ART
IN TIME n.10 - Ottobre 2014
ARTE | CINEMA | MUSICA | TEATRO | LETTERATURA | INTERVISTE | EVENTI | LONDON NEWS
ARTINTIME L’EDITORIALE Ottobre, tempo di autunno e castagne, del primo freddo e del rientro ormai totale alla vita lavorativa, progettando magari le prossime vacanze di Natale, che non è poi così distante. Allo stesso modo, la nostra agenda nel giro di un attimo, che ci separa dalla scorsa estate, si è riempita in modo inaspettato, e le settimane che ci dividono dalla fine di questo 2014 si sono scoperte dense di impegni e appuntamenti. Fatica? Forse, un pochino, ma anche tanto divertimento, entusiasmo e soddisfazione, con il costante pensiero che impegnarci al massimo per Artintime sia la cosa più bella e più giusta da fare ora che siamo a questo punto importante del nostro percorso. Arrivate qui al nostro magazine mensile numero 29 (accidenti, tra poco arriva il numero 30, non è emozionante?) ci sentiamo vicine alla vetta, e se non vicine, almeno molto lontano dalle pendici da cui abbiamo iniziato la scalata. Spesso la cordata ha rischiato di frantumarsi, tra alti e bassi che hanno rallentato l’ascesa e hanno fatto pensare e dubitare di potercela fare. Ma poi, fare cosa? Non era forse più importante, in quei momenti, concentrarsi sul momento stesso piuttosto che mirare a un traguardo irraggiungibile senza il contributo di tutti? Viene da pensare che la cosa bella di questo lavoro che è diventato Artintime sia non tanto ciò che ci prefiggiamo di “fare”, che viaggia ancora avvolto da una coltre di nuvole, lasciandosi intravedere senza però mai rivelarsi del tutto, quanto il semplice farlo, tutte insieme. Fare squadra è stato un obiettivo non calcolato nel progetto, ma il team di lavoro – e, diciamolo, un po’ anche di vita – che questa redazione è diventata non è forse il frutto migliore di una scommessa appassionata e appassionante buttata lì quasi per scherzo, alle soglie dell’ormai lontano 2012, quando neanche ancora immaginavamo il percorso che ci avrebbe portati qua, e le sue vertigini! Nonostante le differenze caratteriali di ciascuno, e a discapito dei momenti altalenanti di alti e bassi che hanno a che fare con la quotidianità di ciascuno di noi, questa redazione era e si è concretizzata grazie ad Artintime come un gruppo di amici. Un ambiente in cui, semplicemente, si sta bene, e dentro al quale, con la giusta fatica e le giuste discussioni, ma anche con il coinvolgimento emotivo che si ha solo tra amici, si vive e si collabora insieme per progettare cose che ancora non esistono, ma nelle quali si crede tutti insieme. È bello, è una grande opportunità e privilegio, assolutamente non scontato, lavorare così, in un clima che sa essere elettrizzante e annullare così ogni fatica e stress, che diventano fisici ma anche mentali, e che senza il giusto clima intorno potrebbero realmente inficiare le idee e l’entusiasmo del gruppo. È bello sentirsi in compagnia e mai soli, grazie anche ai sogni e ai progetti di ciascuna, messi insieme in un lavoro che ha bisogno delle mani e delle teste di tutti per essere portato avanti. Questa, in fin dei conti, è la grandissima lezione di vita che Artintime ci ha saputo dare finora dietro ai successi legati ai contenuti, alle scoperte, alle collaborazioni che stiamo costruendo e ci rendono fiere del nostro lavoro. Esiste di meglio? Lavorare insieme, col sorriso, e contente di ciò che si sta facendo! Questo mese la nostra copertina è firmata per voi dall’estro creativo di Alessandra Pagliuca, giovane artista dell’area torinese, per scoprirla potete navigare il suo sito: www.alessandrapagliuca.com E ora, partite insieme a noi! Alessandra Chiappori
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ARTINTIME SOMMARIO 6 . ANGEL OLSEN by Angelica Magliocchetti
8 . DIMANCHE/SUNDAY by Francesca Cerutti
10 . SHAMSIA HASSANI by SQUARE 23
12 . UNA MAGIA SENZA FAVOLE by Alessandra Chiappori
14 . IMPERIA SGRUNT! by Alessandra Chiappori
16 . CHIACCHIERANDO TRA FUMETTI E TAVOLE byAlessandra Chiappori
18 . A CASA DI GUSTAVE MOREAU by Roberta Colasanto
20 . FLORENCE AND ITS ART’S GENIUS byCristina Canfora
24 . BOTTEGA GLITZER by Angelica Magliocchetti
26 . POTERE DELLA MUSICA E DELLA NARRAZIONE
by Alessandra Chiappori
28 . ALESSANDRA PAGLIUCA by Alnna Moschietto
30 . MUG by Francesca Cerutti
32 . EVENTS by Anna Moschietto
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ARTINTIME music@artintime.it
AGNES OBEL Una melodia sospesa, intensa, intima. Un sound cameristico con una buona scrittura pianistica, un songwriting dai toni lievi e una vocalità sussurrata e cristallina. È questo lo stile che caratterizza (e contraddistingue) Agnes Obel, classe 1980, danese. Immersa fin da piccola nel mondo musicale, nel 2010 troviamo il suo primo album solista, “Philharmonics”. Ispirato al pianista e compositore francese Erik Satie, questo lavoro d’esordio ottiene subito un successo nazionale (cinque volte disco di platino in Danimarca) ed internazionale, grazie anche al singolo “Just So “, utilizzato anche per numerose campagne pubblicitarie in tutta Europa. All’album di debutto segue una versione deluxe con cinque inediti e un tour planetario, che porterà in breve la cantante a calcare il palco del Festival di Berlino, del Canadian Music Fest e molti altri. A tre anni di distanza dal primo esce il secondo lavoro, “Aventine” , in omaggio a uno dei colli di Roma
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e prodotto dalla PIAS. L’aggiunta in alcuni brani degli archi (viola e violino), nonché della chitarra e dell’arpa scozzese permettono a questo lavoro di esplorare nuove sfumature, creando così nuove atmosfere, più eteree. Pur restando sempre nella coerenza del sound, si hanno allora alcune perle come la title-track “Aventine”, punteggiata dai tocchi del violino e “The curse”, scandita da battiti trasognati e melodie capaci di incantare dal primo ascolto. Interessante anche l’incipit del lavoro, “Chords Left “, un intro strumentale che vuole essere un legante con il lavoro precedente, un proseguo che porta avanti un discorso intimistico con, a tratti, dei toni melodrammatici. Particolare e di forte impatto, dunque, il sound di questa artista che non smette mai di cercare di migliorare e integrare i suoi temi con aspetti complementari. Per chi volesse allora avvicinarsi di più alle sonorità potenti e soavi di Agnes Obel, non
può mancare l’ascolto della malinconica “Riverside” o dell’estemporanea “Fuel To Fire”. Un viaggio in un altro mondo, una fuga, un rifugio, un potente stacco dalla realtà. Tutto questo e non solo nella musica della cantautrice danese. Non resta, dunque, da dirvi che... Enjoy!
Angelica Magliocchetti
MUSIC
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ARTINTIME movies@artintime.it
TO THIS DAY Raccontare il bullismo, dare voce a chi è oppresso da questa piaga, riuscire a trasformare in immagini le sensazioni provate dalle vittime e il senso di smarrimento e solitudine che esse vivono di fronte a queste manifestazioni violente non è sicuramente un’impresa semplice. Il cortometraggio “To This Day” si propone di raccontare questo fenomeno che oltreoceano è molto diffuso, in particolare nelle scuole superiori, che spesso crea dei gravi disagi e traumi di tipo psicologico. A fare da trait d’union a questa triste testimonianza è la voce narrante che attraverso dei cambiamenti di timbrica e velocità nella narrazione, riesce perfettamente ad aumentare il pathos connesso alla storia raccontata. È un poema scritto da Shane Koyczan creato proprio per analizzare il senso di disagio che causa il bullismo. La solitudine, la non accettazione da parte della società, sono diversi gli stadi che il protagonista di questo cortometraggio attraversa e che lo portano a entrare anche in conflitto con se stesso. La storia non è stata semplicemente immaginata da questo scrittore, egli ha vissuto in prima persona le vicende che ha scelto di raccontare attraverso “To This Day”, realtà percepibile se ci si lascia trasportare dalle immagini presentate.
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Il cortometraggio è interamente narrato in lingua inglese, non esistono versioni sottotitolate, in alcuni punti è difficile seguire e comprendere a pieno quanto viene raccontato, soprattutto nel momento in cui la voce parla più in fretta e con affanno per enfatizzare e comunicare al meglio gli eventi vissuti. La musicalità delle parole e le immagini che le nostre orecchie e i nostri occhi percepiscono sono sicuramente di grande impatto e riescono a sopperire nel momento in cui non comprendiamo completamente la storia. Sono proprio le immagini a colpire maggiormente innanzitutto per le loro differenze: si susseguono di fronte a noi stili estremamente diversi fra loro, disegni stilizzati, personaggi di plastilina, disegni più complessi, forme astratte, sovrapposizioni di ritagli di carta. Sono ben 86 gli animatori che sono stati coinvolti in questo interessante progetto e a ognuno di loro è stato chiesto di contribuire con pochissimi secondi di animazione, soltanto 20. Contaminazione di stili e di mani, uniti per dire insieme il proprio no al bullismo. “To This Day”, nato in Canada, è in breve tempo diventato un successo internazionale, destinato a divenire ben altro oltre a un semplice cortometraggio. Sul sito che racconta il progetto possiamo infatti compren-
dere che è volto ad aiutare le vittime di bullismo. Shane Koyczan esprime proprio la volontà di voler solidarizzare con le vittime di bullismo, in particolare con le famiglie che spesso non sanno come sopravvivere a questo problema e in particolare come aiutare i propri figli. “To This Day” è l’unione delle arti che si mettono al servizio della società; raccontare, mostrare i problemi è spesso sintomo di volerli risolvere. Non è tacendo che si combatte il bullismo, non è nascondendolo, bisogna dare voce alle sue vittime, raccontare per non dimenticare e soprattutto per fare in modo che non accada più. Ecco cosa ha spinto Shane Koyczan a creare “To This Day” che, ricordiamo, è nato nel 2013, ma che a oggi è ancora vivo e attivo. Per scoprire di più su questo cortometraggio e sul progetto potete consultare il sito www.tothisdayproject.com, e potete anche trovare il testo integrale del poema, per meglio comprendere le parole della voce narrante.
Francesca Cerutti
MOVIES
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ARTINTIME
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STREET-ART popart@artintime.it
MONOGRAFF Si chiama “Monograff” il primo graphic novel sul mondo della street art che svela le storie meno note dei suoi più famosi protagonisti. Un esperimento di contaminazione tra stili, secondo la visione monografica che Inward ha deciso di riservare, singolarmente, ai migliori creativi urbani. Il primo volume della collana è dedicato a Etnik, uno dei più apprezzati street artist italiani. Dalla prima formazione agli ultimi anni più internazionali, la storia di Etnik, raccontata a fumetti, segue l’evoluzione stilistica e la crescita personale dell’artista. Nelle vignette dei disegnatori della BookMaker Comics vi sono tanto Pellizza da Volpedo quanto Rockweell, in un abile gioco di citazioni e adattamenti tra la popolarità della nascita del fenomeno e l’ultima destinazione dell’opera agli occhi dei conoscitori. Nato a Stoccolma
(Svezia), Etnik vive attualmente in Toscana e lavora tra Pisa e Firenze. Dagli anni ’90 è uno degli artisti più attivi e completi del writing in Italia. La sua passione non si limita al lettering, arrivando oggi a realizzare tag bi e tridimensionali con uno stile proprio e riconoscibile, ma si apre al disegno e alla pittura in generale offrendogli, nel corso degli anni, l’opportunità di collaborare con i più grandi writers della scena internazionale e realizzare alcune tra le migliori opere murali nel nostro paese. Parallelamente alla creazione di murales, Etnik porta avanti una personale ricerca artistica che nel 2003 vede la luce sotto il nome di “Città prospettiche”: la serie su cui l’artista concentrerà gran parte del suo lavoro su tela e materiale di recupero. “COD:5005” è la nuova serie di opere che incarna la sua attuale ricerca artistica sul lato oscuro della città.
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ARTINTIME books@artintime.it
A PROPOSITO DI UMORISMO Proprio un esordio non è questo esilarante titolo Stile Libero Einaudi dell’ancora non 30enne Marco Marsullo. Il suo ingresso ufficiale nel pantheon degli scrittori risale infatti al 2013 con “Atletico Minaccia Football Club”, libro che ha fatto scoprire al grande pubblico la sua divertita e divertente penna. Già a guardare la copertina di questa seconda storia si sorride, di quei sorrisi destati un po’ dall’assurdo e dal paradossale di un titolo lunghissimo e dai toni epici con cui si introducono un’emittente religiosa e un ordine di monache definite addirittura miserabili. E poi ci sono quei quattro vecchietti che gloriosamente e fieramente attraversano la loro Abbey Road come quattro eroi. Agile, il narratore, Rubirosa, Brio, Guttalax, eccoli qui i quattro eroi protagonisti della vicenda, quattro vecchietti ospiti della casa di riposo Villa delle Betulle, fondamentalmente però, come presto si capirà, quattro grandiosi amici. Tra toni di estrema ironia al limite del surreale, Marsullo intesse una sfrenata e divertentissima avventura che porterà i nostri quattro fuori dalle mura della casa di riposo, non per assistere alla beatificazione di Giovanni Paolo II, come progettato dalle MM, le Miserabili Monache, ma per un fine ben più guerresco, occupare cioè l’emittente televisiva Rete Maria per recitare come si deve il santo rosario. La conquista
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ha tutti gli attributi della vera e propria avventura: piani segreti, strategie, nemici, un investigatore privato, armi (fenomenale l’infallibile fionda di Brio, soprannome dovuto al parkinson, malattia che tuttavia non gli impedisce di avere una mira da cecchino), rapimenti, duelli. “L’audace colpo…” è la brillante, giocosa e tenera (sotto mentite spoglie, occorre dirlo!) storia della rivalsa di quattro vecchietti che vogliono a tutti i costi non cedere davanti alla loro esistenza quasi giunta al capolinea e, forti dell’amicizia che li lega, si accaparrano il diritto di godersi ancora un po’ la vita e riprendersi la propria libertà. A legare gli esilaranti episodi di una fuga a Roma che ha tutto della gita scolastica tra adolescenti, compresa la storia d’amore finita cinquant’anni prima, a cui Agile deve porre un dignitoso e un po’ vendicativo termine, un senso di velata malinconia che tanto ricorda gli insegnamenti pirandelliani sull’umorismo, la migliore arma contro la resa alla tristezza della solitudine e della vecchiaia. Ma, per quanto l’attenzione del lettore si focalizzi anche su questo aspetto, che è parte integrante della trama e la impreziosisce di riflessioni e di quel po’ di sana commozione che fa parte dei bei romanzi, è davvero impossibile non lasciarsi contagiare dalla freschezza della narrazione, dal suo ritmo sfrenato e dalle irriverenti battute di
questa banda di vecchietti scatenati. Irresistibilmente ironici sono per esempio i soprannomi di ogni personaggio, o le improbabili armi di Brio, che traffica informazioni come un perfetto agente segreto e con lo stesso addestramento si aggira durante le missioni degli audaci quattro. La narrazione, condotta sempre da Agile con l’eccezione di quattro capitoli in cui il punto di vista cambia facendoci di volta in volta ripercorrere la stessa festa vissuta da ciascuno degli eroici vecchietti e dal loro assurdo amico barbone di nome Montepulciano, raccolto per strada, è esilarante. All’autore non sfuggono infatti i cliché tipicamente attribuiti agli anziani, a partire dallo stessi Agile, che si presenta come il classico vecchietto scorbutico che odia tutto e tutti, continuando sulla sordità, sugli acciacchi, sui brodini serviti in casa di riposo. Dettagli di un piccolo mondo che diventa un universo, e che grazie al sorriso e alla scrittura può scrollarsi tutto quel grigiore che solitamente gli viene attribuito e diventare qualcosa di inaspettatamente colorato e animato. Dalle azioni, certo, anche le più strampalate e impensabili, ma anche da una trama sotterranea di sentimenti che indora di umanità le esistenze dei nostri audaci, e ce li fa simpatici, indimenticabili alla prima lettura. Perché in fondo questa strabiliante peripezia per il sabotaggio di Rete Maria non è altro che la
BOOKS storia di quattro vite che non si sono arrese, e che dinnanzi a un legame di amicizia sincero possono superare qualsiasi asperità, anche quella finale e più drammatica. E così dietro al sapore della bravata, dietro alla girandola di vicende assurde al limite dell’impossibile e all’irrefrenabile sequenza di battute dotate di una verve spassosa e sfacciata, ridiamo e pensiamo, ci lasciamo condurre in giro per Roma insieme agli audaci quattro vecchietti e alla banda dei loro amici e nemici, come in un gioco di bambini, ma con la consapevolezza divertita dei grandi che, una volta maturati, un po’ si pentono di tutti quei freni imposti negli anni e hanno di nuovo e forse soltanto voglia di vivere la vita.
A lessandra Chiappori
“Li conosco da un paio d’anni, da quando sono a Villa delle Betulle. Brio è arrivato prima, Rubirosa dopo qualche mese, Guttalax l’ho trovato già qui. Sono i miei amici, che vi devo dire. Uno vorrebbe impallinarsi ogni vecchia che incontra, un altro sorride anche se si siede su una stalattite, un altro ancora sogna di far brillare un religioso. Ma a me va bene, anzi: sono fortunato. Gli amici non li scegli, chi dice il contrario non conosce la differenza tra una scelta e una fortuna. Una fortuna si trova e basta”
“L’audace colpo dei quattro di Rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache”, Marco Marsullo, Einaudi, 2014. MARCO MARSULLO Classe 1985, Marsullo esordisce nella narrativa con l’apprezzatissimo “Atletico Minaccia Footbal Club” (Einaudi, 2013) ed è subito caso editoriale di grande successo, tanto che viene chiamato a collaborare anche alla Gazzetta dello Sport. Ha un sito su cui annuncia con la consueta e scioltissima ironia tutte le sue novità libresche e non, e dal quale si deduce una cosa fondamentale, ovvero che il ragazzo ama scrivere, e ci riesce anche molto bene. A questo punto, non ci resta che attendere il terzo!
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ARTINTIME events@artintime.it
SOUNDAY, MUSIC SOUNDAY - #RESET6 Sarà che la musica che illuminava le rive del Po creava un’atmosfera tutta particolare, sarà che c’era tanto Sound e pure un Sunday, ma la sesta edizione del Reset Festival ha lasciato nell’aria tanti colori, tante note e tanto amore per la città sabauda. Un’edizione estesa orizzontalmente per tre giorni di live no stop, declinata a tutto tondo sull’universo musicale con i workshop, gli approfondimenti, le improvvisate e i racconti a più microfoni e diramata per gli angoli più intimi della vita torinese. Protagoniste allora anche le rive del Po, dove quel panorama di band indipendenti e giovani emergenti ha per anni animato le due sponde del fiume, ma protagoniste anche le intricate e coloratissime vie del
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Gran Balòn, un meltingpot di lingue, suoni e volti, per un finale tutto regalato a chi nella città ci vive, ma non si tira mai indietro di fronte alle nuove proposte. Si sono illuminati, per quasi 72 ore, i palchi del Cap10100; The In Certos, Anthony Laszlo, Carpa Koi, Alephant, Fjm, una girandola di nomi a susseguirsi senza posa. Neanche un tempo tecnico, riempito come per magia da un palco che diventava visibile agli spettatori solo dopo l’ultima nota del gruppo uscente. Un voce, inaspettata, alle spalle e via, che lo spettacolo continui. Immancabili gli showcase acustici dell’Area Media e le esibizioni a bordo (o in vetta) del Tourbus. All’ombra della grande mongolfiera che svetta su Torino, o nell’atmo-
sfera luminosa del lungo Po, gli appassionati e i semplici curiosi hanno potuto quindi gustarsi un universo di musica servito in modo fresco, spigliato, caotico e (apparentemente) improvvisato; restando stupiti di vedere i propri vicini di panca alzarsi, prendere gli strumenti e sfoderare interi repertori inediti, o sorridendo all’arrivo del concerto su ruote offerto dell’anteprima del Bike Pride, capitanata dai Pagliaccio. Un weekend per tutti i gusti, dunque, quello offerto dal #Reset6, fresco, intimo e pieno di passione. Viene quasi voglia di chiedersi: ma ve lo siete davvero perso?
Angelica Magliocchetti
SPECIAL!
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ARTINTIME QUATTRO CHIACCHIERE CON: Francesca Di Virgilio Francesca Di Virgilio, classe 1991, ha realizzato in collaborazione con Alessandro Di Virgilio e Mauro Cao un’interessante graphic novel: “E tutto il resto appresso”. Nel 1946 Frank Capra intitolava un suo film “La vita è meravigliosa”, ma la vita di Angelica, la protagonista non sembra essere così bella. “Chi ha detto che la vita è meravigliosa?” recita il retro copertina di questa graphic novel: incuriositi da questa frase, dalla profondità del racconto e dalle citazioni musicali abbiamo deciso di contattare Francesca e di intervistarla
racconto breve, ma voleva essere il capolavoro letterario di una sedicenne con velleità artistiche... Era il solito sogno che pensi che rimanga sogno. L’idea è venuta a mio padre dopo aver assistito alla reazione accorata e commossa delle mie sorelle mentre leggevo loro il primo capitolo. La storia si è trasformata in racconto autoconclusivo proprio nel corso della stesura del progetto, che è diventato concreto svariati anni dopo questo episodio. La mia reazione? Bhe chi se lo aspettava?! Stupore, certo, ma anche tanto orgoglio...
Ciao Francesca, sei giovanissima e hai già avuto l’opportunità di veder trasformare in graphic novel un tuo racconto breve. “E tutto il resto appresso” edito da Tunuè è il tuo esordio in questo mondo. Come è nato questo progetto e qual è stata la tua prima reazione quando ti hanno proposto di trasformare il tuo racconto in una graphic novel? Diciamo che in realtà “E tutto il resto appresso” non è nato come
La storia che hai scelto di raccontare è molto cruda, da dove è scaturita quest’idea? Bho! Non ne ho idea! Nel senso che ogni volta che mi è capitato di scrivere qualcosa, non ho mai avuto una trama, un intreccio prestabilito. Magari partivo da uno stato d’animo, da un fatto autobiografico, da una cosa che ho visto o sentito. Individuo i personaggi e poi quello che faranno, le loro interazioni, le cose succedono e basta... e io trascrivo. Per questo caso specifico
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, davvero, non mi ricordo come è nata l’idea… probabilmente dal fatto che anch’io come Angelica avrei voluto, dopo il liceo, intraprendere un corso di studi in medicina... O forse il mio umore non era proprio roseo in quel periodo. Comunque diciamo che l’idea della vita perfetta sconvolta da un fatto (non necessariamente tragico, diciamo un colpo di scena) mi ha sempre intrigato... d’altra parte è vita reale, che non è mai un “e vissero tutti felici e contenti”, no?! Quando stavi scrivendo questo racconto hai mai pensato che un giorno si sarebbe trasformato in un fumetto? Come ho detto, ero convinta che sarebbe rimasto un sogno. Veder pubblicare qualcosa di mio, anche se non in forma narrativa, ma tramite il linguaggio dei fumetti, è stata un’emozione grandissima. No, non lo avrei mai pensato pubblicato, tanto meno come una graphic novel. I tuoi studi però, se non sbaglio, non conducono verso la carriera di sceneggiatore, ma
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verso altri lidi. Come riesci a far coesistere questi due mondi? Quale ti piacerebbe scegliere per il tuo futuro? Non penso che siano due mondi poi così distanti. D’altra parte, facendo tirocinio in ospedale (studio per diventare tecnico di Radiologia) sono continuamente in contatto con le persone, con la loro sofferenza ma anche con la loro voglia di vivere. Ritengo che il contatto con i sentimenti sia uno strumento necessario per chi scrive. Diventare sceneggiatrice no, non è il mio campo. A me piace descrivere, raccontare, usare le parole e lasciare a chi legge il tradurre in immagini. Non so dove mi porterà il mio futuro, intanto spalanco le porte a quello che verrà. Collaborare con tuo papà, Alessandro Di Virgilio, che ha alle spalle un’importante carriera come sceneggiatore di fumetti,
ti ha mai intimorito? Sinceramente no. Io e mio padre abbiamo sempre avuto un rapporto splendido e con questa collaborazione si è addirittura rafforzato. Non sono mai stata intimorita, anche perché il vero sceneggiatore della storia è lui. È lui che conosce il linguaggio del fumetto. Mio il soggetto, il racconto iniziale e i testi delle didascalie. Lui ha tradotto il tutto in sceneggiatura, che è il suo campo, il suo lavoro e la sua passione. Lo guardo con orgoglio per ciò che realizza, ma non riesco a capire i meccanismi che portano alla scrittura di un fumetto. Io lascio libero il fluire dei pensieri, che vanno dove vogliono. Lui è come se li collocasse, incastrandoli perfettamente in uno schema quasi matematico. È stata, la nostra, una collaborazione nel vero senso della parola, e ci siamo insegnati
a vicenda qualcosa. Questa esperienza, lavorare con lui, mi ha insegnato che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni, che bisogna rischiare per avere grandi soddisfazioni! Grazie papà! Impossibile però non nominare anche la “terza persona” coinvolta nel progetto: Mauro Cao, disegnatore di cui sei una grande fan. Com’è stato collaborare con lui? Una sua fan? Io Mauro lo adoro. L’ho visto disegnare per la prima volta al primo Comicon di Napoli a cui abbia mai partecipato e da quel momento lo ho amato... Come disegnatore e come persona. Per lui ho una stima e un affetto tale che per me, in questo progetto, è stato un postulato: O Mauro Cao o niente! Ovvio che non ha deluso le mie aspettative. Attento alla sceneggiatura e contemporaneamente
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capace di rendere suo ogni disegno, magari per un particolare. Ogni tratto di matita parla un po’ di lui. Per questo adoro i suoi lavori: sono vivi! In “E tutto il resto appresso” ci sono molte citazioni musicali. È chiaro che per te la musica è molto importante: Pink Floyd, David Bowie… colonna sonora perfetta per la lettura o fonte d’ispirazione per la storia? Mmmh, direi più la prima opzione. La musica è un altro elemento fondamentale che lega me e mio padre. Mi ha insegnato ad amare i Pink Ployd, Peter Gabriel, i grandi cantautori italiani come Guccini e De Andrè. Le canzoni le abbiamo scelte insieme. E comunque sembrano o no scritte apposta per la storia?
Oltre alla musica, quali sono le tue fonti di ispirazione letterarie o cinematografiche? Tutto e niente. Prendo spunto dai libri che leggo, le persone che conosco, gli interessi che ho. Non ho fonti precise. Preferisco collezionare le emozioni che mi dà tutto ciò che vivo, elaborarle e metabolizzarle fino a farle mie, poi utilizzarle non solo su carta, ma anche nella vita. Assorbo un po’ tutto come una spugna, diciamo...
Sarebbe fantastico anche lavorare a un progetto solo mio, magari in una forma diversa dalla graphic novel. Non ho idea di quale sarà la meta del mio viaggio. Nel frattempo io... viaggio!
Francesca Cerutti
Quali altri progetti hai in mente per il futuro? Sentiremo presto parlare di te e magari di una nuova collaborazione padre-figlia? Chissà. Magari. Sarebbe bello lavorare di nuovo con mio padre.
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ARTINTIME unclassicart@artintime.it
UNA FOTO DAVANTI ALLA PORTA DELL’INFERNO Alta Più di 6 metri, fusa in bronzo, affollata di personaggi scolpiti che si dimenano, quasi a voler sfuggire dalla materia che li imprigiona, questa è la monumentale “Porta dell’Inferno” di Auguste Rodin. Frutto di una elaborazione quarantennale da parte dell’artista, che combinò insieme suggestioni dantesche e forza michelangiolesca, la “Porta” è titanica, grandiosa: Ugolino, Paolo e Francesca e gli altri innumerevoli, anonimi dannati sono sovrastati dalla figura del Pensatore, emblema dell’artista stesso che riflette sulla sua creazione, mentre sulla sommità dello stipite dominano la scena, come monito, le Tre Ombre. La spettacolare drammaticità di questo capolavoro, certo, potrebbe essere un po’ smorzata dalle frotte di turisti che scelgono la “Porta dell’Inferno” come sfondo per le loro foto ricordo e che affollano il Musée Rodin e i suoi giardini, dove la “Porta” è collocata. Il museo, ospitato nel suggestivo Hotel Biron a Parigi, è diventato negli anni una delle tappe imperdibili per una visita alla capitale francese, nonché uno dei due siti, insieme alla villa Des Brillants a Meudon, dedicati al celebre scultore Auguste Rodin
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(1840-1917). Disegni, calchi, bozzetti, dipinti della collezione dell’artista accompagnano il visitatore alla scoperta del genio creativo e delle opere di Rodin. Dopo i difficili esordi – l’esclusione dall’Accademia - e la formazione presso la scuola di arti decorative, la carriera di Rodin inizia la sua ascesa: emblematica la commissione della “Porta dell’Inferno”, inizialmente destinata a un nuovo museo di arti decorative, fucina di invenzioni per l’artista che, partendo da un progetto avvicinabile alla quattrocentesca “Porta del Paradiso “del Ghiberti per il Battistero di Firenze, organizzata per ordinate formelle, approda alla caotica, tormentata e sorprendente versione che noi oggi ammiriamo. Da quest’opera gigantesca Rodin estrapola e ripropone gruppi e singole figure destinati a diventare veri e propri simboli universali, come il celebre “Pensatore” o “Il Bacio”, tra i più ammirati (e fotografati) di sempre. Rodin inoltre non operò solo per isolamento ma anche per assemblamento, come nel caso del gruppo “Je suis belle”, composto unendo le due figure della “Donna accovacciata” e dell’“Uomo che cade”, già presenti nella “Por-
ta dell’Inferno”. Tecnica frequente in scultura, sistematica in Rodin e che sarà al centro della prossima esposizione temporanea del museo (Rodin, the Laboratory of Creation, dal 13 novembre 2014) insieme ai bozzetti e agli studi preparatori quali testimoni dell’iter creativo di un’opera. Il percorso di visita, oltre all’ allestimento permanente e a quello temporaneo ospitati nelle stanze dell’Hotel Biron, prosegue nei giardini, popolati dalle più celebri sculture dell’artista ma anche da panchine, sedie, sdraio in abbondanza, il che, giornata soleggiata permettendo, offre all’avventore oltre al piacere dell’arte quello di potersi godere un tranquillo, autunnale sonnellino.
Roberta Colasanto
UNCLASSICART
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TEATRO teatro@artintime.it
TRA CONCRETO E ASTRATTO : CARROZZERIA ORFEO
Un’Accademia, tre studenti, un obbiettivo. Loro sono Massimiliano Setti, Gabriele Di Luca e Luisa Supino che dall’Accademia di Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine danno vita a una delle compagnie più rilevanti del panorama contemporaneo italiano: Carrozzeria Orfeo. L’accostamento di due nomi che evocano immagini apparentemente agli antipodi: una concretezza materiale che si sposa con l’arte effimera, il richiamo alla manualità di una carrozzeria e alla simbologia dell’arte in Orfeo. “Carrozzeria Orfeo” è una compagnia contemporanea capace di osservare e raccontare le problematiche e le difficoltà dell’attuale periodo storico. Con franchezza, sfrontatezza e sincerità, la compagnia affronta temi cari a ciascuno, in cui oltre a un semplice racconto di fatti e persone, sono messi in luce i valori o dis-valori della società. La compagnia viene riconosciuta e premiata per la ricerca continua di nuovi territori di esplorazione, nell’ambi-
to della drammaturgia, della recitazione e della messinscena, tale da creare una commistione tra il teatro fisico e i temi dell’attualità e della cronaca. In scena, nei loro spettacoli, quasi sempre sono i giovani a essere protagonisti. Spesso perdenti o sfruttati dalle dinamiche incontrollabili del potere, devono fare i conti con la realtà deludente, confrontandosi con le persone che vorrebbero essere e che solo nei sogni possono realizzarsi. Sempre loro, in altre produzioni, vengono messi a confronto con i propri genitori, in ribaltamenti tra realtà e finzione, in cui la popolarità del racconto fa luce sui rapporti padre-figlio. Della società sono esplorati anche i nuovi vizi, le patologie, le paure metropolitane, la crisi economico-sociale e la crisi morale. Non mancano gli accenni alla guerra, intesa come conflitto armato, ma anche personale e alle situazioni di confine, in cui sul filo tra la vita e la morte, al bivio della vita si è chiamati a fare delle scel-
te. Carrozzeria Orfeo ha vinto molti premi in ambito teatrale: ha ricevuto nel 2007 la Menzione Speciale al Premio Tuttoteatro.com “Dante Cappelletti” e nel 2008 la Menzione Speciale al Premio Nuove Sensibilità del Festival Teatro Italia per lo spettacolo “Nuvole Barocche”. È stata inoltre vincitrice della quinta edizione del Premio Tuttoteatro. com “Dante Cappelletti” con lo spettacolo “Sul confine”, finalista al Premio Hystrio per la Drammaturgia 2011 e vincitrice come miglior spettacolo della Rassegna Autogestita al Teatro Quirino di Roma con “Idoli”, è stata insignita del Premio Nazionale della Critica come migliore compagnia e ha vinto il Last Seen 2013 di “Klp” come migliore spettacolo dell’anno.
Barbara Mastria
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GO FIGURE @ COB GALLERY Few miles past the madness of Camden Town, a two floors gallery is hosting an exhibition that deals with works from talent young artists. GO FIGURE brings together six UK based twenty-something who create on the edge of figurative painting. Focusing predominately on the human form, they challenge conventions throughout the use of colour, unconventional materials and points of view. In the first room upstairs Luke Waller displays his acrylic on paper paintings. Being the only one who does not come from an Art College background (he studied at the London College of Communication) he shows a more film driven overview, with enjoyable insights on camera movements techniques. In the basement are located works from Gabriella Boyd, Simon Foxall, Kate Lyddon, Alice McCabe and Darrell Hawkins. The art of Foxall, born in Saudi Arabia and former student at the London Royal College of Art, is very approachable, his study of colour, on well-known Tv and movie characters, is remarkable. He is the most figurative among the others but still doesn’t lack of innovation. The pieces of Kate Lyddon are extremely challenging. For her sculptures she uses a series of materials like expanding foams, plastic, metal, sink plunger, fabric, etc… The 3D results play with human form creating such a bold statement that could be described either as hideous or as genius. Hawkins puts on canvas his own private world, a colourful mix of abstract and figurative elements. Darrell, who is also
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the guitarist of the indie group Wild Palms, met me a while ago during a previous exhibition and discussed his creative side through a nice and smooth chat. When did you start painting and what brings you to express yourself through art? I always drawn, it is something that I’ve done for…ever (laughing) I got interested in school, and then I started study Art at University where I graduated six years ago. I just kept it going and then, recently, I got really into it. Now I got my own studio, before I used to utilise my bedroom. I started living with it, is one of those things that people choose to do. Where do you find your inspiration? Directly from everything, some of my drawings are coming from when I was a kid, and then media, you know, lot of internet, and googling, google search, google images. I love the pop industry. Literally from the surround.
when you are playing at a gig. When you paint you put your works in a gallery space and people stand there chatting. What I really like about music is that you can play with the band and build something together instead with drawings I think I can get it on my own. You can take your time. If you can choose a famous artist, dead or alive, to dine with who will be? I’d say, one that I will love to hang out with is Captain Beefheart. I love his music, his art because he was always completely uncompromising, completely out there. I like him for his sense of Dada, of surrealism. There are lots of artists coming after him who take from him. He is still inspiring people. Yes, him. For now (laughing).
So you also like street art. Like Banksy, for example. Yes, obviously Banksy, but also Keith Hairing. His sense of drawing, his way to portrait people and sense of social. I like him.
Andy Warhol once said “Art is anything that you can get away with”. Do you agree with that? Yeah, that it’s true. You can paint things but if you make conversation about the same things you can probably get arrested. If you are doing things against your friends, ex-girlfriends or current girlfriend in life you get in trouble, while if you do through paint is fine. And also it is true because in life you are often restricted, you don’t have freedom. I think within art you have freedom.
I know you are also a musician, which are the differences between creating a piece of art and creating music? I’d say, the main differences are that when you do music is immediate, you get immediate reaction
A pochi passi dalla chiassosa e affollata zona di Camden Town, si trova una piccola galleria d’arte su due piani che ospita una mostra temporanea incentrata sui lavori di giovani talenti emergenti. GO FIGURE raccoglie le opere di sei artisti di stanza nel Re-
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gno Unito, che amano creare al limite dell’arte figurativa. Concentrandosi principalmente sulla forma umana, sfidano le convenzioni attraverso l’uso del colore, di materiali inconsueti e attraverso insoliti punti di vista. La prima stanza al piano di sopra accoglie i lavori di Luke Waller, acrilici su carta. Essendo l’unico del gruppo con un background diverso dalle accademie d’arte (ha studiato al London College of Communication), si concentra maggiormente su una visione legata al cinema, con apprezzabili richiami alle tecniche suggerite dai movimenti di camera. Nel piano inferiore si trovano le opere di Gabriella Boyd, Simon Foxall, Kate Lyddon, Alice McCabe and Darrell Hawkins. Lo stile di Foxall, nato in Arabia Saudita ed ex studente del London Royal College of Art, è di facile approccio. Si conferma
il più figurativo del gruppo senza però mancare di originalità. Infatti, il suo studio del colore su ritratti di noti personaggi della finzione televisiva e/o cinematografica è estremamente notevole. I pezzi esposti da Kate Lyddon sono invece piuttosto difficili da digerire. Per le sue sculture sceglie un misto di materiali che va dalla plastica al metallo, dalla schiuma espansa al tessuto e persino uno stura lavandini. Il risultato in 3D gioca con la forma umana e porta alla luce una coraggiosa dichiarazione d’intenti al limite tra il ridicolo e il geniale. Hawkins traduce su tela il suo mondo interiore, un mix dai colori esplosivi di elementi astratti e figurativi. Darrel, che è anche cantante del gruppo indipendente Wild Palms, mi aveva già incontrato a una sua
precedente mostra e in quella occasione abbiamo avuto modo di discutere della sua arte in una piacevole breve intervista. Quando hai cominciato a dipingere, e cosa ti ha spinto verso il mondo dell’arte come protagonista? Ho sempre disegnato, è qualcosa che faccio da… sempre [ride]. Ho iniziato ad appassionarmene durante la scuola e poi ho deciso di continuare studiando Arte all’Università dove mi sono laureato sei anni fa. Ho continuato a dedicarmi alla pittura e al disegno anche dopo, ma solo recentemente in maniera totale. Ora ho il mio studio, prima usavo la mia camera. Ho iniziato a vivere di questo, è una di quelle cose che le persone scelgo-
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no di fare. Dove trovi l’ispirazione per le tue opere? Direttamente da tutto, alcuni dei miei disegni risalgono a quando ero bambino. Oppure dai media, internet, google search, google images… Amo la scena pop. Letteralmente prendo spunto da ciò che mi circonda. Quindi t’interessi anche di street art. Come Banksy per esempio. Si Banksy, certamente, ma anche Keith Haring. Il suo tratto distintivo nel disegno, il suo modo di descrivere la gente e il sociale. Mi Piace. So che sei anche un musicista. Quali sono le differenze tra produrre arte e musica?
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Direi che la differenza principale è che la musica è immediata, ottieni una reazione istantanea quando suoni la tua musica a un concerto. Quando dipingi metti le tue opere esposte in gallerie e le persone stanno lì in piedi a chiacchierare. Ciò che mi piace della musica è che puoi creare in comunione con il tuo gruppo mentre l’arte è qualcosa di più personale e solitario. Puoi prenderti il tuo tempo. Se potessi scegliere di cenare con un artista, vivo o morto, chi sarebbe e perché? Mi piacerebbe intrattenermi con Captain Beefheart. Amo la sua musica, la sua arte. Perché è totalmente fuori dagli schemi, non scende a patti con niente e nessuno. Mi piace il suo modo di esplorare il Dada, il surrealismo. Ci sono molti artisti che
ancora oggi prendono ispirazione da lui. Sì, lui. Per adesso [ride]. Andy Warhol una volta disse “L’Arte è tutto ciò che ti permette di cavartela”. Sei d’accordo? Si è vero. Puoi dipingere certe cose ma se incentri conversazioni sulle stesse c’è la possibilità di finire arrestato. Se fai qualcosa contro i tuoi amici, la tua ex o la fidanzata attuale nella vita reale sei nei guai, se lo fai attraverso la pittura va tutto bene. Inoltre è vero perché, in generale, nella vita sei spesso limitato, non hai libertà. Penso invece che nell’arte questa libertà si possa trovare.
Cristina Canfora
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DUE VENTI CONTRO Una chitarra e la provincia di Torino. Così parte il viaggio di Giacomo Reinero, in arte Due Venti Contro. La musica fin da bambino, un tocco di scoperta strumentale e le prime esperienze nelle band: “Le apparenze” nel 2008, i primi componimenti online e la nascita del gruppo “Quasars” con cui sperimentarli (e sperimentarsi) nelle notti torinesi dei Murazzi. Una gavetta che nel 2012 dà il via a un percorso da solista: una crescita che porta il giovane cantautore a conquistarsi una certa visibilità su web, tanto da essere notato (e spronato) da quel Lorenzo Cherubini Jovanotti che, dal canto suo, non ha mai smesso di stupirsi e sperimentare. Ed è forse proprio seguendo questo suggerimento che Giacomo Reinero si avvicina a Stefano Casalis, nome d’arte Dub, tastierista e arrangiatore dei Poor Man Style e dei Funk Shui Project. È però solo nel maggio del 2014 che esce il primo album, autoprodotto, dei Due Venti Contro “Va bene così”, un lavoro completo, variegato e, soprattutto, dal sapore positivo. A incuriosire i testi sempre attuali miscelati, quasi “scontrati” con stili e generi a volte inaspettati; è il caso
di “Respiro”, brano realizzato con la partecipazione di Bianco, o l’attualissima “Troppo scuro”. Non può mancare il reggae di “Guardo le stelle”, che riesce e a servire frasi come “la vita è un progetto che ti hanno sottratto, è dura conviverci” portando però l’ascoltatore a guardare con speranza oltre il buio del quotidiano, guardando più su, tra le nuvole. Un soffio allora, “come se fossi vento”, un viaggio nuovo è anche quello in cui ci si trova imbarcati, sulla scia delle tastiere elettroniche di “Veleggiare”. Da notare anche il rap dal reef quasi soul di “Legato”, brano che vede la partecipazione di Dj Koma, e la prima traccia dell’album: “Fuori”. Corredato da un irresistibile video illustrato, questo pezzo è un ottimo biglietto da visita per l’intero lavoro: solare, dai toni funky con il tocco finale della voce femminile, come da migliore tradizione melodica. Un gran bell’esordio quindi per il cantautore piemontese; un lavoro per tutti i gusti, capace di stimolare domande ma anche solo di trasmettere quella positività di cui un po’ tutti, con l’inizio dei mesi freddi, abbiamo bisogno. Una boccata d’aria fresca per risollevare lo spirito, dunque: cosa state aspettando ancora? Listen and... Enjoy!
Angelica Magliocchetti
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MUSIC
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BIZZARRI E DOLCI RISVEGLI SPAGNOLI Potrebbe sembrare, a prima vista, un classico “romanzetto femminile”, di quelli da portare in spiaggia durante le ferie o da mettere in borsa per una lettura leggera, magari durante un viaggio in treno. E in effetti “Il risveglio della signorina Prim” deve molto a questo filone narrativo, che non vuole però né emulare né snobbare, solo, probabilmente, arricchire con una trama sì prevedibile, ma costruita e in qualche modo anche utile. Ma procediamo con calma. La trama è invitante, ora che l’autunno è arrivato e ci godiamo tutti quanti una maglia pesante e una tazza di cioccolata calda tra le mani, perché questa è la storia della signorina Prim, una ragazza che trova lavoro come bibliotecaria presso la casa di un bizzarro personaggio, in un altrettanto strano paese. A Sant’Ireneo infatti le cose non funzionano come nel resto del mondo moderno: il paese intero è una colonia di “rifugiati” dalla frenesia della vita moderna, che hanno trovato in un’esistenza armonica, lenta e ricca di piccoli piaceri come giardini coltivati a fiori e gradevoli merende fatte di tè e dolcetti, il giusto equilibrio. Ci vuole un po’ perché la plurilaureata e a tratti presuntuosa protagonista si renda conto di essere entrata a far parte di questo nuovo mondo, come ci vuole un
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po’ perché capisca che il suo datore di lavoro, con il quale ogni dialogo si trasforma in un battibecco e sfida intellettuale, la affascina e la attrae. È una storia già nota, starete pensando, e in effetti è proprio a “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen che non si può fare a meno di pensare dinnanzi a queste due figure, un lui orgoglioso nella propria elevazione culturale e spirituale – questo elemento è molto presente e contribuisce a creare un’atmosfera talvolta mistica, con un che di inafferrabile – e una lei pregiudiziosa e prevenuta che si corazza con la propria razionalità fintamente forte. Una storia classica, che è piacevole ripercorrere sulle strade di Sant’Ireneo e delle sue abitudini fuori dal tempo. È questo dettaglio a portarci al sorriso divertito e alleggerito: la storia della signorina Prim è una favola fuori dal tempo, così come Sant’Ireneo di Arnois è un luogo letterario senza alcun ancoraggio alla geografia. Il lui protagonista della vicenda non ha nemmeno un nome, resterà pagina dopo pagina “l’uomo dello scranno”, una figura presente ma sfuggente, così come le gote arrossate della signorina Prim e le delicatezze da “vecchie signore inglesi” degli altri personaggi femminili. Come la signorina Prim appena giunta a Sant’Ireneo, così siamo anche noi lettori, un po’ spa-
esati, forti di una bussola che ci rende abili ed esperti nel mondo “normale”, ma persi e improvvisamente dubbiosi di fronte a una comunità che si è liberata di ogni imbragatura mentale e vive di tranquillità e cultura. A Sant’Ireneo infatti i ragazzi vanno a scuola ma sono prevalentemente istruiti in casa, e i libri, che già capiamo importanti visto il ruolo della protagonista, bibliotecaria, sono un elemento imprescindibile. Il continuo riferimento ad autori e storie, a saggi e romanzi, è parte integrante della trama ma anche della vita stessa e della formazione dei bizzarri personaggi di questo mondo romanzesco, anzi, spesso diviene fonte primaria e motivo di discussione tra la signorina Prim e il suo datore di lavoro. E così in una spirale intellettualistica che gioca al rimbalzo da una citazione all’altra, il rivestimento culturale dei personaggi si incrina: da un lato il lui della situazione dimostra una sicurezza spirituale che ne fa uno dei più rispettati abitanti di Sant’Ireneo, dall’altro la lei si scopre fragile e desiderosa di affetto. Giunta a questa constatazione, non potrà che seguire la traccia che ci dà il titolo dell’opera, liberarsi di tutto ciò che la frenesia contemporanea le ha ricamato addosso e lasciarsi andare a un umanissimo e piacevole risveglio. Romanzetto femminile dai toni leg-
BOOKS geri all’apparenza, “Il risveglio della signorina Prim” nasconde consigli e dettagli che tutto sono fuorché “rosa”, all’insegna di un commento al romanzo che citiamo volentieri da Jacopo Cirillo di “Finzioni Magazine”: “finalmente una storia in grado di mettere insieme immanenza e trascendenza e farci capire che, alla fine, invece di perdere tempo con i libri di semiotica dovremmo godercela un po’ di più”.
A lessandra Chiappori
“Utopia sarebbe credere che il mondo possa fare marcia indietro e riorganizzarsi ex novo nella sua totalità. Ma non c’è niente di utopico in questo piccolo paese, Prudencia, semmai un enorme privilegio. Al giorno d’oggi, per vivere in modo tranquillo e semplice bisogna rifugiarsi in una piccola comunità, in un villaggio, in un paesino dove non arrivino il frastuono e l’ostilità delle enormi città. In un angolo come questo, dove uno sa che a duecento chilometri di distanza respira, nel caso […] una pulsante ed esuberante metropoli”. Natalia Sanmartin Fenollera, “Il risveglio della signorina Prim”, Mondadori, 2014
NATALIA SANMARTIN FENOLLERA Artintime approda alla Spagna con questa giovane autrice classe 1970 e nata in Galizia. Dopo la laurea in legge, Natalia Sanmartin Fenollera ha iniziato a lavorare come giornalista, prevalentemente per il settore economia, finché non ha esordito in ambito letterario con “Il risveglio della signorina Prim”, suo primo romanzo.
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ARTINTIME popart@artintime.it
MRFIJODOR Fijodor Benzo nasce a Imperia nel 1979, intraprende gli studi accademici a Cuneo dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e continua la sua formazione a Valencia (Spagna). Dal 2004 vive a Torino dove, nel corso degli anni, realizza numerosi murales, tra cui il noto “Culture colors your life” dipinto nel 2010 sulla facciata cieca di Palazzo Nuovo, sede dell’Università degli Studi di Torino. L’opera è realizzata con l’Associazione culturale “Il Cerchio e Le Gocce”, con cui l’artista lavora in numerose occasioni per la creazione di grandi murales. Un’intensa attività artistica rende nota la Street Art di Mrfijodor. Tra gli interventi più conosciuti ricordiamo la sede del Toroc,
ente organizzatore delle Olimpiadi Invernali del 2006, il Politecnico di Torino, il Museo del Giocattolo di Bra (CN), la Stazione ferroviaria di Moncalieri e lo stabilimento torinese della Yesmoke Tabacco. Opere creative che sintetizzano la ricerca artistica di Mrfijodor e le sue origini, rintracciabili in particolare nelle atmosfere oniriche e psichedeliche. L’artista è guidato infatti da una passione che nasce da bambino e si affina nel tempo esprimendosi in una produzione varia che include murales, graffiti, disegni e tele. I soggetti sono solitamente forme elementari di ispirazione fumettistica cariche di ironia, fantasia e colore; opere di facile lettura che veicolano messaggi di critica sociale ed ecologica.
Anna Moschietto
www.mrfijodor.it | www.ilcerchioelegocce.com | http://ilcerchioelegocce.wordpress.com
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POP-ART
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THE LIGHT AND THE LITTLE GIRL Catturare la luce, ci abbiamo provato tutti da bambini saltellando intorno ai raggi del sole che facevano capolino dalle fessure delle finestre delle stanze, e scommetto che qualcuno ci prova ancora oggi quando è solo nella penombra della propria camera. “The Light and the Little Girl” di Guy Pooles incanta gli occhi dello spettatore e lo trasporta magicamente nel mondo fatato dei bambini, sette semplici minuti che ci fanno tornare a sognare, che ci portano a sperare che la piccola protagonista riesca a inscatolare quella luce bellissima e affascinante per portarla con lei nei momenti più bui. Per portarla con noi come se fosse speranza luminosa. Una specie di fatina, come quella di Peter Pan che, grazie alla sua polvere magica, fa volare i bimbi fino sull’isola che non c’è. Accanto a questa prima lettura di luce-magia è impossibile non intravedere anche un richiamo alla luce del cinema, essenza magica che dà vita alle immagini in movimento, quel-
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la stessa luce che i fratelli Lumière sono riusciti a loro volta a inscatolare e a piegare alla loro volontà. Il cortometraggio di Guy Pooles non colpisce solo per il suo racconto, ma ad affascinare lo spettatore è in particolare la fotografia: il regista dimostra di essere molto bravo a gestire la luce, quella luce che diventa pittura, ma che si fa anche protagonista. Il regista e il direttore della fotografia riescono a personificare quest’oggetto prettamente cinematografico e a dargli una forma, dei sembianti umani. La piccola bambina divide la scena con la luce, una luce quasi caravaggesca potremmo dire, che irrompe nel buio e dà vita; è interessante notare anche che il titolo dello stesso cortometraggio pone in primo piano la luce stessa e dopo di lei la bambina. Quello che Guy Pooles ci regala non è solo un cortometraggio affascinante, è una riflessione sull’infanzia e sulla fantasia, ci fa capire che solo un bambino o chi guarda il mondo con gli occhi di un fanciullo riesce veramente nelle sue impre-
se perché non ha paura di sognare. In un mondo dove i sogni sembrano destinati a restare nei cassetti, Guy Pooles ci ricorda che nulla è impossibile se portiamo con noi la speranza: la piccola spera infatti di catturare quella luce magica, prova e riprova più volte, non ha paura quando non riesce. Cade e si rialza, riprova da zero, in mille modi. Agli occhi di qualcuno potrebbe sembrare sciocca o poco realista: chiaro che la luce non può essere inscatolata, rinchiusa in un vasetto di vetro. È folle quello che la piccola cerca di fare. “Siate affamati, siate folli.” diceva Steve Jobs e forse è proprio la follia di questa bambina, la follia dei fanciulli, che spesso ci manca e che Guy Pooles riesce a raccontare in modo leggero ma estremamente cosciente.
Francesca Cerutti
MOVIES
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PREMIO TENCO
SEDICICORTO
BIENNALE MUSICA
Dal 2 al 4 ottobre il Teatro Casinò di Sanremo ospiterà la trentottesima edizione del “Premio Tenco – Rassegna della canzone d’autore”, evento che ogni anno premia i migliori artisti internazionali e le migliori produzioni italiane dell’anno. La manifestazione dedicata alle “Resistenze”, vedrà la partecipazione di numerosi artisti, tra cui Eugenio Finardi, Pierpaolo Capovilla, Paola Turci, Diodato e i catalani Olden e Enric Hernaez che interpreteranno brani di musicisti internazionali. Per maggiori informazioni: premiotenco.it.
Undicesima edizione per il festival “Sedicicorto”, che dal 3 al 11 ottobre a Forlì accoglierà giovani filmmaker provenienti da tutto il mondo pronti a sperimentare e confrontarsi sul mondo cinematografico. Il concorso si articolerà in quattro sezioni competitive: “Movie” per le produzioni di fiction, “Animalab” per animazioni e opere sperimentali, “Docushort” per il genere documentario e “Cortitalia” per corti nazionali di qualsiasi genere. Per conoscere le opere selezionate e il programma delle proiezioni visitate www.sedicicorto.it.
Dal 3 al 12 ottobre a Venezia si terrà la cinquantottesima edizione del “Festival Internazionale di Musica Contemporanea”, manifestazione che quest’anno sarà dedicata al tema “Limes”. Come sempre sarà dato spazio a nomi noti della musica internazionale e a giovani artisti, che prenderanno parte al programma con esibizioni di vario genere e natura. Tra i protagonisti: Intercontemporain, Divertimento, Contempoarte, Eco Ensemble, Galata Electroacustic Orchestra, Violinat e Lapardhase. Per maggiori informazioni: www.labiennale.org.
CARTA CANTA
LIBRI N CANTINA
INTERNET FESTIVAL
Sedicesima edizione per “Carta Canta”, esposizione di prodotti industriali e artigianali e mostra di collezionismo, che dal 3 ottobre al 2 novembre a Civitanova Marche presenterà ad appassionati e curiosi una serie di oggetti che hanno fatto la storia della cultura, della comunicazione e del gioco: cartoline, francobolli, fotografie, cartoline, libri, giornali, riviste, manifesti, fumetti, carte nautiche e geografiche, spartiti musicali, libri, pergamene e molto altro ancora. Un evento unico di cui potete trovare maggiori informazioni sul sito www. cartacanta.it.
A Susegana, in provincia di Treviso, il 4 e 5 ottobre si svolgerà la dodicesima edizione di “Libri in cantina”, mostra nazionale della piccola e media editoria. L’evento, che avrà come sfondo lo splendido Castello medievale di San Salvatore, riunirà più di ottanta editori, autori ed appassionati e comprenderà presentazioni, letture, degustazioni, visite, incontri letterari, concerti, mostre e laboratori anche per il pubblico più giovane. Maggiori informazioni su ospiti e programma sono disponibili sul sito www.libriincantina.it.
Torna anche quest’anno l’appuntamento con “Internet Festival – Forme di futuro”, la rassegna dedicata alla Rete e al mondo digitale della città di Pisa. L’evento avrà luogo dal 9 al 12 ottobre e ospiterà esperti del settore che si confronteranno sull’importanza delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la crescita e lo sviluppo di nuove idee, prodotti e servizi. Quattro giorni ricchi di attività che si articoleranno su nove aree tematiche e venti location. Per maggiori informazioni: www.internetfestival.it.
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EVENTS A cura di Anna Moschietto
KOMIKAZEN
VIEW
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA
Decimo anniversario per la rassegna del fumetto di Ravenna “Komikazen – International Reality Comic Festival”. La manifestazione si svolgerà dal 9 al 12 ottobre e si articolerà sul tema della autobiografia e biografia, su cui saranno organizzati incontri, esposizioni, workshop ed eventi. Tra gli artisti che parteciperanno il noto fumettista e disegnatore scozzese Eddie Campbell, Gord Hill, Hamid-Reza Vassaf, Gipi, Ugo Bertotti, Roberto Recchioni e Giuseppe Palumbo. Per maggiori informazioni sul calendario del festival: www.komikazenfestival. org.
A Torino dal 14 al 17 ottobre torna “VIEW Conference”, l’appuntamento internazionale dedicato a computer grafica, tecniche interattive, cinema digitale, animazione, videogiochi ed effetti visivi. L’evento, giunto alla sua quindicesima edizione, come sempre accoglierà esperti e professionisti del settore, tra cui Tom McGrath, Glen Keane, Alvy Ray Smith, Noëlle Triaureau, Marcelo Vignali, Alessandro Carloni, e comprenderà workshop, conferenze, lezioni, mostre, proiezioni e presentazioni. Informazioni: viewconference.it.
Nona edizione per il “Festival Internazionale del Film di Roma” che dal 16 la 25 ottobre, presso l’Auditorium Parco della Musica, ospiterà film e autori provenienti da tutto il mondo, importanti ospiti e un ricco pubblico di appassionati. Dieci giorni di evento che comprenderanno proiezioni, mostre, eventi, convegni e dibattiti, dando spazio al cinema emergente e alle nuove tendenze della produzione di fiction e documentario. Per conoscere il programma completo della kermesse visitate www.romacinemafest.it.
FANO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
MOVEMENT
RAVENNA NIGHTMARE FILM FESTIVAL
Dal 23 al 25 ottobre torna l’appuntamento con il “Fano International Film Festival”, la rassegna cinematografica della città di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino. L’evento, come ogni anno, sarà aperto ad autori italiani e stranieri e comprenderà un ricco programma di proiezioni, incontri, convegni, mostre e attività, con cui si cercherà di diffondere il cinema indipendente d’autore attraverso le sue innovazioni e le sue nuove voci. Per maggiori informazioni su ospiti e appuntamenti in programma visitate www.fanofilmfestival.it.
A Torino dal 25 ottobre al 1° novembre arriva la nona edizione di “Movement – Torino Music Festival”, l’evento dedicato alla musica elettronica che ogni anno ospita le performance dei migliori musicisti e DJs internazionali. Ancora una volta sarà proposto un programma ricco di esibizioni che vedrà protagonisti Chris Liebing, Joseph Capriati, Better Lost Than Stupid e molti altri ancora. Un appuntamento da non perdere per gli appassionati del genere. Per maggiori informazioni su biglietti e date in calendario: www. movement.it.
Dal 25 ottobre al 1° novembre si svolgerà la dodicesima edizione del “Ravenna Nightmare Film Festival Festival Internazionale del cinema Horror”. La rassegna, che comprenderà film appartenenti al genere horror, sci-fi, thriller, fantasy e fantastico, proporrà la visione delle opere selezionate per il concorso, incontri, appuntamenti e conferenze con grandi autori del genere. Non mancheranno inoltre gli eventi speciali in cui apprezzare opere che hanno fatto la storia del cinema. Per conoscere il programma completo della rassegna: www.ravennanightmare.it.
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