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IN TIME n.12 - Dicembre 2013
ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | SERIE TV | INTERVISTE | EVENTI | LONDON NEWS
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ARTINTIME L’EDITORIALE “Festina lente”, così diceva l’imperatore Augusto. Ma già prima di lui ci avevano pensato i greci, e anche più tardi, nel corso del Quattrocento fiorentino, Cosimo de’ Medici riprese il detto latino come motto per la propria flotta, abbinandolo alla tartaruga, simbolo di prudenza, e alla vela gonfiata dal vento, a indicare il movimento. E infine Aldo Manuzio, capostipite degli attuali editori, celebre tipografo veneziano all’epoca delle geniali invenzioni quattrocentesche che cambiarono la storia del mondo, lo assunse come proprio “logo”. Qualcosa di speciale e di estremamente vero, in questo detto, forse c’è davvero. “Chi va piano, va sano e lontano”, riecheggiano le parole delle nostre nonne, e a pensarci bene non è più un saggio consiglio scontato e banale in un mondo - il nostro - letteralmente affollato di input progressivi, inarrestabili, martellanti, che ogni giorno, a ogni ora, bussano alla nostra porta e invadono schermi di computer, cellulari, tablet, televisori. “Festina lente”, ripete qualche anno fa Italo Calvino nelle sue celebri “Lezioni americane”: affrettati con lentezza. Perché, tutto sommato, è davvero così: il mondo non ci permette di vivere “slow”, anzi, ci incalza, ci viene a prendere dalla rete cui ormai siamo tutti legati, e ci agita, ci stressa. Un po’, ci svuota. Di fronte a una spinta vorticosa e irrefrenabile verrebbe quasi da pensare che no, basta, riprendiamoci il nostro tempo, le nostre piccole cose concrete di fronte alle quali abbiamo disimparato a stupirci e sognare, o semplicemente formulare pensieri felici, gioie in formato portatile. Ma se potessimo invece cercare di unire le cose, e vivere in equilibrio? Surfare la velocità della rete con una testa saldamente ancorata sulle spalle, e filtri che sappiano ritenere il giusto, solo quello, scartando il superficiale e inutile che sporca le nostre giornate e le ingombra di inutilità. Quante volte ci siamo ritrovati nel mezzo di eventi, occasioni, incontri, e staccandoci per un attimo dal contesto ci siamo visti da fuori, noi e gli altri, un gruppo di persone riunite, finalizzate a un’occasione rivestita di nulla, al cui interno c’è solo altro nulla. Perché non utilizzare invece le possibilità fornite dagli incontri, scambi e condivisioni per riempirle di cose? Pensieri, progetti, azioni, ma anche sogni, ideali, valori. “Festina lente”: il mondo d’oggi con la lentezza analogica dei rapporti umani, e delle cose belle e fatte bene, con amore e cura per i dettagli, che solo grazie al tempo possono emergere, possono pagare, in termini di bellezza, di pienezza, e non solo di denaro. Noi cerchiamo di fare questo: mantenerci in equilibrio, trovando il tempo, i sorrisi, le risorse e l’energia, i pensieri positivi e la giusta critica. È facile cadere per la fretta e la paura di perdere la corsa, ma a noi non interessa vincere, ci interessa fare le cose bene, restando agili e disinvolti. Per questo vi lasciamo al nostro Artintime di dicembre, augurandovi di passare un sereno periodo di festa, e regalandovi, da mettere sotto l’albero in questo periodo di fine anno e riportare poi sulle vostre bacheche per tutto il 2014, una citazione dal Calvino a cui abbiamo fatto riferimento qua sopra: “Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco: non si tratta d’arrivare prima a un traguardo stabilito; al contrario l’economia di tempo è una buona cosa perché più tempo risparmiamo, più tempo potremo perdere. La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte qualità che s’accordano con una scrittura pronta alle divagazioni, a saltare da un argomento all’altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte”.
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ARTINTIME SOMMARIO 6 . ALEX VARGAS by Angelica Magliocchetti
8 . BERLINO, SINFONIA DI UN CAFFE’ E DI UNA GIOVANE VITA. by Francesca Cerutti
10. LUCA LILLO by Ilaria Chiesa
12. SE IL COMPUTER PARLA, L’AMORE RISPONDE by Alessandra Chiappori
14 . ARRIVANO I FRANCESI! RENOIR CONQUISTA LA GAM by Roberta Colasanto
16 . MULINO AD ARTE: DAL PIEMONTE E POI CHISSA’ by Barbara Mastria
18 . PARATISSIMA: LE OLIMPIADI AUTUNNALI DELL’ARTE by Francesca Magini
20 . STRAY ART: GRAPHIC, VIDEO, COMMUNICATION by Alessandra Chiappori, Francesca Cerutti
22 . ENTROPIA by Angelica Magliocchetti
24 . QUANDO IL PICARESCO SI COLORA DI POP E SUONA IL ROCK by Alessandra Chiappori
26 . TREND TALK @CARNABY STREET by Cristina Canfora
28 . MARCO MINOTTI by Spazio San Giorgio Bologna
30 . EL VENDEDOR DE HUMO by Francesca Cerutti
33 . SPECIAL CHRISTMAS by Alessandra Chiappori, Angelica Magliocchetti, Francesca Cerutti
42 . EVENTS by Anna Moschietto
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ARTINTIME music@artintime.it
ALEX VARGAS Una voce solista, a tratti soul; è questo l’aspetto forse più incredibile dell’artista di questo mese, è questo quello che nasce dalla fine di uno dei gruppi meteora tra i più luminosi della capitale inglese. E’ il 2009 e cinque ragazzi, sotto il nome di “Vagabond “ fanno il loro effervescente debutto piazzando il loro primo album, “You Don’t Know the Half of It “ ( prodotto dalla Geffen Records -Universal) al ventisettesimo posto nella classifica inglese. Due tour in tutto esaurito, gruppo spalla di artisti come James Morrison e The Script, dopo aver suonato a Glanstombury e al V Music Festival, nel 2010, annunciano il pacifico scioglimento della band. È da quest’esordio folgorante che prende vita la carriera solista di Alex Vargas. Nato a Gentofte, in Danimarca, il venticinquenne cantautore e chitarrista di origini uruguaiane non è estraneo a comparse a effetto: a soli 17 anni lo troviamo infatti già come spalla del popolare artista britannico Beth Hart in un concerto da oltre 3000 spettatori. Un battesimo musicale in grande stile quindi e un percor-
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so piuttosto rocambolesco portano Alex Vargas direttamente alle soglie del suo primo lavoro so lista: “Howl”. Otto tracce, composte quasi tutte dal cantautore e dal chitarrista Tommy Sheen (fa eccezione solo l’interessante cover di “Sweet Nothing “ brano del dj britannico Calvin Harris ft. Florence Welch) che calano subito l’ascoltatore in una dimensione intima e accogliente. A farla da padrone è l’incredibile voce dell’artista: bassa, profonda e dal tocco blues. Paragonato a personaggi come Robert Palmer o ad un giovane Steve Winwood, l’artista danese non smette di stupire anche dal vivo: armato solo di chitarra acustica, tra un concerto e l’altro del suo tour internazionale, compare in più eventi sparsi per l’Europa, in veste di busker, per sorprendere e conquistare il pubblico, dal vero. Un’esperienza realmente coinvolgente e un sound che cattura. Non resta, allora, per chi sentisse nascere un velo di curiosità o semplicemente fosse a caccia di una bella voce nuova, che citare la spensieratezza di “Settled in the
cold”, la scarica di energia di “Tears In The Water” o la sensibilità di “Howl”. Fermo restando che un live è impagabile, se non incrociate Alex Vargas in giro per il mondo, di si curo i suoi pezzi vi regaleranno una pausa da tutto e tutti; una parentesi calda e accogliente, che non fa mai male. Specie se fuori nevica. So, Enjoy!
Angelica Magliocchetti
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ARTINTIME movies@artintime.it
BERLINO,
SINFONIA DI UN CAFFE’ E DI UNA GIOVANE VITA. Una stanza, un letto, due giovani, un uomo e una donna. Lei indossa una maglia a righe, ha i capelli corti, da maschietto. Comincia così “Oh Boy”, il lungometraggio di esordio del regista tedesco: Jan Ole Gerster. Comincia così, con echi della Nouvelle Vague, con un’attrice che ricorda Jean Seberg, stesso taglio di capelli, la maglietta a righe, ci sono tutti gli elementi per ricorrere con il pensiero a quella stanza di “À bout de suffle”. Comincia così la giornata di Niko, un ragazzo come tanti, un giovane che come molti altri la mattina si sveglia e vuole semplicemente prendere un caffè. Una richiesta quasi insignificante, che però guida il nostro protagonista durante le 24 ore che trascorriamo con lui. Sono molti gli incontri che Niko fa lungo la giornata, dal vicino di casa fortemente depresso a causa della malattia della moglie, alla vecchia compagna di scuola, ex ragazza obesa ora trasformata in una splendida donna che lo invita a teatro per vedere la rappresentazione della sua compagnia, Niko incontra anche il padre, su un campo da golf, insieme all’assistente, un giovane valletto di dubbia sessualità, sicuramente poco mascolino e completamente assoggettato al grande uomo in carriera. Incontri che danno origine a confronti, a scontri veri e
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propri, vite che entrano in contatto, pensieri, modi di essere. Il padre di Niko scopre che il ragazzo non frequenta più l’università da due anni e gli taglia i viveri, il suo amico lo accompagna come se fosse un autista in tutte le sue peregrinazioni in giro per la città, dentro e fuori dai locali, a conoscere persone con scarsa moralità. Niko si muove in una Berlino che ha gli echi di quella di Ruttmann, “Berlin: Die Sinfonie der Großstadt” (“Berlino: Sinfonia di una grande città”), una città in bianco e nero, come tutto il film di Jan Ole Gerster, una città palcoscenico dove il nostro protagonista si perde alla ricerca di se stesso, tra passato e presente. Simbolico è l’ultimo incontro di Niko: dopo la lunga giornata, raggiunge un bar, si siede al bancone e, dopo aver ordinato un caffè, che ovviamente il barista non può servirgli, incontra un uomo che inizia a parlargli e poco dopo si scopre che lui ha vissuto la notte dei cristalli, in quella stessa città intrisa di sangue e sofferenza. Era ragazzino, quel giorno e con i suoi occhi aveva assistito a un momento molto tragico della Storia novecentesca e in quel momento, insieme ai vetri delle vetrine di Berlino, aveva visto infrangersi sogni e speranze. La Storia fa capolino anche in un altro momento della pellicola, quando Niko va con l’amico Matze in visita a
un set cinematografico dove si porta in scena la fine della seconda guerra mondiale. Non è chiaro se il film sia una tragedia o una storia romantica, vediamo solo l’ultima scena, dove un soldato tedesco annuncia alla donna amata che la guerra è finita e che lui è colpevole di molti mali. Una sequenza che apparentemente non è in linea con il resto del film, ma che avviene ben prima dell’incontro del bar e che stride fortemente con quanto raccontato dall’anziano signore al giovane Niko. Matze e Niko, prima di raggiungere il set, si fermano nel camerinoa dell’amico attore, che si perde in una performance di pessimo gusto per dimostrare la sua bravura nel recitare. Dramma visto con i propri occhi e dramma velato dalla pellicola cinematografica, recitazione interrotta dal cellulare di Niko che suona e lo costringe ad abbandonare il set. Proprio mentre esce all’aperto, ecco che sullo sfondo appaiono un uomo, molto probabilmente una comparsa del film, che indossa gli abiti di un deportato, accanto a lui un altro uomo vestito come un soldato nazista. I due stanno fumando insieme, un gesto colloquiale, di amicizia e tolleranza che inevitabilmente colpisce lo spettatore. “Oh Boy” è un film che fa riflettere: Niko è sì in cerca di un caffè, ma è prima di tutto alla ricerca di se stesso, di una stabilità,
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di una vita che non riesce ad avere perché non ha il tempo per fermarsi a pensare. L’unico momento in cui il ragazzo riesce a sedersi e a rilassarsi è quando Matze lo accompagna a casa di un pusher per comprare della droga, qui Niko si sdraia sulla poltrona della nonna dello spacciatore e riesce a rilassarsi, come se la vecchiaia fosse l’unico momento in cui una persona possa permettersi di sedersi, di fermarsi. Niko non è un eroe, non solo perché non sa difendere Julika dai teppisti, ma prima di tutto perché non sa prendere in mano la sua vita: sono numerosi i momenti in cui si riflette, negli specchi, nelle vetrine, scisso tra l’adolescenza e l’età degli adulti, incapace di scegliere perché privo di figure rilevanti che possano essere per lui un punto di riferimento. Tra un padre più incline a giocare a golf
e a fare carriera piuttosto che verificare di persona l’andamento degli studi, e una madre che non viene mai nominata, il protagonista non riesce a trovare una sua identità, una stabilità. È il simbolo di un’epoca, di una generazione precaria che ha paura dei suoi sogni e che spesso per vergogna deride quelli che cercano di inseguirli, come Julika. “Oh Boy” appartiene al gruppo degli esordi in punta di piedi, quelli che non vogliono fare il grande colpo di scena, Jean Ole Gerster si muove con garbo, con furbizia, è ben radicato nella storia del cinema, dimostra di non essere “Niko” quando sta dietro la macchina da presa, è cosciente delle sue abilità, dimostra di conoscere i maestri del cinema e li fa suoi, li adatta alla sua narrazione, alle sue esigenze e riesce così a creare un film maturo che gli ha
fatto ottenere tre nomination agli European Academy Awards, come Miglior Film, Miglior Attore, Miglior Rivelazione. Un regista che sicuramente farà parlare molto di sé: attendiamo la prossima opera.
Francesca Cerutti
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POP-ART popart@artintime.it
LUCA LILLO Luca Lillo è nato a Bari nel 1978, oggi vive e lavora a Milano. La sua carriera artistica decolla nel 2003, quando inizia l’assidua partecipazione a numerose mostre collettive e personali presso spazi pubblici e gallerie d’arte contemporanea. Direttore creativo di un’agenzia di comunicazione di Milano, collabora con diverse gallerie d’arte tra Milano, Roma, Genova, Vicenza, Bari. Ha inoltre collaborato come assistente con Sol Lewitt e David Tremlett. La sua arte si prefigge lo scopo di mettere a nudo la verità sulla nostra sottomissione alle nuove tecnologie, attraverso dipinti che denunciano poeticamente le nostre solitudini metropolitane, abilmente nascoste dietro il dito delle molteplici possibilità di comunicazione. Luca Lillo abbraccia la visione del “deserto del reale” per accedere con forza, con le sue visioni, in uno spazio più caotico e vasto, che è quello del pensiero contemporaneo, spazio fatto di nuove immagini e con l’oriz-
zonte filosofico aperto dalle nuove tecnologie. Le sue opere descrivono il tentativo di ricercare la propria identità nella fitta rete delle comunicazioni contemporanee, la volontà di impedire alla sua luminosità diffusa di esercitare fino in fondo la sua tirannia. Il personaggio ibrido, alter ego e modello principale dell’artista, agisce sullo spettatore come un’operazione artistica provocatoria nei confronti della percezione dello spazio: nasce da una ricostruzione 3D rappresentata in prospettive estranianti e dimensioni irreali, percorre città reali e luoghi codificati come spazio, che nel loro essere uno sfondo trasparente, sembrano dissolversi tra gli enigmi di un codice tatuato sulla pelle della cultura di questo nuovo millennio. Un viaggio attraverso uno spazio tecno-illusorio che sta corrodendo la realtà di tutto ciò che conosciamo in compagnia di un bambino/alieno alle condizioni fisiche, alle dimensioni conosciute,
che con il suo sguardo impassibile diretto all’osservatore mostra spesso attitudini alla fuga dalla tela, forse verso quella dimensione (mai definita) dove vivono le emozioni, il territorio della mente e dello spirito, la casa dove tutti abitiamo senza saperlo, senza vederla.
Ilaria Chiesa
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ARTINTIME books@artintime.it
SE IL COMPUTER PARLA, L’AMORE RISPONDE Nel 1950 viene formulata la regola del noto test di Turing, prova a sostegno della cosiddetta intelligenza artificiale: se in un dialogo tra un essere umano e una macchina questa formulerà almeno un terzo di risposte che illudano l’essere umano di stare parlando con una persona in carne e ossa, allora quella macchina potrà essere considerata intelligente. È questa la sfida del signor Livorno, capo del progetto a cui lavora Neil Bassett jr, protagonista di “Teoria imperfetta dell’amore”. Una storia che parla di amore in modo del tutto non convenzionale, declinandolo al passo con lo sviluppo di un software di chatterbot – letteralmente dialogo con la macchina – nella brulicante San Francisco dei nostri giorni, culla della tecnologia informatica. Se la spinta all’innovazione nell’ufficio di Neil è grande, così come le sono le ambizioni scientifiche del progetto e le minacce della concorrenza, in questa storia c’è però anche una ricerca che invece guarda indietro, al passato, al dialogo e al rapporto vero e concreto con le persone che amiamo. È un percorso personale, e riguarda Neil e suo padre, morto suicida anni prima, lasciando in eredità una nutrita serie di diari personali. È a partire da quei volumi scritti che si origina l’idea del chatterbot implementato dal
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signor Livorno: la macchina parlante, chiamata non a caso Dottor Bassett, proprio come il padre di Neil, è “nutrita” con parole, concetti, episodi e legami logico-causali reali, tratti dagli scritti autobiografici. Un progetto ambizioso per l’informatica, ma abitato da fantasmi e passibile di derive che, anche al di fuori delle canoniche ore di lavoro, si intrecceranno con la vicenda personale di Neil. C’entra l’amore nella storia del protagonista, il titolo ci aiuta, ammiccante, a capirlo, perché la teoria imperfetta dell’amore non è solo la fantomatica ricetta grazie alla quale il Dottor Bassett, un complesso calcolatore fatto di chip e regole logiche, diventerà sempre più simile a un vero umano, ma è anche un cammino di scoperta e di rinascita. Se da una parte, grazie ai progressivi perfezionamenti, il Dottor Bassett sembrerà davvero sempre più vivo, sempre più autentico, fino quasi a prendere coscienza, dall’altra Neil si ritroverà personalmente coinvolto in questo dialogo, non solo come programmatore e tester, ma come figlio dell’uomo che, attraverso un computer e la rielaborazione dei diari, può parlargli anche se morto. Quella di Neil sarà allora la riscoperta di un rapporto col genitore, un nodo lasciato passare e mai sciolto, uno scontro con traumi e incomprensioni mai risolti, sarà un viag-
gio a ritroso lungo la propria vita, un matrimonio fallito alle spalle, una nascente e traballante nuova storia tra le mani, ancora da capire, ancora da imparare ad affrontare. Ma solo, inderogabilmente, dopo essere sceso a patti con se stesso. Neil, in fondo, non si è mai capito, né ha superato la tragica scelta suicida del padre. Far parlare il Dottor Bassett con i diari e le parole del genitore diventerà così una paradossale terapia di analisi che lo metterà a diretto confronto non tanto con il padre e le sue scelte, quanto con se stesso, al contempo interlocutore e programmatore di un’entità puramente informatica, fatta di cavi e stringhe logiche. Ecco allora l’imperfezione della teoria: ciò che la rende speciale, e a suo modo vincente, è il suo essere essenzialmente umana, fatta di e da uomini, che sono perfetti nella loro imperfezione intessuta di emozioni, capitomboli, fraintendimenti, fallibilità, ma, essenzialmente, emozioni. Quello che un chatterbot, vincitore del test di Turing o meno, non potrà mai possedere. Ciò che rende curioso e affascinante questo romanzo è proprio la riflessione sulla complessità dell’umano e sulla sua presunta riducibilità a struttura informatizzabile. Il terreno scivoloso dove le teorie matematiche e linguistiche si incrociano con la tecnologia non è del resto estra-
BOOKS neo a questo nostro mondo odierno, popolato di bit ed entità astratte come i post e i tweet: con chi parliamo veramente quando ci affacciamo allo schermo di un computer? Forse è davvero necessario chiudere quella finestra ogni tanto, e ripensare a un dialogo autentico, fatto di parole concrete che, oltre al bagaglio semantico, portino con sé anche sensazioni e sentimenti. Tuffarsi tra le pagine di questo romanzo, per esempio, potrebbe essere un ottimo inizio per questa nuova e appassionante esplorazione dell’umano.
A lessandra Chiappori
“Aspetto che dia seguito al quel pensiero, ma sembra svanire. E io non voglio. - Per favore, spiegati, - dico. - Non è perfetta, la tua macchina. Contiene aneddoti. Citazioni. Ma tuo padre mi amava. Amava te e tuo fratello. E questo lì non c’è. - Ci stiamo lavorando. Abbiamo una teoria. Sull’amore. - Non hai bisogno di un’altra teoria. Quella macchina non contiene l’amore di tuo padre perché tu sei convinto che non ti amava. - Non è vero, - rispondo, con dolcezza. E non lo è. Io credo che mi amasse. Solo non sono sicuro di averlo mai amato io.” Scott Hutchins, “Teoria imperfetta dell’amore”, Einaudi, 2013.
Scott Hutchins Un esordio acclamato in tutto il mondo quello di questa “penna” classe 1974. Scott Hutchins, che attualmente insegna all’università di Stanford, presso la quale ha al suo attivo la partecipazione a un Programma di scrittura, vanta pubblicazioni su prestigiose riviste come “Story Quartely”, “Esquire” e sul celebre “New York Times”. Le idee e il talento certo non mancano a un autore che, apertasi la strada con una storia interessante e ben scritta come “Teoria imperfetta dell’amore”, tornerà speriamo presto sugli scaffali delle librerie con tante novità!
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ARTINTIME unclassicart@artintime.it
ARRIVANO I FRANCESI!
RENOIR CONQUISTA LA GAM Non è certo una mostra che passa inosservata quella che la Galleria d’Arte Moderna di Torino propone fino a febbraio 2014: a distanza di un anno dalla visitatissima mostra su Degas, il capoluogo piemontese punta ancora sui Francesi e propone questa volta una selezione di opere di Pierre-Aguste Renoir. L’accoglienza è stata da subito calorosissima e la mostra, aperta al pubblico dal 23 ottobre, è quasi sicuramente la più affollata del momento. Una buona opportunità per Torinesi e turisti di vedere dal vivo opere che sono abitualmente di stanza a Parigi (prestate per l’occasione dal Musée d’Orsay e dal Musée de l’Orangerie), ancor più ghiotta considerando che sono assai rari gli esempi di arte impressionista conservati nei musei italiani. Cinquantatré dipinti, tre pastelli e un bronzo articolati in nove sezioni tematiche raccontano ai visitatori la vicenda umana e pittorica di Renoir. Figlio di due sarti, iniziò come decoratore di ceramiche per poi dedicare la sua vita alla pittura. Partecipò alle mostre degli Impressionisti, i grandi interpreti (e grandi refusés) della modernità francese della seconda metà dell’Ottocento, allontanandosi in seguito dal gruppo in cerca di
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nuove soluzioni artistiche. Incredibilmente prolifico, Renoir dipinse fino all’ultimo, al punto di farsi legare i pennelli alle dita ormai deformate dall’artrite. Da qui la decisione di esporre gli inseparabili strumenti di lavoro del maestro - tavolozza, pennelli e colori - in apertura della mostra. Dalla sezione iniziale dedicata all’ epoca “de la bohème”, che descrive le esperienze pittoriche degli anni Sessanta dell’Ottocento, si arriva fino ai grandi nudi dipinti da Renoir a inizio Novecento, nell’ultimo periodo della sua vita. Nel mezzo si trovano i celebri ritratti femminili (“Nous adorons les femmes de Renoir”, scriveva Marcel Proust), i paesaggi così vibranti di luce da far venire voglia di passeggiarvi dentro, i dipinti sul tema dell’infanzia, la celebrazione della vita moderna, le nature morte. Gli arditi accostamenti dei colori sulla tela osservabili da vicino si ricompongono, se visti da lontano, nelle mille sfaccettature luminose della realtà. Renoir è maestro nel ricreare l’effetto a chiazze di luce e ombra provocato dai raggi di sole che filtrano tra il fogliame, qui esemplificato nella celebre “Altalena”. I suoi soggetti, siano essi figure di donne o mazzi di fio-
ri, vivono di luce e movimento, non sono mai spenti, mai scontati. La mostra espone, tra le altre, anche l’unica opera dell’artista posseduta dalla GAM, il “Ritratto di Pierre”, e diversi lavori (tra cui “Altalena” e la “Lettrice”) della collezione di Gustave Caillebotte. Monsieur Caillebotte, pittore egli stesso e mecenate, decise infatti nel suo testamento di donare le opere degli Impressionisti da lui possedute allo Stato, purché venissero esposte al Louvre: eredità accettata solo parzialmente e non senza resistenze da parte dell’opinione conservatrice che allora andava per la maggiore. “Se lo Stato ha accettato una tale spazzatura è per via della grande decadenza morale” si leggeva sul «Journal des Artistes» dell’aprile 1894. Nell’ottobre 2013 un quotidiano torinese titola “Folla straordinaria per Renoir, pioggia e coda non scoraggiano”. Ridiamoci su.
Roberta Colasanto
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TEATRO teatro@artintime.it
MULINO AD ARTE:
DAL PIEMONTE E POI CHISSA’ Amore, vita quotidiana, storia contemporanea, clownerie, sono gli ingredienti macinati da “Mulino ad Arte”, una giovanissima compagnia di artisti professionisti in fermento sul territorio piemontese. Daniele, Costanza e Jacopo sono l’esempio di come lo studio e l’impegno nella pratica teatrale possano davvero essere ripagati. Due torinesi e un bolognese con percorsi simili: Daniele e Jacopo hanno frequentato la Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”, Costanza l’accademia professionale d’arte teatrale presso Teatranza Artedrama di Moncalieri. Quest’anno, grazie a un nuovo progetto della Fondazione Live Piemonte dal Vivo, che ha selezionato dieci giovani compagnie piemontesi al fine di sostenerle e valorizzare le loro produzioni, saranno presenti al Teatro Sandro Pertini di Orbassano. Le produzioni di “Mulino ad Arte” spaziano dalle tragedie sentimentali, alle problematiche sociali, alla storia contemporanea, si possono citare lavori come “Due Fratelli”, “Level Up” o “I volti di Hiroshima”.
L’interessamento ai temi sociali in riferimento alla quotidianità giovanile, dà l’impressione che “Mulino ad Arte” sia una compagnia fresca, presente, allerta e cosciente di ciò che accade intorno a sé e ai propri coetanei. Una maturità di visione e riflessione sulle tematiche forti della società attuale, riproposte in modo genuino e chiaro. “Level Up” ne è un esempio: una produzione incentrata sulla dipendenza da Internet e sulla perdita dei rapporti interpersonali a favore di quelli virtuali. Un tuffo nella vita quotidiana, forse a volte esagerata, di molti ragazzini e non, che hanno chiuso le finestre della loro camera e aperto quelle della grande rete. Peccato che l’incontro personale, la fisicità, la parola e il calore dato dalla presenza dell’altro non siano contemplati. Il teatro, però, con il suo essere presente ora, ridona voce e forma al dramma incosciente a cui le nuove generazioni vanno incontro. Attraverso questi temi di fondo, “Mulino ad Arte”, riesce ad avvicinarsi al pubblico parlandogli semplicemente della sua
stessa vita, riflettendo sulla scena una parte di sé che inevitabilmente smuove l’interiorità. Mulino ad Arte spazia dall’amore alla morte: racconta dei rapporti tra uomo e donna e del sentimento che accompagna l’essere umano nel suo viaggio sulla Terra; passa poi alle tragedie che hanno coinvolto l’umanità come la bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945, fino a divertire con gli sketch di simpatici clown. L’offerta di Mulino ad Arte può soddisfare i gusti di un pubblico variegato rendendolo cosciente della necessità di dare fiducia e sostegno alle giovani compagnie.
Barbara Mastria
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ARTINTIME events@artintime.it
PARATISSIMA:
LE OLIMPIADI AUTUNNALI DELL’ARTE Sono le 22:00 di domenica 10 novembre e lo spazio G@P – Galleries at Paratissima, che fino a poche ore fa era trafficato come le vie pedonali del centro cittadino, si sta rapidamente svuotando. I nostri vicini di stand stanno finendo di imballare le loro cose negli scatoloni. È ora di andare. Twittiamo il link all’ultima intervista della giornata, spegniamo i computer e ci prepariamo ad abbandonare la scrivania di cartone – inaspettatamente solida – dalla quale abbiamo raccontato giorno per giorno questo evento straordinario. Salutiamo lo stand di Artintime, che negli ultimi cinque giorni è stato praticamente la nostra casa e, zaini in spalla, ci accodiamo al grande rinoceronte di metallo che sta aprendo la strada verso l’uscita, dove si sono già radunati il Piovrilla e la mantide formato gigante. Chi non ha avuto la fortuna di visitare gli spazi dell’ex-MOI a Torino tra il 6 e il 10 novembre penserà forse che noi di Artintime stiamo dando i numeri: chi, invece, c’è stato, ricorderà
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che quegli insoliti animali erano tra le opere che hanno animato la nona edizione della kermesse. La manifestazione, nata come spin-off di Artissima, si conferma il più vivace evento dedicato all’arte contemporanea e rivolto ai giovani emergenti sul territorio torinese: un’autentica vetrina per gli artisti non ancora affermati, ma anche un’occasione di scambio, confronto e sperimentazione per chi è già entrato nel circuito ufficiale dell’arte. Il cuore della manifestazione è stato chiaramente il consueto esercito festoso di oltre 550 scultori, designer, pittori, registi, grafici, stilisti, illustratori, fotografi che si sono sfidati sotto alle arcate del MOI, ma numerosi sono stati i progetti speciali e gli eventi collaterali: l’esposizione Botteghe d’Artista, frutto della collaborazione fra 7 artisti senior e altrettanti junior; il percorso SKINcodes, volto ad esplorare la superficie del corpo con diversi linguaggi artistici; i seminari e i workshop di PARASCHOOL; i progetti espositivi e i contest di Pa-
raPhotò; le attività di ParaKids, per i più piccoli; il progetto Pixel Art della storica fabbrica di giocattoli Quercetti; le novità di quest’anno, lo spazio G@P dedicato alle gallerie d’arte e il concorso Design Sutie, rivolto a studenti e professionisti rigorosamente under 35; e non dimentichiamo le esibizioni musicali in acustico nelle stazioni della Metropolitana, i concerti e i dj set che hanno fatto da colonna sonora all’evento. Il tema dell’edizione 2013, il gioco, ha saputo cogliere pienamente un aspetto fondamentale della manifestazione, ovvero la condivisione. Gli Art games di quest’anno, infatti, non sono stati soltanto una gara; certo, come in tutte le competizioni che si rispettino, anche qui c’erano in palio dei premi: una collettiva nell’edizione 2014 per 15 artisti selezionati, un premio per le sezioni ParaFashion, ParaVideo, ParaPhotò e ParaDesign e, per il migliore, il Toro d’Acciaio, vinto quest’anno da Simone Benedetto – autore del sopracitato
SPECIAL PARATISSIMA
Piovrilla – che il prossimo anno avrà diritto a una mostra personale. Ma Paratissima9 è stata un gioco anche e soprattutto nella sua accezione di attività volta a stimolare la mente, la capacità critica e la sensibilità artistica del pubblico. La partecipazione era uno dei temi chiave dell’evento e molte sono state le iniziative che hanno offerto la possibilità di interagire, confrontarsi, formarsi: laboratori, performance e opere d’arte interattive hanno animato la manifestazione dando vita a un autentico vortice creativo in cui i visitatori non sono stati semplici spettatori passivi ma si sono messi in gioco diventando coautori delle opere stesse. Paratissima non è soltanto questo: è anche un esempio virtuoso di riqualificazione di un’area urbana degradata e inutilizzata, come gli ex mer-
cati ortofrutticoli di Borgo Filadelfia. A meno di un mese dall’inaugurazione di Paratissima questo spazio era stato devastato da un raid di vandali ed è stato ripulito grazie ad un Cleaning Day collettivo che si è dimostrata una splendida manifestazione di solidarietà di un intero quartiere. Il successo dell’evento ha sicuramente premiato il loro sforzo, confermando che investire sulla cultura è una scommessa vincente: Paratissima è la dimostrazione che spazi come questo possono e devono rinascere a nuova vita ed essere sfruttati in modo sapiente per creare momenti di aggregazione fondati sui valori di cultura, condivisione, creatività, scoperta. Ci auguriamo che gli abitanti del Borgo Filadelfia non debbano attendere molto prima di veder passeggiare sotto le arcate
dell’ex-MOI un altro fiume di oltre 100000 visitatori, come quello che Paratissima9 è riuscita ad attirare qui.
Francesca Magini
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ARTINTIME STRAY ART:
GRAPHIC, VIDEO, COMMUNICATION Hanno seguito Artintime tra i padiglioni di Paratissima 2013, popolando di foto e video il nostro portale e le nostre pagine social. Sono in tre, Jolanda, Laura e Alessandro, e si chiamano Stray Art: conosciamoli meglio! Laura, ci racconti qualcosa di voi? Il nostro gruppo è formato da tre elementi: Alessandro Arnone si è diplomato presso l’istituto di fotografia F.Balbis di Torino tre anni fa e ha poi collaborato come fotografo sportivo per un sito internet, collezionando altre piccole collaborazioni sempre in ambito fotografico e video. è sempre stato interessato e attratto da tutte le nuove tecnologie in campo fotografico e video. Jolanda Fiarè è graphic e web designer, diplomata presso l’Albe Steiner di Torino in Grafica pubblicitaria. È innamorata delle arti grafiche e dello studio della comunicazione. E infine Laura Mazzoni, laureata all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino in scenografia: ho lavorato come assistente stile e prodotto nel settore moda, all’’interno del gruppo mi occupo principalmente di fotografia, seguono poi la comunicazione e il montaggio video. Come e quando è nato il progetto StrayArt? Ci siamo conosciuti all’ interno del progetto “Futuri Creativi” durante il
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Servizio Civile Creativo che abbiamo svolto a Moncalieri dal mese di Gennaio al mese di Settembre 2013. Lì abbiamo avuto la possibilità di confrontarci durante l’ideazione e lo sviluppo di idee e attività legate al mondo dei giovani, della creatività e della comunicazione all’interno della comunità. Al fine di questo percorso l’alchimia nata tra di noi ha portato inevitabilmente al bisogno di creare qualcosa insieme, unendo le nostre competenze e aspirazioni che sono complementari. Nasce così nel Settembre 2013 Stray Art, l’unione tra creatività, tecnica e passione di tre ragazzi con l’intento di far divenire un sogno realtà. Che fini si propone il vostro gruppo? Il nostro gruppo è cresciuto in pochi mesi con la volontà di comunicare e realizzare idee, documentare, promuovere, organizzare e stimolare. Il nostro fine principale è quello di dar visibilità e voce a tutto ciò che è talento, passione e creatività di un gruppo, di un individuo o di un’attività attraverso ciò che ci unisce: le arti visive. In poche parole, la nostra missione vuol essere quella di dare risalto, in modo alternativo, alle idee sfruttando le potenzialità dei social network, ovvero usandoli come principali canali di diffusione. Oltre al nostro Canale Youtube, la nostra pagina Facebook è il fulcro
delle nostre attività. Come mai avete deciso di darvi questo nome? Arriviamo da realtà differenti ma abbiamo in comune l’interesse a cercare di migliorarci, e di adoperarci al massimo in tutto quello che adoriamo, in questo momento storico sociale che spesso ci vuol far dimenticare che alla base di qualsiasi azione e lavoro ci debba essere anche il piacere. Per questo ci sentiamo un po’ dei cani e/o gatti randagi, appunto, che tra le varie insidie cercano di sopravvivere. Anche noi tutti i giorni in qualche modo cerchiamo di alimentarci ricercando ardentemente la creatività, per questo ci definiamo randagi, siamo Stray Art. Cosa rappresentano per ciascuno di voi la foto, la grafica e i video, e come riescono secondo voi a comunicare e a integrarsi fra loro? Alessandro: inizialmente innamorato dalla fotografia, sono stato attratto in un secondo momento dal mondo del video grazie all’evoluzione delle reflex digitali, che hanno introdotto la possibilità di registrare clip. Questo è stato un passo inevitabile, perché non mi bastava più raccontare qualcosa con una sola immagine, ma sentivo la necessità di allargare i miei
INTERVISTANDO...
orizzonti. Jolanda: per me la grafica rappresenta tutto ciò che mi circonda, guardo la realtà ogni giorno immaginando un “mondo parallelo”, trasformando immagini di vita quotidiana, parole e sensazioni in illustrazioni e grafiche che viaggiano nella mia mente. Da tutto ciò traggo ispirazione per i miei lavori, cercando di sintetizzare concetti complessi in raffigurazioni che colpiscono l’occhio e centrano il bersaglio. Laura: ono sempre stata per natura legata ad attività artistiche manuali, come il disegno, la pittura e la scultura. Ad oggi la fotografia mi ha permesso di esprimere le emozioni catturandole in un istante, dandomi la possibilità di completarmi. Tutte e tre queste “arti” si fondono in maniera naturale quando si innesca
una sinergia tra chi le compie mentre si partorisce il progetto. Vi ispirate a qualcuno in particolare? Laura: Osservo e tengo a mente diversi artisti, ma nello specifico non mi ispiro a nessuno. Alessandro: Per quanto riguarda la fotografia non posso non citare grandi nomi come Robert Capa e Annie Leibovitz (nel primo periodo della sua carriera). Nell’ambito video sono in cerca di continua ispirazione, guardando e sperimentando giorno per giorno. Jolanda: Non riesco a ispirarmi a qualcuno in particolare, per quanto nella grafica pubblicitaria grandi nomi hanno segnato la storia, ma questo è un mondo in continua evoluzione, l’avanguardia è la miglior ispirazione.
In cosa vuole essere diverso Stray Art? Vorremmo essere un nuovo modo di fare spot promozionali all’interno di uno scenario moderno che vada al di là della TV. La nostra diversità, vista come valore aggiunto, sta nel promuovere attività o realtà ricercate con modalità sempre fresche e nuove. Semplice, diretto e creativo. Che progetti avete per il futuro? Continuare a crescere, sia individualmente, sia come gruppo, per poter offrire sempre il meglio e arrivare a conquistare il nostro posto nel mondo della comunicazione.
Alessandra Chiappori Francesca Cerutti
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ARTINTIME music@artintime.it
ENTROPIA Ascoltare una canzone e non sapere mai dove ti porterà. Ancor più se il ritmo si spezza, cambia, varia e inaspettatamente, seguendo un gioco di chitarra o un testo interessante, ci si ritrova dove non ci si sarebbe mai aspettati all’inizio. È questa la sensazione che riescono a creare gli Entropia. La formazione biellese, nata nel 2010 dalla passione musicale di Luca Biaggi (chitarra e voce), Giovan ni Portaluppi (chitarra), Lorenzo Martinotti (voce e basso) e Mat teo Lorenzi (batteria), per quanto giovane, vanta un percorso mu sicale ricchissimo. Dopo l’esordio con l’omonimo EP, in cui già si può notare una grande voglia di sperimentare, di spaziare tra sonorità diverse, tra colpi di scena (un paio di esempi: “Tutto ad un Tratto” e “Entropia”) e testi non banali, inizia l’ascesa vorticosa della band piemontese. Tantissimi festival, non ultimo il That’s Life Festival, che offre alla formazione biellese l’occasione per registrare in stu dio il brano “L’Invasione“ (da cui poi scaturirà un video realizzato e diretto dalla band con la parteci pazione di fans e amici), varie par tecipazioni a programmi televisivi
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come Sala Prove di Rock TV o MTV New Generation, la grande prova del secondo palco all’Heineken Jammin’ Festival del 2011 e la partecipazione a Collisioni Festival a Barolo; senza dimenticare le esibizioni sui palchi di Giuliano Palma o dei The Hormonauts.. ce n’è davvero per tutti i gusti! Nel 2012 esce il secondo lavoro del gruppo, “Il tempo del Rifiuto”, EP già più maturo dove la band riconferma la sua passione per i ritmi graffianti e le virate rapide che trascinano dall’energia più rock di “Da qui”, alla ballata dai toni più intimi di “Io&Me”, passando per la title track, divisa curiosamente in due atti, e per l’eclettica “Questa notte”. I quattro ragazzi di Biella non si fermano però e, ad appena un anno di distanza dal loro secondo lavoro, il 12 novembre del 2013 fanno uscire un terzo EP: “La direzione”, prodotto da La Fonderia Musicale, anticipato dall’omonimo brano e ascoltabile interamente su Spotify. Un nuovo salto in avanti per la band che questa volta ci porta sulle tracce della strada per la felicità, in un viaggio carico di bagagli più o meno dolorosi ed esperienze da mettere in valigia per il futuro; un’avventura che sa molto di vita.
Non mi resta, quindi, che lasciarvi conquistare dalla leggera positività di “Sereno”, dalla trascinante “Buscarse la vida “ o dall’insolita “Il giorno migliore per gridarti addio”. Se non bastasse, però, vi consiglio l’ascolto (e la visione del video diretto Luca Gaddini) di “Quella che”: un pezzo sospeso, potente e affascinante. Un’ultima citazione da uno dei testi, a fare da ciliegina sulla torta, per incuriosirvi del tutto: “Definizione di Entropia: grandezza fisica che viene interpretata come misura del caos.” Che dire? Ascoltate per credere! Enjoy!
Angelica Magliocchetti
MUSIC
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ARTINTIME books@artintime.it
QUANDO IL PICARESCO
SI COLORA DI POP E SUONA IL ROCK Che ci fa Tolstoj in una stazione a impartire lezioni pretendendo di essere pagato in libri letti, e perché Lou Reed indossa camicie a fiori e finge di finanziare gruppi di fondamentalisti islamici? Ma soprattutto: perché il protagonista, il Ragazzo, studente universitario infilatosi suo malgrado in una situazione scomoda, tra una fidanzata che non gli va e un quasi-suocero capo mafioso, non scende nemmeno un attimo dall’esilarante giostra all’inseguimento di un quadro di Gaugin, crosta o autentico che sia? Perché, verrebbe da pensare, l’autore di questo esordio letterario, “Inseguendo Gaugin” ha trovato la ricetta perfetta per una bella storia, di quelle dentro a cui si entra, e pagina dopo pagina non ci si stanca di inseguire, anche noi lettori dietro al Ragazzo, le rocambolesche e vagamente assurde vicende dei protagonisti. Un gruppo di “rapaci”, un po’ filosofi, a tratti psicopatici, con spiccata tendenza a oltrepassare i limiti della legge, ma con un’etica incrollabile, costruita a suon di arte e letteratura. O meglio, a suon di rock, un sound che torna, non solo nel fraseggio rapido e ritmato della storia, ma nel suo saper essere anche graffiante e ironica. La simpatia è innegabilmente uno dei magneti che tiene attaccati a questo romanzo, picaresco moderno, tra il disilluso e i toni pop di una cultu-
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ra di massa che entra forte a farsi sentire, tra una canzone di Jimmy Hendrix e una cadillac che sfreccia nella notte. Un percorso con una sua finalità precisa, che traspare tra una citazione esistenzialista e una riflessione su Dio, acchiappate così, on the road, disvelate tra le maglie di un nonsense irresistibile, che ricorda a tratti una “Zazie nel metrò” targata Raymond Queneau e una pillola di cinico intellettualismo alla Charles Bukowsky. Un mix audace, non c’è che dire, ma estremamente dinamico. Gettato nell’inarrestabile rincorsa dei “rapaci”, comandamento dopo comandamento, scoperta dopo scoperta, il Ragazzo, suo malgrado, troverà se stesso, come in ogni percorso di formazione classico che si rispetti. L’assurda gang che lo accoglie, disperato e senza speranze in apertura di storia, si rivelerà una vera scuola di vita, dentro alla quale farsi catapultare senza freni da un viavai di colori, scene esilaranti, veloci, sempre più rapide. Il tempo scivola di pagina in pagina tra una Trieste riconoscibile sotto le tinte pop del racconto, e poi in Istria, e fino alla Puglia, alla ricerca di cosa? Del Gaugin, o piuttosto di un se stesso ancora sconosciuto. Che sotto alla trama agiscano, divertite ed esperte, le sapienti mani dell’autore, è cosa osservabile: la voce narrante, quella del Ragazzo,
non lesina irresistibili concessioni allo humor, miscelate inestricabilmente a citazioni colte e letterarie, che non sono mai perle buttate lì, staccate da tutto e tutti, a sottolineare cultura. No, sono proprio il contrario: riflessione accorta e revisione della realtà con gli occhiali di un passato letterario che, da scolastico, viene rivalutato e attualizzato, rivelando risvolti niente affatto scontati e noiosi, senza mai rallentare la fantastica frenesia della vicenda, anzi, diventandone parte. Un’Odissea moderna? Se il celebre poema viene offerto tra i libri del saggio Tolstoj non sarà forse un caso, visto che di viaggio si tratta, ed è uno spericolato tour che ricorda un Interrail senza meta, alla rincorsa di un tempo, un amore, un sogno, una vita nuova, tenuta lì dietro l’angolo, è sufficiente arrivarci. Ma se la compagnia è quella giusta, pericoli e nemici alle calcagna, la destinazione non tarderà a intravedersi: forse non era quella che ci si aspettava, ma… E se la vera scoperta fossero la storia, il percorso, i suoi personaggi, le sue impreviste svolte e sorprese? Inseguendo Gaugin, forse, arriverete a domandarvelo e rispondervi così anche voi.
A lessandra Chiappori
BOOKS “Avevo deciso di darmi un limite, dopo sarebbe scattato l’accanimento terapeutico contro il mio cervello. Il limite erano le otto e mezza. L’orario aveva un fascino felliniano, ma quando i due orologi dei campanili che avevo di fronte mi ricordarono che era scoccata la mia ora, l’istinto di sopravvivenza si ostinava a sconsigliarmi il tuffo dal molo, alla faccia di Fellini. Era Shopenhauer quello che ce l’aveva tanto con la volontà di vita? Mi dispiace, mio caro Arthur, ma se sono qui a raccontare questa storia è perché a me, la volontà, la vita me l’ha salvata”.
Giuseppe Sforza, “Inseguendo Gaugin”, Laurana Editore, 2013.
Giuseppe Sforza Classe 1980, Giuseppe Sforza nasce a Bari e poi si trasferisce in Friuli, dove attualmente lavora per una compagnia di assicurazioni e, nel tempo libero, si dedica alle immersioni subacquee. Guidato da una riflessione che shakera insieme fumetti, filosofia, John Lennon, tinte fosche da thriller, sfrenata ironia e vicende da romanzo di formazione, l’autore, alla sua opera prima, dimostra già una notevole destrezza alla penna, tanto che gli auguriamo il meritato successo per “Inseguendo Gaugin” e attendiamo con impazienza nuove storie on the road!
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ARTINTIME fromlondon@artintime.it
TREND TALK @CARNABY STREET I walk through the coolest street in London. Carnaby Street. My paper cup is full of warm apple cider, kindly offered by the iconic British menswear brand Ben Sherman. Upon my head the questionable choice for this year Christmas decorations: robins, an interminable amount of them, in every different sizes. A huge screen is flashing in my eyes the live tweets but I can only concentrate on the amazing window displays of the shops. The Christmas shopping party is on. I am very tempt by the 20% discount they offer, but to make the most out of it I need a style guru, a guide who can help me find the right bargain through this jungle of clothes. Definitely I can’t miss the trend talk hosted by Grazia UK editor-at-large, Angela Buttolph. She is about to reveal the key season pieces. So here I am, sitting in the front row, listening to her advices for the top festive-themed looks. Raid your teenage days wardrobe because the ‘90 are back! Let the Grunge saga rebirth and put on some high waist denim jeans (they don’t look good on all of us, fair enough, but Cheap Monday has some really wearable ones), a lumberjack plaid or flannel shirt and you are ready for a
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laid back day at University or even at the office, why not. Tartan is the print of the season, you can use it in all its infinite declinations: on a skirt to have the boarding school girl casual appeal, on a jacket with rolled-up sleeves to make it smart and paired with a white collar, as a total print dress if you want to dare. Tartan trousers are very cool if you go for a fit leg look with flat shoes. Rita Ora is a huge fan of it. Mentioning shoes the trend is flat, boots mostly. To add a bit of shine into grey winter days, metallic leather ones are more than welcomed in your a/w collection. If you are not afraid of pulling off more metallic pieces a mini silver skirt is a must, and a long sleeves metallic body can be your best friend for the perfect night out. Miley Cyrus style, but with less skin showing, hopefully. To purchase your own version choose between AQ/QA models. The fabric for this winter is velvet in bright and unconventional colours like electric blue, use it for an effortless trendy look in a shapeless mini dress that you could wear during the day but also at night, Eleven Paris has what you are looking for. Vintage flower print dresses are a feminine touch, the British brand
Dahlia surely offer you plenty of choice. To maintain your comfort but still look stylish the right compromise are the new deluxe sweaters with crazy prints like Kenzo ones for example, go for basic colours like black or navy. Don’t be scared by the neoprene experience, trust me is not a bad word in fact is a extremely comfy material that keeps you warm perfectly in style. Cammino per la strada più cool di Londra. Carnaby Street. In mano ho un bicchiere di sidro di mela, caldo, gentilmente offerto dal marchio inglese di abiti maschili Ben Sherman. Sopra la mia testa le nuove, discutibili decorazioni di Natale: pettirossi, un’infinita quantità, in ogni dimensione. Un maxi schermo schiaffeggia il mio sguardo con i tweets in tempo reale, ma riesco solo a concentrarmi sulla bellezza delle vetrine che mi circondano. Lo shopping party natalizio è iniziato. Sono molto tentata dal 20% di sconto offerto da quasi tutti i negozi, ma per ricavarne il massimo ho bisogno di una fashion guru, una guida che mi aiuti a trovare il giusto affare in mezzo a questa giungla di vestiti. Di sicuro non posso perdermi la trend talk organizzata da Grazia UK. An-
FROM LONDON
gela Buttolph, editor-at-large della famosa rivista, sta per rivelare i pezzi chiave della stagione. Ed eccomi qui, in prima fila, a prendere nota dei suoi consigli per ottenere impeccabili stili festivi e non solo. Svaligiate il vostro guardaroba da adolescenti, gli anni 90 sono tornati! Che il Grunge risorga in tutta la sua scarmigliata prepotenza, benvenuti dunque ai jeans a vita alta (che di sicuro non donano a tutte noi, d’accordo, ma quelli di Cheap Monday sono irresistibili e di più facile vestibilità rispetto a un vero vintage), la camicia da boscaiolo in plaid o flanella, ed eccovi pronte per una rilassata giornata all’università o anche in ufficio, perché no. Il Tartan è la stampa della stagione, potete usarlo in tutte le sue infinite declinazioni: su una gonna per dare quell’effetto casual da scolaretta, su una giacca con le maniche arrotolate abbinata a una camicia bianca per un look più rifini-
to, su un vestito totalmente stampato se siete in vena di osare. I pantaloni con stampa tartan sono molto chich soprattutto se aderenti, corti alla caviglia e portati con scarpe basse. Rita Ora è una estimatrice del tartan look. Tornando sulle scarpe, il trend della stagione le vuole basse, principalmente stivaletti. Per dare un tocco di luce alle grigie giornate invernali, scarpe di pelle metallizzata sul dorato e/o argentato entrano a far parte del vostro guardaroba autunno/ inverno. Se il metallizzato non è troppo per voi, le scarpe non sono l’unica scelta, potete avventurarvi in top e body a manica lunga o senza manica in pieno stile Miley Cyrus (ma con più pelle coperta si spera). Oppure optare per una gonnellina argentata. Il negozio AQ/QA ha ciò che cercate. Il tessuto di stagione è il velluto, in colori forti come il blu elettrico. Una
maglia vestito in questa tinta e tessuto crea subito un look sofisticato senza troppo impegno, portabile di giorno e di sera. In foto vedete il modello proposto da Eleven Paris. Vestiti vintage dalle stampe floreali sono il capo femminile per eccellenza, il marchio inglese Dahlia ha una vasta scelta di tessuti e stampe per un look retrò. Infine, per chi fa del confort una priorità, le nuove felpe “di lusso” sono ciò che ci vuole, sdrammatizzate da stampe buffe, come quelle di Kenzo, rappresentano un’ottima scelta in colori basici quali nero o blu navy. Non fatevi intimorire poi dall’esperienza neoprene, tranquilli non è una brutta parola, ve lo assicuro, anzi è un tessuto confortevole e moderno che vi mantiene caldi in perfetto stile.
Cristina Canfora
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ARTINTIME popart@artintime.it
MARCO MINOTTI Classe 1973, Marco Minotti vive e lavora a Meda, vicino a Monza. Frequenta il liceo artistico e si laurea in architettura al Politecnico di Milano alle soglie del nuovo millennio. L’esordio è datato 1996, con la sua prima personale nel comune di Fino Mornasco, Como. Da quell’occasione, Marco ha allestito più di una dozzina di mostre personali in Italia, Svizzera, Austria, Inghilterra e Thailandia, tra cui quella presso lo spazio culturale “Landhaus” a St Polten (Austria), “Dora House” a Londra, alla “Banca U.B.S” di Lugano e la mostra oltre oceano a Bangkok (col patrocinio dell’ ambasciata Italiana). Numerose sono anche le sue partecipazioni a mostre collettive sia
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in Italia (Arkiviarte presso Fabbrica Borroni a cura di Fiordalice Sette a Bollate, quella al Museo Villa Ponti “Marilyn, l’ arte della bellezza” a cura di C. Occhipinti ad Arona, a Roma al Museo Macro dal titolo “c’era una volta” a cura di Valeria Araldi e l’ ultima a Caserta presso il museo MAC3 dal titolo Play with eyes a cura di Nello Arionte) che all’ estero (da poco è terminata una mostra itinerante in India dal titolo “Dadaumpop” a cura di Igor Zanti). Reduce dalla Biennale di Venezia 2011 a cura di Vittorio Sgarbi conclusasi a febbraio 2012 e dall’evento contemporary times organizzato da Unicredit a Roma, è da poco direttore artistico dello spazio Artex di seregno (Mi) .
POP-ART
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ARTINTIME movies@artintime.it
EL VENDEDOR DE HUMO La magia ha da sempre affascinato l’uomo: poter avere quello che si desidera con un solo schiocco delle dita è il sogno di chiunque. Ottenere cose impossibili grazie agli incantesimi, è quello che prova a fare il protagonista del cortometraggio “El Vendedor de Humo” di Jaime Maestro, allievo della PrimerFrame-Escuela de Animaciòn. La storia prende il via dal punto di vista di un personaggio - ancora non sappiamo di chi si tratti - che sta utilizzando un cannocchiale, l’occhio si muove e si focalizza su un minuscolo paese in mezzo al nulla. Stacco, e compare un carro come quello di Parnassus, un mezzo di trasporto tipico degli imbonitori delle fiere, un uomo giovane lo guida e dietro di lui lascia una scia colorata, viola. Sul carro compare una scritta: “Smoke seller”. Giunto al paese, l’uomo allestisce il suo palco e comincia lo spettacolo, o almeno vorrebbe iniziare a mostrare agli abitanti quello che sa fare, ma nella piazza ci sono solo un uomo, una donna, un cane e un gatto e nessuno di loro sembra interessato a quello che sta per fare l’imbonitore. Prova ad attirarli con la musica, ma l’anziana signora indispettita si alza e sposta la puntina dal disco di vinile. Nessuno sembra interessato a quello Smoke seller. Ma soprattutto, cos’è uno Smoke Seller? In Italiano sarebbe un ven-
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ditore di fumo, espressione che ha molteplici sfumature e significati: cosa sta cercando di raccontarci il regista? La risposta non tarda ad arrivare. Un bimbo corre nella piazza con un rametto tra le mani, finge che sia un aeroplanino. L’imbonitore lo ferma, prende quell’oggetto e lo trasforma in un aeroplano: il sogno del bambino diviene realtà. Gli abitanti del paese capiscono le intenzioni dell’uomo e corrono da lui carichi di desideri, così ceste di vimini diventano borsette eleganti, cagnolini minuscoli si tramutano in cani di taglia ben più grande. Magie, magie e ancora magie, in cambio di tante monete dorate. L’imbonitore viene acclamato e portato in gloria verso la casa del primo cittadino, che vuole a sua volta esprimere il proprio desiderio: un monumento altissimo con in cima la sua statua. Eccolo accontentato. Ma qualcosa inizia a insospettire il primo bambino, quello che aveva avuto l’aeroplanino: il suo giocattolo è entrato a contatto con l’acqua ed è regredito allo stato primordiale, è tornato a essere un rametto. A questo punto agli occhi dello spettatore è tutto chiaro: l’imbonitore è un ciarlatano, un venditore di fumo, di false speranze, una persona che si prende gioco degli altri, che sfrutta i loro sogni per arricchirsi. Sì, arricchirsi, perché a causa dell’arrivo di un temporale il nostro
finto mago si affretta a lasciare il paesino, richiude il suo palchetto e riparte a bordo del suo carro. La pioggia comincia a scendere e con essa l’incanto svanisce, come in “Mary Poppins”, l’imbonitore e il suo mezzo di trasporto si trasformano, è un uomo vecchio, con un vecchio carro tutto rovinato. Ha illuso le persone e soprattutto è riuscito a sottrarre il rubino gigantesco che il sindaco sfoggiava in cima al suo bastone. “El Vendedor de Humo” è un cortometraggio ben realizzato, sei minuti o poco più di animazione che racchiudono in sé una triste verità sotto forma di morale, come spesso capita in questi piccoli film che sono sicuramente anche dei piccoli capolavori. Impossibile non esserne colpiti, considerando anche che si tratta di un prodotto realizzato da uno studente, un giovane che sta muovendo i primi passi in questo mondo. Scene costruite con grande attenzione e personaggi perfettamente caratterizzati, il tutto senza un dialogo, sfruttando solo le immagini, l’essenza prima del cinema, che riesce ad incantare lo spettatore di qualsiasi nazione.
Francesca Cerutti
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SPECIAL CHRISTMAS
I consigli della redazione! ArtInTime | 33
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BOOKS... 34 | ArtInTime
SPECIAL CHRISTMAS “NON SO NIENTE DI TE”, Paola Mastrocola, einaudi, 2013. Che ci fanno delle pecore in un prestigioso college inglese? A guidarle è proprio Filippo Cantirami, giovane italiano vincitore di un dottorato a Stanford e promettente rampollo dal futuro già disegnato? Una storia in pieno stile Mastrocola, che tra il surreale e l’ironico apre gli occhi su una realtà più che mai attuale ma ancora invisibile a molti: la frenesia del mondo moderno, la necessità di un ritorno a un tempo lento, autentico, per vivere meglio, e sereni. Sotto l’albero perché: è indispensabile per capire i ventenni d’oggi. “MARINA BELLEZZA”, Silvia Avallone, rizzoli, 2013. Biella, provincia sconosciuta ai più e tanto cara all’autrice, è qui che si svolgono le vicende dei giovani protagonisti, in un mondo fatto di crisi e vane speranze per il futuro, scopriamo la forza di alcuni coraggiosi che decidono di volercela fare. E tra storie familiari, intrecci, passioni, vittorie e sconfitte emergono i personaggi forti e vitali che abbiamo imparato a riconoscere nella scrittura potente di Silvia Avallone. Sotto l’albero perché: il talento della giovane autrice non si smentisce. “E COSÌ VORRESTI FARE LO SCRITTORE”, Giuseppe Culicchia, laterza, 2013. Eventi, fiere, incontri, appuntamenti, cene con l’autore… Non siamo mai stufi di libri e di parlare di libri. E se volessimo anche scriverli, questi tomi che affollano le librerie, destinati a scomparire dopo poche settimane, fagocitati dal magma inarrestabile delle nuove uscite? Con ironia e sguardo severo ma sincero, l’autore torinese ci accompagna alla scoperta del complesso e spesso cinico mondo dell’editoria. Sotto l’albero perché: svelare la realtà dell’editoria può certamente contribuire a ridonarle valore e qualità. “IL RICHIAMO DEL CUCULO”, Robert Galbraith, Salani, 2013. Si nasconde la penna della ben più nota J.K. Rowling dietro questo pseudonimo, autore di una storia gialla ambientata in una Londra dai tratti noir e affascinanti. Cormoran Strike è l’investigatore privato incaricato di indagare su un suicidio simulato, personaggio difficile e dalla storia tragica alle spalle: si fermerà alla prima indagine? Sotto l’albero perché: nato come flop, il romanzo ha riconquistato le vette delle classifiche solo dopo aver svelato il vero nome dell’autore. Sarà davvero solo questione di fama? “CURARSI CON I LIBRI”, Ella Berthoud, Susan Elderkin, Sellerio, 2013 Biblioterapia: esiste e funziona davvero? Sembrerebbe proprio di sì a sentire le due autrici di questo imponente per numero di pagine, ma piacevolissimo e scorrevole volume. A ogni malanno e problema il suo libro, accuratamente selezionato, prescritto e letto nel momento adeguato, così da non perdere nemmeno un po’ del suo magico potere terapeutico. Ed è così che attraverso celebri pagine e autori, ritroviamo serenità e buon umore. Sotto l’albero perché: un appassionante viaggio in mezzo ai libri, vi rapirà.
A lessandra Chiappori
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SPECIAL CHRISTMAS AVICII - “TRUE” Dopo il grande successo dei singoli “Wake Me Up” e “You Make Me”, esce il primo album del dj svedese Tim Bergling, in arte AVICII . Dieci tracce, una additional track e due bonus track tutte da scoprire per gli amanti della musica elettronica; tante collaborazioni (Nile Rodgers, Morris Mac Davis e Audra Mae) per una nuova evoluzione positiva. Un po’ folk, un po’ dance music. SAMUELE BERSANI - “NUVOLA NUMERO NOVE” Per gli inglesi suona un po’ come il settimo cielo (“Cloud nine”) e si vede: il nuovo album di Samuele Bersani ci regala tutta quella chiarezza e serenità come non se ne sentiva da un po’ dal cantautore romagnolo. Una rinascita piena di solarità e pace, sia nei testi che nelle scelte musicali. L’ideale per un po’ di sorridente quiete interiore. PASSO GIGANTE - L’ASSALTO “Una bomba elettro funky, carica di ironia pronta a scoppiarvi in faccia” questa la presentazione del nuovo lavoro della formazione fiorentina. Il singolo “Ivo il distruttivo” aveva già anticipato questa esplosione musicale decisamente ad effetto; tematiche concrete, tanta realtà e poco spazio alle interpretazioni per una band che arriva dritta al sodo, senza tanti giri (musicali e non). RAPHAEL GUALAZZI - RAINBOWS Come farsi mancare il nuovo EP di Raphael Gualazzi, “Rainbow”? Il nuovo lavoro del musicista comprende infatti l’attuale sigla del programma tv “Che tempo Che Fa”, la traduzione del singolo del paroliere francese Charles Trenet, “Il Mare”, e l’inedito “Legba”. Per gli appassionati non mancherà una cover di Adriano Celentano. ELISA - L’ANIMA VOLA Dopo sedici anni ecco finalmente che la cantautrice riesce a immergersi nel mondo misterioso e vasto della composizione di un intero album in italiano. Undici tracce complesse, ma di sicuro impatto, formano questo lavoro tanto atteso, questo primo volo della cantante, che per l’occasione non si fa mancare collaborazioni di prestigio come Ligabue, Tiziano Ferro e Ennio Morricone. Godibilissimo. EMELI SANDÉ -OUR VERSION OF EVENTS - DELUXE EDITION Non si può resistere all’edizione deluxe dell’album di debutto della cantautrice scozzese! L’album più venduto nel Regno Unito nel 2012 esce in una nuova versione con cinque canzoni extra, che vedono la collaborazione di artisti come Naughty Boy e Labrinth. Davvero un bel regalo. Linkin Park -RECHARGED Il secondo album remix della band statunitense, “Recharged“, nasce dall’idea di reinterpretare l’album in studio “Living Things “. Ad anticiparlo il singolo inedito “A Light That Never Comes”, brano realizzato in collaborazione con il dj americano Steve Aoki. Sperimentale.
Angelica Magliocchetti
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ARTINTIME MOVIES...
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SPECIAL CHRISTMAS Dicembre, tempo di Natale, tempo di regali! Avete un amico, un’amica, un fidanzato, una fidanzata, un fratello o una sorella… insomma dovete fare un regalo a un cinefilo? Ecco qualche dritta per trovare il regalo giusto. Innanzi tutto è bene conoscere i gusti del destinatario del vostro regalo, non scegliete mai senza tenerli in considerazione, altrimenti il vostro dono potrebbe essere riciclato oppure rivenduto su internet poche ore dopo essere stato spacchettato. Una volta presi in considerazione i gusti del vostro soggetto-cinefilo, leggete la lista. IL FILM INTRAMONTABILE Regalare un film intramontabile è come regalare un diamante: è per sempre. È una storia che non perde valore nel tempo e che si fa guardare e riguardare senza stancare mai. Fare una lista di questi film è pressoché impossibile, ne cito alcuni: “Casablanca” di Michael Curtiz, “Susanna” di Howard Hawks, “Colazione da Tiffany” di Blake Edwards, “Cappello a Cilindro” di Mark Sandrich, “Via col Vento” di Victor Fleming, “Sentieri Selvaggi” di John Ford, “Il laureato” di Mike Nichols, “Frankenstein Junior” di Mel Brooks, “A qualcuno piace caldo”, “Viale del Tramonto” e “Sabrina” di Billy Wilder, “Psycho” di Hitchcock… e molti altri ancora! IL FILM DELL’ANNO Nel 2013 le uscite di film in dvd o blue ray sono state davvero moltissime, non tutti i film passati in sala sono già pronti per l’home video, ma tra i papabili non possiamo dimenticare: “Les Miserables” di Tom Hooper, “Pacific Rim” di Guillermo del Toro, “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino, “Lo Hobbit” di Peter Jackson, “Il Grande Gatsby” di Baz Luhrmann, “Django Unchained” di Quentin Tarantino, “Upside Down” di Juan Diego Solanas, “Hitchcock” di Sacha Gervasi, “Educazione siberiana” di Gabriele Salvatores, “Effetti collaterali” di Steven Soderbergh. IL CARTONE ANIMATO DELL’ANNO Numerosi i cartoni del 2013 che meritano di essere ricordati e regalati, di mamma Disney o meno, per i fanatici del mondo dell’animazione o per i più piccini si consiglia: “I Croods” di Kirk De Micco, “Epic” di Chris Wedge, “Frankenweenie” di Tim Burton, “Paranorman” di Sam Fell e Chris Butler, “Hotel Transylvania” di Genndy Tartakovsky, “La bottega dei sucidi” di Patrice Leconte. IL FILM DI NATALE Su questo punto ci sarebbe davvero di che sbizzarrirsi, a partire da tutti i film che hanno la parola Babbo Natale nel titolo, senza scordare i vari “Mamma ho perso l’aereo” di Chris Columbus e poi il meraviglioso “Canto di Natale di Topolino” e l’adattamento di Tim Burton “A Christmas Carol”, o la versione dei Muppets. Non possiamo non citare: “Miracolo nella 34° strada” di Les Mayfield, “La freccia azzurra” di Enzo D’Alò, tratto dall’omonimo libro di Gianni Rodari e poi, perla cinematografica, “La vita è meravigliosa” di Frank Capra. IL VOSTRO FILM PREFERITO In questo caso è difficile aiutarvi, ognuno di voi avrà un film preferito e lo amerà per le motivazioni più svariate. Il consiglio è di affidarvi a quello che avete visto e di farvi una domanda: cosa mi piacerebbe far vedere al soggetto cinefilo? Fate una bella lista e lasciatevi ispirare dall’amore per il cinema che portate dentro di voi. Magari volete sfruttare questa occasione per contagiare qualcuno che è poco incline a guardare dei film, che reputa la visione una perdita di tempo. Personalmente io opterei per questi titoli: “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis, tutta la trilogia ovviamente, “Nuovo cinema paradiso” di Giuseppe Tornatore, “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin, “Mary Poppins” di Robert Stevenson, “Incantesimo” di George Cukor e “Manhattan” di Woody Allen, oltre a tutti i vari classici che ho già citato e anche quelli non citati. Perché questi? Perché sono i film che mi piace rivedere almeno una volta all’anno, mi hanno contagiata tempo fa e spero possano contagiare molti altri ancora!
Francesca Cerutti
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TANTI AUGURI DA TUTTO IL NOSTRO STAFF! CI VEDIAMO A GENNAIO...
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FILMMAKER
FESTIVAL DEI POPOLI
ARCIPELAGO FILM FESTIVAL
A Milano dal 29 novembre all’8 dicembre vi aspetta una nuova edizione del concorso cinematografico “Filmmaker”. L’evento comprenderà tre sezioni: il concorso internazionale per documentari su lavoro, cultura e società, i film sperimentali “fuori formato” e la sezione non competitiva “Milano Metropoli”. Inoltre, non mancheranno eventi speciali dedicati al cinema contemporaneo e alle nuove forme di sperimentazione, e una retrospettiva dedicata al cinema del documentarista americano Ross McElwee. Per maggiori informazioni: www.filmmakerfest.com.
Torna anche quest’anno l’appuntamento con il “Festival dei popoli”, la rassegna cinematografica fiorentina dedicata al documentario internazionale, che dal 30 novembre al 7 dicembre coinvolgerà il pubblico in un viaggio tra diverse terre e culture. Come sempre saranno presentate le migliori produzioni inedite di registi internazionali, ma ci saranno anche un’interessante retrospettiva sul cinema di Marcel Łoziński e Paweł Łoziński e alcuni eventi speciali. Per informazioni sul programma dell’evento: www.festivaldeipopoli.org.
Ventunesima edizione per il festival internazionale di cortometraggi e nuove immagini “Arcipelago Film Festival”, che dal 2 al 6 dicembre, presso la Casa del Cinema e l’Ambra Garbatella di Roma, svelerà al pubblico nuove tendenze e linguaggi della produzione audiovisiva fuori standard. Una panoramica sul mondo del cortometraggio e dei nuovi formati, di cui saranno protagonisti nuovi talenti e importanti nomi del cinema internazionale. Cinque giorni di proiezioni, rassegne e omaggi di cui potete trovare informazioni sul sito www.arcipelagofilmfestival.org.
SPORT MOVIES & TV
PIU’ LIBRI, PIU’ LIBERI
TFF
Organizzato dalla Fédération Internationale Cinéma Télévision Sportifs, a Milano, dal 4 al 8 dicembre torna “Sport Movies & Tv - Milano International FICTS Fest”. L’evento come ogni anno comprenderà proiezioni, meeting, workshop e mostre, e presenterà le migliori produzioni internazionali di Cinema, Televisione, Comunicazione e Cultura sportiva. Documentari, spot, reportage, fiction e cartoni che faranno conoscere il mondo del cinema e della televisione sportiva. Per maggiori informazioni sugli appuntamenti in programma: www.sportmoviestv.com.
Dal 5 all’8 dicembre presso il Palazzo dei Congressi dell’EUR di Roma si terrà la dodicesima edizione di “Più libri, più liberi”, fiera nazionale dedicata alla piccola e media editoria. L’evento presenterà le ultime produzioni di molte case editrici minori e fungerà da luogo di incontro e confronto con il pubblico e con operatori professionali italiani e stranieri. Tra le attività previste, presentazioni, convegni e incontri con alcuni volti noti del panorama culturale nazionale. Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo www.piulibripiuliberi.it.
Nuova edizione per il “Think Forward Film Festival”, la rassegna cinematografica dedicata ai cambiamenti climatici e alle energie rinnovabili della città di Venezia. Il festival che si svolgerà il 6 e 7 dicembre presenterà film, documentari e una selezione dei migliori cortometraggi di registi internazionali, e ospiterà alcuni eventi speciali, tra cui dibattiti e incontri tra artisti e pubblico. Una terza edizione dedicata al tema della città intelligente, scelta come immagine simbolo per il 2013, e di cui la rassegna vuole essere fonte di ispirazione. Per informazioni: www.
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EVENTS A cura di Anna Moschietto
CAMOGLI INTERNATIONAL MARINE RESERVES FILM FESTIVAL
SOTTODICIOTTO FILM FESTIVAL
COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL
Debutto per il festival cinematografico “Camogli International Marine Reserves Film Festival”, la rassegna ligure dedicata ai documentari del mare. L’evento, che si svolgerà dal 6 all’8 dicembre, proporrà un ricco programma di proiezioni di corti, medio e lungometraggi, ma anche alcune attività collaterali in cui il pubblico potrà confrontarsi direttamente con la realtà delle Aree Marine Protette e con il territorio locale. Una rassegna che punta alla sensibilizzazione su una realtà poco conosciuta e valorizzata. Per info: www.inmarefestival.eu.
Torna l’appuntamento torinese con il “Sottodiciotto Film Festival”, la principale rassegna nazionale dedicata alla cinematografia per ragazzi, che dal 7 al 14 dicembre accoglierà nel capoluogo piemontese giovani registi e attori pronti a contendersi lo scettro della quattordicesima edizione. Come di consueto saranno presenti tre sezioni competitive e non mancheranno proiezioni, laboratori, presentazioni e incontri. Un ricco calendario di attività di cui potete consultare il programma completo sul sito www.sottodiciottofilmfestival.it.
Dal 10 al 15 dicembre a Courmayeur si svolgerà la ventitreesima edizione del “Courmayeur Noir in Festival”, rassegna internazionale dedicata al cinema noir ed alla letteratura gialla. Una manifestazione che darà spazio, oltre alla proiezione delle pellicole in concorso, a un ricco programma di attività, incontri, retrospettive, anteprime ed eventi speciali, a cui prenderanno parte importanti ospiti del panorama culturale internazionale. Un evento da non perdere per gli appassionati del genere! Il programma completo è consultabile su www.noirfest.com.
CORTO IMOLA FESTIVAL
ROMA GOSPEL FESTIVAL
UMBRIA JAZZ WINTER
Nuovo appuntamento con “Corto Imola Festival”, la kermesse dedicata alla cinematografia breve della città di Imola. La rassegna si svolgerà il 13 e 14 dicembre e come sempre darà spazio al cortometraggio in tutte le sue forme e declinazioni attraverso proiezioni, anteprime e incontri. Inoltre, per festeggiare il suo ventennale, il festival presenterà quest’anno un evento speciale, “Il Giorno + Corto”, che vedrà coinvolta tutta la città e il pubblico. Un’edizione da non perdere di cui potrete trovare info e anticipazioni all’indirizzo www.cortoimolafestival.it.
Torna anche quest’anno l’appuntamento con il “Roma Gospel Festival”, che dal 21 al 31 dicembre, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, accoglierà alcuni dei migliori gruppi di spiritual e gospel americani. La rassegna presenterà performance varie nello stile e nel genere e coinvolgerà tra gli altri Harlem Gospel Choir, Earl Bynum & The Mount Unity Choir, Tina Brown and The Gospel Messengers, Bridgette Campbell & Windy City Gospel Singers ed Emmanuel Djob. Per maggiori informazioni sui concerti in programma www.auditorium.com.
Ventunesimo appuntamento con la rassegna musicale “Umbria Jazz Winter”, che dal 28 dicembre al 1° gennaio a Orvieto accoglierà alcuni dei maggiori artisti del panorama jazz internazionale. Cinque giorni di concerti e performance dedicati agli amanti del genere e non solo. Tra gli artisti che saliranno sul palco Christian McBride, Melissa Aldana, Ken Peplowski, Evan Christopher, Anat Cohen, Joe Locke, ma anche Enrico Rava, Paolo Fresu, Rosario Giuliani e Fabrizio Bosso. Per maggiori informazioni sul calendario della rassegna: magazine.umbriajazz.com.
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