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Arturo Martini genio irregolare

Marta Santacatterina

Il “caso” Arturo Martini (Treviso, 1889 – Milano, 1947) potrebbe essere riassunto con l’espressione “nemo propheta in patria”: il rapporto dell’artista con la sua città natale non fu sempre felice, nonostante non gli siano mancate opportunità di lavoro e il fatto che già durante l’età giovanile il museo locale abbia acquisito alcune sue opere. Certo non aiutò il carattere spavaldo, fino al 30 luglio 2023 ARTURO MARTINI.

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I CAPOLAVORI a cura di Fabrizio Malachin e Nico Stringa

Catalogo Antiga Edizioni

MUSEO LUIGI BAILO

Borgo Cavour 24 – Treviso museicivicitreviso.it irruente, raramente accomodante dell’artista, unito alla “voglia di affrancarsi a sostenere l’ostinata determinazione che mise in campo per esprimere una scultura nuova e ‘grande’”, scrive Fabrizio Malachin in catalogo. E non aiutarono nemmeno le profonde novità introdotte in scultura da Martini, che alla fine della Prima Guerra Mondiale si avvicinò al “ritorno all’ordine” e a quell’attenzione al “mestiere” teorizzata dalla rivista Valori Plastici

La mostra che ora riunisce al Museo Luigi Bailo di Treviso ben 280 opere di Martini – di cui 150 patrimonio delle collezioni trevigiane e 130 prestate da musei, istituzioni e collezionisti privati – intende porsi come una sorta di risarcimento nei confronti di un artista originale, che seppe sempre mettersi alla prova, elaborando soluzioni inedite pur rimanendo aderente a uno stile figurativo ed eleggendo a suoi modelli la tradizione etrusca, romanica, del tardo Medioevo fino al primo Quattrocento, senza tuttavia escludere occasionali incursioni nelle scomposizioni delle avanguardie.

Opere In Dialogo

L’allestimento, che necessariamente si è adeguato a spazi non semplici, raduna le opere per soggetti, gli stessi sui quali Martini tornò spesso, realizzando numerose versioni. L’androne del Museo Bailo accoglie i visitatori con alcune opere colossali “che pesano tonnellate ma sembrano leggere come piume”, parola del loro stesso autore. Ecco allora che da Acqui Terme è giunto, con tutta la sua maestosità, Il figliuol prodigo della collezione di Arturo Ottolenghi e Herta von Wedekind – tra i maggiori sostenitori di Martini – e accanto si scorgono il gesso bidimensionale del 1913-14 e la terracotta della maturità, tutte interpretazioni della stessa parabola biblica. Nel medesimo spazio stanno i due Leoni di Monterosso, anch’essi scolpiti per la villa degli affezionati committenti.

Entrando nel vivo del percorso, una sezione è dedicata a Tobiolo che stringe nelle mani un pesce (1933-34), richiesta ancora una volta dalla coppia Ottolenghi-Wedekind: forse è la scultura che ha segnato la prima autentica consacrazione della carriera del trevigiano. Con la sua evidente classicità, l’opera può quasi dirsi fatta a quattro mani, dal momento che Martini prese come spunto iniziale un bozzetto elaborato dalla stessa Wedekind, anch’esso presente nella sala, e vicino sta il più tardo Tobiolo “Gianquinto”

Un altro focus è dedicato alla Donna che nuota sott’acqua: il marmo, esposto alla Biennale di Venezia del 1942, dimostra tutta la portata della ricerca di Martini sulle forme. Il corpo pare inafferrabile – lo stesso principio è sotteso, pur con diversa intensità, al bronzo Saffo e al Torso di lottatore –, è acefalo poiché sott’acqua si perdono i connotati, e non si sa proprio da dove guardarlo. Curiosità: nella saletta accanto, attorno al bozzetto in bronzo, scorrono le scene del film muto, all’epoca considerato erotico, White Shadows in the South Seas, girato nel 1928 da W. S. Van Dyke e citato esplicitamente da Martini.

I Capolavori E La Collezione Permanente

Lungo il percorso si possono ammirare tante altre opere monumentali, alcune assolutamente inedite: lo stranissimo Sacro Cuore, talmente nuovo nella sua iconografia da essere rifiutato dalla parrocchia di Vado Ligure; l’incredibile gesso La sposa felice; la Chimera; Leda e il cigno; il Legionario ferito; l’enigmatica e suggestiva terracotta di enormi dimensioni La veglia e le più piccole La moglie del marinaio e Donna alla finestra. Vi sono naturalmente La Pisana e la Venere dei porti, quest’ultima acquisita dal museo esattamente novant’anni fa e nella quale Martini esprime forse il suo più alto livello di liricità.

Ma ampia è anche la rassegna delle sculture di piccole dimensioni: le serie degli animali, alcune formelle con la Via Crucis, il ciclo di Blevio con i suoi soggetti tratti dall’antichità, altre maioliche. E poi la sezione permanente al primo piano del Bailo, con le opere giovanili, quelle acquisite grazie a generose donazioni, le originali cheramografie (termine inventato

11 AGOSTO 1889

MARTINI & TREVISO

Arturo Martini nasce a Treviso

1908 Prima commissione da parte del Bailo

Realizza il gesso del Ritratto di Antonio Scarpa, poi quello per il monumento a Garibaldi che non viene mai finalizzato

1933 IX Mostra Trevigiana d’Arte

Accetta di partecipare alla mostra. Il Comune acquista la Venere dei porti

22 MARZO

Muore a Milano

1947 Prima mostra postuma 123 sculture, 20 pitture, 57 disegni e incisioni e 12 illustrazioni nel Palazzo del Governo

1959 Prime donazioni

Generose donazioni di privati entrano nella collezione permanente del Museo Bailo, che riserva così uno spazio a Martini

1967 Mostra del ventennale della morte Nel complesso di Santa Caterina viene organizzata un’ambiziosa retrospettiva, a cura di Giuseppe Mazzotti

1968 Paolo Saglietto gira Arte senza pace, documentario proiettato anche nell’attuale mostra

1989 Per il centenario della nascita, l’esposizione al Museo Bailo indaga il periodo giovanile di Martini

1993 Grazie a una raccolta fondi, il Museo Bailo acquista l’Adamo ed Eva

Restaurata l’ala nord del Museo Bailo, si ampliano gli spazi della sezione permanente, compresi quelli dedicati a Martini

Martini E

A 48 anni, complice una convalescenza necessaria dopo le grandi fatiche richieste per la realizzazione di alcuni gruppi scultorei, Arturo Martini cominciò a dedicarsi alla pittura. Le sue tele sono un filo rosso che si sviluppa in tutte le sale, una mostra nella mostra, spiegano i curatori Fabrizio Malachin e Nico Stringa a proposito degli oltre quaranta dipinti esposti per la prima volta in maniera unitaria. L’artista definì la pittura una “spina nel cuore” e vi si dedicò con tenacia e ostinazione al fine di raggiungere i risultati che si era prefissato. Lungo il percorso si possono scorgere i legami tra dipinti e sculture, l’evoluzione nell’uso del colore e le forme che si discostano dal pensiero tridimensionale caratteristico della principale attività di Martini, che si rivela così come un artista a tutto tondo.

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