondo intellettuale del suo tempo. Si sente così recluso, che dopo la morte di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di famiglia alla quale dedicherà
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la famosa A Silvia, all’età di ventiquattro anni riesce finalmente a lasciare Recanati. Da quel momento, insieme all’amico fidato antonio Ranieri (un bravissimo michele Riondino) girerà le principali città italiane e si farà
conoscere nei più esclusivi salotti letterari. Nonostante uno stato di salute sempre più cagionevole, il poeta nel film soggiornerà dapprima a Firenze, poi a Roma ed infine a Napoli dove troverà la morte nella villa di campagna di Ranieri
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Tomba di Giacomo Leopardi, Napoli, Parco Vergiliano di Piedigrott, foto Peppe Guidaa
che sorge alle pendici del Vesuvio. ma prima di arrivare in Campania e parlare della parentesi finale della sua vita, bisogna riavvolgere il nastro e ritornare indietro per capire bene la personalità e la fragilità di uno dei più grandi poeti italiani. Per farlo, seguiremo la trama del film soffer-
mandoci ampiamente a Recanati, il paese che ha segnato in modo indelebile l’adolescenza di Leopardi. Infatti, il tour inizia con la casa natale del poeta. Si tratta di un palazzo tuttora abitato dai suoi discendenti e aperto al pubblico. Ristrutturato verso la metà del XVIII secolo dal-
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l’architetto Carlo Orazio Leopardi, racchiude al suo interno il luogo più amato e odiato da Giacomo nei suoi anni giovanili. Stiamo parlando naturalmente della bellissima biblioteca, che custodisce oltre 20000 libri, tra cui prestigiosi ed antichi volumi, raccolti dal padre manaldo Leopardi. Numerose sono le scene del film che ritraggono
il poeta intento a studiare seduto alla piccola scrivania davanti alla finestra che dà sulla piazzetta. Quella stessa piazzetta dove si affaccia il palazzo della famiglia e che è diventato il simbolo del Sabato nel villaggio… Forse la poesia più conosciuta e studiata a scuola. Di fronte, a pochi metri di distanza, si trova la casa di Silvia e la Chiesa di Santa maria in montemorello, dove Giacomo Leopardi fu battezzato nel 1789. a pochi isolati, nel cortile del chiostro di Sant’agostino è ancora visibile la torre del Passero Solitario resa celebre dalla anonima poesia (anche se un fulmine ne ha portato via una parte). altro luogo emblematico, e per certi versi magico, è sicuramente il monte Tabor meglio conosciuto come il Colle dell’Infinito, dalla cui sommità il giovane poeta osservava affascinato il vastissimo panorama e sulla cui sommità a ventuno anni, scrisse i famosi versi che ne immortalarono per sempre la sua bellezza. Da vedere assolutamente, per concludere il tour dei luoghi leopardiani di Recanati, sono il Palazzo antici-mattei (la casa di adelaide anticimattei, la madre del poeta ) la chiesa di San Leopardo fatta edificare dalla famiglia Leopardi nei pressi della villa e la Chiesa di Santa maria di Varano, dove sono stati sepolti il padre e la sorella. Da Recanati, ci spostiamo a Firenze, la città che il poeta dipinse stranamente come sporchissima e fetidissima. Qui vi soggiornò dall’inizio dell’estate del 1827 facendo sfoggio della sua arte e dei suoi versi nei salotti letterari più nobili e conosciuti. In quel periodo si spostò molto in compagnia dell’amico napoletano antonio Ranieri, nonostante il repentino peggioramento del suo stato di salute, reso ancora più cagionevole da una malformazione della spina dorsale che gli incurvava la schiena da un lato, tanto che per camminare era costretto ad appoggiarsi ad un bastone (lodevole a tal proposito la recitazione di Elio Germano, che per la sua sofferta interpretazione ha ricevuto il David di Donatello come miglior attore protagonista ). Sempre in questo periodo risale la forte passione
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ra storica di Giovan Pietro Vieusseux. Il tour che si rifà al film di mortone si conclude a Napoli, terra natia dell’amico antonio Ranieri, che ospitò con l’aiuto della sorella Paolina il poeta ormai molto malato nei suoi ultimi anni di vita. Da piazza Ferdinando, alla strada nuova di santa maria Ognibene (casa Cammarota) fino agli appartamenti di vico Pero, i tre si spostarono da un posto all’altro della città partenopea.
I luoghi del Cinema
amorosa di Giacomo per l’aristocratica Fanny Targioni Tozzetti mai corrisposta che provocò nel cuore del poeta una forte delusione culminata in una raccolta di poesie che rispecchiavano in pieno il suo sentimento disperato e disilluso. I luoghi fiorentini di Leopardi sono stati in ordine di permanenza la Locanda della Fonte, nei pressi del mercato del grano e di Palazzo Vecchio, la casa delle sorelle Busdraghi, all’epoca via del Fosso e il Palazzo Buondelmonti, dimo-
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a lato il Vesuvio (foto di Peppe Guida), sopra la Villa delle Ginestre a Tore del Greco; in
« Qui su l'arida schiena / del formidabil monte / sterminator Vesevo, la qual null'altro allegra arbor né fiore / tuoi cespi solitari intorno spargi / odorata ginestra » (Giacomo Leopardi La ginestra, 1836)
Il loro girovagare per il capoluogo campano si concluse con il soggiorno nella bellissima villa Carafa-Ferrigni divenuta poi la Villa delle Ginestre a Torre del Greco costruita a ridosso delle pendici del Vesuvio. E proprio in quest’ultima residenza, dopo aver assistito all’eruzione pirotecnica del vulcano, sofferente e ormai vicino alla morte, Giacomo Leopardi trovò l’inspirazione per creare La Ginestra, la celebre poesia che lo consacrerà definitivamente nell’olimpo della letteratura italiana dell’Ottocento.
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