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Le vertigini barocche di Luca Giordano

La mostra di Palazzo Medici Riccardi rappresenta un esempio di mostra

“come si deve”. Si concentra l’attenzione su un preciso aspetto della produzione di un grande artista (l’attività di Luca Giordano per committenti fiorentini e soprattutto gli anni in cui il pittore fu presente e operoso nella città toscana) e lo si illustra adeguatamente sia mediante opere da cavalletto che con le pitture che l’artista napoletano eseguì sulla volta dell’ambiente principale del palazzo che ospita la rassegna (la quale, pertanto, non potrebbe essere allestita altrove: una mostra site specific, per dirla con il linguaggio dell’arte contemporanea).

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Si radunano molti dei dipinti di Luca Giordano (Napoli, 1634-1705) ancora presenti in città, integrandoli con una serie di prestiti da altri centri italiani e stranieri; in molti casi si tratta di opere di collezione privata, di notevole pregio e di non facile accessibilità (siamo quindi lontanissimi dal malcostume di portare in mostra opere di privati di qualità non eccelsa, al solo scopo di nobilitarle e aumentarne le quotazioni). Al piano superiore, si allestisce nella galleria affrescata da Giordano quella che è la sezione più affascinante della rassegna, in cui una serie di tele della National Gallery di Londra, in evidente rapporto con le pitture della volta, dialoga con le figure che volteggiano sopra le teste dei visitatori. Finalmente un allestimento temporaneo in uno spazio storico che ha senso: fino al 5 settembre 2023

LUCA GIORDANO.

MAESTRO BAROCCO A FIRENZE a cura di Riccardo Lattuada, Giuseppe Scavizzi e Valentina Zucchi

Catalogo Officina Libraria

PALAZZO MEDICI RICCARDI

Via Cavour 3 – Firenze palazzomediciriccardi.it non opere che non c’entrano nulla con il contesto, e che lo umiliano e ne pregiudicano la fruizione – vengono in mente tante mostre allestite negli ultimi dieci, quindici anni nelle ricche e delicatissime sale di Villa Borghese e dei Musei Capitolini –, ma pezzi intimamente legati all’ambiente in cui sono esposti (si tratta probabilmente dei bozzetti preparatorî degli affreschi).

L’allestimento, per forza di cose, incide sulla fruizione e sulla visione d’insieme della galleria, ma cerca di farlo nella maniera più discreta possibile: indicativo di questo è il fatto che la struttura in cui sono inserite le tele londinesi è suddivisa in due parti, leggermente sfalsate tra di loro, in modo tale che la “pausa” tra i due supporti consenta di abbracciare in un solo sguardo l’intero sistema decorativo della vasta sala. Quanto finora ricapitolato è presentato in un percorso chiaro, illustrato al visitatore in maniera semplice eppure esaustiva, mediante pannelli e didascalie ben scritti. Insomma, in un certo senso nulla di straordinario, semplicemente una mostra che, come si diceva in apertura, è fatta come andrebbero fatte le mostre: ma in un’epoca di insulsi “dialoghi” tra antico e contemporaneo, di spazi storici temporaneamente deturpati da rassegne di dubbia convenienza, di Caravaggio trasferiti a Vinitaly e di Bernini in aeroporto, una buona mostra diventa qualcosa di straordinario.

Luca Giordano A Firenze

Il percorso espositivo si apre ponendo l’attenzione sui primi contatti di Giordano con i committenti e i collezionisti fiorentini. Si ha così modo di apprezzare due opere importanti della prima maniera del pittore, quella in cui si avverte fortissima l’influenza di Jusepe de Ribera: il San Sebastiano di Lucca e il truculento Apollo e Marsia del Museo Bardini, dipinti entrambi databili intorno al 1665. La tavolozza tenebrosa di queste scene si schiarisce via via negli anni successivi, e cambia l’artista che Giordano prende a modello: il pittore – che non è solo un grande artefice, dotato di una tecnica impeccabile e di quella proverbiale rapidità d’esecuzione che gli valse il soprannome di “Luca fa presto”, ma anche un gran “furbacchione”, capace di fiutare i mutamenti del mercato e di assorbire, reinterpretare e quasi contraffare gli stili dei maestri della generazione precedente –sempre di più guarda a Pietro da Cortona, cui si ispira negli olî su tela e soprattutto nelle grandi decorazioni murali. Al punto che la produzione del napoletano può considerarsi la maggiore testimonianza del cortonismo nella seconda metà del Seicento, accanto all’operato, ancora più fedele ai dettami del maestro, di Ciro Ferri. Opportunamente in mostra, a visualizzare il forte influsso di Pietro su Luca, si espongono due bei disegni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, in cui il pittore napoletano, all’incirca ventenne, ha riprodotto due dettagli della Volta Barberini.

Nelle sale successive si ripercorre il lavoro di Giordano per le famiglie fiorentine più in vista, e in particolare per i Corsini: sono esposti anche i bozzetti per la decorazione della cupola della cappella di famiglia nella chiesa del Carmine, affrescata dall’artista nel 1682. Non guasterebbero alcune foto o magari un video che mostri al visitatore il risultato finale e il modo in cui gli affreschi di Giordano dialogano con i rutilanti altorilievi marmorei di Giovan Battista Foggini,

Palazzo Medici Riccardi

La galleria con la volta “sfondata” dal pennello di Luca Giordano non è l’unico tesoro inestimabile di Palazzo Medici Riccardi, né quello più celebre. Vi è un ambiente molto più raccolto, a pochi passi dalla galleria, che è noto in tutto il mondo per essere una delle più perfette e preservate espressioni dell’arte del Rinascimento. Il riferimento è naturalmente alla Cappella dei Magi completamente affrescata, nel 1459, da Benozzo Gozzoli. Il palazzo ha così la peculiarità di ospitare al suo interno due ambienti altamente rappresentativi di due periodi diversi della storia dell’arte.

L’edificio fu costruito alla metà del Quattrocento da Michelozzo per Cosimo il Vecchio: dell’originaria facies del palazzo reca testimonianza anche il cortile, in cui un tempo troneggiava il David di Donatello, ora al Bargello, e dove ora si erge la bella statua di Orfeo di Baccio Bandinelli. Nel 1659 la residenza passò ai Riccardi, che fecero affrescare a Giordano non solo la galleria, ma anche l’adiacente, sontuosa biblioteca.

in questo sacello che è uno dei vertici del Barocco fiorentino. Seguono alcune sale in cui prevale piuttosto un criterio tematico: il pubblico ha modo di gustare la grande abilità del pittore nell’orchestrare splendide scene di storia sacra, così come episodi tratti dalla mitologia e dalla storia antica.

La Galleria Degli Specchi

Al piano superiore, come si diceva, troviamo il cuore della rassegna: nella Galleria degli Specchi affrescata da Giordano tra il 1682 e il 1685 sono esposte tredici tele che sono in stretto rapporto con gli affreschi. Un rapporto sul quale la critica, in verità, non è concorde: l’ipotesi più probabile è però quella che si tratti di bozzetti, anzi di modelli di presentazione, realizzati poco prima dell’esecuzione degli affreschi, e questo spiegherebbe le frequenti differenze che si riscontrano tra le tele e le pitture finali (nel catalogo purtroppo non si approfondisce più di tanto la questione, mentre questa poteva essere l’occasione per chiarire finalmente la natura di tale rapporto). Dieci dei dipinti provengono dalla National Gallery, e sono appartenuti al grande storico dell’arte Sir Denis Mahon. Passeggiare nella galleria e gustare somiglianze e differenze tra i bozzetti e le scene affrescate è un vero godimento. Differenze in molti casi non di poco conto: nella scena centrale della volta, ad esempio, raffigurante l’Apoteosi della famiglia Medici, un ruolo di primo piano è occupato, nel bozzetto, da Cosimo I, che nella versione finale è relegato ai margini, e lascia il posto d’onore al regnante granduca Cosimo III. Sì, perché i committenti e proprietari del palazzo, i Riccardi, vollero glorificare non la loro stirpe, ma, in un notevole sfoggio di cortigianeria, quelli che erano i signori della Toscana e che erano stati i primi proprietari del palazzo.

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