Artintime N.5 - Maggio

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IN TIME n.5 - Maggio 2015

ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | INTERVISTE | EVENTI | LONDON NEWS



ARTINTIME L’EDITORIALE Le meraviglie di Italia, ecco il tema selezionato quest’anno dal Salone Internazionale del Libro di Torino per celebrare il Bel Paese. In un 2015 dominato dalla grande influenza mediatica di Expo, l’appuntamento torinese con il mondo del libro ci ricorda ancora una volta che abitiamo in un bel posto, e che prima di noi anche altra gente lo ha abitato e reso migliore, facendo cose belle. Arte, letteratura, musica, parole e colori. Come non pensare al Poeta con la maiuscola, Dante, di cui quest’anno ricorrono i 750 anni dalla nascita: la Commedia è certo tra i suoi capolavori, ma perché non riscoprire la potenza e la meraviglia – che è davvero il solo termine in grado di esprimere il concetto – delle parole di una tra le penne dello Stil Novo, protesa verso una lingua italiana ormai prepotentemente esplosa e gli echi del latino al tramonto? E poi all’altro intellettuale con la P maiuscola, anzi, le tre P: Pier Paolo Pasolini, del quale si ricordano i 40 anni dalla tragica morte. Anticonformista, corsaro, profondo, anche questo autore novecentesco ci ha lasciato qualcosa, un mattone di bellezza incastonato lì, nel grande edificio della meraviglia e della cultura italiane. Quelle cose che non sappiamo mai definire molto bene, a contorni netti, ma di cui forse sappiamo cogliere l’essenza quando siamo lontani dall’Italia, e ripensiamo al nostro modo di vedere il mondo, a casa nostra, e alla sua ricca, complessa, ma ineguagliabile bellezza. Ma bellezza non è certo solo cultura, o meglio non cultura in senso stretto, come forse potrebbe intendere un lettore con orizzonti non troppo allargati. Cultura, a ben vedere, è anche paesaggio, territorio, identità locale e nazionale. Dalle Alpi innevate che si stagliano in tutto il nord, alle dolci colline verdeggianti che così bene ci descrivono senza altre parole il centro Italia, agli infiniti chilometri di costa, ora rocciosa ora liscia di sabbia, tra isolette, scorci dall’acqua color cristallo e una biodiversità che, ovunque, ci stupisce ogni volta e lascia lo spazio del silenzio alla sola meraviglia. Arbusti, erbe selvatiche, fiori, tra verdi cangianti a primavera e colori inaspettati, ma anche mondi animali nascosti, segreti e celati in quell’equilibrio perfetto che così ci affascina. Tutto questo dentro al paesaggio, quell’altro concetto, insieme a meraviglia, che non ci riesce mai bene di esprimere a parole. Veduta? Scorcio? Orizzonte? Uno sguardo incorniciato che ritaglia e mette dentro un poster ben delineato una certa forma del mondo. Come non pensare al signor Palomar di Italo Calvino, alla costante e forse impossibile ricerca di una propria visione del mondo? Un mondo che, mai come oggi, è multiforme e incostante, cangiante e polimorfo, continuamente pronto a rimescolare le carte in gioco e a presentarci nuove sfide, nuove visioni, nuove scommesse. Partire dalla meraviglia che ci circonda, allora, è forse il consiglio più utile per tutti noi giovani esploratori del futuro: tra startup, mondo digitale, app, crossmedialità e storytelling (quante parole inglesi! Ma ve la ricordate la campagna #DilloInItaliano? Vittima, anche lei, dell’hashtag che comanda oggi a inizio parola) l’unico modo per orientarsi è tenere attiva una mappa mentale di ciò che abbiamo alle spalle, della bellezza che il nostro Paese è in grado di offrirci, nel suo passato e nell’oggi. Nei grandi nomi che hanno portato il pensiero e l’arte al 2015, e nel contenitore naturale dove tutta questa meraviglia ha avuto luogo. Quale stagione meglio della primavera, età di rinascita e colori, poteva esprimere questa idea? E quale oggetto, se non il libro, che anche questo mese torniamo, mai stanchi, a celebrare con il grande evento torinese e con la campagna Il Maggio dei Libri? Pagine di carta capaci di comunicare la meraviglia… Lo faranno anche se da cellulosa si trasformeranno in intrecci di pixel luminosi? Questo è ancora tutto da scoprire, e se non volete restare indietro, continuate a seguirci! Alessandra Chiappori

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ARTINTIME SOMMARIO 6 . MEDINA by Angelica Magliocchetti

8 . L’ARTE DEL DOPPIAGGIO: IERI, OGGI E DOMANI by Matteo Ghidella

10 . ARRIVANO I DINOSAURI by Alessandra Chiappori

12 .MODIGLIANI E GLI ARTISTI DELLA BOHEME by Roberta Colasanto

14 . SOGNARE E SEGUIRE LA PROPRIA PASSIONE by Barbara Mastria

16 . LUMAS GALLERY: LIBERATING ART by Cristina Canfora

18 . SIMONE AGOSTINI by Angelica Magliocchetti

20 . QUATTRO DONNE E UN INVERNO by Alessandra Chiappori

22 . DANIEL EIME A TORINO 24 . EVENTI

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ARTINTIME music@artintime.it

MEDINA Prendete l’influenza e l’origine tunisina, stravolgete il tutto aggiungendo dell’hip hop svedese e mescolate con tanta voglia di divertirsi: ecco creata l’Haffla Music, eccovi presentati i Medina. Una vera carica di energia quella che Sam-E (vero nome Sami Daniel Rekick) e Alibi (real name Ali Jammali) mettono nella loro musica, mescolando le sonorità del mondo arabo con l’hip hop. Il duo Medina prende vita nel 2003 e già nell’anno successivo esce il singolo “Magdansös”, subito acclamatissimo, che anticipa di poco il loro album di debutto: “Rumble in Fiskayyet”. Nel 2005 esce il secondo lavoro “Fullblod”, in cui è contenuto “Fortsätt Gå”, brano che entra direttamente al numero 58 della classifica dei singoli svedesi. Ormai lanciatissimi, i due nel giro di due anni fanno uscire altrettante produzioni: “7 dar” e “Mosh Normal”. Dopo aver lasciato al pubblico una parte della loro produzione in free download (e

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incidono una compilation in quattro parti dal nome “Varsågod de e gratis” e due volumi della serie “Haffla Music”), si prendono poi una pausa, ricca di tournée e collaborazioni, per poi fare la ricomparsa nel 2012 con “Hayat”, un lavoro pieno di nuova energia, creatività e voglia di mettersi in gioco. A partire dalla prima traccia che viene diffusa, la spassosissima “Där Palmerna Bor”, che finisce direttamente nella Top 20. Un ritorno alla grande che porta con sé, già l’anno successivo, un nuovo successo: “Sista Minuten”, il quinto album, e “Miss Decibel”, la hit da secondo posto. Oltre alla grande produttività, quindi, il duo svedese porta avanti in modo fantasioso la sua voglia di sperimentare, di fondere stili e generi diversi senza appesantirsi di preconcetti, anzi, toccando con leggerezza sonorità del medio oriente, della trazione rap e a volte anche quelle più elettroniche, per creare qualcosa

che, quasi per magia, funziona. Ci contagiano e ci fanno sorridere, con simpatia, con maestria e con la loro Haffla Music. Provare per credere! Enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME movies@artintime.it

L’ARTE DEL DOPPIAGGIO: IERI, OGGI E DOMANI Vorrei iniziare l’articolo con una doverosa premessa. Se in Italia, come in molti altri paesi in Europa e nel mondo (Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio fiammingo, Portogallo, Grecia eccetera) non esistessero l’adattamento e il doppiaggio dei film stranieri, il nostro livello di inglese e non solo sarebbe decisamente più alto e saremmo più competitivi nel mondo. Perché tutto inizia da lì, dall’allenare la mente attraverso una delle forme di intrattenimento più diffuse, ascoltando lingue diverse dalla propria fin dalla tenera età. Premessa doverosa e della quale si può discutere poco. Detto ciò... Il doppiaggio è un’arte. Un’arte prevalentemente italiana, studiata, perfezionata e diffusa come in nessun altro paese al mondo, nata da un’imposizione di regime e divenuta, con gli anni, sempre più una caratterizzazione positiva che ha reso ancor più celebri alcuni film stranieri. Un esempio? Stanley Kubrick e Sergio Leone, due dei più grandi registi e autori cinematografici che abbiano vissuto su questa Terra, curavano personalmente le versioni internazionali dei loro film, scegliendo con cura le voci da abbinare agli attori. E Kubrick, almeno due volte da quel che ci è dato sapere, inviò personalmente telegrammi di complimenti nei confronti di doppiatori italiani che resero celebre e completarono in meglio l’interpretazione degli attori a cui prestavano la voce. Eros Pagni, che con il suo “Io sono il sergente maggiore Hartman, vostro Capo Istruttore. Da questo momento potete parlare soltanto quando vi sarà richiesto, e la prima e l’ultima parola che dovrà uscire dalle vostre fogne sarà

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“signore”. Tutto chiaro, luridissimi vermi?” fece diventare il feroce sergente di “Full Metal Jacket” un’icona della severità nel nostro paese, regalandogli una voce così potente da divenire pressoché inimitabile, e Giancarlo Giannini, che rese la pazzia di Jack Nicholson in “Shining” ancora più marcata e inquietante, dandogli sfumature che forse neppure lo stesso Jack aveva trovato, possono oggi vantare i complimenti del grande regista visionario statunitense, a conferma del fatto che il doppiaggio, in Italia, è curato nei minimi dettagli e che il doppiatore, nel nostro paese, prima di esser tale, è attore in tutto e per tutto. Ribadisco, nessun paese al mondo può vantare una scuola di così alto livello. Ma allora quali sono le note dolenti di una pratica così diffusa e radicata nel tempo? Perché al giorno d’oggi inizia ad essere sempre più criticata e snobbata? Anche in questo settore il nostro paese sta iniziando a scricchiolare? Le risposte, a mio parere, vanno quasi esclusivamente ricercate nel tempo storico che stiamo vivendo. Vi invito a riflettere su un punto. I nati negli anni ottanta come me sono cresciuti con alcuni film simbolo: “Ritorno al futuro”, “Indiana Jones”, “Hook – Capitan Uncino”, “Mrs. Doubtfire”, “Batman”, “Jurassic Park”, “Guerre Stellari”, sono solo alcuni fra i titoli che più o meno tutti quelli della mia generazione hanno amato alla follia, guardato e riguardato fino al consumo della videocassetta. Riuscite a immaginarvi una versione di questi film che non sia in lingua italiana? Probabilmente vi sarà capitato di rivedervi alcune di queste pellicole in lingua originale, col dvd, con lo streaming, con le pay

tv, ma è inutile, Capitan Uncino/Dustin Hoffman avrà sempre la voce di Amendola, Emmett Brown/Christopher Lloyd sarà lo stesso Amendola e Dario Penne, Daniel Hillard/Robin Williams sarà Carlo Valli e Harrison Ford/Indy Jones sarà Michele Gammino. Non esiste versione originale che tenga, per noi questi film hanno queste voci. Punto. Questo cosa significa? Semplicemente che noi avevamo a disposizione solo queste versioni e, non conoscendo alternativa, ci affezionavamo a quelle che la distribuzione ci regalava. A questo, naturalmente, va aggiunto il discorso di prima, che il lavoro di adattamento dei copioni e di doppiaggio era fatto talmente a regola d’arte che non ci si poteva che innamorare di quelle voci. E oggi allora? Oggi il discorso è un pochino diverso. Oggi ci sono dvd e bluray, con le diverse tracce audio, c’è la paytv che consente le differenti versioni e, soprattutto, oggi c’è la rete. La rete rende possibile essere sintonizzati immediatamente con tutto il mondo e consente di vedere agevolmente film e serie tv straniere in lingua originale, con l’ausilio di sottotitoli prodotti per lo più da volontari, traduttori o appassionati che si allenano e rendono un enorme servigio alla comunità. Con la rete, quindi, scegliere di vedere un prodotto per come è stato realizzato, senza alcun cambiamento vocale o adattamento del copione per renderlo affine alla nostra lingua, è semplice e immediato. La logica vuole, dunque, che spesso si preferisca la versione “pura”, soprattutto nel caso delle serie, prodotto sempre più curato e, negli ultimi anni, divenuto vero e proprio cinema per la televisione. Succede infatti che i broadcaster


MOVIES

Fonte web italiani tendano talvolta a snobbare quelli che nel paese di produzione, soprattutto Stati Uniti, sono considerati prodotti di altissima qualità, e quindi anche il lavoro di adattamento e doppiaggio non sia per niente all’altezza dell’originale. È il caso, ad esempio, di “How I met your mother” e “The Big Bang theory”, sitcom di altissimo livello ma che nella versione italiana perdono tantissimo del loro fascino, non solo per colpa di un adattamento complicato (i giochi di parole pressoché intraducibili), ma anche, purtroppo, per la scelta di voci non adatte ai personaggi e troppo distanti dalla verve degli attori americani. Il caso di “Breaking bad”, invece, è ancora più singolare e complicato. La serie probabilmente migliore della storia è semplicemente di una qualità attoriale (e non solo, ma ne parleremo) troppo alta e, nonostante il doppiaggio si avvalga di voci comunque talentuose, raggiungere quei livelli risulta semplicemente troppo difficile. In aggiunta al “problema” del facile accesso al prodotto originale,

anche il doppiaggio risente, superfluo dirlo, dei tagli alla cultura che sempre più danni stanno facendo nel nostro paese. Oggi i tempi per adattare e doppiare un film o una serie si sono sensibilmente ridotti. Nell’ottica costante del risparmio, i professionisti del settore devono lavorare con sempre meno cura dei dettagli, togliendo naturalmente tempo al lavoro e rendendolo meno puntiglioso e perfezionista rispetto al passato. Se poi ricordiamo che, negli ultimi anni, abbiamo perso dei talenti unici e inimitabili della voce prestata al cinema, quali Ferruccio Amendola, Tonino Accolla, il miglior Homer Simpson del mondo, Stati Uniti inclusi, Oreste Lionello (Woody Allen disse che lo rendeva un attore migliore!), Cesare Barbetti e il suo inconfondibile Robert Redford, Renato Mori, la voce profonda di Morgan Freeman, possiamo ben comprendere che un calo fisiologico e forzato anche di questa eccellenza è, purtroppo, inevitabile. Desidero chiudere questo articolo, però, con una nota di

speranza, permettendomi una digressione personale. Sto frequentando proprio in questi mesi una scuola di doppiaggio a Torino, curata da un grande professionista del settore. Avvicinarmi a quel mondo, annusare la sala di registrazione, percepire la complessità e il sacrificio per raggiungere un obiettivo decoroso, avere a che fare con una professionalità di livello altissimo e un’eccellenza didattica pressoché unica, mi fa capire che questa scuola è tutt’altro che destinata a sparire. Perché i professionisti, quelli veri, possono vantare una preparazione che in pochi altri settori si può trovare. E la loro passione, la loro abnegazione, la loro ricerca di qualità, farà sì che il doppiaggio italiano rimanga comunque e sempre il primo nel mondo. E pazienza se il nostro livello di inglese tarderà ancora a crescere... For that there’s always time.... Maybe.

Matteo Ghidella

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ARTINTIME books@artintime.it

ARRIVANO I DINOSAURI E non ci sarà scampo per nessuno. Una realtà spiazzante, incredibile, folle e a suo modo sconnessa da tutto, perché non siamo in un’epoca remota, lontana, lontanissima nel passato quando apriamo il libro di Specioso. Anzi, ci pare di essere a casa nostra, nell’oggi moderno, popolato e civilizzato a cui siamo abituati, anche se non abbiamo punti di riferimento. In questo scenario dichiaratamente distopico, però, sappiamo che una minaccia incombe da Firenze: i dinosauri stanno arrivando e distruggeranno con ferocia tutto. E così, mentre la vita scorre in un quotidiano sempre identico a se stesso fatto di classiche dinamiche stereotipate da ufficio, una vita familiare in crisi tra inceppamenti di coppia e un figlio taciturno e apatico, coraggiosi vigili del fuoco si sacrificano per la salvezza altrui ed estrosi psicanalisti costruiscono un bunker per preservare la propria vita e quella di pochi selezionati. Il bunker per i ricchi: scenografia della più classica delle situazioni sociali che vedono piccoli gruppi chiusi convivere e giungere a derive. E così, in un indistinto e onirico galleggiamento, i dinosauri – termine generico che mai dettaglia queste creature mostruose ma semplicemente ne evoca la ferocia, l’antichità, e suscita terrore – all’orizzonte, si conclude questo racconto lungo, esordio di Specioso. Un esordio riuscito, perché sperimenta un nuovo modo di narrare, che, proprio per la sua differen-

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za nel panorama circostante, si fa notare. Disarmante e contornata di assurdo è la situazione: un qui e ora non specificato, ma che sentiamo vicino, in cui, in seguito a Grandi Eventi Nebbiosi inspiegabili, compaiono cose e fenomeni altrettanto non logici. Come il misterioso arrivo di masse di oggetti anni Settanta, a ricoprire le strade formando vere e proprie costruzioni a cui la gente attinge in preda al ricordo nostalgico. Oppure come la comparsa dei mostri del passato preistorico, assurdamente tornati a invadere un presente senza scampo. Distopia della nostra età in cui alla schematizzata vita di routine fanno da sfondo minacce distanti e rimosse, proprio come i dinosauri, questo libro è però una metafora riuscita di tante altre cose. E lo è senza porsi come tale, semplicemente raccontando una storia fatta di snodi e personaggi, problemi da risolvere e piani che non vanno come dovevano. È questo ciò che alimenta la lettura: l’essere immersi in un autentico racconto. I dinosauri non sono una pura metafora per esorcizzare un altro tipo di pericolo: sono reali, atavica paura e tangibile pericolo materiale. Per sfuggire alla distruzione c’è poi il bunker, messo su dal classico terapeuta dei giorni nostri, cialtrone più che analista alla Woody Allen. A chiacchierare con lui dei propri problemi e blocchi sono il protagonista, la moglie e, alla fine, anche il figlio, ragazzino che resta distante da tutto, come l’intera situazione nel racconto re-

sta ben disegnata ma distante tuttavia dal nostro immaginario. La prova di convivenza nel bunker è un altro classico della distopia, e infatti andrà a finire non certo nel modo sperato. È tutto un mondo un po’ ovattato, lo sentiamo che qualcosa stride, qualcosa che è talmente forzato e stereotipato che diventa quasi paradosso, e ci fa sorridere, nonostante lo sfondo poco ameno sul quale tutte le vicende di questa storia prendono forma. Dall’incipit siamo proiettati in un grigiore diffuso: uffici, stanze anonime, posteggi sotterranei dove non si posteggia semplicemente l’auto, sterili macchinette di sandwich, telefoni che coinvolgono più di un figlio, dimenticato a scuola. Di conseguenza, un mutismo familiare che ben rappresenta l’idea di nucleo domestico oggi così diffusa. Uno schema, un’idea, una visione. Che diventa oscura e confusa, che sentiamo vera ma al contempo percepiamo essere oltre, troppo, avvolta anche lei da una grande e misteriosa nebbia che impedisce di discernere fino in fondo. Pregio e segreto del libro, quest’atmosfera staccata e al contempo vera, questo imperturbabile rassegnarsi dei protagonisti agli eventi assolutamente non logici che li avvolgono come nebbia, impedendogli di vedere le cose e il mondo intorno, ma caricandoli di paure insopportabili senza la certezza di una salvezza, di un nuovo Grande Evento Nebbioso che, nello stesso inspiegabile modo in cui li ha riportati sulla terra a mietere vittime,


BOOKS faccia sparire i dinosauri e ristabilire un apparente ordine naturale delle cose. Prima di sganciarsi totalmente dalle proprie certezze e lasciarsi andare alla completa deriva, forse, finalmente e di nuovo, umani.

A lessandra Chiappori

“C’erano uomini che interrompevano una quotidianità fatta di lavoro e famiglia. Pronti al sacrificio, riempivano uno zaino e si dirigevano dove la civiltà stava soccombendo alla preistoria. Non tornavano quasi mai. Spesso morivano dopo aver ingaggiato una lotta impari. Morivano schiacciati; morivano dilaniati; morivano masticati come gomme americane; morivano senza essere riusciti a far indietreggiare il nemico”

Giorgio Specioso, “Dinosauri”, Baldini & Castoldi, 2015.

GIORGIO SPECIOSO Di lui sappiamo poco: nasce a Roma, classe 1972. Prima di approdare all’esordio letterario con il suo primo romanzo ha già scritto racconti per varie riviste, segno che del tutto estraneo al mondo della scrittura non era, come capiamo dall’intelligenza con cui ha allestito la sua prima opera estesa. È inoltre curatore del progetto Archivio Analogie Letterarie.

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MODIGLIANI E GLI ARTISTI DELLA BOHEME La GAM di Torino ospita fino al 19 luglio una mostra destinata a raccogliere grande successo di pubblico: “Modigliani e la Bohème di Parigi”. Circa novanta opere, di cui sessanta provenienti dal Centre Pompidou, raccontano la cosiddetta “Scuola di Parigi”, corrente che riunì artisti attivi nel secondo dopoguerra a Parigi, tra Montmarte e Montparnasse, votati a creare una completa simbiosi tra vita e arte. Diverse le personalità rappresentate dalle opere in mostra, tra cui Brancusi, Soutine, Utrillo, Chagall, Picasso; vero protagonista, però, di questo racconto per immagini è Amedeo Modigliani, forse colui che più di tutti rappresenta la figura dell’artista maledetto. Nato a Livorno nel 1884, ultimo di quattro figli, Modigliani fu afflitto fin da ragazzo da gravi disturbi polmonari che lo portarono in seguito alla morte prematura. Dopo un primo apprendistato presso un allievo di Giovanni Fattori (di cui è esposta in mostra un’opera di collezione GAM, “Gotine rosse”) e un periodo di frequenza accademica in Italia, Modigliani approda nel 1906 a Parigi, quando Parigi significa Avanguardia. Frequenta l’Accademia Colarossi, affitta un atelier a Montmarte, conosce artisti (tra cui anche Picasso e Diego Rivera) e intellettuali. Subisce il fascino dell’opera di Toulouse-Lautrec, ma anche delle arti primitive e di Cezanne. Guarda con interesse i vari movimenti artistici che si sviluppano in quegli anni, come il cubismo, senza però mai aderirvi. “Non cerco il reale né

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l’irreale, ma l’inconscio, il mistero dell’istintività della razza”: l’evoluzione della sua opera si baserà su un progressivo processo di semplificazione, ricercando una linearità, una schematizzazione del motivo che condurrà al celebre “stile Modigliani”, ben rappresentato dai ritratti della sezione iniziale della mostra. Dal 1909 al 1914 Modigliani si dedica alla scultura: le sue teste ieratiche, dai colli lunghi, senza pupille si ispirano all’arte egizia e ai primitivi. Evidenti anche i legami con l’opera di Brancusi, di cui sono esposti alcuni lavori nella sezione della mostra dedicata alla scultura. Tuttavia l’artista, con l’acuirsi dei suoi problemi respiratori dovuto alle polveri derivanti dalla lavorazione della pietra, abbandonò la scultura per tornare a dedicarsi unicamente alla pittura. All’Accademia Colarossi Modigliani conobbe una giovane studentessa, Jeanne Hébouterne, all’epoca diciannovenne, che divenne sua amante e sua compagna, dando alla luce una bambina di nome Jeanne. Nel frattempo la sua attività artistica procedeva tra alti e bassi (a causa dei “Nudi” presentati alla sua prima mostra personale, nel 1917, l’esposizione fu sospesa per oltraggio al pudore), e la sua triste condizione economica non gli impediva di vivere una vita di eccessi, tra alcool e a volte droghe, secondo un uso piuttosto diffuso all’epoca. All’età di trentacinque anni, quando cominciarono a giungere decisi apprezzamenti per la sua opera a seguito delle sue ultime esposizioni, il pitto-

re si spense a Parigi per una meningite tubercolare. Era l’anno 1920. Fu seppellito con esequie solenni, a spese dei suoi amici. Il giorno dopo la sua morte, Jeanne Hébouterne, all’ottavo mese di gravidanza, si suicidò gettandosi da una finestra; la tomba dei due pittori e amanti si trova al cimitero di Père-Lachaise. Questa la romantica storia di un artista che visse come una meteora, i cui lavori in vita quasi non bastarono a sfamarlo e che invece oggi, come spesso accade, vengono battuti all’asta per milioni di dollari. Storia raccontata in mostra da alcuni capolavori del maestro, inseriti nel contesto artistico dell’epoca, tanto estroversi nella realizzazione quanto intimi nel contenuto, “perché con un occhio guardi il mondo, con l’altro guardi dentro di te”.

Roberta Colasanto


UNCLASSICART

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ARTINTIME

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TEATRO teatro@artintime.it

SOGNARE E SEGUIRE LA PROPRIA PASSIONE, PAROLA DI ALESSIO MARTINOLI Ironico, consapevole e determinato. Tre aggettivi che tratteggiano il profilo di Alessio Martinoli, trentaduenne toscano tra i fondatori di Teatro Bo, un collettivo artistico sbocciato nel 2010 e che a ritmo sostenuto produce spettacoli, propone letture e incontra il pubblico attraverso laboratori di varia natura. Alessio Martinoli è un giovane di teatro inserito nella società e cosciente di ciò che avviene a livello culturale e sociale nel suo Paese. Dai classici agli inediti ai quali lavora come drammaturgo, Alessio analizza e mette in luce i rapporti interpersonali – come in “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare in cui indaga la relazione uomo-donna – o ancora “Osse’r’gorp”, che prova a interrogarsi sui valori della civiltà contemporanea. Alessio Martinoli è il simbolo di una generazione all’interno della quale egli stesso vive e che racconta a teatro: ne è un esempio il suo “Io sono felice e alla fine dello spettacolo lo sarete anche voi” in cui affronta certamente la precarietà – non solo artistica-

della realtà che lo circonda, ma, trasportato dai ricordi d’infanzia e dalla sua propensione al sorriso e al buonumore, rende se stesso veicolo e per raggiungere una felicità apparentemente preclusa. Martinoli è un giovane coraggioso, che attraverso la propria passione, trasformata in mestiere, non si adagia nella frustrazione e nella delusione dilagante, ma crede che il teatro e la creatività smossi dal profondo colorino il futuro di toni vivi e accesi. Alessio immagina un teatro che esca dalla marginalità in cui gli pare sia relegato e torni a essere un evento collettivo: si è mosso in questa direzione con il progetto Esperimento deserto una residenza che si apre al pubblico e al confronto con ospiti speciali con i quali scambiarsi opinioni sul proprio romanzo preferito: una connessione sul piano verbale e visivo per sfuggire a quell’ “incasellamento nell’esistenza ad orario delle città” dal quale Buzzati, suo ispiratore, rifuggiva per un mondo fantastico.

Barbara Mastria

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ARTINTIME fromlondon@artintime.it

LUMAS GALLERY: LIBERATING ART It is the 10th anniversary of an outstanding Art Gallery, the Lumas. In the autumn of 2004 Marc Alexander Ullrich and Stefanie Harig opened the first Lumas gallery in Berlin. During these years the two entrepreneur made the name of the gallery well known opening 35 branches all over the world, from Seoul to New York. Becoming a established business hasn’t change Marc and Stefanie’s goal to make artwork available and accessible to a large audience. They do believe that galleries should be placed in towns filled with art enthusiasts, even if they are unusual location, like for example Mannheim or Bremen. “Out of the museum, into the home. Galleries nearby. Signed originals at reasonable prices”. This is their motto to liberate Art. New, exciting events and artists are what to expect from Lumas future. Art should be seen, never been hidden or kept in dusty museums. Art is part of our life. It should be shared and grow stronger every single day. We visited Lumas gallery in Mayfair London (closer tube station is Bond Street) to experience the contagious keenness around making art accessible. On display The Vogue Collection rounds up more than 30 legendary icons of photography.

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Names like Cecil Beaton, Erwin Blumenfeld, Horst P. Horst, Bert Stern. The collection comes from the archives of American Vogue and shows fathers of fashion photography such as George Hoyningen Huené to more humorous and mischievous images by Clifford Coffin.Throughout the pictures it is easy to understand that fashion photographers do so much more than pointing a camera at a model in a dress. They snatch timeless moments, capture hopes and souls and the beauty behind them. They are extremely connected with their contemporary art, Horst and Blumenfeld were inspired by the artistic avant garde of the twentieth century, from Expressionism to Dadaism and Surrealism. A unique style that, even today, continues to shape the world of fashion photography. Feminine bodies treated like sculptures, iconic muses who will survive their time and culture to be admired forever after. Audrey Hepburn, Coco Chanel and Kate Moss become immortal thanks to the lenses of these fine experts of the camera. -----------------------------------------Si festeggia il decimo anniversario di un’eminente galleria d’arte,

la Lumas. Nell’autunno 2014 Marc Alexander Ulrich e Stefanie Harig aprirono le porte della prima galleria Lumas, a Berlino. Da allora i due imprenditori hanno fatto sì che il nome Lumas fosse un simbolo di qualità riconosciuto in tutto il mondo aprendo più di 35 sedi da Seul a New York. Il successo non ha cambiato le prerogative iniziali che Marc e Stefanie si erano imposti: far sì che le opere d’arte siano disponibili e accessibili al grande pubblico. Essi credono infatti che le gallerie dovrebbero essere posizionate in città ricche di estimatori, anche se si tratta di location poco usuali, come ad esempio Mannheim o Brema. “Fuori dal museo, direttamente in casa. Gallerie nelle vicinanze. Pezzi originali firmati a prezzi accessibili” Ecco il loro motto per emancipare l’arte. Il futuro della Lumas si preannuncia ricco di eventi eccitanti e di nuovi artisti. L’arte dovrebbe essere oggetto della nostra attenzione, esposta e non nascosta in musei impolverati. L’arte è parte della nostra vita quotidiana, dovrebbe essere condivisa e diventare più forte ogni giorno che passa. Abbiamo visitato una sede della Lumas a Londra, precisamente quella di Mayfair (la stazione della metropolitana più vicina è Bond Street), per farci contagiare dall’interesse verso l’idea


FROM LONDON

di rendere l’arte più accessibile. Ad aspettarci c’era la mostra della Vogue Collection incentrata su più di 30 leggendarie icone della fotografia. Nomi come Cecil Beaton, Erwin Blumenfeld, Horst P. Horst, Ben Stern. La collezione arriva direttamente dagli archivi di Vogue America e mette in mostra dai capostipiti della fotografia di moda, come George Hoyningen Huené, agli artisti più giocosi tra cui Clifford Coffin. Attraverso gli scatti è facile capire come i fotografi di moda siano molto di più che dei semplici immortalatoti di bellezze avvolte in magnifici vestiti. Essi catturano momenti senza tempo, pieni di speranze, sogni, desideri e anime. Sono imprescindibilmente connessi all’arte a loro contemporanea, Horst e Blumenfeld furono ispirati dalle avanguardie artistiche del 20esimo secolo, dall’Espressionismo al Dadaismo per chiudere con il Surrealismo.

Uno stile unico che, ancora oggi, continua a formare il mondo della fotografia di moda. Corpi femminili trattati come sculture, muse iconiche che sopravviveranno al loro tempo e alla loro cultura e saranno ammirate nei secoli a venire. Audrey Hepburn, Coco Chanel, Kate Moss, tra le tante a divenire immortali grazie alle lenti di questi maestri della fotografia.

Cristina Canfora

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SIMONE AGOSTINI Impossibile immaginare Simone Agostini (classe ’81, romano) senza la sua chitarra. Un amore che nasce fin da bambino, ma che inizia a mostrare le sue potenzialità nell’incontro con il chitarrista pescarese Paolo Giordano. La sua formazione si arricchisce di nuove influenze e tecniche, cominciando a muovere i primi passi verso i palchi nazionali e non come artista d’apertura ai concerti dello stesso Paolo Giordano e Michael Manring, a quello di Franco Morone al Lanciano Blues Festival e a quello dei Modena City Ramblers nel 2010 al Villa Vomano Festival. Accanto a queste performances il giovane artista romano partecipa a numerose manifestazioni come l’Acousticway, Frentanacustica e la Settimana Mozartiana, e inizia il suo percorso verso la composizione di musica per film realizzando la colonna sonora dello spot televisivo “Un buco nel muro”, che vede la partecipazione di Totti, Maldini e Preziosi come testimonials. Nel 2005, in occasione dell’ottava edizione dell’ Acoustic Guitar International Meeting di Sarzana, vince il concorso New Sound of Acoustic

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Music (Premio Wilder-Davoli) e pochi anni dopo, nel febbraio 2008 è il vincitore per la sezione chitarra nella finale europea dell’Emergenza Acoustic Showcase. Dopo un’esperienza nella band I Banditi del cantautore abruzzese Paolo Tocco, nel 2009, Simone Agostini, sotto la guida di Luca Nicolucci e Gabriele Fratini, fa uscire il suo album di debutto: “Green”. Dieci tracce (di cui un’ispirata cover di “Brigante Se More” di Bennato) in cui è evidente il risultato di anni d’esperienza: un fingerstyle che non annoia, anzi offre una notevole gamma di sfaccettature. La delicatezza di “Waiting for may”, la serenità di “Childhood memories”, lo sguardo narrativo di “The Bridge of Sounds” e l’evocativa “A25” creano un debutto che ha il sapore di un vero e proprio assaggio di mondo, ancora tutto da ampliare. Nel 2012 il giovane chitarrista si iscrive alla International Film Music Lab a Roma, sotto la direzione artistica del Maestro Ennio Morricone. Nel 2014, dopo aver composto diverse colonne sonore per edizioni televisive, pubblica il suo secondo lavoro: “Maka”. Il ti-

tolo, che significa “Terra” nel linguaggio Sioux, è una sintesi dello spirito del disco. Una parola sola a esprimere un sound privo di tensioni, essenziale. Un album più maturo, ricco di contaminazioni (anche strumentali con l’uso del bouzouki greco e del flauto dei nativi americani), di buone intuizioni e di collaborazioni: il violino di Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Ramblers, le percussioni di Walter Caratelli e la viola del Maestro Peppino Pezzulo ad impreziosire ulteriormente il sound. É il caso quindi di lasciarsi andare sulla scia di “Into the Wind” fino alle soglie del viaggio con la spaziale “Outer Space”, e ancora più su con la traccia fantasma “Sliding Rattlesnake”. Un’esplorazione che non potete perdervi: so, enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME books@artintime.it

QUATTRO DONNE E UN INVERNO ISLANDESE Sarà l’ambientazione, insolita e nuova per noi lettori dell’Europa mediterranea, abituati a scenari familiari o ai balzi dei mondi possibili della narrativa fantascientifica, sarà forse un senso intenso di realismo che non lascia niente al buonismo dei diffusi romanzi femminili, ma questa storia islandese a suo modo colpisce. Siamo a Reykjavík ed è pieno inverno: gelano le portiere delle auto, imperversa un vento freddo e si scivola sul ghiaccio in strada. In questo strano clima rigido entriamo nella vita di quattro persone che lì, nella gelida capitale del Nord Europa, conducono le proprie esistenze. Sono vite colte in momenti particolari, dove l’abitudine di una situazione zoppicante e poco “giusta” è sorpresa in un momento di svolta, naturalmente mai positivo, o per lo meno di non facile accettazione. I quattro meccanismi narrativi riguardano tutti la vita sentimentale delle quattro ragazze protagoniste: Hervör, Mía, Silja, Karen. Mumble: romanzetto rosa, vi starete domandando? Ebbene, non proprio. Delle situazioni sdolcinate o stereotipate da classica storia cosiddetta femminile, c’è poco. Certo, stiamo inseguendo quattro storie di ragazze intorno ai trent’anni in cerca della felicità e della serenità di coppia, che regolarmente non sono riuscite a trovare, chi per un motivo chi per l’altro, ci saranno pianti, paranoie da sms che non arrivano, baci

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e quant’altro. Ma ci saranno anche momenti neri, di anime sconsolate e tremendamente contemporanee in soffitte in affitto da pagare con un lavoro precario o inesistente, di lauree ottenute per ricatti e sfociate in un lavoro da cameriera, di carriere ben riuscite e vite di coppia distrutte in un soffio, di perdite sfociate in accanimento contro se stesse. La sensazione lungo questo inverno delle quattro protagoniste è che il ghiaccio impedisca un po’ la vita, lo slancio, la reazione energica ai fatti. È un blocco momentaneo, il tempo necessario per arrivare al punto di logoramento oltre il quale non si prosegue, e quindi fermarsi, nell’inatteso momento nuovo, che desta un po’ di spaesamento ma che alla fine saprà offrire novità, nuovo movimento, risveglio. Non a caso, il titolo originale del romanzo era “Korter”, che in islandese significa trimestre: una stagione, per fermarsi, ritrovarsi, cercare di capire e ripartire. E nella vita delle trentenni, oggi e forse sempre, sotto la crosta di perfezione, un trimestre di incertezze, fini e nuovi inizi è una situazione che può capitare, e che sentiamo molto nostra, anche se non condividiamo l’ambientazione così rigida. Ma solo nelle temperature esterne, perché invece il ritrovo insolito di queste quattro ragazze è una caffetteria, accogliente e classico luogo di ristoro, il Reykjavík Café del titolo. Per quanto possa ingannare, il caffè non è però un luogo di incontro di

queste quattro storie e persone, che non si conoscono direttamente, non sono un gruppo, semplicemente si sfiorano, spesso proprio davanti a una tazza di caffè caldo, passandosi accanto o condividendo istanti di vita, ignare di stare vivendo analoghi momenti di difficoltà, ignare perfino di far parte della storia corale che l’autrice ci sta raccontando. Ecco un altro aspetto del romanzo che colpisce: il sapiente incastro narrativo, che amalgama le quattro storie cucendo piccoli dettagli che diventano inaspettati legami. Siamo così lettori non di una ma di quattro vicende, alle quali allo stesso modo ci appassioniamo: la debole Mía, lasciata dal fidanzato, che si sfinisce con pianti disperati e vuole annientarsi nell’alcol ma finisce solo per cadere e farsi male, la mediocre Hervör, incappata in una relazione col suo professore e incapace di riprendersi una vita consona alla sua età e alle sue capacità, e ancora il medico Karen, che uscita prima dal turno di notte scopre il marito a letto con un’altra, e ha bisogno del tempo necessario, e di situazioni poco routinarie, per ricalcolare la rotta, e Karen, annullata da un lutto e ridotta a un involucro scatenato di vizi estremi, incapace di condividere e ricambiare sentimenti ed emozioni. Il trimestre, quasi come a scuola, finirà anche per le nostre quattro amiche, in modi diversi e inaspettati forse, ma lasciandoci il piacevole solletico della scoperta, pagina dopo pagina di questa giovane e insolita


BOOKS storia corale islandese, differente dai nostri mondi letterari solo forse per qualche centimetro di ghiaccio in più e qualche chioma di estremo biondo naturale, a dire il vero poco mediterranea.

A lessandra Chiappori

“«Ma smettila. Nessuno sostiene che tutti debbano buttarsi a costruire un curriculum stellare pochi secondi dopo aver concluso gli studi.» «Ah, no? Ah bé, allora siamo a posto. Perché io non ho idea di cosa devo fare nella vita, se non lavorare al Reykjavík Café. Per quanto triste sia.» «Non c’è niente di male a lavorare in una caffetteria. » «E invece sì, se vuoi sapere la mia opinione» fece lei con una risata fredda.” Sólveig Jónsdóttir, “Reykjavík Café”, Sonzogno, 2015.

Sólveig Jónsdóttir Sólveig Jónsdóttir è una giovane giornalista che arriva da studi di scienze politiche e vive nella capitale islandese. È stata parte della redazione di “Lifestyle Magazine” e da qualche anno è diventata capo della comunicazione per UNICEF Islanda. Con “Reykjavík Café” ha segnato la prima tappa del suo nuovo (speriamo!) percorso nella narrativa, un successo che ha scalato le classifiche in Islanda, dove è uscito nel 2012.

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ARTINTIME popart@artintime.it

DANIEL EIME A TORINO CON “MENTA” Arriva in Italia “Menta”, la prima personale che lo street artist portoghese Daniel Eime porta nel nostro paese. La mostra ha inaugurato il 7 maggio scorso a Torino, a Square23 Street Art Gallery in via san Massimo 45 e resterà allestita fino all’11 giugno. Classe 1986, Daniel Eime è nato a Caldas da Rainha in Portogallo. Vive e lavora a Porto come artista e scenografo nell’ambiente del teatro, del cinema e della pubblicità. Attivo da oltre 10 anni nell’ambito dell’arte urbana, ha sperimentato diversi linguaggi artistici prediligendo in un primo momento l’immediatezza di adesivi e poster, che consentono una diffusione rapida degli elementi nella città, poi si è concentrato sulla tecnica dello stencil che, unito ad una certa astrazione geometrica e colorata, gli consente di

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scavare nell’umanità e nell’espressività dei suoi soggetti. Ha partecipato a diversi festival ed esposto in mostre personali e collettive. Tra dipinti su legno, pirografie su plastica e murales, Eime “decostruisce” i soggetti delle sue opere creando, nello spazio limitato della tela, una nuova composizione con più sezioni della stessa immagine. Nei suoi stencil, particolarmente dettagliati, lavora su una combinazione di tre colori. I suoi volti, forti ed espressivi, sono di persone anonime. L’artista “decostruisce” per creare qualcosa di più caotico, seziona il caos per mantenere solo il necessario. Come da tradizione di Square23, i lavori degli artisti ospitati non si fermano in via san Massimo: Daniel Eime avrà infatti il piacere di realizzare un murale in Borgata Tesso.


STREET-ART

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ARTINTIME events@artintime.it

SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

TORINO FRINGE FESTIVAL 2015

TORINO JAZZ FESTIVAL 2015

14 - 18 maggio 2015, Torino

7 - 17 maggio 2015, Torino

28 maggio - 2 giugno 2015

“Le meraviglie d’Italia”, questo il tema dell’edizione 2015 del Salone del Libro, che quest’anno cercherà di ripensare la nostra storia e la nostra tradizione. Tra oltre i 1200 espositori previsti e i numerosi padiglioni prenderà vita una ricostruzione dell’evoluzione storica italiana, dall’epoca Romana alle sperimentazioni culturali e urbanistiche più moderne, che analizzerà gli attuali punti di riferimento della nostra società e il rapporto tra tradizione e sviluppo.

Quarantasei spettacoli al giorno per dieci giorni: questa la magnifica offerta della terza edizione del Torino Fringe Festival. Una vera invasione di artisti, compagnie teatrali e volontari per animare le vie cittadine e portare il teatro nei luoghi più inconsueti della città. Anche quest’anno saltimbanchi, artisti di strada, giocolieri, attori e abili intrattenitori danno vita a un ricco programma capace di conquistare tutti.

La quarta edizione della manifestazione incentrata sulla jazz music, oltre a invadere come ormai da tradizione giorno e notte i teatri, i locali e il fiume, conquista quest’anno anche l’elegante Piazza San Carlo Da non perdere la prima europea del Sonic Genome di Anthony Braxton, che si svolgerà in un grandioso happening di otto ore e oltre 60 musicisti nell’insolita scenografia del rinnovato Museo Egizio, gli spettacoli di musica, danza e circo dei Shibusa Shirazu, e le performance delle più grandi star italiane e internazionali.

FILMS THAT FEED

OMAGGIO A LUCIO FONTANA

FUTURE FILM FESTIVAL

4 - 10 maggio 2015, Milano

Fino al 31 ottobre 2015, Milano

5 - 10 maggio 2015, Bologna

La 25esima edizione del Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina è un’occasione di approfondimento fatta di laboratori tematici, happening , incontri e proiezioni. La manifestazione, che rientra tra le iniziative di “Expo in città” propone un’offerta di pellicole cinematografiche tutte da gustare, tanto da avere una selezione divisa in menù.

La Fondazione Lucio Fontana e la Fondazione Marconi hanno realizzato un omaggio al grande artista. Per la prima volta in Europa verrà esposta l’ opera “Concetto spaziale, Trinità” , includendola nell’allestimento che lo stesso Fontana ideò nel 1966, ma che mai vide compiuto.

Registi, direttori artistici e creativi si danno appuntamento per il 15esimo anno del Festival Internazionale del cinema di animazione e nuove tecnologie, il più importante evento di questo genere in Italia. Uno sguardo al futuro del cinema attraverso le anteprima dei film, ma anche dei backstage dei più grandi successi di sempre e di retrospettive sulla storia dell’animazione e della fantascienza.

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EVENTS DAVID LACHAPELLE. DOPO IL DILUVIO

IL MAGGIO DEI LIBRI

ESTATHE MARKET SOUND

Palazzo delle Esposizioni, Roma

Maggio 2015

30 aprile - 19 settembre, Milano

Apre questo mese e durerà fino al 13 settembre la mostra fotografica dell’artista americano, la cui arte riapproda a Roma dopo 15 anni con una delle piu grandi ed importanti retrospettive a lui dedicate. Centocinquanta ipere, alcune inedite, per un artista che ha sempre voluto trasmettere uno shock emotivo nella lettura delle sue opere e che, prima di ritirarsi dalle scene, ha portato la sua estetica fino al limite massimo.

Dopo un ottimo inizio con l’iniziativa #ioleggoperchè, riparte la campagna nazionale di promozione della lettura. Per tutto il mese infatti è possibile registrare i propri eventi volti a diffondere la cultura della lettura sul sito ilmaggiodeilibri.it. Come ormai ogni anno, molte sono le adesioni già ricevute dal progetto e tante le idee creative e coinvolgenti a cui chiunque può partecipare, perché in fondo “Leggere fa crescere” a tutte le età.

Verdena, Subsonica, Francesco Renga, Gogol Bordello e molti altri i protagonisti del festival di “musica, smart entertainment e street food”. Le sorprese però sono tutt’altro che finite, oltre a molti nomi famosi già confermati, ci sono ancora in continuo aggiornamento nuove date e nuovi artisti per offrirvi 6 mesi di appuntamenti gratuiti.

EUGENIO CAMI. SPEED LIMIT 40

I BOREALI - NORDIC FESTIVAL

SEEYOUSOUND

Palazzo Ducale, Genova

20 maggio – 5 giugno 2015, Milano

Dal 14 – 17 maggio 2015, Torino

C’è tempo fino al 17 maggio per la mostra dedicata all’artista genovese. Oltre cento opere di tutti i periodi artistici della sua carriera, passanto per le tele, le tavole, le carte e le “latte litografate”. Un’occasione unica per scoprire il “fabbricante di immagini” attraverso la sua “geometria lirica” e le sue sperimentazioni.

I Boreali - Nordic Festival, promosso da Iperborea editore, è il primo evento multidisciplinare interamente dedicato alla cultura nordica. Per l’occasione saranno presenti autori legati alla letteratura del Nord, saranno proiettati alcuni film (sia cult che più contemporanei e mai distribuiti sul mercato italiano), sarà dato spazio alla musica e al design tipici, verranno organizzati workshop linguistici e allestiti spettacoli teatrali. Un’invasione dal Nord a trecentosessanta gradi.

Dal 14 al 17 maggio 2015 l’associazione Choobamba porta a Torino il primo festival italiano dedicato interamente al cinema di genere musicale. Due sezioni: il concorso (lungometraggi, cortometraggi, videoclip) e la mostra. La manifestazione e le proiezioni si svolgeranno in vari angoli e locali della zona di San Salvario, ormai sempre più luogo di integrazione e di fermento culturale.

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