Artintime - N.7 Luglio

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ART

IN TIME n.7 - Luglio 2014

ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | INTERVISTE | EVENTI | LONDON NEWS


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ARTINTIME L’EDITORIALE Questa volta ci capovolgiamo, e partiamo dal fondo per l’editoriale estivo di un luglio che si prospetta lungo e piacevolmente caldo. Che ne dite della nostra copertina all’insegna dell’estate e della voglia di relax e vacanza? La tenerissima protagonista è Virgola, creazione della delicata e geniale matita di Virginia Di Giorgio, che potete scoprire meglio sul suo blog www. poesiasilenziosa.blogspot.it. Sorseggiando un drink con calma, come Virgola in copertina, oppure gustandoci un gelato al fresco di un parco, come ci propone con la consueta ironia il nostro Chuck, siamo arrivati dopo svariati sbalzi climatici che hanno fatto tremare il nostro abbigliamento, tra bolle di caldo africano e acquazzoni con grandine, alla tanto attesa estate. Tempo di vacanze? Forse non ancora per tutti: c’è chi è già fuggito verso lidi o verdi vette montane, ma c’è anche chi, ancora al lavoro, pensa con costanza alle prossime ferie. In entrambi i casi, Artintime è qui per offrirvi tante idee e consigli in fatto di cinema, musica, libri, eventi e arte da gustare nell’attesa delle vostre vacanze, oppure proprio mentre vi state godendo i giorni di meritato riposo dall’affollato caos lavorativo. Forti di questa libertà, questo mese ci siamo sbizzarriti in fatto di consigli. Varietà estrema per i libri, tra un esordio italiano all’insegna del precariato con ironia e una giovane e forte voce francese da conoscere. Il passaggio dal mondo della scrittura a quello delle immagini ce l’ha regalato durante una simpaticissima intervista Ilaria Urbinati, illustratrice che ci ha raccontato tante piccole curiosità dei suoi lavori editoriali – assolutamente consigliati dalla redazione di Artintime! – e con il suo tratto e le sue tenere storie ci ha fatto tornare un po’ bambini. La voglia di vedere la realtà con altri occhi l’abbiamo ritrovata nei cartelli stradali dell’eclettico street artist Clet, del quale potrete sbizzarrirvi a rintracciare le opere zigzagando per le città italiane durante la vostra estate. E poi c’è la musica, che non può mancare a creare quella colonna sonora indimenticabile che tutte le estati si meritano, e con la quale fissiamo e viviamo i momenti migliori del nostro tempo in relax. Per chi ha voglia di scoprire e di fare, il cinema ci propone progetti nati da interessanti e insolite collaborazioni: perché potrebbe anche accadere che con tutto questo relax ci solletichi la voglia di mettersi a tavolino con degli amici e portare a compimento un qualcosa che finora era solo un’idea. Infine, eventi per tutti i gusti, dalla musica che si scatenerà col il jazz perugino di luglio al Giffoni film festival. Troppo caos e giornate troppo affollate? In questo caso, un ritorno a un tempo lento, quello necessario per ristorarvi l’anima e tornare a riscoprire i piaceri dell’arte, ve lo possono offrire due realtà molto differenti. La prima è quella recuperata dalla nostra rubrica di arte classica rivista e diventata unclassicart, ed è per questo mese di luglio una visita al Sacro Monte di Varallo, per tutti i piemontesi e non solo. La seconda è dedicata a tutti i londinesi e, perché no, a coloro che nella capitale britannica passeranno qualche giorno di ferie: avete mai pensato a un modo alternativo di ascoltare musica live, in luoghi raccolti, a contatto diretto con l’artista? Insomma, proposte per tutti i gusti mentre vi apprestate a vivere al meglio questa estate. Siete a corto di idee? Non vi resta che aprire Artintime: è nuovo, è ricco di contenuti, basta un click, e sarete proiettati nel suo magico mondo! Alessandra Chiappori

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chuck@artintime.it

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ARTINTIME SOMMARIO 6 . LORDE by Angelica Magliocchetti

8 . DIRSI ADDIO by Francesca Cerutti

10 . CLET ABRAHAM by SQUARE 23

12 . ADELANTE CON BRIO, E UN PO’ DI IRONIA by Alessandra Chiappori

14 . QUATTRO CHIACCHIERE CON . . . ILARIA URBINATI by Alessandra Chiappori & Francesca Cerutti

18 . UNA GITA AL SACRO MONTE by Roberta Colasanto

20 . IL NON VERBALE DELLA DANZA by Barbara Mastria

22 . MUSIC AT DAWN byCristina Canfora

24 . EN?GMA by Angelica Magliocchetti

26 . IL NUOVO CHE ARRIVA DALLA FRANCIA

by Alessandra Chiappori

28 . DITO VON TEASE - DITOLOGY by Alnna Moschietto

30 . LICHEN by Francesca Cerutti

32 . EVENTS by Anna Moschietto

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ARTINTIME music@artintime.it

LORDE Reggetevi forte perché dietro al successo di un brano come “Royals”, per mesi in cima alle classifiche degli Stati Uniti, dell’Inghilterra e d’Italia c’è lei: Ella Maria Lani Yelich-O’Connor, classe 1996, neozelandese. In arte, Lorde. Bambina prodigio già all’età di 13 anni viene scoperta dal talent scout Scott Maclachlan, che la porta a firmare subito un contratto con la Universal. Il singolo tormentone “Royals”, però, non è che l’inizio. Dopo il lancio dell’ EP di debutto “The Love Club”, da cui verrà estratto anche il singolo “Everybody Wants To Rule The World (Tears For Fears) “, a pochi mesi di distanza, l’artista pubblica il suo primo album “Pure Heroine”, lavoro che si piazza direttamente ai primi posti delle classifiche mondiali. Il segreto di un successo così dirompente? Forse è proprio nel suo pop all’avanguardia, dagli influssi indie ed elettronici, con

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l’ampio uso di effetti sonori (sintetizzatori, loop e sampling). Tante dunque le ispirazioni, sia nei testi più liberamente ispirati a Wells Tower, Kanye West o Claire Vaye Watkin, che nelle sonorità, più vicine al cantante soul Otis Redding o alla statunitense Etta James. Il sound dai toni minimalisti, il timbro sussurrato, rapido e intervallato da esplosioni elettroniche, creano allora quell’effetto di sospensione trasognata, quella tranquillità un po’ estranea a quello che capita intorno. Quasi un fermare il tempo. “Glory and Gore”, “Still Sane”, “A World Alone”, “Team” tanti i brani che ci rapiscono. Un incantesimo, quello dell’artista neozelandese, che tra il 2013 e il 2014 ha venduto oltre un milione di copie e ha ricevuto le nomination ai Grammy Awards per le categorie Record of The Year, Song Of the Year e Best

Pop Solo performance. Un crescendo di successi che, per ora, ha portato la giovanissima cantante ai vertici delle hitlist mondiali. In attesa che Lorde ci stupisca ancor di più con il secondo lavoro, non mi resta che consigliarvi una canzone, “Tennis Court”, per lasciarsi cullare un po’, lontani dal tran tran quotidiano. Enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME movies@artintime.it

DIRSI ADDIO Il cinema e la letteratura entrano in collisione da anni, come due particelle destinate a incontrarsi e a scontrarsi. È meglio il libro, è meglio il film, la gente si schiera e difende l’uno o l’altro, lo difende per le sensazioni provate nella pancia, per le emozioni che quell’opera gli ha fatto vivere. E se letteratura e cinema viaggiassero a braccetto? Se l’una divenisse sostegno all’altro, come due fratelli, addirittura come due amanti completandosi l’un l’altro? Se provassimo ad associare la letteratura alla visione? Il progetto “Dirsi Addio” unisce cinema e letteratura, 7 scrittori, 7 storie e 7 relativi short-movies, un’idea, un format che viene definito “la prima serie d’autore made in Italy”. I nomi degli scrittori sono molto noti: Chiara Gamberale, Giorgio Vasta, Ascanio Celestini, Paolo di Paolo, Marco Cubeddu, Simona Vinci, Fabio Geda. Tema comune: l’addio.

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Il primo racconto uscito è quello di Chiara Gamberale, “Anamour”, trasformato in cortometraggio dal regista Simone Gandolfo. Presentato in anteprima al Salone del Libro 2014, noi abbiamo avuto la fortuna di vederlo e di lasciarci trasportare dalla sua poesia. “Anamour”, tratto appunto dall’omonimo racconto, narra la vicenda di una ragazzina che va male a scuola e che viene mandata a recuperare le sue lacune da un pittore: la madre sa che lui potrà aiutarla. Si incontrano così due mondi: quello dell’uomo artista e quello della ragazzina. I personaggi non hanno un nome proprio, si presentano come “Ragazzina” e “Pittore famoso”, nonostante lei sia stata mandata da lui per imparare, non vediamo rappresentato un solo istante di insegnamento scolastico. Sono ben altri gli insegnamenti che il Pittore famoso dà alla ragazzina, si parla del passato, dell’amore che lui

ha provato nei confronti della madre della bambina, si parla di tematiche grandi come la libertà: “Credevo che per la libertà bisognasse rinunciare a tutto, anche alle persone care.” Ci sono lezioni che non si imparano sui banchi di scuola, ma che si imparano nella vita, spesso si è colti a livello scolastico, ma si fatica a vivere nel mondo. L’addio del pittore pronunciato e vissuto anni prima nei confronti della mamma della ragazzina gli ha insegnato molto: “Io non ti ho insegnato nulla, ma tu hai insegnato a me la cosa più importante. Se quella mattina non sono più tornato da tua madre non è perché ero assetato di libertà, è perché avevo paura! La mia sete di libertà mi ha isolato dal mondo e invece le cose belle vanno condivise”. Il pittore famoso e la bambina, come spiega la stessa Chiara Gamberale, sono due anime gemelle, anime simili che si sentono fuori dal mondo, si sono


MOVIES

etichettate come diverse perché la loro sensibilità è differente. I personaggi di Chiara Gamberale, nonostante la brevità del racconto e di conseguenza del cortometraggio, sono dei piccoli gioielli che toccano nel profondo il cuore dello spettatore, ogni loro azione, ogni loro parola è pura poesia, dall’imitazione del cane da parte della bambina alla pizza surgelata mangiata sul pavimento. Semplicità che incontra la durezza della vita, che cerca di sopravvivere a chi non ha grande sensibilità e a chi giudica velocemente gli altri perché definiti diversi. A interpretare il pittore famoso è Ennio Fantastichini e al suo fianco troviamo la piccola, ma immensa, Luna Iansante. Negli altri cortometraggi hanno recitato Andrea Bosca, Elena Radonicich, Jacopo Olmo Antinori, Francesco Montanari, Lina Bernar-

di, Gaia Scodellaro, Antonia Liskova, Nicola Nocella, Giorgio Marchesi, Ana Caterina Morariu. “Dirsi addio” è un progetto ancora tutto da scoprire e nel quale è centrale la figura del lettore e dello spettatore, sono questi a essere chiamati in causa e a divenire protagonisti indiscussi dei racconti. In questo progetto inoltre c’è anche spazio per altri scrittori, sul sito è infatti possibile proporre il proprio ebook, sempre inerente alla tematica dell’addio. La voglia di realizzare prodotti di qualità è sempre più forte in Italia, “Dirsi addio” è un prodotto di alta qualità, sicuramente un orgoglio per il cinema e la letteratura del nostro bellissimo Paese.

Francesca Cerutti

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ARTINTIME

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STREET-ART popart@artintime.it

CLET ABRAHAM Il Cristo crocefisso sul cartello di una strada senza uscita, a Firenze, è stato il primo intervento in strada di Clet Abraham. Era una notte del 2009. Quello sticker ha segnato una svolta nell’opera dell’artista francese di nascita, toscano d’adozione. Clet non è partito dalla “strada” e forse non ha nemmeno scelto la “strada”. Si potrebbe dire che è stato trovato dalla strada e dai cartelli segnaletici, presenza ingombrante nelle città, che rappresentano l’autorità. Obbighi e divieti. Affascinato dai colori e dalla luce del vinile dei cartelli, l’artista ha deciso di sostituirli alla tela per andare incontro alle persone e interagire con il loro significato, imperativo e costrittivo. La strada è quindi diventata il canale per

esprimersi a più stretto contatto col pubblico, i segnali stradali la sua tela bianca. O meglio colorata, con cui e su cui interagire. Attraverso la Passione, gli angeli e i demoni sugli obblighi di direzione, l’omino nero – l’”uomo comune” - che rimuove (o sega) il segnale di divieto, la freccia che trafigge il cuore o la moneta da un euro, ha sviluppato una serie di suggestioni legate ai temi della libertà, della legalità e della spiritualità. Semplificando, quest’ultima, dai dogmatisti e portandola in strada. Tra i passanti. E gli automobilisti. L’arte di Clet si muove su un sottile confine: quello tra legalità, sfidandone il concetto e ridefinendola di volta in volta, e libertà, d’azione e d’espressione. Dopo aver attraversato sensi unici, divieti d’accesso e

obblighi di direzione, il suo “uomo comune” prende vita nel gennaio del 2011. Si libera definitivamente dei limiti imposti dai cartelli, diventa scultura (a dimensione umana) e passeggia sul Ponte alle Grazie di Firenze. Per sette giorni, prima di essere rimosso. Nel 2013, a Torino, Clet ha dato nuovamente tridimensionalità a un suo personaggio, tornando alla genesi del suo lavoro in strada e trasformando in scultura la Crocifissione sul segnale di strada senza uscita.

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ARTINTIME books@artintime.it

ADELANTE CON BRIO, E UN PO’ DI IRONIA “Passa correndo lungo la statale / un autotreno carico di sale / Adelante! Adelante! / C’è un uomo al volante / C’è un ombra sulla pianura / Adelante! Adelante! / Il destino è distante / Alla fine dell’avventura” Torna in testa il motivo “andante” di De Gregori a leggere il titolo di questo esordio letterario della genovese Silvia Noli. E una volta passata qualche pagina ed entrati dentro la storia, è chiaro che la canzone di De Gregori e il suo ritmo ben si sposano con le vicende della protagonista. Un personaggio di cui non conosciamo il nome, ma alla quale ben presto ci affezioniamo, curiosi di seguirla nelle sue vere e proprie peripezie lungo lo Stivale, alla costante ricerca di un lavoro, di un fidanzato che si possa definire tale, e di una stabilità, quello che, per tornare di nuovo al cantautorato italiano, potremmo definire “centro di gravità permanente”. E se “Adelante” ispira citazioni dal mondo musicale, sarà forse perché, nonostante spazi da una città all’altra dove la nostra giovane protagonista cerca disperatamente lavoro dopo un diploma di liceo classico e un’adolescenza contornata da un quadro familiare non facile, la vicenda sprizza Genova da tutti i pori. Non si direbbe, tra un’esperienza in un villaggio turistico sardo, un approdo milanese e un viaggio della speranza in quel di Verona, ma quel continuo traslocare di anima impaziente e

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insoddisfatta ci porta tra i vicoli del centro della Superba, storicamente mal frequentato, in vista di un mare dall’orizzonte calmo, tra le piazze di una città che è centro di tutto. E dove tutto questo incalzare torna e trova una momentanea, forse, ma attualmente felice soluzione. Adelante: in avanti, oltre, come recita il dizionario di spagnolo. Superando ostacoli e fallimenti, inceppamenti del sistema e inevitabili errori di percorso. Un po’ troppi forse per la protagonista, per la quale, in tutto questo perenne movimento irrefrenabile che forse di se stesso si alimenta, senza nemmeno più cercare un punto fermo, sentiamo un po’ di solidarietà, e anche un po’ di ansia. Ma è un’angoscia che, seppure tangibile e credibile, si stempera nell’ironico, vera ala sicura su cui si poggia la narrazione di Silvia Noli. Fare dei propri insuccessi un romanzo, questa la soluzione del rebus in “Adelante”, un susseguirsi di situazioni improbabili dove a lavori e impieghi di volta in volta sempre meno prevedibili come la venditrice di prodotti ittici surgelati, la massaggiatrice, la baby sitter, la cameriera di autogrill o di una lussuosa villa del Tigullio, a seconda dei casi, si intrecciano situazioni sentimentali e relazioni che sfiorano – anzi, toccano davvero – il pericoloso. E l’immaturo. Va detto infatti che questa ironica descrizione di una vita all’insegna della sregolatezza e dell’improvvisazione trova la sua genesi nella protagonista che la vive in prima persona, e che si rive-

la al contempo determinata e forte, ma internamente fragile e debole, tanto da accettare senza riserve una vita quasi zingara, priva di una meta precisa. Così nell’altalenante e svariato mondo di “Adelante” – nome col quale forse potremmo battezzare la nostra anonima protagonista, che riveste perfettamente questa parola “on the road” – scopriamo la verità proprio alla fine, e quasi ce ne stupiamo, perché di tale vicenda avremmo pensato che fossero ispiratori episodi vari e compositi tratti dalle vite altrui, e perché no dalla fantasia. Invece il coup de theatre arriva in chiusura, rivelandoci il romanzo come fortunato e naturalmente rielaborato esito di una terapia di natura psicologica utile alla protagonista-autrice per acchiappare la sua vita raminga e riportarla all’ordine. A un ordine dei tanti possibili in un mondo di cui, a suo modo, questa storia sembra essere degna rappresentazione: lavoro precario e instabilità abitativa che vanno a miscelarsi con le conseguenti situazioni traballanti nella vita affettiva e nei rapporti interpersonali. Un mix pericoloso ed esplosivo, contro il quale questo romanzo sembra proporre due farmaci di successo: la scrittura, con la sua straordinaria efficacia nel narrativizzare e dare un senso alle situazioni più strane e prive di direzione, e l’ironia, con quel tanto di pirandelliano umorismo che, alimentandosi di frustrazioni e disperazioni, funge da molla e riporta in superficie dal fondo dei burroni che la vita nasconde dietro l’angolo. Una


BOOKS lettura incalzante come il suo titolo e la sua storia, valigia alla mano – la copertina già ce lo suggerisce – e, perché no, un treno in corsa, un areo in volo o una semplice sdraio al sole in questa estate per attraversare insieme allo sguardo frizzante dell’autrice un’esistenza adelante, costantemente tesa in avanti. Ritratto simbolo dell’epoca di frenesia e fragilità che ci avvolge e oltre la quale, se vogliamo, possiamo ugualmente trovare momenti di inaspettata felicità.

A lessandra Chiappori

“Quella sera ero sola, avevo paura ed ero una ciambella. Come è noto, nei momenti topici della vita si rivela di che pasta siamo fatti. Piacere, ciambella depressa e autolesionista. Ciclicamente insonne, ipersonne e ossessivo-compulsiva. Difficile fornire gli ingredienti di un simile disastro. Sicuramente un amalgama di esperienze destabilizzanti, insicurezza q.b., estratto di paranoia e un po’ di prese di panico sono essenziali, ma la ricetta riesce bene solo se c’è una base di amore schietto e, di conseguenza, una bella voragine al centro, proprio là, da dove dovrebbe partire il respiro. Silvia Noli, “Adelante”, Fazi, 2014.

SILVIA NOLI Genovese, di lei dice il suo concittadino Riccardo Gazzaniga, premio Calvino 2012 “Se Amelie Nothomb fosse nata in Italia, si chiamerebbe Silvia Noli”. Questa sua prima prova autoriale si è fatta strada nel tempo libero dal lavoro che la vede impiegata presso lo sportello di un centro medico convenzionato con la mutua, dove, spiega lei con la consueta ironia “espia in forma retribuita un tenace karma di capro espiatorio”. Come la protagonista del suo romanzo è in cerca di una casa, di un lavoro e di un equilibrio, e sempre come lei ama i gatti. In tutto questo andare, troverà il tempo per un nuovo libro? Non ci resta che seguirla!

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ARTINTIME QUATTRO CHIACCHIERE CON . . . ILARIA URBINATI In un assolato pomeriggio di inizio giugno, tra arancini e matite colorate abbiamo intervistato Ilaria Urbinati, illustratrice, conosciuta quasi per caso al Salone del Libro 2014, mentre era alle prese con la firmacopie del suo libro “Vintagismi”. Ecco a voi il risultato della chiacchierata. Come è nata la tua passione per il disegno e come l’hai coltivata? La mia passione per il disegno, come ho raccontato anche in “Vintagismi”, è nata precocemente. Prima di imparare a fare qualsiasi cosa io disegnavo, ero all’asilo e già facevo disegni, ero la tipica bambina brava che era contenta quando faceva il cartellone. È una passione che ho coltivato sempre da sola: alle superiori non ho fatto studi artistici, ma il liceo linguistico, i miei genitori non erano convinti di farmi seguire la mia vena artistica. “Vintagismi” è un libro che tu hai creato sia a livello “narrativo” che a livello “grafico”: come è nata questa piccola creazione? Per raccontare come è nato “Vintagismi” è necessario fare un salto nel passato: nel 2010 ho aperto un blog con lo scopo di pubblicare dei disegni e scrivere qualcosa [inapencil.blogspot.com], ogni tanto mettevo dei fumetti che riguardavano me da piccola. Pensavo non

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interessasse a nessuno sapere che mia mamma quando ero bambina mi tagliava la frangia, ma in realtà questi post erano i più commentati e condivisi sui social. Il mio ragazzo a un certo punto mi ha detto che secondo lui questi fumetti erano molto meglio di tutti gli altri lavori che stavo facendo e mi ha consigliato di farne qualcosa di più. Così ho proposto agli amici di edizione Compagine, che solitamente pubblicano solo romanzi, una raccolta di questi post, studiando magari qualcosa di più strutturato. Loro hanno subito apprezzato la proposta, nonostante tutte le mie preoccupazioni e i miei dubbi. Ho anche scoperto che Mr. Compagine era un mio grande fan e seguiva da tempo il mio blog. “Vintagismi” è stata per me un’esperienza molto utile perché mi ha fatto capire che ero una scrittrice molto più strutturata di quello che pensavo. Non è stato un lavoro semplice, ma sono stata davvero felice di aver avuto questa grande opportunità! Ilaria Urbinati quindi è un’illustratrice, ma per “Vintagismi” è diventata anche scrittrice. Qual è la difficoltà che hai incontrato legata a questo altro mestiere? Personalmente non ho trovato grandi difficoltà, bisogna sempre ricordare che molti dei disegnatori di graphic novel sono autori di se stessi: sono due lavori molto correlati, si

tratta di narrare attraverso i fumetti, non scriviamo prima una sceneggiatura e poi la disegniamo, è un lavoro molto organico. La cosa più difficile forse è stato dover raccontare di me da piccola, “Vintagismi” è un libro leggero e come diceva Calvino, essere leggeri è la cosa più difficile di tutte: considerando l’argomento del mio fumetto, rischiavo di diventare pesante e nostalgica. Lavorando in questo campo, sono sempre stata abituata a fare delle scelte, questo mi ha aiutato molto in fase di scrittura di “Vintagismi” e mi ha permesso di renderlo il più possibile snello e interessante. Da Vintagismi emerge una Ilaria Urbinati lettrice: quali esperienze letterarie si nascondono dietro a questo volume? Dietro a “Vintagismi” ci sono due scrittori: Bianca Pitzorno e Roald Dahl, da piccola ho letto tutti i loro libri, tutt’ora leggo molti libri per bambini e ragazzi anche perché spesso per lavoro li illustro. Ho notato che molti adulti leggono libri per ragazzi, ma molti altri mettono un muro, credono di essere diventati “grandi” e quindi escludono tutte le letture dedicate a un pubblico più giovane. Per me questo muro non c’è mai stato, forse complice il lavoro che faccio, ma la Ilaria di “Vintagismi” è la stessa che state intervistando ora. Sono rimasta uguale nel senso che non vedo la mia infanzia come qualcosa di lontano e relegato


INTERVISTANDO...

solo al passato, ma è connessa con quello che sono adesso.

trovo sia un autore molto immediato e sincero nella sua narrazione.

In “Vintagismi” racconti che un tuo grande amore letterario è l’Odissea. Oltre ai libri per ragazzi quali sono gli altri libri che hanno influenzato e influenzano i tuoi lavori? L’Odissea è stato un libro che mi ha fortemente influenzata, ora leggo molto le sorelle Bronte perché trovo che i loro personaggi siano ben costruiti, scavano molto per identificarli e raccontarli, sono donne “hard core”! Ho poi conosciuto tutti i grandi graphic novelist come Marjane Satrapi e il suo meraviglioso “Persepolis”, che definirei una supernova nel mondo dei fumetti, accanto a lei poi c’è Craig Thompson, fumettista statunitense, di cui ho apprezzato molto “Blankets”, graphic novel autobiografica, disegnato meravigliosamente,

Quando disegni ti fai accompagnare da un particolare sottofondo musicale? Hai un artista o un genere preferito che ti aiuta a concentrarti meglio quando crei? So che voi volete immaginare che i disegnatori mentre lavorano ascoltano la Quinta di Mahler, ma non è così, io per lo più ascolto tanta radio e, come molti miei colleghi, i telefilm polizieschi che potrei definire “tamarri”: questo genere di telefilm ripete sempre le stesse cose, non ci sono strutture complesse, quindi si possono anche ascoltare senza guardarli attentamente: io accendo la televisione e li lascio come sottofondo. Ogni tanto ascolto anche gli audiolibri, ad esempio mentre facevo un lavoro quest’an-

no mi sono ascoltata una riduzione di “Guerra e Pace”. Quando disegni a chi ti ispiri? A molti e a nessuno. Nel senso che

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INTERVISTANDO... cerco di non ispirarmi a nessuno e di essere il più possibile me stessa, ma sicuramente qualche influenza ce l’ho: Egon Schiele, il pittore, Hugo Pratt, il disegnatore di Corto Maltese, e Gipi sono sicuramente due punti di riferimento per me, come anche Isabelle Marnant e Linda Cavallini. Quando uno scrittore non sa cosa scrivere, si parla di blocco dello scrittore. Esiste il blocco del disegnatore? Capita spesso di essere bloccati, è difficile creare sempre qualcosa di nuovo e interessante. Spesso mi capita di guardare le cose degli altre e di deprimermi. Se un domani un editore dicesse che gli piacerebbe creare una collana di graphic novel tratte dai grandi romanzi letterari, quale ti piacerebbe disegnare? A caldo direi “Shirley” di Charlotte Bronte, un libro voluminoso di genere storico ambientato nel periodo del Luddismo, una cosa un po’ pesante, lo ammetto, ma personalmente adoro questo romanzo e mi piacerebbe trasformarlo in una graphic novel. Un altro libro sicuramente è “Dracula” di Bram Stoker che trasformerei in graphic novel… immediatamente!

questa esperienza? È un’esperienza che mi piace moltissimo perché mi permette un giorno alla settimana di confrontarmi con gli altri: lavoro molto in solitudine, nella mia cameretta, quindi questi momenti di confronto mi mancano, e l’insegnamento mi serve molto per vedere i lavori degli altri. Faccio anche un corso itinerante che si chiama “Il sogno e il mestiere” ed è stato pensato per giovani illustratori alle prime armi ,“per cominciare” a muovere i primi passi in questo mondo, per capire come non farsi sfruttare, per imparare a tutelarsi e a comprendere la potenzialità dell’illustratore che è una figura che spesso viene screditata.

Quali sono i tuoi strumenti di lavoro? Semplicemente ho una tavoletta grafica e un iMac e poi uso tantissimo i pennelli e i colori classici. Prodotti di buona qualità ma sicuramente classici. E ora una domanda un po’ impertinente, che forse molti ragazzi che vogliono farti: si può vivere di illustrazioni? Certo, io ci vivo è il mio unico lavoro e come si dice: ci pago le bollette!

“AAA. Il diario fantastico di Alessandro Antonelli, architetto” è una delle tue ultime fatiche, strettamente connessa alla città in cui abiti, Torino. Com’è nato questo progetto che oltretutto condividi con due altri grandi nomi: Fabio Geda e Marco Magnone? È stata un’esperienza bellissima, avevo già lavorato con Marco e ha fatto da tramite tra me e Fabio Geda che ho scoperto essere un appassionato di fumetti. Loro hanno sceneggiato la storia, poi hanno lasciato a me molta libertà, se ritenevo di variare e vedere la storia in modo diverso avevo la libertà di cambiare. Mi è capitato solo due volte di mantenere i testi e cambiare completamente le tavole: entrambi hanno apprezzato molto queste mie proposte che poi sono entrate a far parte del libro. Devo dire che sono stati molto disponibili, cosa che non sempre capita quando si ha a che fare con gli scrittori.

Ilaria Urbinati però è anche insegnante di disegno. Come vivi

Come si collabora con gli scrittori?

Non è semplicissimo, ci sono diverse possibilità. Con Fabio e Marco come dicevo si è creato un buon team, mentre altre volte capita che mi viene consegnato un romanzo con la richiesta di illustrarlo e spesso tra illustratore e scrittore non c’è nessun contatto. Poi ci sono anche scrittori che si permettono di commentare senza preoccuparsi troppo, risultando a volte un po’ antipatici. È importante ricordarsi sempre che nelle collaborazioni tra autore e scrittore si lavora insieme per un unico progetto, cercando di realizzare un prodotto al meglio delle proprie capacità. Se tu avessi una macchina del tempo, torneresti indietro per modificare quale delle tue scelte lavorative passate? Cosa diresti alla piccola Ilaria di ieri? Ripensando alla mia infanzia, mi rendo conto che forse avrei dovuto incominciare a studiare prima disegno, magari con dei corsi specifici, forse mi avrebbe aiutato molto dopo. Poi mi direi di non preoccuparmi troppo nel dire qualche no, spesso quando si è alle prime esperienze si teme di “perdere i treni che passano”, in realtà le occasioni nella vita non mancano. Bisogna imparare a valorizzarsi e a far rispettare il lavoro degli illustratori. Progetti futuri? Mi piacerebbe moltissimo fare una graphic novel con un editore di graphic novel, il sogno è pubblicare in Francia perché tutti i più grandi illustratori hanno avuto fortuna in Francia, Gipi è stato prima pubblicato in Francia, poi in Italia, nonostante sia italiano. Esterofilia italiana… Sentiremo parlare presto di te? Sì, per ora non posso svelare nulla, ma direi un ottimistico sì!

A lessandra Chiappori Francesca Cerutti

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UNA GITA AL SACRO MONTE Tra i vari rimedi per sfuggire alla calura estiva uno dei più battuti, specialmente da noi topolini di città, rimane sicuramente la fuga in montagna. Così, se siete in cerca di frescura ma non volete farvi mancare una parentesi artistica, se volete unire il dilettevole al... dilettevole, e se, soprattutto, non conoscete ancora il Sacro Monte di Varallo, leggete quanto segue. Siamo alla fine del XV secolo, Costantinopoli è caduta in mano turca e il passaggio dei pellegrini in Terrasanta è sempre più difficoltoso. Un padre francescano, Bernardino Caimi, decide allora di ricostruire i luoghi della Terrasanta nella Valsesia per consentire ai pellegrini di ripercorrere le tappe cruciali della vita di Cristo con un percorso articolato per cappelle: una piccola Gerusalemme a Varallo Sesia. Così nasce il Sacro Monte di Varallo. Ben lungi dall’essere solo una testimonianza di devozione popolare, il Sacro Monte prenderà forma grazie al lavoro di artisti eccellenti tra pittori e scultori, riuscendo a sintetizzare efficacemente la qualità artistica con il sentimento religioso. Una volta arrivato a Varallo e visitata la splendida chiesa francescana di Santa Maria delle Grazie, il moderno pellegrino sale al monte, pre-

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feribilmente a piedi lungo il percorso acciottolato. Alla fine della salita arriva in questa piccola e suggestiva Città Santa, con le sue piazze e le sue architetture alternate a sentieri e cappelle immerse nel verde. Dalla prima cappella, che ospita la rappresentazione del Peccato originale, fino alla fine del percorso, quarantacinque cappelle racconteranno al visitatore la vicenda sacra, mettendola in scena proprio sotto i suoi occhi. Si tratta infatti di cappelle affrescate con le storie bibliche, i cui personaggi escono letteralmente dalle pareti diventando sculture, statue a grandezza naturale realistiche in tutto (capelli veri inclusi). Pare che l’artista cinquecentesco legato indissolubilmente al Sacro Monte come autore di alcune delle più celebri cappelle, Gaudenzio Ferrari, avesse preso come modelli per i protagonisti delle sue scene persone reali, donne e bambini del posto, popolani e montanari. Tutto è incredibilmente vero. La coerenza del racconto inoltre veniva strettamente monitorata dai vescovi (pronti a bacchettare gli artisti su ogni minima discrepanza dal testo sacro): i personaggi che comparivano più volte in cappelle diverse dovevano avere stessa fisionomia e abbigliamento per es-

sere immediatamente riconoscibili dal visitatore, poco importava che a realizzarli fossero pittori e scultori diversi, magari a distanza di un secolo. Tra le cappelle più suggestive in assoluto quella della Crocifissione, culmine di pathos con la figura martoriata e silenziosa del Cristo in croce tra la moltitudine di tipi umani che lo attorniano, ma anche la Strage degli innocenti, finanziata dal duca di Savoia sul finire del ‘500, e l’Ecce Homo, nella piazza dei Tribunali, dove sono ricreati i luoghi in cui si svolse il giudizio di Cristo. Tanto le scene di massa quanto quelle più intime coinvolgono lo spettatore trascinandolo all’interno della scena. Questo accadeva ancor di più in passato quando il pellegrino poteva camminare accanto alle statue, arrivare a toccarle (e troppo spesso a portarsi a casa dei souvenir). Oggi le scene sono osservabili avvicinandosi alle splendide grate che separano lo spazio dell’avvenimento sacro da quello del visitatore. L’emozione è comunque assicurata.

Roberta Colasanto


UNCLASSICART

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ARTINTIME

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TEATRO teatro@artintime.it

IL NON VERBALE DELLA DANZA Parlare al pubblico di sé stesso, dei sentimenti che esso prova nella quotidianità e della quotidianità stessa, è una peculiarità tanto cara alla danza contemporanea, che, attraverso la contaminazione di varie arti, crea performance inedite e sorprendenti. La danza contemporanea, secondo alcuni famosi studi del Novecento, è l’espressione dell’uomo intero, un insieme di movimenti che non creano figure fini a se stesse – limitandosi dunque alla danza accademica – bensì incrociano le emozioni dei performer- uomini che attraverso di essi esprimono il loro essere nel mondo. La danza diventa, secondo alcune declinazioni, l’espressione dell’uomo che si è distaccato dalla civiltà consumistica per dedicarsi alla cura di sé e del proprio corpo; la danza diviene un’arte libera dalle codificazioni, seguendo in completa armonia con

l’universo, gli impulsi fisici e psichici del danzatore. Il solo fatto che l’uomo sia per sua natura il risultato di impulsi fisici, psichici, di battiti cardiaci e movimenti respiratori, lo rende potenzialmente danzatore. Su queste teorie si muove l’attività performativa di Filippo Armati. Coreografo e danzatore svizzero laureato a Bologna in Lettere e Filosofia, Armati è stato studente della Laban Centre di Londra e organizzatore di progetti culturali per Prohelvetia al Cairo, oltre ad aver collaborato con diversi coreografi in tutta Europa e aver sviluppato propri lavori da una decina di anni. Nell’ottica della creazione intorno agli effetti della sensorialità, presto Armati presenterà uno studio sul tema dell’acqua insieme all’artista Francesca Cola, in cui si cercherà di creare intorno allo spettatore-uditore, un isolamento emotivo-percettivo che lo trasporterà in un universo a sé stante.

Barbara Mastria

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ARTINTIME fromlondon@artintime.it

MUSIC AT DAWN When it comes to music London has so much to offer you wouldn’t be surprised to spend a full week jumping from concert to concert, listening to many different genres in amazing intimate venues. Forget about the mainstream experience of overcrowded concerts where you are standing trying to avoid the sweaty man drinking beer on your left and the screaming super fan on your right. I am talking about small rooms, direct contact with the artist and full immersion into the sound of music. That’s exactly what happened to me twice in a row, a day after the other, when friends brought me to some outstanding live events. It’s Monday night, after work, they hand over you tickets for Pierre Bensusan 40th anniversary UK tour. The only thing that crosses your mind is “hell yes, I am going to see some magic”. For those of you who are not aware of the genius of the French-Algerian guitarist here a sum up: the “Mozart of guitar” and award winning musician (Best World Music Guitar Player in 2008 according to Guitar Player Magazine Readers) has played around 3000 concerts in a 40 year career, he is the foremost exponent of the DADGAD guitar tuning and produced 12 albums from the 1975 until now. The location is the Half Moon, an extremely posh pub in Putney surroundings. So if you, as me after work, are really hungry can kill the wait by having the best beef burger and hand chopped chips (do they actually do them with their bare hands?! No worries just a fancy way to say

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French fries). When the doors open at 8pm a small stage with a guitar right in the middle is waiting for you. Then the delight begins and, song after song, Pierre carries you in his personal world made of journeys through cities like Nice, Sao Paolo or Santa Monica and experiences. His notes describe private moments of happiness, like the time he composed a new tune after a night watching shooting stars with his wife. They at times come from inspiring readings as Tomorrow at Dawn (Demain Des l’Aube) that contains Victor Hugo poetic words as lyrics, or the Alchemist an homage to Coelho’s famous book. With his nose almost on the strings and his raspy voice he touches your soul while playing effortlessly his instrument. A completely different atmosphere welcomes me on Tuesday night at The Social. In the very heart of London, just few minutes from Oxford Circus, the well-known venue offers free gigs of emerging artists. A tiny basement, filled by indie-music lovers and wannabe hipsters, that never fails in satisfying the eager ears of the audience. Perfect location for two bands like Babe and Teleman. Both extremely fond of their synth pop, entertain the crowd in different ways. First on stage, Babe, a band born in Glasgow now hanging around between Brussels and London, focus on turning melancholic ballads into cheerful pop spurts. Such a unique style that you either gonna love it or hate it. We love it, no doubt! Then is Teleman turn, with their song “Cristina”

they simply capture me (well it is my name in the end, but the way they sing it, oh goose bumps!!). A new album just released, Breakfast, and an all new synergy among the members of the group is bring them back to splendour. Quando si tratta di musica, Londra ha moltissimo da offrire tanto da poter saltare di concerto in concerto senza mai imbattersi nello stesso genere, e per di più trovandosi in uniche e intime location. Dimenticatevi delle esperienze da concerto mainstream, sempre affollati e in cui ti ritrovi a doverti divincolare tra un trangugiatore di birra sudato alla tua sinistra e un fan urlante alla tua destra. Sto parlando di piccole stanze, a contatto diretto con l’artista completamente immersi nella musica. È esattamente ciò che mi è successo per due volte di fila, un giorno dopo l’altro, quando alcuni amici mi hanno portato a sentire eccezionali musicisti in altrettanto singolari palcoscenici. Lunedì sera, dopo lavoro, mi passano tra le mani i biglietti del tour inglese di Pierre Bensusan. L’unica cosa che riesco a pensare è: “cavolo sì! Sto per assistere a qualcosa di magico”. Per chi non fosse a conoscenza del genio del chitarrista Franco-Algerino ecco un breve riassunto: il cosiddetto “Mozart della chitarra” e vincitore di numerosi premi, ha suonato qualcosa come 3000 concerti in una carriera lunga 40 anni, è l’esponente più importante dell’accor-


FROM LONDON

datura per chitarra DADGAD e ha prodotto 12 album dal 1975 a oggi. Ci troviamo all’Half Moon, un locale molto ricercato nei dintorni di Putney. E se come me dopo lavoro siete affamati, non c’è niente di meglio che godersi uno dei loro meravigliosi hamburger con patatine tagliate a mano (un modo ricercato per dire patatine fritte più spesse in pratica). All’apertura delle porte alle 8 in punto vi aspetta un piccolo palco in cui troneggia, padrona indiscussa della scena, la chitarra. Poi inizia l’incanto e, canzone dopo canzone, Pierre vi trasporta nel suo personalissimo mondo fatto di viaggi attraverso città come Nizza, San Paolo, Santa Monica ed esperienze. Le sue note descrivono momenti privati di felicità, come la volta in cui compose un nuovo pezzo

dopo una notte passata a guardare le stelle cadenti con sua moglie. A volte arrivano dalle parole di grandi poeti o scrittori, come “Domani all’alba” (Demain des l’Aube) che contiene i versi dell’omonima poesia di Victor Hugo, o per “l’Alchimista” un omaggio al famoso libro di Coelho. Con il naso quasi attaccato alle corde e la voce roca, s’intrufola nella vostra anima suonando senza sforzo apparente il suo strumento. Un’atmosfera totalmente differente è quella che mi accoglie Martedì sera al The Social. Nel cuore di Londra, a pochi passi dalla trafficata Oxford Circus, il rinomato locale offre concerti a ingresso libero di artisti emergenti. Un minuscolo sotterraneo, riempito da amanti delle musica indipendente e aspiranti hipsters, che non tradisce

mai le aspettative dell’ingorda platea. Location perfetta per due gruppi come Babe e Teleman. Entrambi molto legati al synth-pop, ma che lo declinano in modi differenti. Primi sul palco i Babe, band nata a Glasgow ma che ora si divide tra Londra e Bruxelles, si concentrano sul trasformare ballate malinconiche in allegri guizzi pop. Uno stile così unico che è per forza amore o odio al primo ascolto. Per noi sicuramente amore! A seguire i Teleman che con la loro canzone “Cristina” mi hanno letteralmente conquistato (si in effetti è il mio nome, ma il modo in cui lo cantano è da pelle d’oca!). Con un nuovo album appena pubblicato, “Breakfast”, e una nuova sinergia tra i membri della band, tornano sulle scene con inedito splendore.

Cristina Canfora

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ARTINTIME music@artintime.it

EN?GMA “In cosa mi trasformo stanotte?” è questa la domanda in “Il Rumore dell’Umore”, brano che presenta un video girato con la cura e la spettacolarità di un film, una melodia leggera che si insinua sempre più nella testa e un testo che scorre, liscio e naturale, a una velocità tutta rap. Un biglietto da visita già da artista maturo quello con cui si presenta al pubblico con il suo primo album il rapper di Olbia: Francesco Marcello Scano, in arte En?gma. Suo l’EP “Rebus”, primo in classifica sulla piattaforma digitale Made in Etaly, in cui già emerge la propensione alla ricerca nella scrittura, l’attenzione per la composizione dei testi e i contenuti. Sei tracce più una bonus track, forse un po’ acerbe ma graffianti, che hanno permesso al giovane artista di guadagnarsi un posto al fianco del conterraneo Salmo, sui palchi di tutta Italia dal 2011 a oggi. Prodotto dalla Machete Empire Records, ad aprile 2014 esce “Foga”, il

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suo album di debutto. Un titolo forse a caso, o forse no, a testimoniare un punto cardine del nuovo lavoro: l’impulsività, quell’impeto che lo ha spinto ora a creare delle rime più istintive, di getto. E si sente. In più, si ha una vera e propria sfilata di collaborazioni con i nomi noti nell’ambiente hip hop; sia come artisti tra cui Anagogia, Jack the Smoker, Nitro, Deejay Breeda, Dj 2P e i Fratelli Quintale, sia produttori tra cui The Ceasars, Prestige, Ros, Bassi Maestro, Salmo e tanti altri. Un mix di sonorità e stili, dunque, tutti fusi in un lavoro che fa della parlantina del rapper sardo la chiave di volta di un mondo variegato, capace di incantare ascoltatori molto diversi tra loro. Come resistere allora alla disinvolta («Mi ritrovo spesso a spasso sulle Pleiadi») carica di “Pleiadi” prodotta da Kiquè Velasquez, in collaborazione con Anagogia? Oppure alla rivoluzionaria “Radio Riot “ feat. Tkè e prodotta da Ergobeat? Niente da fare, l’unica soluzione rimane im-

mergersi nel tour di “Foga”, tra uno “Straordinario Gentleman” e una melodia orientale in “Mesopotamia”. Persino l’artwork della copertina è realizzato da due artisti di Machete Art and Films: Fr3nk, autore delle illustrazioni, e Mirko De Angelis, per la parte grafica. Non c’è che dire, un lavoro a tutto tondo per il debutto di En?gma: come perdersi un esordio così?So, Enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME books@artintime.it

IL NUOVO CHE ARRIVA DALLA FRANCIA C’è chi lo paragona a Salinger per irriverenza nello stile e nei contenuti, chi invece parla di romanzo di formazione e di storie di ragazzi in crescita, ma in realtà “L’amore ha tre dimensioni” è tutto questo e molto altro ancora. Va detto, per doverosa premessa al lettore, che si tratta di un romanzo a temi e toni decisamente forti, che non risparmiano nulla in fatto di rapporti sessuali, parte costituente della narrazione. Ma non è certo questa la sostanza letteraria del romanzo che più colpisce, perché questo “esordio” letterario italiano (Bailly, per quanto giovane, è in realtà già autore di un primo romanzo edito solo in Francia al momento) è un calderone con tanto altro dentro, e che vede al comando un autore ben consapevole del mezzo narrativo che gestisce e padroneggia con sicurezza. Innanzitutto la Francia, a cui Artintime approda grazie a questa pubblicazione della casa editrice fiorentina Clichy, territorio spesso troppo marginale, ma capace, grazie alla potenza di questa voce giovane e innovativa, di portare respiro alla letteratura giovane che transita anche per queste pagine. In Francia, a Montpellier, la vicenda dei protagonisti si svolge, in tre differenti periodi temporali in cui è suddiviso il romanzo e grazie alla cui struttura prende forma la geniale invenzione narrativa dell’autore. Luc e Maud sono

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i protagonisti di questa storia che li sorprende dapprima intorno ai diciott’anni, appena entrati nel mondo dell’università. Si conoscono, si amano, si scoprono, crescono. Ed è così che li risorprendiamo poco dopo, nel pieno dei loro studi e dei loro vent’anni. E capiamo che se per certi versi sono il Luc e la Maud che avevamo conosciuto prima, ora sono altri, sono differenti. E così ancora nella terza parte, che li vede ormai prossimi ai trent’anni, ancora una volta sempre se stessi ma al contempo diversi e altri. “Ci sono tre Luc ma anche tre Maud”, questo recita la quarta di copertina, e a ragione, perché è proprio questo l’elemento cardine che sorprende il lettore a ogni cambio temporale. A legare ogni episodio la scena iniziale, sotto la doccia, acqua che lava il passato e dà spazio a una nuova attualità, che prende forma da un prima solo parzialmente simile a quello che avevamo imparato a conoscere. La scrittura di Bailly riesce così a dare forma a un tema centrale per questa storia, quello della formazione, della crescita di due ragazzi nel periodo forse più decisivo della vita, quello degli studi, dell’allontanamento dal nido familiare, dei cambiamenti, che coinvolgono gli aspetti esteriori, gli stili, le mode, e il modo di guardare e interpretare la realtà, gli amici, l’amore, la vita. Tre Luc e tre Maud che sorprendentemente ci sono ogni volta familiari

e nuovi, scoperti in nuove sfaccettature e proiettati con maggiore consapevolezza e ancora un pizzico di immaturità verso l’età adulta. Nulla è risparmiato al sesso, e nemmeno alla droga, all’alcol e agli stravizi di una giovinezza come sospesa nell’attesa del cambiamento, di un movimento che riattivi il percorso di crescita. Che avviene, silenzioso e sotterraneo, accompagnato da uno stile vivace e acuto complice, insieme alla struttura romanzesca, di quel progressivo rimescolamento delle carte in gioco con ripartenza, come se si fosse arrivati al livello successivo di un percorso: completata una fase, ora se ne aprirà un’altra. Con Luc e Maud, a cambiare pur restando gli stessi sono anche gli amici che li circondano, dei quali emergono via via sfaccettature e caratteri diversi, che forse sono frutto ogni volta di un’invenzione romanzesca, come potremmo pensare di Luc e Maud, o forse sono proprio gli stessi, visti però sotto nuove luci, sotto aspetti emotivi emersi e scolpiti meglio con il passare del tempo. L’edizione francese di questo romanzo, il cui titolo italiano ben segnala le tre dimensioni progressive che si snodano da una vicenda di partenza, è, stranamente, “Michael Jakson”. Personaggio, la pop star, simbolo quasi per antonomasia del cambiamento, della sfaccettatura, per certi versi dell’inafferrabile. È una maschera che torna più volte


BOOKS all’interno di tutte e tre le fasi di questo amore in costruzione, di queste giovani vite in fieri, e diventa un simbolo quando, a poche pagine dalla conclusione della storia, si diffonde la notizia della sua morte. La postadolescenza multiforme finisce con lui, portandosi dietro un ricco bagaglio di vissuti, accettazioni emotive, angosce represse o superate, scendendo insomma a patti con se stessa e ritrovandosi, fuori dal bozzolo, improvvisamente adulta.

A lessandra Chiappori

“In uno sguardo fugace, constato che ogni cosa si incastra, che tutto assume un senso. Colgo la sua bellezza – e mi succede dalle cinque alle dieci volte al giorno – e vengo travolto da un’esplosione di gioia: lei è magnifica, è bella, mi piace. Lo chiamano fascino, scaturisce dalle nostre tare. […] Ci siamo iniziati l’uno all’altra, nello stesso modo in cui si sviluppa una sensibilità artistica o un’intelligenza, rimettendo perennemente in discussione le nostre certezze” Pierric Bailly, “L’amore ha tre dimensioni”, Clichy, 2013.

PIERRIC BAILLY Classe 1982 e proveniente da Champagnole, nella zona di Francia confinante con la Svizzera, Bailly ha alle sue spalle non solo diverse città dove ha vissuto, tra cui Grenoble e Lione, ma un altro romanzo “Polichinelle”, pubblicato prima di “L’amore ha tre dimensioni” dalla casa editrice P.O.L. e decisamente apprezzato dal pubblico. Voce giovane e innovativa dell’attuale panorama letterario europeo, ci auguriamo che prosegua la sua carriera di scrittore per approdare anche in Italia, dove per ora ha esordito, grazie a Clichy, con il suo secondo romanzo.

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ARTINTIME popart@artintime.it

DITO VON TEASE - DITOLOGY Nato dalla mano di un art director, illustratore e graphic designer bolognese, “Ditology” si presenta come un progetto originale e virale. Una galleria d’arte digitale che trasforma il dito indice dell’artista in soggetti di ogni genere. Personaggi storici, musicisti, politici, artisti e icone dell’era contemporanea sono ritratti sui polpastrelli e trasformati in opere d’arte. Un’idea folle e geniale che ha origine nel 2009, quando Dito Von Tease si trova di fronte alla necessità di creare un proprio account Facebook libero dalle “intrusioni” della vita reale. Una maschera, o meglio un dito, dietro cui nascondere la propria vera identità. Da qui nasce

il suo avatar, il primo ritratto di una lunga serie, che prende il via con personaggi tratti della vita quotidiana (il wrestler, la suora, il tatuato, la segretaria, la geisha) per arrivare a politici, artisti e “celebrities”. Un percorso artistico che ha portato ben presto Dito Von Tease e le sue opere all’attenzione di testate italiane e straniere, raccogliendo consensi da tutto il mondo. Un progetto creativo che vuole divertire, ma anche far riflettere sull’individualità, sulle immagini e sugli strumenti dietro cui quotidianamente celiamo la nostra identità, in particolare su internet e sui social network, dove spesso ci sentiamo liberi di esprimere idee ed emozioni che nella vita reale non riusciamo o vogliamo rivelare.

Anna Moschietto

Website of Ditology: http://ditology.blogspot.it/ Ditology App: https://itunes.apple.com/us/app/ditology/id602302313?l=it&ls=1&mt=8

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POP-ART

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ARTINTIME movies@artintime.it

LICHEN “Through chance and coincidence, infinitely smart decisions can produce new life.” Prendete un comodino, un apparecchio per i denti, delle uova sode e non, una maschera, un hamburgher, Batman e Robin, aggiungeteci un po’ di romanticismo, una sottile vena ironica e avrete così tutti gli ingredienti che costituiscono il brillante cortometraggio “Lichen” diretto dal giovane regista Kevin Lim. La struttura di “Lichen” è molto semplice: comincia tutto con un comodino vuoto, poi il nero e quindi il titolo “Lichen”. L’inquadratura successiva ci fa vedere nuovamente quel comodino, ma più da vicino, vediamo il suo piano di appoggio sul quale sono stati collocati degli oggetti: un apparecchio per i denti e un paio di occhiali con la montatura spessa, quelli che ora vanno molto di moda. Questa struttura è la cornice base delle tre scene che raccontano un incontro tra due giovani grazie proprio agli oggetti disposti sul comodino, a seguire infatti vedremo anche un uovo sodo e un tappo di sughero. Gli oggetti diventano un mezzo che permette l’incontro tra il ragazzo e la ragazza, all’interno poi degli stessi micro racconti sono molti gli elementi che i due notano di avere in comune e gli oggetti che costituiscono la loro storia d’amore si moltiplicano, come succede in tutte le storie. Poetica è ad esempio la seconda micro storia, durante la quale la ra-

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gazza si ritrova a lanciare delle uova sulla facciata delle case di una via. Ad un certo punto un uovo sfiora un ragazzo che sta rientrando a casa, entrambi sono reduci dalla stessa festa in maschera, portano ancora sui loro volti queste maschere. Il ragazzo per difendersi dal “lanciatore di uova”, lancia a sua volta un oggetto contundente, convinto di aver scovato il tipico bulletto che deve disturbare la quiete del quartiere con scherzi pessimi. In realtà si accorge di aver colpito una ragazza, chiaramente preoccupato la invita a entrare in casa. Durante la permanenza della giovane in casa sua, la ragazza cammina per la stanza e a un certo punto si imbatte nella Batmobile. Ecco un altro oggetto di riconoscimento, i due giovani si soffermano davanti a quel modellino, la ragazza estrae quindi dalla tasca le sue chiavi, dalle quali penzola un simpatico portachiavi con il personaggino di Robin che viene immediatamente collocato al fianco di Batman. Lichen è l’ennesimo cortometraggio che racconta storie d’amore, ma sono la struttura e la maniacale attenzione ai dettagli che ne divengono protagonisti a renderlo molto interessante e accattivante agli occhi dello spettatore. Al termine del film vediamo poi che tutti questi oggetti vengono raccolti e messi insieme in una scatola, sono pezzi di un puzzle bellissimo che è la storia d’amore di questi due giovani, e rappresentano momenti importantissimi, ognuno ricorda un

incontro, un sorriso, uno scontro, come succede in tutte le storie, in tutte le vite. Tutti noi, ammettiamolo, abbiamo una scatola dei ricordi e ogni tanto è bello aprirla e ricordare tutte le storie collegate a ognuno di essi, sono dei piccoli tesori spesso di valore economico irrisorio: è il loro valore affettivo che li rende così importanti, così unici. Oltre ai ricordi, “Lichen” fa pensare anche al caso, alle coincidenze, sono infatti numerose le coincidenze presenti nel film, che però a volte accadono anche nella vita vera, cambiano le nostre giornate e ci insegnano molto sulla. Niente accade per caso, tutto ha uno scopo e anche una piccola e insignificante decisione a volte può cambiare radicalmente la nostra esistenza. Kevin Lim, il regista, fa parte di un collettivo di artisti riuniti nel gruppo Soda Honey Films, che lavora “dall’altra parte del mondo”: Sydney, Australia. “Lichen” è il loro primo film e ha ricevuto numerose nomination in diversi festival: Miglior cortometraggio internazionale all’International Baja Film Festival, all’International Warsaw Film Festival, e Miglior cortometraggio australiano al FlickerFest. Altro riconoscimento importante ricevuto sempre da questo collettivo è stato per il film The Pledge for Mr Bunny, finalista a Tropfest 2013.

Francesca Cerutti


MOVIES

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ARTINTIME events@artintime.it

SUMMER FESTIVAL

L’ISOLA DELLE STORIE

FOLKEST

Dal 2 al 26 luglio a Lucca, in Piazza Napoleone, torna l’appuntamento con il “Summer Festival”. L’evento, giunto alla sua diciassettesima edizione, ospiterà come sempre grandi nomi della musica nazionale e internazionale, tra cui gli Eagles, che il 2 luglio inaugureranno la rassegna, The Prodigy, Elisa e Stevie Wonder, nella sua unica data italiana. Un ricco calendario che spazierà dal pop all’elettronica, dal rock alla disco music e che regalerà performance live da non perdere. Per maggiori informazioni: www.summer-festival.com.

Undicesima edizione per “L’isola delle storie – Festival letterario della Sardegna”, che dal 3 al 6 luglio a Gavoi, in provincia di Nuoro, proporrà al pubblico concerti, letture, spettacoli, proiezioni e incontri con noti musicisti, scrittori e artisti. Quattro giorni di manifestazione aperta ad adulti e bambini in cui apprezzare tra gli altri Antonio Marras, Katja LangeMüller, Auður Ava Ólafsdóttir, Sigitas Parulskis e Susanne Scholl. Un ricco calendario di appuntamenti di cui potete trovare ulteriori informazioni sul sito www.isoladellestorie.it.

A Spilimbergo, in provincia di Pordenone, torna anche quest’anno il festival internazionale di musica celtica e balcanica “Folkest”. L’evento si svolgerà dal 3 al 27 luglio e ospiterà importanti musicisti del panorama nazionale e internazionale tra cui Vinicio Capossela e la Banda della Posta, Modena City Ramblers, Cristiano De André, Branco Selvaggio, Bevano Est, Morrigan’s Wake e Elvenking. Non mancheranno inoltre le esibizioni di artisti emergenti. Maggiori informazioni sul programma della manifestazione sul sito www.folkest.com.

KFF

SMAU BUSINESS

UMBRIA FILM FEST

Il 5 e 6 luglio, presso il Parco Dora di Torino, si terrà la nona edizione del “Kappa FuturFestival - Torino Summer Music Festival”, la rassegna dedicata alla musica elettronica che ospita ogni anno i maggiori musicisti e DJs internazionali contemporanei. Tre palchi e un programma ricco di performance che vedranno protagonisti tra gli altri Richie Hawtin, Disclosure, Damian Lazarus, Joseph Capriati, Kerri Chandler, TAI e Zombie Nation. Per maggiori informazioni sugli appuntamenti in calendario visitate www.kappafuturfestival.com.

Nuovo appuntamento con “ Smau Business Roadshow”, l’evento itinerante che ogni anno raggiunge le principali città italiane per illustrare le maggiori novità del mondo dell’Information & Communication Technology. La sesta tappa si terrà a Firenze il 9 e 10 luglio e illustrerà nello specifico i migliori progetti legati all’utilizzo di tecnologie digitali e le opportunità di collaborazione, crescita e innovazione messe a disposizione dagli enti pubblici nella regione di riferimento. Per approfondimenti e informazioni: www.smau.it.

Diciottesima edizione per l’ “Umbria Film Festival”, la kermesse cinematografica internazionale che dal 9 al 13 luglio, nel borgo medievale di Montone, accoglierà autori, registi e ospiti di fama internazionale, con l’obiettivo di diffondere il cinema di qualità. Cinque giorni di manifestazione a cui il pubblico potrà accedere liberamente e in cui si potranno apprezzare le proiezioni delle opere in concorso, anteprime ed eventi speciali. Maggiori informazioni sul programma della rassegna sono disponibili su www.umbriafilmfestival.com.

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EVENTS A cura di Anna Moschietto

UMBRIA JAZZ

COLLISIONI

LAGO FILM FEST

Dal 11 al 20 luglio a Perugia si terrà la quarantunesima edizione dell’”Umbria Jazz Festival”. Una rassegna ricca di appuntamenti che spazieranno dal jazz classico e contemporaneo a sonorità brasiliane, dall’hip hop al funk. Tra gli artisti che si esibiranno The Roots, gruppo storico della scena hip hop, Herbie Hancock e Wayne Shorter, Monty Alexander, Eliane Elias, Stefano Bollani, Hamilton de Holanda, Gonzalo Rubalcaba, ma anche Fiorella Mannoia, Fabrizio Bosso, Danilo Rea e Daptone Super Soul Revue. Per maggiori informazioni: www. umbriajazz.com.

Torna l’atteso appuntamento con “Collisioni – Festival di Letteratura e musica in collina”, la rassegna di richiamo internazionale che ogni anno accoglie musicisti, artisti, autori e registi di fama mondiale. L’evento si svolgerà dal 18 al 21 luglio a Barolo, dove si esibiranno Deep Purple, Elisa, Caparezza, Mario Biondi, Guccini, Fedez e molti altri ancora. Numerosi saranno anche gli incontri, che vedranno protagonisti tra glia altri James Ellroy, Jeffery Deaver, Art Spiegelman, Herta Müller e Jonathan Coe. Per maggiori informazioni: www.collisioni.it.

Decimo anniversario per il “Lago Film Fest”, festival internazionale di cortometraggi, documentari e sceneggiature, che ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare gli artisti emergenti in ambito cinematografico. La rassegna si svolgerà dal 18 al 26 luglio a Revine Lago, provincia di Treviso, e comprenderà tre sezioni competitive: cortometraggi, documentari e premio Rodolfo Sonego. Oltre alle proiezioni dei film in concorso, il calendario prevede spettacoli, concerti, incontri ed eventi speciali. Per maggiori informazioni visitate www.lagofest.org.

GIFFONI FILM FESTIVAL

EST FILM FESTIVAL

TAGLIA CORTO

Dal 18 al 27 luglio si svolgerà la quarantaquattresima edizione del “Giffoni Film Festival”, la principale manifestazione nazionale dedicata al cinema per ragazzi. La rassegna, che quest’anno sarà incentrata sul tema “Be different”, vedrà concorrere le migliori produzioni realizzate da giovani registi internazionali. Dieci giorni di kermesse in cui a concorsi e proiezioni saranno affiancati spettacoli, anteprime e incontri con noti personaggi, artisti e attori, tra cui Alan Rickman, Marco D’Amore e Salvatore Esposito. Per maggiori informazioni: www.giffonifilmfestival.it.

Ottava edizione per l’”Est Film Festival”, la rassegna cinematografica dedicata alle produzioni indipendenti di Montefiascone, in provincia di Viterbo. L’evento si svolgerà dal 20 al 27 luglio e comprenderà tre sezioni competitive (lungometraggi, documentari e cortometraggi), le cui opere saranno proiettate durate le otto giornate di manifestazione. Non mancheranno inoltre momenti di incontro con registi e attori, eventi speciali, mostre e la sezione DopoFestival. Per maggiori informazioni sul programma della kermesse: www.estfilmfestival.it.

Organizzato dall’Associazione NociCinema, dal 28 al 31 luglio, torna il concorso “Taglia corto”, competizione a squadre di cortometraggio inserita nell’ambito del “NociCortinfestival”. L’evento, alla sua quarta edizione, prevede la realizzazione di un cortometraggio in un tempo massimo di ottanta ore, in cui si potranno cimentare appassionati di qualsiasi età. Le opere dovranno essere girate nella città di Noci e in alcune location obbligatorie e verranno giudicate dal pubblico, che decreterà il vincitore del concorso. Info: www.nocicinema.it.

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