Artintime N. 10 - Ottobre

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IN TIME n.10 - Ottobre 2015

ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | INTERVISTE | EVENTI | LONDON NEWS



ARTINTIME L’EDITORIALE Banale o meno che ci possa sembrare, a ben guardare è così e non potrebbe essere altrimenti: le nostre vite sono intessute di storie. Sono storie, che per parlare di sé usano, piegano, riflettono e costruiscono altre storie. Le mescolano, le inventano, le giocano. Ma sempre storie restano. Fatte di elementi che, in fondo, sono ricorrenti, ce lo insegna la vecchia buona teoria della narrazione. Eppure ogni volta diverse, inaspettate, quasi nuove ai nostri occhi. Perché, ogni volta, allestite e rivestite in modo diverso. E così cambiano gli spazi, i tempi, gli attori protagonisti, ma noi veniamo ogni volta rapiti, ci immedesimiamo e sogniamo. In questo ottobre che ci riporta al tempo grigio e al freddo autunnale, non abbiamo rinunciato a raccontarvi nuove storie. Siamo volati a Londra per scoprire volti noti, luccichii e starlette, e per leggerli anche in lingua originale, esercitandoci un po’, che male non fa mai. Ma poi abbiamo fatto un salto a teatro con il progetto di Giulia Menegatti, nato cresciuto e presto in scena in quel di Torino. La musica questo mese ci porta a esplorare l’emozione delle contaminazioni da colonne sonore e poi su nel grande nord, nelle atmosfere fatte di sorprendenti e ovattate luci e ombre dell’Islanda e dei suoi giovani artisti. Storie che non ci aspetteremmo, e che sapranno regalarci novità e nuovi scenari da immaginare, da ascoltare, e perché no da vivere. Se invece non ci vogliamo muovere da casa ma siamo curiosi di perderci dietro alle storie, perché non lasciarsi avvincere dalle serie tv? Il nostro Matteo ci racconta la sua esperienza di dipendenza e appassionamento a tre celebri serie tv. Per ispirarvi, per solleticare la vostra voglia di storie, e perché no per invitarvi a una personale esplorazione in un nuovo modo di raccontare e vivere storie che sempre più coinvolge noi e chi ci sta intorno, quello della serialità televisiva. Per gli amanti dei classici, ci sarà spazio anche per le storie in formato libro. Due romanzi molto diversi tra loro, uno tutto italiano, uno made in USA, entrambi selezionati positivamente dalla critica ed entrambi, a modo loro, nuovi e insoliti, pur se inseriti in un grande mondo di citazioni e rielaborazioni di idee già transitate sulle pagine letterarie. La capacità di rinnovamento e la creatività non si saziano mai, lo scopriremo con uno sguardo all’arte antica e moderna, in una carrellata di rimandi e meraviglie che intrecciano tutto in un grande affresco artistico che non ha più confini temporali. Insomma, anche questo mese ci siamo dati da fare per raccontarvi le nostre storie, sperando di appassionarvi, farvi sorridere, aprirvi al nuovo e incuriosirvi. E se saremo riusciti nel nostro intento, beh… Questa sarà un’altra storia futura e felice da raccontarvi. Buona lettura, buon nuovo numero di Artintime!

Alessandra Chiappori

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ARTINTIME SOMMARIO 6 . LA BATTERIA by Angelica Magliocchetti

8 . SE UNA NOTTE D’INVERNO UNA SERIE TV.. by Matteo Ghidella

12 . UNA SAGA TRA CIRCOSTANZE, STORIA E CAFFE’ by Alessandra Chiappori

14 . LEGNANINO E I SOFFITTI DECORATI DI PALAZZO CARIGNANO by Roberta Colasanto

16 . LOUIS VUITTON SERIES 3 EXHIBITION by Cristina Canfora

18 . DUE MANI, DIECI DITA, MA UNA SOLA SCELTA PER LA VITA by Barbara Mastria

20 . SOLEY by Angelica Magliocchetti

22 . DI UNO SCRITTORE TRENTENNE A NEW YORK, OGGI by Alessandra Chiappori

24 . LA GRANDE MADRE 26 . EVENTI

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LA BATTERIA Atmosfere da film, del tutto volute, per la band romana nata da un fortunato mix formato da alcuni ex membri degli Otto Ohm, dell’Orchestra di Piazza Vittorio e dei Colle Der Fomento. La batteria, intesa rigorosamente come quella di criminali, è il nome del nuovo progetto musicale. Sullo sfondo di Roma prende quindi il via, nel 2013, l’idea di trasformare quello che sarebbe dovuto essere un album di library, pensato per la sincronizzazione con le immagini, in un album vero. Un tuffo negli anni 70 quando adattare la musica alle immagini era uno dei talenti italiani e il gusto e lo stile erano dati anche da tutte quelle piccole imperfezioni e difetti di un suono prodotto da macchine e congegni ormai sempre più in disuso. Un vero amore per le sonorizzazioni e le colonne sonore, soprattutto quelle italiane, sono il leitmotiv del primo lavoro della band. Facile capire allora perché la loro ispirazione è legata a compositori come Ennio Moricone, Bruno

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Nicolai e Alessandro Alessandroni, oltre che a band come i Goblin e I Marc 4. Un’atmosfera, un revival ma non solo, perché gli anni sono passati e l’epoca d’oro ha bisogno di essere spolverata con un po’ di contemporaneità: quindi largo alle sfumature di cadenza hip hip, rock, elettronica o afrobeat. Emanuele Bultrini alla chitarra, Paolo Pecorelli al basso, David Nerattini alla batteria e Stefano Vicarelli alla tastiera, ci regalano un album, “La Batteria”, davvero suggestivo. Dal viaggio in un officina d’altri tempi, quella di Cesare Bernardini a Roma, tra i sintetizzatori e un’esperienza, una capacità che è sempre più rara nel brano “Formula”, alle atmosfere notturne di “Chimera” o all’impazzare di un inseguimento in “Manifesto”. Come vedere un film, o forse, molto di più Ascoltare per credere: enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME movies@artintime.it

SE UNA NOTTE D’INVERNO UNA SERIE TV.. Questo articolo vuole essere una coperta per l’inverno. Quando fuori piove e fa freddo e l’ultimo desiderio, la sera, è mettere il naso fuori casa, quale modo migliore per coccolare noi stessi che drogarsi di serie televisive? Una serie tv è per sempre. Questa frase rappresenta in pieno il significato del sentirsi “sequestrati” da un fenomeno mediatico rinato e rinnovato da non molti anni, che, in qualche modo, sta sempre più sostituendo a livello qualitativo e commerciale il concetto di film e cinema. Molto spesso, infatti, si tende oggi a considerare una serie televisiva una sorta di film ad episodi, che non ha nulla da invidiare alle più importanti e costose produzioni hollywoodiane e non solo. Il termine “sequestrati” non è casuale. Quando una serie tv è ben realizzata, e ultimamente accade sempre più spesso, essa diventa inesorabilmente una delle priorità più importanti del nostro vivere quotidiano. Il meccanismo di “sequestro” ci coinvolge a tal punto che viviamo la nostra giornata nell’attesa di vedere l’episodio successivo, nella speranza che la storia prenda una determinata piega e

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risponda alle nostre domande. Inutile fare gli schizzinosi, chi è appassionato di serie sa perfettamente a cosa mi sto riferendo, nessuno può ragionevolmente sentirsi immune da questo fenomeno e da questa dipendenza. Paradossalmente, la mia passione è nata parecchio in ritardo rispetto al dilagarsi della moda. È stato un paio di anni fa, casualmente, una sera d’inverno (appunto), grazie alla curiosità di scoprire un mondo del quale tanto avevo sentito parlare, ma che fondamentalmente non conoscevo: il mondo di “Lost”, la serie che forse più delle altre ha dato il via a questa clamorosa e colossale rinascita. “Lost” è una serie fondamentalmente fantascientifica, basata su una struttura forte e originale, che supporta in maniera solida lo sviluppo della storia. Lo scenario è un’isola, i protagonisti sono dei sopravvissuti a un disastro aereo. La vicenda si articola in sei stagioni e andrà sempre più a intricarsi, circondata da misteri, enigmi ricorrenti, strane sparizioni, morti, voci dal passato e dal futuro, rapimenti e stravolgimenti. Il tutto con continui riferimenti alla vita dei personaggi al di là dell’isola, con

storie parallele che vanno a intersecarsi con le avventure quotidiane dei protagonisti. Un climax sempre crescente e avvincente. Continui colpi di scena e finali di puntata e stagione che quasi sempre lasciano col fiato sospeso, “Lost” è una serie che, forse, andava vista con la messa in onda originale, perché l’attesa della puntata successiva era riempita da supposizioni che facevano esse stesse parte dell’esperienza da spettatori. Recuperata come dal sottoscritto interamente dopo la sua fine, perde un po’ di fascino da quel punto di vista, ma acquista la classica apnea da più puntate al giorno, quel rapimento totale che la rende unica e quasi inimitabile. Il grande difetto di “Lost” è che raggiunge il suo apice non alla fine. “Lost”, infatti, tocca il suo momento di massimo splendore al termine della terza stagione, esattamente a metà. In quel momento, durante l’ultima puntata di quella stagione, il cuore manca di un battito, gli occhi si riempiono di lacrime, il respiro diventa affannoso, lo spettatore ha tutto quello che potrebbe desiderare da un prodotto d’intrattenimento. Peccato che poi rimangano altre tre stagioni e una


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quarantina di puntate e che quindi comincino, inevitabili, i cali. Alcuni momenti sono altrettanto belli e intensi, alcune puntate rimangono uniche, ma i passaggi lenti e a vuoto cominciano a pesare e i pretesti narrativi sono meno fluidi e più forzati. Il finale, da molti criticato ma da me adorato, si riconcilia con la serie, regalando puntate e sequenze uniche e rare, all’interno di una stagione, la sesta, forse meno riuscita di tutte le altre. “Lost” è il capostipite di questa nuova generazione di serie televisive e, paradossalmente, è anche stato il mio primo incontro con questo genere. Un incontro destinato inevitabilmente a durare nel tempo. Dopo “Lost”, infatti, avevo bisogno di qualcosa di altrettanto valido che mi appassionasse e distraesse più o meno allo stesso livello. Un qualcosa

di diverso ma di altrettanto all’altezza qualitativamente. Una serie comedy, una sitcom. La sitcom del momento, la nuova “Friends”. Sto parlando di “How I met your mother”. HIMYM (l’acronimo per amici) è una serie comica che si sviluppa intorno alla storia che un Ted cinquantenne racconta ai suoi figli, la storia di come ha conosciuto la loro mamma. Da questo pretesto, nove stagioni ricchissime di comicità, di amori meravigliosi e cuori spezzati, di grande amicizia, di avventure al limite del credibile. In una New York dei giorni nostri, cinque straordinari amici cresceranno insieme, arrivando alla soglia dei quarant’anni sempre uniti e con centinaia di storie da raccontare. How I met your Mother è un capolavoro. Un capolavoro a tutto tondo, un capolavoro di narrazione,

di recitazione, un capolavoro che regala emozioni infinite. Una serie che fa piegare in due dal ridere ma che, in certi momenti incredibili, fa versare copiose lacrime. Una serie che fa riflettere sul senso della vita, di quello che ci circonda, sui problemi quotidiani, sull’amicizia e sull’amore. I cinque protagonisti sono attori unici, che solo in versione originale possono essere apprezzati come meritano. Per quanto il doppiaggio sia ben curato, infatti, non potrà mai raggiungere quei livelli, senza dimenticare naturalmente la miriade di giochi di parole intraducibili in lingua italiana. Tutto perfetto? Ovviamente no. Il finale, purtroppo e dal mio punto di vista (ma non solo), non è affatto all’altezza. Io l’ho odiato a morte, l’ho detestato, mi ha scatenato istinti omicidi nei confronti degli autori. Quella male-

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detta doppia puntata finale è rimasta nei miei incubi. Peccato, perché fino a quel momento e nonostante nove stagioni, che sono tantissime, raramente si aveva l’impressione di un calo qualitativo. Ripeto, narrativamente parlando, a livello di serie comedy penso sia difficile trovare di meglio al momento. Con queste premesse, anche un finale un po’ troppo politicamente scorretto può essere perdonato. Consigliatissima. Ho parlato di due grandi serie, entrambe straordinarie per il loro genere ma con inevitabili difetti, più o meno grandi, che all’interno di un numero così alto di puntate sono, forse, inevitabili. Forse. La terza serie che mi ha stregato rasenta invece la perfezione assoluta. Trovarle difetti è un’operazione parecchio complicata e antipatica.

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“Breaking bad” è definita dai più la miglior serie di tutti i tempi. È la storia di un professore di chimica di un liceo in New Mexico, frustrato da una vita piatta che non valorizza il suo talento. Per arrotondare lo stipendio, è costretto a lavare automobili, la routine quotidiana lo avvolge senza entusiasmi e la notizia di essere malato terminale per un cancro ai polmoni sembra dargli il colpo finale. Casualmente, seguendo il cognato responsabile anti droga per la polizia locale, si imbatte in un suo ex studente spacciatore di metanfetamina. Da quel momento, maturerà la decisione di iniziare a cucinare droga, sfruttando il suo talento chimico e le conoscenze del ragazzo, per assicurare un futuro economicamente stabile alla sua famiglia dopo la sua morte. Tutto questo, che ci crediate o no,

è il riassunto della prima puntata. All’interno delle cinque stagioni che compongono la serie il pathos crescerà in maniera inverosimile, il climax sarà sempre più avvincente ed entusiasmante, lo spettatore verrà coinvolto in un turbinio dal quale è quasi impossibile uscire, il fenomeno “Breaking Bad” lo avvolgerà senza possibilità di fuga. Al contrario di “Lost”, ed è questa la grande differenza che rende “Breaking Bad” unica, la qualità delle puntate e dei temi andrà sempre crescendo, raggiungendo il suo massimo solo alla fine. Commercialmente parlando, si tratta di un esperimento molto rischioso, dove le possibilità che lo spettatore abbandoni all’inizio sono tante (la prima stagione è la più lenta perché preparatoria), ma è proprio questa la sua forza, dare esclusiva impor-


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tanza alla sceneggiatura senza utilizzare facili stratagemmi di “cattura” con il rischio di rovinare il lavoro sulle tematiche. E poi gli attori. Bryan Cranston, il protagonista, è la definizione definitiva della parola attore. Un lavoro incredibile, che gli è valso la lettera di sinceri complimenti di un certo Antony Hopkins, che lo ha definito il più grande che egli avesse mai visto recitare. Chapeau. E naturalmente anche tutti gli altri, mostri sacri della recitazione davanti alla macchina da presa. Anche qui, la visione è consigliatissima in lingua originale. Il doppiaggio è, al solito, ben curato, ma raggiungere quel livello è umanamente impossibile. Semplicemente troppo alto. Bene, il nostro viaggio termina qui. Ora avete, spero, un’idea in più sulla bontà della scelta di dedicarsi alla serialità durante le uggiose serate invernali. Sono serie certamente famosissime e

molto conosciute, non scopro l’acqua calda e sono uno spettatore principiante, ma per chi se ne fosse persa anche solo una, garantisco che ne vale davvero la pena. Per cominciare tre titoli così sono certamente importanti e regalano qualità estrema. Ora bisogna solo pensare alla successiva... E temo che il clima dei prossimi mesi aiuterà molto la velocità della scelta!

Matteo Ghidella

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ARTINTIME books@artintime.it

UNA SAGA TRA CIRCOSTANZE, STORIA E CAFFE’ Ambizione, la prima idea che viene in mente davanti all’esordio letterario di Francesco Paolo Maria Di Salvia, “La circostanza”, un corposo volume che affresca la grande e complessa saga della famiglia Saraceno. Industriali salerinitani del caffè, i Saraceno, o meglio alcuni di loro che prenderanno voce e forma all’interno di questo poderoso volume, affiorano lentamente, caratterizzandosi adagio, mentre il lettore, fatto il suo ingresso nell’universo del romanzo, coglie segnali, incastra tesserine di un vasto puzzle. Se nelle prime pagine questo approccio alla storia risulta impegnativo, l’ingresso in media res nella vita di quello che diventerà il parlamentare Italo Saraceno troverà lentamente una giustificazione. E il lettore assapora questa scoperta, tenacemente attaccato alle pagine con il gusto quasi sacro per il caffè, che innerva tutta la vicenda come filo conduttore. I Saraceno sono industriali, il loro prodotto di punta è una pregiata miscela di caffè, preparata e distribuita dall’azienda fondata dal capostipite. A partire da lui, origine positiva e industriosa, come in tutte le grandi storie familiari che si rispettino si aprono le strade diverse dei figli, e dei nipoti. Sono questi personaggi che abitano le pagine del romanzo, istanti, vicende e pensieri che hanno dato forma alle loro vite, alle relazioni che li hanno avvolti e che, circostanze non calcolate, hanno fatto prende-

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re alla loro indole e agli eventi una determinata piega. Italo Saraceno più di tutti rappresenta questo corso delle cose. Personaggio centrale, ne facciamo la conoscenza in una situazione del tutto particolare, e seguiamo la sua vita lungo il corso degli anni. Figlio di una immacolata concezione perché nato da Lulù Saraceno ma da padre ignoto, Italo partecipa da vicino alla vita del PCI, un ideale che in realtà è per lui un involucro, una circostanza, tenuta insieme dalla ligia fede politica della moglie Emilia. È così che Italo entra in parlamento, mentre il nipote Felice, parallelamente, va in America a cercare idee e successo. Sullo sfondo, l’onnipresente ombra della ditta Saraceno, rituali familiari del caffè ma anche e soprattutto la grande storia che accompagna le singole storie dei personaggi durante tutta la seconda metà nel Novecento, fino ai giorni nostri. Dunque all’ambizione iniziale per la corposità del romanzo e per i suoi molti e complessi fili narrativi intrecciati, si aggiunge anche il carico del romanzo storico, che si affaccia e si accompagna alla comparsa di personaggi noti, di volti della politica, di momenti, ideali. La grande storia e la piccola storia di una famiglia, due percorsi a volte paralleli, a volte no, per via di pure circostanze, ed ecco svelato il perché dietro al titolo della saga. Le arguzie narrative, a dire il vero, sono molte: l’autore è consapevole di stare creando un affresco di co-

lori e richiami intertestuali, ed ecco allora intervallare i capitoli (tutti corrispondendi a date collegate a eventi di volta in volta chiarificatori) da slogan pubblicitari del caffè Saraceno. La pubblicità riflette la società per cui è realizzata e i valori e le storie del pubblico a cui è rivolta, tanto che questi inserti promozionali, nella loro natura di dettaglio e decoro, saranno invece più che utili a inquadrare i passaggi storici, i cambi di clima. Oltre a essere anche molto ironici, di quell’umorismo che grazie a un sapiente uso del linguaggio e delle parole vira verso il sarcasmo. Ed è proprio un’altra delle cifre distintive dell’autore, quella del sarcasmo, che serpeggia in alcune memorabili scene, tenute insieme da uno spirito e da una coscienza sapientemente conditi dalla scrittura. Di trucco narrativo in trucco narrativo, sfilati gli anni e le vicende dei Saraceno, il finale sarà ancora in grado di stupire quel lettore così confuso in apertura di romanzo. Perché con una myse en abime inaspettata quel “ragazzo” citato per tutto il tempo come interlocutore da Italo Saraceno si scoprirà avere un’identità precisa, quella dell’autore stesso, firma per un giornale. E magicamente, così come iniziato, il romanzo si chiuderà, in una ideale e geometrica circolarità formale che, ribadendo il ruolo della circostanza, confermerà l’ipotesi di fondo di tutta la storia.

A lessandra Chiappori


BOOKS “È sempre Emilia che mi ha convertito a Carlo Marx. Dico convertire appunto perché suo padre era bracciante e sindacalista; mentre io sono nato dai Saraceno del caffè, una famiglia di padroni. Sono stato sfortunato; eppure ho sempre visto una certa utilità nei miei natali capitalisti: porto il conflitto sempre dentro di me e non mi è concesso di scordarmene mai” “La circostanza”, Francesco Paolo Maria Di Salvia, Marsilio, 2015.

Francesco Paolo Maria Di Salvia Classe 1982, Francesco Paolo Maria Di Salvia è nato a Salerno ma vive a Praga. È laureato in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Letteratura Italiana Contemporanea e diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha lavorato nei reparti di produzione, sceneggiatura e regia di cinema e tv. Attualmente è freelance nel settore IT e si occupa di web semantico, contenuti e traduzioni. “La circostanza” si è guadagnto una menzione speciale da parte della giuria alla XXVII edizione del Premio Calvino.

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LEGNANINO E I SOFFITTI DECORATI DI PALAZZO CARIGNANO A NOVARA Il Palazzo Carignano di Torino è sicuramente uno tra i più noti edifici della città. Celebre per la facciata ondulata guariniana (che gli procura un posto di diritto nei capitoli sull’architettura barocca nei libri di scuola), di facciata il palazzo ne possiede un’altra, di due secoli posteriore, che si affaccia su piazza Carlo Alberto. Questa seconda facciata fu realizzata insieme agli ampliamenti dovuti alla nuova funzione che l’edificio dovette assolvere per alcuni anni dell’Ottocento: quella di sede del primo parlamento italiano. Non a caso Palazzo Carignano ospita attualmente il Museo del Risorgimento, il più importante a livello nazionale per ricchezza e rappresentatività delle sue collezioni. Non va dimenticato però che il palazzo nacque, allo scadere del Seicento, come residenza per la famiglia del ramo collaterale della dinastia ducale, i Carignano, per volere del principe Emanuele Filiberto Amedeo di Savoia Carignano. Personaggio interessante il Principe, detto “il Muto” perché nato sordomuto (ma istruito al pari di un normodotato da un gesuita spagnolo a suon di bastonate), valoroso condottiero, fine letterato e intellettuale. Fu lui ad assegnare la regia della decorazione della sua residenza torinese a un pittore lom-

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bardo che negli anni Novanta del Seicento stava riscuotendo un certo successo anche in Piemonte e che si faceva portavoce di un linguaggio pittorico colto eppure svagato, alternativo rispetto alle scelte più auliche e retoriche della committenza ducale: Stefano Maria Legnani, detto Legnanino. Il Legnanino si formò in Lombardia, a Bologna e a Roma e lavorò per la cappella dei Mercanti e dei Banchieri di Torino prima di essere scelto per l’impresa di Palazzo Carignano. Qui fu impegnato con la sua equipe, che comprendeva altri pittori (tra il fratello Tommaso), quadraturisti (artisti specializzati nel dipingere le finte architetture che incorniciano le scene dipinte) e stuccatori, tra il 1696 e il 1703, per un totale di almeno una dozzina di sale affrescate su due piani. I soggetti della decorazione furono stabiliti probabilmente dallo stesso Emanuele Filiberto di Carignano: un tripudio di divinità olimpiche e personaggi mitologici che con le loro gesta alludono a una celebrazione dei membri del ramo Savoia Carignano. Lo stile di Legnanino, artista che sa affascinare per la leggerezza della resa pittorica e la fantasiosa vena compositiva, si gioca sui toni chiari e sull’uso di una luce sempre mobile, viva, mai in stasi, in alcuni

brani di sapore già rococò. Questi bellissimi soffitti sono tuttavia molto spesso trascurati dalla critica e dai visitatori, viste le diverse funzioni che gli ambienti del palazzo hanno assunto nel tempo. Il piano terra, dove si trovano alcune delle stanze affrescate a fine Seicento, è per esempio adibito ad ospitare gli uffici della Soprintendenza e dunque vede l’accesso di un numero limitato di persone (ma almeno un paio di sale sono sbirciabilissime da tutti). Il piano nobile, come sappiamo, invece ospita il Museo Nazionale del Risorgimento. Consiglio a visitatori del Museo: di tanto in tanto camminare a naso in su.

Roberta Colasanto


UNCLASSICART

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LOUIS VUITTON SERIES 3 EXHIBITION All the magazines are talking about it: Elle, Vogue, Harper’s Bazaar, Grazia, Dazed and Confused. What is it? Simply the most awaited fashion and art event of the month. An immersive insight of the creative process of Nicolas Ghesquière, head of the French luxury house since November 2013. In a three floors building, a giant of glass and concrete on 180 Strand, the journey through the techniques of the former Balenciaga prodige unfolds. Scenographic structures like the spherical geodesic dome, the white tunnel made of sail cloth or the mirrored ceiling introduce the viewer into a world of images and state Ghesquière’s love for architecture. Staring back at you are the shots of iconic Vuitton muses like Catherine Deneuve, Charlotte Gainsbourg and Marte Mei Van Haaster while the craftsmen and women behind the creations are celebrated by a footage of the “hands” at work. 13 rooms showing how heritage and future can combine, not to be missed the dreamy walk-in wardrobe and the stickers room, where visitors are allowed to grab one of the sticky accessorises and bring home a bit of Vuitton allure. At the opening gala, on the 21st of September, many stars showed up to have their photograph taken with the man of the hour. Nicolas posed next to a glowing Michelle Williams, who was wearing a short black dress with long sleeves and matching boots rigorously from la Maison. Besties Cara Delavigne

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and Selena Gomez shared a cab to join the party and took selfies with the screaming crowd of fans. Alexa Chung pulled out goofy faces and signed autographs, the light grey suited and booted Douglas Booth, instead, flew straight inside to enjoy the free booze and canapés. Expect high-speed videos, laser beams and 3D mannequins, plenty of photo opportunities as the concept of sharing was the very core of the exhibition. So bring your phones and clutter that instagram feed. --------------------------------------------Tutti i giornali ne parlano: Elle, Vogue, Harper’s Bazaar, Grazia, Dazed and Confused. Di che cosa si tratta? Semplicemente dell’evento più atteso del mese nel campo della moda e dell’arte. Un’esperienza tridimensionale attraverso il processo creativo di Nicolas Ghesquière, capo della casa di moda francese dal 2013. Un viaggio che ci guida alla scoperta delle capacità tecniche del prodigio, ex designer per Balenciaga, in un gigantesco palazzo di vetro e cemento sviluppato su tre piani al numero 180 dello Strand. Protagoniste le magnifiche strutture scenografiche come la sferica cupola geodetica, il tunnel bianco ricavato da vele o lo stupendo soffitto a specchi che accompagnano lo spettatore in un mondo di pure immagini, e urlano a gran voce l’amore di Ghesquière per l’architettura. Inoltre, a richiamare l’attenzione vi sono le iconiche muse

di Vuitton, da Catherine Deneuve a Charlotte Gainsbourg e Marte Mei Van Haaster. Le loro immagini regnano sovrane, dando un preciso ideale di bellezza. Mentre a sottolineare l’importanza dell’artigianalità delle creazioni ci pensano i video che hanno come punto focale le mani degli esperti all’opera. Un totale di 13 stanze in cui vagabondare, tra il patrimonio culturale e il futuro della Maison. Tappa fondamentale l’enorme guardaroba e la stanza degli stickers, nella quale i visitatori sono invitati a scegliere un adesivo da collezione per portare a casa un tocco dell’allure Vuitton. Alla serata inaugurale, il 21 settembre, le star si sono susseguite al fianco del protagonista Nicolas. Una raggiante Michelle Williams in uno splendido vestitino nero a maniche lunghe e stivaletti in tinta, rigorosamente Vuitton, ha intrattenuto i famelici fotografi. Le migliori amiche Cara Delavigne e Selena Gomez hanno diviso il tipico taxi nero e, approdate sul red carpet, hanno scattato selfie con increduli fan. La it girl Alexa Chung ha regalato facce buffe e firmato autografi, e infine l’attore inglese Douglas Booth, in un completo grigio chiaro e sneakers è sgattaiolato via dopo le foto di rito per godersi cocktail e stuzzichini. C’è da aspettarsi di tutto: video ad alta velocità, fasci di luce laser e manichini in 3D. L’imperativo è condividere, perciò portate con voi i cellulari e sbizzarritevi con gli scatti da postare su Instagram

Cristina Canfora


FROM LONDON

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ARTINTIME

DUE MANI, DIECI DITA, MA UNA SOLA SCELTA PER LA VITA Mani per donare, per accogliere, per lavorare, stringere, toccare: riportano sui palmi la traccia delle linee della vita e quei percorsi incrociati, segnati dalle scelte quotidiane di ciascuno. E queste scelte saranno portate in palcoscenico da Giulia Menegatti, giovane performer torinese che inaugurerà il Progetto Choices il prossimo 11 ottobre all’interno del Festival Incanti nel capoluogo piemontese. Lo spettacolo si inserisce in un quadro in cui ai giovani contemporanei è chiesto di scegliere e di farlo prendendo in esame attentamente il proprio futuro. Giulia, che cura la direzione artistica del Progetto, utilizzerà le sue mani e le sue dita per uno spettacolo di teatro di figura che racconterà un microcosmo di scelte e che prova a interrogarsi sul “come sarebbe stato” se… Giulia, che fatica a scegliere, racconterà le scelte di altri, raccolte scrupolosamente dalle loro storie di cui rimane testimonianza

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la foto delle loro mani. Vincitore del bando Generazione Creativa – Scene allo Sbando, realizzato con il contributo della Compagnia di San Paolo, il sostegno del progetto De. Mo. /Movin’Up I° sessione 2015 a cura di Mibact e Gai Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti, Choices è un progetto di storytelling teatrale e digitale che racconta le scelte delle persone, scelte che hanno significato una svolta determinante nella vita di ciascuno. Progetto Choices è realizzato dall’associazione culturale Pesci Volanti che opera principalmente nel campo dello spettacolo dal vivo, della formazione teatrale e della comunicazione culturale; progetta e allestisce eventi culturali e performance di teatro di prosa, di teatro ragazzi e di teatro di figura, sperimentando nuove forme di ricerca artistica e di interazione con le nuove tecnologie. Giulia può vantare esperienze in campo teatrale in Italia e in Europa, tra le

quali Unoteatro, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani, in Germania con Theater der kleinen Form, nei Paesi Bassi con Stand Up Tall Production e con i festival Reims Scènes d’Europe e Festival delle Colline. In bocca al lupo per il debutto e per la vita!

Barbara Mastria


TEATRO teatro@artintime.it

Ph. Andrea Asti

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Sóley Una pianista, classe ‘89, spersa tra i ghiacci dell’islanda. Suggestivo, ancor più se a venticinque anni, Sóley Stefánsdóttir (in arte Sóley) si scopre anche cantautrice. Debutta così, dopo un grande successo ottenuto con la band indie-folk Seabear, come solista nel 2011, con l’album “We Sink”. Un lavoro dal gusto nordico, arricchito da sperimentazioni e da tocchi pop; un lavoro in cui Soley mette tutta sè stessa, diventando anche chitarrista, organista e percussionista. I testi delle tredici tracce sembrano creare da soli la musica, come se lo scorrere del racconto fosse più impetuoso, più urgente della parte musicale. Preziose, da ascoltare, “Blue Leaves”, “Pretty Face” e “Smashed Birds”. Dopo un EP interamente strumentale del 2014 “Krómantík”, nel 2015 esce il secondo album dell’artista islande-

se: “Ask the Deep”. Un viaggio in bilico tra percorsi oscuri e improvvisa luce, questa la sensazione che lascia il primo singolo, “Halloween”, e che trova piena eco nelle atmosfere minacciose e oscure che percorrono tutto il progetto musicale. Dieci tracce, inquiete e affascinanti, che corrono tra gli abissi di “Follow Me Down”, le note gravi di “Devil” e approdano sul piano sospeso di “Lost Ship”. Aspro, rigido e straordinario, il secondo lavoro dell’artista islandese rispecchia la terra da cui proviene: in eterno conflitto tra la forza terrena e l’impalpabilità delle aurore. Da scoprire: enjoy!

Angelica Magliocchetti

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DI UNO SCRITTORE TRENTENNE A NEW YORK, OGGI Nathaniel P. è un rampante trentenne: scrittore freelance, vive a New York, fa discorsi impegnati da letterato intellettuale, conduce una vita che diremmo très bohémienne tra locali di tendenza, feste editoriali e discorsi politici improvvisati e spesso inconsistenti con amici e colleghi. Ed è circondato dalle donne, che ama e che attira, alle quali, irrimediabilmente, piace. E che nello stesso irrimediabile modo finiscono per trovarsi invischiate nella trappola emotiva che il giovane rampante, rivelatosi un egocentrico di prima categoria, tesse loro, forse inconsapevolmente, intorno. La singolarità di questa sorta di commedia letteraria con protagonista maschile, che slitta dal cinico al sarcastico al misogino all’egoista, è che a scriverla è stata una donna, Adelle Waldman. Ecco perché il romanzo ha avuto così successo, soprattutto negli Stati Uniti, ed ecco perché l’autrice è stata definita una sorta di nuova Jane Austen, capace di esprimere con la sua penna delicatamente feroce un intero universo emotivorelazionale. Certo, non più quello dell’Inghilterra ottocentesca, ma quello della Grande Mela contemporanea, che un po’ fabbrica, afferma e diffonde gli ideali estetici e le mode del vivere comune che si riflettono anche nel nostro Occidente fino a diventare paradigmi di vita dominanti. Non c’è una vera e propria vicenda compiuta in questa storia, se non il

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racconto di uno, uno dei tanti, amori di Nate, il protagonista. Ma allora perché questa storia comune colpisce e irrita il lettore (siamo pronti a scommettere che nella maggior parte dei casi si tratterà di un lettore femminile) e, pur nella sua lontananza spaziale e mentale, tocca tutti nel profondo? Perché parla di emozioni, quelle complesse, talvolta inspiegabili e incomprensibili che popolano la mente degli uomini trentenni di oggi e che vanno a esprimersi nei confronti del loro corrispettivo femminile, altrettanto sperso nell’universo emozionale in cambiamento che contraddistingue il mondo occidentale odierno. Una delle sensazioni più nette in questa storia è il fastidio. Fastidio per l’atteggiamento di Nate, convinto di capire le donne e comportarsi con rigore, anche se una vocina dal di dentro lo interroga silenziosamente e gli crea implicito disagio. Fastidio per l’ambiente e il contesto in cui la falsità costruita di questo rampante illuso e innamorato di se stesso propaga e, anzi, premia un simile atteggiamento. Il mondo editoriale che Nate frequenta e intorno al quale ha così lungamente e duramente faticato per ottenere infine un accesso da “scrittore” non è che un palcoscenico vuoto e sterile di personalità che per affermarsi professionalmente non devono tanto dimostrare di saper proporre riflessioni su letteratura e realtà, quanto recitare la parte di attori sicuri dei propri valori. Valori che in realtà

sono polveri inconsistenti, gonfiati di velleità e apparenze, ma intrisi al contempo di incertezze economiche e insicurezze emotive. Era però un mondo che bisognava raccontare dal di dentro, prima o poi, e dal di dentro di una mente complessa come quella del giovane intellettuale americano. Chiunque ritroverà tantissimo di sé e dei propri micromondi in questa pièce newyorkese. Chiunque si arrabbierà con Nate e proverà solidarietà per le sue donne, ex abbandonate e dal cuore spezzato, compagne adulte e fedeli respinte improvvisamente per puro amor proprio. Egocentrismo, forse. Ma anche e soprattutto false coscienze e fastidi allontanati nell’ambizione di una vita da favola, nella città che tiene testa al mondo, nell’ambiente che gratifica ogni aspirazione. Si ride anche, in questa commedia, che forse trasposta in film – già sembra di intravedere le immagini, densa com’è di stereotipi della way of life del buon ambiente newyorkese – perderebbe il suo valore letterario, quello strato perenne e volutamente ricercato e marcato di emotività ed esplorazione della mente umana alle prese con le relazioni sentimentali che solo tra le pagine di un romanzo può trovare l’agio del dispiegamento. Per l’autrice, lungimirante e coraggiosa, e per il lettore, che ritroverà affianco a sé sul comodino un compendio dello stato dell’arte contemporaneo in fatto di relazioni di coppia.


BOOKS Difficile forse comprendere e apprezzare un tale trattato fuori dalla sfera di chi trentenne non è e nemmeno fa ruotare la propria vita su inesistenti routine lavorative ma su passioni e disamori rapidi come lo scorrere di un articolo di giornale ma anche penosamente sofferti come la scrittura appassionata di una recensione letteraria, in grado di proseguire ventiquattr’ore filate senza sosta in un affascinante appartamentino di una New York capitale del mondo. Però perché non provarci: potrebbe dipingere la realtà molto meglio di ogni altro resoconto reale.

A lessandra Chiappori

Un attimo dopo Nate disse una banalità su quanto fosse triste che ormai c’era così poca gente che leggeva. – È dura non sentirsi irrilevanti in un mondo in cui un libro che va davvero bene vende a dir tanto centomila copie. Persino uno sceneggiato tv sui viaggi nel tempo o i gatti assassini sarebbe cancellato all’istante se avesse così poco pubblico. -Oh, non so, - disse Hannah, voltandosi sullo sgabello per fissarlo. – Credo che sia un po’ vanitoso volere tutto. Sai, no, vuoi scrivere un libro perché è quello che ti viene bene, ma vuoi anche essere trattato come una star. Adelle Waldman, “Amori e disamori di Nathaniel P.”, Einaudi, 2015

Adelle Waldman Con il suo primo romanzo la Waldman ha fatto un goal nel famigerato mondo dell’editoria, non solo americana ma di tutto il mondo: tradotto in dieci lingue, il suo romanzo è stato inserito nelle liste dei libri dell’anno da «The New Yorker», «The Washington Post», «Slate», «The Economist», «The New Republic», «Bookforum», «The Daily Beast», «National Journal», «Cosmopolitan», «Elle». Mentre si gode il faticato successo, continua a collaborare con varie riviste, tra cui molte di quelle che hanno salutato favorevolmente gli amori e disamori di Nate.

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LA GRANDE MADRE Ideata e prodotta da Palazzo Reale a Milano e dalla Fondazione Nicola Trussardi, la mostra, che ospita oltre quattrocento opere di centoventisette tra artisti e artiste, vuole indagare il potere creativo della donna nell’arte. Non può mancare allora uno sguardo rivolto alla simbologia e alla mitologia legata alla figura femminile in un percorso curato da Massimilano Gioni che vuole associare alla donna quell’idea di nutrizione, di fertilità e di terra tanto cara all’Expo 2015, in una carrellata che va dalle sculture di terra di Ana Mendieta, all’iconografia del ‘900, tra miti e stereotipi (dalla femme fatale alla musa ispiratrice). Si mettono in scena tramite video, fotografie e installazioni, quelle trasformazioni culturali che hanno portato la donna da una rappresentazione passiva a un nuovo ruolo, all’emancipazione, fino al femminismo. Una raccolta di punti di vista che vogliono rendere omaggio alla complessità e alla

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ricchezza della figura femminile nell’arte (e nella vita). La Grande Madre, quindi, ritorna nei secoli, come simbolo protettore, ma anche come immagine utilizzata da numerose artiste nel corso dei secoli per acquisire un nuovo senso di forza e potere, legato non alla violenza ma alla capacità di generare e trasformare la vita stessa. Un’esposizione che offre spazio all’altra faccia della medaglia di tante correnti artistiche e di tanti grandi dell’arte. Regina, Rosa Rosà, Leonora Carrington, Meret Oppenheim e Frida Kahlo, e ancora Bellmer, Man Ray e Duchamp a guardare il mondo da una prospettiva simile ma diversa. Fino ad arrivare al contemporaneo, alla ruvidità e al disincanto delle immagini di Louise Bourgeois, Magdalena Abakanowicz, Cindy Sherman, Kiki Smith, Barbara Kruger, Annette Messager, e Joan Jonas.


ART

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Corti and Cigarettes Fino al 31 ottobre, Roma. Il Festival internazionale del Cortometraggio Corti and Cigarettes, giunto alla sua VII edizione presenta anche quest’anno una vasta scelta di cortometraggi tra autori emergenti e nuove realtà produttive. www.cortiandcigarettes.com

Marta Czok - (R)EVOLUTION Dal 11settembre al 18ottobre Palazzo Sforza Cesarini (RM) (R)evolution, la rivoluzione e l’evoluzione nei dipinti di Marta Czok. Un viaggio nella guerra, nel fascino del potere e del suo abuso. Una mostra che parla della società ma anche di equilibri e di famiglia, tutto condito dal tratto ironico dell’artista.

Festival di internazionale Dal 2 al 4ottobre. Ferrara L’ottava edizione del festival di Internazionale torna a Ferrara, trasformando la città in una grande redazione. Workshop, documentari, conferenze tutte legate al mondo del giornalismo. www.internazionale.it/festival

www.martaczok.com

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Festival Verdi a parma Dal 1 al 31 ottobre, Parma e Busseto

Bookcity Milano Dal 22 al 25 ottobre, Milano.

Pittura Veneta Fino all’8 Novembre, Bard

Un intero mese di musica sul palco del Teatro Regio di Parma, per il Festival Verdi. “Si può viaggiare all’infinito”, questo il tema del 2015. Omaggi, conversazioni sulla musica, confluenze di generi e stili e tante emozioni.

Torna l’iniziativa del Comune di Milano incentrata sulla letteratura a dimensione metropolitana. Tanti i progetti anche quest’anno previsti dalla rassegna milanese: eventi, conferenze e progetti per la scuola.

www.teatroregioparma.it

www.bookcitymilano.it/progetti

“Da Bellini a Tiepolo. Capolavori dell’Accademia dei Concordi” è la mostra visitabile nella scenografica coreografia del forte di Bard. Oltre 52 dipinti di grandi dimensioni provenienti dalle migliori collezioni italiane.

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www.fortedibard.it


EVENTS

Raffaello - Il sole delle arti Dal 26 settembre al 24 gennaio, Venaria Reale (To)

Lucca Comics & Games Dal 29 ottobre al 1 novembre, Lucca

#nuovoMEI2015 Dal 1 al 4 ottobre, Faenza

Un punto di vista inconsueto e imprevedibile per raccontare non solo la strabiliante carriera artistica del maestro, ma anche le persone che ha conosciuto e le diverse città dove ha vissuto.

Oltre 40000 mq di esposizione per il festival europeo dedicato al fumetto, ai giochi, al cinema e ai videogiochi. A fianco del festival ci sarà spazio già dal 17 ottobre anche per le mostre, dedicate ai migliori illustratori e game designer.

Due giorni di anteprima e poi al via il Super Mei Circus! La nuova versione del celebre Meeting delle Etichette Indipendenti torna, dopo aver celebrato l’anno scorso il ventennale, più giovane, più social e più carica che mai.

www.lavenaria.it

www.luccacomicsandgames.com

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Premio Tenco Dal 22 al 24 ottobre, Sanremo

Presente Italiano. Festival di cinema Dal 4 al 11 ottobre, Pistoia

Torna la “Rassegna della canzone d’autore“, la famosa tre giorni dedicata alla celebrazione della qualità tecnica, artistica e culturale. Attività a tempo pieno per un momento di incontro e scambio tra i più importanti artisti italiani e internazionali. www.clubtenco.it/premio-tenco-rassegna-della-canzone-dautore

www.meiweb.it

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Romaeuropa Festival 2015 Fino all’8 dicembre, Roma

Un festival interamente dedicato alla piccola e media distribuzione italiana. Omaggi al cinema italiano del passato, un concorso con votazione del pubblico e tanti workshop, incontri con gli autori, eventi e anteprime.

Quasi due mesi per uno dei quattro top festival in Europa indicati dal Wall Street Journal. Il Roma Europa Festival è una delle istituzioni di maggior prestigio per la promozione della cultura artistica, del teatro, della danza e della musica contemporanea.

www.presenteitaliano.it

www.romaeuropa.net

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