Artintime n.9 - Settembre

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n.9 - Settembre 2014


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ARTINTIME L’EDITORIALE Settembre, si riparte! Ogni anno la solita idea che torna ad allietarci alla fine tanto angosciata delle ferie: via i vestitini estivi e i sogni di giornate in riva al mare, siamo tutti carichi di buoni propositi e cambiamenti da mantenere e attuare in una nuova vita che sembra inaugurarsi con i ritrovati tempi (e climi, ben più freschi) autunnali. Sarà così anche per noi di Artintime? Ebbene sì, lo confessiamo: ci abbiamo proprio pensato, a questi buoni propositi da portare avanti da settembre in avanti, ed è così che in questa climaticamente bizzarra estate, che però sempre resta tempo di svago, amici, mare e vacanza, tra un mojito sulla spiaggia e il profumo della crema solare al ritmo di risacca, abbiamo lavorato indefesse per voi. Ma anche, sotto sotto, un po’ per noi. Cos’è accaduto dietro le quinte di Artintime? Finalmente, dopo mesi di corpo a corpo con la burocrazia, le firme, le fotocopie, le raccomandate, gli appuntamenti e gli orari… Artintime è diventato ufficialmente un’associazione culturale e di promozione sociale! Quale successo, quale cambiamento, quale novità, vi starete domandando. Parecchie cose, in effetti, sono in fase di assestamento e definizione ora che abbiamo cambiato, come si suol dire “statuto”. E lo statuto, a tutti gli effetti, ha un ruolo di primaria importanza nella costituzione della nostra associazione culturale, perché è proprio dalla redazione di un regolamento che ci definisce, nelle nostre caratteristiche come nei nostri scopi, che ci riconosciamo come un’associazione che vuole innanzitutto sostenere e promuovere gli artisti emergenti in tutti i campi. Le novità a questo punto della nostra storia saranno diverse. Un codice fiscale, dettaglio burocratico ma fondamentale per poterci definire un ente a sé stante e poter così diventare agli occhi del mondo (quello delle scrivanie e delle scartoffie, ma non solo) un soggetto autentico, uno statuto al quale attenerci, una struttura più rigida e controllata, che dovrebbe aiutarci a portare avanti nel più coerente e mirato dei modi il nostro lavoro. Un lavoro che, secondo le previsioni, dovrebbe portarci innanzitutto a registrare regolarmente la nostra testata in tribunale per fare così il grande passo e ufficializzare la pubblicazione di Artintime. Insomma, ci aspetta un settembre ricco di novità tutte ancora da strutturare e organizzare nel più proficuo dei modi, perché siamo sempre convinte che lavorare ad Artintime debba essere bello ma anche piacevole, e non debba diventare uno spreco di tempo o una delle tante aggiunte ai piccoli stress quotidiani che già ci annebbiano la serenità faticosamente conquistata durante le ferie estive. Se avete voglia di salire sulla nostra barca, sappiate che il nostro viaggio, lungo e avventuroso, è appena iniziato e che ci farebbe piacere avere con noi il pubblico che dall’inizio ci segue appassionato ed entusiasta, ma anche nuovi amici e, perché no, collaboratori. Ma questa è una lunga storia ancora tutta da raccontare: vi aspettiamo sulle nostre pagine virtuali e sul nostro sito per scoprire insieme a noi tutte le novità che l’autunno porterà con se! Per settembre, come sempre, vi regaliamo un’altra copertina d’artista: questo mese a realizzare per noi l’immagine che ci presenta sarà Max Petrone, artista e pittore torinese. E allora, con tutte queste belle novità, siete pronti a ripartire con noi verso un nuovo autunno ricco di arte? Basta sfogliare una pagina ed entrerete nel colorato mondo di Artintime! Alessandra Chiappori

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ARTINTIME SOMMARIO 6 . ANGEL OLSEN by Angelica Magliocchetti

8 . DIMANCHE/SUNDAY by Francesca Cerutti

10 . SHAMSIA HASSANI by SQUARE 23

12 . UNA MAGIA SENZA FAVOLE by Alessandra Chiappori

14 . IMPERIA SGRUNT! by Alessandra Chiappori

16 . CHIACCHIERANDO TRA FUMETTI E TAVOLE byAlessandra Chiappori

18 . A CASA DI GUSTAVE MOREAU by Roberta Colasanto

20 . FLORENCE AND ITS ART’S GENIUS byCristina Canfora

24 . BOTTEGA GLITZER by Angelica Magliocchetti

26 . POTERE DELLA MUSICA E DELLA NARRAZIONE

by Alessandra Chiappori

28 . ALESSANDRA PAGLIUCA by Alnna Moschietto

30 . MUG by Francesca Cerutti

32 . EVENTS by Anna Moschietto

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ARTINTIME music@artintime.it

ANGEL OLSEN É dalle fila numerose e variegate che gravitano intorno all’eclettico artista americano Will Oldham, e in particolare tra i numerosi talenti della The Cairo Gang band che proviene Angel Olsen. Dotata di una delle migliori voci espressive degli ultimi tempi, la cantautrice di Chicago inizia la sua carriera nel luglio del 2010 con una timida, artigianale, musicassetta (poi in versione LP nel 2011), “Strange Cacti”, sperimentale, intimo - quasi personale - e un po’ acerbo, questo primo lavoro non riesce a nascondere il talento vocale della giovane artista. A seguire, nel settembre del 2012, vede la luce il primo vero album di debutto, “Half Way Home”, prodotto dalla Bathetic Records. L’atmosfera raccolta, solitaria, il senso di non appartenenza e il sound alternative folk, forse un rimando al grande Jason Molina, portano subito Angel Olsen agli onori della cronaca dei fan del genere. Incantano, infatti, brani come “Lonely Universe”, o il taglio retrò a doppia

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voce di “The waiting” o la tranquilla, malinconica “Miranda”. Prende una strada differente invece, nel febbraio del 2014, il secondo lavoro della cantautrice americana, “Burn Your Fire For No Witness”. Prodotto dalla casa discografica Jagjaguwar, si distacca un po’ dal filone che l’ha portata al successo per esplorare contaminazioni più rock ‘n’ roll, psychedelic e country. Allo stesso modo anche i testi e la prospettiva generale dell’album mostrano una visione più aperta; permane il senso di disadattamento, ma diventa collettivo, quindi consolatorio. Per certi versi, positivo. Il tutto mostrato con un disarmante sarcasmo, precedentemente solo accennato, che arricchisce e non distrugge, che diverte e rende più imprevedibili i brani. Ecco allora nascere “Hifive”, indiscutibile hit dell’album, o ancora la disorientante e potente “Stars” o la soave, commovente, “Windows”. Una crescita, quella di Angel Olsen, che non solo crea

molteplici volti al suo sound, ma che ne amplifica la vena poetica, portando la sua espressività a mix trascinanti. La promessa è quella di un viaggio fuori dal tempo, dunque, che potrebbe richiedervi un po’ di adattamento iniziale, ma che saprà sicuramente catturarvi. So, enjoy!

Angelica Magliocchetti


MUSIC

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ARTINTIME movies@artintime.it

DIMANCHE/SUNDAY

Diman tristezza e noia recheran l’ore Sono molte le parole che la letteratura ha speso sulla domenica, ma quelle che a mio parere riassumono meglio questo giorno di festa sono quelle di Leopardi ne “Il sabato del villaggio”. Domenica è quel giorno della settimana che si attende, ci si “adopra” per festeggiarlo e poi tutto scivola via in un secondo e quando si è piccoli spesso si rivela essere il giorno più noioso della settimana. Tema centrale del cortometraggio animato di Patrick Doyon, “Dimanche”, è proprio questo: la domenica di un bambino del Quebec. Sveglia, partecipazione alla funzione religiosa e noioso pranzo dalla nonna con persone adulte. Quanti di voi hanno avuto centinaia di domeniche come questa? Immagino molti, anche senza essere originari del Quebec: si tratta di un format domenicale abbastanza internazionale. È proprio in questi momenti che la fantasia dei bambini prende piede, si attiva per sopravvivere alla noia della vita alla quale sono stati sottoposti a causa di un mondo adulto che non li considera minimamente.

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Il protagonista di “Dimanche” è un bimbo solo che cerca di interagire con gli adulti, ma che evidentemente non viene considerato. Ha però una passione per le monete, gli spiccioli (coins) nello specifico si tratta di “elongated coin”, sono monete che sono state piegate o deformate e hanno assunto una forma diversa da quella originaria che solitamente è tonda. Una forma di collezionismo legata al mondo dei souvenir, ma che di fatto è anche una branca della numismatica. Queste piccole monete diventano lo svago del piccolo e pur di ottenerne di nuove sceglie di appoggiarne una sui binari del treno per deformarla proprio come vuole lui. Una storia semplice, che parte dai ricordi dell’infanzia, caratterizza questa piccola perla dell’animazione che Patrick Doyon ha deciso di realizzare non in computergrafica, ma integralmente a mano. Il regista infatti ha dichiarato più volte che l’animazione classica, nello specifico il disegno a mano, che tutti noi riconduciamo inevitabilmente alla Disney, ha il pregio di essere molto comunicativa sul lato emozionale e

quindi è da prediligere nel momento in cui si vuole suscitare una determinata sensazione nello spettatore. Lo stile di Doyon non vuole essere eccessivo, i disegni sono molto semplici e mancano di tridimensionalità e colore. Il mondo del protagonista è integralmente in bianco e nero, la domenica diventa così un giorno noioso e triste, senza colore. “Dimanche” è il primo progetto professionale di Doyon, nativo di Montreal, e ha richiesto ben due anni di lavoro integralmente ripagati dal grande successo che ha ottenuto il cortometraggio. Presentato per la prima volta al Festival del cinema di Berlino nel Febbraio 2011, successivamente, agli Oscar 2012, ha ricevuto una nomination come miglior film di animazione. Si è guadagnato inoltre un ASIFA-Colorado Award come miglior film animato al 34esimo Film Festival di Denver e un Prix Jutra Quebec’s come miglior cortometraggio animato.

Francesca Cerutti


MOVIES

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ARTINTIME

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STREET-ART popart@artintime.it

SHAMSIA HASSANI “Cambiamo l’immagine dell’Afghanistan, facciamolo diventare famoso per l’arte e non per la guerra”. Dalla sua pagina Facebook, Shamsia Hassani si presenta con queste poche, incisive parole. Docente alla Facoltà di Belle Arti dell’Università di Kabul, cofondatrice della Berang Arts Organization, Shamsia è oggi la più nota street artist afgana. Porta i suoi lavori per le strade, incontro alle persone, per cancellare i segni e le ferite della guerra, e per mandare avanti la sua personale battaglia: “L’arte è un modo pacifico di combattere e io la sto usando per sostenere i diritti delle donne nel mio paese”. Quella per il disegno e per la pittura è una passione sbocciata, come per molti bambini, all’età di 3 – 4

anni in Iran, dove è nata nel 1988 da rifugiati afgani, originari di Kandahar. Shamsia ha saputo coltivare quella passione, difenderla e conquistarla giorno dopo giorno: “A causa delle mie origini ho dovuto patire molte limitazioni e non mi è stato permesso di studiare arte a scuola”. Nel 2005 si trasferisce a Kabul e qui finalmente può intraprendere gli studi che le erano stati negati in Iran. Nel 2010 la folgorazione: “Grazie al workshop tenuto dallo street artist inglese Chu, alla Facoltà di Belle Arti a Kabul, ho iniziato a fare i primi graffiti”. E da allora non ha più smesso: “Con i miei graffiti voglio coprire tutti i brutti ricordi della guerra. Inoltre mi aiutano ad avvicinare le persone al mondo dell’arte; gli afgani hanno poche occasioni per

visitare mostre e musei, esponendo in strada ne potranno godere tutti, e senza dover pagare il biglietto”. Ogni volta che con bomboletta, mascherina e velo in testa si appresta a lavorare su un muro della periferia di Kabul rischia molestie, insulti o aggressioni. “Essere una donna in questa società è molto difficile ed è ancor più difficile essere una donna street artist”.

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ARTINTIME books@artintime.it

UNA MAGIA SENZA FAVOLE “Un debutto di straordinaria forza e intelligenza, una storia d’amore unica, un’avventura tra mondi, un sorprendente romanzo sull’amore, la morte, e sul significato dell’essere umani”, questo il claim americano per il lancio dell’esordio in narrativa di Lydia Netzer, uscito nel 2012 e approdato in Italia quest’anno. Un romanzo per molti versi sconcertante, a cavallo tra mondi diversi – è proprio il caso di dirlo -, problematiche dure, irrisolte e spesso riverberate su universi interi, imperfezioni che scolpiscono vite e dietro alle quali è difficile trovare della magia così come ce la aspetteremmo da una storia d’amore letteraria. Eppure l’autrice ci riesce, inserendo nella sua storia il presentimento costante di una forza, quella di ogni essere umano nel voler affermare la propria vita, la propria scalata al mondo, e non è un caso se è proprio un parto la scena finale, liberazione delle forze di natura, dal quale si genera ognuno di noi, nella sua magica imperfezione umana. Del resto il titolo originale è “Shine shine shine”, un inno alla luce, alla vita. Protagonisti di questa strana storia sono Sunny e Maxon, ognuno imperfetto a suo modo, fin dall’infanzia, quel mondo solo apparentemente ingenuo e protetto che permette loro di conoscersi e frequentarsi in una ma-

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niera così esclusiva da intessere più di un’amicizia. Tra i due nasce un legame profondo che diventa qualcosa di molto simile all’amore, o forse un suo surrogato, una relazione che chiede e cerca amore dentro a un’imperfezione eclatante che, se si svolgesse secondo regole e sceneggiature “normali”, sfumerebbe nell’impossibile e non corretto. Ma il desiderio di essere accolti alimenta il legame tra i due, che nel corso della propria giovinezza decidono di mettere su la propria famiglia. Ed è la famiglia standard americana l’ideale cui ambiscono, una forma stereotipata e all’apparenza perfetta che cercano di riprodurre addosso alla loro imperfezione. Come una capsula. In una capsula – o meglio un razzo spaziale – troviamo in effetti Maxon, scienziato della Nasa in missione verso la Luna. Ecco l’elemento “dell’altro mondo” che fa breccia in questa strana storia. Marito e moglie sono separati nel più decisivo dei modi, e nel corso di poche ore, ripercorrendo a tappe scomposte e disordinate episodi passati delle loro intere vite, arriveranno a riconsiderare se stessi nella propria imperfezione e nella parallela e per certi versi folle relazione di coppia. In mezzo non c’è solo lo spazio sterminato, ci sono un figlio autistico e una nuova bambina in arrivo, c’è il dramma della morte per malattia,

lo smascheramento della perfezione borghese che permea la vita media americana. Soprattutto, c’è la vita, che bussa forte per uscire allo scoperto, nonostante le situazioni dal sapore così violento e tragico da sembrare quasi irreali, nonostante il disagio, quella sensazione così permanente in tutti i personaggi del libro, costante in ogni fase della vita di chiunque, costretto a rivestirsi di strati e stradi di supposta normalità per fingere di voler e saper funzionare, come gli altri, come tutti. Mentre Maxon è sulla Luna, mondo ovattato, avvolto nel buio del gelo spaziale, eccessivamente lontano, Sunny porta il nome dell’astro che splende, nonostante sia nata durante un’eclisse solare, e ostenta una luce di cui vorrebbe ammantarsi per quanto troppo spesso si senta invece avvolta dalle scure vesti dell’imperfezione e del suo mascheramento. Sono questi i mondi opposti eppure così intensamente legati, quasi morbosamente, a comporre la somma di imperfezioni che, arrivati al fondo del libro, capiamo non risolversi per magia come nelle favole. No, una favola questo romanzo non vuole esserlo, anzi. È piuttosto un’aperta via per affrontare le pieghe scomode che la vita riserva. Lo è nella narrazione, che a uno stile fortemente scomposto e intessuto di temi e figure dell’America massificata che ci arrivano


BOOKS attraverso i media delinea una storia che è tutto fuorché di massa. Una storia che può fare paura e che spaventa i personaggi coinvolti e il lettore stesso, toccando tasti nascosti, tabù, malattie, dolore e le angosce più ancestrali. Una storia fondamentalmente diversa dalla maggior parte delle commedie made in USA che siamo abituati a frequentare. E per questo, forse, il romanzo della Netzer merita una lettura accorta e una disponibilità ad accogliere quel limite alla “normalità” che siamo disposti ad attribuirgli lasciandoci andare verso la luna con un vago senso di panico, ma con la scoperta, felice o meno che sia, di nuovi mondi narrativi e umani da esplorare e su cui riflettere.

A lessandra Chiappori

“Sperò che qualcosa, chissà come, si potesse cambiare. Eppure, quando guardò nello specchietto e notò il modo in cui i bimbi stavano intrecciati uno all’altra, si rese conto che forse era troppo tardi. Maxon era diverso, Sunny era diversa, ed erano diversi insieme. E qualunque cosa brutta e incasinata ci fosse nel profondo di lui e nel profondo di lei, separarli sarebbe stato difficile”

LYDIA NETZER Voce americana, Lydia Netzer è data a Detroit e vive in Virginia con il marito e i due figli. Non solo i libri tra le sue passioni, ma anche il rock, suona infatti la chitarra in una band. Esordisce negli States nel 2012 con “Shine shine shine”, presto segnalato tra i “notable books” del New York Times. Attualmente ha all’attivo altri due romanzi che, speriamo, facciano seguito a questo suo esordio nella traduzione italiana di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani per Piemme datato 2014.

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ARTINTIME events@artintime.it

IMPERIA SGRUNT! Il 6 e 7 settembre la prima fiera del

fumetto di Imperia Un esperimento, una sfida, una scommessa: faticosa, forse, ma guidata dalla voglia di passare dalla parte di chi le azioni le mette a frutto davvero, e non solo si lamenta (“mugugna”, si direbbe lì in Liguria, territorio di cui stiamo per parlarvi) di tutto ciò che non funziona stando a braccia incrociate mentre le luci della città si spengono piano piano e gli abitanti, specialmente i più giovani, fanno a malincuore le valigie. Artintime vi parla in questo numero della prima edizione di “Imperia Sgrunt”, la fiera del fumetto, del gioco, dell’animazione e del mondo nerd che sabato 6 e domenica 7 settembre si svolgerà nell’insolita cornice di Imperia, capoluogo del Ponente ligure. Un’iniziativa insolita per tanti motivi. In primis la location, una città troppo spesso dimenticata, stretta com’è tra problemi amministrativi, economici e di urbanistica e un rilancio che la vede, da ex capitale dell’industria

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olearia e dei traffici portuali, puntare sul territorio come incentivo per un turismo fatto di paesaggi delicati e tradizioni rurali da riscoprire. Sarà proprio il porto, o meglio la banchina G.B. Cuneo di Oneglia [uno dei due antichi borghi, insieme a Porto Maurizio, che costituiscono Imperia. N.d.R.] con il suo caratteristico skyline di case color pastello a costituire il cuore della manifestazione. In secundis, l’organizzazione. Perché “Imperia Sgrunt” è frutto di un lavoro durato mesi che ha come attori principali quattro ragazzi “under 30”: Stefano Zanchi, fumettista imperiese che abbiamo intervistato per voi su questo numero; Mariasara Miotti, illustratrice, anche lei made in Imperia; Simone di Meo, inchiostratore torinese; e Stefano Ascheri, presidente dell’associazione culturale “SetteCinque”, promotrice dell’evento. I due giorni di fiera vedranno alternarsi molti ospiti, la cui lista è in costante aggiornamento, così

come il programma, via via sempre più ricco: fumettisti, scrittori, youtubers, animatori, doppiatori, illustratori, con tanti eventi e incontri che animeranno gli stand espositivi, dalle gare di cosplay, alle mostre dedicate, dagli spazi games agli immancabili disegni alla mano, il tutto a ingresso rigorosamente libero. È così che passeranno da Imperia Greta Bonetti, Luca Erbetta, Sergio Faiella, Giuseppe Peruzzo, Roberto Gagnor, Paolo Mottura, Dino Manetta, Victorlaszlo88, Maurizio Fiorentini, Giorgia Marras, Sergio Giardo, Frederic Volante, Massimiliano Valentini, Ste Tirasso… Come in tutti gli eventi che si rispettino, anche “Imperia Sgrunt” avrà la sua mascotte: si chiama Sguizzo ed è un simpatico pesciolino che ricorda proprio il mare di Liguria. Se vi è venuta la voglia di saperne di più o addirittura di partecipare all’intensa due giorni in riva al mare, l’organizzazione sta reclutando volontari. Come fare per avere informazioni?


SPECIAL!

Vi basta cliccare su www.imperiasgrunt.it, troverete tutte le indicazioni necessarie su come diventare volontari, arrivare a Imperia, sulle mostre collaterali e potrete seguire l’evolversi dei nomi in calendario. La fiera del fumetto di Imperia, infine, è anche su Facebook e Twitter: cercate “Imperia Sgrunt” e non vi perderete nemmeno un istante di questa prima entusiasta edizione! Che si tratti di fumetti, è chiaro fin dal titolo che gli organizzatori hanno voluto dare alla manifestazione. Ma perché proprio “Sgrunt”? Il motivo ha a che fare con ciò che abbiamo messo in rilievo in apertura: da una parte la location, dall’altra l’atteggiamento tendente al mugugno che contraddistingue molto spesso i liguri i quali, piuttosto che agire, preferirebbero lamentarsi. Luoghi comuni che da tempo immemore si sono attaccati come etichette alla terra di Montale e De Andrè e che si aggiungono alle trofie al pesto, alla tirchieria e all’atteggiamento

di antipatia verso i turisti secondo la nota battuta “torta di riso finita”. Oppure no? Il mugugno, come dicono dall’organizzazione in gran parte ligure di Imperia Sgrunt, è “uno stile di vita”: quando un ligure mugugna è come “se l’acqua all’interno di una pentola stesse bollendo, vorrebbe uscire dal contenitore per spandersi in giro, ma il coperchio blocca questo istinto”. E allora ecco che si borbotta, come caffettiere sul fuoco, come panna che lentamente monta “fino a diventare un bisbiglio, una lamentela sibilante, un motivo di discussione, ma con toni pacati e tranquilli”. Sgrunt!, allora, per celebrare sì il fumetto, ma anche per prendere giocosamente in giro la cattiva pubblicità che spesso causa ulteriore mugugno agli stessi liguri, connotandoli come popolo inospitale. Una manifestazione come “Imperia Sgrunt” si propone anche questo: sdoganare il pregiudizio ed evidenziare invece le positività di luoghi e persone che concreta-

mente si organizzano per realizzare qualcosa di nuovo e, speriamo, di successo. E allora in bocca al lupo a questa prima edizione, e che il mugugno – ma non troppo! – vi sia d’ispirazione come, a giudicare dalla divertentissima locandina dell’evento (disegno di Stefano Zanchi e colori di Mariasara Miotti e Simone di Meo), ha già fatto!

A lessandra Chiappori

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ARTINTIME CHIACCHIERANDO TRA FUMETTI E TAVOLE: intervista a Stefano Zanchi Classe 1990, Stefano Zanchi è uno dei più giovani disegnatori del colorato e divertente team di “Topolino”, intramontabile giornale di fumetti a cui sono legati ricordi di infanzia (e non solo!) di intere generazioni. Lo abbiamo incontrato per voi alle soglie di “Imperia Sgrunt”, la fiera di comics alla cui organizzazione ha collaborato lo stesso Stefano, evento che si svolgerà nella sua città, Imperia, i prossimi 6 e 7 settembre. Ma scopriamone di più facendo quattro chiacchiere con Stefano e perdendoci nel mondo delle tavole e dei fumetti. Ciao Stefano, raccontaci un po’ di te: come nasce la tua passione per il fumetto? Ho sempre avuto la passione del disegno fin da bambino, passavo ore e ore a copiare i miei personaggi preferiti, ma la passione per il fumetto, per la precisione per il lavoro del fumettista, è nata dopo l’incontro con un disegnatore Bonelli di Imperia, Bruno Ramella. Qual è stato il tuo percorso scolastico e formativo? Ho frequentato il liceo scientifico a Imperia e, dopo essermi diplomato nel 2009, ho iniziato la Scuola Internazionale di Comics a Torino. Devo molto sia ai miei maestri della Scuola sia ai grandi disegnatori di “Topolino” che, seppure non conoscendo di persona alcuni di loro, mi hanno insegnato tanto attraverso i loro disegni. Dal 2012 sei entrato nella redazione di “Topolino” come

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uno dei più giovani disegnatori: com’è nata la collaborazione con il giornale? Da piccolo lo leggevi? Sì da piccolo leggevo “Topolino” e la mia collaborazione con questo affascinante fumetto è nata dopo aver conosciuto Paolo Mottura alla scuola di Torino. Grazie alla sua guida e dopo alcune prove con la redazione, nel 2011 inizio a pubblicare le mie prime autoconclusive e nel 2012 disegno la mia prima storia “Paperino e il tassello numero uno”. Come funziona la tua collaborazione al giornale: ti viene inviata una sceneggiatura alla quale ti devi attenere? E poi come lavori alle tavole: hai libertà di invenzione? Inchiostrazione e colorazione sono anche tue? Dopo aver ricevuto dalla redazione la sceneggiatura inizio a buttare giù uno storyboard. Mi lascio guidare molto dalle ispirazioni anche se spesso mi capita di non fermarmi mai alla prima idea che mi viene in mente. Passo ore a studiare inquadrature nuove, accattivanti, e provo a infondere ai disegni tutta la mia passione. Anche se devo attenermi alla sceneggiatura ho molta libertà e cerco di sfruttarla al meglio. Dopo lo storyboard preparo le tavole a matita definitive pronte per essere inchiostrate. La fase dell’inchiostrazione non è un semplice ripasso dei contorni del disegno a matita ma è come scolpire cercando i volumi, armonizzare la matita, è come dare vigore e forza al tratto rendendolo capace di trasmettere sensazioni

sempre più profonde al lettore. Io arrivo fino a questa fase, la colorazione viene poi fatta da un altro artista. Come ti sei trovato a disegnare i soggetti di “Topolino”? All’inizio è stata veramente dura perché sia i paperi sia i topi hanno particolari proporzioni da rispettare e soprattutto da capire, basta veramente poco per disegnarli male, ma una volta presa dimestichezza con i personaggi e gli ambienti “disneyani” tutto è diventato più naturale. Hai dei disegnatori a cui ti ispiri in modo particolare o ai quali fai riferimento? Durante le prime storie i miei riferimenti erano Cavazzano e Mastantuono, ma con il tempo ho iniziato ad apprezzare anche altri disegnatori non solo Disney. Freccero per i personaggi, Mottura per la sua emozionante inchiostrazione, Celoni per la forza delle sue tavole, Uderzo e ultimamente ho scoperto Guarnido disegnatore di BlackSad e Greg Capullo della DC. Che impressione fa vedere le proprie tavole tra i grandi nomi del fumetto? Avresti mai detto: da grande farò il disegnatore? È soprattutto un grande onore, non avrei mai pensato di entrare a far parte, così giovane, del gruppo dei disegnatori di “Topolino”. Ho provato una grandissima emozione quando ho visto per la prima volta le mie tavole pubblicate ed è un’emozione che continuo a provare ogni volta che esce una mia storia.


INTERVISTANDO...

Quanti lavori hai realizzato finora e quali ti hanno regalato più soddisfazioni o, viceversa, ti hanno messo più in difficoltà? Finora ho disegnato 14 storie insieme a qualche tavola autoconclusiva e nonostante siano state alcune più faticose di altre sono soddisfatto perché per me iniziare a disegnarne una è come intraprendere un’avventura, ogni storia è un viaggio che mi fa crescere e maturare. È vero che ci sono momenti deliranti o momenti in cui ci si blocca, ma sono momenti che si superano grazie alla passione per il proprio lavoro. La domanda più difficile: Topi o Paperi? Ho iniziato a lavorare disegnando paperi, quindi sono molto affezionato a Paperino e company, così come mi piace moltissimo disegnare le storie su Paperinik, ma con il tempo mi sento sempre più attratto da “Topolino”. È un personaggio più adulto, è un grande eroe, generoso e coraggioso.

Fuori dal mondo Disney, quali sono le tue passioni e di cosa ti occupi? Disegnare per “Topolino” mi porta via gran parte del tempo, è un lavoro al quale bisogna dedicare tanto. Ma oltre a questo mi piace molto suonare il piano e la chitarra, collaboro con la mia parrocchia come ministrante a messa e realizzando tavole di fumetto in stile più realistico per il giornale della comunità, ho una particolare passione per la filosofia e per l’arte in generale. Amo andare al cinema e quando posso, durante l’estate, passo giornate intere a giocare a beach volley. Quali consigli daresti ai giovani disegnatori che vorrebbero intraprendere una carriera come la tua? A chi vuole fare questo lavoro dico prima di tutto di non fermarsi mai alle prime difficoltà che si incon-

trano. Bisogna andare avanti con perseveranza e determinazione e credere nei propri sogni. All’inizio bisogna copiare tanto, senza limitarsi allo stile di uno dei grandi maestri, ma cercando di capire come lui costruisce una tavola, come fa recitare un personaggio, come muove i personaggi negli sfondi. Bisogna quindi studiare molto. È un lavoro lungo e a volte un po’ noioso ma è essenziale per diventare un fumettista. Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di trovarsi un fumettista professionista dal quale farsi seguire. Solamente il vedere come lavora lui dà grandi stimoli e ti fa imparare molto di più rispetto a tanti anni passati a studiare da solo.

A lessandra Chiappori

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ARTINTIME unclassicart@artintime.it

A CASA DI GUSTAVE MOREAU Passeggiando per le strade di Parigi e colti da un improvviso temporale d’agosto abbiamo trovato rifugio nella ottocentesca casa del pittore Gustave Moreau, oggi Musée Moreau. Nessun imponente manifesto pubblicitario all’esterno, pochi visitatori, ci siamo ritrovati così quasi per caso a esplorare questa straordinaria casa museo – ancora esclusa dalla maggior parte degli itinerari turistici parigini - concordando all’uscita, qualche ora e molti punti esclamativi dopo, di aver fatto una grande scoperta. Gustave Moreau, pittore forse non così conosciuto dalle masse, non così studiato, è per questo ancor più sconvolgente quando lo si riscopre; fu lui stesso a destinare la sua abitazione a museo, curando personalmente la disposizione delle opere all’interno. Inizia la visita e salendo le scale che conducono al primo piano siamo catapultati nella vita quotidiana di Gustave Moreau. Troviamo una successione di stanze ammobiliate con arredi ottocenteschi, caratterizzate da un certo gusto per l’accumulo: montagne di libri, raffinati soprammobili, ritratti, disegni e dipinti che ricoprono le pareti. Un quanto mai

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suggestivo salto nel tempo. E ancora, salendo le scale che conducono al secondo e poi al terzo piano, siamo catapultati nella testa di Gustave Moreau. Siamo nel suo atelier: uno spazio enorme, luminoso, il numero delle opere talmente esorbitante che letteralmente non sappiamo dove guardare. La ragazza a guardia della sala si lascia scappare un sorrisetto tutte le volte che un nuovo spettatore stupefatto entra nell’atelier: nessuno – dice - riesce a trattenere un’esclamazione di meraviglia salendo lassù. Tentare di descrivere l’arte di Moreau è impresa ardua. Pittore colto, letterato – troppo secondo alcuni - le sue opere tracimano di citazioni storiche, letterarie, artistiche… considerato il precursore del simbolismo, il suo stile guarda al neoclassico, ma con un gusto per l’ornamentazione e per il dettaglio che spesso ricorda i Preraffaelliti. Molte delle sue opere sono incomplete, molte di grande formato e straripanti di figure. Non è sempre facile intendere appieno il soggetto dei sui quadri ma allo stesso tempo è impossibile non rimanerne ammaliati. Un esempio eclatante: “Jupiter et Sémélé”, esposto al terzo piano.

Monumentale, saturo di figure, accecante coi suoi colori sgargianti e le sue caleidoscopiche sfumature. Sempre il terzo piano custodisce una delle opere più conosciute dell’artista, l’”Apparizione”, risultato degli studi sul tema di Salomè. Dipinto che va osservato dal vivo per poter intendere appieno l’abilità del pittore nell’uso diversificato del colore, della raffinata decorazione in punta di pennello, del gusto per il dettaglio e dell’impasto materico. E non finisce qui. Sì, perché oltre agli innumerevoli dipinti appesi alle pareti, il visitatore può approfondire le sue conoscenze sull’arte di Moreau ammirando i disegni (migliaia!) esposti su pannelli sfogliabili, così come gli acquerelli, veri e propri capolavori in piccolo formato. Artista proteiforme, visionario, sbalorditivo, vulcanico, riscopriamo Gustave Moreau in questa suggestiva sede espositiva, essa stessa creazione e frutto dell’immaginazione del pittore. Se siete nei paraggi: 14 rue de La Rochefoucauld, Parigi, a dieci minuti dall’Opéra. Non ve ne pentirete.

Roberta Colasanto


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Florence and its art’s genius. Florence in August. The beautiful narrow streets the amazing ancient buildings and churches, the bridges, the Duomo. The experience is mesmerizing. By chance, on my first day in the city, I end up in San Niccolò the artists and craftsmen neighbourhood, the most inspiring and creative place to be. As if it was meant to be I step inside a small atelier and meet a special person: Tommaso Brogini, a truly Florentine painter. An instantaneous connection with his pieces of art makes me want to know more about him and the engine that keeps in motion his talent. Here the story of a contemporary, classic artist. During 1993, after a car accident that leads to a month long coma, Tommaso changes his life path and decides to get closer to art. At first, drawing is a way to recover from the paralysis of his right hand then it becomes an inescapable journey throughout a universal language. Self-teaching himself, with the help of the great masters of the past, he finds his own identity as an artist.

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“Painting for me is to dedicate a lot of passion and attention to every sign, to every brush stroke, it’s to put love and care in details, in smaller steps from one form to another, from a colour to another colour with sensitivity and softness, thus entering into a deep relationship with the image”. His mentor is Michelangiolo Buonarroti, known as Michelangelo. Tommaso’s works are tributes to Michelangelo’s duplicity lessons: each element consists of a sensation and its opposite, the white does not make sense if black didn’t exist, just as a woman without man, good would not be suggested without bad, and so on to infinity, to not-finished. Following this principal he creates figures and shapes that balanced each other “in a compendium of strength and kindness, strength and sensitivity”. As soon as I walk through the door of his atelier three massive canvas get my attention. He notices my pondering attitude and leaving a side his brushes to explain to me

what the story behind his creations. When he is talking about his art, his eyes light up and his firm voice, with the distinguishing accent, carries you into a fairy tale that revolves on the making of the painting. “My recent works are dedicated to the representation of the Four Elements (Fire, Air, Water and Earth), expressed through the sculptures observation. To represent Fire, I chose the Cupid and Psyche by Antonio Canova, to represent Air, the Apollo and Daphne by Gianlorenzo Bernini. To symbolize Water, instead, I chose Benvenuto Cellini’s Perseus and finally I wanted the Earth to be incarnated by Michelangelo’s David. I decided to combine each element with a double meaning, a feeling, a theme, such as Love and War, opposed as the sensations offered by elements. Fire in juxtaposition to Air and Water to Earth.” To recall the clash of emotions in his works he uses both the colours and the themes. Warm colours are drawn on to describe the passionate version of love (Cupid and Psyche), and War as a meditative wait (David), cold


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ones to introduce an elusive love (Apollo and Daphne) and a displayed victory (Perseus). These classic pieces come to a new life thanks to Tommaso’s paintings, he has the value of connecting our frantic world with the never perishing beauty of classics. ------------------------------------------Firenze ad Agosto. Una parata di bellissime stradine, meravigliosi palazzi antichi e chiese, ponti che connettono la città che si sviluppa sui due lati dell’Arno, il Duomo. È un’esperienza unica. Per caso, durante il primo giorno da turista nella bellissima località, mi ritrovo nel quartiere di San Niccolò dove riesiede la maggior parte degli artisti e degli artigiani del posto. Il più stimolante e creativo

posto in cui ci si possa imbattere. Come se fosse scritto nel destino mi ritrovo nello studio di una persona speciale: Tommaso Brogini, un vero pittore fiorentino. Un’istantanea connessione con le opere esposte dall’artista mi mette voglia di scoprirne di più a proposito del suo talento. Ecco la storia di un artista contemporaneo, classico. Durante il 1993, dopo un incidente che lo conduce al coma lungo un mese, Tommaso decide di cambiare percorso di vita e dedicarsi all’arte. Dapprima disegnare è per lui un mezzo grazie al quale recuperare le funzionalità della mano destra, colpita da paralisi in seguito all’incidente, poi diventa un viaggio imprescindibile attraverso un linguaggio universale. Da autodidatta, con l’aiuto di importanti e storici maestri

dell’arte, trova la sua strada verso un tratto unico per instaurare un dialogo con il pubblico fatto di segni e pennellate. “Dipingere per me significa dedicare tanta passione e attenzione a ogni segno, a ogni pennellata, mettendo cura e amore nei dettagli, nei piccoli passaggi da una forma a un’altra, di colore in colore, con sensibilità e morbidezza, entrando così in profonda relazione con l’immagine.” Il suo mentore, neanche a dirlo, è Michelangiolo Buonarroti, noto come Michelangelo. I lavori di Tommaso sono un tributo alla lezione fondamentale appresa da esso: quella della duplicità. Se-

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ARTINTIME

condo quest’ultima ogni elemento è composto da una sensazione e dalla sua opposta; il bianco non avrebbe senso se non esistesse il nero, così come la donna senza l’uomo, il bene non sarebbe suggerito senza il male, e così via fino all’infinito, al non-finito. Seguendo questo principio il pittore crea figure e forme che si bilanciano “in un compendio di forza e dolcezza, di forza e sensibilità.” Non appena varcata la soglia, tre enormi dipinti colgono la mia attenzione. Notata la mia aria contemplativa, l’artista mi viene incontro tralasciando i suoi doveri e inizia a raccontarmi l’origine dei quadri. Mentre parla delle sue opere gli occhi gli si illuminano e la voce ferma dall’inconfondibile accento fiorentino mi trasporta in una fiaba che

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non è altro che il dietro le quinte dell’atto creativo. “I miei lavori più recenti sono dedicati alla rappresentazione dei Quattro Elementi (Fuoco, Aria, Acqua e Terra) espressi tramite l’osservazione di alcune sculture. Per rappresentare il Fuoco ho scelto Amore e Psyche di Antonio Canova, per l’Aria Apollo e Daphne di Gianlorenzo Bernini. A simboleggiare l’Acqua Perseo di Benvenuto Cellini e infine per la Terra il David di Michelangelo. Ho deciso di combinare ciascun elemento a un doppio significato, un sentimento, un tema come Amore e Guerra, opposti come le sensazioni che scaturiscono dagli elementi. Il Fuoco contrapposto all’Aria, l’Aqua con-

trapposta alla Terra.” Per rievocare il contrasto di emozioni nelle sue opere utilizza sia il contrasto tra colori che tra temi. Colori caldi sono usati per descrivere l’amore passionale (Amore e Psyche) e la guerra vista come attesa meditativa (David) mentre colori freddi introducono l’amore elusivo (Apollo e Dafne) e l’ostentata vittoria (Perseo). Questi pezzi classici rivivono grazie alla maestria e al valore di Tommaso, che con i suoi dipinti collega il frenetico mondo contemporaneo alla bellezza intramontabile della classicità rinascimentale.

Cristina Canfora


SPECIAL

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ARTINTIME music@artintime.it

BOTTEGA GLITZER Ebbene si, il fascino anni 40 e 50 ha colpito anche noi; contaminati, folgorati e trascinati dai ritmi e dai colori di un sound tutto da scoprire vi presentiamo i Bottega Glizter!La band nasce nel 2010 partendo dalle capacità cantautoriali dell’artista italo-svizzera Nadja Maurizi a cui si aggiungono capaci esponenti del rock (Giorgio Condemi e Matteo Scannicchio) e del jazz della capitale (alla sezione ritmica troviamo Federico Leo e Carmine Iuvone). Già dall’album d’esordio, “ding!”, che segue il successo dell’EP autoprodotto “Oh Baby”, si nota infatti una notevole perizia nella costruzione dei brani, dovuta certo all’esperienza del gruppo, ma anche a quell’inventiva che sembra non avere fine. Un’imprevedibilità che passa dalla lingua dei testi (italiano, francese, inglese e tedesco, tutte riunite nel brano “Will Tanzen”), fino all’intreccio di stili che arrivano a toccare in un solo album il valzer, la canzonet-

ta popolare, il blues da piano bar, un pezzo folk-punk e una hit di lancio, “Mr. Perfect”, paradossalmente meno cosmopolita delle altre. Un viaggio intorno al mondo, quindi, in puro stile retrò. Un’esperienza stimolante, capace di strapparvi qualche attimo di tenerezza nella chanson “J’aime ça”, di trascinarvi nel ritmo frizzante e sbarazzino in “Tutte queste cose “o in una tranquilla gita nel lontano “Garden of Cotton Hearts”. C’è spazio anche per il gran finale di “Abba” e per il passo felpato di “Weinnacht”. O per un sorso di “Your Smile”. O per un sospiro romantico con “Vieni qui”. Ce n’è davvero per tutti i gusti; una vera e propria carrellata a tutto gas in una babele di lingue e atmosfere, che vi farà sognare le pin up e sorridere davanti ad alcune trovate stilistiche davvero brillanti. Un’entrata di gran classe nel panorama musicale nostrano e non. Consigliatissimi, in fondo, quale modo migliore per una partenza di settembre dal retrogusto frizzante? Provare per credere! Enjoy!

Angelica Magliocchetti

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MUSIC

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POTERE DELLA MUSICA E DELLA NARRAZIONE La musica, la depressione, lo sfavillio dell’orchestra, la potente ed evocativa magia dei suoni, gli abissi della psiche umana, la forza e la sensibilità, c’è tutto questo strabordante contenuto dentro alle densissime pagine di “Dovunque, eternamente”, l’esordio narrativo di Simona Rondolini. Eppure questo libro – che si è fatto notare tra le centinaia di manoscritti giunti al Premio Calvino nel 2012 arrivando tra i finalisti – presenta una struttura semplice. Tre sono le parti che lo costituiscono, anticipate da un breve prologo: il fatto, la fuga, il ritorno. Come nella più classica delle narrazioni ci vengono presentati i protagonisti e le loro azioni sfociate in tragedia, in un tempo che diventa presto un passato da lasciarsi alle spalle e dimenticare. Ecco perché la cesura forte tra ciò che viene dopo e la prima parte dalla quale ci eravamo fatti coinvolgere, e dove alla stregua di una partitura musicale comparivano tutti gli attori di una storia che sembra apparentemente finire per tramutarsi in un’esistenza solitaria e vuota in un altrove mai specificato. Un assolo composto di dolore, paura, errori, che risuona nelle corde della protagonista e tocca da vicino anche il lettore grazie alla potenza delle immagini e delle situazioni descritte. Ma a una soluzione auspica questa vicenda, che apre così la sua terza e ultima parte: si ritorna al luogo di origine – mai specificato, come del resto alcun luogo nella storia, che ci parla di città diverse e lontane tra loro – ai volti già conosciuti, alle mura domestiche, verso una riso-

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luzione che sarà dolorosa quanto necessariamente urgente. Pochi, ma intensissimi, gli elementi di questa storia narrata con consapevolezza e talento letterario. La protagonista è Laura Paliani, figlia ventenne, in procinto di finire gli esami universitari e scrivere la tesi, del noto direttore d’orchestra Luigi Paliani e della moglie Olga, cantante lirica. Un universo, quello di Laura, da sempre fatto di partiture musicali, ritmi scanditi dalle prove in auditorium e dagli altalenanti umori del padre, celebrità dall’acutissima sensibilità musicale, che lo porterà a covare una serie di emicranie violente, dovute all’alternarsi tra stati di euforia e sintonia profonda con il suo universo musicale e altrettanto intensi momenti di depressione e consapevolezza dell’impossibile perfezione artistica che mai sarà “dovunque ed eternamente” come il suo spirito di musicista vorrebbe. L’evolvere della malattia psichiatrica del padre coinvolge nel suo turbine oscuro la fragile e sensibile Laura e Olga, la quale fa scudo con la propria forte personalità, un carattere scolpito come quello di Luigi. Tra questi due poli dalle grandi ambizioni, prepotenze e vizi, deve destreggiarsi la ragazza, che tuttavia, sopraffatta da un ideale di perfezione serpeggiante da sempre tra le mura di casa e dall’intensità con cui la musica la avvince, si perde. Inizia così un allontanamento feroce e allucinato da se stessa, lontano da ogni cosa familiare, a contatto diretto con una brutalità inaudita e straziante per chiunque, ancor più per il suo animo delicato e fragile.

L’allontanamento dai ricordi delle cose care si accompagna a un allontanamento dal mondo dell’arte, culla di Laura e compagna nell’elaborazione dei fatti del mondo. Non ci sono libri né musica nella nuova vita che la riduce all’ombra di se stessa, a una vita da automa. Finché non torna la musica, ad aprire brecce e rivelare tutta una parte di mondo dimenticata e troppo a lungo soffocata. Si avvia così il faticoso ritorno, che vede ricucire quel mondo strappato con violenza, e una lenta e graduale accettazione, l’elaborazione della vicenda e la scesa a patti con la propria interiorità straziata. È una narrazione di profondità intensa quella della Rondolini, a tratti violenta e poetica nelle sue descrizioni liriche di scorci montani scalati da Laura col padre, verso quelle vette e altezze metaforiche che solo la musica – e in particolare la musica di Mahler, dopo aver diretto la quale Luigi inizia la rovinosa caduta – sa far raggiungere. Una storia tutta interiore, che accomuna la delicatezza della sensibilità della protagonista a visioni di sconvolgente crudezza. E poi c’è il costante accompagnamento musicale: come vere e proprie narrazioni, le note abbracciano le vite dei protagonisti, ne diventano lo sfondo non solo immaginario ma umano, creano rapporti, sentimenti, destano paure e alimentano ambizioni di contatto con la perfezione, la dimensione artistica ricercata e irraggiungibile. È un romanzo, questo, di denso intimismo e di scrittura altrettanto ricca, capace di scavare le sensibilità musicali e umane con ricordi, immagini, emozioni forti. E


BOOKS con l’umanità altrettanto profonda di uno tra gli elementi ricorrenti, semplice come tuttavia fondamentale nel rivelare aspetti e pose dei protagonisti: il rituale della tazza di the con biscotti. Posato, semplice, quasi banale, eppure, dopo questa lettura, improvvisamente simbolico e rappresentativo: lieve ma piombo, àncora del passato e boa di segnalazione di una vita, ricordo di tenerezza e affetto, e galleggiante per imparare a sopravvivere anche al più grande dolore.

A lessandra Chiappori

“Ce l’aveva con Mahler che aveva stregato anche lei, corpo e anima, con quell’ansia affamata di bellezza e quella sensualità tormentosa; e adesso che era incapace di sottrarsi, pretendeva di venderle sottobanco questo dovunque, eternamente come soluzione buona per tutti i conflitti, dopo che non aveva fatto altro che mostrarne l’insanabilità. Lei non la voleva, quella pacificata rassegnazione, se doveva morire per averla. Che se ne faceva? Lei voleva l’eternità subito, lì e allora” “Dovunque, eternamente”, Simona Rondolini, Elliot, 2014

SIMONA RONDOLINI È nata nel 1970, vive a Perugia e ha una laurea in filosofia. Nel 2012 ha partecipato con il manoscritto di “Dovunque, eternamente” al prestigioso Premio Calvino per romanzi esordienti ed è risultata tra gli autori finalisti, aggiudicando così al suo lavoro la meritata attenzione e la pubblicazione da parte dell’editore Elliot. Ci aspettiamo grandi successi da questa voce consapevole e intensa della nuova narrativa italiana!

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ALESSANDRA PAGLIUCA Nota per il suo stile iperrealistico, spesso accompagnato da una vena concettuale, Alessandra Pagliuca si distingue per la continua ricerca sui volti e le espressioni umane. Una “ossessione” affrontata inizialmente attraverso l’attenzione meticolosa per ogni dettaglio, che, con il tempo, viene accompagnata alla ricerca del racconto dell’opera. Quest’ultima viene arricchita di immagini e parole che aiutano l’osservatore a comprendere a pieno la storia che l’artista intende narrare: pagine di romanzi, quotidiani, lettere, bollette e qualsiasi altro elemento in grado di dettagliare l’essenza del soggetto rappresentato. Un punto di arrivo a cui l’artista torinese giunge attraverso studio e riflessione. Un percorso che ha inizio

dalla sua formazione presso un liceo scientifico ad indirizzo artistico e che prosegue con la sperimentazione e la piena dedizione alla pittura da autodidatta. Da quì le prime mostre. La prima esposizione è del 2012 e consiste in una collezione personale di opere iperrealiste; fanno seguito una serie di rassegne in Piemonte, alla “11 Dreams Gallery” di Tortona, alla “Art Gallery Santa Teresa” di Venezia e alla “Galleria Il Trittico” di Roma; dal 2014 il debutto all’estero in Europa e Stati Uniti. Parallelamente partecipa a diversi concorsi che spesso la vedono finalista ed esegue molteplici opere su commissione per clienti privati ed enti pubblici. Una produzione diversificata, quindi. che esplora in ogni progetto la varietà del genere umano e le sue molteplici sfumature.

Anna Moschietto

www.alessandrapagliuca.com | info@alessandrapagliuca.com

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POP-ART

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MUG Un uomo cammina portando in una mano una tazza (Mug) e una bottiglia, sullo sfondo passa un treno merci contenente del materiale simile alla terra o al carbone. Comincia così il cortometraggio del gruppo Royal Danger. Realizzato in sole 48 ore, Mug viene definito dai suoi creatori come un corto sperimentale. La storia narrata è molto semplice, priva di parole e dialoghi, restano a raccontarla solo le immagini, i gesti e le azioni. Una musica di sottofondo accompagna l’intera scena ambientata nelle periferie di una grande città: sono suoni sordi quelli che accompagnano l’andamento del protagonista, intervallati soltanto dal silenzio delle campagne e dal rumore del vento. Pur non vedendo mai il volto del protagonista, che resta sempre ripreso da lontano o di spalle, è chiaro quello che sta accadendo: l’uomo è nel pieno di uno stato di degrado sociale. Non sappiamo cosa lo abbia portato a quel livello, ma solo che indossa una camicia, una cravatta e un elegnate pantalone nero che fanno pensare ad un lavoro importante, ma nient’altro è possibile capire di lui. Lo vediamo che avanza senza meta, senza logica, solo con la sua bottiglia e la sua tazza. Impossibile restare impassibili di fronte a quella tazza

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colorata, totalmente in attrito con la figura dell’ uomo. È chiaramente una tazza per bambini che, allegra, contrasta con la tragicità del momento. La rappresentazione del degrado del protagonista, messa in scena oltre che dalla situazione anche dal suo abbigliamento fuori luogo, viene ripresa dall’ambiente periferico, anch’esso in totale stato di abbandono, senza anima viva, con edifici disabitati, finestre rotte e teli stracciati. Mug è un cortometraggio duro che, nonostante suggerisca fin dall’inizio come potrà evolvere la storia, lascia lo spettatore con un forte amaro in bocca. Seguiamo infatti il percorso del protagonista in mezzo alla natura e fino alle rive di un fiumiciattolo, dove fermatosi, appoggia la tazza e la bottiglia, ormai suoi fidati compagni, si toglie le scarpe e si sfila i pantaloni. Non esistono note positive o di speranza, anche il canto degli uccellini che accompagna il momento diviene soltanto un nero sottofondo, subito sostituito da una musica triste. Compare a questo punto un messaggio scritto su carta, intriso di acqua: “Nice Career, bella carriera”. Tutto è compiuto, tutto è chiaro. E’ il lavoro che ha portato l’uomo a compiere questo gesto estremo. Sistemati attentamente i suoi vestiti lungo il fiume

e con indosso soltanto l’intimo e la camicia, infatti, l’uomo si immerge. Si tratta molto probabilmente della sua fine o forse cambierà idea e riemergerà da quelle acque? Il gruppo Royal Danger, dietro al quale si nascondono Dean Brennan, Kris Ferguson, Rafael Garcia and Nathan Knowles, dimostra con questo lavoro di avere grandi abilità, non solo narrative, ma soprattutto rappresentative. In Mug colpisce l’attenzione al dettaglio, ogni oggetto è realmente parte della narrazione e niente è lasciato al caso. Ogni piccola cosa è studiata a pensata attentamente per portare lo spettatore a non stupirsi eccessivamente davanti al messaggio con il nome di “Nice Career”; in fondo ce lo aspettiamo, sappiamo tutti perché quell’uomo è lì. Il messaggio diviene quindi soltanto uno scherno, un modo per affondare ulteriormenteil coltello nella ferita che lacera l’esistenza del protagonista. Mug è un cortometraggio realistico, che affronta quella parte di realtà che ci tocca quotidianamente e che, inevitabilmente, smuove l’animo dello spettatore lasciando in lui un segno indelebile.

Francesca Cerutti


MOVIES

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MILANO FILM FESTIVAL

MITO

DISEGNI DIVERSI

Dal 4 al 14 settembre si svolgerà la diciannovesima edizione del “Milano Film Festival”, rassegna internazionale che ogni anno accoglie nel capoluogo lombardo giovani talenti, importanti ospiti e un ricco pubblico di appassionati. Il programma dell’evento, organizzato su sette location, prevede i consueti concorsi, attese anteprime, rassegne e omaggi a grandi nomi della storia del cinema, incontri con ospiti di rilievo e concerti, che animeranno gli undici giorni di festival con esibizioni live e dj-set. Per anticipazioni e informazioni: www.milanofilmfestival.it.

Torna l’appuntamento annuale con “MITO SettembreMusica”, che dal 4 al 21 settembre accoglierà nelle città di Torino e Milano più di duemila musicisti, che si esibiranno in concerti e performance di generi misti: dal repertorio antico a quello classico, dal jazz alla musica contemporanea, includendo anche l’elettronica nelle sue forme più innovative. Grandi orchestre, complessi da camera e solisti provenienti da tutto il mondo prenderanno parte a centocinquantasei concerti in sale, piazze e location meno consuete. Per informazioni: www.mitosettembremusica.it.

Organizzata dall’Associazione culturale Rule-Hot, dal 5 al 7 settembre a Fano si terrà la terza edizione di “Disegni Diversi – Festival del fumetto che vive il quotidiano”. La manifestazione, dedicata al fumetto d’autore e alla vita di tutti i giorni, comprenderà il concorso “Oltre”, quest’anno incentrato sul tema del “limite”, a cui prenderanno parte fumettisti, vignettisti, illustratori, grafici, disegnatori, artisti e creativi in genere. Le opere selezionate saranno poi esposte durante il festival. Per maggiori informazioni sul programma dell’evento: disegnidiversi.wordpress.com.

MTV DIGITAL DAYS

CORTO E FIENO

ROMA FICTION FEST

Presso la Reggia di Venaria Reale, in provincia di Torino, il 12 e 13 settembre si svolgerà la seconda edizione di “MTV Digital Days”, evento dedicato alla musica elettronica in cui si esibiranno alcuni dei più noti dj italiani ed internazionali. Tra gli appuntamenti in programma incontri, workshop, eventi speciali e le performance di Groove Armada, a cui è affidata l’esibizione di apertura dell’evento, Congorock, Stylophonic Dj Set, SBCR DJ Set, Planet Funk DJ Set, The C.I.P e molti altri ancora. Per maggiori informazioni visitate: digitaldays.mtv.it.

Dal 12 al 14 settembre presso Ameno, Omegna e Pettenasco, in provincia di Novara, si svolgerà la quinta edizione di “Corto e fieno”, rassegna cinematografica incentrata sul tema del rapporto tra uomo e ruralità. Tre le sezioni previste, di cui due competitive (Frutteto e Mietitura), in cui competeranno corti e lungometraggi nazionali e stranieri, e una fuori concorso (Sempreverde), in cui sarà dato spazio alla cinematografia del grande regista francese Jean Renoir. Per conoscere il programma completo della rassegna: www.cortoefieno.it.

Presso l’Auditorium Parco della Musica dal 13 al 19 settembre torna l’appuntamento con il “Roma Fiction Fest”, il maggiore festival italiano dedicato alla fiction tv. L’evento, giunto alla sua ottava edizione, presenta un programma ricco di ospiti, anteprime ed eventi speciali, a cui sono affiancate le proiezioni delle opere presentate per le sezioni competitive, retrospettive, masterclass, incontri e dibattiti, in occasione dei quali il pubblico potrà incontrare personalità del mondo della televisione. Maggiori informazioni: www.romafictionfest.org.

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EVENTS A cura di Anna Moschietto

PORDENONE LEGGE

SAN GERMANO FILM FESTIVAL

SALINA DOC FEST

Quindicesimo appuntamento con il festival letterario “Pordenone Legge – Festa del libro con gli autori”, rassegna che ogni anno raduna nel centro storico cittadino scrittori, filosofi, giornalisti, poeti ed artisti per confrontarsi sui principali problemi di attualità. Una manifestazione che propone al pubblico incontri, reading, numerose anticipazioni letterarie ed eventi, tra cui “Parole in Scena”, atteso appuntamento dedicato alla contaminazione tra parole e musica. Maggiori informazioni sul programma sono disponibili sul sito www.pordenonelegge.it.

Nuovo appuntamento con il “San Germano Film Festival”, la rassegna cinematografica rurale dedicata al cortometraggio della città di San Germano Vercellese (VC), che per la sua quarta edizione omaggerà il regista Sergio Leone nel 25° anniversario della sua scomparsa. L’evento si svolgerà dal 19 la 21 settembre e comprenderà le proiezioni delle opere selezionate per il concorso, realizzate da registi italiani e stranieri su tema libero, incontri ed attività. Per informazioni sul programma del festival visitate: sangermanofilmfestival.wordpress. com.

Ottava edizione per il “Salina Doc Fest – Festival del documentario narrativo”, che dal 23 la 27 settembre proporrà al pubblico un ricco programma di attività e proiezioni. La kermesse come ogni anno comprenderà il concorso nazionale documentari dedicato a immagini, suoni e realtà del Mediterraneo, ponendo però particolare attenzione alle donne, in qualità di autrici e protagoniste delle opere scelte. Una rassegna che vuole diffondere il cinema di realtà come strumento di conoscenza, memoria e di denuncia del reale. Per info: www.salinadocfest.it.

I DIALOGHI DI TRANI

POESIA FESTIVAL

LAMPEDUSA IN FESTIVAL

Dal 23 al 28 settembre presso il Castello Svevo di Trani si svolgerà la tredicesima edizione della rassegna “I Dialoghi di Trani”. L’evento, organizzato dall’Associazione “La Maria del porto”, consiste in sei giornate di confronto fra scrittori, filosofi, scienziati, giornalisti, artisti e molti altre personalità del mondo della cultura, sui temi caldi dell’attualità. Tra gli ospiti che interverranno: Giancarlo Caselli, il filosofo polacco Zygmunt Bauman, la scrittrice Michela Murgia e Umberto Guidoni. Per conoscere il programma dell’evento: www.idialoghiditrani.com.

Decimo anniversario per il “Poesia Festival”, la manifestazione dedicata ai poeti e alla poesia dell’Unione Terre di Castelli e dei comuni di Castelfranco Emilia e Maranello. La rassegna, che si svolgerà dal 25 al 28 settembre, accoglierà importanti ospiti nazionali ed internazionali tra cui Nanni Balestrini, Valerio Magrelli, Tiziano Scarpa, Gabriele Frasca, Simon Armitage e Jamie McKendrick, e proporrà letture, incontri, laboratori, mostre, concerti e spettacoli. Per maggiori informazioni su ospiti e appuntamenti: www.poesiafestival.it.

Dal 25 al 30 settembre a Lampedusa si svolgerà la sesta edizione del “Lampedusa in Festival”, kermesse cinematografica dedicata alle migrazioni e al recupero della storia orale. Sei giorni di rassegna in cui sarà dato spazio ai filmmaker e alle opere in concorso attraverso proiezioni e presentazioni, ma anche ad installazioni artistiche, incontri con registi ed autori, dibattiti, presentazioni di opere letterarie, concerti e spettacoli teatrali. Per conoscere il programma completo del festival visitate www.lampedusainfestival.com.

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