Artintime - N.3 Marzo 2013

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ART

IN TIME n.3 - Marzo 2013

ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | SERIE TV | INTERVISTE | EVENTI LONDON NEWS


L’EDITORIALE “È Poesia il sublime mezzo per il quale la parola conquista lo spazio a lei necessario” Le parole, se le osserviamo bene, sono piccoli scrigni di meraviglia: ci parlano, si lasciano smontare e ricomporre in un gioco creativo sconfinato, e sprigionano melodie apparentemente invisibili. Le parole, se allineate nella giusta catena di suoni, sono già musica. Ispirati dal lavoro poetico di Stèphane Mallarmé e suggestionati dalle infinite possibilità della lingua, è così che ci piace introdurvi al numero di marzo di Artintime. Nuove pagine ricche di novità musicali, artistiche, letterarie, cinematografiche e teatrali, con spunti dalla tv e dalla capitale britannica. Pagine fresche, colorate, vivaci, come la primavera che a fine mese inonderà le giornate, rendendole più lunghe, più luminose, dense di profumi ogni anno nuovi, ricche di aspettative all’orizzonte. Si aspettano con ansia le giornate lunghe per abbandonarsi al piacere di vivere: l’arte, le piccole scoperte quotidiane, la novità belle, quelle non destinate a svanire con il cambio stagione, sono questi i piccoli momenti che costellano le nostre aspettative, per uscire da un inverno colmo di input e godersi una primavera tanto attesa, rilassata solo nei sogni, ma ugualmente dolce. Noi di Artintime ci facciamo ispirare dalle parole e siamo in costante “tensione evolutiva”, come ci concederebbe di dire Jovanotti. È per questo che sul piatto di marzo vi offriamo il nostro classico menu, una scelta sicura, ma non per questo priva di innovazione. Tra Italia ed estero ritroviamo le novità della scena musicale, alternando rock e folk, gruppi e cantautori, e le pagine letterarie, questo mese dedicate in particolar modo a personaggi del grande e poetico mondo dell’infanzia. Dalla carta al cinema, è il caso di dirlo, con la trasposizione in musical del capolavoro di Victor Hugo “I miserabili”, e con un’analisi del cortometraggio Disney “Paperman”, che ha spopolato sul web per la sua poesia e romanticismo semplice e delicato, proprio come lo avrebbe voluto il papà di Mickey Mouse. Non perdiamo di vista il mondo dell’arte contemporanea, occupandoci di Alessandra Maio e Pep Marchigiani, dal 15 febbraio in libreria con le sue tavole mordaci sull’Italia e la sua politica. Il nostro sipario teatrale si apre anche questo mese per introdurci alla scoperta di nuove declinazioni del teatro contemporaneo, con le straordinarie performance dei Pathsformel. Non mancherà l’aggiornamento dalla nostra inviata a Londra, con uno speciale dedicato alla mostra sul famoso stilista italiano Valentino Garavani, allestita alla Somerset House per celebrare ancora una volta il talento tutto italiano. Infine, uno sguardo alle serie tv in arrivo sui nostri teleschermi, un aggiornamento sui film in uscita nelle sale cinematografiche e il nostro calendario degli eventi imperdibili per il mese di marzo. State ancora indugiando sulla lettura? Avanti, la porta è aperta, le parole daranno spazio a tutti voi!

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ARTINTIME SOMMARIO 4 . PASSOGIGANTE by Alngelica Magliocchetti

6 . PAPERMAN by Francesca Cerutti

8 . PEP MARCHEGIANI by Ilaria Chiesa

10 . IL TEOREMA SPECIALE DI GAUSS

by Alessandra Chiappori

12 . SERIE TV: ANCORA NOVITA’ by Manuela Raimo

14 . MARCO PAOLINI E L’ARTE DI RACCONTARE IL TEATRO by Alessandra Chiappori

16 . IL TEATRO ITALIANO CONTEMPORANEO. PATHSFORMEL by Barbara Mastria

18 . RAY LAMONTAGNE by Angelica Magliocchetti

20 . LEGGERE: UN VIAGGIO FUORI DALL’ORDINARIO by Alessandra Chiappori

22 . VALENTINO MASTER OF COUTURE by Cristina Canfora

24 . ALESSANDRA MAIO by Ilaria Chiesa

26 . LES MISERABLES - DAL WEST END A HOLLYWOOD by Francesca Cerutti

28 . MOVIELIST-MARZO by Francesca Cerutti

30 . EVENTS by Anna Moschietto

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ARTINTIME

PASSOGIGANTE Siete pronti a una scarica di energia tutta in chiave funky? Bene, state per incappare nei Passogigante; allegra, frizzante e spensierata band fiorentina. Nati nel 1999 come PLEBS, un trio punk-rock dai capelli coloratissimi che godeva di una discreta fama a livello locale, con gli anni la formazione cambia nome e si allarga, arrivando agli attuali sette elementi: Samuele Cangi (voce e tromba), Giovanni Mancini (basso) , Yuri Romboli (sax e cori) , Francesco Cangi (trombone e cori), Francesco Rocchetti (chitarra), Lorenzo Furferi (tastiera) e Marco Calì (batteria). Tra anni di gavetta live e l’incontro con uno dei fondatori dei Dirotta su Cuba (Stefano De Donato), nel gennaio del 2009 grazie al singolo “Giovani Giusti”, estratto dall’omonimo album, la band viene scelta per Sanremo Web, piazzandosi a un passo dalla top ten (dodicesimo posto). I Passogigante, però, non frenano la loro corsa e nella primavera dello stesso anno esce un nuovo EP :“Come gli aeroplani”. Anche questa volta ritroviamo

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la continua sperimentazione della formazione fiorentina nell’amalgamare un sound funk dagli arrangiamenti ricercati con la black music e testi ragionati, rigorosamente in italiano. In un crescendo di attività, tra l’estate 2009 e il 2010 la band parteciperà come gruppo straniero al “Rock Otočec”, uno dei più importanti festival sloveni, al “Rock Contest” promosso da Controradio e alla selezione finale per la partecipazione al concerto del 1° maggio a Roma. Il percorso di crescita e le incursioni nella vita di tutti i giorni di un’attualità sempre più pressante portano il gruppo a produrre un nuovo album dal titolo volutamente ambiguo: ”Tuttialbuio”. Vi troviamo l’oscurità di un Paese confuso (nell’ironia di brani come “T’aggo” e “Fegato”), ma anche il fascino e la fantasia del mondo notturno, dove tutto può accadere. Il successo del gruppo quindi passa dai palchi ( dall’esibizione al “Funk in Italy” fino al “Upload Festival’’ a Bolzano) e dal web, dove si trovano i video più ironici e dissacranti della band ( ad esempio le atmosfere da film gan-

gster anni ‘60 de “Il Cacciatore” o l’irriverente partita di baseball di “Yes I Do”). Se amate insomma il tradizionale groove del funky, ma non disdegnate un salto negli altri generi, magari condito da testi sferzanti, i Passogigante fanno per voi. Non siete ancora convinti? Allora vi consiglio un ascolto di “Thank You For The Bus”, la raccolta in free download della band. Intanto, come anticipazione, vi lascio la melodia ironica di “Eureka”, la leggerezza di ”Anche meno signorina” e la trascinante “Come gli aeroplani”. A voi la scelta! Enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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<< UNA DELIZIOSA STORIA D’AMORE >>

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MOVIES

PAPERMAN Siamo in un periodo storico in cui si sta a lungo dibattendo sul futuro della carta nell’editoria e anche nel mondo burocratico. Ormai si tende verso la digitalizzazione dei libri, dei documenti, il tutto nell’ottica di rendere le cose più rapide e fruibili. Guardando il cortometraggio “Paperman” sotto questa luce viene da sorridere, quasi da esclamare: «Guarda che cosa può fare la carta!» e subito dopo, in un’ottica più disneyana: «Guardate cosa non potremo fare più quando saremo completamente digitali!». Ambientato nel 1940, epoca in cui ancora il concetto di libro e documento elettronico era completamente sconosciuto, “Paperman” ci racconta una deliziosa storia d’amore basata proprio sulla carta. Sarà infatti grazie a questa che il protagonista conoscerà una donna e, dopo averla persa per un attimo di vista, la rincontrerà reinventando l’uso di una pila di noiosi documenti che diventeranno tanti simpatici aeroplanini di carta. La carta in questo film prende vita, gli aeroplanini sono magici e saranno proprio quel mezzo che ricondurrà lui da lei, che

li farà rincontrare, primo fra tutti il foglio-aeroplano con impresso il bacio della giovane donna, che sa di lettera d’amore, di dichiarazione, e poi a ruota tutti gli altri che si incollano al corpo di lui: la carta diventa aiutante del protagonista e mezzo magico che lo guiderà a ritrovare la donna amata. Collocato prima del film “Ralph Spaccatutto”, “Paperman” è un nuovo prodotto Disney, uno di quei fantastici cortometraggi muti, caratterizzati solo da versi e rumori, quelle piccole perle dove la voce viene messa in secondo piano e viene dato largo spazio alla narrazione cinematografica, quella degli inizi dove l’immagine e l’inquadratura si fanno racconto. In questo cortometraggio altre cose rimandano all’epoca del muto, all’essenzialità del cinema: prima di tutto l’assenza del colore, il film infatti è totalmente realizzato in bianco e nero, e poi il commento musicale che lo accompagna interamente. “Paperman” è stato realizzato da John Kahrs, uno degli animatori della Disney – Pixar che ha collaborato a film come: “Rapunzel – L’intreccio della Torre”, “Bolt – Un eroe

a quattro zampe”, “Ratatouille”, “Gli Incredibili”, “La nuova macchina di Mike”, “Monster & Co.”, “Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa”, “A Bug’s Life – Megaminimondo”. Il cortometraggio la sera del 24 febbraio 2013 si è aggiudicato un Oscar come Migliore Cortometraggio di Animazione. La Disney ha deciso di renderlo completamente visibile su youtube, non indicizzandolo però il link nei motori di ricerca. Nonostante questo, “Paperman” ha superato le dodici milioni di visualizzazioni in pochissimo tempo. Sei minuti ricchi di poesia e magia raccontano una storia d’amore “come una volta”, una storia senza tempo. E mentre i due protagonisti si innamorano, anche noi spettatori riscopriamo un amore che sta lentamente svanendo, quello per la carta e tutti i sentimenti ad essa legati. Quel senso di calore, di casa, che si prova quando si legge un libro, quel senso di sicurezza che dà il maneggiare documenti cartacei piuttosto che elettronici.

Francesca Cerutti

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www. pepmarchegiani . it

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POP-ART Bio tratta dal sito dell’artista

PEP MARCHEGIANI

Ilaria Chiesa

Tra i più noti rappresentanti italiani della pop art a livello internazionale, Pep Marchegiani, da metà febbraio anche in libreria con “Circo Itaglia” (NEOS edizioni), che sbeffeggia a suon di tavole illustrate i protagonisti della politica italiana e il Bel Paese sotto elezioni, è quello che si può definire un artista a tutto tondo. Nato nel 1971, attualmente vive e lavora nel pescarese, a Montesilvano. Il suo esordio lo vede stilista, con collaborazioni nel mondo della moda che tutt’ora lo vedono impegnato con note aziende del settore. Ma Pep Marchegiani non è solo moda: opere pittoriche, pittosculture, digital art, impiegati nella rappresentazione Pop e senza peli sulla lingua del sociale. Le sue denunce sono fatte di colori e vivacità, tanto che il risultato, nell’unione tra l’autorevolezza di messaggi sociali e lo sfavillio artistico, è quello di opere ironicamente serie che hanno come scopo fondamentale quello di denunciare e ridicolizzare situazioni, personaggi e istituzioni. Tra il 2010 e il 2012, Pep è stato protagonista di varie mostre personali nei maggiori centri culturali italiani, tra cui il prestigioso Padiglione Italia della Biennale di Venezia.

Neo Edizioni Dal 15 febbraio in libreria e sul web

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ARTINTIME IL TEOREMA SPECIALE DI GAUSS Spaventati dal richiamo matematico del titolo? No, state tranquilli e proseguite a cuor leggero a leggere questa recensione, perché Gauss, in questo romanzo di Silvia Tesio, non è altro che un bambino di dieci anni. Il suo teorema? Dire sempre la verità. Una promessa che l’intelligente, sensibile e irriverente ragazzino ha fatto a se stesso come linea guida in quel grande e meraviglioso viaggio alla scoperta del mondo che rende ogni bambino un piccolo capolavoro di umanità. Una promessa che, però, non sempre si rivela la scelta ottimale contro l’ipocrisia che regola i rapporti tra le persone. Gauss ha una famiglia a dir poco anticonvenzionale: non ha un papà, figura che ricerca da anni e il cui inseguimento guiderà gran parte delle vicende del romanzo, ha una sorellastra “malata di adolescenza” che darà non poco a cui pensare a tutti quanti, animando la già complicata esistenza del piccolo, una mamma che è stata adottata dalla nonna una volta rimasta vedova. Nonna Olimpia è uno dei pilastri della giovane vita di Gauss, una figura saggia e proprio per questo a suo modo moderna nonostante l’età, una guida, un riferimento, una delle poche persone che non sempre critica a priori la vulcanica irruenza del nipote . Come ogni bambino che si rispetti, Gauss si scontra spesso con la mamma,

con cui ha un rapporto conflittuale che la sua ingenuità di onesto per scelta non riesce a modulare, mentre adora la nonna, quasi sempre pronta a difenderlo e consolarlo. La terza donna della sua vita, la sorella Leonora, è fuori discussione: i suoi diciassette anni non permettono una comunicazione agile tra i due, fatto che provocherà sorrisi a ogni lettore, perché la visione che Gauss ha della ragazza in piena esplosione ormonale è qualcosa di tremendamente “bambinesco” ma verissimo e divertente al contempo. È proprio questa prospettiva forzatamente limitata, ma al contempo così pura e innocente, a fare di Gauss una piccola peste dal grande cuore, a cui chiunque riuscirà ad affezionarsi fin dalla prima pagina. Quello del piccolo Gauss è un mondo regolato da insoliti rapporti familiari, è vero, ma, come imparerà il piccolo, è un mondo bello, giusto e pieno di amore come qualsiasi altro, e forse anche di più. Piccola perla di questa storia è il fantastico legame di amicizia che Gauss ha con Azzurra, una compagna di classe un po’ sfortunata. Bambini dal carattere definito e forte, Gauss e Azzurra si prendono a braccetto nella scoperta delle cose brutte del mondo e della vita, trovando la forza di crescere l’uno nell’altra. Ma niente scene dickensiane, no, leggete serenamente, perché Gauss è un ciclone di simpatia e sfacciataggi-

ne, attualissimo e irresistibile, dolce, tenero e insopportabile a ogni adulto quanto basta per essere l’esempio principe del decenne degli anni duemila. È una storia delicata, quella di “Piacere, io sono Gauss”, che attraverso lo sguardo di un bambino curioso e sincero parla di famiglia, di amicizia, di diversità e di amore. Sullo sfondo della vicenda, Casale Monferrato, il dramma dell’eternit e una vita di provincia che, nella testa affollata di ragionamenti dello stesso protagonista, cozza e differisce da Torino, la città dove abitava prima, un confronto molto adulto e razionale che è parte di quell’acuta intelligenza tipica di Gauss. E il nome? No, non c’è davvero niente di matematico nella movimentata vita di Gauss, se non un nonno grande appassionato dello scienziato, in ricordo del quale è stato chiamato il bambino. Certo è che questo nome, come lo stesso piccolo personaggio che lo abita, porta con sé grandi scoperte e storie, orizzonti sconfinati e un’inesauribile curiosità. Ma è soprattutto la spiazzante sincerità la caratteristica che rende unico Gauss e lo guida tra danni, rimproveri e un finale che è sempre destinato a essere positivo, nonostante quelle difficoltà, dispiaceri e paure che affollano le piccole menti dei bambini e, ancora senza risposta, vengono archiviate dai grandi come troppo scomode. Ecco: questa palese sincerità, questa piccola bontà, sono queste lo speciale teorema di Gauss.

A lessandra Chiappori

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BOOKS

«La faccenda delle fiabe. Perché non le leggi?» «Perché parlano di gente morta.» “C’era una volta Cappuccetto Rosso” che cosa potrà mai significare? Ve lo dico io: che quella volta l’ha scampata col lupo, ma che poi è morta comunque, infatti c’era una volta, adesso non più. E siccome io mi affeziono, non posso pensare che Cappuccetto sia diventata una vecchia rimbambita e sia morta nel bosco tutta sola per poi essere mangiata dai vermi. Il lupo almeno le avrebbe dato una fine più dignitosa! Silvia Tesio, Piacere, io sono Gauss, Mondadori, 2012.

Silvia Tesio Classe 1970, Silvia Tesio non è proprio alle prime armi con la storia di Gauss, ma l’abbiamo selezionata ugualmente per la leggerezza, l’irriverenza e la simpatia del suo personaggio: una lettura imperdibile e consigliata a tutti. Laureata in Tecniche della comunicazione a Torino, la Tesio inizia praticamente subito a lavorare come copyrighter in diverse agenzie, tra cui Armando Testa. Firma sceneggiature per teatro e tv, ed è inoltre autrice di racconti, anche se il suo vero esordio nel mondo del romanzo avviene con “Te lo dico in un orecchio” (Sonzogno, 2009). Ora si è trasferita dalla capitale sabauda a Casale Monferrato, dove si dedica alla scrittura.

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ARTINTIME SERIE TV: ANCORA NOVITA’ Una panoramica su alcune delle migliori uscite di questa midseason BANSHEE Cinemax ogni venerdì dall’11 gennaio Trama: Dopo aver scontato 15 anni per una rapina finita male, un uomo (Antony Starr) finalmente viene liberato e il suo primo pensiero è quello di rintracciare l’ex fidanzata e complice Ana. La ritrova con l’aiuto dell’amico Job (Hoon Lee), nella città di Banshee, in Pennsylvania. Ora si fa chiamare Carrie (Ivana Milicevic) è la moglie del procuratore distrettuale Gordon Hopewell (Rus Blackwell) e ha due figli. Braccato dagli scagnozzi del malavitoso Mr Rabbitt (Ben Cross) che quindici anni prima ha cercato di rapinare e che vuole la sua vendetta, si imbatte nel nuovo sceriffo locale, Lucas Hood (Griff Furst) che, durante uno scontro a fuoco con due delinquenti locali, viene ucciso. Così il ladro assume l’identità di Lucas Hood e da quel momento diventa il nuovo sceriffo della città e fa la conoscenza dei suoi nuovi colleghi Brock Lotus (Matt Servitto), Emmett Yawners (Demetrius Grosse) e Siobhan Kelly (Trieste Kelly Dunn) e dell’uomo d’affari poco raccomandabile Kay Proctor (Ulrich Thomsen). La prima impressione: L’atmosfera della serie ricorda un po’ Twin Peaks, un po’ la stessa True Blood,

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sempre di Ball. La storia parte subito in quarta, ci presenta sommariamente i personaggi principali e subito emerge che tutti gli abitanti che conosciamo hanno qualcosa da nascondere. Insomma, la trama è intrigante, i personaggi validi e a mano a mano che passano le puntate la storia è sempre più coinvolgente, una splendida sorpresa. THE AMERICANS FX dal 31 gennaio ogni mercoledì Trama: Siamo negli anni ‘80 in piena Guerra Fredda. I protagonisti principali sono una coppia di due spie del KGB, Elizabeth Jennings (Keri Russell) e Phillip Jennings (Matthew Rhys), che si fingono cittadini americani in un sobborgo di Washington per poter fare al meglio il loro lavoro per la Russia. Sono bravissimi a nascondersi nella folla, ma il loro matrimonio non è così semplice e perfetto e gli equilibri si sconvolgono prima con una missione che non va come previsto e poi con l’arrivo del nuovo vicino, un agente dell’FBI Stan Beeman (Noah Emmerich). La prima impressione: La serie parte subito presentandoci i protagonisti, tra passato e presente. Sin dal pilot si capisce che la trama si sviluppa su più fronti, sia quello delle missioni di agenti, sia

il rapporto tra i protagonisti che è tutt’altro che scontato, semplice e felice. L’ambientazione negli anni della Guerra Fredda e i conflitti tra giusto e sbagliato, tra fiducia cieca nel sistema e l’inevitabile scontro tra mondi differenti, lo rendono un prodotto assolutamente consigliato. CULT The CW dal 19 febbraio alle 21,00 Trama: eff Sefton (Matt Davis) è un giornalista investigativo abituato a non prendere sul serio le ossessioni di suo fratello Nate , l’ultima per una serie tv molto conosciuta. Ma un bel giorno Nate scompare, Jeff inizia a ripensare alle sue paranoie e verrà a scoprire la verità che si nasconde dietro alla serie Cult. L’unica disposta ad aiutarlo è Skye (Jessica Lucas), giovane e bella assistente del programma che inizia a insospettirsi dopo una serie di misteriosi incidenti. La serie parla di un gioco del gatto con il topo tra Billy Graham (Robert Knepper) a capo di una setta e Kelly Collins (Alona Tal) poliziotta della LAPD decisa a metterlo in galera. Jeff e Skye indagano più a fondo sui fans e scoprono che alcuni sono pronti a tutto pur di sapere cosa succederà dopo. La prima impressione: La serie parte subito bene, catapultando il telespettatore in un ambiente strano, perché il telefilm nel telefilm, spesso confonde le idee, la cono-


SERIES

scenza con i personaggi si sviluppa subito perchĂŠ non ci sono tempi morti e i protagonisti principali della serie Cult si mischiano subito con quelli del telefilm Cult su cui si troveranno ad investigare. Se non si perderĂ in trame assurde, potrebbe essere la seconda serie di successo che trova la CW.

Manuela Raimo

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ARTINTIME MARCO PAOLINI e l’arte di raccontare il teatro È silenzioso Marco Paolini mentre attraversiamo Imperia in auto per portalo al Dams, dove tra poco incontrerà gli studenti. Però osserva con attenzione dal finestrino la realtà nuova e quasi sconosciuta che lo circonda, fa qualche domanda, annuisce. Il basco in testa, la pipa in mano, la stessa pipa con la quale è uscito ieri sera dal teatro dove ha portato in scena “Itis Galileo”, due ore di appassionante ed emozionante monologo per raccontare la vita e l’opera del grande scienziato che ha fondato l’astronomia moderna. Quando posteggiamo, sulla collinetta dove sorge l’università, chiede una ventina di minuti di silenzio e si apparta a riempire la pipa. Osserva con meraviglia la nuvola gialla di una enorme mimosa già in fiore, forse interrogandosi sulla magia che qui in Riviera può alternare la nevicata di ieri e l’assaggio di primavera di oggi, mentre lascia correre lo sguardo sulle colline intorno, inseguendo un treno in viaggio verso Ventimiglia. E poi, pronto alla performance, entra in scena, quasi defilato: era seduto già da un pezzo in ultima fila, al buio, mentre il professore lo presentava e quasi nessuno si era accorto della sua presenza. «Non mi sono preoccupato di come veniva letto quello che facevo – esordisce prendendo la parola e allontanandosi da una definizione che lo etichetta mediaticamente da quando ha iniziato a maturare successi in teatro e in televisione – se avessi

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fatto un manifesto del mio teatro dovrei difenderlo, o riprenderlo, fare insomma il Giuliano Ferrara della situazione. Ma la definizione di teatro di narrazione non la penso quando scrivo, sono rassegnato al fatto che la usino gli altri, chi storicizza il teatro… che poi è assurdo storicizzare il teatro: si fa con le cose morte, ma il teatro è ancora vivo – sorride amaramente – sarebbe come sezionare un cadavere ancora vivo». Come non pensare allora al Paolini di “Vajont”, di “Ustica”, di “Ausmerzen”, al Paolini di un teatro vivo e attuale più che mai, un teatro che parla di tragedie tutte italiane: «l’Italia è un posto dove c’è questo paraocchi che fa pensare, quando si parla di tragedia, alla tragedia greca. – spiega l’attore – Ma la tragedia ha i suoi spettacoli, non si tratta solo di rappresentare la commedia: la tragedia può salvare. L’intorpidimento della società italiana è legato al fatto che ci si fa dettare l’agenda da qualcun altro, serve uno sforzo di straniamento per vedere se stessi nella situazione in cui ci si trova, ed è in teatro che si riesce a esercitare questo straniamento». La forza, la potenza dei monologhi di Paolini è ciò che li rende così amati, così radicati nel pubblico, in virtù del meccanismo che spiega lo stesso attore: «la tragedia popolare trascende lo spettatore: la gente, una volta assistito allo spettacolo, fa quello che vuole del racconto, perché il meccanismo dell’oralità prescinde l’autore. La

tragedia così va a formare la cultura: un paese è tenuto insieme dall’identità, e la cultura è identitaria. Per esempio: il terremoto in sé non insegna nulla, la tragedia è l’elaborazione del terremoto, che permette di trasmettere qualcosa». Il collegamento al teatro di impegno è immediato, Paolini stesso parla di un teatro politico italiano di qualità rara: «c’è una sensibilità qui, il teatro è più straniato del mondo dei media e dell’informazione, ha una profondità di campo maggiore». L’Italia avrebbe da sempre miscelato tragedia e commedia, elaborando un contesto del tutto particolare, molto identitario, che si può definire senza indugio “tragedia dell’arte”, basti pensare a Verdi, ai personaggi “scomodi” delle sue opere. Passa poi a raccontare qualcosa del proprio lavoro, Paolini, che del racconto è assoluto maestro e in quanto tale ne conosce i segreti e gli equilibri: «la sintesi è tutto – chiarisce – va cercato il nocciolo, c’è sempre una frase in cui il mio lavoro è puro racconto, poi aggiungo: solo allora posso pensare a elementi ulteriori. Ma non voglio contrapporre contenuto e forma o difendere un metodo». Sembra quasi di vederlo mentre prova e fissa testo e gestualità con lucida coscienza, da esperto giocoliere della parola. L’attore è un po’ un supereroe per Paolini: in palcoscenico svela i suoi superpoteri nascosti, toglie gli occhiali alla Clark Kent e incanta il pubblico giocando sul filo sottile dell’improvvisazione.


INTERVISTANDO...

[Si ringrazia Valentina Di Donna per lo scatto che ritrae Paolini a dialogo con gli studenti]

Come fa un jazzista su uno standard noto, l’attore infila inattese pieghe del discorso nel testo memorizzato in prova, negli spazi scenici che lo integrano, nel ritmo perfetto del solfeggio da palcoscenico, che costituisce l’essenza del teatro e l’incanto della narrazione. «Serve un anno per imparare un testo – prosegue Paolini – bisogna fare strati, non si può imparare la tecnica di un racconto di due ore in quindici giorni, il teatro è memoria di parola e anche di corpo. Dopo aver costruito il racconto, allora sì, possiamo metterci il teatro: l’idea che chi ti vede veda sempre la stessa cosa, uguale, non piace neanche a me». Dietro a tutto questo lavoro c’è una visione nitida del significato di teatro, e più in generale di arte. È un teatro che, seppure attento alla realtà e vigile sulle questioni scomode che ne

fanno parte, non scade nell’errore di prendere posizione, ma racconta, emoziona, arricchisce. È così che lo descrive Paolini: «il teatro non è comunicazione, non può essere sostitutivo della Storia, del giornalismo o della politica: il teatro è arte, e l’arte non è comunicazione, può fare della manutenzione, non può sostituirsi a ciò che non va». Uno sguardo alla situazione culturale attuale, per concludere, porta l’attore a parlare di ricerca, prendendo spunto dal nucleo tematico di “Itis Galileo”, che di scienza, scuola e ricerca svela una storia antica ma tutt’ora valida: «non conosco la situazione della ricerca in campo cosiddetto umanistico – dice Paolini – ma posso dire che esiste un gap tra il mio Paese e gli altri nell’ambito delle opportunità per le scienze, materie che altrove trovano credito, nella società e nel

mondo del lavoro. Non qui. Questo pregiudica la scelta dell’università con la prevalenza di un realismo che a volte è benvenuto, altre invadente: astrofisica è scomparsa dalle università italiane, è come il riscaldamento a teatro, si pensa al risparmio, e lo si accende tardi, è un lusso, non serve. L’ultima studentessa di astrofisica italiana forse è Margherita Hack, ma se tu hai dei talenti, con l’ottica del realismo devi rinunciare al loro impiego: servono, ma non danno punti. Fondamentalmente è un problema di immaginazione, di creazione di scenari, di scommesse, è la capacità di non fermarsi all’esistenza di semplici dati. Sono capacità rare queste, come la resistenza, che non è solo una categoria del Novecento».

Alessandra chiappori

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TEATRO

Il teatro italiano contemporaneo. PATHSFORMEL Parlare di teatro contemporaneo significherebbe tracciare una linea dall’inizio del Novecento fino praticamente ai giorni nostri. Si entrerebbe in un universo catalogabile storicamente all’interno del quale hanno vissuto e vivono ancora oggi esperienze di teatro tra le più svariate e ai più forse sconosciute. La concezione del teatro cambia con il XX secolo: si passa da un teatro di parola del grande attore, alla cura del gesto; si rivoluzionano le scenografie, il rapporto dell’uomo nello spazio e la concezione stessa dell’uomo in scena. Con l’avvento delle avanguardie storiche il teatro diventa luogo di sperimentazione di ciò che sta avvenendo anche in altri campi, quali la pittura, la scultura, la letteratura. Non volendo soffermare l’attenzione sulla storia del teatro contemporaneo, ma mettere in evidenza una compagnia che merita apprezzamento e nota, è interessante andare a scovare quelle che sono le nuove realtà che fanno del teatro l’incon-

tro tra generi differenti. Lo scorso mese ci si era soffermati sul teatro danza, ora, invece, si punta lo sguardo su ciò che è il corpo dell’uomo all’interno della scena, come esso possa essere concepito secondo nuove visioni, contaminazioni, prospettive artistiche e sperimentali. È Pathosformel, nato nel 2004 come progetto sperimentale di arti performative a mostrare, con le sue ricerche e i risultati della scena, cosa sia il teatro oggi. Aver visto almeno uno di questi spettacoli significa essersi approcciati a un modo del tutto originale di concepire il corpo sulla scena in relazione agli oggetti e agli elementi che lo circondano. Come non ricordare la commistione tra teatro, musica, break dance di “Alcune primavere cadono d’inverno” in collaborazione con il collettivo musicale Port Royal? Sulla base di atmosfere elettroniche e avvolgenti un ballerino libera il proprio corpo in scena, affiancato da un sacchetto di plastica

che volteggia sollevato dall’aria di ventilatori posti ai lati. Un’atmosfera notturna, con una luce che appare come quella di un vicolo di una grande città. Un movimento continuo spesso in contrasto tra i due protagonisti della scena, a volte in netta armonia. Non vi è una parola, non una possibilità di aggrapparsi a elementi chiarificatori. La bellezza e il fascino della multidisciplinarietà del progetto Pathosformel offre allo spettatore odierno uno spazio scenico in cui possa ritrovare gli elementi della contemporaneità che già conosce: musiche elettroniche, video, elementi del quotidiano. Chi ne fruisce si sente estraneo a una realtà che invece parte proprio da lui per trovare sviluppo sulla scena.

Barbara Mastria

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ARTINTIME RAY LAMONTAGNE Ogni tanto capita, persino ai giorni nostri. Succede di ascoltare “Tree top flyer” di Stephen Stills, alle quattro di mattina, prima del turno di lavoro nella fabbrica di scarpe e di restarne affascinati al punto da correre a comprare l’intero album, “Still Alone”. Magari avviene tutto di colpo, d’un fiato e dal quel giorno si decide, in uno slancio d’incoscienza, di lasciare tutto e di intraprendere la carriera come musicista e cantautore. Una storia d’altri tempi, se non fosse che comincia proprio così, tra i toni da leggenda metropolitana, la carriera di Ray Lamontagne. Nato nel New Hampshire e cresciuto nel Maine, nel 1999 registra il suo primo demo, iniziando a farsi conoscere nell’ambiente della musica folk. È solo qualche anno più tardi, però, che Ray riesce a entrare in contatto con la Chrysalis Music Publishing, dove conosce Ethan Johns ( già produttore di personaggi come Ryan Adams e Kings of Leon), che aiuterà l’artista nella produzione del suo primo vero EP: “Trouble”. Questo primo lavoro (dalla copertina e dal titolo poco evocativi), che potrebbe a prima vista passare in sordina, rivela invece fin da subito le qualità del cantautore; capace di portarci indietro nel tempo, Ray Lamonta-

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gne rievoca le radici del cantautorato più classico, tra arrangiamenti semplici, chitarre acustiche e una voce pastosa e roca che lascia il segno. Pur restando nel tracciato della tradizione (le sonorità rimandano subito ai grandi come Cat Stevens, Van Morrison o Bob Dylan) e non aggiungendo alcun particolare innovativo, il cantautore del Maine ha dalla sua parte un album d’esordio pieno di anima e di calore. Notevoli, ad esempio, la title track “Trouble” o “Forever my friend”. A due anni di distanza dal lavoro precedente, nel 2006, l’artista fa uscire “Till the Sun Turns Black”, un nuovo piccolo gioiello. Tornano le canzoni intime, scarne e al tempo stesso calde, torna l’atmosfera della capanna persa tra i boschi e con essa la delicatezza di pezzi come “Within You”, le ballate folk come “Be Here Now” o le virate acustiche di un pezzi più allegri come “Three More Days”. Nel 2008 esce “Gossip in the Grain”, un album dal sound di ispirazione blues, intrecciato al soul e al bluegrass americano; un ulteriore valore aggiunto deriva dalla presenza di Ethan Johns (già produttore del cantautore) in veste di batterista e dalla voce di controcanto dell’artista londinese Leona Naess. Infine,

nel 2010, esce “ God Willin’ & The Creek Don’t Rise”, dove, dopo tre album da solista, il cantautore sperimenta un ottimo connubio con la band dei Pariah Dogs; l’EP include singoli folk-rock come “Are we really through” o “ Repo man” e pezzi più country (ad esempio “Like rock and roll & radio”). Un percorso musicale quello di Ray Lamontagne, mai fuori dagli schemi, sempre fedele a un genere che passa inosservato agli occhi delle mode musicali, ma che resta saldo come una roccia per coloro che vogliono godersi un po’ di quiete, gustarsi un momento di isolamento, o semplicemente farsi trascinare via, dolcemente, da una ballata folk. Ci sarebbe molto altro da dire su questo artista insolito, estemporaneo, dalla barba folta e incolta e dallo sguardo fisso, senza timore. Eppure, sono convinta che la sua musica e le sue canzoni otterranno un effetto migliore, più completo, più incisivo. Un ultimo brano, affascinante, a farvi da colonna sonora: “Empty”. So, enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME LEGGERE: un viaggio fuori dall’ordinario Un viaggio alla scoperta di sé, questa la definizione standard che verrebbe da attribuire a “L’angolo dei lettori ribelli” per etichettarlo nel confuso e affollato mare magnum dell’industria editoriale. Ma, com’è ovvio, non basta una definizione così asciutta a descrivere tutta la forza, la particolarità, la suspense e anche l’ironia che sprigiona questo romanzo. Un road trip nel più americano dei sensi, questo è, per gran parte delle sue pagine, il libro della Makkai. C’è un’auto, per di più vecchia e scassata, una musicassetta, qualche libro e vestiti presi a caso in fretta e furia a bordo. Al volante una bibliotecaria ventiseienne, Lucy, il cui passeggero inaspettato è Ian, un bambino di dieci anni. Sono loro i lettori ribelli che conosciamo a inizio libro nell’ambiente accogliente e al contempo quasi stantio di una biblioteca di provincia. Rifugio, universo in miniatura, angolo di improvvisa e nascosta libertà, che si concretizza nella lettura vorace e appassionata, questo è la biblioteca per Ian, piccolo e a tratti geniale lettore, assiduo frequentatore delle sale e soprattutto degli incontri per bambini organizzati da Lucy. E se per il piccolo Ian andare in biblioteca è un po’ sfuggire ai problemi e ai pesantui ostacoli che costellano la sua giovane vita in famiglia, per lei, Lucy, quello in biblioteca è un primo impiego da post laureata, acchiap-

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pato al volo un po’ per fortuna, un po’ per caso, un po’ per volontà di fuga da casa e un po’ perché quel conformismo tipicamente provinciale, a volte, rassicura. Sono due spiriti ribelli e di grande intelligenza, Lucy e Ian, ed è forse per questo che un mattino, quasi per caso, si ritrovano protagonisti dell’on the road che anima l’intero romanzo. Una fuga, una ribellione. Per scappare da cosa, a dirla tutta, non è ben chiaro a nessuno dei due. L’unica sicurezza sono i libri, armi silenziose di una rivolta interna che segnerà per sempre i due protagonisti. Lucy, la figura apparentemente più “matura” di questa fuga, che tuttavia si scopre fragile e insicura dietro una corazza da rivoltosa più adolescenziale che adulta, intessuta di ideali e inconscia voglia di tagliare con un passato non conforme ai propri ideali. E Ian, piccolo grande co— protagonista, ingenua pedina di un conformismo americano che ne ha già previsto l’iter (ri)formativo, e dal quale, armato di libri e fantasia, decide di provare a scappare.Romanzo di formazione, lo vogliamo chiamare così? In realtà il percorso che porterà Lucy e Ian alle soglie dell’espatrio in Canada non si conclude come il più classico degli iter di crescita, né vede protagonista un adolescente in età critica. No, si tratta di una giovane quasi trentenne, indipendente e autonoma quanto basta per realiz-

zare di non aver ancora fatto il punto sulla propria vita, e di un bambino delle elementari, troppo piccolo per capire a pieno il valore che le pagine di libro, che inghiotte con incessante curiosità, incideranno sulla propria fantasia, e sulla propria vita. O forse no: Lucy e Ian diventano così coetanei, individui paralleli in fuga da una visione troppo standardizzata del mondo, complici di una ribellione che, seppure priva di effetti plateali in conclusione, devierà il corso delle rispettive esperienze di vita. L’angolo dei lettori ribelli è una biblioteca di provincia, sì, ma è anche l’America stessa, melting pot culturale e sociale, millantata terra di libertà, che nella vastità dei suoi chilometri ripropone falsi, ingiustizie e ostacoli da sormontare a costo di profonde ferite. Il potere dei libri, allora, diventa l’unica arma possibile per coltivare una ribellione che, se non esplosiva, sarà per lo meno un antidoto salvifico all’appiattimento, il biglietto per il più straordinario e libero dei viaggi, quello della fantasia.

A lessandra Chiappori


BOOKS

“Forse siamo tutti cablati per i nostri crimini. I bugiardi sono sempre bugiardi, i ladri sono sempre ladri e gli assassini sono nati violenti. La forma che assumono i nostri peccati dipende solo dalle circostanze: da quanto ci inabissiamo nel mondo, da quanto malamente siamo stati cresciuti. Da chi entra nella nostra piccola biblioteca e manda sottosopra l’universo”. Rebecca Makkai, L’angolo dei lettori ribelli, Piemme, 2012.

Rebecca Makkai Non era estranea al mondo della scrittura Rebecca Makkai prima di questo suo esordio romanzesco. Per più di un decennio insegnante in una scuola Montessori, la Makkai è stata autrice di numerosi racconti pubblicati su riviste letterarie americane, segnalati e riconosciuti come meritevoli, tanto che per quattro anni di fila sono stati inseriti nell’antologia “The Best American Short Stories”. Uscito negli Stati Uniti nel 2011, L’angolo dei lettori ribelli è stato consigliato dai librai indipendenti americani e premiato dalla critica come uno dei migliori libri dell’anno, finendo tra le letture più amate anche nel 2012 in Europa.

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ARTINTIME

VALENTINO MASTER OF COUTURE Si conclude questo mese la mostra dedicata al guru della moda Valentino Clemente Ludovico Garavani, una tra le più interessanti esposizioni invernali della Somerset House, sede ufficiale di iniziative legate all’arte e alla moda. A celebrazione dei cinquant’anni di carriera dello stilista italiano è stata allestita tutta l’ala sud. Il racconto visivo della vita professionale dell’artista classe 1932 è un vero e proprio omaggio alle opere e alla maestria dell’artigiano del tessuto nato a Voghera. Il viaggio attraverso il mondo dell’haute couture è diviso in tre sezioni. Ad accogliere i visitatori un fondersi di parole e immagini che danno risalto all’attenzione dei media e all’affetto del jet set verso Valentino: copertine di riviste, foto autografate e biglietti di grandi personalità, che arrivano direttamente dagli archivi personali del sarto, mostrano l’ascesa da uomo comune a stilista osannato. Meryl Streep, Liza Minelli, Elisabeth Taylor, Sofia

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Loren, Anna Wintour, Karl Lagerfeld sono alcuni dei corrispondenti del maestro. Si prosegue poi con una particolarissima sfilata in cui è lo spettatore a solcare il catwalk per ammirare i 137 modelli, numerati, divisi per gruppi cromatici a seconda delle decadi (si va dagli anni ‘50 fino alle creazioni del 2010) e brevemente spiegati nell’apposito libretto fornito a inizio tour. Si tratta del momento più emozionate, rovinato solo dal via vai confuso dei visitatori indisciplinati. Nell’ultima sala l’incantevole abito nuziale della principessa greca Marie Chantal, un immacolato intrigo di sette diverse tipologie di pizzo, rimarca l’importanza della pregiatissima manifattura per il brand nostrano e lascia letteralmente a bocca aperta. Una serie di filmati, poi, arricchisce la retrospettiva di quel particolare tocco da dietro le quinte. Cinque spezzoni dimostrano altrettante tecniche di couture: budellini, incrostazioni, pieghe voltate, rose di

volant, tappeto di rouches. Termini a molti sconosciuti ma che fanno di questo segmento la sezione preferita di aspiranti o nostalgiche sartine. Nel complesso una mostra gradevole che regala l’impressione di poter toccare con mano i meravigliosi vestiti, opere d’arte di prezioso tessuto. Rimane tuttavia l’amaro in bocca per la brevità dell’esperienza e per la quasi totale assenza degli iconici abiti rosso Valentino. Pezzo favorito dell’esposizione è l’abito datato 1990 in velluto nero e tulle indossato da Julia Roberts alla cerimonia degli Oscar del 2001. Indimenticabile per l’elegante semplicità.


FROM LONDON

Ends this month Valentino Garavani’s exhibition, one of the most interesting held at Somerset House this winter. In honour of his fifty years of career a display was set in the south wing. The last chance to see the visual story of the artist’s path, a tribute to the works and craftsmanship of the man born in Voghera, 1932. A journey through the world of haute couture divided into 3 sections. First of all visitors are welcomed by a mixture of words and images, stating media and jet set’s feedback to the raise of the growing star Valentino: magazines’ covers, signed pictures and notes of famous people from his personal archive stand as a statement of his success. Meryl Streep, Liza Minelli, Elisabeth Taylor, Sofia Loren, Anna Wintour, Karl Lagerfeld are just few names of the Master’s correspondents. Then a reversed catwalk allows viewers to beco-

me part of the show: walking the runway to outlook a staggering 137 Valentino haute couture designs. Mannequins themselves are colour-coded by decade. “Mint” for the 1950s, “mustard” for the 1960s, “ice” and so on. All explained on the brochure handed at the entrance. The magnificent wedding dress of Princess Marie Chantal of Greece, in the last room, illustrates the beauty of the work of les petites mains who sew each stitch by hand. Conclusively, a series of shorts add a little touch of behind the scenes. Five shorts explore in detail specific couture’s techniques such as budellini, incrostazioni, pieghe voltate, rose di volant, tappeto di rouches. Little known terms loved by wannabe or nostalgic tailors. A likeable display, which makes those beautiful dresses more approachable. A bitter note the shortness of the

overall experience and the almost total lack of the iconic red gowns. The favourite piece, undoubtedly, is the 1990 black velvet and tulle dress worn by Julia Roberts at the 2001 Oscars. Memorable for its overtly grace.

Cristina Canfora

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ARTINTIME In collaborazione con Spazio San Giorgio, Bologna

ALESSANDRA MAIO

Ilaria Chiesa

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Classe ’82, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna nonché dottoressa in Storia dell’Arte Contemporanea, Alessandra Maio racconta ad Artintime qualcosa di sé e del proprio modo di fare e pensare l’arte. «Sono affascinata dalle parole, dalle loro sfaccettature, e dai significati che possono assumere a seconda dei contesti in cui sono inserite. Lego parole a immagini semplici esaltando la loro potenza attraverso la ripetizione ossessiva: scelgo frasi fatte o famose, cantilene, proverbi e le scrivo migliaia di volte componendo le trame fitte da cui scaturisce, come un ricamo, il disegno finale. Negli ultimi lavori sto cercando di aggiungere alla mia tecnica maniacale un’analisi più consapevole del supporto: da questa ricerca sono nati i vari insetti e animali su quaderni (“Mi sento un pesce fuor d’acqua”, “Oggi mi sento proprio un verme”, “Non sono una mosca bianca”), quaderni che legano la pratica di scrittura ossessiva alle punizioni di scuola ed esaltano il senso di “errore” che guida questi lavori.»


MIX-ART

<< www.alessandramaio.com >>

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ARTINTIME LES MISERABLES Dal West End a Hollywood In scena dal 1985 a Londra, “Les Misèrables” è uno dei musical più longevi della storia. Nato originariamente in Francia, nel 1980 è stato trasportato sui palchi del West End e poi su quelli di Broadway da Cameron Mackintosh e nel 2012 è sbarcato sul grande schermo con la regia del premio Oscar Tom Hooper. La storia narrata è quella di un ex detenuto, Jean Valjean, interpretato da uno splendido Hugh Jackman, e del suo antagonista, Javert, Russel Crowe, determinato a riportarlo in prigione dopo che egli ha violato la condizionale. Jean Valjean riesce a ricostruirsi una vita, una vera e propria identità, rinasce grazie al perdono di un vescovo e decide di donare la sua vita agli altri. È così che aiuterà Fantine, Anne Hataway, la figlia Cosette, Amanda Seyfred e l’uomo che lei ama: Marius, Eddie Redmayne. Jean Valjean diventa quasi un santo, disposto a mettere in pericolo la propria vita per il bene degli altri, non si risparmia in nulla. La pellicolare è un’opera che lascia senza fiato e rapisce lo spettatore per quasi tre ore, trasportandolo nella Parigi di inizio 1800 ancora fresca di Rivoluzione Francese. Tutta la vicenda è raccontata attraverso le canzoni e le loro parole, sono pochissime le parti recitate e quindi nella versione italiana doppiate, una bella scommessa quella di non tradurre completamente il film, come era

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accaduto in “The Phantom of the Opera” diretto da Schumacher che era stato completamente trasposto in italiano rovinando così il prodotto. Tom Hopper ha deciso di rendere “Les Misérables” unico, infatti tutti i brani sono eseguiti dal vivo sul set durante le riprese del film, come la stessa Anne Hathaway ha raccontato durante un’intervista al David Letterman Show: gli attori sentivano un pianoforte attraverso un minuscolo auricolare, così cantavano davvero sul set e riuscivano a caricare di pathos ogni singolo pezzo, successivamente poi sono state registrate le parti musicali eseguite dall’orchestra. Lo spettatore si ritrova quindi a soffrire veramente con Fantine, sente la sua umiliazione, il suo dolore attraverso il respiro affannoso, la voce di Jean Valjean si spezza e si trasforma in pianto mentre si converte, il pubblico si innamora con Marius e Cosette, si prepara allo scontro sulle note di “One day more” e diventa battagliero insieme al popolo di Parigi ed esce dalla sala cantando “Do You hear the people sing..”, si arrabbia quando Javert dichiara guerra Jean Valjean e tutto grazie alle loro voci, ai loro sospiri. Per realizzare “Les Misérables” sono stati utilizzati tutti i brani del musical ed è stato aggiunto il brano “Suddendly” che Schönberg ha scritto appositamente per la pellicola. È chiaro che l’esperienza di visione di questo film vuole cercare di essere il più possi-

bile simile a quella dello spettacolo della Wes End. Ci è riuscita? Di certo al pubblico “Les Misérables” è piaciuto, ed era anche una scommessa semplice, visti i precedenti avuti sia nel West End sia a Broadway, ma la visione in una sala cinematografica è sicuramente ben diversa rispetto a quella dal vivo in un teatro. Innanzitutto il cinema ha permesso al regista di gestire ben 4000 personaggi tra attori e comparse, ha ricostruito interi quartieri di Parigi, ci ha fatto fare salti di luoghi rapidissimi: in un teatro tutto questo va rivisitato e ridotto. A questo punto sorge spontanea un’altra domanda: ha ancora senso per uno spettatore vedere “Les Misérables” a teatro? La risposta è: ovviamente sì. Le percezioni che si provano a teatro sono difficilmente ritrovabili all’interno di una pellicola: a teatro si vive lo spettacolo a pochi metri dagli attori che lo mettono in scena, si vedono dei corpi che rappresentano personaggi, al cinema la distanza corporea permane. È possibile che molti, che non avevano mai visto “Les Misérables” prima, siano stati invogliati a vederlo dal vivo. Purtroppo per noi italiani è difficile poter assistere a questo musical dal vivo, a meno che non si decida di trascorrere una bella vacanza a Londra, ma speriamo che prima o poi arrivi anche nel nostro Bel Paese. Il film ha avuto un grande successo in Italia, molti parlano di un interesse nascente nei confronti del musical da parte degli italiani,


MOVIES...

eppure i numeri sono chiari: certe produzioni riescono a malapena a sopravvivere sei mesi in Italia, ma questo è un altro discorso. Tornando al film “Les Misérables”, possiamo concludere dicendo che questo prodotto è sicuramente un’opera superba e senza dubbio coraggiosa, che ha richiesto grandi ricostruzioni scenografiche che fossero coerenti con il periodo storico raccontato, costumi che riuscissero a parlare del protagonista prima ancora che cominciasse a parlare o cantare. Ogni cosa è trattata con la massima attenzione, niente è lasciato al caso e il particolare va ben oltre l’immaginabile. L’HD non è un fattore meramente tecnico in questo caso, c’è veramente un’alta definizione nel racconto, sembra davvero di finire nella Parigi dell’epoca, di camminare per le strade con i protagonisti, di sventolare le

bandiere francesi con loro. Unica pecca, se proprio si deve trovare, è nelle primissime inquadrature: il vascello e il mare sono chiaramente realizzati in computer grafica, stonano rispetto a quanto vediamo già pochi minuti dopo. Vista però la maestosità di questa pellicola, queste scelte vengono messe in ombra da tutto quello che i nostri occhi vedranno dopo. Il film è stato candidato a otto premi Oscar: miglior film, miglior attore, miglior attrice non protagonista, migliori costumi, miglior trucco, miglior sonoro, miglior canzone e la notte del 24 febbraio 2013 ne ha conquistati ben tre: miglior trucco, miglior sonoro e miglior attrice non protagonista (Anne Hathaway). Inoltre si è aggiudicato tre Golden Globe come miglior film commedia o musicale, miglior attore in un film commedia o musicale (High Jackman), miglior

attrice non protagonista (Anne Hathaway) e quattro premi BAFTA come miglior attrice non protagonista (Anne Hathaway), miglior scenografia, miglior trucco, miglior sonoro.

Francesca Cerutti

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ARTINTIME DA MARZO AL CINEMA! Il grande e potente Oz Walt Disney Regia: Sam Raimi Genere: Fantastico Trama: Oscar Diggs, un piccolo mago circense, viene spedito dal Kansas nel lontano e meraviglioso regno di Oz. All’inizio crede di aver vinto la lotteria, ma un bel giorno conosce tre streghe che stanno attendendo il grande e potente mago di Oz e il suo viaggio prende una forma completamente diversa. Interpreti: Mila Kunis, James Franco, Rahcel Weisz, Michelle Williams. Lo attendiamo perché: dopo anni il mondo cinematografico torna nella meravigliosa terra di Oz e ci rivela come il mago sia giunto lì. Curiosità: Nel 1985 la Walt Disney aveva già prodotto un sequel de Il Mago di Oz ovvero nel fantastico mondo di Oz. Uscita: 7 marzo

Hitchcock 20th Century Fox Regia: Sacha Gervasi Genere: Biografico Trama: Come Hitchcock ha realizzato Psyco? Questo film seguirà tutte le fasi della realizzazione di un capolavoro che ha segnato indelebilmente la storia del cinema. Interpreti: Antony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, James D’Arcy, Jessica Biel. Lo attendiamo perché: è un mockumentary interessante che racconta il dietro le quinte di un maestro e di uno dei suoi film più famosi. Curiosità: il film è basato sul libro “Come Hitchcock ha realizzato Psyco”. Uscita: 7 marzo

La madre Universal Pictures Regia: Andres Muschietti Genere: Horror Trama: Due bambine scompaiono nei boschi il giorno in cui la loro madre viene uccisa dal padre. Per anni li cercano follemente senza mai trovarle, un giorno le bambine vengono ritrovate in una baracca, la gente inizia a domandarsi come siano sopravvissute e se erano sole in quella casa. Interpreti: Jessica Chastain, Nikolaj Coster-Waldau, Megan Charpentier, Isabelle Nélisse. Lo attendiamo perché: promette di essere un thriller soprannaturale che lascerà tutti senza fiato. Curiosità: il film è prodotto da Gulliermo del Toro. Uscita: 21 marzo

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MOVIELIST - MARZO... A cura di Francesca Cerutti

Gli amanti passeggeri Warner Bros Regia: Pedro Almodòvar Genere: Commedia Trama: A bordo di un aereo che da Madrid porta a Città del Messico, un gruppo di persone si trova ad affrontare una situazione di pericolo. Le reazioni sono diverse, angosce, paure e tante confessioni con il vicino di posto. Interpreti: Penelope Cruz, Antonio Banderas, Cecilia Roth Keira Knightley, Jude Law, Aaron Johnson, Kelly MacDonald, Matthew MacFayden. Lo attendiamo perché: Almodòvar ritorna alla commedia anni ‘80. Curiosità: Penelope Cruz e Antonio Banderas sono presenti in un cammeo al fianco di Paz Vega. Uscita: 21 marzo

Il cacciatore di giganti Warner Bros Regia: Bryan Singer Genere: Azione Trama: Un giorno un giovane agricoltore apre involontariamente una porta tra il nostro mondo e quello di una spaventosa razza di giganti. Questi arriveranno sulla terra e reclameranno territori un tempo perduti. Jack combatterà la battaglia della sua vita per fermarli. Interpreti: Ian McShane, Nicholas Hoult, Ewan McGregor, Stanley Tucci, Bill Nighy. Lo attendiamo perché: il film promette di essere avvincente e il cast è molto interessante. Curiosità: è una rilettura di un classico racconto per ragazzi. Uscita: 28 marzo.

I f igli della mezzanotte Videa CDE Regia: Deepa Mehta Genere: Drammatico Trama: È la mezzanotte del 15 agosto 1947, l’India proclama l’indipendenza dall’impero britannico. In un ospedale di Bombay due neonati vengono scambiati da un’infermiera per permettere all’uno di vivere il destino dell’altro: Sinai, figlio di una donna povera e Shiva, erede di una coppia benestante. Interpreti: Satya Bhabha, Shahana Goswami, Shabana Azmi. Lo attendiamo perché: a partire da una storia vera, quella dell’indipendenza dell’India, questa storia si intreccia con racconti classici, come lo scambio di neonato, ma anche con le leggende indiane che vogliono che i bambini nati nella mezzanotte del 15 agosto 1947 abbiano doti straordinarie e soprannaturali. Curiosità: è tratto dal bestseller di Salman Rushdie. Uscita: 28 marzo.

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ARTINTIME SGUARDI ALTROVE FILM FESTIVAL

DOLOMITI SKI JAZZ

BERGAMO FILM MEETING

Ventesima edizione per la rassegna milanese a regia femminile “Sguardi Altrove Film Festival”, che dal 4 al 10 marzo presenterà al pubblico, oltre alle opere in concorso, omaggi e sperimentazioni cinematografiche. Tra le novità dell’edizione, la sezione Cinema e Formazione, dal titolo Dalla Parte delle Bambine e delle Ragazze. Inoltre, parallelamente al festival e per tutto il mese di marzo, sarà allestita alla Triennale una mostra dedicata al mondo latino americano, tema a cui sarà dedicata una delle sezioni della rassegna. Maggiori informazioni su www.sguardialtrove.it.

Torna l’appuntamento con il “Dolomiti Ski Jazz”, il festival musicale sulla neve che dal 9 al 17 marzo accenderà le giornate e le serate della suggestiva Val di Fiemme con le note del jazz. Un appuntamento singolare che unisce la passione per lo sci con quella per la musica, e che presenterà al pubblico concerti e jam session di artisti nazionali ed internazionali. Nove giornate di festival in cui i musicisti si esibiranno dal vivo in clubs, teatri, rifugi e lungo le piste da sci. Ulteriori informazioni sul programma sul sito ufficiale dell’evento www.fiemmeskijazz.com.

Dal 9 al 17 marzo torna l’appuntamento con il “Bergamo Film Meeting”, il festival cinematografico internazionale dedicato a lungometraggi e documentari, che si propone di svelare le nuove tendenze e gli autori del cinema contemporaneo. Nove giorni di proiezioni, presentazioni e anteprime in cui sarà dato spazio anche alle opere che hanno fatto la storia del cinema con omaggi, retrospettive e mostre. Inoltre non mancheranno i consueti appuntamenti con workshop e incontri con autori e ospiti. Per ulteriori informazioni sul programma: www.bergamofilmmeeting.it.

DEDICA FESTIVAL

FILM FORUM

FESTIVAL CORTINAMETRAGGIO

A Pordenone dal 9 al 23 marzo si svolgerà la diciannovesima edizione del “Dedica Festival”, la rassegna letteraria che ogni anno propone al pubblico un programma ricco di appuntamenti e attività incentrati su uno scrittore di fama internazionale. Quest’anno l’ospite d’onore sarò lo spagnolo Javier Cercas, autore del successo mondiale “Soldati di Salamina”, che verrà presentato al pubblico in incontri, conferenze e presentazioni nell’ambito delle quali interverranno alcuni ospiti di fama mondiale. Maggiori info su www.dedicafestival.it o facebook. com/Dedica-2013/.

Dal 12 al 21 marzo a Udine e a Gorizia si svolgerà la ventesima edizione del “FilmForum - International Film Studies Conference”. Il festival, che si rivolge a un pubblico vario composto da semplici appassionati di cinema, studenti, specialisti e studiosi, si propone di individuare e sviluppare le strade più nuove e innovative del cinema contemporaneo. Un evento dedicato alla cinematografia e all’arte che ospiterà incontri, workshop, proiezioni e il premio letterario internazionale Limina, rivolto a testi sul cinema. Info su www.filmforumfestival.it.

Torna “Cortinametraggio”, la rassegna cinematografica dedicata al cinema breve di Cortina d’Ampezzo. L’evento si svolgerà a dal 13 al 17 marzo e comprenderà oltre ai consueti appuntamenti, il nuovo concorso dedicato ai booktrailer, ideato in collaborazione con Rai Cinema e Rai. Cinque giorni di festival in cui non mancheranno proiezioni, incontri con ospiti e protagonisti del cinema italiano, mostre e workshop. Inoltre, per quest’anno sono previste anche presentazioni di libri e convegni dedicati al cinema. Per maggiori informazioni visitate www. cortinametraggio.it.

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EVENTS

A cura di Anna Moschietto

LIBRI COME

AMARE LEGGERE

BIF &ST

Dal 14 al 17 marzo a Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica, torna l’appuntamento con “Libri Come”, la Festa del Libro e della Lettura. L’evento, che festeggia quest’anno la sua quarta edizione, avrà come tema l’Europa, argomento che verrà affrontato e approfondito in presentazioni e incontri con autori nazionali e internazionali. Inoltre non mancheranno mostre e laboratori, dedicati anche al pubblico più giovane, in cui i visitatori avranno modo di relazionarsi con scrittori e ospiti. Per informazioni www.auditorium.com.

Arriva quest’anno il primo festival di letteratura per ragazzi sul mare, “AMare leggere”. L’evento si svolgerà a bordo della Cruise Roma della Grimaldi che salperà da Civitavecchia il 16 marzo alla volta di Barcellona e rientrerà in porto il 19. Un appuntamento unico, dedicato alle scuole e alle famiglie, che comprenderà presentazioni, proiezioni di film, laboratori e animazioni. Quattro giorni in cui bambini e ragazzi potranno tuffarsi nella lettura e nella cultura, e confrontarsi con autori, giornalisti e molti altri ospiti. Per informazioni www.leggeretutti.net.

Dal 16 al 23 marzo a Bari torna l’evento cinematografico Bif &St, “Bari International Film Festival”, manifestazione presieduta da Ettore Scola e diretta da Felice Laudadio, che per la sua quarta edizione presenta un programma ricco di anteprime e novità, tra cui la collaborazione con “Arcipelago”, Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini. Un appuntamento internazionale in cui non mancheranno ospiti di fama mondiale e omaggi a grandi nomi del cinema. Un festival da non perdere per gli amanti della settima arte! Per info: www.bifest.it.

CA’ FOSCARI SHORT FILM FESTIVAL

BUK MODENA

BOLOGNA CHILDREN’S BOOK FAIR

Terzo appuntamento con il “Ca’ Foscari Film Festival”, la rassegna cinematografica organizzata dall’Università di Venezia, che dal 20 al 23 marzo, presso l’Auditorium Santa Margherita, presenterà al pubblico i corti selezionati per i consueti concorsi nazionali e internazionali. Un evento ricco di appuntamenti in cui interverranno alcuni protagonisti della cinematografia italiana e non solo, in cui sarà dato spazio a retrospettive, omaggi, scoperte e workshop. Per maggiori informazioni sul programma della kermesse: cafoscarishort.unive.it.

Sesta edizione per il festival della piccola e media editoria “Buk Modena”, che il 23 e 24 marzo, nella consueta location del Foro Boario, accoglierà editori provenienti da tutto il territorio nazionale. Un’occasione per apprezzare le piccole realtà editoriali italiane e per incontrare alcuni grandi nomi del giornalismo e della cultura, che interverranno alla manifestazione con reading, laboratori, conferenze, presentazioni. Un’edizione ricca di ospiti, appuntamenti e novità che potete scoprire visitando www.bukmodena.it o facebook.com/buk.modena.

Dal 25 al 28 marzo a Bologna si svolgerà la cinquantesima edizione della “Fiera del Libro per Ragazzi”, manifestazione riservata agli operatori del settore, che si propone l’obiettivo di presentare le principali novità e tendenze dell’editoria dedicata ai giovani lettori. Un evento internazionale che comprenderà incontri, concorsi e mostre, in cui interverranno espositori, autori, illustratori ed esperti del settore, oltre che i principali rappresentanti della stampa mondiale. Per maggiori informazioni sul programma www.bookfair.bolognafiere.it.

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STORIE DI GIOVANI CHE INVESTONO SUL LORO FUTURO

WWW.YOURGENERATIONTV.IT


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