ART
IN TIME n.4 - Aprile 2013
ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | SERIE TV | INTERVISTE | EVENTI LONDON NEWS
L’EDITORIALE C’era una volta un cavaliere che sconfisse un terribile drago per salvare una bella principessa. Quel cavaliere era san Giorgio, e la sua iconografia a cavallo nell’atto di uccidere il drago è famosa in tutto il mondo cristiano e non solo. Cosa c’entra questa storia con Artintime di aprile, vi starete domandando. Beh, a suo modo c’entra, perché ha a che fare con i fiori e lo sbocciare della bella stagione, e con i libri. In Catalogna un’antica tradizione medievale vuole che il 23 aprile, giorno del santo patrono della regione che è proprio il nostro san Giorgio, ogni uomo regali alla propria donna una rosa. Oggi non è insolito sentir definire quella giornata come “la giornata del libro e delle rose”, perché sono i librai a regalare una rosa a ciascun cliente che compra libri il 23 aprile. Cos’è successo e, ancora una volta, cosa c’entra san Giorgio con i libri? Ci arriviamo, tranquilli… Dal 1996 l’UNESCO ha deciso di dedicare la giornata del 23 aprile alla promozione della lettura, e di riflesso anche di chi i libri li pubblica, e di coloro che vi appongono la propria firma come autori. Una data casuale? Certo che no! Il 23 aprile 1616 sono infatti morti due pilastri della letteratura mondiale: Miguel de Cervantes e William Shakespeare. In Italia probabilmente si tratta di una ricorrenza non ancora calendarizzata, e di cui pochi sono a conoscenza, ed è per questo che a noi piace promuoverla qui, per ricordarvi che leggere è bello non solo ad aprile, quando i fiori sbocciano regalandoci profumi e colori che alleggeriscono l’umore e ci coccolano. Leggere è bello e importante sempre, e perché non iniziare proprio dalle pagine di Artintime, che sono curate e realizzate apposta per aprirvi nuove porte sul mondo? Libri, certo, come sempre nella nostra rubrica dedicata alle recensioni, in cui questo mese troverete due interessanti quanto diversi esempi di romanzi e autori. Ma anche musica, con le nostre pagine che inseguono attente le nuove tendenze in Italia e all’estero e cinema, con le analisi e i consigli della nostra esperta, che per il numero di aprile allarga il campo e fa un interessante paragone con il mondo dei libri e del musical. Non ci fermiamo certo qui, e vi proponiamo anche nuovi nomi legati all’arte, la nostra consueta pagina teatrale e quella sul piccolo schermo televisivo, per poi fare le valigie alla scoperta di nuove e affascinanti storie made in London, che questo mese, in tema con la stagione, ci raccontano di fiori e natura dal fascino esotico. Naturalmente ci sono anche gli eventi, che con aprile aprono le porte al grande palcoscenico delle manifestazioni estive in arrivo, un proliferare di concerti, festival e iniziative di ogni sorta: selezionarli diventa più difficile, ma Artintime fa sempre il meglio per proporvi le news più interessanti e meritevoli del panorama italiano. Allora forza, non aspettate la Festa del Libro del 23 aprile: leggete Artintime subito! www.artintime.it
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ARTINTIME SOMMARIO 4 . MOGWAI by Alngelica Magliocchetti
6 . RABBIT HUTCH DI DMITRIY AVERIN by Francesca Cerutti
8 . TOMMASO SANTUCCI by Ilaria Chiesa
10 .TUTTO E’ BENE QUEL CHE FINISCE BENE
by Alessandra Chiappori
12 . SERIE TV: NOVITA’ by Manuela Raimo
14 . FLAUEL by Alessandra Chiappori
16 . IL TEATRO E ALTRE CONTAMINAZIONI ARTISTICHE. by Barbara Mastria
18 . THE AFTERGLOW by Angelica Magliocchetti
20 . L’INSOSTENIBILE PESO DELLA SOLITUDINE by Alessandra Chiappori
22 . SPRING SPREE AT KEW GARDENS by Cristina Canfora
24 . LUIGI LEONIDI by Ilaria Chiesa
26 . QUATTRO PASSI SUL SENTIERO DORATO by Francesca Cerutti
28 . MOVIELIST-APRILE by Francesca Cerutti
30 . EVENTS by Anna Moschietto
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ARTINTIME MOGWAI Tra inquietudine e stupore La definizione “post-rock” proprio non gli piace, eppure riuscire a inquadrare in una vera e propria definizione il sound dei Mogwai risulta piuttosto difficile. Nata nel 1996 a Glasgow, la band che prende il nome dalle creature misteriose del film di Joe Dante (“Gremlins ”, del 1984), debutta già l’anno successivo con un EP interamente strumentale: “Mogwai Young Team”. Un esordio inusuale per la giovane band, che porterà nel 1999 a una versione giapponese dello stesso album, allontanando ancor più il gruppo scozzese dai tracciati più battuti dalle ‘’garage band’’ coetanee. Nel 1998, durante la registrazione del secondo lavoro, “Come on Die Young”, si assiste ad alcuni cambi tra i musicisti che porteranno alla formazione definitiva: Stuart Braithwaite (chitarra e voce), John Cummings (chitarra) ,Dominic Aitchison (basso), Barry Burns (chitarra, voce e tastiere) e Martin Bulloch (batteria). Con una produttività sempre all’opera e una cadenza serrata nelle uscite, negli anni successivi i Mogwai rea-
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lizzano “Rock Action” (2001), “Happy Songs for Happy People” (2003) e “Mr. Beast” (2006), andando a delineare sempre più il loro stile. La band, infatti, inizia a far proprio un sound pieno di contrasti nei temi e di distorsioni nei toni, consolidando pian piano una struttura in crescendo; un gioco di quiete e tempesta strumentale, che sfocia quasi nel rumore. Una lotta tra le corde pizzicate delle chitarre e le atmosfere distorte del “noise”. Tutto questo si può trovare nei successivi lavori: l’originale e più romantico “The Hawk Is Howling” (2008) e l’immutata classe di “Hardcore Will Never Die, But You Will” (2011), in cui è doveroso racchiudere l’ottima suite presente nella limited edition “Music For A Forgotten Future (The Singing Mountain)” e i quattro brani eterogenei del gradevole EP “Earth Division”. L’ecletticità della band si ritrova infine nella composizione di alcune soundtrack per il cinema (“Zidane, A 21st Century Portrait” e “The Fountain” di Clint Mansell) e per la serie tv francese, ancora inedita in Italia, “The Revenants”. Com-
missionato ad hoc, quest’ultimo omonimo album, è stato composto prima ancora del girato sulla base di una generica traccia tematica; è quindi partendo dalle sue atmosfere misteriose e quasi minimali che si è creato il mood ideale per lavorare sulla vera e propria sceneggiatura. Una grande ispirazione, insomma, che potrete gustare sia nelle versioni più classiche (brani quali “Yes I Am A Long Way From Home” e “Travel Is Dangerous”) che in quelle più surreali (come in“Hungry Face”). Curiosi? Non resta che sperimentare! Enjoy!
Angelica Magliocchetti
MUSIC
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ARTINTIME
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LA STORIA COMINCIA IN UNA STANZA BUIA, CON UOMINI E DONNE CHE PORTANO BENDE SUGLI OCCHI, TIMBRANO DOCUMENTI, MA NON POSSONO LEGGERE COSA C’E’ SCRITTO. LAVORANO COME SE FOSSERO MACCHINE, AUTOMI.
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MOVIES
RABBIT HUTCH DI DMITRIY AVERIN Totalitarismi e conigli. Presentato al Salento Finibus Terrae, il festival internazionale del cortometraggio, Rabbit Hutch è l’opera prima di un regista russo esordiente: Dmitriy Averin, classe 1983. La storia comincia in una stanza buia, con uomini e donne che portano bende sugli occhi, timbrano documenti, ma non possono leggere cosa c’è scritto. Lavorano come se fossero macchine, automi: mettono la benda, aprono la cartellina dei documenti, timbrano e la passano al vicino di tavolo per il secondo timbro. Tutto segue un ritmo preciso, non bisogna sgarrare di un secondo, terminato il procedimento degli uomini recuperano i faldoni con i fogli e gli impiegati rientrano nelle loro stanze. Uno di questi si chiama Bashmakov ed è diverso da tutti gli altri, ha sviluppato infatti la capacità di leggere i fogli che viene costretto a timbrare attraverso il tatto. Facendo scorrere un dito sulle lettere stampate, riesce a comprendere tutte le comunicazioni interne di quel regime totalitario e dunque a salvarsi. Su uno di quei fogli viene infatti chiesto di sospenderlo,
ma Bashmakov è astuto e grazie all’aiuto di un coniglio, del buio e di tanta fortuna riuscirà a mettere in atto un piano perfetto che gli consentirà di cambiare la sua vita. La storia raccontata in Rabbit Hutch fa sicuramente sorridere, eppure è figlia di un mondo che è stato vittima dei regimi totalitari: Dmitriy Averin è di origini russe, e sicuramente ha voluto denunciare, anche in modo ironico, quale piaga possano rappresentare per la società. Il coniglio, da animaletto di compagnia adorato dal comandante a capo del regime, diventerà il deus ex machina che permetterà a Bashmakov di attuare il suo piano. Un coniglio, quindi un animale pauroso e mansueto, in realtà diventerà l’eroe di questo cortometraggio: Bashmakov stesso potrebbe sembrare un coniglio, così come tutti i suoi colleghi sottomessi al regime, ma in realtà in lui si nasconde un leone e grazie al suo coraggio e alla sua astuzia riuscirà a salvarsi. Realizzato con tinte scure, Rabbit Hutch, riesce a rappresentare anche i colori simbolo dei regimi totalitari, la fotografia scura accentua la sottomissione di
Bashmakov e degli altri uomini. I colori brillanti non esistono e vengono favoriti i verdi e i grigi, toni solitamente associabili ai militari e a scenari poco piacevoli. Durante la fuga di Bashmakov è inevitabile associare gli scenari alle immagini che rimandano ai carceri o peggio ancora ai campi di concentramento. La stessa stanza di Bashmakov sembra una cella con le pareti verdi e arredata con il minimo indispensabile. Una tana di un coniglio, abitata però da un leone. Questo lavoro ha partecipato all’Open St.Petersburg Student Film Festival Beginning di San Pietroburgo nel 2010, all’International Short and Animation Film Festival OPEN CINEMA, sempre a San Pietroburgo nel 2010, ed è approdato lo stesso anno in Italia per il Salento Finibus Terrae, Festival internazionale del cortometraggio.
Francesca Cerutti
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ARTINTIME
www.tommasosantucci.it
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POP-ART Bio tratta dal sito dell’artista
TOMMASO SANTUCCI
Ilaria Chiesa
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Artista pisano, Tommaso Santucci scrive e disegna esclusivamente con una penna Bic nera su pezzi di scotch-carta, preparati talvolta con una base acrilica, e ricompone poi il tutto su tavole di legno, materiale di recupero, scatole di latta e vecchie valige, andando così a formare una sorta di personale diario emozionale. Ripropone poi i suoi soggetti e le sue frasi con pennello e acrilico durante performances dal vivo, su grandi supporti di tela legno e su muro. La parola e il segno si fondono così nella sua arte, attraverso una trama di rimandi simbolici all’esperienza stessa dell’artista che disegna e scrive animato costantemente da quello che vive. “Prendo il mio vissuto e lo ripropongo alla mia maniera , non deve essere niente di elitario, di ermetico, alla fine si tratta di conflitto estetico, ti piace o non ti piace; ed è una cosa che parte da piccoli: ad esempio le cose che faccio io e che non mi piacciono le rompo…. Sono contento del fatto che ciò che realizzo non sia per qualcuno ma per chi vuole”.
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ARTINTIME TUTTO E’ BENE QUEL CHE FINISCE BENE Di lui hanno detto “è il nuovo Fabio Volo”, e forse così avranno pensato coloro che, lette le prime pagine del romanzo di Paolo Ruffini “Tutto bene” si sono trovati davanti a Steve Nigiotti, un personaggio che di romanzesco, in effetti, ha molto poco. Divo del cinema di massa, donnaiolo, auto sportiva e un conto in banca che gli concede la possibilità di permettersi una vita agiata, al di sopra della media, Nigiotti è quanto di più cinico, misantropo e sprezzante il mondo dello spettacolo di oggi possa creare. Ma, ed è qui la svolta che farà riflettere anche i lettori più dubbiosi, Nigiotti conserva una parte di umanità che gli fa storcere il naso davanti all’abusata abitudine di stringere rapporto sociali nel più spietato menefreghismo, condendo il tutto con il solito, vuoto e banale “tutto bene, va tutto bene”. Tutto bene, in realtà, per Nigiotti non va: l’agiatezza in cui vive non basta a garantirgli la serenità e la spensieratezza, perché la sua sensibilità lo fa soffrire di crisi di panico e muoversi in un mare di ansie e paranoie. Per questo motivo, diversamente da come lo stereotipo ci invita a pensare a proposito dei divi dello spettacolo, Steve non beve, non si droga, non ama muoversi dal territorio conosciuto in cui vive, Milano, e non prende nemmeno l’aereo. Un divo anomalo, insomma, che del vivere
sfrenato mantiene solo l’usanza di passare da una donna all’altra. Ed ecco che questo dettaglio non da poco scatenerà una novità, che darà modo all’intero romanzo di svilupparsi sulla trama solida e antica della storia di formazione, della maturazione del protagonista e della risoluzione di molti, se non di tutti, i suoi problemi di partenza. Tra le tante ragazze frequentate per una sola notte da Steve ce n’è una che, anni dopo l’episodio, si riaffaccia nella vita del protagonista con un’insolita e apparentemente impossibile novità: una bimba, Sara. La figlia che Nigiotti ignorava di avere e nel gestire la quale, mentre la madre sconta un periodo di reclusione, si trova di fronte a un’ardua prova non calcolata prima. Tra l’ironico e il tenero, assistiamo al cambio di prospettiva con il quale Steve si troverà a fare i conti: pensare non più esclusivamente a se stesso ma alla bambina, che, in quanto a caratterino, ci mette anche del suo per non facilitare il compito di novello genitore al protagonista. Tra inceppamenti da scapolo e un crescente e tangibile affetto che si sviluppa tra Steve e Sara e scalda il cuore, è inevitabile il ripensamento del protagonista alla propria vita, la propria personale filosofia sul mondo e le proprie abitudini. Non solo la presenza di Sara e la gestione della sua vita di bambina, con tutto quello che questo piccolo mondo
comporta, sconvolgeranno la monotona esistenza di Steve, sciogliendo il suo vuoto e trasformandolo in un uomo adulto, maturo e genitore responsabile. Le vicende della piccola, nel quadro della vita del protagonista, scateneranno una serie di ostacoli e reazioni, tali da far scattare l’esigenza, e la conseguente naturale disposizione, a superare molti degli ostacoli del protagonista. La Saraterapia si dimostrerà l’unica possibile per superare quasi senza difficoltà le mille sfaccettature delle crisi di panico e il cinismo che, di default, aveva rivestito la vita di Nigiotti fino all’arrivo dell’inaspettata figlia. Sullo sfondo della vicenda, condotta con una verve tutta da leggere pagina dopo pagina, un mosaico di personaggi e macchiette formidabili, creato, gestito e intrecciato alla storia con uno sguardo che, partendo dall’ironia, sa indagare con sensibilità nell’animo umano. È quella sapiente miscela di comico e tragico che rende Ruffini un autore tout-cour, non un personaggio televisivo passato a scrivere libri, e fa del suo romanzo d’esordio una storia leggera per l’ironia, ma profondamente tenera, senza mai ricadere in banalità trite e già viste. Quel tutto bene, alla fine, è così vero e concreto che siamo in grado di capirlo e condividerlo anche noi lettori.
A lessandra Chiappori
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BOOKS
“Io non credo di essermi mai sentito così… Hai presente l’effetto di una goccia d’acqua… è un effetto di purezza che bene o male avevo già provato, ma stavolta non è acqua, è olio. È l’effetto di una goccia d’olio nell’acqua. Una goccia che mi è scesa dentro, mi ha perforato il cuore ed è andata forse vicino all’anima o da qualche altra parte che nemmeno conosco… Sento colpita una parte di me che non pensavo potesse esistere nel mio scibile. Sono sdraiato su un pensiero sottile, come se un bisonte stesse dormendo in bilico su uno spillo… Lo vedi… riesce a riaccendermi anche la fantasia, riesce a rimettere in moto anche la mia fantasia” Paolo Ruffini, Tutto Bene, Tea, 2012.
Paolo Ruffini Citarsi a fine libro e così citare anche la collanina naif fatta di matite colorate che sfoggia in quarta di copertina: eccolo, Paolo Ruffini. Volto noto del piccolo e del grande schermo (ha partecipato a Colorado, a Stracult e lo abbiamo visto al cinema in “Maschi contro femmine”, “C’è chi dice no”), Paolo Ruffini vanta anche qualche incursione a teatro (“Io doppio”, “Tre cuori in affitto”) ed è fondatore dell’Assocazione Cinematografica Il Nido del Cuculo, che organizza rassegne ed eventi. Livornese, classe 1978, è con “Tutto bene” al suo esordio letterario: sembra proprio che nella sua carriera, al momento, vada tutto molto bene!
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ARTINTIME SERIE TV: NOVITA’ Prosegue la panoramica sulle novità in fatto di serie. La stagione tv è oramai quasi alla fine, ma in midseason c’è ancora qualcosa da vedere
cata, non si potrebbe chiedere di più per una bella serie, invece c’è anche una trama di fondo davvero intrigante e affascinante.
VIKINGS History Channel, ogni domenica dal 3 marzo
RED WIDOW ABC dal 3 marzo ogni domenica
Trama: Ragnar Lothbrok (Travis Fimmel) vuole ampliare i suoi orizzonti e si scontra con la mentalità ottusa e ristretta del suo capovillaggio Earl Haraldson (Gabriel Byrne), che ha il solo scopo di comandare e razziare villaggi vicini. Così Ragnar lavora in segreto con Floki (Gustaf Skarsgard) per costruire un’imbarcazione che gli permetterà di espandersi, di varcare i confini. Nonostante sia rischioso, Ragnar ha l’appoggio della moglie Lagertha (Katheryn Winnick). Tra gli altri troviamo Siggy (Jessalyn Gilsig), la bella e scaltra moglie di Earl, Rollo (Clive Standen), il fratello di Ragnar, geloso del suo successo e della donna che ha al fianco, e il monaco cristiano Athelstan (George Blagden), che viene travolto impotente nello scontro tra le due religioni nella società vichinga. La prima impressione: Paesaggi favolosi, musiche e scenografie ottime, attori convincenti, un bel cast con protagonisti ben delineati e una caratterizzazione davvero ben mar-
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Trama: Marta Walraven (Radha Mitchell) ha una vita che sembra perfetta. Questo almeno fino a quando il marito Evan (Anson Mount) non viene brutalmente ucciso sotto gli occhi del figlioletto Boris (Jakob Salvati). Per Marta è uno shok, i due figli maggiori Raven (Sterling Beaumon) e Nathalie (Erin Moriarty) sono sconvolti. Marta cerca conforto nella famiglia, anche se le sue origini hanno portato a morire l’uomo che amava e che non è riuscito a mantenere la promessa di uscire dal giro della malavita, di cui fanno parte anche Andrei Petrov (Rade Serbedzija) il padre di Marta e il fratello Irwin (Wil Traval). L’unica fuori dal giro sembra la sorella Kat (Jaime Ray Newman) che si è appena sposata. Quando Marta scopre chi è il mandante dell’omicidio e il motivo per il quale è morto Evan, decide di scendere a patti con l’assassino Nicholae Schiller (GoranVisnjic ), rifiutando così l’aiuto dell’agente FBI James Ramos (Clifton Collins, Jr. )
La prima impressione: Dopo una breve presentazione della famiglia felice, scopriamo subito che non tutto è oro quello che luccica, i protagonisti hanno molto da nascondere, nessuno è quello che sembra, forse neanche i più piccoli. Gli attori sono a volte poco conosciuti a parte qualche nome noto, la trama è intrigante ma sembra che sia un’altra serie ABC destinata a chiudere la corsa presto. Un vero peccato! HOUSE OF CARDS Netflix serie uscita già completa con 13 episodi rilasciati il 1° febbraio Trama: Frank Underwood (Kevin Spacey) è un politico spietato e senza scrupoli della Carolina del Sud che vuole diventare Segretario di Stato ed è disposto a tutto per riuscirci. Ma a mettergli i bastoni fra le ruote è la neo-presidente Linda Vasquez (Sakina Jaffrey), che ha fatto tante promesse senza nessuna sostanza. Neanche il fatto che Frank sia molto vicino al Presidente Garret Walker (Michael Gill), gli è di aiuto. A sostenerlo è la moglie Claire (Robin Wright), ambiziosa e pronta a tutto almeno quanto lui. Tra gli altri protagonisti conosciamo Zoe Barnes (Kate Mara) una bella e ambiziosa giornalista che si dimostra una preziosa alleata di Frank.
SERIES
La prima impressione: E’ un po’ inusuale avere già tutte e 13 le puntate pronte alla visione, ma la serie merita davvero, la trama è intrigante, i protagonisti sono tutti ben caratterizzati e non ci sono dubbi che sia un successo annunciato visto l’importante cast messo su per questo ambizioso progetto.
Manuela Raimo
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ARTINTIME FLAUEL: grafica, magliette e
accessori per “rinascere” creando L’ambizioso e innovativo progetto di due giovani artiste liguri Il loro simbolo è una fenice, la loro attività, appena avviata, è ambiziosa e innovativa. Loro sono Flauel, Flavia Bonaccorso e Manuela Guasco, entrambe liguri, entrambe appassionate di tutto ciò che è arte, ed entrambe animate da una sana voglia di fare. Venticinquenne e figlia del noto contrabbassista Rosario Bonaccorso, Flavia si è laureata lo scorso febbraio in Fashion Design all’Accademia di belle arti di Cuneo, ha al suo attivo alcune collezioni per sfilate e durante l’estate 2012 ha avuto l’onore di confezionare gli abiti per la cantante brasiliana Valbilene Coutinho, in occasione del Festival Internazionale di Villa Faraldi (Imperia). Manuela, 24enne, proviene dall’Accademia di belle arti di Firenze, dove si è laureata in Scenografia teatrale. Tra le sue esperienze recenti, l’allestimento scenografico degli spettacoli per il villaggio Valtur dell’Isola di Santo Stefano - La Maddalena, il trucco e i costumi per il video musicale degli Areazero “L’Ultima Volta”, la collaborazione come fotografa con Oliviero Toscani per la realizzazione del volume “Firenze Santo Spirito” e la confezione di abiti con materiali di riciclo per alcune sfilate fiorentine. Cos’è Flauel? Il progetto Flauel prevede la confezione di magliette con stampe e accessori. La realizzazione dei capi di abbigliamento sarà interamente curata da noi, da capo a fondo, anche se al momento ci stiamo anco-
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ra appoggiando a un laboratorio di stampa, ma prevediamo di diventare autonome in futuro. Le magliette sono tutte realizzate da Flavia: il disegno, i modelli, la stoffa, le misure, e poi il taglio e il cucito. Non saranno banali, ma assolutamente particolari, magari asimmetriche, perché no con pizzi e ricami, mentre i disegni da applicare saranno realizzati a mano, personalizzabili anche quelli, su ordinazione. Il senso della nostra idea e del nostro lavoro è di creare due cose separate che possano poi essere unite a seconda dei gusti: ci saranno da una parte i modelli delle maglie e i vestiti, dall’altra i disegni. Non imponiamo una maglia stampata in un determinato modo, si può scegliere: molte volte troviamo maglie di cui ci piace il modello ma non la stampa, e a qualcuno magari interessa la maglietta senza stampa. Tutto è possibile, non c’è nulla di obbligatorio! E per quanto riguarda gli accessori? Abbiamo fatto nostra la politica del riciclo: per i nostri progetti prevediamo anche la realizzazione di accessori con camere d’aria. Si possono ricavare accessori vari: collane, bracciali, gioielli, ma anche inserti per le maglie e borse. Anzi, le borse sono la cosa migliore: sono resistenti, sembrano in pelle e sono difficili da sporcare. Recuperiamo il materiale dai gommisti, che buttano via i copertoni: noi li prendiamo e li laviamo. Poi, in fase di creazione, sono sufficienti una macchina da cucire, qualche utensile per fare i buchi,
un taglierino, insomma, li trattiamo come una cosa normale. Come nasce Flauel? Ci siamo trovate tutte e due laureate o in procinto di laurearci, a mandare mille curricula senza che nessuno ci rispondesse. Guardandoci intorno abbiamo visto persone anche mediocri fare cose, allora ci siamo dette “perché non lo possiamo fare anche noi visto che la grafica e la sartoria sono il nostro pane?”. Abbiamo deciso di creare Flauel sul finire dell’estate 2012 e ultimamente abbiamo iniziato a mettere in pratica le nostre idee. Quindi aprirete uno spazio di vendita? Sì, partiremo prossimamente con un sito per la vendita. Pensiamo che sia il periodo migliore per investire: se fossimo state un’azienda avviata avremmo già chiuso, con i tempi che corrono, invece partendo così, dal basso, possiamo solo salire. Ci sarà anche un’area contatti sul nostro sito: vogliamo lasciare la possibilità di comunicare con noi, per suggerimenti, idee, o per definire tipi di modelli o disegni nuovi. Ovviamente saremo presenti anche sui social network, che sono ormai imprescindibili. So che avete appena realizzato il vostro primo progetto importante… Sì, grazie alla disponibilità e gentilezza di Fabrizio Bosso! È stato il nostro primo progetto concreto, nato quasi per caso da un incontro durante un concerto di Fabrizio Bos-
INTERVISTANDO... so in provincia di Imperia lo scorso gennaio. Parlando con lui dopo il concerto, è saltata l’imminente laurea di Flavia e l’idea del progetto Flauel, così lui, dal nulla, ci ha proposto di fargli una maglietta per il Festival di Sanremo, a cui avrebbe partecipato con Raphael Gualazzi. Siamo rimaste ammutolite! Eravamo felicissime, ma dall’altra parte terrorizzate: con lui non si poteva sbagliare, dovevi azzeccare al primo colpo e ci aveva dato carta bianca, non sapevamo niente dei gusti, e nemmeno le taglie! Invece, poi, è andata bene mi pare di capire… Eh sì. Abbiamo pensato per lui una maglietta in doppia versione, a manica corta e lunga, bicolore, e una volta realizzate gliele abbiamo portate. Ci siamo visti in un bar a Sanremo, davanti all’Ariston, era con la sua manager e ci ha offerto un caffè, poi si è provato la maglietta in bagno, eravamo terrorizzate, ci guardavamo come a dire “speriamo che vada tutto bene”… Beh, è uscito e gli stava benissimo! Cinque minuti dopo l’hanno chiamato al cellulare da Radio Rai Uno per un’intervista e lui ha detto “vabbè dai non mi cambio, ci vado con la vostra maglia”, per cui nell’intervista video [che è visionabile su Youtube cercando “Raffaele Roselli e Cladia Fayenz intervistano Fabrizio Bosso - 12 febbraio 2013”. Ndr] si vede la nostra maglietta! Quello sulla maglietta di Bosso è il vostro logo, di cosa si tratta? È la stilizzazione di un tatuaggio, rappresenta una fenice, simbolo di rinascita e forza interiore: abbiamo deciso di farne il nostro logo perché il nostro progetto sposa benissimo questo significato. E si adatta anche per le linee che sono molto delicate, sinuose: è casuale ma a molti
ricorda una chiave di violino. Per il nome Flauel, invece, è stato molto divertente: all’inizio volevamo chiamarci Flama, ma esisteva già, allora ci siamo messe a cercare di creare qualcosa con i nostri nomi e alla fine abbiamo lasciato perdere le iniziali e optato per Flauel, che a suo modo richiama sonoramente quell’idea di fluidità e sinuosità del disegno, era anche lui in linea e ci sembrava carino. Progetti per il prossimo futuro? Ora iniziamo a muoverci sul versante magliette, poi in futuro potremmo anche dedicarci ad altro, biancheria per la casa per esempio. Potrebbe
esserci durante l’estate la collaborazione con qualche musicista, ma non vogliamo dire di più. Intanto ci ha fatto molto piacere ricevere i complimenti, tramite Fabrizio Bosso, di Raphael Gualazzi, che a Sanremo ha avuto modo di vedere le nostre magliette e ha apprezzato molto il nostro lavoro.
Alessandra chiappori
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TEATRO
IL TEATRO E ALTRE CONTAMINAZIONI ARTISTICHE. Quando il teatro incontra arti al di fuori di sè il risultato è del tutto inedito. Molte sono le sperimentazioni, pochi gli ottimi risultati ai quali si assiste. Tra quelli che non esimo dal ritenere d’effetto è la sperimentazione di Vincenzo Schino e del suo gruppo Opera, che con questo nome dal 2010 studia il teatro approfondendo il suo rapporto soprattutto con le arti visive e la musica. Opera è formato da ballerini, attori, scenografo e organizzatore che insieme danno vita a una ricerca artistica di ampio respiro. La scoperta folgorante con questa compagnia è avvenuta al Festival delle Colline Torinesi nel 2011, quando Opera ha presentato l’ultima produzione: Sonno. Dall’incontro in scena tra le opere dell’artista settecentesco Goya e il Macbeth di Shakespeare, si è dato vita a un esperimento ben riuscito di commistione tra
arte visiva e drammaturgia che oggettivamente può piacere o meno, ma non può essere confinato in un’esperienza isolata. La possibilità e la necessità dell’uomo di tutte le epoche di rappresentare il proprio vivere davanti alla comunità di appartenenza, attraverso il teatro, torna oggi a invadere le scene, segno che l’uomo porta in sé da sempre le stesse esigenze. In particolare con Sonno e le altre produzioni di Opera il pubblico percepisce che ciò a cui assiste è condivisibile dalla propria mera esperienza. In questo caso specifico si entra in un sogno sovrastato da un ritratto che obbliga l’uomo a misurarsi continuamente con se stesso e a rimbalzare dal suo stato di veglia in cui tutto è regolare, a quello del sonno profondo in cui i misteri e i le immagini più inaspettate invadono lo spazio della mente e del palco. Il silenzio è im-
portante e in Sonno la percezione è interamente visiva. È tutto al limite tra vita e morte: pare che da un momento all’altro la stabilità delle immagini, dei corpi in movimento, degli oggetti cada e lasci spazio al vuoto, al non vivente. Un po’ come il cerchio della vita: a un certo punto l’Essenziale irrompe e costringe ciascuno personalmente a guardare dentro di sé, ma anche sé come in un ritratto, accettandone le oscurità e i misteri.
Barbara Mastria
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ARTINTIME THE AFTERGLOW Non fatevi ingannare dal nome: gli Afterglow, pur essendo fortemente influenzati dal mondo inglese, sono italiani. La band nasce nell’estate del 1998 a Torino e fin dai primi anni è condizionata da numerosi cambi d’organico e di ruoli. Al centro di queste evoluzioni rimangono però due punti fissi della formazione: il bassista di madre inglese e padre italiano Dave Timson (poi voce) e il tastierista, Mik Lennard (poi spostatosi alle chitarre). Dal 2003 al gruppo si aggiungerà il batterista Alex Cherry, dando una maggiore definizione ritmica alla band che, nel frattempo, ha iniziato a crearsi un sound dalla potenza sonora di una vera rock band anglosassone. In questi anni di gavetta, sull’onda della sperimentazione musicale, la formazione torinese compone e registra numerosi demo fino a quando uno dei pezzi registrati non arriva a Valerio Meletti (responsabile dell’etichetta Ethnoworld), che permetterà al gruppo di entrare in contatto con la casa discografica britannica Silent Revolution Ltd. Esce così, nel 2004 il primo EP ufficiale “Modern Life Virus”, presentato nel gennaio del 2005 sul palco del Bull&Gate Pub di Londra e distribuito contemporaneamente in Italia, Inghilterra e
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Germania. L’album d’esordio contiene solo poche tracce, ma piuttosto emblematiche delle sonorità della band; uno su tutti il brano scelto come singolo, “Journey”, trasmesso nelle radio italiane, londinesi e su Mtv. Sempre nello stesso anno esce un nuovo lavoro della band, “Love’s The Cure”, mixato come il precedente da Dario Ravelli, in cui compare “Love”, pezzo che permetterà al gruppo torinese di varcare i confini europei avventurandosi alla conquista degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia e che darà il via al tour italo-londinese dei The Afterglow. Messi sotto contratto dalla EMI UK, nel 2006 fanno uscire “Decalogue of a modern life”, lavoro che vede la partecipazione al mixer di Steve Orchard (già produttore di grandi come Paul McCartney, Peter Gabriel, U2, Coldplay e Travis) e permette loro di affiancare sui palchi di tutta Europa grandi artisti come, ad esempio, gli Editors. Ormai lanciati nel panorama musicale rock partecipano per la terza volta consecutiva al Hub Festival di Liverpool e, nel 2009, producono “Sorry.”, il loro quarto lavoro. Nel 2012, infine, la band torna a lavorare in studio con Steve Orchard per registrare il nuovo singolo, “I still go”, un’esortazione a
non mollare mai (nemmeno in tempi di crisi) in perfetto stile Afterglow. Una ballata rock, quasi intima, orecchiabile e immediata, pensata per coinvolgere tutti; il videoclip stesso della canzone è presente sul web in più versioni, ciascuna realizzata con i contributi video dei fans. Insomma, i The Afterglow, attraverso il loro stile britpop dai testi inglesi e le sonorità trascinanti hanno davvero tanto da dire. Come di consueto vi lascio qualche brano: un tocco di “Before the Afternoon”, un assaggio di irriverenza con “All of You (Piss me Off)” e, per concludere, un sorso di sound british con“Setting Sun”. La BBC6 li ha definiti così: “The Afterglow are a fucking good, highly talented, pop-rock band”. Qualcosa vorrà pur dire, no? So, Enjoy!
Angelica Magliocchetti
MUSIC
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ARTINTIME L’INSOSTENIBILE PESO DELLA SOLITUDINE È possibile ricamare insieme dolore e delicatezza, peso e dolcezza? Liz Moore, in “Il peso”, trova l’alchimia perfetta e ci regala uno straordinario romanzo che colpisce giù, nello stomaco, come un pugno scomodo, ma che è capace al contempo di accarezzare l’anima, gentilmente, quasi fosse una piccola fiamma che scalda un angolo, in distanza, ma sempre presente. È pesante questa storia, ma non nel senso comune e negativo del termine: si fa leggere, scorrendo veloce le sue centinaia di pagine. Ad essere dura, amara e difficile da far propria e condividere è la condizione dei protagonisti, personaggi stagliati in un firmamento di triste e ineludibile solitudine, che, chini sul macigno della propria esistenza, conducono vite interiori devastanti, il cui riflesso sull’esteriorità delle abitudini e comportamenti non può che esprimere immenso e impagabile dolore. Si vorrebbe far qualcosa per loro, tendere una mano verso le pagine per farli aggrappare, farli sfogare, rassicurarli che la vita è altro, molto altro, di bello e felice. È una storia pesante per una sintonia implicita con l’aspetto fisico del protagonista, Arthur, ex professore universitario, con la sua venefica abitudine di stare chiuso in casa, senza mai mettere piede fuori, privo di ogni rapporto sociale, anche il più banale. Una situazione che ha del paradossale ma che forse, proprio per questo, porta a pensare che così lontana dalla realtà, in fondo, questa situazione non sia.
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Lo è ancora, una storia pesante, per la misteriosa malattia di vivere di una donna che, quasi senza esserne perfettamente cosciente, pilota verso un baratro dopo l’altro le esistenze di chi di più caro ha intorno, in primis il figlio, adolescente forte e fragile, disperato dall’orrore vissuto e dalla voglia di vivere e realizzare se stesso. Ne risulta, per tutte le pedine in campo, una solitudine che mozza il fiato, la sensazione di un’uscita impossibile, di una salvezza ormai evaporata. Invece no, lo intuiamo fin dal principio di questa storia così intima e a suo modo crudele: Liz Moore lancia un messaggio che, pur scavando nella disperazione più pura, grida forte umanità e vita. Nelle pagine del romanzo non c’è solo dolore: c’è profonda e bellissima umanità, l’unica arma possibile per sopravvivere in una giungla nera di malessere. La ricetta è sì difficile, ma uscire dal buio è possibile. Passo prioritario: la gente. È quella fiammella di speranza e umana volontà che permette al protagonista di recuperare il rapporto diretto con le persone, confinate dietro la porta di casa serrata agli altri per coltivare una solitudine invitata e cercata. Voci, pensieri, parole: dalle persone che piano piano tornano ad affollare la sua vita, il protagonista recupera un’umanità da cui era stato spaventato, alla quale la sua fragilità non aveva saputo tener testa. La speranza, in Arthur, non è svanita, lo percepiamo, e in fondo lo sa benissimo anche lui, ciò che
gli manca sono un incoraggiamento sincero e un esempio di cui fidarsi, una volontà fatta di forza interiore che sembra labile e più volte torna e scompare, lasciando le cose a metà. Mentre l’adolescente lotta e si divincola, cadendo e vivendo la disperazione per la prima volta, ribellandosi senza trovare una strada, ma con la folle voglia di uscirne, di trovare ossigeno, il professore si adagia sul suo dolore. Nessuno dei due è chiuso nel proprio male: l’apertura, il contatto con le persone e la sincerità dell’ammettere il proprio bisogno di aiuto, alla fine, li salveranno. Una risalita niente affatto scontata e un finale che resta aperto, ma aperto su quella porta di casa che, ora, sa schiudersi per lasciar guardare fuori, dove c’è, e continua a vivere, il mondo. In fondo al dolore pesante di questa storia c’è una carezza lieve, una condivisione di sensibilità spesso soffocate, lo slancio verso gli altri che, quando anche ci feriscono nel più profondo nel nostro io, sono gli unici aiutanti possibili contro il male che il peso della solitudine, insostenibile e venefico, infligge. Oltre la cortina insormontabile del dolore, un inno alla vita, una via aperta per camminare ancora a testa alta nel mondo.
A lessandra Chiappori
BOOKS
“Mentre lei era in cucina ho abbassato un attimo la guardia e ho aperto il mio cuore e ci ho lasciato entrare un sacco di dolore che mi era rimasto accanto per gran parte della mia vita e ho riflettuto sul fatto che gli uomini che verranno a indagare in casa mia dopo avere ricevuto parecchie segnalazioni dai vicini troveranno un cadavere vecchio e grasso che non ha parenti e soltanto un mucchio di carte che diranno: questo è un essere umano, era un uomo con una storia” Liz Moore, Il peso, Neri Pozza, 2012.
Liz Moore Un po’ scrittrice e un po’ musicista, Liz Moore, che attualmente insegna alla Holy Family University di Philadelphia, città dove vive, segna con “Il peso” il suo esordio italiano. Il libro, che prima di essere notato da Neri Pozza ha ottenuto uno straordinario successo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, esce a cinque anni dal primo vero esordio in narrativa dell’autrice, “The Words of Every Song”, apparso nel 2007. La passione parallela a quella letteraria è per la Moore la musica: cantante e autrice di testi, ha da poco pubblicato “Backyards”, il suo ultimo album di inediti.
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ARTINTIME SPRING SPREE AT KEW GARDENS La primavera ormai alle porte mi sembra il momento più adatto per parlarvi della mia magnifica visita ai Kew Gardens e ai suoi delicati fiori. A sud-ovest del centro città, appena prima della lussureggiante zona di Richmond, sorgono i Royal Botanic Gardens, una vera e propria benedizione per chi vuole rifuggire l’aria malsana di Londra ed essere accolto da gioiosi boccioli e piacevoli prati verdi. Con oltre 250 anni di storia alle spalle, questi giardini sono tra i più famosi al mondo e, da dieci anni, dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Lo scopo dei curatori è quello di “ispirare ed eseguire in tutto il mondo la conservazione delle piante basata su principi scientifici, potenziando così la qualità della vita”. Grazie a scienziati, collezionisti, architetti d’esterni e giardinieri, questi particolari terreni sono cresciuti e si sono sviluppati costantemente. La creazione dei giardini è da attribuire a Lord Capel John di Tewkesbury, ma la vera fondatrice è in realtà la principessa del Galles, Augusta, che assunse William Chambers, un ambizioso giovane architetto, per espandere e costruire strutture decorative (come ad esempio la Pagoda, 1762) ancora oggi intatte. Fu, inoltre, la regina Victoria, bis-bis nonna di Elisabetta II, che nel lontano 1898 rese accessibile al pubblico il Kew Palace. Lo scenario è da togliere il fiato: 300 acri esplorabili da soli o con tour guidati (guide vo-
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lontarie sono messe a disposizione gratuitamente dopo il pagamento del biglietto d’ingresso), godendo a pieno dell’incredibile silenzio che vi circonda. La magnificenza delle piante vi stregherà: innumerevoli bulbi, insoliti boccioli tropicali e l’esposizione marina attendono solo di essere scoperti. Le serre sono una delle attrazioni principali. La Temperate House, la Waterlily House, la Bonsai House, la Alpine House e la Evolution House, donata dal governo australiano nel 1949. Sono entrata nella Palm House, costruita da Decimus Burton tra il 1841 e il 1849. Un edificio in tre parti che ospita una vasta selezione di piante corredate da interessanti curiosità da leggere. Al piano terra scoprirete di più sul bambù gigante, la Fishtail Palm che fiorisce fino al suicidio, l’albero della mostarda, la Periwinkle del Madagascar, una pianta che si è dimostrata inestimabile per la lotta contro il cancro e tradizionalmente usata come rimedio per il diabete e problemi digestivi.Un breve viaggio tra le specie tropicali divise zona per zona, dalle americane alle africane alle indiane: potrete vedere la pianta del caffè con i suoi frutti di un rosso intenso, l’albero del cacao, le bacche del pepe nero
e lo Starfruit, un albero originario di Java e dello Sri Lanka i cui frutti hanno poteri dissetanti e possono essere usati come cura per l’eczema, la febbre e il post sbornia. Buona notizia, per i “party animals” in particolare: i frutti si trovano anche al supermercato, non c’è bisogno di scapicollarsi verso i Kew Gardens! Non solo la flora ma anche la fauna è presente nella Palm House. Nel seminterrato tantissimi pesci in acquario vi faranno sentire come un bambino in un negozio di caramelle. Semplicemente deliziati! Alcuni nomi potrebbero farvi ridere (la sottoscritta ha ridacchiato al suono delle parole Gardenia Cornuta ed Episcia) e molte sorprese vi attendono dietro ai cespugli. Quindi non fatevi cogliere impreparati se un pavone vi attraversa la strada. Colori in ogni angolo, tutti i mesi dell’anno. I Kew Gardens sono assolutamente da visitare se amate la natura con la “n” maiuscola. E non solo.
FROM LONDON Spring is knocking at our door, so it seems to me the right time to share the amazing experience that was going to visit the Kew Gardens and seeing its delicate spring flowers display. South West of the city centre, slightly before the wealthy area of Richmond, the Royal Botanic Gardens are a blessing for those who want to escape London polluted air and be welcomed by joyful blossoms and pleasing green. With more than 250 years of history these gardens are the world’s most famous and, from ten years, declared an UNESCO’s World Heritage site. The aim of the curators is “To inspire and deliver sciencebased plant conservation worldwide, enhancing the quality of life”. Thanks to scientists, collectors, landscape architects and gardeners these peculiar grounds have grown and developed constantly. The creation of the Gardens is to be attribute to Lord Capel John of Tewkesbury, but the real founder of the botanic gardens at Kew was Augusta, Princess of Wales who hired William Chambers, an ambitious young architect, to extend and build decorative structures (such as the Pagoda, 1762) that still last nowadays. Was Queen Victoria, great-great-grandmother of Queen Elizabeth II, to admit general public to Kew Palace in the late 1898. The beautiful scenery is overwhelming, 300 acres that you can explore with a special tour (volunteer free guides are available) or simply wander, enjoying the silence that surrounds you. The magnificence of the plants will capture your eyes: innumerable bulbs,
unusual tropical blooms and The Marine Display await to be discovered. The Glasshouses are ones of the main attractions. The Temperate House, the Waterlily House, The Bonsay House, the Alpine House and the Evolution House, donated by Australian government in 1949. I entered the Palm House, made by Decimus Burton between 1841 and 1849. A three section building that offers a wide rage of plants with interesting facts to read. On the ground floor find out more about the giant bamboo, the Fishtail Palm that flowering itself to death, the Mustard Tree, the Madagascar Periwinkle, a plant proved invaluable in the fight against cancer and traditionally used as a remedy for diabetes and digestive ailments. A small journey into tropical species divided region by region, from the Americans to the Africans and Indians: you can see the coffee plant and its glossy red fruits, the cacao tree, Black Pepper berries
and the Starfruit, native to Java and Sri Lanka the fruits of this tree are excellent thirst quencher and can be used as medicine for eczema, fevers and hangovers. You can buy them in your local supermarket though, no need to rush to the Gardens, good news for you party animals! Also fauna is available downstairs the Palm House. A huge selection of fish in tank and you would feel like a kid in a candy shop. Simply delightful! Some names might make you laugh (I was giggling at the sound of Gardenia Cornuta or Episcia) and surprises hide behind any bush. So don’t be unprepared if a peacock crosses your path. Colours are around every corner, all months of the year. The Kew Gardens are a must see for lovers of Nature.
Cristina Canfora
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ARTINTIME In collaborazione con Spazio San Giorgio, Bologna
LUIGI LEONIDI IT’S A VERY QUACK WORLD
Ilaria Chiesa
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Nelle tele firmate Leonidi, sbocciano ritratti di paperi retrò dal sapore malinconico. Fantastici oli su tela, che rendono un aspetto laccato e smaltato. Gli occhioni dei paperi sono grandi, giganti, sgranati, sempre aperti sul mondo circostante, veri e propri universi paralleli e mondi incontaminati, anche spauriti, di chi ha mille interrogativi per la testa, ma è troppo pigro per risolverli. “To be or not to be?” Sparire o continuare a occupare tele e ancora tele? Echi amletici affliggono il povero papero, che è atterrito, quasi sgomento, afflitto da questa strana cosa chiamata esistenza. Tra tortuosi dilemmi e ironie sprizzanti Donald Duck ci appare sotto una forma diversa dal solito personaggio avvolto dalla sfortuna, con una “coscienza troppo cosciente”, un esistenzialismo stravagante che ci fa riflettere. Una cosa certa è che la tecnica a olio usata da Leonidi è molto ben fatta, l’artista ci regala dei Paperi che sembrano uscire dalla tela, con i volumi e le ombre, con i grandi bulbi oculari, e ambienti e oggetti, da iperrealismo magico, o meglio pop. Più veri del vero Donald Duck, i paperi di Leonidi fanno sorridere lo spettatore con amletiche sfortunate situazioni.
MIX-ART
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ARTINTIME QUATTRO PASSI SUL SENTIERO DORATO Il meraviglioso mondo di Oz dal 1900 al 2013 Il 17 maggio del 1900 veniva pubblicato negli Stati Uniti un romanzo che avrebbe cambiato radicalmente la storia della letteratura d’infanzia mondiale: “The Wonderful Wizard of Oz”, scritto da L. Frank Baum. La storia di Dorothy, la ragazzina del Kansas, che a causa di un tornado finisce nella meravigliosa terra di Oz, incanta da più di cento anni grandi e piccini, non solo attraverso gli intramontabili romanzi (furono ben tredici), ma anche attraverso le trasposizioni cinematografiche e soprattutto il musical. La prima rappresentazione del mago di Oz a Broadway fu nel 1902 e andò in scena fino al 1911; tra il 1910 e il 1914 vennero poi realizzati numerosi film prodotti dallo stesso Baum, fino a quando nel 1939 arrivò il film destinato a segnare indelebilmente la storia del cinema. Con un delizioso vestito blu e bianco e una voce da canarino, vestiva i panni di Dorothy la bravissima e intramontabile stella del cinema Judy Garland, icona ormai perfetta del personaggio, anche se un po’ grandicella per interpretare la bambina del Kansas. Diretto da Victor Fleming, che nello stesso anno stava realizzando anche “Via col Vento”, The Wizard of Oz era sicuramente qualcosa di innovativo nel mondo del cinema, veniva infatti utilizzata una tecnologia che nel 1939 era riservata solo alle grandi produzioni: il technicolor. Le scarpette rosse di Do-
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rothy, il sentiero dorato e la strega verde non erano più destinati a restare nell’immaginario dello spettatore, erano un piacere per gli occhi, i colori sgargianti dei Mastichini, e del meraviglioso mondo di Oz, si scostavano radicalmente dall’introduzione e dall’epilogo della vicenda, dal Kansas in bianco e nero. La macchina dei sogni cinematografica metteva in scena una visione onirica, e lo faceva nel modo più affascinante: usando il colore. Dopo questa grande produzione, fu la Disney a realizzare nel 1985 il seguito intitolato: Nel fantastico mondo di Oz. Da lì in avanti il mondo cinematografico si fermò. Dieci anni dopo negli Stati Uniti veniva pubblicato un nuovo romanzo che vedeva protagonisti i personaggi del mondo di Oz: la strega verde Elphaba e la strega buona Glinda, insieme a Fyiero, Nessarose, gli Ozians, il Mago, le scimmie volanti. Titolo: “Wicked: Life and time of the Wicked Witch of the West”, in Italia è poco conosciuto ed è stato tradotto con “Strega: Cronache dal mondo di Oz in rivolta”. Oltreoceano il libro ha avuto molto successo, tant’è vero che vanta anche un seguito: “Son of a Witch”, che in Italia è attualmente inedito. Il primo romanzo è stato notato da alcuni produttori di Broadway che hanno deciso di farne un musical: “Wicked”, andato in scena per la prima volta nel 2003 negli Stati Uniti, nel 2006 è arrivato anche a Londra e per i fan del Mago
di Oz è uno spettacolo assolutamente da vedere. Nel 2011 Andrew Lloyd Webber ha voluto contribuire anche lui, ponendo il suo mattone giallo nel sentiero dorato, realizzando il musical “The Wizard of Oz”, che è stato costruito partendo dalle musiche originali del film del 1939, riadattate e riarrangiate insieme ad altre scritte appositamente per la nuova produzione. Interessante il modo in cui è stata scelta Dorothy, la produzione ha infatti selezionato la protagonista attraverso un talent televisivo esclusivamente dedicato alla bimba del Kansas. L’ultimo passo lungo il sentiero dorato è stato compiuto proprio quest’anno da Sam Raimi, il quale ha realizzato il film “Il grande e potente Oz”. A interpretare il mago più famoso del secolo scorso, soppiantato dal 2000 da Harry Potter, è stato scelto l’attore James Franco. Il lavoro condotto da Raimi a livello registico è sicuramente notevole e dimostra quanto lo stesso attore abbia voluto tenere in considerazione la pellicola del 1939. Il film infatti inizia nel Kansas, in un formato 4/3 e soprattutto in bianco e nero, memore di quella stessa fattoria della piccola Dorothy. Il mago, Oscar, è un mago da fiera, uno di quelli che con quattro trucchi ben selezionati e ben fatti riusciva a incantare il pubblico. Ancora una volta è un uragano a trasportarlo nella meravigliosa e coloratissima terra di Oz, dove conosce tre streghe: le sorelle Theodora ed Evanora
MOVIES...
e Glinda. Egli è il mago che tutti stanno aspettando, colui che salverà la terra di Oz dalla malvagia strega. Ma chi è questa malvagia strega che libera al suo comando le scimmie volanti che portano morte e desolazione nel regno? Il mago lo scoprirà grazie all’aiuto di Finley e della fanciulla di porcellana. Sarà un viaggio indimenticabile, pieno di colpi di scena e scenari mozzafiato. Molto curati i modi in cui vengono mostrati e utilizzati tutti i giocattoli ottici che usavano i maghi di fiera di fine Ottocento e inizio novecento. La storia è ben strutturata e bilanciata nelle sue parti, sembra davvero di essere ritornati nella Oz del 1939, bella, colorata e magica, questa volta anche in 3D, ma come ci mostrano i titoli di testa, questo 3D non è poi un’invenzione del nostro secolo. All’inizio del viaggio lo spettatore viene infatti trascinato
all’interno del castello Disney che per l’occasione è stato suddiviso in layer 2D: posti in successione uno dietro l’altro, questi danno un’idea di profondità, ricordano i diorami teatrali e mostrano ancora una volta che il 3D è strettamente connesso al cinema, gli occhialini sono solo un surplus, un’accentuazione della tecnologia. “Il grande e potente Oz” riesce nel suo intento di essere una fiaba, ogni personaggio riveste il suo ruolo senza cadere nell’ambiguo e, quando uno di loro cambia, lo fa in modo chiaro e netto, diventando buono o cattivo a seconda dello sviluppo della trama. A questo punto viene da domandarsi: quale sarà il prossimo passo lungo il sentiero dorato?
Francesca Cerutti
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ARTINTIME DA APRILE AL CINEMA! Come un tuono Lucky Red Regia: Derek Cianfrance Genere: Thriller Trama: Luke e Romina sono una coppia proletaria della periferia di New York, lui lavora come stuntman lei come cameriera. In gravi difficoltà economiche e con un figlio, Luke decide di darsi alla criminalità, rapinando banche. Questo lo metterà in contrasto con Avery Cross, ex poliziotto riciclatosi in politica. Interpreti: Bradley Cooper, Ryan Gosling, Eva Mendes, Rose Byrne, Ben Mendelsohn. Lo attendiamo perché: ancora una volta Derek Cianfrance dirige un film con protagonista Ryan Gosling. Curiosità: il regista ha dichiarato che questo film potrebbe essere definito “Il cacciatore” che incontra “Il padrino”. Uscita: 4 aprile
Bianca come il latte, rossa come il sangue 01 Distribution Regia: Giacomo Campiotti Genere: Drammatico Trama: Leo ha sedici anni e poca voglia di studiare, tenta di dichiararsi a Beatrice, la ragazza dai capelli rossi che frequenta il suo liceo. È difficile trovare il momento adatto. Aiutato dagli amici Niko e Silvia e da un prof sopra le righe, riuscirà a parlarle e a dirle cosa prova per lei? Interpreti: Filippo Scicchitano, Aurora Ruffino, Luca Argentero, Romolo Guerreri, Gaia Weiss Lo attendiamo perché: è tratto dall’omonimo libro (bestseller) di Alessandro D’Avenia. Curiosità: Il film è stato girato a Torino e Alessandro D’Avenia ha seguito molto attentamente la realizzazione, dai casting alle riprese. Uscita: 4 aprile
Oblivion Universal Pictures Regia: Joseph Kosinski Genere: Azione Trama: Jack Harper è uno degli ultimi riparatori di droni operanti sulla Terra, parte di una massiccia operazione per estrarre risorse vitali. Dopo decenni di guerra contro una terrificante minaccia conosciuta come Scavs, la missione di Jack è quasi terminata. Interpreti: Tom Cruise, Morgan Freeman, Olga Kurylenko, Andrea Riseborough, Nikolaj Coster-Waldau. Lo attendiamo perché: Joseph Kosinski è lo stesso regista di Tron Legacy Curiosità: le riprese del film si sono svolte in California, Luisiana e qualche scena anche Reykjavik in Islanda. Uscita: 11 aprile
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MOVIELIST - APRILE... A cura di Francesca Cerutti
Tutto parla di te Bim Regia: Alina Marazzi Genere: Drammatico Trama: Pauline ritorna a Torino dopo una lunga assenza. Partita per fare una ricerca sull’esperienza e i problemi della maternità, si ritrova ad affrontare il suo passato, dove ha sepolto un segreto doloroso. Interpreti: Charlotte Rampling, Elena Radonicich, Valerio Binasco, Maria Grazia Mandruzzato Lo attendiamo perché: la regista milanese ha sviluppato un discorso materno attorno al corpo della donna e al ruolo di madre, come già fatto nei film precedenti. Curiosità: ancora una volta torna nel percorso cinematografico di Alina Marazzi la figura della donna. Uscita: 11 aprile
Treno di notte per Lisbona Archibald Enterprise Film Regia: Bille August Genere: Drammatico Trama: Ogni mattina, il professor Raimund Gregorius si reca nella scuola di Berna dove insegna. Ma una mattina riscrive per sempre il suo percorso: una ragazza disperata è in procinto di buttarsi da un ponte ed è proprio Raimund a fermarla prima che sia troppo tardi. Interpreti: Jeremy Irons, Mélanie Laurent, Jack Huston, Martina Gedeck, Tom Courtenay. Lo attendiamo perché: è sempre interessante notare come un romanzo si trasforma in film. Curiosità: è tratto dall’omonimo romanzo di Mercier Pascal. Uscita: 18 aprile
Iron Man 3 Walt Disney Regia: Shane Black Genere: Azione Trama: Quando Stark vede il suo mondo distrutto per mano del suo pericoloso antagonista, intraprende una dura missione alla ricerca dei responsabili. Interpreti: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Guy Pearce, Rebecca Hall. Lo attendiamo perché: dopo i primi fortunatissimi due Iron Man e il primo episodio di The Avengers, tutti sono curiosi di vedere le nuove avventure del supereroe miliardario: Tony Stark. Curiosità: è il secondo Iron Man prodotto dalla Disney. Uscita: 24 aprile
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ARTINTIME RIFF
EUROPEAN CINEMA FESTIVAL
FORUM
Dodicesima edizione per il “Rome Independent Film Festival”, la kermesse cinematografica internazionale dedicata alla cinematografia breve e al lungometraggio, che si svolgerà a Roma presso il Nuovo Cinema Aquila e la Casa del Cinema, dal 3 all’11 aprile. La rassegna, aperta a filmmakers di tutto il mondo, presenterà in anteprima le opere selezionate per le otto sezioni di concorso, e darà spazio a retrospettive, seminari e appuntamenti speciali in cui interverranno autori, giornalisti e personaggi di fama internazionale. Per informazioni sul programma: www.riff.it.
Quattordicesima edizione per il “Festival del Cinema Europeo”, che si terrà dall’8 al 13 aprile a Lecce, presso il Multisala Massimo. La rassegna, come ogni anno, premierà i migliori film, documentari e cortometraggi presentati in concorso da registi italiani e stranieri, e darà spazio a proiezioni, retrospettive, incontri ed eventi speciali. Sei giorni di festival in cui interverranno registi, autori e produttori di fama internazionale, che parteciperanno all’evento con anteprime e sezioni di approfondimento. Per maggiori informazioni: festivaldelcinemaeuropeo.it
Il 10 e 11 aprile arriva il doppio appuntamento con la comunicazione per le imprese e le PA: “Forum della Comunicazione” e “Forum della Comunicazione Digitale” si svolgeranno a Milano presso Piazza Affari. I due eventi riuniranno speaker internazionali, decision maker, manager e delegazioni delle principali associazioni di categoria, che si confronteranno su questioni e problematiche legate al tema dell’edizione: “Welcome to the Social Economy”. Un evento da non perdere dedicato al mondo dei media, del marketing e della comunicazione. www.forumdigitale.it
TORINO COMICS
FUTURE FILM FESTIVAL
.NET CAMPUS
Dal 12 al 14 aprile, presso il padiglione 3 del Lingotto Fiere di Torino, si svolgerà la diciannovesima edizione del salone e mostra mercato del fumetto “Torino Comics”. L’evento, dedicato al fumetto, ai games, al cosplay e al fantastico, accoglierà fumettisti e ospiti provenienti da tutto il mondo, che interverranno in workshop, incontri, presentazioni e appuntamenti speciali. Una manifestazione aperta ad appassionati e semplici curiosi, che potranno ammirare e acquistare pezzi da collezione, partecipare a games e approfondire curiosità. Info su www. torinocomics.com.
Quindicesima edizione per il “Future Film Festival” in programma dal 12 al 17 aprile a Bologna. L’evento, dedicato al cinema, all’animazione e agli effetti speciali, accoglierà i più importanti registi, direttori artistici e creativi del settore, che presenteranno anteprime, backstage di grandi successi e immagini esclusive delle nuove produzioni. Un evento ricco di appuntamenti dedicati alla storia e al futuro del cinema, che comprenderà retrospettive, incontri e approfondimenti sulle applicazioni delle nuove tecnologie. Per informazioni www.futurefilmfestival.org.
Torna l’appuntamento con “.Net Campus” la maggiore conferenza tecnica nazionale dedicata alla tecnologia Microsoft. L’evento si svolgerà sabato 13 aprile e sarà organizzato presso l’Università degli Studi di Roma Tre, che ospiterà consulenti e autori di fama nazionale ed internazionale. Un’opportunità di incontro tra professionisti del settore, aziende e studenti, che avranno modo di partecipare alla manifestazione attraverso il concorso internazionale “Imagine Cup”, che premierà i migliori progetti realizzati con tecnologia Microsoft. Per informazioni: www.dotnetcampus.it.
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EVENTS
A cura di Anna Moschietto
EXPO PIXEL
VITTORIO VENETO FILM FESTIVAL
VICENZA GUITAR FESTIVAL
A Bologna dal 15 al 17 aprile si svolgerà la prima edizione di “ExpoPixel”, la nuova fiera-mercato dedicata ai professionisti della comunicazione digitale. L’evento comprenderà i settori dell’animazione, del digital content, della produzione e post-produzione digitale, evidenziando i nuovi strumenti e tecnologie al servizio del digital entertaiment, i nuovi contenuti, le modalità di integrazione di fiction animata e nuovi media, e le potenzialità delle nuove realtà multi-piattaforma. Un evento da non perdere per i professionisti del settore! Info: www. expopixel.com
Quarta edizione per il festival internazionale di cinema per ragazzi “Vittorio Veneto Film Festival”, che si svolgerà nella città di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, dal 17 al 20 aprile. La rassegna, che si propone di avvicinare il pubblico a un cinema di qualità, oltre alla proiezione delle opere iscritte, comprenderà laboratori, workshop fotografici, mostre, spettacoli, installazioni e concerti che coinvolgeranno il pubblico in tutto il territorio cittadino. Un’iniziativa dedicata ai ragazzi, incentrata sul cinema e sulle principali forme d’arte. Info: www.vittoriofilmfestival.com
Dal 19 al 21 aprile a Vicenza si svolgerà la ventiduesima rassegna nazionale della chitarra elettrica ed acustica “Vicenza Guitar Festival”. Tre giorni dedicati alla musica che vedranno protagonisti alcuni dei maggiori chitarristi italiani e internazionali tra cui Eugenio Bennato, Massimo Varini, Frank Vignola e Pedro Javier González. La manifestazione, che riunisce appassionati e collezionisti di chitarre, proporrà, oltre alla mostra-mercato, seminari di studio e concerti serali con gli artisti ospiti. Informazioni sul calendario dell’evento su www.vicenzaguitarfestival.com.
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL GIORNALISMO
TRENTO FILM FESTIVAL
TORINO JAZZ FESTIVAL
Dal 24 al 28 aprile a Perugia si terrà la settima edizione del “Festival Internazionale del Giornalismo”. L’evento sarà caratterizzato dai consueti concorsi giornalistici “Raccontami l’Umbria”, “Concorso Nazionale Comunicazione, Nuovi Media e Informazione per la Salute” e “Una storia ancora da raccontare”, che quest’anno sarà dedicato a Walter Tobagi. Un appuntamento da non perdere in compagnia di autori, giornalisti e protagonisti del mondo culturale e giornalistico contemporaneo, che popoleranno la città umbra con interviste, presentazioni e confronti. Ulteriori informazioni su www. festivaldelgiornalismo.com.
Sessantunesima edizione per la rassegna cinematografica internazionale “Trento Film Festival”, che dal 25 aprile all’8 maggio coinvolgerà le città di Trento e Bolzano in anteprime, proiezioni ed eventi. Due settimane di manifestazione dedicate al cinema di montagna, all’arte e alla letteratura, che per il progetto “Destinazione..” accoglieranno come Paese Ospite dell’edizione la Turchia. Non mancherà, inoltre, la seconda edizione di “Quo Climbis?”, l’incontro tra alpinisti provenienti da tutto il mondo, in cui interverrà Reinhold Messner. Info sul programma su www.trentofestival.it.
Secondo appuntamento con l’evento musicale “Torino Jazz Festival”, che si svolgerà nel capoluogo piemontese a partire dal 26 aprile. La rassegna darà spazio a incontri, mostre, conferenze, presentazioni, performance teatrali e concerti, che intratterranno il pubblico nelle vie del centro storico. Sei giorni dedicati alla musica jazz italiana e internazionale che vedrà protagonisti alcuni artisti di fama, tra cui Gianpaolo Petrini, Enrico Rava, Roy Paci, Mulatu Astatke, Mccoy Tyner e Dorado Schmitt. Per informazioni sul programma visitate www.torinojazzfestival.it.
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STORIE DI GIOVANI CHE INVESTONO SUL LORO FUTURO
WWW.YOURGENERATIONTV.IT