5 minute read
IL PUNTO DI VISTA DI TRE ITALIANI SU MARRAKECH
from Artribune #72
by Artribune
ANGELO BELLOBONO
È un artista che spesso ha lavorato in contesti montani e lo ha fatto anche sull’Atlante col progetto Atla(s) now, di cui trovate tante informazioni su Artribune online
Advertisement
Esiste sempre un sud più a sud ed un nord più a nord. Poi, esistono luoghi che li racchiudono entrambi, e che ribaltano gli stereotipi, allenando lo sguardo e i sensi a contrasti ravvicinati e inaspettati. Arrivando a Marrakech tra dicembre ed aprile può accadere di vedere all’orizzonte una lunga catena di montagne innevate, si tratta dell’Alto Atlante, che dista circa 65 km dalla “Città Rossa” e raggiunge i 4.162 metri di altezza con il Toubkal, la vetta più alta del Nord Africa. Montagne importanti, che conservano numerosi villaggi Amazigh e offrono infinite possibilità agli amanti della montagna, del trekking e dello sci. Spiazzante per chi immagina un Marocco di solo caldo e deserto e vi ritrova invece anche ghiaccio e neve. Questo territorio, posto tra Imlil, Asni ed Oukaimeden, per ben otto anni ha rappresentato il campo base del progetto interdisciplinare tra arte, natura e sport in montagna chiamato Atla(s)now. Un progetto che, attraverso due edizioni della Biennale di Marrakech e la collaborazione con l’ESAV (École Supérieure des Arts Visuels), ha rappresentato un ponte tra città e montagne. Molti gli studenti coinvolti negli anni, spesso determinanti nell’interpretare al meglio i luoghi e le genti che li abitano, contribuendo a costruire un dialogo importante. La scuola merita una visita, così come l’Alto Atlante, magari insieme alle guide dell’Asociation Oukaimeden formatasi con il supporto ed il training di Atla(s)now.
Rocco Orlacchio
Nasce come collezionista, a Napoli, poi ha aperto oltre dieci anni fa una galleria d’arte proprio a Marrakech: Voice gallery.
Al mio arrivo a Marrakech, nell’ormai lontano 2011, anno di fondazione della Voice gallery, la mia paura era quella di ritrovarmi in un luogo senza gli stimoli culturali ai quali ero abituato.
Lara e Romeo Gigli apriranno a giugno 2023 la guest house Romeo nella Medina di Marrakech. Romeo Gigli, uno dei più importanti designer italiani degli Anni Ottanta e Novanta, da sempre innamorato del Marocco, si è trasferito a Marrakech, insieme a sua moglie Lara e alla figlia Diletta, quattro anni fa.
Perché scegliere di vivere a Marrakech?
Casualità: nel 2019 siamo venuti per trascorrere una lunga vacanza ed è diventata, grazie alla pandemia, il luogo dove fermarci per un po’.
A giugno inaugurerà un vostro progetto nella Medina: cosa ci potete raccontare in anteprima del nuovo riad Romeo?
Lara: Romeo ha viaggiato in Marocco sin da ragazzo e ci ha fatto conoscere le sue meraviglie, trasferendoci la sua passione per questo paese.
Romeo: Con l’eredità di suo padre, Lara decise, anni fa, di acquistare un riad tra il quartiere di Mellah e la piazza Jemaa el Fna, immaginandolo come nostro luogo di vacanza. Con la pandemia abbiamo deciso di riprogettarlo completamente, per poterne fare una maison d’hôtes.
Lara: Vi si respira tutta la visione artistica di Romeo, che da sempre ama far dialogare elementi diversi tra loro, per epoca e segno, per colore e forma, creando un ambiente in cui l’armonia e l’equi-
Attraverso la frequentazione di diversi operatori culturali attivi in città (ex direttori dell’Istituto di cultura francese, direttore e professori dell’ESAV, scuola di cinema ed arti grafiche, artisti padri del modernismo in Marocco, su tutti Farid Belkahia), ho potuto apprezzare come in una situazione come questa possano esserci dei vantaggi.
In una scena artistico/culturale molto più ristretta di quella europea c’è uno scambio maggiore che spinge verso una commistione tra discipline che ne amplifica l’interesse.
Ho scoperto il legame tra artisti e filosofi che ha permesso uno sviluppo cosciente dell’arte contemporanea, fino all’estrema posizione di quello che è forse il più interessante artista marocchino, Khalil El Ghrib, il quale rifiuta di vendere le sue opere e ha rifiutato la sua partecipazione alla Biennale di Venezia, seppur invitato da Harald Szeemann.
Queste modalità di confronto mi hanno permesso di essere attore di varie edizioni della Biennale di Marrakech, collaborando con i curatori e presentando progetti paralleli, spesso in spazi pubblici, e della creazione dell’edizione di librio rendono il luogo unico. La struttura architettonica è razionalista e l’elemento dell’arco rimbalza in ogni prospettiva. La fontana è l’elemento centrale: i suoi tre archi sembrano riprodurre gli occhi e le labbra di un viso, da cui zampilla l’acqua. Il colore della sabbia colpisce l’immaginario, trasformando il riad in un castello marocchino che cattura la luce del deserto. a fianco: Koutoubia Moschea, Place Jemaa el-Fnaa. Photo Elena Masera in basso: Café des Epices et Place des Epices
Vostra figlia Diletta, appassionata di cavalli e attenta ai problemi del pianeta, ha fondato a Marrakech il suo brand Green Age Equestrian (GAE). A cosa vi siete dedicati in questi anni, oltre al riad che sta per nascere?
Romeo: Amo progettare tappeti e il Marocco è il paese ideale per realizzarli, grazie alla grande tradizione berbera. Anche le ceramiche, che in Marocco vengono manipolate con grande abilità, mi affascinano. Inoltre, ho realizzato un progetto di mobili per Maison Nicole, azienda di Marrakech di proprietà di Marie Aubourion, disegnando forme al di fuori del tempo e utilizzando metallo martellato colorato con lacche opache, legno dipinto e vetro colato.
Lara: Io creo gioielli. Le mie creazioni nascono dall’osservazione della natura che invade questo paese: la forma delle foglie, il movimento del vento, le dimensioni fuori scala. Utilizzo ottone, argento, vermeil, vetro e pietre fossili che si trovano in Marocco.
Marrakech della fiera 1:54, in precedenza solo a Londra e New York.
Peccato che a livello pubblico gli investimenti culturali siano praticamente assenti; la prima che ne ha fatto la spese è la Biennale, che non mai trovato supporto economico. Questo non aiuta lo sviluppo di un corretto sistema dell’arte contemporanea.
Francesco Cascino
È un Art Consultant di taglio curatoriale e attivista culturale che riesce spesso a coinvolgere delle community in viaggi ad alta densità culturale. Qualche mese fa ne ha organizzato uno a Marrakech
Prima di passare da Marrakech siamo passati da Fes e la differenza, tra una città dalle radici antichissime e una che ha ceduto al turismo di massa, si vede. Non a caso Fes è l’università più antica del mondo e questo ha influito profondamente sulle modalità “artistiche” di costruire le case. I paragoni aiutano sempre a comprendere meglio cosa sia l’Art Thinking: Marrakech vive del suo Suk e ormai gli somiglia. Nonostante ciò, a Marrakech ci sono alcuni interessanti segnali di presenza e di tensione contemporanea, sia dell’arte, sia delle arti in genere. A parte la Fondazione Farid Belkahia, creata dopo la morte dell’ar- tista che è stato il maggior artefice della Scuola di Casablanca, l’inizio delle avanguardie in Marocco, ho visitato il Centro culturale MLHN, un nuovo spazio creato in collaborazione tra artisti e curatori dove ho visto l’interessante mostra d’apertura; un quadro abbastanza sfaccettato della nuova produzione artistica marocchina con intrusioni di artisti che negli ultimi anni hanno visitato Marrakech come luogo d’ispirazione e produzione. Interessante anche l’ESAV, scuola di cinema e di arti grafiche dalle architetture metafisiche. Molti gli allievi provenienti da questa scuola che negli anni sono stati insigniti di premi internazionali. All’interno della scuola era allestita una riuscitissima mostra di Sybille Baltzer, a dimostrazione del fatto che le radici comuni tra education e arte sono da riscoprire urgentemente.