02 Natura in Sardegna

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AIID sede Regiomale wialcrchre 5, Carbcrria. Tbl 0781/671658 Tel eÈax0'781-/614220


Diritto di replica

2 ...............,Sa lvatore Scriva

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Quale tutela contro i pirati delf informazione .................. Mas simo Fenza

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Itinerari naturalistici: "Abbasantese" Lotta agli incendi ..Enea Beccu

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Micologia... questa sconosciuta Marco con'lu

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........... Romolo Prota

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Endemismi vegetali di Sardegna ...............Mauro Ballero

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Ninni Marras

Specie da tutelare: Falco Pellegrino

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ottitio Mocci Demartis

e sergio rattoru

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.......... Fiorenzo Caterini

Cacciatori, prede e ambiente naturale Francesco Saba

Operazione Archeosub

Molinu

.Antonello

Libri in vetrina

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.Sebastiano Pais

Lettere e Opinioni

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Dire tto re Re sp o n s abile

Paolo Pais Condirettore e o n s ab il e amminii tr at iv o Sergio Talloru

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Redazione

Emilio Carta, Carlo Degioannis, F iorenzo Caterini, C aterina Puddu, Antonio Carta, Leonardo Panzali Hanno collaborato Ignazio Corda, Maurizio Bardi, Piero Cau, Milena Zanet, Luciana Conigiu Fotocomposizione Maurizio Pireddu, Daniele Brundu Stampa

CUEC - Cagliari

Abbonamenti: c.c.p. n.

2 I 970090 Cagliari annuale f 15.000, annuale soci sostenitori f50.000

Foto di copertina (Giovane di Falco Pellegrino)

Pubblicità:

Ninni Marras

2"zona09l3l Cagliari

Ass.

For c.p. 2096

Tel 070 502153 Tel e fax 070 520881


di Salvatore Scriva

Diritto di replica Nell'affrontare le problematiche inerenti I'attività del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, spe9s9 i. meizi d'inform azione scadono in anali si superficiali. flo sempre pensato che la funzione della I I noilzia fosse quella di dare luce a fatti

nascosti, per metterli in relazione tra loro, per dare un quadro della realtà che consenta a chi legge, di capire efarsi un'opinione in

merito. Purtroppo ho constatato ircvece che nei nostri quotidiani, ciò awiene di rado. Il

più delle volte, awolti nelfumo, si propinano ai lettori teoremi scandalistici senza alcun qpparente costrutto. Queste mie considerazioni, trov ano ulteriore conferma dopo la lettura di due articoli, apparsi di recente su I'Unione Sarda, dove con metodi subdoli si tenta di screditare I'attività degli appartenenti al Corpo Forestale e di VA. Il primo è del 24.01.96 - pag. 23, con il

titolo: Santadi. Denuncia per unu guardia

forestule "Per furmi Jirmsre mi hanno picchiuto" -firmato dqTito Siddi. Questi dopo essersi prestato afare un racconto, con chiarissime inclinazioni di parte, suun episodio alquantofantasioso (un bracconiere sarebbe stato preso a cqlci, da un agente del Corpo Forestale, perché non gli volevafirmare il verbale), finisce poi per rincarare una dose già colma difalsità, con una stupefocente conclusione che vi

trascrivo:

"La vicenda riporta d'attualità la questione "Parco Sulcis" che proprio gli abitanti del posto avevqno contestato e rifiutato". Quali, le conclusione per chi ha letto questa notizia? Per noi che conosciamo troppo bene la serietà e la professionalità del collega chiamato in causa, al primo sentimento di rabbia e di disappunto è seguita la convinzione che anche per i non addetti ai lavori èfacile individuare le marchiane montature enunciate dal cronista. Tutti sanno che lafirma sul verbale non è obbligatoria, per cui ti viene subito la certezza che le falsità descritte dovranno servire per perorare altre cause. Così è infatti; dopo la cronaca, sifà credere che I'episodio potrà awalorare la causa di chi non vaole il Parco nel Sulcis. Le scorrettezze e lefaziosità in quest'articolo

sono dimostrate da piùfotti. Il discorso del cronista si basa solo ed esclusivamente su cose dichiarate da una sola delle parti in cqusa, nemmeno l' accortezza d' interpellare l'amico del presunto "malmenato" o quella di chiedere, all'Agente Forestale, quello che è successo. Nemmeno la doverosa comunicazione della contro'querela, presentata dal nostro collega, difronte a tante calunnie.

L'altro articolo, fonte di gran

disapprovazione, è quello appqrso sempre su l'(Jnione Sarda il 13.03.1996; dal titolo roboant e : Piano untincendi,

Assurda dislocuzione dei forestali "Ranger nel deserto" -E i boschi resteno sguarniti di Tonio Pillonca.

Di quest'articolo la prima cosa che ci colpisce è il taglio, spiccatamente scandalistico, che l'autore dà, per descrivere e convincere il lettore sull'assurdità della dislocazione dei forestali nel territorio. Per giustificare le sue tesi, arriva anche a cambiare i connotati naturali dell'isola. Improwis amente s compaiono dalla cartina geografica, fatta dal Pillonca, le foreste di Capoterra e le sugherete della Giara di B arumini. Conclusione, dopo marchiane affermazioni, s'invocq il ritorno del Forestale a guardia delle grandi querce. Chi può spingere un cronista di provincia ad

awenturarsi in analisi così superficiali? Possibile che nessuno si sia premurato di fargli vedere la legge (L. 26/85) istitutiva del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale.

I dove sono spiegate quali si è chiamati, in ai e compiti funzioni base alle vigenti leggi, come Corpo In particolare I'Art.

Forestale, a prowedere. Forse il giornalista non è stato mai informato

sui risultati, conseguiti dai nuclei Forestali di Polizia Giudiziaria per la lotta al fenomeno incendi, per la vigilanza paesistica e la repressione dei fenomeni d'abusivismo edilizio nelle zone più belle della Sardegna. Dimostro di conos cere ancora meno I' organizzazione del Corpo Forestale, quando s'interroga sul dove sono


stati ridislocati i Forestqli, conosce solo le Stazioni e ignora I'esistenza degli altri Uffici, da quelli Ripartimentali, al Coordinamento Ràgionale, le Basi Logislico Operative Navali, le Basi Elicotteristiche Antincendi,le Sezioni di Polizia Giudiziaria presso le Procure, le Sale Operative, gli Uffici Tecnici Vincolistici e del Contenzioso. Ci viene spontaneo pensare, se inyece siano proprio queste nuove attività e la creazione di queste nuove strutture a infastidire l'autore dell'articolo o chi glielo ha commissionato. Mi preme ricordare che in entrambi i casi, la nostra Associazione ha irwiato, alla redazione del quotidiano idonea smentita, o meglio, una più reale interpretazione dei fatti. Nei casi più gravi siamo stati costretti

ad inoltrare querela-denuncia per tutelare l'operato della nostra categoria. Così come, nel luglio scorso (12.07.1995), si è proceduto contro La Nuova Sardegna in quanto pubblicava, apag. 20 cronoca di Nuoro, una lettera altamente lesiva ed offensiva qll'onore e alla reputazione della categoria degli appartenenti al Corpo Forestale e di V A.

Per me è doveroso ritornare su questi fatti. Per ribadire e dimostrare che la nostra Associctzione non è più disposta a subire gli attacchi di certi giornali o di chi li manowa, contro chi, come il Corpo Forestale, è impegnato nel difendere la Sardegna da incendiari, bracconieri, speculatori ed

inquinatori.

di Massimo Fenza

Laparola all'Awocato

auale tutela contro

" c erta

inforrn a.z,i olae " ?

spunto dalle giuste e legittime lagnanze del Presidente I dell'Ass.For., Salvatore Scriva, in ordine alle evidenti " inesattezze" riportate ultimamente dalla stampa giornalistica sull'attività del Corpo Forestale Regionale, per fare alcune brevi osservazioni.

f)rendo

Il diritto di cronaca è da anni

diventato

motivo d'affannosi dibattiti sui quali puntualmente si scontrano due contrapposte posizioni: da una parte la giusta volontà di non tarpare le ali

all'inf ormazionee,dall'altra,l'altrettanta giusta volontà di non subire oltraggio alla propria integrità morale. Contemperare le due esigenze non è sempre facile. Sotto il profilo strettamente giuridico, si può senz'altro affermare che oramai la Cassazione ha individuato e determinato la liceità della divulgazione amezzo stampa di notizie lesive dell'onore o del prestigio di un corpo, solamente quando ricorrono le seguenti condizioni: a) la verità oggettiva della notizia pubblicata; b) l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); c) la correltezza formale dell' esposizione (cosiddetta continenza).

Alla luce di quanto sopra, ne discende l'obbligo per il giornalista non solo di

controllare l'attendibilità della fonte, ma anche d'accertare e di rispettare la verità sostanziale dei fatti oggetto dellanotizia, con la conseguenza che se tale obbligo è stato disatteso, questi non potrà invocare la giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca incorrendo pertanto, nel reato di diffamazione ai sensi del terzo comma

dell'art. 595 c.p.. Inoltre nel nostro sistema giuridico non esiste un vero e proprio diritto di replica concesso al destinatario della diffamazione, anche se poi di fatto, spesso, all'offeso viene data l'opportunità, sempre amezzo degli organi di stampa,

d'esprimere la propria verità dei fatti e ripristinare in questo modo, una sorta di parità "formale" con il mezzo di comunicazione. Al di là d'ogni valutazione di carattere giuridico, è comunque vero che il diritto di cronaca viene esercitato, oggi più che mai, da una classe giornalistica rivolta alla ricerca sfrenata di notizie scandalistiche da propinare adun pubblico sempre più affamato d'indiscrezioni, p ettegolezzi e c attiverie. In conclusione ai poveretti diffamati non resta che lo strumento della querela e la speranza d'ottenere un giusto ristoro economico del torto subito.

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di Mario Pirri

6.Abbasalatcse" Itinerari naturalistici

-

Tra rmuretti a secco alla scoperta di singolari monumenti.

\ Telresno della "Antunna" 1\ tPlrirc rus eryngii. var ferulae) facile preda di escursionisti amanti della buona cucina, attraverso sentieri

delimitati da chilometrici muretti a secco, un breve percorso archeologico da fare a piedi o in bicicletta. Imboccata dallo svincolo della SS 131 che da Abbasanta porta a Santulussurgiu, si giunge alla fontana detta di "Serramenta", distante ctrca2 Km dall'abitato di Abbasanta, dove è possibile parcheggiare la macchina. Si prosegue a piedi (o in bicicletta) sulla strada bianca, a destra (la fonte rimane invece sulla sinistra della SS) fino

all'incrocio di "Mura Ermannu",

Domus de Janas Localita

NuragheAiga Domus de Janas - localitĂ "MesLt Enas"


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quale (dopo 300 metri) ci si ritrova sulla strada asfaltata. Un breve tratto a sinistra e subito dopo a destra, ci si ritrova difronte al maestoso Nuraghe o'Aiga", monumento complesso di cui è possibile visitare, con l'ausilio di una torcia, le due camere con accesso al primo piano. Thtt'intorno i resti sconvolti del superato

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Tomba dei Giganti

villaggio: l'Editto delle chiudende (1820) e le più recenti bonifiche hanno svolto un ruolo importante nel depauperamento del patrimonio archeologico. Nei pressi anche una piccola necropoli ad urne cinerarie d'epoca storica. Tornando indietro fino all' incrocio' di "Mura Ermanu", si svolta a destra (visibile una freccia di colore blu segnata su di una roverella). Poi si segue il sentiero principale, senza deviare fino al bivio del collare,250 m. dopo l'azienda Brodu che s'incontra sulla sinistra. Si prosegue a sinistra per 200 m. e a destra per altri 800. Arrivati di fronte ad una fontana, s'imbocca sulla destra la strada asfaltataper "Bonorchis". Ancora Km 1,400 e alla fine della strada asfaltata, sulla destra, oltre il muretto a secco, si trova la tomba dei giganti di "Su Pranu 1". Il monumento, di notevoli dimensioni conserva ancora la stele centinata, attualmente spezzata e riversa sulla camera e parte dell'esedra. Procedendo in direzione Ovest, a distanza di circa 200 m, è visibile un'altra "tomba dei giganti". Si prosegue in direzione della località "Mesu Enas" e deviando a destra


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dopo 250 metri (all'altezza del secondo bivio), si prosegue sul sentiero che conduce fino al rio di "Bonarchis". 100 m. prima del ruscello sulla sinistra, oltre il muretto a secco, si trova un vero e

proprio gioiello archeologico: un piccolo Dolmen di oltre 4000 anni si staglia ancora con solida struttura alf interno di una piccola area delimitata dai resti di una muraglia megalitica. A soli 10 metri di distanza, in direzione Nord-Ovest, un' altra tomba preistorica, di singolare bellezza e originalitĂ , costituita da un corridoio megalitico che termina in una piccola Domus de Janas monocellulare. Un mirabile portello d' accesso architravato impreziosisce

f ipogeo. Salutate le acque del Rio "Bonarchis", si torna indietro fino al bivio di "Tanca Regia", e poi in direzione Abbasanta. Circa un Km. Sulla destra s'incontra il nuraghe "Arzola e Lepres", interessante per la sua particolare struttura che ne rivela larrutllizzazione fino ai giorni nostri. A breve distanza, svoltando a destra a200 m., troviamo il nuraghe *ZĂšfas", monotorfe, che sembra avere due architravi e due finestrelle di scartco." Zuras" significa "giuramenti": te

Stele centinata della Tomba dei Giganti

in uso nel mondo agro pastorale, di giurare sul nuraghe, autorevolmente sostenuta dal Prof. M. Pittau. Il percorso termina qui. Non resta che tornare sulla strada provinciale, e svoltato a destra percorrerla per 700 m, per ritrovare la macchina alla fontana di "Serramenta".

stimonian za dell' antica consuetudine

Dolmen - localitĂ "Mesu EqQS"


di Enea Beccu* Si awicina la stagione estiva

Lotta

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incendi

Impegno e professionalità delle forze istituzionalmente preposte alla difesa non bastano, occorre una più di ffus a c o sc ien za del ri spetto dell' ambiente.

ra i fattori che minacciano la conservazione dell'ambiente naturale sardo, gli incendi sono senza dubbio l'elemento più incidente e più devastante. Ad essi, che hanno imperversato per secoli sui boschi, sulle macchie e sulle campagne

della Sardegna, vanno ascritte la scomparsa d'alcune aree forestali, la regressione dei soprassuoli, il dilavamento dei suoli, la distruzione di delicati equilibri biologici, 1'alterazione di paesaggi e la compromissione ambientale di vaste zone. Suggerire rimedi contro questo devastante fenomeno è divenuto ormai esercizio abituale di tanti. Le cronache estive abbondano, insieme agli atti d'accusa contro l'apparato preposto alla difesa antincendi - accusato il più spesso, negli eventi più disastrosi, d'inefficienza,

d'intempestività, di scarsa professionalità quando non anche additato quale responsabile d'aver appiccato l'incendio di soluzioni miracolistiche in grado di risolvere il problema alla radice. Nei vari consessi nei quali si discute del problema i toni, in genere, s'attenuano e prevale la rifl essione sull' emotività, la razionalitèt sulla rabbia, ed emerge sempre, insieme alla necessità d'affinare i sistemi di lotta,

l'esigenza d'intensificare l'azione di prevenzione. E'proprio la prevenzione infatti che può costituire l'arma vincente se non per debellare del tutto, almeno per attenuare la virulenza del fenomeno. Prevenire l'incendio, evitare che insorga, predisporre misure per facilitarne il contenimento e lo spegnimento, attivarsi

*Comandante del Corpo Forestale e diVA.

perché sia impedito che dilaghi, portare a conoscenza del vasto pubblico la pericolosità che ingenera, i guasti che provoca e le misure di difesa adottabili, sensibilizzare l' opinione pubblica sul rischio dell'uso del fuoco, tutto ciò è prevenzione. E'prevenzione soprattutto far acquisire la consapevolezza che l'incendio in Sardegna deve essere un problema dell'intera società; una questione che deve riguardare tutti, nessuno escluso, anche coloro che non sono direttamente coinvolti o che ritengono di non poterlo essere. Ognuno deve fare la sua parte; ognuno deve assumersi la sua quota di responsabilità, comune cittadino o pubblico amministratore, giovane studente,


come strumento culturale o di

ritorsione, di lavoro o di vendetta; ma ci sono anche fenomeni innescati da disatterzione, da sottovalutazione della

pericolosità, daimperizia e da imprevidenza. A monte del'futto c'è sempre l'uomo: non esistono fenomeni d'autocombustione se non in casi del tutto particolari che non riguardano il nostro campo, e sono pressoché

rarissimi i temporali estivi che Monumento eretto in memoria dell'equipaggio del G222 precipitato a Laconi (ocalità "Su Lau") nell'estate 1985, durante una missione antincendio.

affermato professionista, uomo di campagna o di città. In tutti va inculcata la parola d'ordine: f incendio significa morte. Perché 1o è effettivamente: 1o è come estinzione di vita d'esseri viventi - e non solo d'uomini, d'animali e di piante

superiori, ma anche di quell'insieme vitale costituito da piante e animali inferiori che fanno parte del ciclo biologico naturale - 1o è come perdita di risorse e di beni, di paesaggi, di luoghi ameni, d'aria salubre, di ricreazione, di qualità della vita, lo è, ed è in grado di colpire ovunque, anche laddove da anni non si è verificato, anche laddove se ne è persa la memoria, anche là è in agguato e può colpire ognuno nei propri affetti, nelle proprie sostanze e nei propri ideali valori. E se ciascuno raggiungerà questa consapevole zza radicata in profondo, convinta nell'intimo, un gran passo avanti sarà compiuto. Non è qui il caso d'analizzare più di tanto il perché di questi eventi, le cause che li scatenano o i motivi che li determinano; un fatto è certo: le condizioni climatiche dell'isola, quelle che sono note come fattori predisponenti delf incendio, alte temperature, siccità estiva, bassa umidità relativa, alta ventosità, ci sono tutti in Sardegna.

Ci sono anche fattori storici e culturali antichi e vicende sociali ed economiche che hanno determinato e determinano l'insorgenza dell'evento, il ricorso al fuoco

possono provocare incendi da

fulmini.

Esiste l'uomo. Ijuomo pastore, che a torto od a ragione ritiene di dover impiegare il fuoco per ripulire o ringiovanire i suoi pascoli; l'uomo agricoltore che fa ricorso alle fiamme per rinettare i campi e prepararli alla nuova semina; l'uomo bracciante disoccupato che luol procurarsi

l'impiego, l'uomo bracciante occupato che ha paura di perdere il posto di lavoro; l'uomo vacanziere che non sa rinunciare all'arrosto in campagna; l'uomo meccanico che impiega strumenti a fiamma o elettrici senza alcuna precauzione; l'uomo campeggiatore libero che gioca agli indiani; l'uomo automobilista che getta mozziconi di sigaretta fuori dal finestrino; l'uomo qualunque, che vede il focolaio e tira dritto. E poi c'è l'uomo funzionario responsabile di strutture che potrebbe prowedere ad adottare misure di prevenzione e non le adotta; pubblici amministratori che non ottemperano alle prescrizioni suggerite dalla prudenza e dal buon senso; autorità che dovrebbero farsi carico della difesa del territorio ma non vi prowedono. Il focolaio diventa incendio e f incendio, quando diventa incontenibile e dilaga, percorre chilometri e invade campagne lontane, boschi inaccessibili, fattorie e villaggi; travolge ogni cosa e determina lutti e distruzioni: sono beni, sostanze e valori della società. Il giorno dopo siamo tutti perdenti, anche coloro non direttamente colpiti da quel singolo evento. Il limite dell'apparato di lotta antincendio è rappresentato soprattutto dall' altissimo nurnero di focolai che insorgono


giornalmente nelle campagne; un numero spropositato:25-27 in media al giorno e continuativamente da giugno a tutto settembre, con picchi di 55-60 incendi nel periodo da metà luglio a metà agosto; e tutti pressoché insorgenti tra le ore 10 e le

ore 15. Tutti potenzialmente in grado di raggiungere grosse dimensioni e di dilagare incontrollati. Nessuno d'essi può quindi essere trascurato; su ogni focolaio occorre intervenire con la massima tempestività possibile. Ed è un succedersi di chiamate, d'allarmi, d'intrecciarsi di comunic azioni di richieste d'aiuto, di notizie sull'evolversi d'ogni situazione; squadre di lotta, elicotteri, aerei, per ore, talvolta per molte ore, lottano incessantemente per avere ragione delf incendio. E appena vi riescono scatta un secondo e un terzo e un quarto allarme; e devono correre, spostarsi e cambiare obiettivo. Così fino a notte, e il giorno appresso si ricomincia, con la certezza di dover ancora correre affannosamente, spostarsi da un'area all'altra e sperare di farcela. E talvolta, quando accidentali frangenti un muretto a secco che impedisce l'accesso

diretto aimezzi di soccorso, un guasto meccanico improwiso, una pista impercorribile e così via - o determinate difficili situazioni meteorologiche ventosità particolarmente elevata, alte temperafure che si susseguono ininterrottamente per diversi giorni rendono ancora più ardua la lotta al fuoco, allora il disastro, sempre temuto e tenuto presente, si verifica.

Allo sconforto degli uomini, distrutti dallafatica e umiliati dal risultato, s'aggiungono impietose le critiche di chi ha vissuto il dramma stando alla finestra, di chi, sotto

l'ombrellone, in riva almare, avrebbe al,uto la ricetta risolutrice, di chi con scherno irride alla fatica, al sudore, a1 fumo, alla sete, al rischio, di chi scarica la sua rabbia di fronte al drammatico e angosciante quadro di un bosco incenerito scagliandosi non

contro l'incendiario ma contro coloro che hanno profuso futte le loro energie per evitare il peggio. lapparato di lotta, che oggi coinvolge attivamente strutture, uomini e mezzi del Corpo Forestale Regionale, del Corpo dei Vigili del Fuoco,

dell'Aeronautica Militare, dell'Esercito, delle Associazioni del volontariato, dei Barracelli, non può farcela, da solo, a sostenere questo arduo compito. Potrà registrare, in questa o quella campagna antincendi, risultati meno drammatici e qualcuno sarà pronto ad attribuire ciò al rischieramento di un mezzo aereo aggiuntivo rispetto al passato o all'aumento del numero d'autobotti o all'adozione di questo o quel nuovo sistema di lotta, o a condizioni metereologiche particolamente favorevoli. In realtà il bilancio sarà stato comunque negativo e comunque effimero: negativo, poiché di molto o di poco saranno state inferte ulteriori ferite al territorio e al patrimonio naturalistico isolano ; effimero, perché l'anno successivo o l'altro ancora potranno evidenziare un peggioramento della situazione. Questo è; questo è stato storicamente, riferendoci al lungo periodo o agli ultimi decenni, e questo sarà fatalisticamente, a meno che non si raggiunga la consapevolezza diffxa che il problema degli incendi estivi è un problema drammatico che coinvolge tutti, del quale tutti dobbiamo farci carico e col quale dobbiamo rifiutarci di convivere. Solo allora si potrà sperare di raggiungere

risultati ottimali e stabili.


di Marco Contu* Un settore da approfondire

"Ndicologla^ . . questa scoraosciurta" Impressioni sulla flora micologica della Gallura.

er un appassionato di

micologia di vecchia data come il sottoscritto la prospettiva di scegliere Tempio Pausania come sede di lavoro significava, tra il molto altro, avere 1'occasione di prendere contatto con la flora micologica locale. Prima di allora, avendo erbortzzato prevalentemente in località del sud e del centro Sardegna, le mie conoscenze in subjecta materia erano limitate ai riferimenti contenuti nei risultati di specifici lavori di ricerca pubblicati da colleghi italiani e non sulle migliori riviste scientifiche del settore. E, a giudicare dall'importanza delle scoperte, c' era senza dubbio, da rimanere affascinati. E' noto a moltissimi botanici, italiani e non, che, come peraltro il resto delf intera isola, la Gallura rappresenta, ancora oggi, un vero e proprio paradiso micologico sicuramente non ancora completamente esplorato e, di conseguenza, poco conosciuto. Non è, quindi, un caso che ogni anno vengano scoperte e pubblicate nuove specie di funghi, alcune delle quali appartenenti a generi il cui studio, nel

7 ?

Tipico paesaggio della Gallura

resto del continente europeo, è alquanto progredito (,4manita, B oletus, Lepiota, etc.).

A giudicare da quanto ho potuto osservare in circa tre anni di ricerche non sono moltissime le differenzatrala

microflora della ballura e quella della parte meridionale dell'Isola, anche se qualche eccezione v a menzionata. Alludo, in particolare, alle specie reperibili nel massiccio del Limbara il quale, giusta il clima e la vegetazione di tipo continentale, ospita specie difficilmente reperibili altrove (tipiche, fra le diverse Hygrophorus hypothejus, Laccaria proximella, L e c c inum auran ti cum, Xero c omus badius, Suillus bovinus, etc.)

*Magistrato presso il Tribunale di Tempio, appassionato ed esperto micologo


Per

il resto la micoflora risulta

essere

quella tipica del resto della Sardegna e quindi, più in generale, dell'area mediterranea. Owero, in buona sostanza, quella del

'

nordAfrica. Pertanto, chi intendesse approfondire le proprie conoscenze in materia dovrebbe consultare la letteratura concernente i funghi di tale area geografica e, in particolare, l'ormai classico Flore des Champignons superieurs du Maroc pubblicato, in due volumi, dai prestigiosi micologi Francesi Georges Malegon e Raimond Bertault (purtroppo deceduti). Quest'opera, benché risalente ormai agli anni settanta e, quindi, sotto diversi profili (sistematica, nomenclatura, etc.) non aggiornata, è il testo-base per tutti i micologi che operano nell'area mediterranea. Tornando alla flora micologica della Gallura debbo dire di essere rimasto sorpreso dalla enorme varietà di specie presenti nelle bellissime sugherete che ho avuto occasione di visitare (in particolare : Tempio, Calangianus, Aggius e dintorni), della quale, a mio awiso, gli studi fino ad ora pubblicati non rendono adeguata testimonianza. Ho trovato particolarmente interessanti le entità appartenenti alle Boletales, fra le quali abbondano specie raramente reperibili nel resto delf isola (Xero c o mu s i cltnu s anu s, X. rosealdidus, Boletus permagnificus,etc.). Purtroppo, a fronte di questa straordinaria icchezza, molto pochi sono gli appassionati locali che si dedicano a studi approfonditi, essendo tale attività molto dispendiosa sotto ogni punto di vista

(basti pensare ai costi che comportano l'acquisto di un microscopio, della letteratura indispensabile, dei contatti con altri appassionati, con gli specialisti più qualificati, etc.). Tuffavia va rilevato che, fortunatamente, alcune strutture pubbliche, come l'Istituto Botanico dell'Università di Cagliari, presso il quale esiste anche un erbario micologico, e la Stazione Sperimentale del Sughero di Tempio Pausania hanno, non da poco, dimostrato sensibilità al problema fornendo collaborazione e' disponibilità. Tuttavia molto rimane ancora da fare. Occorre, infatti, evitare che 1o studio della micologia, rimanga, iL Sardegna un fatto privato ed un compito riservato ad una ristreffissima équipe di singoli i quali, molto spesso, operano fra mille difficoltà derivanti dalla mancanza di mezzi (in particolarela letteratura necessaria avente costi rilevantissimi). Ciò in quanto, come è evidente, questa attività ha notevoli connessioni con il, generale problema-natura interessante la nostra Isola che non può non stare a cuore ad ogni Sardo che ami la propria terra. .

-il lÉu"

v


di Romolo Protax

Attività tecnica del Corpo Forestale e di VA.

Lotta agll_ insettt defoglLatorl La protezione dei boschi è destinata alanguire in assenza di una rete stabile di monitoraggio. Ho accolto con piacere i primissimi numeri del Notiziario Forestale curato dall'Ass.For., e ho letto con attenzione la pagina di benvenuto rivolta ai promotori dell'iniziativa da parte del loro Comandante Dr Enea Beccu. Non è cosa di poco conto awertire in tutti un entusiasmo nuovo; la volontà di compiere fatti concreti a "salvaguardia dei valoriforestali, naturalistici e ambientali". Allora, mi sono detto, perché non rispolverare il proposito, di qualche anno addietro, condiviso da molti, dai politici di turno agli operatori diretti interessati, alcuni dei quali ora fuori dal Corpo Forestale. Perché non riproporre un'azione a difesa dei nostri boschi che sia diretta, più vicina alle pertinenti funzioni di un forestale, pur chiamato ad assolvere unq serie, forse sin troppo ampia, di compiti. Perché non richiamare il Corpo Forestale al preciso dovere di proteggere quanto ci è rimasto curando soprattutto gli aspetti fitosanitari, partendo dalle sugherete?

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Tella nostra Isola la quercia da srgt .. o(Quercus suber L.)diffirsa

su Circa 90.000 ettari, riveste un

particolare rilievo economico in quanto il prodotto della scorzatura è materia prima per sostenere industrie di trasformazione,

talvolta in difficoltà. Sappiamo che la produttività di quest'essenza è spesso limitata da rilevanti infestazioni, causate da alcuni insetti defogliatori che determinano perdite valutate attorno al60% in anni di defogliazione totale. Sebbene le piante reagiscano con una nuova emissione di foglie, la vegetazione originaria è ricostituita solo gradualmente, per cui l'effetto del danno anche se in misura decrescente, si manifesta durante i 2-3 anni successivi. Come alcuni ricorderanno, per limitare tali infestazioni si è fatto in passato largo impiego d'insetticidi chimici come il DDI distribuito nei primi anni 60 conrnezzo

aereo, su circa 1 1.000 ettari di sugherete. Nel decennio successivo, per acquisire elementi utili ad una più corretta e meno

inquinante difesa fitosanitaria, molti Enti di ricerca e diverse Amministrazioni, compresa quella Regionale, hanno promosso ed intrapreso iniziative che hanno trovato in seguito aiuti finanziari dalla CEE concretizzati nei famosi PIM (Programmi Integrati Mediterranei). I programmi di intervento, concernenti la difesa furono limitati (e non poteva essere diversamente) e pertanto solo alcune aree furono prescelte sia per intensità di attacco che per particolarità logistiche. Il monitoraggio riguardo olffe 300 località tutte ricadenti in comprensori forestali omogenei, con la sughera presente come essenza dominante. I dati raccolti sulla presenza del più importante defogliatore (Lymantria dispar Z.) confortati da

un'ampia serie storica precedente evidenziarono 1o stato della " gtadazione"

*Direttore dell' Istituto di Ricerca sul Controllo Biologico dell'Ambiente dell'(Jniversità di Sassari


La formtlazione del batterio impiegato, ha sempre confermato di non avere alcuna influenza sull'attività degli antagonisti naturali dei defogliatori, vale a dire sugli Imenotteri e Ditteri, i quali as sumono p articolare importanza nel limitare le pullulazioni nocive nella fase di culmine nella nostra regione. Sappiamo, tra 1'altro, che l'ampiezza delle infestazioni può essere inflienzata dalle condizioni fitoclimatiche e pedologiche delle aree forestali che caratterizzano 1l sistema sardo e naturalmente dal modo in cui queste vengono gestite. L at'v a di Lim antri a (prin cip al e d efo gl i a t o r e) Dai rilievi condotti nel corso di diversi anni emerge con chiarezza e fornito pertanto un indice essenziale di l'esistenza di zone dove l' ampiezza valttazione per definire l'opportunità o temporale delle fluttuazioni dei defogliatori meno di procedere nella lotta. si manifesta in misura differente. I piani di lavoro sviluppati durante tale , Quanto è stato fatto nel corso degli ultimi opera, condotta da operatori all'uopo decenni da parte dei laboratori scientifici addestrati, portarono a risultati per definire la composizione e la soddisfacenti consentendo fra l'altro di consistenza faunistica nociva ed utile ed il sperimentare tecniche spesso onerose, ma loro dinamismo, rappresenta una base potenzialmente più efficaci per lo studio importante di riferimento per awiare una della dinamica delle infestazioni. Dal più attenta politica di difesa dei nostri conteggio delle ovature si è passati a quello boschi ed in particolare della Quercia da degli altri stadi in attività, prelevati con sughero. In altri termini è tecniche diverse. Dalla comparazione dei dati raccolti, con quelli noti da studi preliminari, è stato possibile accertare l' andamento periodico delle infestazionie definire le aree a rischio di danno nelle quattro province e pertanto definire dove e quando intervenire. La necessità di procedere mediante metodologie che rispettino la fragilità degli equilibri esistenti, ha suggerito che la lotta contro gli infestanti fosse a carattere fortemente sperimentale, e basata fondamentalmente sull'impiego di un agente microbiologico: il il lu s thur ingiens is kurs t aki (Btk) che ha fornito risultati validi per un efficace impiego futuro su B ac

ampie superfici.

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stato dimostrato che è possibile organizzare

In tal modo l'attenzione rivolta alla

nell'Isola, in tempi brevi, una struttura in grado di affrontare concretamente e risolvere le problematiche fitosanitarie, premes sa neces saria p er la r eahzzazione di

salvaguardia dei boschi esistenti non risulterebbe principalmente rivolta alla lotta agli incendi, ma si orienterebbe anche alla difesa fitosanitaria, del cui rilievo, purtroppo, si diventa consapevoli solo episodicamente, quando gravi attacchi parassitari compromettono la vitalità dei boschi sottraendo anche la fruibilità paesaggistica e ricreativa proprio in periodi dell'anno in cui si richiede la loro esistenza. Non deve essere dimenticato infine che in previsione di una più attenta tutela e valorizzazione dei territori inseriti nel Parco del Gennargentu,lo studio dei fenomeni e la programmazione degli interventi, a cui si è accennato, non potranno essere confinati in un ambito ristretto, ma proiettati, almeno

una stabile ed attenta prograrnmazione della difesa forestale in Sardegna. Si ritiene infatti che la recente, consistente, acquisizione da parte dell'Amministrazione Regionale di personale del Corpo Forestale e di VigilanzaAmbientale e la disponibilità del supporto cartografico ed elettronico costituito presso 1'Assessorato Difesa Ambiente, siano elementi sufficienti per creare una rete stabile di osservazione e di

rilevamento dei principali fenomeni fitopatologici che interessano i boschi sardi. Si può ormai ipotizzare che un insieme di elementi siano da oggi permanentemente acquisibili senza creare aggravi di spesa all'Amministrazione, ponendo la stessa, direttamente, in condizione di poter

tendenzialmente, a livello sempre più esteso per facilitare le molteplici attività economiche connesse, e nuova occupazione nella prospettiva, come si suol dire adesso,

programmare con tempestività gli interventi - dello sviluppo sostenibile. In questo contesto lareahzzazione di una più opportuni sulle aree più esposte agli ampia forestazione con la protezione attacchi. potrebbe rappresentare uno degli obiettivi Rimane perciò, inpratica, da definire su di maggiore rilevanza e l'associazione base regionale un sistema stabile di costituitasi da poco credo possa fare sorveglianza e monitoraggio, destinato al moltissimo per riequilibrare l'uso del regolare rilevamento dei parametri territorio. carullerizzano quantitativi e qualitativi che le infestazioni e quanto può influire sull'evolvere degli attacchi parassitari. Gli elementi regolarmente raccolti risulterebbero inoltre indispensabili per l'individuazione delle aree a rischio d'infestazione e per la tempestiva pianifrcazione degli interventi di protezione. Per realizzare tale progetto si tratta semplicemente di porre insieme conoscenze che ritengo presenti nei componenti Y.

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A, ttilizzando

Forestale e di

capacità e

professionalità che non dowebbero essere disperse.

In conclusione sarebbe auspicabile che l'Amministrazione Regionale, tramite il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, assolvesse quei compiti a cui, tra l'altro, è chiamata d'ufficio.

Quercie da sughero completamente defogliate


(LegLtrninosae) NOME ITALIANO: Ginestra del Gasparrini Forma biologica: nanofanerofita Distribuzione: isole di S. Pietro e S. Antioco, Sardegna sud occidentale (Pula, Portovesme, Marina di Arbus, Carbonia, Domusnovas) e settentrionale (S.ta Teresa, Capo Testa).

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Osservazioni: arbusto alto da 50 a 110 cm da inerme a subspinoso con fusti eretti, legnosi, fessurati longitudinalmente, intricati; foglie ridotte costituite da tre segmenti da lineari a ovato lanceolati, precocemente caduchi; calice tomenso per una densa peluria, campanulato; corolla gialla, fiori riuniti in racemi lassi, fitti. Legume piccolo, peloso. Endemica della Sardegna, questa specie ("tiria" nella Sardegna meridionale) vegeta, indifferentemente al substrato, prevalentemente su

terreni rocciosi prossimi almare, fiorendo da aprile a giugno.

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NOME ITALIANO: Ribes di Sardegna Forma biologica : nanofanerofita ,".-l

Distribuzione: presente solo in Sardegna sul Limbara, catena del Marghine (nei pressi del nuraghe Ortachis), M.te Novo San Giovanni di Orgosolo, Massiccio del Gennargentu.

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margine dentellato, glabre nella pagina superiore ma con peli glandulosi in quella inferiore. Fiori solitari, piccoli, verde-chiari, riuniti in racemo portato all'ascella dei rami, su peduncoli brevi, pelosetti. I1 frutto è una bacca rossa polisperma, acidula, quasi nera a maturità. Questa specie, ben definita e di remota origine, non sembra prediligere particolari substrati ma preferisce vegetare in località fresche, riparate ed esposte al nord. Presenta una distribuzione molto frammentata. Fiorisce tra maggio e giugno. Conosciuta nel centro Sardegna come "Aghinedda areste".

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Osservazioni: Arbusto pluricaule inerme ( 1 - I 5 m) con foglie caduche, piccole, trilobate e con

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Aruun p i ctr-rtrt L. ril. (Ara.ceae) NOME ITALIANO: Giagaro sardo corso Forma biologica: geofita rizomatosa Distribuzione: pianta con ampia adattabilità edafica, vegeta in ambienti piuttosto eterogenei anche molto aridi, fortemente antropizzati come come in prossimità di ruderi, muri ecc. Dal livello del mare fin sui rilievi in tutto il contesto regionale. Osservazioni: il Giagaro sardo corso è una pianta erbacea perenne caratterizzata da un tubero globoso, con numerose radici avventizie, e da una tipica infiorescenza (spadice) clavata completamente ar,.volta da una spata rosso-porporina. Nel periodo autunnale, al momento della fioritura, l'infiorescenza è pofiata da uno scapo breve ed è accompagnata solitamente da una sola foglia basale, picciolata e con lamina ovato-lanceolata, vetde, venata da numerose striature bianche; le restanti foglie compaiono nel periodo primaverile. I frutti sono delle bacche arancioni, appressate e riunite in una infruttescenza globosa. Il periodo di fioritura e il colore della spata sono elementi sufficienti per distinguere questa specie dall'Arum italicum Miller e A. maculatumL. comuni in Sardegna ma non endemici. Pianta tossica, se ingerita, per la presenza di saponine nonché di un glucoside cianogenetico. Questa pianta è conosciuta come Lingua de gani (Campidano), Tattaròyu (nord Sardegna), e Karika e pòrku (centro Sardegna).

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NOME ITALIANO: Saponarra Forma biologica: emicriptofita Distribuzione: Massiccio del Gennargentu, dap.ta La Marmora a Bruncu Spina, monti della Corsica.

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Osservazioni: pianta di dimensioni ridotte (10-20 cm), perennante, cespitosa con fusti prostrati, pubescenti; foglie opposte, sessili da ovali - lanceolate a lanceolate; fiori rosso lilacini, con petali spatolati, riuniti in cime povere poste all'ascella delle foglie superiori. Finora segnalata soltanto su suoli granitici e scistosi e sempre in stazioni montane oltre 1500 m. Fiorisce all' inizio dell' estate. Conosciuta nel territorio di Desulo e Fonni col nome di "Sabunètta".

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Attilio Mocci Demartis*

e Sersio Talloru

Specie da tutelare

Falco Pellegrino Rapaci che possono essere-facili prede di bracconieri, per poi essere addestratr aIIa falconeria e venduti nei paesi arabr.

irca dieci anni fa, alf interno del porto di Genova, durante un'operazione del

Corpo Forestale, venivano recuperati numerosi pulli di Falco pellegrino. Questi, provenienti dalla Sardegna, erano destinati a procedere verso il Medio Oriente per la "caccia col falcone". Altri avrebbero seguito altre vie e indirizzati verso facoltosi collezjoni sti europei. Questa operazione confermava quanto, per molto tempo, era stato sospettato dagli inquirenti: un traffico di rapaci che da diverse regioni italiane finivano in alcuni centri del nord ltalia. In questi centri, dopo un periodo di addestramento, si sarebbero selezionati i "migliod", cioè quelli più adatti alla falconeria che, venduti nei paesi arabr, avrebbero fruttato decine di milioni ciascuno. Infatti le doti naturali di questo animale lo rendono un offimo predatore, capace di catturare in volo uccelli anche di rilevante dimensione quali: piccioni, gabbiani, qualche anatide, ecc. Benché l'addestramento dei giovani alla falconeria sia più facile di quello degli *Ornitologo, titolare della Cattedra

di

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Giovane di Falco pellegrino

adulti, in entrambi i casi tale metodo passa attraverso fasi inverosimili di maltrattamento e violenza verso l'animale. Infatti, 1'esemplare viene lasciato per 3-4 giorni o poco più a completo digiuno in una camera buia senza vedere nessuno. Dopo tale periodo gli si lancia un manichino di stoffa dalla forma di un piccione una pernice o un altro uccello, sul quale l'esemplare si lancia, riconoscendo in esso la sua preda. Ma quando si accorge che questa è falsa gli si awicina il falconiere con della carne vera, che viene ceduta solo quando il falco libera la finta preda. Dopo tanti esercizi in più sedute

ZoogeograJia presso l'Università di Cagliari


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pulli nel nido

Adulto femmina che porta la sua preda (piccione) ai

1'esemplare resta "imprintato" per questo cacciatore "part time". scambio. Alla fine, il giorno che precede Il bracconaggio avviene o tramite prelievo delle uova (in questo caso i lavera caccia,l'animale viene portato brac conieri ttilizzano incubatrici da il campagfiq a digiuno e con capo trasportare sull'auto) o come più spesso coperto da un cappuccio. Quando si accade, con la catttra dei piccoli nel vuole che insegua una preda lo si periodo immediatamente successivo alla dal cappuccio e io si lancia, sicuri schiusa. Pochi giorni di vita sono l'esemplare riporterà indietro la che verrà ceduta al falconiere in cambio sufficienti per garantire anche in cattività

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libera che preda,

del cibo. Solo così diventa un

provetto

la sopprawivenza dei piccoli.

Classe: Uccelli

Ordine: Falconifurmes Famiglia: Falconidae Genere: Falco Specie: Falco peregrinus (Tunstall) Sottospecie: E p. brokei (Sharp) Nome volgare: Falcone o Falco

pellegrino

Norme di tutela: L.R. n. 32/78 e Convenzione I 50/92)

di Washington

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anche questa specie presenta un su pareti picco dimorfismo sessuale, con femmine più a in montùgna o sia rocciose, sia grandi dei maschi. Generalmente la sul mare, sono facilmente riconoscibili specie presenta le parti superiori del da un occhio esperto. Il Pellegrino capo, del dorso e della coda di un colore :utilizzaper la sua nidificazione lo stesso grigio bluastro scuro (ardesia), sito per molti anni. Battere le mani o debolmente barrate di nero; mento, gola gridare in prossimità di questi, nel caso e guance bianche interrotte queste ultime in cui siano presenti anche i piccoli, da un vistoso "mustacchio" nero che significa mettere immediatamente in scende dagli occhi, infine il petto è questi in gli tra adulti e allarme bianco con sfumature rosate (più particolare la femmina, che si allontana evidenti nella sottospecie E p. brokei), dal sito di nidificazione emettendo un con fitte barrature nere estese anche ai forte richiamo (mentre il maschio "calzoni". Tale barratura è evidente pure continua la cova); questo fenomeno nella parte inferiore delle ali. La coda, agevola lalocalizzazione del nido. Un come deffo in precedenza, è bluastra tempo numerosi ragazzini venivano superiormente, divenendo chiara ingaggiati da bracconieri senza scrupoli, inferiormente con striature nere alla base poiche capaci di calarsi, perpochi soldi, delle timoniere, che si fanno sempre più sulle pareti delle scogliere sarde alla ampie e vistose procedendo verso 1'apice ricerca di qualche piccolo di Falco della penna, fino ad assumere l'aspetto pellegrino, a.rischio della propri a vita. di vere e proprie barre trasversali nere, di Per fortuna l'entrata in vigore della cui l'ultima apicale è la piu ampia. nel 1992, e di,Washington convenzione Zampe, cera nasale e parte intorno agli di conseguenza l'inasprimento delle occhi (anello orbitale) sono prive di pene per la detenzione ed il commercio piume e caratteÀzzate da un colore giallo questi di esemplari con l'istituzione di aranciato.Infine, come tutti i falchi posti doganali del Corpo Forestale, nobili in genere, il becco è munito arlati hanno contribuito ad un significativo della mascella superiore di un contenimento del fenomeno, che peraltro caratteristico dentello, dopo l'apice non si può certo considerare estinto. adunco. Infine i giovani sono simili agli che infatti, sostengono, Fonti attendibili adulti, ma con parti superiori di colore ogni anno dalla Sardegna, come da alfie marrone scuro numerose località rtaltane, partono, soprattutto verso la Lombardia, decine di piccoli di Pellegrino. Posizione sistematica: specie politipica, presenta sul globo varie sottospecie (fino a 19), di cui solo 4 nidificanti nel palcartico. Datala difficoltà di evidenziare limiti precisi di areale e di barriere geografiche naturali, 1e quattro sottospecie palcartiche vengono considerate da taluni autorevoli studiosi, più come forme intermedie costituenti un "Cline", che come vere e proprie popolazioni sottospecifiche divise da barriere limitanti il flusso genetico. Descrizione morfologica: come Habitat del E pellegrino -pareti rocciose, sopratutto quelle a strapiombo sul maretutti i Falconiformi in genere,

I nidi, solitamente dislocati

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aruiché ardesia, parti inferiori più rugginose, e cera nasale ed anello orbitale grigio bluastro, anziché giallo.

come esempio aironi e fagiani di monte. Inoltre nello spettro alimentare non mancano anche rapaci notturni (Civette ed

Biometria: htnghezza del corpo da36 a 48 cm, di cui la coda da 10 a 13 cm. Le ali chiuse variano dai278 ai3l2 mm nel

Assioli) e diurni (Gheppi, Sparvieri). Al contrario disdegna mammiferi, poichè di difficile presa pff il tipo di caccia al volo. Talora si accontenta di insetti, presi da fermo.

maschio e dai 308 a 355 mm nella femmina. Durante il volo, quando le ali sono aperte, esse figurano vistosamente

appuntite, come in tutti i cosideffi "falchi nobili". IJapertura alare oscilla dai95 ar 110 cm. Infine il peso corporeo nella sottospecie E p. brokei oscilla tra 380 e 570 gr nel maschio e tra 540 ed 880 nella femmina.

Riproduzione: specie monogama, raggiunge la maturità sessuale dopo due anni dalla nascita. Depone mediamente 3-4 tova, rotondeggianti color crema con macchie marroni, in nidi ricavati da cavità, fessure e terrazzamenti di pareti rocciose, meglio se di origine sedimentaria (arenarie e calcari), piuttosto che effirsiva (graniti, basalti, ecc.). I nidi possono venire conservati per più anni consecutivi. La deposizione delle uova inizia alla fine di marzo, con intervalli di 2-3 giorni tra un uovo e l'altro, che vengono incubate quasi esclusivamente dalla femmina pff 29-30 giorni. La schiusa alrriene ad intervalli e l'allevamento dei piccoli varia dai 35 ai 42 giorn| durante i quali in caso di penuria di risorse alimentari possono verificarsi fenomeni di "cainismo", ossia di uccisione e divoramento dei pulli più piccoli da parte del fratello più grande.

Areale: specie cosmopolita, distribuita in tutto il mondo con 19 sottospecie, in Italia compare soprattutto con la sottospecie E

p. brokei. Questa è estesa a granparte

del mediterraneo, vale a dire della ltalia meridi onale, all a Grecia ed a tutte le isole mediterranee, sia

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piccole (Baleari, dell'Egeo, etc.) che grandi (Sardegna, Sicilia, Corsica).

Misure di tutela: Oggi buoni osservatori di questa specie concordano nel dire che, nella nostra isola, non rischia l'estinzione, ma le nuove difficoltà dei bracconieri potrebbero fare lievitarellprezzo cui sono disposti apagare i "cacciatori arabi" innescando un pericoloso meccanismo di recrudescenza del fenomeno.

Habitat: pareti strapiombanti rocciose sia montane che costiere.

Alimentazione: caccia al volo, lanciandosi in picchiata sulle prede, che stordisce con un colpo d'impaffo e che poi

riacciuffa da sotto una volta che queste cominciano a precipitare verticalmente nel yuoto. Tali prede sono costituite prevalentemente da ucielli. di taglia variabile, sia inferiori (passeriformi) che uguali allo stesso falco (pernici, fagiani, anatre, etc.), ma talora anche superiori,

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Areale del Falco pellegrino in Sardegna


di Fiorenzo Caterini

La leg.gen da del "NzILlto di Gallura" La storia di una faida che a distanza di quasi 150 anni ancora vive nella memoria dei ptù arviani.

passi lenti, chiuso ne' suoi pensieri, camminava per ore ed ore, alla ventura. Di colle in colle, di balza inbalza, egli si aggiravaper quei dintorni, mafiniva sempre per ritornare al punto donde era partito: ad uno speco, chiusofra tre blocchi di granito, intersecato dafolte macchie di rovere e di lentischio. La notte era buia, quantunque il cielo fosse stellato; ma quell'uomo era pratico dei sentieri e dei buruoni che conosceva palmo a palmo. Sotto il cappuccio tirato sul viso, i suoi occhi mandavano lgmpi; dalle falde del corto cappotto d'orbace usciva la tersa canna del suofucile, compagno indivisibile nella sua solitudine: unico amico a lui rimasto fedele nei giorni della sventura... ...a

vicende della faida di Aggius, comprese tra il 1849 e il 1856, sono ancora tramandate e ricordate con fervore dai più anziani, specie in quella e

parte settentrionale della Gallura che, dalle cime di Aggius, degrada abalze verso le foci del Coghinas, a ponente,

e

del Vignola, a levante.

Protagonista fu Bastiano Tansu, detto "il terribile", sordomuto dalla nascita. La

tuttora un mistero: ognuno ha la sua convinzione, da queste parti. La storia è stata romanzataverso la fine del secolo da Enrico Costa, ricalcando latendenza letteraria del romanzo storico in voga con Manzoni e Scott. I-linteresse suscitato in chi per motivi di lavoro o altro, ritrova gli ambienti agresti del romanzo, magari chiacchierando con glianziani o i diretti sua

fine, velata di leggenda,

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discendenti dei protagonisti della storia, nasce soprattutto dalla riscoperta dei valori antropologici culturali del contesto, la Gallura di allora disaggregatain stazzi, cellule di riferimento a comporre una società in cui le forze della natura ancora aspre, forgiavano il temperamento degli uomini e delle donne. Buon viaggio, si dice ancora oggi, magari salutandosi sullo stesso pianeroffolo, come traccia inconsapevole di una memoria storica fatta di lunghi trasferimenti a cavallo e a piedi tra wo stazzo ed un altro. Ecco il significato della sacralità dell'ospite, anche se bandito. Cerimonie come quelle dell'abbraccio, una sorta di pegno prematrimoniale, sono indice di un codice di comportamento non scritto, in bilico tra convenzione sociale e senso dell'onore, fortemente


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vincolante. La storia si dipana tra gli stazzi,le chiese campestri, le cime, le vallate, le foreste, i corsi d'acqua, il mare della Gallura del secolo scorso, dando l' impressione, dolceam ara, di ritrovarla nei lembi di Gallura di oggi, scampati all'assalto del cemento, e alla furia distruttrice del fuoco. Certo è di grande

"Curraggia", essa dava rifugio all'aquila reale e al gatto selvatico. Oggi è rifugio dei sensi di colpa di una umanità mancante, che disperde la vita e materia di un'isola che sarebbe l'orgoglio dei nostri figli. La Gallura di allora, la Sardegna di allora, rivive in una idea fantastica, tra le righe di un romanzo e nei ricordi di un vecchio.

suggestione passare

per quei luoghi citati nel racconto, laddove si scorgono i ruderi di un vecchio stazzo

diroccato,oisegnidi una strada tra i muretti a secco, ormai restituiti al corso della natura. Il monte Cuccaru, inaccessibile, protetto per tre quarti dalla gola granitica, profonda, del "Rio Pirastru", rifugio per oltre un secolo, tra il 700 e 1'800, di banditi corsi e galluresi stabilitisi in colonia, e teatro di scontri epici coi gendarmi, ora è interessato, nelle sue pendici, da interventi di forestazione produttiva legata all'industria della carta e, nell'apice, da un progetto di miglioramento fondiario. Eppure si scorgono tratti selvaggi di rilevante bellezza. "IjlJnfarru", f inferno, una foresta di querce nascosta in una vallata sotto i monti di San Gavino: così impenetrabile e buia, che soltanto il muto, figlio del diavolo, ne sapeva gli ingressi e i labirinti. A memoria d'uomo, e di "forestaie". coloro che l'hanno vissuta prima dell'infausto incendio del 1983, lo stesso di

LA STORIA La storia ha come perno due figure femminili, due fanciulle. La rottura dell' "abbraccio", da parte di Pietro Vasa, nei confronti della figliola di Antonio Mamia, il quale cercava di ricomporre delle vecchie lacerazioni per motivi di pascolo tra i Tansu e i Vasa da una parte, e i Pileri dell'altra, fu l'awio della faida che rese tristemente celebre Aggius nella metà dell' Ottocento, provocando settanta morti e il cui triste ricordo, ancora oggi, rivive tramandato nelle parole degli anziani: "quando si usciva di casa ci si abbracciava coi propri familiari come se fosse l'ultimavolta". Caddero vittime della ferocia il giovane figlio di Mamia, la vecchia madre di Pietro Vasa, (le due efferate uccisioni, violando il codice d'onore gallurese, provocarono forte impressione all'epoca), cadde vittima Michele Tansu nel tentativo di uccidere il vecchio Mamia, la quale morte inferocì il fratello Bastiano, che divenne così il terribile "Muto di Gallura". Infine anche


il vecchio

capo fazione Mamia,

scampato atanti agguati, fu ucciso in una imboscata da quattro uomlpi. I1 dolore sopraffece I'odio. e venne il tempo della pace. Dopo mesi di contrattazioni e di", conciliazioni, sotto gli auspici della chiesa e del governo,1126 maggio del 1856, si radunarono, nel campo di S. Sebastiano, alle porte di Tempio, oltre cinquecento persone compromesse dalla faida e, davanti ad oltre seimila spettatori e testimoni, giurarono pace e si abbracciarono fraternamente. Fu un giorno memorabile per I'intera Gallura. Si dice che il Muto fosse rimasto duro e impassibile, pur dando la sua parola d'onore, che rispettava sempre: fermo, sordo, non solo di fatto, all'esplosione di commozione e pentimento attorno a lui, con la sua bella figura che pare emanasse un indefinibile carisma. IJalfia fanciulla della storia era Gavina, la figlia del saggio pastore Anton Stefano dell'Avru, uno stazzo di Bortigiadas ora frazioncina di Viddalba, nelle montagne di S. Gavino. In quello stazzo il Muto trovava ricovero, in cambio di lavori di intarsio in cui egli eccelleva, e che erano assai graditi. Egli perse la testa per la fanciulla, ed entrò in conflitto col facoltoso Giuseppe, possidente di Bortigiadas, cugino e promesso sposo di Gavina, il quale, forse istigato dalla madre di lei, alletata dalla fortunata dote, tese un agguato mortale a Bastiano, che si salvò perchè la micidiale palla colpì, rompendolo, il calcio del suo fucile. Il Muto invece non sbagliava mai: cadde f innocente Anton Stefan, vittima designata dalla vendetta. Da allora del Muto non si seppe più nulla. Sulla fine del personaggio il :

romanziere è vago: cerca persino di accreditare, quasi riabilitandone la figura, la tesi del suicidio. In realtà non si poteva a soli trent'anni dai fatti, mentre i sopralwissuti conducevano una vita nuova, come Gavina con Giuseppe, rimuovere il macigno di un passato così pesante. I- ipotesi più veritiera, attendibile anche secondo gli anziani di oggi, ma appena accennata dalromanzo; è che ormai la vita dei due rivali fosse legata indissolubilmente. Dei due l'uno. Probabilmente c'è l'abbandono della famiglia del Muto al suo destino tracciato dal fucile, stanca del sangue. Alcuni tuttora affermano che fu la stessa famiglia a tradirlo. Anche il luogo del seppellimento è misterioso. Si fantastica su tronchi cavi di alberi che non esistono più; a detta di altri, ipotesi più considerevole, egli fu sotterrato in una pietraia, un calanco che scende dai monti di"Cugrtrenza", visibile dalla strada che da Trinità d'Agultu porta a Badesi. Non fu mai trovato. Il bandito, se ciò fosse vero, non avrebbe desiderato migliore sepolcro: il panorama spaziaper le guglie di granito verso la costa, eppoi, a ponente, quando muore la luce con gli ultimi bagliori infuocati, il placido fiume Coghinas si confonde nel mare. Lontano 1'onzzonte, coi contorni dall'Asinara, è spezzato dal promontorio di Castelsardo. Pietro Vasa, morì in carcere nel 1859, preso dopo un conflitto a fuoco con i Carabinieri, aifiati da volgari delinquenti che riscattavano così l'amnistia, e trascinato in catene fino a Tempio. Egli, orgoglioso bandito, ' avrebbe desiderato morire come' Bastiano.

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di Francesco Saba Parliamo di caccia

Ca.cciatori, prede, anabiente raatlJra.le

-

Finiti i tempi dei ricchi carnieri, rimane una sempre più marcata sproporztone fra numero dei cacciatori

e

selvaggina.

lnaratteizzato

da

U.*-ui

spunti polemici e da premesse ideologiche non sempre chiare e corrette, il dibauito in materia di caccia è ormai awiato sul binario della contrapposizione apparentemente

inconciliabile fra le tesi delle associazioni ambientaliste e quelle del mondo venatorio. Il ricco carniere di una giornata di caccia nel 1970 Mi sembra utile tornare sull'argomento non per ricercare semplicistiche mediazioni fra ambientale : alpinismo, birdwatching le parti, ma per un breve ecc. Sempre secondo Ztnino noh è approfondimento delle ragioni del l'etica venatoria deprecabile in se contendere. stessa ma in quanto e se diventa In proposito mi pare meritevole di sinonimo di sfruttamento irrazionale e citazione il manifesto della consumistico delle risorse naturali. Associazione Italiana per la Wilderness Da un punto di vista ecologico infatti riguardante appunto l'attività venatoria. non si può escludere la compatibilità di Secondo Franco Ztnino (segretario un prelievo effettuato su una quota Nazionale della Wilderness) non è su dell' accrescimento annuo effettivo basi etiche che la caccia deve essere della popolazione di determinate specie combattuta. Se si parte da presupposti di mammiferi o uccelli viventi allo (cioè da basi etiche) integralisti stato selvatico. dovremmo negare per coerenza, Se si superano alcune pregiudiziali sul insieme alla caccia, tutta una sere di concetto di caccia, secondo la attività ricreative che causano impatto Wilderness, l'attività cinegetica alla part


di altre attività produttive e non, si colloca fra i possibili modi di fruire delle risorse naturali che non possono essere negati a priori. Sul piano della disquisizione non ho personalmente da eccepire sulle tesi della Wilderness, matra la filosofia che le anima e l'esercizio reale della caccia in Italia oggi c'è tanta differenza, direi che c'è un abisso. Si può certamente convenire che nella attuale situazione ambientale la caccia non può essere considerata il principale fattore di distruzione, alterazione o trasformazione dell' ambiente e del paesaggio; ma non si può ignorare che in molte regioni Italiane la caccia sia la principale responsabile della estrema riduzione o della scomparsa di molte specie selvatiche di mammiferi ed uccelli. Tale processo è awenuto e sta continuando sia nel rispetto delle vigenti leggi venatorie, sia in violazione di queste ultime, soprattuffo per l'enorme sproporzione esistente tra il numero dei cacciatori ed il numero di prede. I1 cacciatore sarebbe un rigoroso ambientalista qualora recepisse adeguatamente la correlazione esistente trafauna(nel senso di selvaggina) e qualità dell'habitat. In realtà la stragrande maggioranza di cacciatori non ha una sufficiente cultura naturalistica ed ecologica e non vede oltre il proprio carniere quotidiano, sottovalutando le conseguenze che un eccessivo prelievo di oggi, e/o un degrado ambientale non contrastato, avrà per i carnieri dei giorni e degli anni a venire.

Gli esami di abilitazione venatoria sono orientati alla verifica delle capacità cinegetiche del candidato, non certo a promuovere una cultura ecologica. La cultura venatoria cerca di distinguere nettamente il cacciatore dal bracconiere, demoniz zando quest'ultimo ed esaltando il senso etico del primo. Non mi pare che questa linea di demarcazione sia così netta e chiara se è vero che la passione fa brutti scherzi. Le associazioni venatorie menano vanto dei loro contributi al ripopolamento delle specie venatorie pur sapendo quanto discutibile e talvolta pericolosa sia f introduzione in natura di specie allevate in cattività. Rivendicano il ruolo di sentinelle dell' ambiente e intanto contribuiscono alf inquinamento con il piombo e pallini sparati, con i bossoli delle cartucce e con i residui del loro passaggio in montagna. Si potrebbe scrivere un trattato sui mali della caccia in Italia e in Sardegna, ma bastano pochi cenni per capire che pur partendo da posizioni non preconcette ci sono tante buone ragioni per mettere

in discussionela caccra

Liberazione

e

di pernici

i cacciatori.

d' allevamento


diAntonello Molinu Archeologia subacquea

Op er a,zl.olae c ?\ache o sLtb " Nelle acque di Porto San Paolo, di fronte -alla splendida isola di Tavolara, un gruppo di archeologi marini ha riportato alla luce il relitto di uno scafo inabissatosi 1700 anni fa.

a posizione della

Sardegna, una delle piu grandi isole del Mediterraneo, ed il suo

sviluppo costiero ricco di porti naturali e di svariati approdi, hanno sempre fatto di questa terra, un importante scalo per tutte le navi provenienti da occidente ed oriente. Proprio nella nostra tanto amata quanto bistrattata isola sono stati effettuati ad opera di Nino Lamboglia, due fra i primi interventi di scavo subacqueo d'Italia e d'Europa: il primo nel 1957 nell'isola di Spargi (arcipelago La Maddalena) ed il secondo, che ha portato all'individuazione anche di un relitto tra il 1990 ed il 1993 lungo le coste tra Punta Aldia e Porto Rotondo. Proprio in queste acque, antistanti I'isola di Tavolara, ha preso il via I'operazione denominata "Archeosub 95", un iniziativa dell'Esit e di Aqva Cleb, con la determinante collaborazione della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro e di quella tecnica del Centro Sub di Tavolara. La supervisione dello scavo è stata affidata al Dott. Rubens D'Oriano della Soprintendenza e al Dott. Edoardo Riccardi, archeologo subacqueo professionista nonchè ideatore del parco marino di Ustica. Per la prima volta hanno potuto partecipare allo scavo operatori subacqei non professionisti. Dello scafo della nave che ha fatto naufragio sulla secca vicino a Porto San

Archeologi marini a lavoro

Paolo, originariamente lunga tra i 15 ed i 20 metri, ne resta circauntetzo. Basandosi su ciò che resta, in attesa di uno studio più minuzioso, si può affermare che tale imbarcazione di lungo corso e non di piccolo cabotaggio, come si era ipotizzato inizialmente, proveniva presumibilmente dall'Africa settentrionale, ed era probabilmente diretta ad Olbia. Ciò si deduce grazie sia ai risultati dell' indagine anatomica botanica, che esclude la costruzione in Sardegna, sia dalla composizione e provenienza del carico che era costituito da merci africane (salsa a base di pesce o garum, anfore vinarie ed olearie).


Lo scafo rinvenuto è diviso in due tronconi e si trova a pochissimi centimetri sotto la sabbia del fondale, ad una profondità compresa trai2 ed i 4 metri. La struttura più vicina a riva è la parte bassa della carenanellazona poppiera, ed è conservata per almeno 6 metri di lwghezza ed 1,5 dilarghezza. Staccata di un paio di metri verso il largo, è una parte di fiancata conservata per almeno metri 2 per 1, comprendente alcune tavole di fasciame larghe da 10 a 13 centimetri e spesse 3. La costruzione è a scafo portante e si basa sulla posa in opera dei principali elementi portanti cioè chiglia, dritto di prora e dritto di poppa, cui vengono unite le tavole di fasciame mediante "tenoni" di legno che si immettono in appositi incastri detti "mortase", il tutto collegato da "spinotti" realizzati prima in legno e poi rinforzati con chiodi di rame e ferro. E'un tipo di costruzione che ha visto la luce, presumibilmente in Egitto ed è stata ereditata e perfezionata da Greci e Romani. In base alla tecnica costruttiva ed alle ceramiche pertinenti (terra sigillata africana, anfore, etc.) la datazione del relitto non pare oltrepassare il terzo sec. d.C.. Durante 1o scavo sono stati rinvenuti, rilevati e recuperati vari reperti (per alcuni non è facile dire se facessero parte o meno del carico o della dotazione di bordo) tra cui: 1) un piccolo anello di piombo (libera lenze);

2) la base di una coppa di vetro soffiato con bolle e leggera iridescenza, di colore indefinibile per 1a presenza di incrostazioni rosa; 3) un manufatto di selce rettangolare di 3,4 per 4,0 cm. di lato. Trattasi di una scaglia da acciarino di probabile produzione moderna; 4) una piccola sfera di piombo di circa 2,5 cm. di diametro. A causa delle incrostazioni non è stato possibile determinare se si tratti di un odierno piombo da pesca o di una pallottola per armi ad ava1lcaflca;

5) una moneta di bronzo molto consunta e fessurata radialmente; 6) numerosi frammenti di scorze di

pinolo; 7) frammenti di lucerna; 8) una ragguardevole campionatura di chiodi di ferro e rame. Sulla base dei caratteri diagnostici rilevati è stato possibile attribuire un campione (fasciame) a legno di larice (Larix decidua Mill.), un campione (tenone) a legno di quercia sempreverde della sezione suber, un campione (spinotto) a legno di olivo (Olea europea L.), due campioni (ordinata e chiglia) a legno di olmo (Ulmus cfr Campestris L.) e d:ue campioni (spinotti) a legno di frassino (Fraxinus cfr. Excels ior L.). Le tecniche di lavoro subacqueo eseguite sono state diverse. Innanzitutto la -stratigrafia: l'uso prolungato di un sito nel tempo provoca l'accumulo di materiali di epoche diverse, i piu antichi stanno sotto, i più recenti sopm. Lo scavo stratigrafico, scoprendo gli strati uno alla volta, consente di mantenere suddivisi i materiali, conservando i rapporti temporali esistenti tra i diversi reperti. -Lo scavo a mano: è la tecnica più completa e raccomandabile in presenza di reperti fragili o di situazioni di giacitura complicate. E' una tecnica che consiste nel muovere ritmicamente la mano tesa o al massimo una tavoletta vicino al punto di indagine così da creare un vortice


d'acqua che asporta la sabbia ed il fango, che in presenza di correnti sul fondo, sono rapidamente allontanati. -Lo scavo con le sorbone, che sono le apparecchiature di scavo più utili per la loro duttilità di impiego e quindi più ttilizzate in archeologia subacquea; ve ne sono di vari tipi che si prestano alle varie esigenze e si differenziano, per il fluido che determina l' aspirazione, in sorbone adaria e ad acqua. In questo scavo è stata utilizzata una sorbona ad acqua composta da un tubo flessibile munito di una'otesta" costituita da un tubo in PVC ed una valvola in cui, attraverso una apposita manichetta, viene immessa acqua che determina una depressione, fornita a pressione da una pompa centrifuga o'testa" attraverso un ugello applicato alla ed orientato verso lo scarico. E'meno potente della sorbona ad aria, ma, diversamente da questa funziona anche in acque bassissime, non è soggetta a "colpi di ariete" e ne sono meno complicati l'installazione e l'uso. Benché la si possa far scaricare in superficie sino a pochi metri di profondità, di solito la si fa lavorare sul fondo e ciò permette la scelta del punto di scarico più conveniente in funzione della corrente. Unico, ma non grave, inconveniente è che in questo secondo caso il crivello di raccolta è sul fondo, quindi non può essere controllato durante lo scavo, per cui deve essere portato in superficie e vuotato ogni volta che si cambia quadro di lavoro per non mischiare gli eventuali piccoli reperti. Nel nostro caso non è stato ùilizzato alcun vaglio per cui, a turno, si sostava presso 1o

oggetti concrezionati, che spesso sono molto fragili e si destituiscono facilmente, è importante evitare il contatto con l'aria ed entro certi limiti anche con 1a luce diurna; per cui i reperti si racchiudono, sul fondo, in contenitori per alimenti in PVC non ffasparenti, evitando il contatto con le mani nude. Il recupero delle ceramiche non desta preoccupazioni vista la loro normale solidità, solo le dimensioni possono richiedere qualche accorgimento. Per alcuni materiali, come il legno, le tecniche di conservazione sono ancora imperfette o molto costose, quindi prima di decidere il recupero di uno scafo bisogna avere la sicurezza di poterlo restaurare e conservare, altrimenti, come in questo caso, è molto meglio proteggerlo nella sua posizione di giacitura in sito. Indipendentemente dallo stato di conservazione, che può essere più o meno buono, ci si troverà in ogni caso in presenza di legni intrisi d'acqua, per cui estremamente delicati e fragili e ciò comporta tutta una serie di accorgimenti per non compromettere i reperti. Si tende a recuperare solo l'indispensabile per la ricerca, gli oggetti che rischiano il deterioramento o la trafugazione e quelli di valore artistico. -La ricopertura dello scavo: sott'acqua il movimento delle masse liquide dovuto alle correnti ed in poca profondità anche al moto ondoso, tende a livellare ogni awallamento con apporti di materiali circostanti, alterando quindi rapidamente la

scarico e si vigilava attentamente nel caso di

fuoriuscita di oggetti di valore o di particolare interesse artistico. -Il recupero: le tecniche si differenziano a seconda della natura degli oggetti da recuperare. Per quanto concerne i materiali organici

di piccola pezzatwa e gli

Parte bassa dello scafo (carena - chiglia)


morfologia dei fondali e sconvolgendo l'integrità del sito. I materiali di interesse archeologico si conservano solo se perfettamente ricoperti di sabbia o fango, una volta liberati dalla coltre originaria, gli agenti marini operano con estrema velocità a destituirli, facendo praticamente scomparire quelli organici ed alterando con incrostazioni, abrasioni e rotture gli altri. Quindi spesso necessario, in archeologia subacquea, ricoprire totalmente o parzialmente gli scavi sia quando essi debbono essere interrotti per qualche tempo, sia quando le trincee si allungano notevolmente per non lasciare le parti di scafo, già rilevate ed in attesa di recupero, preda degli animali xilofagi. -La legge: attualmente l'assetto normativo su cui si basa la disciplina in materia di beni culturali è determinato ancora prevalentemente dalle disposizioni contenute nella Legge 1.6.1939 no 1089, con le successive modificazioni ed integrazioni. Si tratta di una disciplina giuridica basata prevalentemente sulla esigenza di tutela conservativa dei beni di interesse culturale, per il cui fine si stabilisce una procedura utile per l'identificazione del singolo bene ed una serie di divieti e di obblighi attribuiti ai loro proprietari. Ci soffermiamo su alcuni punti inerenti le norme che regolano la legge sulla tutela dei beni d'interesse artistico o storico. l-lart. I stabilisce che sono soggette alla presente legge le cose, immobili e mobili che presentano interesse artistico. storico. archeologico o etnografico, escluse le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre 50 anni, siano esse rinvenute in terra o sotto l'acqua. Il Ministro per i Beni Cultwali notifica in forma amministrativa ai privati proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo, le cose indicate all'art. I che abbiano un particolare interesse. Tali cose quando appartengono allo Stato o ad altro ente o istituto pubblico sono inalienabili, pertanto sono vietati la raccolta ed il possesso di materiali archeologici. Nel caso di cose appartenenti a privati il proprietario è tenuto a denunciarne la proprietà o la detenzione. Nel caso di alienazione a

titolo oneroso il Ministro per i Beni Culturali ha la facoltà di acquistare la cosa ed esercitare, nel termine di due mesi dalla data della denuncia, il diritto di prelazione.Il Ministro ha la facoltà di eseguire ricerche archeologiche in qualunque parte del territorio ordinando, con proprio decreto, l'occupazione degli immobili in cui vengono eseguiti i lavori. Il proprietario dell'immobile ha diritto ad un indennizzo per g1i eventuali danni subiti. Le cose ritrovate appartengono allo Stato ma al proprietario sarà corrisposto un premio, in denaro o mediante rilascio di una parte delle cose ritrovate, che non potrà mai superare il quarto del valore delle cose stesse. I1 Ministro per i beni culturali può, inoltre, dare in concessione ad enti o privati lavori inerenti ricerche archeologiche. Anche in questo caso le cose ritrovate appartengono allo Stato. Da rimarcare che chiunque scopra fortuitamente le cose di cui all'art. 1 deve farne immediatamente denuncia alla Soprintendenza competente per territorio, prowedendo nel contempo alla conservazione temporanea delle cose rinvenute, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state ritrovate. La rimozione può essere effettuata solo per gar anttr e la sicurezza e la conservazione, richiedendo se necessario l'ausilio della forza pubblica. Come detto in precedenza le cose scoperte fortuitamente appartengono allo Stato, ma allo scopritore è corrisposto in danaro o mediante rilascio di una parte delle cose scoperte, un premio che in ogni caso, non può essere il quarto del valore delle cose ritrovate, stesso premio spetta al proprietario della cosa in cui awenne la scoperta. Gli organi dello Stato a cui spetta la tutela di questi beni sono le Soprintendenze Archeologiche, che dipendano dal Ministero dei Beni Culturali, ed inoltre il Corpo Forestale e di VA. -R.A.S.- Infatti in atttazione delle sue competenze statutarie in materia, la Regione, con l'art. 1 della L.R. 5 novembre 1985, n. 26,ha ampliato 1e funzioni tradizionalmente riservate al Corpo, attribuendogli, anche, compiti di vigilanza, prevenzione e repressione in tema di Beni Culturali.


Librl_ in vetrl_rl.a dito da EdiSar

è

uscito di recente della collana "Flora

Sar.

da" il libro "Geofite" di Mauro Ballero. Il volume, in ricca veste editoriale. pur non rappresentando un'opera con finalità esclusivamente scien-

tifiche, si avvaie delle splendide fotografie a colori di Ninni Marras, dei disegni di Gianluca Locci ed e stato stampa-

to dalla LitoTerrazzi di Firenze.

Questo volume nasce

dall'intendimento di Mauro Ballero di voler riunire tutte le Geofite

(piante con gemme perennanti ipogee, come ad esempio peonie, anemoni, iris, ciclamini, ecc.) presenti in Sardegna in una vasta monografia che permetta, a studiosi od amanti della natura, una più approfondita conoscenza di una categoria di vegetali non sempre adeguatamente considerata.

di Sebastiano Pais

che perche meno espressive, ma che rivelano,

gradevole diversità di forme, colori e profumi. "A questa categoria biologica - sottolinea il Dott. Mauro Ballero - è ascritto globalmente il nove per cento delle specie della flora sarda, distribuite in ogni ambiente, anche i meno ospitale e il più ostile, occupando quelle nicchie difficilmente impegnate da altri vegetali". "Elemento che le accumuna un po' tutte - precisa I'autore - è la presenza di un organo gemmato ipogeo di fondamentale importanza per la loro diffirsione e per il superamento delle condizioni di al.versità". Un'opera che sarà ben accolta ed apprezzata, non solo dagli addetti ai lavori, ma anche da coloro che amano la flora spontanea sarda. L'autore di "Geofite", Mauro Ballero, è laureato in

Scienze Biologiche e dal 1980 svolge attività di Ricercatore presso I'Istituto di Botanica dell'Università di Cagliari; si occupa prevalentemente di tematiche ambientali. E' autore di numerose pubblicazioni scientifiche sulle più qualificate riviste intemazionali. Sempre per EdiSar ha pubblicato "1 funghi focili da cercare in Sardegna". Ninni Marras, autore delle fotografie del libro, si occupa da molti anni di fotografia naturalistica, ha pubblicato numerose immagini ottenendo riconoscimenti significativi in diversi concorsi

Accanto alle incantevoli e variopinte fioriture dei fotografici. gladioli, dei giaggioli, dei narcisi e dei crochi, esiste infatti un ricco contingente di piante meno note, anIl libro uGeojite' dellu collanu "Floru Sarda" può essere acquistato al prezzo specìule di §.60.000 .facendone richiests adAss. For., cusella postule 2096 secondu zona Cagliari

lettori

Lettere e opiniolal Spazio aperto ai

Il Pastore e l'Usignolo m prlmaYera

Qfogliando la vostra rivista che parla t) della nostra terra, la mia memoria è tornata indietro di quasi 70 anni, a ripercorcere, nei ricordi, le lunghe serate estive passate sul "Monte Linas" a pascolare le pecore con mio padre. In una natura allora incontaminata, ma sopratutto maggiormente rispettata dagli uomini che vivevano in armonia con es s a. Voglio

perciò mandarvi questa piccola poesia che scrissi allora, da ragazzo, per me ricca di significato, ma che forse darà un piccolo contributo a far rivivere per un attimo quel mondo che sembra oggi cosìlontano; unmondo in cui gli innumerevoli sacrifici esaltavano quei

momenti dedicati a valori importanti della vita,

rendendoli carichi di significato, come I'amicizia, gli affetti più cari, ed il rispetto per la terra in cui si è nati.

se

osservate con attenzione, un'inattesa ed altrettanto

.

.

-

Sei tornata bella primavera! Nella notte canta l'usignolo, lo sento nel bosco e nella riviera se mi allontano mi segue col suo volo. I suoi splendidi canti intona ogni sera. forse dice: stai con me, anch'io son solo. Ascolto la musica dei tuoi campanelli e l'accompagno col canto di tanti uccelli.

Canta l'usignolo, canta sugli alberelli, canta in compagnia del pastorello, canta mille canti belli mentre dormo sotto il mio mantello. Tu riposi e canti fra i freschi ramoscelli, intoni il tuo canto dolce e bello, canti melodie e versi squillanti sotto i raggi di stelle scintillanti. Buona notte piccolo uccellino! Canti sotto i raggi delle stelle, il tuo canto conosco da bambino, quando col babbo pascolai le pecorelle. Canta i doni tuoi e stai vicino con le tue dolci serenate tanto belle.

Squilli e canti sugli alberi fioriti i tuoi versi splendidi ed infiniti. Giovanni Cuccu


fusociazione Malattie rare Mauro Baschirotto L'eo*iazione è naa 4 anntor sono nel ricordo del giovane Mauro, mono per uftr rara sindrome autoimmunitaria- È saa fondata allo scopo di-effetuare $udi e ricerché nel'ambito diquellemalattiechesonoquasisempre uratteirzatedadifficoladiagnosdcJreeterapeutiche avolteinsormonabili e tali daimporre trnelevatissimo carico gestionale edemotivo aipazienti delle fami$e. I-a frammentazione delle patologie e le storie diverse e isolate che i singoli devono affiontare, ben difficilmente permettono che Ia reala complessiva venga percepia dagli operatori dell'assistenza socio sanitaria. Bisogna poi affiiungere che raramente sono reperibili&rrnaciidoneiperquestotipo dipatologie percJretroppo costosi epoco per le industrie farmaceutiche. Cllmare questo vuoto nell'assistenza e nella conoscenza è uno ddi scopi dell'Associazione dre si sta impegnando "a tutto campo" nella lota contro quesre malatrie, (olue 5.000 sono quelle conosciute!) con iniziative suategiche frnalvzate qtlrjri: Infuini Epidemiologidre per conoscere il carim qualitativo e quantiativo di tali forme morbose nel territorio costituendo trn osservatorio permanente; Servizio di consulenzaeinformazioneperimalati ed i loro Émiliari eperilpenonalemedico eparamedico. Liniziativavieneouaradaalcunimedieiedapersonepanicolarmente

awale di una rete di rapporti conistituti e centri specializzati nazionali ed intemazionali nonché di collegamenti informaticimn le magiori ban&e dati intemazionali chepermetrono e si

di individuare con immediatezaa i ricercatori che si sono maggiormente occupati di una determinatapatologiae chesono in grado di fare indaginiptecoei;

C.oncorsi

per iprogetd di ricerca finalizzaÉsu areeconsiderate strategiche

:

-Terapiagmim con I'obieniva di individuare i progetti diiioercapiir avaruaie sostenerli fir*ruiariamente. I premi consistono in un finanziamento al.ricercatore che presenta il progetto,ed in un conuibuto allTatituto che attiverala ricerer '§!'orkshops su singqle malattie e l\46tings ad alto livello scientifico su,are strategicheeon lgraenza {i eminend scienziati ;!qr I'aggiornamento dei medicire per lo scambio e la

difirsionedelleconosoenre

,l

'',.,,,,

C-ostinrzione di task-folse§'per,singole patologie con progetti di ricerca multicentrici, di interese intemazionale'oodir,rari dall'Associazione e mmprardentiricercatori puri, dinici, .qpidemiologici. il cam piti recente.è quello della lrucodistrofia MeBsonatica (collaborano... hratori di Milano, Genova Verona, Tiiestg Gouinghen ad un progetro finalizaaro,# terapia genica);

Svilupp.e ptenziamento di una bancadi materide biologico per la co

prezioso

del

dei malati affetti da rarepatologie, a disposizione della comruriù scientifica

per sviluppareh,ricerca e faciliare la diagnosi;

Aggiornamento'l&registro delle banche esisterte del materiale,inrsse conrenuro. Crstituzione di seziofii all'intemo dell'Associazione, per non esistagià.unaspecifica : -lrucodistrofi a Metacromadea -Malattie Lisosomiali

aree e

gnrppi

malattie per le quali

-Malamie diAddison

del2%

I contributi e le donazioni erogate alla Makttie Rare "M*uro Baschirotto "

ciazione

Ass

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dai

priuati e dalle

d.el

reddito (Art. 10 e 65 TU.I.R.) Cassa

imprese sono deducibili nel c/c

di Risparmio diVR-VI-BL

(sedr

di Vicenza)

c/c n.

limite

postale n. 17000365 e

AN

54085/85

Banca PopolareVicentina (contrà Port) c/c n. 9800/00


l


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