#ir i:r al
1
'j: r:'Ă ':i$.'' li' j::.:?::: ili::
-B *
*;* ĂŹt,.
:.
i'... ls
Natura in Sardegna Perodico d'informazione ambientale
Rivista ufficiale dellASS.F0R. Associazione del Corpo Forestale della Sardegna
Anno Xi n. 28 maggio-giugno Reg. Trib. CA n. 36 17.11.1995 Editore Zonza Editori Ditzione, rcdazione e amministrazione Via Carmine, 217 h 09032 Assemini - CA Tel. 070.940169 Fax 070.940169
naturainsardegna@zonzaeditori.it Direttore responsabile Claudio Cugusi Coordinatore organizzativo Salvatore Scriva Coordinatore amministrativo Gian Patrizio Melis Diffusione Zonza Distribuzioni Tel 0701946973 - Fax 070940169 Progetto grafico Biplano, Cagliari
2 3 10 t2 14 17 22 24 27 32 35 37 39 42 45 47 52 57 58 s9 63 65 67
Saluatore Scrfua
Cormorani e Laguna di Cabras ll Piano ForestaleAmbientale della Regione Sardegna Piano Forestale Ambientale Regionale Eucaliptus: problema o risorsa
Liuia Mameli Antonello Mele A. M.
DIRITTO AMBIENTALE
biodiversità
La Enrico Vacca Posizioni dottrinali a confronto: l'ambiente quale interesse diffuso o interesse costituzionalmente rilevante? Massimiliano Tronci Ltvoluzione della tutela e dell'educazione ambientale all'interno dell'Unione Europea Tiziana Mori
INCENDI Allarme incendi: Analisi di un fenomeno devastante Concorso Un fiume di parole per spegnere gli incendi OCR lncendi "Fuoco Nemico" Giosuè Carducci e l'uomo in velluto lncendi e prevenzione La macchina antincendio portabile
Stefono Sulas
Biancamaria Bua Leonardo Pilia
Augusto Boi Lirio Peluffo, Bruno Moro
FAUNA Una vedova di rossovestita
Francesco Fois, Pierpaola Piras Sandro Pisanu Pasquale Melis
lnfluenza aviaria [uomo il peggioramico del cane
FLORA Piante officinali
Gioranna Ruiu Cesario Giotta, Marcello Piccitto
Contributo alla conoscenza di 0phrys panattensis
MICOLOGIA Corso di micologia Dalla natura alla tavola con attenzione Micologi pubblici riunitia Parma
Gonaria Dettoti Sergio Pisanu
INTERVISTE 70
La
7A
STORIA lopera di tutela del patrimonio
cultura pastorale
Sandro Pisanu
storico ambientale dell'lspettorato Forestale Etruschi in Sardegna? ll granaio di Roma Juan Peron il dittatore argentino era sardo? Le ricerchp di Peppino Canneddu di Mamoiada
79 82 85
Stampa
Editoriale
AMBIENTE
Grafiche Ghiani
Raimondo Zucca, Gianni Pinna Riccardo Murgia Sergio Secci
SOCIETA Proprietà
87
ASS.F0R. Associazione del Corpo Forestale della Sardegna
9t
Correlazioni tra mobbing, stress e infarto
Monte Arcosu
ECONOMIA 93 95
La Latteria Sociale di Santadi Convegno 25 Anni di Diritto Ambientale
ABBONAII,'IEN]O:
l-€
NAIURA IN §AflDEGI.IA
Annuo:€30
Sostenitore:€60,00
da
Dl
versamenfl de!0n0 e$ee effeltutÌ stll
ASS.[0R. A$0dazione
espHtr reg I afti(o I rifleit0n0 lbpinÌonedeglÌ e
ill0i
e non si rÌferiscono
disegnl, 5aranf0 restiluiti st] espresa ilrhi€sta degli autmi.
necessaliamente
futi i diilltÌ
ad
oieftamenti uffÌciali.
di pr0pri€ià
(hiufque,s0n0lrafiatÌaquest0s00
l€tflnia
ed
fìne Ìn (Onf0mità a qtlantoprev6t0dal Dgsn. l96del 30/06/200j.
Peres€rcitareidiiittrhggiomamel]to,cmellazi0nee(c)dÌoallrtllsdlrrea:A55.F0R.[aselapostae50
09124G!ùrl.
d(
hreva wrifica della dispmibÌ
Natun in Sardeqna
Ìtà)
postale n.2'l 970090 inteslaio
ollabon
<on la rivish
bimestale"linea ecologio
-
tonomia Monhna'
al
dei f0restali sardi,
(asella postale, 50 - 09124 Ggliari è indlsp€nsabi e sperilìcre a cffi € dÌ vflsament0: Abbonament0 l{atun in Sardegna (amb0 di indÌ[20: rrvzioqratut0, ma ron eipre$a ilrhiesta inolirala viafax.
Pubbli.ità: è curata dÌreltamente
Tniffe trerzioni
MIUMINSARDEGNAèorganodiinfomazioneesemibilizaioneambìemale nelquadro
del
a rol0ri (lVAln(lusa)
pagina inlerna
€
1.350,00
doppia pagifa
€
€650,00 1.50000
lV di coperuna
1/2 paqina ll e lll di mpotina
p6iri0nedi ruore+'10%,
afi
elflrhi mt0(lbilÌ
€64
09ni copia 3€, (opia aretrata6,00€ I
F. S.
stiras0n0 riseruall.5i inf0rma che i dati tllillzaii al flfedella spedlzi0n€ dÌ questa Rivisla,(0ntenuti in
Iil SAIDTGNA+ tIilEA E(OI.OGIO E(Oi,IOMIAM()NIANA
Annuo:€40lNtlt(t
ldee
l\4afoffl1ti, f0Ì0
,ABBONAi,4ENTO:
I,IAIURA
Roberto Balia
ITINERARI
U4palina
impiaIì1i in quadilimmia(ompresÌ
Sottoprogetto €2.000,00
Ofi INGNDI
€350,00 € 1.800,00
mllatailfla, hiaiff€siifuilson0ad
unas0la
[dta
,-,,Hp E.;.ir.ìTÈffHHc rrrc
',,,ffi*,
EDITORIALE Salvatore Scriva a nostra testata ha un progetto importante: la tutela elavalorizzazione della "Natura in Sardegna". La natura intesa come patrimonio della nostra collettività - e per questo bene di primaria importanza -, che siamo chiamati ad apprezzare, conoscere e difendere ogni giorno in mille modi diversi. Dove è presente l'utilizzo razionale dell'ambiente e delle sue risorse senza intaccare il patrimonio naturale, dove è attiva la salvaguardia di aree che vedano l'uomo come parte integrante del ciclo vitale, lì NATURA lN SARDEGNA mette a disposizione la sua "voce" ad Enti, progetti ed eventi che infondano al nostro orizzonte culturale uno sguardo più cosciente, disteso e piacevolmente informato sulla realtà che da sempre ci circonda. ll nostro mensile vuole "informare e formare" dettagliatamente i lettori su argomenti di grande interesse quali: prevenzione degli incendi, tutela dell'ambiente - fornendo dove occorre anche i riferimenti legislativi -, flora e fauna endemica, itinerari naturalistici ed escursioni da effettuare in luoghi favolosi adatti per essere proposti ai veri amanti della vita all'aria aperta, valorizzazione del patrimonio dell'enogastronomia e dell'ospitalità, articoli sulle principali manifestazioni popolari e religiose dell'isola. La testata sarà inoltre arricchita da rubriche di storia, cultura sarda, news e comunicati stampa di Enti e Associazioni che hanno, tra le loro finalità, l'interesse e la tutela dell'ambiente. La Natura è quel immenso patrimonio che abbiamo ereditato graziea un processo di formazione durato milloni di anni, mentre l'Ambiente che ci circonda è il risultato degli interventi - positivi o negativi - che l'uomo ha operato nel tempo. Le nostre battaglie quotidiane sono rivolte a mantenere l'habitat così come l'abbiamo ereditato dai nostri padri, cercando uno sviluppo sostenibile e preservando il più possibile quanto è rimasto, evitando di incendiare, di inquinare, di utilizzare prodotti che non siano biocompatibili. Le voci che trovano spazio in questa nostra rivista sentono forte il richiamo all'utilizzo razionale e tradizionale delle risorse, al fine di mantenere ferma la salvaguardia dell'intero patrimonio naturalistico dell'isola, dagli aspetti più piccoli ai più grandi: una salvaguardia che fa dell'oculato uso di spazi e fonti di energia da parte dell'uomo la sua ragion d'essere, in quanto membro integrante ed attivo del ciclo vitale. C'è da correre in Natura, c'è da correre in Sardegna. Per finalizzare al meglio i progetti della nostra rivista abbiamo bisogno di voi lettori, della vostra partecipazione e collaborazione. Voi siete le "voci" che cerchiamo. Con voi vogliamo correre e percorrere le strade alla riscoperta della Natura in Sardegna. ln occasione del prossimo "lV Memorial Tore Ena" - che si terrà domenica 21 magglo - abbiamo pensato, insieme ad altre associazioni, di organizzare una corsa "culturale e sportiva" nell'0asi del WWF di Monte Arcosu, coinvolgendo gli studenti delle scuole in un concorso (attraverso l'elaborazione di temi, poesie e disegni) sulla tutela dell'ambiente della Sardegna e invitandoli a partecipare ad una gara di corsa campestre che si tenà nella magnifica cornice dell'incontaminata 0asi. Sarà una giornata speciale che ci permetterà di confonderci con la natura che ci circonda, sentirci parte di essa, respirare aria pulita e conoscere un ambiente ai più poco noto. Sarà anche l'occasione per scaricare lo stress quotidiano e liberare la mente dai pensieri che l'affollano, soffermandoci sulla meravigliosa natura circostante. Le esperte guide dell'0asi guideranno i visitatori alla ricerca dei cervi che vivono in zona, segnaleranno il canto degli uccelli che popolano gli alberi dell'area, indicheranno le piante endemiche presenti nel territorio. ln poche parole faranno scoprire passo dopo passo un paradiso a qualche chilometro di distanza da Cagliari. Vi aspettiamo numerosi, perché crediamo che questo sia uno dei mille modi diversi, per apprezzare, conoscere e difendere la Natura in Sardegna.
z
NaU,À&
Colonia di Cormorani nello Stagno di Cabras
Cormorani
e tuffiffiffiffiffiffi ffi
e@-@*@8tr
"e4 r
ffi
"*{ 8r Tm - ,"ie ffi ffi g.B ffi*q gw"Hr% tr
#Hffi Bsffi B .qe## "e-98ffiffiÉ"#'-% ed ffi %@ -."# %."# ffi %,4
##
-ffi
JBf
ffiw §* 'ffi
on sappiamo più che pesci prendere", sostengono i pescatori di Cabras. Li hanno già presi
i cormorani. Dopo
poco più di un decennio la Regione Sardegna deve nuovamente aultorizzarc il ricorso agli interventi di contenimento dei cor-
morani. Come? Imbracciando Ie doppiette per abbattere i predatori della laguna. Non indiscriminatamente, ma solo nella misura massima del 5 o/o delle presenze. Già, e come quantif,carle? Bisogna fare ricorso ai monitoraggi ufficiali che però non so-
no ancora disponibili. In passato ne erano stati "censiti" circa cinquemila, ma durante questa stagione i pescatori sostengono di
poterne stimare oltre il doppio. La rovina della laguna di Cabras, che ha già visto la caduta vertiginosa della risorsa ittica in occasione della crisi distrofica della primaveru del 1999, quando bisognò prendere atto della moria di pesci in tutta l'area. Non solo di pesci, ma anche della popolazione di macroinvertebrati indispensabile per alimentare la catena trofica che li sostiene. Certo, in quella circostanza i tempi furono
Nofiffi
3
I problemi connessi alla presenza della colonla di
volatili
sono
collegatl strettamente alla sltuazione ambientale
grami anche per i cormorani, che eviden- consistenza in Europa di 150.000 coppie gratemente preferirono cercare 1o svernamento altrove. Tranne quelli divenuti stanziali. Perché ormai le Penisola del Sinis dovrebbe averli. In numero modesto, però. La massiccia presenza di questo inverno, allora, è indicativa di una ripresa della produttività della laguna: i predatori non vanno certo a sprecare Ie loro energie nei siti con scarsa selvaggina.
Il cormorano, nome scientifico Phalacrocorax carbo, var. sinensis, ha evoluto sistemi di risposta estremamente efficaci di adeguamento della consistenza della sua popolazione al variare delle condizioni ambientali e trofiche. La sua massa corporea si aggira tra i 2,5 Kg per il maschio e i 2,0 per le femmine; ha un fabbisogno alimentare medio di 350 - 500 grammi al giorno. Sono longevi, certi esemplari superano anche i 19 anni, pur se soggetti ad una mortalità nel primo anno di vita fino al 600lo. A metà degli anni '90 venne stimata una
4 Naa.#ffi*:
zie ad un incremento notevole in Olanda e Danimarca, areali di nidificazione prevalenti. Le stime negli areali europei di svernamento sono decisamente meno precise, considerato il grado di dispersione rispetto a quelli di nidificazione. Indubbiamente I'incremento è stato agevolato dalla mitigazione dei fattori limitanti del passato, quali la persecuzione diretta verso l'uccello predatore e l'uso di idrocarburi clorurati a cavallo degli anni '70, a cui ha fatto seguito f inserimento del cormorano tra Ie specie protette e il crescente trofismo delle acque di transizione europee. GIi anni di massima presenza in Sardegna risalgono al 1993, con 12.000 individui di cui 7.840 censiti nell'Oristanese (Cossu ef al. 1996). Per l'anno 2003, gli ultimi dati disponibili parlano di9.070 individui in Sardegna, di cui 2643 a Oristano. A conferma degli effetti dell'abbattimento autorizzato nel 1995 e della grave crisi distrofica della laguna di Cabras del 1999-
ll grave danno arrecato alla fauna lttlca è ben rappresentato da questa lmmaglne
ll cormorano Il Cormorano svernante nel bacino del Mediterraneo, appartenente alla sottospecie Phalacrocorax carbo sinm.siq ha conosciuto negli ultimi trenthnni una progressiva crescita delle popolazioni nidificanti del nord Europa. Tàle fenomeno è Iegato soprattutto alla sospensione delle misure di controllo di queste ultime, da parte di alcuni paesi: ciò in applicazione alla Direttiva 409179 della CEE. (Hansen, 1984; Hald-Mortenser! 1985; Rooth, 1985; Baccetti, 1986).
La popolazione nidificante europea viene stimata dagli studiosi Tucker & Heath (1994) in 140.000 coppie circa, mentre nel 1995 la popolazione era stimata in 150.000 coppie ni-
dificanti (Seta et al., 1997) e 525.000 esemplari svernanti di cui 300.000 realmente censiti, Nord Africa escluso (Veldkamp, 1997; Serra et al., 1997). Le nazioni con Ie maggiori popolazioni nidificanti sono nellbrdine: Ia Danimarca con 38.301 coppie (Bregnaballe e Gregerseq 1997) con un incremento annuo del 240/o aparare dall977,l'Olanda con 23.000 coppie, la Svezia con 15.700 coppie (I-inde[ 1997), con un incremento dd,7992 al 1995 del 67o/o,laGermania con 14.800 coppie Qv1enke, L997),laPoloruacon 7.000 coppie (Mellin ef aI., 1997),1a Gran BretagnaconllTZ coppie (Robtn et aL,1997.). IJincremento delle popolazioni ni-
dificanti in queste nazioni ha determinato, da una parte, Iacolorizzazione di questa specie di altre aree geografiche come I'Estonia, Ia Bielorussi4 Ia Franci4 lltalia (Baccetti e Brichetti, 1992), dall'alh4 un aumento consistente dei contingenti svemanti in area meditenanea. Nella sola Itali4 si è pas safl dai 13.000 esemplari presenti nel1987 ai 49.139 nel 1995, con un incremento annuo del 18,10lo @accettt et al., 1997).
Natuxa" Iffid
q
In occasione degli abbattimenti del 1995196 e del1996197 di 518 e 569 soggetti, rispettivamente, fu possibile procedere ad analisi del contenuto stomacale di una percentuale dei cormorani (Cossu ef a/. 1996), riscontrando che Ia biomassa consumata era prevalentemente a carico di Mugilidae, in particolare Liza ramada, e di specie di piccola taglia, prevalentemente Atherina e Gobius.
Durante f inverno gli uccelli acquatici divengono Ia componente ornitica che caratterizza maggiormente le zone umide costiere. Tra i laghi costieri o stagni salmastri italiani che hanno importanza a livello internazionale come aree di svernamento, in quanto sostengono regolarmente popolazioni di uccelli acquatici superiori ai 20.000 individui, sono compresi a pieno titolo gli stagni dell'Oristanese e del Sinis oltre allo Stagno di Cagliari. Nella distribuzione relativa delle varie specie negli stagni e lagune della provincia di Oristano so-
6 No{,"6ffiffih"
no compresi il cormorano e il fenicottero (Phoenicopterus ruber roseus), quest'ultimo dominante negli stagni di Cagliari: il 90olo del-
Lo stagno
di Cabras,
come tutte le altre zone umide dell'isola, rappresenta una risorsa da non trascurare
la popolazione svernante italiana èlocalizzata in 9 siti e il 50 o/o in due (zone umide di Cagliari e dell'Oristanese). Nonostante il fenicottero sia un emblema della conservazione
della natura, il suo incremento numerico ha cominciato a sollevare domande sulla sostenibilità di questa crescita, per il possibiIe impatto sull'habitat e sulle altre popolazioni di uccelli acquatici. È una specie filtratrice, che si nutre però anche di molluschi e piccoli pesci. I fenicotteri predano, quindi, risorse alimentari utilizzate anche da altre specie di interesse conservazionistico, come l'avocetta e la volpoca, compromettendo la fruibilità di aree di alimentazione, come le praterie di Ruppia, importanti per molti anatidi, ed entrando in competizione per la scelta dei siti di nidificazione con laridi e sternidi. Occorrerà valutare attentamente l'impatto di un incremento numerico incontrollato della popolazione nidificante, considerato Ia sua proverbiale longevità, che può superare anche i sessant'anni. Se non suscita più incontrastati entusiasmi l'incremento dei fenicotteri, figuriamoci quello dei cormorani, spesso definiti "uccellacci" i quali sono peraltro dotati di rapida capacità di reazione alle situazioni di disturbo, soprattutto venatorio. In presenza dell'uomo, se percepiscono il pericolo, si sottraggono rapidamente, spostandosi in gruppo. I movimenti dalle zone di alimentazione verso i dormitori possono coprire distanze di oltre 40 chilometri: iniziano due o tre ore prima del tramonto, ma sono particolarmente intensi durante l'ultima ora di luce. I posatoi di cormorano si formano su alberi, tralicci ed ogni altra struttura elevata. La loro presenza è segnalata da grandi accumuli di escrementi, che, negli anni, portano a seccare la vegetazione sottostante. I posatoi vengono abbandonati con rimarchevole sincronismo, entro mezz'ora dopo l'alba. Da qui in poi inizia Ia caccia, soprattutto verso i banchi più numerosi. I pesci, terrorizzati, perdono I'orientamento e cercano asilo in nuovi areali. Questo è quanto è successo - a detta dei pescatori di Cabras - ai primi di gennaio di quest'anno, quando, soprattutto i muggini, in massa, si sono rifugiati nel Rio Tanui, bacino, ormai in stato di ipossia, soggetto a forte inquinamento organico e chimico, meta improponibile per specie iperaline. I pesci, di conseguenza/ sono morti a migliaia creando elevati danni nel comparto ittico. Da qui la decisione presa dalla Regione di regolare la presenza dei cormorani e la richiesta dei pescatori di risarcimento. La gestione del problema delle specie ittiofaghe svernanti, indubbiamente, non è di facile soluzione. È chiaro che deve esistere una programmazione di rilevazioni oggettive sugli incrementi delle popolazioni che rendano possibile l'elaborazione di una linea di gestione sostenibile e condivisa. Occorre proseguire il monitoraggio della popolazione, affi.darsi a studi di dinamica di po-
N04{ffi
& 7
polazione e disporre di dati aggiornati sul pescato oggetto di predazione da parte dei
cormorani.
I dati relativi agli anni 2004 e 2005, su osservazioni condotte a gennaio dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), non consentono di poter prestabilire una linea che conduca all'abbattimento, né esistono stime certe che quantifichino la predazione a fronte della produttività ittica reale. Gli allevamenti di pesci in acque salmastre negli
ultimi decenni hanno dovuto fa-
i conti con il progressivo degrado delle condizioni ambientali e con una serie di altri fattori limitanti. Tra questi va citato almeno quello relativo alla marcata riduziore
ne della montata naturale del novellame che sta alla base del ciclo produttivo. L'alIevatore deve pertanto provvedere all'acquisto di novellame o alla produzione, mediante moderne tecniche di fecondazione il che costituisce un esborso finanziario di un certo livello. La stessa pres-
artificiale,
sione di pesca operata sul novellame va ad incidere su popolazioni costiere già depauperate, risultando essa stessa una causa della riduzione degli stock di pesca lacustre, oltre alle conseguenze della concentrazione degli uccelli ittiofagi.
L'attività di pesca si scontra inevitabilmente con la protezione della fauna ittica originaria e con quella delle popolazioni di uccelli e mammiferi ittiofagi: gli alle-
tri di diametro
che normalmente inghiottono per favorire Ia digestione. Sono stati proposti pallini atossici in leghe di acciaio, peraltro utllizzati da oltre trent'anni negli U.S.A. e recentemente introdotti in alcuni paesi europei, ma senza successo. Le misure per la conservazione della fauna sono da inserire nel più grande progetto
di conservazione della biodiversità espresso dalla Convenzione di Rio. A livello europeo la Direttiva Uccelli (79laO9lCEE) si propone di tutelare le specie contenute in uno specifico elenco, attraverso l'individuazione di Zone di Protezione Speciale che dovranno essere tutelate contro ogni forma di inquinamento, deterioramento e disturbo dell'avifauna. I finanziamenti sono previsti nel progetto LIFE-Natura. Ulteriore direttiva specifica "Habitat (921431 CEE)" per Ia protezione di alcune tipologie di habitat naturali prevede la creazione di una rete di aree protette definite "Natura 2000". Produzione e predatori: è, dunque, un problema insolubile? Alla base del forte incremento della popolazione dei cormorani vi sono senza dubbio la protezione accordata dalle Direttive europee e la maggiore disponibilità di cibo nelle aree di riproduzione. La grande adattabilità comportamentale del cormorano alle condizioni locali delle aree di alimentazione (non effettua selezione delle prede, si ciba di quelle più abbondanti) hanno ben presto spostato
I'equilibrio preesistente. il ricorso alle doppiette a livello locale
a suo favore Se
vamenti ittici intensivi inquinano pesantemente Ie acque e destabilizzano l'intero ecosistema, incidendo sulle piramidi ali-
non paga, esistono altre strategie?
mentari. La caccia, oltre alla sua azione diretta di prelievo, è fonte di notevole disturbo ed inquinamento. Non bisogna sottovalutare I'impatto derivante dalla dispersione di carcasse impiombate nella laguna. I pallini di piombo vengono infatti ingeriti intenzionalmente da diverse specie di anatidi e limicoli, al posto dei sassolini di due o tre millime-
Partendo dal concetto che gli uccelli ittiofagi non necessariamente hanno un impatto negativo sul sistema naturale, in quanto
B
Natw
assolvono naturalmente il loro compito nel nostro ecosistema, dobbiamo decisamente introdurre altri mezzi di dissuasione per ridurre i danni. È l'uomo, convinto del suo ruolo antropocentrico, che ha modificato gli assetti naturali delle zone umide, boni-
ficando a favore dell'urbanizzazione, dello sviluppo industriale, agricolo e zootecnico ampie superfici perilagunali, limitando a modestissimi cordoni gli areali di vegeta-
zioni acquatiche dove le specie ittiche possono facilmente trovare rifugio.
Perché
i
dissuasori risultino
utili,
occor-
re che siano eff,caci a lungo, poco costosi ed ecologicamente sostenibili. Nei piccoli bacini di acquacoltura intensiva sono applicabili tecniche di dissuasione efficaci (p.e. le reti di protezione) che ovviamente non possono essere proposte per l'estensivo. Iluso dei cannoncini a gas, se non capaci di variabilità temporale nello sparo, risulta ben presto prevedibile e per di più fastidioso per Ie attività lavorative. Sono in corso di sperimentazione alcune tecniche di disturbo sonoro, e varianti di stress call. Altre rimangono semplici misure di prevenzione, Ia cui attuazione dipende
dalle condizioni di allevamento. Tra queste, lo stoccaggio del pesce a maggiore densità in bacini piccoli e difendibili, I'elimi-
nazione dei possibili posatoi, il ripristino della vegetazione acquatica che garantisce rifugio ai pesci e rende difficoltosa Ia pesca ai cormorani. Quando Ia concentrazione del pesce awiene in areali di modeste dimensioni e arginati naturalmente, oltre all'eliminazione di tutte Ie strutture artificiali, possibili posatoi, possono essere inseriti una serie di cavi a formare reticoli a dente di sega che dovrebbero ridutre "l'attrattiva" per ostacolo meccanico al decollo ed ammaraggio. Anche se, forse, a Cabras non serviranno. È recente la notizia, riportata dai media a metà febbraio, che Ia Regione ha fatto marcia indietro nell'autorizzare I'uso delle dop-
piette per l'abbattimento dei cormorani. Le autorità governative di controllo sostengono infatti che l'incremento dei cormorani non è tale da costituire minaccia alla produttività ittica della Laguna di Cabras. Ma la partita rimane comunque aperta.
La laguna di Cabras È Io "stagno" più esteso della Sardegna: originariamente di proprietà privata, e stato acquisito negli annì '80 al patrimonio demaniale. Sì trova in provincia di 0ristano, compreso nei Comuni di Cabras, Riola e Nurachi, a sud della penisola del Sinis (carta lGM, foglio 528, sezìone I - foglio 528, sezione lV) in un'area per Ia quale è prevista l'istituzìone del parco naturale regionale del Montiferru - Sinis. È compreso nelle aree protette a norma della Convenzione di Ramsar. Attualmente un Con-
sorzio formato da 11 cooperative, che contano in totale circa 300 soci, ha la concessione per ta pesca. La superficie complessiva e di circa 2228 ha; la profondità media è di 1,5 metri, quella massima di tre. ll fondo e di natura prevalentemente fangosa. [acqua dolce, stimata in B0
Mm3/anno, proviene per la maggior parte dal rio Mar'e Foghe e dal Rio Sa Praja. Vi sboccano, inoltre, numerosi canali di bonifica. Le acque, contaminate da scarichì di origine urbana, agricola ed
industriale, sono da considerarsi eutrofiche. La produzione della pesca, negli anni prece-
denti I'ingresso dell'attuale concessionario,
è
difficilmente valutabile a causa della mancanza di una gestione ordinata dell'attività. Negli anni immedìatamente precedenti l'evento distrofico del 1999, era stimata in 200 kg/ha all'anno, di cui oltre il 90
0/o
costituito da mugilidi.
Lavìfauna è ricca e varia. Nel censimento regionale del 1994 sono state osservate 28 specie di uccelli, con quasi 30.000 esemplari, ra ppresentati essenzialmente da fischioni, moriglioni, folaghe, pavoncelle, mestoloni.
Per la presenza di un eccessivo numero di cormorani, non osservata al momento del primo censimento, ma accertata a Cabras come in tutti gli stagni dell'0ristanese, l'lstituto Nazìonale per la Fauna Selvatìca (INFS) ha autorizzato la Regione Sardegna, per ben due volte negli ultimi dieci anni, ad abbattere alcune centinaie di animali, per tentare un controllo dei danni prodotti al patrimonio ittico dello stagno.
Nof&frffi s
o
AMBIENTE La notizia
ll piano forestale ambientale della Regrone Sardegna T I
piano forestale approvato
in
gen-
Il#tfr#trful:l:rrll
settore ambientale che, a detta di coloro che l'hanno preparato, si presentano privi di una Iinea guida e di una organica pianificazione. I punti essenziali del programma sono la lotta al dissesto idrogeologico e alla deserti-
ficazione. Punta inoltre alla valorizzazione delle risorse forestali, alla tutela della biodiversità, all'integrazione delle economie 1ocali - con un occhio di riguardo per quelle collocate nei comprensori rurali e montani - con un circuito di più ampio respiro. Il piano forestale si integra con altri interventi simili sia in ambito regionale che europeo. A questo proposito è utile ricordare che il medesimo progetto è finanziato dalla comunità europea con 22 milioni di euro e che tali fondi provengono in gran parte dai Por per Ia difesa del suolo, per la prevenzione, per Ia sorveglianza degli incendi e per la ricostituzione del manto boschivo. La Regione è sicura di poter utilizzare queste risorse nel miglior modo possibile, accedendo alle premialità previste per IL 2007-2013. In particolare, il piano forestale prevede una netta valofizzazione delle foreste isolane con la sostituzione delle specie esotiche con quelle autoctone. Una mappatura a tap-
tro
Nofum:
peto permetterà di individuare in una carta dettagliata i vari tipi forestali presenti nel territorio sardo. Seguendo le normative previste dal protocollo di Kyoto una parte del progetto sarà dedicata al rimboschimento flnalizzato all'assorbimento del carbonio atmosferico. Verrà potenziato il settore vivai stico, anche con la piantumazione di querce, acero, alloro, tasso, agrifoglio e frassino.
I vivai diventeranno sedi di distribuzione delle piante che andranno ad ornare strade e piazze dell'isola. La normativa prevede infatti che siano messe a dimora solamente piante autoctone, che andranno a sostituire in modo progressivo quelle non indigene. Nel progetto si fa esplicito riferimento all'eucaliptus, che verrà sostituito eventualmente con oleandri, ginestre arboree o altre piante. Lalavoruzione del sughero e il patrimonio boschivo correlato sarà dotato di certificazione e registrato secondo quanto deciso in sede comunitaria. Inoltre saranno piantate nuove sugherete e si recupereranno quelle abbandonate o degradate. Tra le finalità del progetto dunque si inseriscono vari temi di stretta attualità, come il rispetto dell'ambiente, la sua salvaguardia, Ia connessione e Ia comunicabilità tra micro e macro sistemi economici. Un piano ambizioso, di ampio respiro, che tuttavia non convince molti tra gli addetti ai lavori.
e*mvegn*
dE §tudE
3 giugna 20C§ - Saia Ccnferenze II'JAIF Bcscc di Santa Barbara - Vili*grantie Strisaili 4 giugnc 20t)§
- Sibiicieca Comunait
e Piatza Fcntana
L.trz,rlei
Pffi*GffiA&éMA
lìea
1
l? fìfi
Éfisio Arbai;, Sindat* di
*r-r 'lLr.30 Fierc C;r'.;,
ptrsioen'.e ceila Fr':v,.lcia eql:art,a 5a,:tra a, con;'*rtrsi
ùre
*a*hisi.*- §andii:* Ape ri*ra citì iav*:'i
il.CC ilr**c* i'u{urg!a,
;
dt;"':te !3rc'.,i n t! * g i ! asir; ii Fast*i'*iìsi::+ n*!!e pt*gr*r,:*-t*:!+nt ri;n*r*ica iiti ia f rr;t!ntia
lj!ce
t .
iìre
.'1,:
'1
F:'e.",i
:".Ài! f .::.it};.. j ral. -:-.: t',.:r.J,- Lit-?.- L1: r "
i.*l: ia*it
!È ,;.,-
PÌ!i*nt*
ii *e*:* dti r:l:i+r*. F+tsi; e itr;*rt
*:e 't ?=Irl
:J!r'ven*i fìgr:r:1 ''::
!::;-'P
:t:.. 'Jir:'ì ;t.**
-'.""
F**!*
',''.
''
":" .
-i
i'
.
i:*r-!rit
P:tiji.l :ii;fi:a 'Ji":iirrr ,
t:lci:i I ari;i::i
...??| i t:r,
aì'-ia
i :r:,I :r;titi':; i i::: ll,
iriì
rii.'...1
isry;+
e
Se*asii*rì* f; iicsu,'orie* Prc:iii*nte Àss*ei*a!*ne Tei:*r*s 5ar*eg** ii r**i* * ten*re-r p*trir**ni* de!!'L:lgr*r-:ità
*ra
1?"4.*
Di!:att!ia
*re
'1
*r* l*.4* Sai*ti
dei Sinda** di Vili*gra*de **bri*!e §*s+tc';
I
*r* tr ?"t*
I
*it 'i*,5*
$ii*iai
: u'tcs1:eÌtit'r. r:::rartu n ità di !*t'".r*
l, Pa.,ttra
8"3ù
it:'e i *.$C
*arhisi+ *anciin;; Pasi*:*lisrt*, Ci: Iir ta, !**r:iii=
fi*:+ C:rta. Fr*:!d*i:ie delia *i+';int!; Ùgìi+stra r,*;r:*ii;:i*r:i ,ieÌ C**v=gn* di 5'iu*i
AMBTENTE ll
parere di
I
Antonello Meìe
PIANO FORESTALE AMBIENTALE REGIONALE I
I l! h
nato il Piano Forestale Ambientale Regionale. Dico subito che la parola "ambientale" messa nel mezzo è poco comprensibile. Già nel termine "forestale" è implicito il concetto di ecosistema (forestale, appunto) e, quindi, di "ambiente" (forestale).
ll Piano è un passo molto importante perché significa che qualcosa, nella considerazione della classe politica al governo, sta cambiando nei confronti dell'area forestale. ln passato (anni '70 del secolo passato) era stato impostato un "programma di forestazione" (proprio così, di forestazione!), che vide la luce come mera elencazione di lavori e costi che "salvassero l'esistente" allo scopo di conservare e, se possibile, ampliare, i livelli occupativi nei cantieri forestali. Era stato un lavoro sofferto perché frutto di compromessi fra la componente tecnica che mirava a "volare alto", suggerendo obiettivi che superassero il concetto della sola "forestazione" nei cantieri, e la componente po-
litico-sindacale, il cui scopo era quello di ampliare l'area d'intervento per aumentare la consistenza della"forza lavoro a tempo indeterminato". Lo scopo sociale, elemento importante nell'opera pubblica, ma certamente subordinato allo scopo principale configurato nella sistemazione idrogeologica dei tenitori, aveva acquistato signifìcato di valore essenziale, primario, condizionante. Ne conseguiva che l'aggiornamento annuale del programma di forestazione si riduceva ad una serie di prospetti per aree amministra-
tive, i cui elementi costitutivi erano i numeri della forza lavorativa in carico, il costo mensile delle prestazioni ed una percentuale relativamente modesta per l'approwigionamento di attrezzi e materiali. ll tutto riferito all'anno finanziario. lnsomma, le sistemazioni idraulico-forestali dei bacini montani, definite
all'articolo 39 della legge forestale 326711923, erano un grande contenitore nel quale confluivano immense risorse finanziarie che garantivano lunghi periodi di "pace sociale". Erano i tempi della "calabrizzazione" di talune aree del Mezzogiorno italiano.
ll Piano Forestale Ambientale regionale, presentato alla Stampa il 31 gennaio scorso, offre aspetti di interesse e di organicità per i temi che affronta e che riguardano: l'assetto forestale dell'lsola, la valutazione della consistenza del patrimonio silvano, gli obiettivi da conseguire, l'analisi delle funzioni da attribuire ai boschi e alle altre tipologie della vegetazione dell'area forestale, la definizione delle categorie e dei tipi forestali, le linee d'intervento. Dalla Iettura della corposa relazione emergono alcune considerazioni che ne fanno apprezzare l'impostazione ed i contenuti: la competenza e professionalità dei redattori, l'ampiezza dei temi affrontati, le prospettive che si intravedono nel futuro del sistema forestale isolano, le vie per conseguire i risultati. Di seguito vengono trattati alcuni argomenti che, a mio giudizio, contengono motivi di grande interesse.
Ilnventario Nazionale delle Foreste e Carbonio 2005 (l N F C ), in attuazione a cura del Corpo Forestale dello Stato, attribuisce alla Sardegna una superficie forestale di Ha 1.242.880,che rappresenta un indice forestale territoriale del 51,55 o/0. È un valore apprezzabile perché fa dell'lsola una delie prime regioni d'ltalia in termini di copertura forestale assieme alTrentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Umbria. Anche se, percorrendo la viabilità delle contrade della Sardegna, l'osservazione visiva non percepisce, nel sistema montano, collinare e costiero, la presenza diffusa di una copertura continua di
formazioni forestali.
I colori oscuri della foresta mediterranea sono interrotti dalle ampie distese di verde chiaro delle macchie e praterie in abito primaverile e dalle sfumature di giallo delle praterie stive. Le pendici e le dorsali montane sono sovente nude. La confusione nasce dall'uso improprio che si fa della parola "bosco" (o foresta). ll Decreto Legislativo 22712001 fornisce questa definizione di bosco: terreni coperti
da vegetazione forestale arborea associata, o meno, a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea. Esiste, quindi, un"'area d'interesse forestale" che comprende il bosco (o foresta) e anche la macchia mediterranea, strutture dif-
ferenti nella composizione e tipologia. La diversità è sostanziale se si considerano le funzioni che possono svolgere per I'utilità della collettività umana. Ul N F C - 2005 non ha ancora fornito elementi di det-
n Natffikr
taglio, ma fa una distinzione importante: bosco e altre tene boscate per Ha 1.232.780; impianti di arboricoltura da legno per Ha 10.101. Si tratta di individuare quali sono il bosco e le altre terre boscate. Una proiezione non definitiva della ripartizione delle superfici forestali, secondo le categorie inventariali (l N F C) presentata al Convegno di Vallombrosa il 9 e 10 giugno 2005 (Economia Montana, n' a/zOos), su una superficie forestale della Sardegna di Ha 1.080.239, attribuisce il 45,1 0/o al bosco, e il 53,6 o/o alle "altre terre boscate". Con carattere di provvisorietà, possiamo ammettere che i boschi coprano una superficie di Ha 563.538 (45,10/0), le altre terre boscate Ha 666.183 (53,60/0), le aree temporaneamente prive di soprassuolo e con impianti di arboricoltura da legno Ha 16.158 (1,30/o). Le altre terre boscate, che comprendono le macchie alte e basse, i cespuglietti, le garighe, le formazioni rupestri e riparie, le aree nude in fase
di colonizzazione naturale, rappresentano oltre la metà dell'area forestale sarda. ll bosco e le macchie sono ecosistemi diversi per composizione, tipi fisionomici e funzioni che svolgono.
duttiva, di informazione ed educazione ambientale, di ricerca applicata. Le prime tre linee del programma acquistano particolare rilevanza per gli effetti che potrebbero produne. La novità consiste nell'avere, finalmente, individuato le tipologie forestali come base per la classificazione della vegetazione forestale dell'lsola, sistema, per altro, già in uso in molte Regioni d'ltalia fin dagli anni '90 del secolo scorso. La tipologia forestale, si legge nel Piano regionale,
fa-
cilita l'individuazione delle linee di politica forestale e le relative indicazioni selvicolturali: per ciascun tipo forestale, sulla base del livello di degradazione edafica e vegetazionale, viene fornito l'orientamento per una gestio-
ne da attuare attraverso scelte che riguardano la forma di governo boschivo, Ia conversione dei soprassuoli, l'evoluzione naturale, la ricostituzione, il rimboschimento, la rinaturalizzazione, la regolamentazione del pascolamento ed altre, tutte mirate alla prevenzione, recupero e restauro ambientale, alla preservazione e conservazione ed alla valorizzazione degli ecosistemi. Un Piano Forestale innovativo rispetto al passato che,
Per una migliore comprensione è utile precisare che, mentre il bosco è un soprassuolo organizzato in uno o
però, suscita qualche perplessità circa la sua attuazione, essendo nota la scarsa inclinazione dei sardi alla sel-
più strati arborei ed, eventualmente, arbustivo ed erbaceo, la macchia è un consorzio di arbusti ed eventualmente di alberi con portamento anche arbustivo, di statura variabile fino a 2 metri (macchia bassa) e fino a
vicoltura, se si considerano gli ostacoli che si potrebbero frapporre e che hanno costituito limiti presso che insuperabili negli ultimi quaranta anni del secolo scorso.
4-5 metri (macchia alta). Ouindi la macchia non è bo-
3267 123, possibilmente ringiovanita, I'Ente foreste, gll Enti locali i privati dovrebbero saper elaborare gli stru-
sco, anche se, per vari motivi giustificabili, viene assimi-
lata al bosco. Per inciso, occorre tenere conto del fatto che le macchie, se si escludono alcune plaghe delle fasce costiere, sono di degradazione, secondarie, derivate da originarie foreste e, come tali, aree recuperabili al bosco. Alla luce di quanto esposto si può ammettere un indice di boscosità territoriale del 20,20 0/0, dimensione statistica che rispecchia la situazione reale e che non si discosta dai valori noti da tempo. La distinzione è importante perché, nel pianificare la fase applicativa nell'area forestale, occorre prevedere linee guida di gestione ed indicazioni selvicolturali diversificate per i boschi e le macchie. Per ragglungere gli obiettivi che il Piano si propone vengono esaminati gll aspetti di multifunzionalità della copertura forestale, avendo avuto l'accortezza di non attribuire "ad un particolare sistema forestale una funzione principalmente esplicata", in quanto "operazione
ll
Corpo Forestale,
con l'applicazione della
legge
menti esecutivi per la sua attuazione: i piani di gestione delle foreste naturali che, per posizione e valori naturalistici e paesaggistici, meritano particolare attenzione; i piani di assestamento (di utilizzazione) delle foreste di produzione di legna e sughero; i progetti esecutivi per la sistemazione idraulico-forestale dei bacini imbriferi intercomunall e per la coltivazione dei boschi comunque realizzati. Dovrebbe essere rivista e corretta la consuetudine di voler fare della selvicoltura (anche con i rimboschimenti) senza tenere conto della realtà dei reglmi termo-pluviometrici del clima isolano, quando, per necessità, occorre applicare le regole dell'aridocoltura, anche se que-
sto dovesse comportare una certa flessibilità stagionale nella occupazione in relazione al carattere di stagionalità di talune operazioni colturali. Ultimo, ma non meno importante, problema deriverà dalle interferenze del-
riduttiva, poiché riconduce ad una sola funzione prima-
l'attività pastorale nei boschi naturali, specialmente
ria quello che invece è sempre un insieme indivisibile di diverse funzioni contemporanee". 5i riconosce all'analisi delle funzioni una notevole importanza al fine di defìnire la "destinazione funzionale del territorio". Ouesto ha
in rlnnovazione, in ricostituzione ed in rinaturalizzazione. La secolare esperienza ha dimostrato la incompatibi-
consentito di determinare le possibili azioni di intervento nelle linee protettiva, naturalistico-paesaggistica, pro-
bera" devono esercitarsi in habitat differenti, con bene-
se
lità dell'allevamento del bestiame con l'equilibrio interno della foresta naturale. La selvicoltura e la zootecnica
"li-
ficio per entrambe.
NatMWM rt
AMBTENTE Testi
I
A. M.
ffi&xtrffi§$p*m§: prmh{mmm ffi rtsffitrsffi
o appreso dalla stampa che in Sardegna "sono destinati a sparire, sostituiti da vegetazione autoctona, gli Eucalitti". La guerra sarebbe stata dichiarata dallAssessorato della Difesa dellAmbiente con la collaborazione del Corpo Forestale regionale, dell'Ente Foreste e dellAssessorato allAgricoltura (La Nuova Sardegna del 27 gennaio scorso). Lo scopo, a parte quello di rendere piĂš accogliente f immagine delf isola per i turisti, sarebbe "lct tutela dell'ambiente, il contenimento del dissesto idrogeologico e dellq desertificazio-
r+ Na{ddm
ne, la valorizzazione della risorsa foreste, Ia biodiversità...". La nota giornalistica giun-
ge 16 mesi dopo quella che ci informava che il Sindaco del Comune di Muravera ha bandito, con ordinanza numero 31, gli alberi di Eucalipto dalla fascia di territorio entro i due chilometri dal mare ( La Nuova, 1 ottobre 2004). Anche in questo
caso si vorrebbe impedire la desertificazione del territorio.
A mio parere stiamo rasentando il ridicolol In queste guerre ecologiste sor-
prende che i colleghi del Corpo ForestaIe, non potendo fare di meglio, non si siano defilati per evitare di avallare decisioni che sono prettamente di natura politica, non essendo sostenibili sotto il profilo dell'ecologia e della selvicoltura, con il rischio aggiunto di mettere in discussione la cultura professionale di noi ecologi forestali e selvicoltori. Ricordo la risposta del professor Lucio Susmel, alla domanda sulla differenza fra un ecologo ed un ecologista, duran-
te una visita alle leccete del Supramon-
te negli anni Settanta: ..Ecologi siamo noi che, oggi, utilizziamo le nostre conoscenze di ecologia forestale e di selvicoltura per esprimere valutazioni di merito su ciò che osserviqmo. Ecologisti sono coloro i quali, pur non essendo in possesso
di un'adeguata cultura professiona-
le, perché applicati ordinariamente in qltre professioni, esprimono giudizi e va-
lutazioni solo perché risultano iscritti
a
una qualche asso ciazione naturalistica>>. Analogo il pensiero del professor Valerio
Giacomini, eminente botanico:
r.L'eco-
logia sta rischiando, specie nelle sue applicazioni, di divenire una prassi comune, nel senso che chiunque può improwisarsi ecologo e che qualsiasi volontarismo può assumere troppo facilmente sembianze e funzioni di un organo competente, forte di quel consen-
so unificatore che i problemi così emotivqmente coinvolgenti suscitano nell'animo dell,uomo comune>>. E ancora: "Un ecologo può predicare quanto vuole su cosa si deve o non si deve fare nei confronti della natura, perché tanto, prima o poi, arriverà un architet-
to che farà di testa sua ufi Piano e tale Piqno sarà legge".
Attraverso le citazioni di questi autorevo-
li
studiosi delle Scienze forestali e botani-
che voglio mettere in risalto I'opportunità che, parafrasando un vecchio detto nuorese, ciascuno eserciti la sua professione, senza andare oltre i limiti consentiti. Potrei sostenere le mia tesi elencando qualche pagina di bibliografia su argomenti di ecologia forestale teorica e applicata alla Sardegna e di selvicoltura sugli Eucalipti. Mi limiterò invece ad alcune semplici considerazioni, seguendo I'ordine delle notizie di cronaca.
Ilobiettivo dell'operazione di "bonifica" dovrebbe essere quello della tutela dell'ambiente ed i riflessi sull'immagine della nostra isola per i visitatori. Da turista che ha
visitato una cinquantina di paesi nel mondo posso affermare che, se non possiede una conoscenza specialistica della natura dei luoghi, il viaggiatore quasi mai rileva se il paesaggio è costituito da eucalipti, conifere mediterranee, acacie o altre varietà di piante. AI massimo riesce a percepire la differen za fra un soprassuolo atboreo, che proietta la sua ombra sul terreno, e una macchia che, per la sua compattezza, tende faticoso il procedere a piedi. In Sardegna, alcune plaghe della fascia
costiera sono state arricchite dalla edificazione delle tanto vituperate pinete, qua e là corredate di vistose acacie, che i soliti petuIanti avevano bollato come forma di "in-
quinamento verde", alla faccia della funzione della fotosintesi clorofilliana e dell'assorbimento del carbonio atmosferico, secondo Ie linee del protocollo di Kyoto. Inoltre, cosa dire del paesaggio reinventato nelle assolate pianure del Campidano, con la realizzaziore delle reti frangivento nel territorio di Arborea, ex stagno di Sassu, e di altri scenari, con la piantagione di milioni di eucalipti, pini, salici, pioppi, ro-
binie su oltre 6000 ettari di territori bonificati? benèfici risultati sul clima locale, i "Oltre ai frangiventi hanno permesso di risolvere il problema dell'approwigionamento del combusti-
NofÀdm:
r
s
bile per
tutti i
mezzadri» scriveva
il
Pavari,
nel testo Frangivento, edito dalla R.E.D.A. Roma. Questo e altro è stato possibile, dopo vari
studi che hanno portato alla scelta di una decina di specie di Eucalipto, fra le 600 che affollano il genere in Australia, esaminando le qualità biologiche e la compatibilità
col clima della Sardegna. Con quali specie autoctone si sarebbero potute costruire le reti frangivento nelle aree destinate alla bonifica in Sardegna? E cosa dlre delle piantagioni di Eucalipto destinate all'approvvigionamento di legna da ardere nelle aree predesertiche dove il materiale energetico era rappresentato dal genere Cistus?
particolare nelle zone montane e rurali. queste aree l'Eucalipto non viene impiegato per incompatibilità ambientale: la sua presenza oltre i 500 metri sopra il Iivello del mare è episodica ed insignifi-
Il
cante. La val.orizzazione delle foreste esistenti appare subordinata solo alla corretta gestione: definire e stabilire le "regole di gestione" per ciascuna tipologia di bosco, le stesse che gli incompetenti chiamano "vincoli", regole certe che possano tracciare, senza equivoci, i limiti chiari dell'esistenza della foresta e dell'attività pastorale, che la storia naturale della Sardegna ha dimostrato essere incompatibili (la zootecnica è fuori discussione perché,
per definizione, oggi non dovrebbe
Appare ipotesi improponibile quella di voler risolvere il problema del dissesto idrogeologico con l'impianto delle ginestre e degli oleandri, perché ritengo che l'assetto idrogeologico si consegua operando dai bacini delle aree collinari e montane dove, citando il regio decreto legge del 1923, "i terreni di qualsiasi natura e destinazione... possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque". In queste situazioni l'Eucalipto non viene impiegato per
incompatibilità pedoclimatica, ma il problema non può risolversi con le ginestre e l'oleandro. La lotta alla desertiftcazione non si combatte mettendo al bando agli Eucalipti, perché nelle pianure della Sardegna le alternative sono Ie macchie basse o la coltura agraria. Mancando la riserva idrica per fare f irrigazione, e quindi l'agricoltura irrigua, o si ritorna alle origini lasciando libero il campo all'avvio di una successione secondaria con Ia dominanza temporanea dei cisti, oppure si ripiega sull'impostazione di sistemi agronomici assimilabili all'aridocoltura che, comunque, prevede, ove possibile, l'impianto delle fasce frangivento che limitino i processi di evapotraspirazione. Ho letto anche della valorizzazione delle foreste esistenti e della biodiversità, in #
16
Nat*,flm:
re praticata
esse-
in condizioni di semiselvati-
chezza nelle foreste di querce). È implicito nella idea di bosco il concetto della sua rinnovabilità/ secondo ritmi definiti dalla genetica delle specie e dalla struttura dell'ecosistema. Quando non vengono rispettati questi ritmi, la rinnovazione viene meno e il bosco incomincia a morire.
Il tutto avviene, naturalmente, nei tempi
lunghi, talvolta lunghissimi, della vita del bosco. È un processo inesorabile. Le zone montane e collinari della nostra isola sono disseminate di residui di boschi che hanno esaurito Ie loro funzioni: relitti di leccete, querceti, sugherete e anche facies di
una memoria boschiva di cui sopravvivono scarsi esemplari dovuti alla vitalità di esauste ceppaie.
È suff,ciente spingersi netle quinte dei monti del Gennargentu e nelle cordigliere calcaree della Sardegna centro - orientale, con occhio attento non solo ai colori del paesaggio severo ma anche all'aspetto della struttura del bosco. Se non si possiede la sensibilità/capacità per rilevare questa sofferenza, ci si accompagni con chi sa leggere, interpretare e tra-
smettere questi valori. Solamente allora si potranno tracciare regole adeguate per iniziare un recupero che dovrà passare attraverso le fasi della rinaturalizzazione, conservazione e protezione.
TRTTTO AMBIENTALE
D
I
Enrico Vacca
Testi
ffi w% ffi W WJ::
eéffi
*-**,r:l%ffi
w; #i111 w t#w ffiffi ffi ffi T ffiffi,W#"' W{.ffi.@,W ry"qh ffi ffiffi ffi WWW ffiffi #@WffiW*"W @ffi #
Wry
%edb'ru@tr
ryqMffi #W efuffi
impressionante varietà di forme viventi presenti sul nostro pianeta viene indi-
ffiffi cata con il termine biodiversità, che comprende la diversità della vita ffi ffi ffi s§k ffi
a
tutti i Ii-
velli di organizzazione: dai geni flno ai biomi, passando per gli individui, le popolazioni, Ie specie, gli ecosistemi, i paesaggi.
In base alla "convenzione sulla diversità biologica" (Rio de Janeiro, 1992) distinguiamo tre livelli di biodiversità: la diversità genetica (intraspecifica) tra organismi appartenen-
ti alla
stessa specie, sia
all'interno di una popolazione, sia tra diverse popolazioni.
È po-
co appariscente in quanto confinata alf interno di una specie. C'è poi la diversità specifica
Nafffifik
rz
(interspecifica) tra organismi appartenenti a specie diverse e, infine, quella ecosistemica, che rappresenta Ia varietà di ecosistemi
(comunità
di organismi viventi e relativo
ambiente fisico-chimico, owero componente biotica e componente abiotica). Tale livello di diversità comprende i due precedenti livelli. II numero delle specie viventi non è noto con esattezza, non essendoci una lista standardizzata e riconosciuta a livello mondiale. Si ritiene che le specie individuate e descritte siano circa 1,8 milioni: 950mila insetti, 380mila piante, 23mila pesci, 8.700
uccelli, 6.300 rettili, 4.500 mammiferi, 3.000 anfibi e circa 500mila specie appartenenti ad altri gruppi. La comunità scientif,ca ritiene che il numero totale delle specie sia compreso tra i 3 milioni e i trenta (fino a 100 milioni secondo alcuni). Tale enorme biodiversità è il risultato dell'evoluzione biologica che, attraverso mutazioni genetiche, selezione naturaIe, deriva genetica e flusso genico, ha pro-
dotto continuamente nuove popolazioni e nuove specie in conseguenza dell'insopprimibile bisogno di ogni individuo di procurarsi Ie risorse per sopravvivere in un mondo mutevole e incerto. In questo senso, le specie possono essere viste come formule di sopravvivenza, come modi diversi di sfruttare le risorse energetiche del pianeta: ciò equivale a dire che quanto maggiore è la biodiversità tanto più ottimale risulta essere Io sfruttamento delle risorse, pertanto maggiore è il numero di individui che riesce a vivere in una determinata area. La diversità genetica rende le specie meno vulnerabili a epidemie o a eventi estremi quali siccità, gelate, alluvioni, poiché essa non va intesa solamente come il risultato finale del processo evolutivo ma, alIo stesso modo, quale capitale genetico per l'ulteriore adattamento e sviluppo di nuove popolazioni e specie. ll valore della biodiversità La biodiversità genetica, specifica ed eco4
ls Nofom
sistemica, ebbe
un ruolo
fondamentale,
unitamente a fattori climatici e geografrci, nell'assicurare, in alcune aree del pianeta e alle rispettive popolazioni umane, un immenso vantaggio nello sviluppo delle prime complesse forme di civiltà: la nascita dell'agricoltura, quale causa dello sviluppo di società complesse, avvenuta attorno all' 8000 a.C. nell'area della Mezzaluna Fertile (Siria, Giordania, Iraq e dintorni), è giustificata non da una presunta superiorità intrinseca di quelle popolazioni rispetto ad altre, ma piuttosto, dai suddetti fattori. La flora e la fauna della Mezzaluna Fertile era talmente ricca da poter offrire ai popoIi locali un numero straordinario di piante adatte alla domesticazione, nonché animali di grossa taglia quali la capra, la pecora, il bovino e il maiale, tuttora i più importanti mammiferi domestici. Se a queste quattro specie di mammiferi mediorientali aggiungiamo il cavallo, la cui prima domesticazione certa risale al 4000 a.C. nell'area dell'attuale Ucraina, riusciamo a valutare meglio l'immenso vantaggio ecologico di partenza dell'Eurasia e i successivi fenomeni storici di colonizzazione a spese delle Ame-
riche, dellAfrica e dellAustralia. Nel mondo esistono solamente 148 spe-
cie di mammiferi terrestri erbivori o onnivori di grossa taglia (oltre 45 kg) di cui solamente 14 sono state addomesticate in passato (8000-2500 A.c.). Tra queste, ben 13 erano confinate in Eurasia. La Biodiversità assicura la fornitura dei beni ricavabili dall'agricoltura, dalla pesca, dalla caccia, dalla raccolta del legname (ci-
bo, carburanti, materiali da costruzione, indumenti). Le risorse genetiche sono inoltre importantissime in campo medico, basti pensare che negli Stati Uniti oltre il 500/o dei principi attivi delle prescrizioni traggono origine da organismi viventi. Un'altra categoria di beni è rappresentata dall'enorme mole di informazione genetica racchiusa in ciascun organismo. Oggi si è in grado di trasferire geni da una specie ad un'altra, per sfruttarne le caratteristiche positi-
ve: sarebbe assurdo, proprio ora che Ie bio-
tecnologie stanno offrendo enormi possi-
bilità applicative, assistere passivamente alIa perdita di biodiversità, ovvero di questo enorme capitale informativo genetico, pregiudicando in tal modo l'opportunità, per Ia generazione attuale e per quelle future, e di ricavare nuovi benefici.
di conoscere
La biodiversità ha inoltre un inestimabile
valore utilitaristico indiretto dovuto ai servizi resi: dalle interazioni che determinano Ia distribuzione e l'abbondanza degli organismi dipendono importanti meccanismi di riciclo dell'acqua, dell'aria, dei nutrienti del suolo, nonché indispensabili processi
di impollinazione. Tali servizi assicurano, a ben vedere, la qualità della vita della specie umana se non Ia vita stessa. Anche il valore ricreativo delle nuove forme di turismo fortemente legate al territorio, può essere considerato un servizio reso dalla biodiversità.
In aggiunta, Ia biodiversità acquista un valore intrinseco allorché viene giustificata e preservata da argomenti di carattere etico, spirituale, culturale, estetico.
ll principio di precauzione Si sta assistendo alla scomparsa prematura di un gran numero di specie che trascinano altre, ecologicamente interconnesse, nel processo di estinzione secondo un meccanismo a catena comportante una destabilizzazione dei sistemi ecologici correnti. I-lattuale tasso di estinzione è dalle cento alle mille volte più elevato di quanto ci si sarebbe dovuti aspettare preservando gli
habitat. Diversi autori riportano cifre attorno alle 3Omila specie estinte all'anno, un dato paragonabile per dimensione a quel1o delle passate estinzioni di massa. In ItaIia, oltre 11 7oo/o dei vertebrati presenti risulta essere complessivamente minacciato (categorie di minaccia IUCN): in particolare i pesci di acqua dolce, gli anfibi e i rettili. I/eterogenea categoria degli animali inver-
il cui numero
totale di specie è di la base delmilioni, rappresenta cica Ia biodiversità degli ecosistemi marini, di tebrati,
7,2
acqua dolce e terrestri, ma le informazioni sulle problematiche di conservazione sono alquanto lacunose; le specie più minacciate risultano essere quelle viventi nelle acque dolci, in particolare nelle acque sotterranee soggette a maggiore inquinamento chimico ed organico. Le cause di questa drastica riduzione delIa biodiversità sono da imputare all'attività
antropica attraverso la modificazione, trasformazione e frammentazione degli habitat, I'introduzione di specie o di popolazioni esotiche (competizione, predazione, ibridazione, trasferimento delle malattie, distruzione dell'habitat), le attività di caccia e di pesca eccessive, il cambiamento delle attività agricole e di allevamento (razze cosmopolite ad alta produttività al posto
dirazze e popolazioni locali). Una serie di domande sorge spontanea. Siamo sicuri, di fronte a queste morti premature e al conseguente repentino cambiamento di sistemi ecologici correnti, che ciò non interessi affatto anche fondamentali specie di piante e animali domesticate? Può la stessa qualità della vita dell'uomo in qualche modo essere messa a rischio da tutto ciò? E ancora: siamo certi, dall'alto del nostro smisurato antropocentrismo, che l'uomo è al di fuori del ciclo biologico, al di fuori delle interconnessioni tra specie, indifferente al valore utilitaristico diretto (beni) e indiretto (servizi) della biodiversità? Viene da chiedersi quante specie e popolazioni estinte avrebbero potuto assumere una particolare importanza nell'ambito della medicina, dell'alimentazione o delle materie prime per la generazione attuale e per le generazioni future, e perché ci si trova ad assistere in maniera così poco consapevole a questa perdita di capitale di garanzie e di opportunità. Se queste domande hanno un senso, se sorgono dei dubbi nel dare delle risposte, non possiamo non applicare il principio di
Naftggg
rs
precauzione (aft. 174 del Trattato CE) che prevede, qualora sia individuata la possibilità di effetti dannosi, in presenza di una perdurante incertezza scientifi ca, l' adozio ne di misure di gestione del rischio, sostenendo - ad esempio - in maniera risoluta Ia diffusione di una più cosciente cultura ambientale e forme di legalità più attente ai concetti scientifici ed etici della biologia della conservazione. L'obiettivo è quello di mantenere a lungo termine Ia biodiversità, attraverso uno sviluppo sostenibile che consenta di soddisfare i bisogni della generazione attuale senza pregiudicare Ia possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri. Solamente nuovi modelli di produzione e di consu-
mo consentiranno un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente.
Biologia della conservazione e diritto
Al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nel 2002, i Capi di Stato si sono accordati sulla necessità di ridurre sensibilmente il preoccupante tasso di perdita della biodiversità da qui aI 2010, riconoscendo unanimemente
la "Convenzione sulla diversità biologica de Janeiro" come 1o strumento principale a garunzia della conservazione della biodiversità, e dell'uso durevole o sostenibile dei suoi componenti. Il DPR 35711997 (e le sue modifiche), in attuazione della Direttiva 92l43lCF-E "Habitat", prevede la costituzione di una "rete ecologica europea coerente" denominata "Natura 2000', comprendente oltre alle "zone speciali di conservazione" (ZSC), de-
di Rio
rivanti dai proposti siti di importanza comunitaria individuati dalle Regioni e dalle Province autonome, le "zone di protezione speciale" (ZPS) previste dalla Direttiva 79I409ICEE "Uccelli". Nelle suddette zone,
ai fini della salvaguardia della biodiversità, si applicano le misure necessarie per mantenere o ripristinare, in uno stato di conÉ
20 Nor[ffiMm
servazione soddisfacente, gli habitat naturali e seminaturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche. Per evitare I'eccessiva frammentazione e l'isolamento
degli habitat naturali, vengono definite le direttive per la gestione delle "aree di collegamento ecologico funzionale" il cui ruolo è essenziale per facilitare la migrazione, la distribuzione e lo scambio genetico di specie selvatiche. Tali aree, che potremo definire "corridoi ecologici" o "corridoi biotici", sono rappresentate da zone umide, aree forestali, corsi d'acqua e relative sponde, siepi campestri, fasce boscate di delimitazione dei campi. La legge 39419I (legge quadro sulle aree protette), è un atto fondamentale per la conservazione e Ia valorizzazione del patrimonio naturale e 1o sviluppo sostenibile, in accordo con Ie indicazioni contenute in diverse Convenzioni internazionali. Particolarmente interessante appare l'impegno nel favorire lo sviluppo economico e sociale e I'integrazione tra uomo e ambiente na-
turale attraverso attività ricreative e produttive (compresa quella agro-silvo-pastorale) compatibili col patrimonio naturale, Ia salvaguardia dei valori antropologici, ar-
cheologici, storici e architettonici ma anche con attività culturali, di formazione e di ricerca scientifica. Ove occorra, è prevista la possibilità di adottare misure per Ia tutela dell'ambiente nelle aree contigue a quelle protette. In Sardegna la legge regionale 3U1989, relativa all'istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica e ambientale, anticipò di ben due anni la legge nazionale 394197. La conservazione della biodiversità e degli habitat naturali e seminaturali della nostra isola viene attuata in particolare nel-
la "Rete Ecologica Regionale" costituita dal sistema delle 'Aree Naturali Protette" (L.R. 3U1989, L.R 411999, L.R. 511999, L. 394 I 1991., L. 979 I t982, D.M. 20 I 09 I 2002), che va ad integrarsi con la costituenda rete
"Natura 20O0" ("proposti siti di importanza comunitaria" destinati a divenire "zone speciali di conservazione" previsti dalla Direttiva 92143 e Ie "zone di protezione speciale" indicate dalla Direttiva 79 I 409).
Bioetica e responsabilità
Una diffusa cultura umanistica è fondamentale per dare accoglienza agli imprescin-
dibili cambiamenti degli attuali modelli di produzione e di consumo contrari all'uso durevole e sostenibile delle risorse biotiche e abiotiche. È necessario accettare quanto prima il concetto del limite (nella disponibilità delle risorse, nella capacità del pianeta di assorbire le emissioni e i rifiuti derivanti dall'impiego delle risorse, nell'aspettativa dei progressi tecnico-scientifici, nel risolvere qualsivoglia danno arrecato all'ambiente) e correggere gli aspetti più radicali e degenerati dell'antropocentrismo laddove Ia specie umana è percepita come il centro e il flne ultimo dell'universo. Dove la natura e Ia comunità di esseri viventi non umani sono visti come "altra cosa" da dominare e sfruttare,
secondo una visione etica duale uomo/natu-
ra. Quasi che l'uomo fosse alieno alla natura e non, piuttosto, parte di essa, una specie evolutasi in mezzo a tante altre, il cui destino è fatalmente legato a quello di molte altre specie e alle risorse abiotiche. È urgente
sviluppare un'etica ambientale capace di far fronte agli effetti sull'ambiente causati dal notevole aumento della pressione demografica (dai 500 milioni di persone nel XVII setolosi, passati a 1,6 miliardi nel 1900, ai 6 miIiardi odierni) e di tener conto dell'aumento del potere dell'agire umano e delle sue conseguenze, di fionte alle quali la natura mostra tutta Ia sua vulnerabilità. E, con essa, lo stesso uomo. Iluomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura lo fosse per lui. Oggi si è in grado non solo di dominare la natura, ma anche di manipolarla, di trasformarla, di distruggerla e, allo stesso modo, si è capaci di fare tutto ciò anche a
se stessi: pensate alla rivoluzione agricola, a quelle industriale, atomica, biotecnologica. Questo mutamento della portata dell'agire umano secondo velocità crescenti, comporta un aumento della responsabilità causale
in senso spaziale (la stessa biosfera può essere modificata) e temporale (irreversibilità di alcuni cambiamenti della natura). Per bilanciarla, è irrinunciabile un umanesimo capace di dare impulso ad un altrettanto vistoso aumento della responsabilità morale. Una rinnovata bioetica dovrebbe indurre l'uomo a pensare non tanto a come dominare la natura, quanto piuttosto a come dominare l'immenso potere su di essa, attraverso l'autocontrollo, la definizione del concetto del limi te, l'adozione del principio di precauzione dare priorità alle previsioni cattive su quelle buone in tema ambientale - e attraverso I'acquisizione del principio della responsabilità nei confronti della natura e dei diritti delle generazioni future. Alle quali vanno garantite condizioni di vita "autenticamente umana". Un'etica capace di influenzare positivamente il diritto, l'attuale stile di vita (magari passando dall'esaltante utopia della crescita illimitata dei consumi, a modelli di consumo moderati e sostenibili), e perché no, Ia poli tica economica e quella di governo del territorio (riciclo e risparmio di territorio, protezione della natura come presupposto allo sviluppo economico e sociale). In ultima analisi, appare un comportamento del tutto irresponsabile, quello di fare affidamento unicamente sulf inarrestabilità del progresso tecnico-scientifico, sulla sua capacità di rimediare ad ogni danno
arrecato all'ambiente, dando per scontato come positivi i suoi esiti. Ilindimenticato filosofo e matematico inglese Bertrand Russell sosteneva, a tale riguardo, che "la scienza di per se stessa è neutra: essa, cioè, accresce il potere degli uomini per il bene come per il male. Una
valutazione dello scopo della vita è cosa che va aggiunta alla scienza se si vuole che essa rechi felicità". Un pensiero che bisognerebbe tenere a mente.
NatlW.
zt
DIRITTO AMBIENTALE Massimiliano Tronci
Testi
Posizioni dottrinali a confronto: lhmbiente quale { }à*}.:rss*: sÉÉf$ taru* ffi §§"§t#rtrst** costituzionalrnente rilevante? $
li
interessi superindividuali rappre-
sentano, allo stesso tempo, un tema in certo modo tradizionale e un fenomeno emergente di grande rilievo e di assoluta originalità. I1 problema della tutela degli interessi dif-
Questo spiega il motivo per il quale gli interessi diffusi abbiano potuto acquisire un'immagine e sollevare una così larga problematica, quasi esclusivamente in funzione della tutela giurisdizionale. Lo Stato liberale era caratterizzato da una
fusi e/o collettivi si poneva sotto la spinta dei movimenti operai e sindacali, anche al-
visione individualistica della società civile, mancava ogni forma di associazione inter-
l'inizio del
media fra f individuo e Io Stato. La separazione tra società civile e Stato era netta ed evidente e, la dottrina liberale (c.d.
secolo.
Per spiegare I'importanza dello stesso è sufficiente soffermarsi a considerare quaIi siano i beni attorno ai quali si sono coagulati i cosiddetti interessi diffusi: il patrimonio storico, artistico ed urbanistico del
in tutte le sue componenti, la fruibilità dei servizi, la salute, valutata in ogni suo possibile ambito di manifestapaese, I'ambiente
zione, e così via. La vicenda degli interessi diffusi nel nostro ordinamento è caratterizzata da due fenomeni politici di fondo. In primo luogo, la spinta sempre più forte, da parte dei soggetti fruitori di questi beni, a intraprendere la via giudiziale per cercare forme di partecipazione ai processi decisionali a loro negate nelle sedi politiche e
amministrative. La crisi della rappresentanza politica è la causa che spinge oggi gli interessi, patrimonio della collettività, verso nuove forme e canali diversi di legittimazione, quasi sempre in contrapposizione con l'azione dei pubblici poteri. In secondo luogo, il ruolo di supplenza
atomistica) considerava l'individuo isolato da dei rapporti giuridici; era una logica conseguenza di questa visione che gli interessi suscettibili di tutela fossero unicamente le posizioni soggettive di carattere individuale. In questa prospettiva gli interessi colletti-
tutti i rapporti sociali, titolare e arbitro
vi venivano considerati come 'somma' degli interessi individuali e veniva negata di conseguenza ogni rilevanza del collettivo in quanto tale.
Gli interessi collettivi potevano solo sommarsi gli uni con gli altri senza però fondersi e armonizzarsi in modo unitario cosi da risultare un solo interesse, composto da singoli interessi, ma da questi diverso. La prima reazione a questa visione atomistica degli interessi si ebbe a metà degli anni'20, soprattutto nel settore dei rapporti di lavoro. Con f imposizione dell'organizzazione corporativa alla produzione e al lavoro, si
che la magistratura ha ricoperto per Ia man-
registra una nozione di interesse collettivo non più come somma di interessi ma come
canza di un'adeguata risposta politicoJegislativa alle istanze di composizione dei conflitti sociali.
"sintesi"indivisibile degli interessi individuali dei singoli lavoratori. Unico portatore di tale interesse è il sinda-
ù 22
N0f*ffi
cato, ente di diritto pubblico, rappresentante legale di tutti i membri della categoria, sottoposto al rigido controllo del potere politico. Questa concezione unitaria dell'interesse collettivo è stata riproposta e adattata soprattutto da parte della dottrina giuslavoristica. Con il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale, Ia concezione liberale delf individuo sovrano e libero viene sostituita da una visione più realistica e concreta. Ilindividuo non può più essere considera-
to centro astratto di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, ma come un soggetto che appare nella sua effettiva posizione di forza sociale ed economica.
Il nuovo soggetto sociale non è più l'individuo dello Stato liberale, ma il gruppo associato; si passa quindi dall'uomo uni-dimensionale all'uomo che, partecipando a varie comunità presenta più dimensioni. Ecco che Ia rilevanza giuridica degli interessi collettivi nelle società contemporanee appare sempre più significativa e importante. In questa nuova prospettiva Ia dottrina cerca di elaborare dei criteri per distinguere questi interessi "sociali" tra interessi qualifi-
cabili come collettivi e quelli diffusi. Una parte della dottrina (GraNNnvI) sostieil criterio distintivo tra interessi collettivi e diffusi sia dato dal livello organizzativo raggiunto dall'interesse e quindi, dalla presenza di soggetti (associazioni, enti) ne che
cui trovi un portatore, quest'ultima, invece, postula una differenza ontologica tra le due categorie degli interessi. Altri autori (Don"ir) ritengono che il criterio distintivo non sia dato dalla diversa organizzazione degli interessi, che può essere presente (seppur non necessariamente) anche nel perseguimento degli interessi diffusi, ma dal carattere "corporativo" degli interessi. Mentre gli interessi diffusi, sarebbero e resterebbero interessi generali anche quando intervenga una organizzazione per la loro tutela, gli interessi collettivi sarebbero interessi di categoria, necessariamente imputabili ai gruppi o alle associazioni che se ne fanno portatrici. Inf,ne, un autorevole dottrina (Ntcno) sostiene che l'interesse diffuso si caratterizzl per il fatto di essere comune ad una pluralità di soggetti più o meno vasta e più o meno determinabile. Infatti quando un'associazione si fa portatrice dell'interesse diffuso si ha una trasformazione dell'interesse diffuso in interesse collettivo. Ilinteresse diffuso - il quale si carutterizza per il fatto di essere comune ad una pluralità spesso del tutto indifferenziata di soggetti- trova, grazie alla nascita di un organismo associativo, un centro di riferimento soggettivo in quella comunità organizzata di cui tale organismo è espressione.
cui sia imputato f interesse.
Gli interessi collettivi sarebbero pertanto gli interessi che hanno come portatore (o centro di riferimento) un ente esponenziale di un gruppo non occasionale; mentre gli interessi diffusi sarebbero gli interessi adespoti, cioè senza un loro portatore. Secondo questa teoria, il criterio distintivo tra interessi collettivi e diffusi poggia sulla riferibilità soggettiva dell'interesse.
Altre tesi, invece, mettono l'accento
su
elementi diversi. Si sostiene (Drr-r-Acqua) che la differenza tra interessi collettivi e diffusi risieda non sul grado di organizzazione, ma sulla diversa organizzabilità degli interessi diffusi. Mentre per la prima tesi l'interesse diffuso può diventare collettivo nel momento in
BIBLIOGRAFIA BERTI G., lnteressi senza struttura (i c.d. intetessi diffusi),
in Studi in onore di A. Amorth, Milano 1982; BoNruor 8., la tutels degli interessi collettivi, Tolino 1911; Dur'eceur C., La tutela degli interessi diffusi, Milano 7979; DENrr, Interessi
diffusi, in Nov.mo Dig. if., Appendice, IV,
Torino 1982; GrrNNrNr M.S., la tutela degli interessi collettivi nei procedimenti amministrafivi, in AA.VV. Le azioni a tuteh degli intere s si collettivi, P adov a, 19 7 6 ; NrcxoM., Le due facce dell'interesse diffuso: a,nbiguità di una fumula e mediazioni della giurisprudenza, it Foro it., 7987; tutela dell'ambiente: da intercsse diffuso a inTRoNCT M., teresse costituziondlmente rilevante, in Miscellanea al IX Corso Universitario Multidisciplinare di Educazione allo Sviluppo, "La cultura del confronto in una società multietnica", A.A. 2OOZ| 2OO3, otganizzato dal Comitato provincia-
L
ìe per l'UNICEF di Cagliari in collaborazione con l'Università degli studi di Cagliari, Cagliari gennaio 2004, pp. 199-208.
NatMilM zt
DIRITTO AMBIENTALE Tiziana Mori
Testi
Levoluzione della tutela e deli'educa ffiimne amhiexrtmk
all'interno dell'unione europea l Trattato di Roma del 1957
istitutivo del-
la Comunità Economica Europea (CEE) non conteneva alcuna norma sulla tutela dell'ambiente, ma prevedeva solo Iaconici riferimenti al miglioramento delle condizioni di vita dei popoli (art.Z). Fu solo nel 1972, in occasione della Conferenza di Parigi, che la Commissione Europea propose di elaborare un Programma d'azione sullhmbiente la cui base giuridica si rinvenne nell'art. 2 del Trattato CE che annoverava fra i compiti della Comunità, la promozione di "uno sviluppo armonioso delle attività economiche", nonché "una crescita sostenibile" negli Stati membri, obiettivi perseguibili solo nel rispetto dellhmbiente. Inoltre, si rinviò a quelle disposizioni del Trattato, in particolare agli artt.94 (ex art.100) e 308 (ex afi.235), i quali prevedono un potere generale affidato agli organi comunitari di disciplinare anche quelle materie non espressamente previste nel Trattato stesso (c.d. poteri impliciti), col fine di migliorare e facilitare
l'instaurazione del mercato interno. Invece, le vere e proprie basi per l'attività dell'Unione europea nel settore dell'educazione ambientale si rinvengono nella Risoluzione del Consiglio dei Ministri dell'Educazione del 24 maggio 1988, ove si sottolinea come scopo fondamentale dell'educazione ambientale sia quello di aumentare la consapevolezza pubblica dei problemi in tale ambito, fornendo soluzioni possibili e fondando una base per la "pafiecipazione informata e attiva dell'individuo nella protezione ambientale e nello sfruttamento prudente e razionale delle risorse naturali". Nel 1987 con la firma dellAtto Unico Europeo fu attribuita expressis verbis alla Comu-
nità una competenza specifica in materia di o
24
Natlffie
politica ambientale (introduzione del Titolo VII dedicato all'ambiente e composto dagli articoli da 130 R, 130 S e 130 T). Con esso ricevettero veste ufficiale alcuni principi, qualii prevenzione, il quale sancisce l'esigenza di evitare sin dalf inizio inquinamenti e altri inconvenienti anziché combatterne successivamente gli effetti (si veda come esempio la Direttiva 337185 sulla valutazione di impatto ambientale); chi inquina paga, che si fonda sulla logica dell'imputazione della responsabilità per i danni causati da azioni inquinanti nei confronti del soggetto respon-
inbai costi per il trattamento dei rifiuti incombono su chi li ha prodotti; sussidiasabile; di responsabìlità del produttore,
se al quale
rietà, per cui la Comunità interviene nei settori in cui la competenza comunitaria non sia esclusiva, solo quando Ia questione non possa essere sufficientemente rcalizzata dagli Sta-
ti membri, mentre
Ie dimensioni degli effetti
dell'azione in oggetto potrebbero essere realizzati meglio a livello comunitario ( ex art.l3} T, oru afi.176); di integazionet pet questo Ia tutela ambientale deve essere armonizzata e integrata allarcalizzazione del mercato unico e agli altri obiettivi della Comunità. Ancora, l'afi.174 (ex 730 R) fissa gli obiettivi della politica ambientale comunitaria consistente nel: "salvaguatdare, proteggere e mi-
gliorare la qualità dellhmbiente; contribuire alla protezione della salute umana; garant! re un utilizzo accorto e razionale delle risorse naturali". Il Trattato di Maastricht del 1992 introdusse un ulteriore principio, quello di precauzione, consistente nell'impegno a ridurre le emissioni inquinanti alla fonte, indipendentemente dall'accertamento della sussistenza di un effetto negativo sull'ambiente, e quindi anche
in assenza di prove sufficienti a dimostrare l'esistenza di un nesso causale tra le immissioe gli effetti negativi. Successivamente, la Risoluzione succitata del 1988 diede origine alla costituzione di un gruppo di lavoro sullhmbiente, i cui documenti servirono per l'elaborazione del V Programma d'azione comunitaria in materia ambientale (1993-2000). Grazie a esso si sono individuate Ie seguenti linee di azione: assicurare una gestione sostenibile delle risorse naturali; awiare una po-
ni
litica di controllo integrato dell'inquinamento e prevenire la creazione di rifiuti; tendere a una riduzione del consumo delle fonti energetiche non più rinnovabili, gestire in modo più razionale il trasporto e l'ambiente urbano; tendere a obiettivi di qualità dell'ambiente e delle singole risorse; modificare l'atteggiamento generale della collettività per quanto riguarda il consumo e il comportamento; rafforzare la tutela della sanità pubblica e della sicutezza. Nel Trattato di Amsterdam, firmato ufficialmente il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il l'maggio 1999, Ia tutela dell'ambiente assunse una valenza trasversale nell'ambito delle politiche comunitarie. Da quel momento, tutte le politiche avrebbero dovuto tener conto della salvaguardia dellhmbiente soprattutto nella
prospettiva di promuovere uno sviluppo sostenibile e uno sviluppo economico che consentisse di non alterare il delicato equilibrio ambientale (art.6). Finalmente, il Parlamento europeo e il Consiglio approvarono il VI programma d'azione in materia ambientale. I1 programma, che resterà in vigore fino al2012, costituisce il quadro della politica ambientale comunitaria.
Il
suo obiettivo consiste nel creare le condi-
zioni per uno sviluppo sostenibile, sganciando la crescita economica dalle pressioni ambientali. A tal fine, il Programma individua quattro aree prioritarie per Ia rcalizzazione di uno sviluppo sostenibile: cambiamento climatico; natura e biodiversità; ambiente e salute; gestione delle risorse naturali e dei rifiuti. Il VI Programma dAzione Ambientale comprende anche uno strumento finanziario (c.d. fondo LIFE), il quale cofinanzia iniziative ambientali in tutta I'unione, nel Mediterraneo e nei paesi candidati.
L'attuazione del VI Programma
è
scadu-
to nel momento in cui è al'venuto l'allargamento dell'Europa da L5 a 25 Stati (1' maggio 2004): infatti, da tale momento bisognerà prestare attenzione ai nuovi paesi membri e ai loro sforzi per recepire il quadro politico in materia di fonti energetiche rinnovabili e
di efficienza energetica. Infine, bisogna ricordare che recentemente (29 ottobre 2004) è stata firmata a Roma la 'Costituzione Europea' che stabilisce tra i suoi compiti primari: promuovere la pace, i suoi valori e il benessere per tutti i suoi popoli; offrire ai cittadini uno spazio di libertà, sicutezza e giustizia senza frontiere e un merca-
to unico; promuovere il progresso scientifica tecnologico; combattere Ie discriminazioni; promuovere la parità tra i sessi; tutelare i dirite
e 1o sviluppo del patrimonio culturale europeo; garantire la libertà di circola-
ti dei minori
zione delle persone. Ancora, la Costituzione promuove l'efficacia e i risparmi energetici, parallelamente allo sviluppo di fonti di energia nuove e rinnovabili. Infatti, tutte Ie politiche europee sono obbligate a tener conto della dimensione ambientale che diventa, grazie alla Costituzione, un requisito fondamentale. Nonostante le richieste avanzate dalle ONG
ambientaliste, che richiedevano che il voto a maggioranza qualificata divenisse la regola generale anche nell'ambito delle norme del Trattato in materia ambientale, le procedure decisionali rimangono inalterate rispetto alle previsioni del Trattato di Nizza. Pertanto, le decisioni relative al settore fiscale ed energetico, nonché quelle aventi incidenza sullhssetto territoriale, sulla gestione delle risorse idriche e sulla destinazione dei suoli, rimarranno soggette a un diritto di veto da parte dei singoli governi nazionali. BIBLIOGRAFIA A. Ce.rnr,r, Ia Comunità Europea e l'ambiente, in Codice dell'ambiente, Milano 1999 ; M.P. CHrrr- G. GRECO (a cura di), Trattato di diritto arfininistrativo europeo, Milano 1997; M.TR)N(J, La tutela dellhmbiente: ila interesse diffuso a ifltere sse costituzionalmente rilevante, in Mi scellanea al lX Corso Universitario Multidisciplinare di Educazione allo svi luppo, "La cultura del Confronto in una società multietnica", A.A.2OOZl2OO3, a cura del Comitato provinciale per l'Unicef
di Cagliari in collaborazione con l'Università degli Cagliari, Cagliari gennaio 2004, pp. 199-208.
I
N0f#mr
25
trw ;t;a.li+r
TNCENDI
I
Stefano Sulas
Testi
AI larme incendi: analisi di un fenomeno devastante
lJopera dei volontari è
determinante nell'attività di spegnimento dei roghi
I n Sardegna, la stagione estiva è sinonimo di vacanze; ma I lo è anche di incendio. E questo i sardi lo sanno bene. I Purtroppo. Provocati dall'alta temperatura e dall'infiamI mabilità delle stoppie, abbondanti nelle campagne sarde,
i roghi vengono
appiccati dalla mano
di taluni che spesso
vedono nel fuoco un ottimo affare, rischioso ma efficace. Nella maggior parte dei casi gli incendi sono causati per incuria o per dolo. I motivi che muovono i cosiddetti piromani sono vari: proprietari terrieri che mirano ad ampliare le aree adibite a semina e a pascolo, facilitazioni per il rilascio di licenze edilizie, ottenere indennizzi su colture o fabbricati in precedenza assicurati. Senza dimenticare dispetti e vendette nei confronti di terzi.
Altre volte invece le motivazioni non sono ben*decifrabili, oppure sono personali o circoscrivibili alla realtà, locale. C'è pure chi lo fa per piacere, dicono.
Il grave problema degli incendi ha sollecitato le autorità ad intervenire concretamente sul fenomeno: tra gli interventi più decisivi ricordiamo Ia revisione del Codice Penale e la disciplina delle attività derivanti dall'utilizzo del fuoco (Legge 21 novembre 2000 n" 353). Con l'entrata in vigore dell'articolo 423 bis del Codice Penale, l'incendio boschivo viene prescritto corrie fattispecie di reato:
Nattffi.
27
,rChiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste owero su vivai forestali desti-
nati ql rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Se
l'incendio di cui al primo comma
è
cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni ...rr.
Inoltre, il medesimo articolo contempla l'ipotesi del pericolo arrecato a edifici e iI danno grave su aree protette. Viene anche istruito ed inserito il termine temporale, per cui l'incendio non
a
28 No#,ffiffi:
è considerato solo un evento a sé stante, ma acquisisce un valore più o meno deleterio a seconda che sia di lunga o di breve durata. Rispetto al passato, quindi, possiamo
notare delle novità piuttosto importanti che agevolano I'attività investigativa e quella giuridica in relazione a questo tipo di reato. I-larticolo 423 è stato ridimensionato
e
attualizzato per il solo "evento incendio", un singolo fatto che può essere oggetto di
legittime interpretazioni: l'articolo 423 del Codice Penale, oggi, riguarda la sola fattispecie di incendio ("Chiunque cagioni un incendio
è
punito con la reclusione da tre
q sette anni>,).
Alcuni anni fa la normativa non
era
così articolata, probabilmente perché la materia non aveva mai assunto un'impofianza significativa dal punto di vista ambientale.
La normativa presente nel
codice,
chiamato Carta de Logu, emanato dal Giudice di Arborea Mariano IV nell'anno 1353 ed aggiornato da sua figlia Eleonora nel 7392, era più articolata rispetto al passato: norme di comportamento e norme
giuridiche furono unificate, fornendo, in pochi cenni, un chiara disciplina dell'uti-
lizzo del fuoco. Ma quale portata aveva allora il fuoco? Era considerato già allora un male difficilmente curabile, oppure era un fenomeno marginale e sporadico? A giudicare dalle disposizioni di legge, verrebbe da pensare che gli incendi non costituivano affatto un evento raro. Esisteva una distinzione tra incendio doloso e incendio colposo, tra incendio di abitazione o di proprietà e incendio delle messi: in questa ultima fattispecie veniva ricompreso anche l'incendio che interessava campi e granai
La Carta de Logu prevedeva anche la rcalizzaziorte di fasce tagliafuoco per combattere la propagazione delle fiamme.
Quasi sempre l'incendio coinvolgeva, direttamente o meno, I'intera comunità in quanto il fuoco era considerato un male per tutti, non solo per chi lo subiva. Per questo motivo, l'intero villaggio era
tenuto a corrispondere la multa per il reato commesso qualora non fosse stato individuato il colpevole. Questa realtà sottintendeva principalmente due cose, e precisamente che gli abitanti del paese conoscessero il colpevole o comunque, rispetto alle guardie
regie, fossero più facilmente in grado di addebitare l'evento ad un soggetto (ma potevano anche aiutarlo a evitare di cadere tra le maglie della giustizia). In secondo luogo, che sicuramente la Corona non avrebbe permesso l'impunità di qualsivoglia reato, tra cui l'incendio che poteva provocare danni devastanti ed irreparabili per l'economia del villaggio. Per questo, avrebbe pagato l'intera comunità.
Nel XIII sec., le norme civili e penali in un Breve, il documento pubblico emesso dalla più alta autorità cittadina. Quello di Iglesias, in particolare, noto come "Breve di Villa di Chiesa", stabiliva un complesso di norme erano contemplate
che si basavano sulle consuetudini locali. Antiche norme, comunemente accettate per il bene della comunità e delle corporuzioni di mestiere, che facevano riferimento a leggi e consuetudini ancora più vecchie.
Quelle presenti nel Breve di Villa di Chiesa sancivano che la pena prevista per l'incendio doloso, delle case e delle proprietà, fosse estinta con la morte.
Tornando al codice della Corona dArborea, l'esecuzione della pena veniva ese-
guita in tre modi diversi: l'impiccagione, la decapitazione e, manco a dirlo, con il ro8o. Se il colpevole si sottraeva alla giustizia con la fuga, era lecito punirlo in qualsiasi
momento e per mano di chiunque: il bando prescriveva, senza possibilità di errore, "vivo o morto". Era però permesso ai familiari più stretti di nascondere il fuggiasco. Secondo la gravità del crimine commes-
so, il reo veniva punito anche solo con la fustigazione, il taglio dell'orecchio o il marchio a fuoco sulla fronte. In caso diflagratza di reato, il colpevole veniva arso vivo sul luogo stesso in cui aveva commesso il delitto.
Dall'incendio delle abitazioni e delle di messi. Se qualcuno appiccava l'incendio
cose si distingueva l'incendio
No4.+ffi
zs
volontariamente al grano e ad altri cereali, oppure alle vigne ed agli orti, era tenuto al pagamento della somma di 50 lire. Nel caso in cui fosse stato impossibilitato a pagare/ oppure negava per qualsiasi altro motivo di corrispondere la somma, la legge parlava chiaro: "gli sia amputata Ia mano destra".
I codici cittadini stabilivano altre importanti norme. A Sassari, era vietato fare abbruciamento dal 31 maggio fino al 29 settembre, giorno della festa di San Michele: chi incidentalmente causava un incendio di messi, doveva pagare una multa che variava a seconda
che l'evento si fosse verificato o meno in tempo di divieto. Sempre nel Giudicato dArborea, la ripulitura dei terreni per mezzo dell'abbruciamento era concessa dall'8 settembre, che, secondo l'antico calendario bizantino, era il primo giorno dell'anno
agrario: (capitolo XLV della Carta de Logu - Ordinanze sul fuoco) "Vogliamo
ed ordiniamo che nessuno deve e può appic-
il fuoco (alle stoppie in campagna) alla fino festa di Santa Maria, l'8 settemcare
bre;
il
contravventore sarà tenuto a pagare
25 lire di multa ed a rifondere al danneggiato (eventuale) il danno subito. Dall'8 settembre in poi ognuno potrà appiccare (alle proprie stoppie) il fuoco a volontà facendo attenzione a non danneggiare gli altri, sennò sarà costretto a pagare 10 lire di multa e a rifondere il danno. Se costui non avrà di che pagare, stia in prigione a nostro arbitrio.
Ed i giurati del villaggio dove è stato appiccato il fuoco, sono tenuti ad arrestare con prove i malfattori, ed a tradurli alla Corte (di giustizia) entro 75 giorni; altrimenti, i giurati e gli uomini di quel villaggio paghino una multa". Per capire meglio quale valore
avesse
allora la moneta, si pensi che dieci lire di
multa corrispondevano al valore di pecore.
2OO
Ad Iglesias, il Breve indicava l'inizio della pratica degli abbruciamenti a partire dal 15 agosto (questa data è ricordata come il giorno in cui si contrattavano
i nuovi affitti ed i nuovi rapporti di lavoro servile nell'attività agropastorale). L'abbruciamento era quindl consentito con l'inizio delle attività colturali nelle aree adibite a semina e a lavorazione agricola. Venivano attorizzati e consentiti gli abbruciamenti, purché controllati proprio a causa della pericolosità degli incendi, in quanto spesso scaturiti per imprudenza. Gli effetti potevano essere devastanti, giacché la mobilitazione dei cittadini non poteva garantire lo spegnimento. Per
la Carta de Logu, come detto, la realizzazione delle
prevedeva anche
fasce tagliafuoco: (capitolo XLIX le ripuliture tagliafuoco) " stabiliamo ed ordiniomo che i villaggi impegnati ad effettuare l'allestimento di
Sull'effettuare
fosce tagliafuoco, l'effettuino per tempo nei propri terreni coltivati. Se non lo fanno entro iI giorno di San Pietro, il 29 del mese di giugno, ogni uomo del villaggio paghi mezza lira di multa. Ed ogni villaggio impegnato faccia le fasce tagliafuoco in modo che le fiamme non le superino; perché se il fuoco le supera, ed arreca danni, il villaggio dovrà pagare alla Corte di giustizia 10 soldi per ogni componente la squadra tagliafuoco". Dieci soldi erano l'equivalente del valore di 10 pecore.
Il problema degli incendi è un male antico. Ilillustre scrittore Vittorio Angius constatò, nel 1840, che questa pratica era molto in voga tra i sardi delle campagne: "siccome però ne' più luoghi gli alberi paiono giovani, così intendiamo che anche in questa provincia gli incendi devastarono i boschi annosi, e che anche i pastori sulcitani spargevano per tutto le fiamme. Ma si è già cessato da questa barbarie?"
La sua domanda, a giudicare i fatti
odierni, forse non ricevette risposta. 0
No(M6m :r
Ére
gli incendi
'. ,r ,-:eéntinua,con::utcesso il concorso letterario "Un fiume di parole", istituito dall'ASS.F0R. nel quadro delle :,, ì :iniziative:legate ,al sottoprogetto INTERREG lllC OCR sugli incendi, nato per combattere la piaga degli I
incendi e risveg,liare la coscienza dell'opinione pubblica nei confronti di un fenomeno che ogni anno "uccide'migllàia, di ettari di vegetazione. ln redazione arrivano, puntuali, scritti e lettere di solidarietà. Pubblichiarno una poesia composta dalla signora Anna Ghiani, residente a Bauladu. Parole e immagini che vogliono cornunicare un secco no all'inciviltà dei piromani, segnale forte di un attaccamento alla nostra meravigliosa isola e ai suoi patrimoni naturalistici.
C'era una volta una ragazza che amava molto la sua terra:
i suoi colori, i suoi profumi. La curva dolce delle colline,
quelle ardite dei monti. La distesa alberata dei boschi,
rri
la sua gente...
per arrivare al cuore, alla mente delle persone,
'
.
peitné'rrusci5sero a provare le emozioni che favorlscono la cura ,*,...e]
rrot.
p.r la propria terra.
Non permefÈÉitihe la tua terra brùiirl r'..r:. Accrndi solo il tuo cuofè,!
Anna Ghiani
'lr,:rr'
-:jr':.:11ri'1,'1,
Reqolamento 1)
ll concorso è aperto a tutti, senza alcun limite dieta.
2)
Per partecipare al concorso occorre:
a) ìnviare un racconto incentrato sulla tematica degli incendi b) essere 3)
abbonatialla rivista Natura in Sardegna.
[abbonamento annuo alla rivista Natura in sardegna (12 numeri), dal costo
di€
30, dovrà
essere sottoscritto tramite versamento sul CCP 21970090, intestato alla ASS.FOR, c.p. 50, Cagliari
Centro.
inviato non dovrà superare le sei pagine. Non siaccettano manoscritti. gli studenti dellè scuole elementari, medie e medie superiori con una categoria di premi loro riservata. Gli alunni che intendono partecipare dovranno semplicemente ll testo
È prevista una sezione per
esibire
Ia copia della ricevuta di abbonamento sottoscritta dalla propria scuola o istituto. racconti dovranno essere inviati alla ASS.FOR. Concorso Letterario Un fiume di parole per spegnere gli incendi, c.p. 50, 09124 cagliari, oppure all'indiizo e-mail asfor.it@tiscalitit
I
6)
kr esere accettati gli elaborati dovranno esere completati dall'autore con le proprie generalità anagrafiche e andrà allegata copia della ricevuta diabbonamento alla rivista Natura in Sardegna. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 30 aprile 2C(ì,T,dataultima per l'accettazione del materiale inviato. ltesti recapitati succesivamente non verranno presi in considerazione. Tutti i lavori saranno sottoposti al giudizio di una Giuria qualificata e nominata dall'ente promotore del concorso. ll giudizio della Giuria sarà inappellabile. 10)
La Giuria si riunirà entro il
6 maggio 2007 e scrglierà i 30 testi che confluiranno nel libro sugli
incendi. Venti di questi testi saranno prescelti tra quelli pervenuti dalla categoria scolastica. 11)
ll giorno 1 giugno
2007, durante la manifestazione organizata dalla ASS.FOR, sarà data
comunicazione dei vincitori.
Premi 1' clasificato:
€
.000 e 1 5 copie del volume Un fiume di parole per spegnere gli incendi. 2" classificato:€ 500 e 10 copie del volume. Dal
1
3' al 10' clasificato: pubblicazione del proprio lavoro sulvolume e 5 copie dello stesso. Categoria scolastica
1
"
clasificato delle scuole elemenbri: buono acquisto di € 500 e 15 copie del volume Un fiume di parole
per spegnere 9li incendi. In questa categoria verranno prescelti altri quattro racconti da inserite nel libro.
hir:rr!: i:last
9c,r.rrlr'niter t
--INITERREG IIIC Rég;on
i{lw PolerÀ^lFscob d'&ùr
/ft\
;*J^
ffi 4.
ffi
."*_
tf
r,
"#*"",., TLAMAL
I partners del Progetto OCR lncendi
34 N(7Ék66tr'.
,-**,ffiz
r-#@
INCENDI
OCR ITqCX?§ffiX 'f a progetto OCR INCENDI, ha I'ambizione di offriI I ,.;" spazio di sperimentazione e di migliora-
t I tr
?n ff l,i
x;l'i:i,:.T i;'J ilff
x[";:':xm
danni catastrofici nei paesi del bacino del mediterraneo. Per sperimentare nuovi metodi e pratiche operative si par-
te dalla cooperazione di tipo OCR (OPERAZIONE QUADRO REGIONALE) tra i vari partner europei interessati al
UAlgarvg uno dei compartimen-
ti regionali inserito all'interno del Progetto OCR, ha subito in passato gravi attacchi da parte di piromani e speculatori
progetto, per arrivare ad organizzare le basi di una futura comune politica integrata, contro il fenomeno incendi. Alf interno della cornice del North East South West INTERREG IIIC della Comunità Europea, si prevede da parte degli aderenti una diversificata linea d'azione per contrastare il fenomeno degli incendi, favorire la loro prevenzione, lavorare per la tutela dell'ambiente. Le linee d'azione sono: Cultura del rischi e auto-protezione delle zone abitate; Organizzazione collettiva per la prevenzione, la previsione e la lotta; Sistemazione e ripristino delle aree incendiate; Pubblicità, diffusione e trasferimento di esperienze. Nell'ambito di questo progetto, concorrono cinque regioni continentali: Provence Alpes C6te dAzur (P.A.C.A.), Languedoc-Roussillon, Andalusia, Toscana e Algarve. Quattro regioni insulari: Corsica, BaIeari, Nord Egeo e la Sardegna che su delega dellAmministrazione Regionale viene rappresentata dalla Provincia di Nuoro che ha individuato per l'attuazione dei sottoprogetti, comuni e associazioni di volontariato e per quanto riguarda la campagna di sensibilizzazione si è avvalsa del prezioso lavoro svolto dallASS.FOR e dai suoi associati nel corso degli ultimi undici anni di loro attività.
No{m ss
I/opera dellASS.FOR. tenderà alla divulgazione delle informazioni alle popolazioni residenti nei territori a maggior rischio di roghi. In collaborazione con il Corpo Forestale e di YigilanzaAmbientale della Regione e degli Enti preposti, Ia campagna informativa vuole arrivare direttamente al cuore del problema non solo sollecitando l'attenzione dei singoli ma entrando nelle classi scolastiche (concorso letterario "Un fiume di parole per spegnere gli incendi" frnalizzato al recupero della memoria storica sul fenomeno e per costruire una nuova cultura contro il fuoco) e avviando un discorso di collaborazione con gli istituti di formazione. Tutte le iniziative saranno coordinate in modo tale da poter fornire aggiornamenti (riviste, opuscoli mirati, ma anche tramite il sito internet assfor.it), dati, consigli, sempre al passo con i tempi. LASS. FOR, da sempre impegnata in prima linea in campagne di valorizza-
zione del patrimonio naturale della Sardegna ( si pensi alla rivista Na-
tura in Sardegna, ai Calendari e ai libri su flora fauna e ambiente pubblicati in sinergia con l'Editore Zonza), vuole cosi andare oltre il ri:--'}Rrh É46
raGhlì-125
_-'À!612@&rr10?
xm2ì=2s
stretto giro degli "addet-
ti ai lavori" e far giungere il proprio messaggio ai giovani, alle famiglie, a tutti coloro che avver-
tono l'importanza del problema ambientale. La responsabilizzazione sarà una delle nuove armi con cui combattere più a fondo i roghi che devastano la nostra isola e prostrano l'economia della Sardegna. Il progetto sarà portato avanti con la collaborazione di 27 comuni della Sardegna tra le Provincie di Nuoro e d'Ogliastra, con l'ausilio delle compagnie Barracellari, associazioni di volontariato e di cacciatori.
Anche il Rossiglione francese negli ultimi anni
Rocco Celentano, Assessore al Coverno del Terri-
ha visto diminuire il suo patrimonio boschivo a
torio, Urbanistica, Ambiente e Protezione Civile
causa di roghi , spesso dolosi
della Provincia di Nuoro
36 N0&ffi&d;
ffi&ffiffiffiruYffi
i
*Fuoco. Eiancamaria Bua
nemico" n'ffi&
qffiffi àà fu{*radm & dffferexrte"
pensai una volta giunta sulla collina più alta che offriva uno spettacolo naturale di cui i miei occhi non godevano da tempo. Presi la piccola mano di mia figlia e la tirai con delicatezza verso di me per condividere con il suo ingenuo sguardo il panorama. Una grande distesa verde intercalata da spruzzi di giallo, nelle sue mille tonalità stava proprio sotto di noi. La Sardegna in luglio era dawero un altro mondo. Il caldo soffocante mi diede tregua mentre ammiravo d'intorno la natura e con Ia macchina fotografica cercavo di immortalare il più possibile di ciò che vedevo: una vegetazione incon-
taminata, boschetti di splendidi alberelli, testimoni immobili del passato, chiamati ginepri e subito la brezza mi salava il viso indicandomi Ia spiaggia in un sentiero tutto di buongiorno e altre piante grasse. Mi misi a sedere mentre mia figlia accompagnava Ia sua stupefazione con degli "oooh" che mi riempivano il cuore. Ero finalmente riuscita a portarla nella mia terra, lei che non aveva avuto la mia fortuna ma era nata in città, Milano, dove la natura è un optional ed è finta anch'essa. Raccontai del bosco e degli animali che lo abitavano. Rimase un po' spaventata pensando ai cinghiali e alle volpi anche se f interesse che si scorgeva in lei era più forte della paura di un mondo che non aveva mai visto. "Non è degli animali che bisogna avere paura ma degli uomini" le dissi vedendola guardarsi attorno con aria diffidente mentre continuavamo lentamente la nostra passeggiata scendendo verso la spiaggia sabbiosa e la vegetazione si faceva sempre più bassa e rara. Quando ci fermam-
mo sotto un alberello piegato dal vento, subito dietro Ia siepe che divideva il boschetto dalla spiaggia, tolsi una tovaglia dalla borsa frigo e allestii un piccolo pic-nic mentre Carla gioPubblichiamo in anteprima due racconti che partecipano.al concorso "Un fiume di parole perspegnere gli incendi", regolamento.a pag. 32 di questa rivista
Naf*#Mil# :z
cava e si faceva spaventare da una lucertolina che sicuramente era più impaurita di lei. Mangiammo dei panini e rimanemmo
in silenzio, stanche per I'afa ma con il sonno conciliato dal lento ondeggiare dei rami allabrezza marina. Ci awicinammo e Carla crollò in un sonno profondo in cui la seguii anch'io. Dormii perché mi sentivo sicura in quel luogo così silenzioso.
Dopo qualche minuto forti schiamazzi mi svegliarono: deiragazzi con delle moto a quattro ruote giocavano ad inseguirsi sulla spiaggia con delle bottiglie di birra tenute a stento tra le ginocchia mentre in una mano avevano I'acceleratore e nell'altra la sigaretta, dall'accento non erano sicuramente italiani. Superarono Ia siepe e passarono a gran velocità sollevando la sabbia senza badare alla nostra presenza di cui proprio non si accorsero. Uno di loro, vistosamente ubriaco, andò fuori strada e cadendo perse la sigaretta e distrusse la bottiglia di birra che sorseggiava nel momento dell'incidente. Carla era spaventata, molto più spaventata di quando Ie parlai degli animali selvatici. Non ci muovemmo e lasciammo che se ne andassero. Di nuovo tornò il silenzio e le lucertole ripresero ad aggirarsi tranquille nella sabbia. Raccogliemmo la nostra roba e ci awicinammo al mare per bagnarci le caviglie e i polsi prima di ritornare alla macchina oltre la collina. La spiaggia era lunga da percorrere, andammo con calma raccogliendo conchiglie. Giunte alla battigia, senza scarpe, ci bagnammo con molta cautela in quell'acqua trasparente che solo alla vista rinfrescava. Presi Carla e le feci immergere prima i piedi e poi le mani e Ie passai le mie, già umide, su tempie e nuca. Mi voltai per indossare le scarpe quando un filo di fumo oltre la siepe si innalzava disturbato dal vento. Misi le scarpe alla bambina e ci dirigemmo immediatamente sul luogo guidate, oltre che s
38
N0f4m
dal fumo, dall'odore acre del fuoco che lentamente riempiva I'aria. Mentre mi avvicinavo mi venne in mente la sigaretta del ragazzo della moto.
Il maestrale alimentava rapidamente le fiamme che in pochissimo tempo si erano già impadronite di un albero mentre le scintille svolazzavano verso gli alberi vicini. Dovendo riassumere in una parola Ia mia sensazione del momento direi: Panico. Carla iniziò a piangere vedendomi impotente. La prima cosa che mi venne in mente fu buttare della sabbia sul fuoco ma nel momento in cui lo feci mi resi subito conto che la situazione stava diventando sempre più ingestibile. Intanto Carla piangeva. Presi il cellulare dalla borsa e composi il numero dei vigili del fuoco che mi rassicurarono dicen-
domi che il fumo era stato awistato immediatamente e le squadre stavano già arrivando sul posto. Nel frattempo cercai di rassicurare Ia bambina. Il fuoco arrivò presto, con una rapidità impensabile, alla siepe, e noi ci rifugiammo sulla spiaggia. Per un istante, mentre mi allontanavo, il mio sguardo si perse in quel rogo,mi caddero le lacrime, pensai alla fragilità della natura e alla sua bellezza minata da coloro che la dovrebbero difendere. Mentre I'elicottero girava sulle nostre teste e i fuoristrada ci raggiungevano Carla richiamò la mia attenzione e mi disse: "Avevi ragione mamma, è degli uomini che bisogna avere paura".
Ritornammo alla macchina
e senza
re, misi la borsa nel bagagliaio,
parla-
bewi un
sor-
so d'acqua e con un nodo in mo a casa amareggiate ma contente di essere state lì in quel momento per testimoniare quanto ci voglia veramente poco per distruggere un luogo bellissimo e la vita che esso ospita. Carla, rientrata a Milano, disse alle sue amichette che da grande sarebbe di-
gola rientram-
ventata una guardia forestale. Fui profondamente orgogliosa di lei.
ffi&ffiffiffiruTffi
I
l-e*r:arqlo Pilia
hmffiahim# dà 3# ;aramà x?*x§)#§txas?te &'et& xxe* sexr$*ru,* gàà g*"a§,a"{**.
Xre w§§r.wa
I Come
#rql
asffi
tutti i bambini di quell'età, cresciuti all'ombra della cultura
agro pastora-
Ie, venivo investito da compiti non propriamente dei piccoli. Ma non ero
il
solo.
Tanti dei miei amici d'infanzia, durante l'estate, trascorrevano buona parte della giornata in campagna: chi guidava il gregge, chi faceva il porcaro, chi come me,
durante I'estate, era impegnato nelle crociate ai passeri che distruggevano frumento e vite o vigila con i fratelli sulle orde di giovinastri e maturi ladri che attentavano al nostro pescheto. Le ore per scorazzare gaudenti e spensierati erano poche e in campagna inco-
minciavamo
a
udire le gesta dei grandi.
Gli insegnanti della mia
classe
di nascita non la pensavano così e I'impegno
per dare noi le basi scolastiche non è certo loro mancato, e ho ancora vivo
il ri-
cordo di un insegnante che, alla prima distrazione, senza infierire, ti ricordava le regole della geometria bussando con le nocche delle dita sulla tua testa.
NaIHfr[&g :s
Non tutti però hanno avuto la sorte di proseguire gli studi e ricordo rugazzi intelligentissimi assorbiti più tardi da quella cultura tribale che accomuna i testi scolastici allo stesso disprczzo con cui il viticoltore tratta l'erba puzzolona, o il mandriano l'assillo dei buoi. Molti si sono rifugiati "sotto le armi", in tanti sono emigrati, altri sono diventati muratori e minatori. Tanti di loro, sempre vivi nella mia mente, non li rivedo da vent'anni. Della mia classe di nascita solo in due (parlo dei maschi) abbiamo strappato un diploma di maturità. Ma Ia classe 60 ebbe dei buoni maestri alle elementari; di altre classi scorrono ancora davanti a me le immagini di scolari inquadrati come plotoni militari, marciare solenni allbrdine op-duè, con l'insegnante a far da caporale maggiore, e compiere a tempo di record il perimetro delle scuole elementari, che, debbo confessare, non aveva nulla da invidiare con quello del piazzale di un centro addestramento reclute. Giàl I miei insegnanti delle elementari. Cosa diavolo c'entrano loro in questo riassunto?
Uno di loro fu fondamentale nell'acuire una delle mie passioni: la poesia. E alla poesia è legato il mio primo ricordo sugli incendi in Sardegna. Avevo 10 anni, e la canicola di quel lontano mese di luglio del 1970 era talmente opprimente che credo il giorno la trebbiatrice rimase spenta nella grande aia ove, accatastati con maestria, stavano in grandi pile i covoni del grano. Io ero sdraiato all'interno di un filare di cipressi piramidali che fungevano da frangivento e naturalmente da riparo contro Ia ferocia del sole. Il frangivento era disposto in tre filari; distaccato, uno dei miei fratelli maggiori impegnato con me al pescheto nel turno di guardia, ritenne opportuno schiacciare un pisolino. T'addormenti chiesi io? Chi diavolo che vuoi che venga a rubare con questo caldo? Ascolta, nemmeno Ie cicale hanno voglia di cantare con un clima del genere, rispose lui, certo più arresosi ai 40 gradi e passa all'ombra, che cedevole ad infrangere gli ordini del babbo, che sulle ore di sentinella esigeva la massima concentrazione. Ma aveva ragione mio fratello. Per quel giorno i ladri non fecero capolino. Molti di loro erano pescatori d'anguille nei più svariati modi: dalla ftocina sino all'uso della calce. Quel giorno probabilmente preferirono le acque del Flumendosa. Armati di fucile subacqueo sfuggirono al gran caldo e si procurarono Ia cena, o vendendo le anguille, si guadagnarono i soldi per le sigarette. Poi di notte avrebbero tentato I'assalto al pescheto. Ma di notte c'era il babbo a vegliare. E lui non era certo uno che si faceva rubare Ie pesche sotto il naso. Più mio fratello cedeva all'impulso irrefrenabile del sonnq più in me scattava iI meccanismo opposto: gli ordini del babbo era sacri e io, certo per amor proprio, ero quasi felice che un mio fratello maggiore opponesse meno resistenza di me alla grande calura. Quando il suo respiro divenne regolare ed ebbi la certezza che il sonno lhveva vinto, per non cadere nello stesso tranello, incominciai con la mente a recitare versi di poesie che erano gia scolpiti nella mia memoria.
Iluomo in velluto arrivò furtivo e silenzioso attraversando i grandi tancati pianeggianti. Lui non si accorse della mia presenza poiché i fitti rami del frangivento mi celavano alla sua circospezione.
Uattimo prima che arrivasse io ripetevo con la mente i primi versi della poesia di Giosuè Carducci, Davanti a San Guido: G
40
Natffii
I
cipressi che da Bòlgheri alti e schietti
van da San Guido in duPlice filar quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono intorno e mi guardar....
Ilaccostamento del nostro frangivento con i cipressi del celebre poeta mi sembrava la massima conquista per un bambino di 10 anni che, 1o confesso, a quell'età non sapeva nemmeno dove fosse I'Emilia Romagna. Credo che dove sia situata l'Emilia Romagna, il piromane non I'abbia mai saputo. Egli, pur ignorando Ia classificazione nomenclaturale ideata dal grande Linneo, conosceva nell'idioma locale tutte Ie erbe e tutte Ie piante che crescevano nelle campagne ove vi ha trascorso l'intera vita, ma la scuola era stata quella dell'ovile, e gli educatori che vi ingrossano le fila da quelle parti, sono artisti nell'insegnare Ia dottrina del servire al rivale il minestrone a piatto freddo. I-luomo in velluto si guardò intorno. Anch'egli, come mio fratello, aveva sostenuto la tequel giorno solo ipazzi avrebbero osato sfidare la grande canicola. Per lui non c'era che si nessuno in giro. Anche il suo rivale probabilmente era intorpidito dal sonno e questo era per lui il momento tanto atteso. Non poteva sapere che un bambino di 10 anni, innamorato delle poesie, a circa trecento passi da lui, era testimone di un'azione umana che la Legge Penale punisce come delitto: l'incendio doloso. Con il fedele cane al suo fianco, il pastore afferrò lesto una manciata di stoppie di grano; sfregò un fiammifero accendendole e chino, con una breve corsa, aprì un fronte di fuoco di oltre 100 metri. Per svegliare mio fratello impiegai cllcamezzo minuto. Invece di stare a raccontarli quello che era accaduto gli indicai l'incendio. La vendetta era stata ben studiata.Le fiamme divorarono il breve tratto di pianura ricoperto dalle stoppie di grano e in un attimo assali-
rono Ia collina. Superato il crinale presero a divorare i pascoli della sottostante vallata con
un crepitio sinistro. I muretti a secco, che sarebbero dovuti
essere
un seppur lieve ostaco-
lo all'avanzata delle flamme si dimostrarono inefficaci. Sulla loro sommità i pastori usavano stendere rami di perastro e di biancospino per scoraggiare il bestiame a saltare. Ma ogni vantaggio ha il suo rovescio di medaglia, e queste barriere di rami spinosi s'incendiavano ancor prima che il fuoco arrivasse sprigionando tizzoni incandescenti che irradiavano le fiamme al tancato successivo. Intanto Ie campane del paese presero a suonare senza sosta e senza un ritmo ben definito. Era quello il modo in uso ai tempi d'annunciare gli incendi alla popolazione. Accorsero il rivale del piromane, i suoi figli, i vicini di pascolo, Ie campagnole degli addetti antincendio, volontari e gli oziosi rastrellati dai carabinieri nei bar, ma la vendetta era stata studiata nei minimi particolari. Dei pascoli per quell'anno non rimase più nulla. Il minestrone era stato servito a freddo; una inimicizia era stata ancor più consolidata, e un altro minestrone a freddo sarebbe stato da Iì a poco servito.
Nafum
+r
INCENDI
Testi
I
Augusto Boi
lncendi e prevenzone Si
riparla di incendi estivi.
Ricordo, quando ero ancora rugazzo, il frenetico rintocco delle campane a martello che
improwisamente, nellhssolato pomeriggio estivo, annunciava alla popolazione il propagarsi di un incendio nei terreni boscati del paese, situato alle
pendici del monte Arci. Tut-
te Ie persone valide accorrevano e con qualsia-
si mezzo si recavano sul posto per combattere le fiamme. Le cause di allora? Una ripulitura sbrigati va eseguita nella giornata sbagliata? Una vendetta? Chissà!
Come risultato: per diversi giorni l'incendio bruciava percorrendo centinaia di ettari di bosco causando notevoli danni alla vegetazione, raramente alle abitazioni e, quasi mai, venivano danneggiati il bestiame o gli esse-
ri umani. I paesi venivano ammantati da una pioggia di cenere, fitta e fastidiosa, mentre l'odore della legna bruciata e l'aumento della temperatura rendevano l'aria irrespirabile.
Oggi, purtroppo, chi vuole perpetrare disegni criminosi per colpire, quasi certamente, l'economia sarda in fase di crescita, deve soltanto attendere particolari condizioni ambientali e metereologiche che ne consentano I'attuazione rapida ed efficace.
Come già detto, gli incendi in Sardegna non sono una cosa nuova. Noi, forse, Ii accettiamo come un male congenito che la tradizione ha trasmesso con una certa continuità di espressione che però non aveva mai raggiunto toni tanto drammatici. o
42 Natt.l/ffi#:
Dalle cronache e dalle interviste alle persone colpite dagli ultimi incendi è emersa, almeno per quello che la stampa
e
la televisione
hanno trasmesso, una dura accusa alle strutture pubbliche per il ritardo dell'intervento nellbpera di spegnimento. La stessa accusa è stata formulata da amministratori locali, impotenti e impreparati a queste situazioni. Vorrei che si chiarisse una cosa. La pubblica amministrazione, e per tale intendo quella regionale, ha messo a punto un apparato tale che non trova eguale in altra regione italiana e conta su una struttura che opera sul territorio organizzata con squadre di pronto intervento dotate dei più moderni mezzi di lotta che la tecnica può mettere a disposizione. Sono state create apposite basi per elicotteri nei punti strategici delf isola che consentono di operare con tempestività al verificarsi del fenomenor non appena giunge la segnalazione. lmezzi aerei (elicotteri) vengono messi a disposizione da corpi militari statali e da azienf ronteggiare
de private specializzate nel settore convenzionate con la Regione Sarda.
Gli aerei antincendi, non sempre di bain Sardegna, vengono richiesti dal C.O.R.
se
(Centro Operativo Regionale) nei casi di massima emergenza e, per quanto siano in stato di preallarme, il tempo materiale occorrente per giungere sul luogo del sinistro è notevole. Non mancano i presupposti o le possibilità per poter avere i velivoli Canadair CL2l5, C 130 e G222 che sono però mezzi statali e non sempre disponibili.
La copertura del territorio per la segnalazione è realizzata con punti di awistamento do-
ve le vedette comunicano ai centri operativi,
via radio, ogni fenomeno di incendio. I centri prolvedono all'immediato invio dei mezzi adeguati per lbpera di spegnimento. Questo prevede, in poche parole, il Piano Regionale.
Bisogna però far capire che Ia prevenzione è senzaltro il miglior sistema per far fronte agli incendi estivi. Manca, è veto, un controllo continuo e la presenza di quel personaIe di polizia che nelle campagne potrebbe servire da deterrente nei confronti dei piromani di qualsiasi specie. La difesa passiva non richiede grandi strutture. Se si porta via l'elemento determinante,
Si fa cenno ad alcune opere che, oltre alla protezione danno, visivamente, una impronta di ordine e pulizia: la ripulitura andante, per una striscia di almeno 30 metri, di tutta la vegetazione erbacea ed arbustiva facendo seguire una potatura alta da praticare alle piante arboree radicate nella striscia; tale operazione si dovrebbe eseguire ogni anno ai primi di giugno lungo Ie strade dei complessi e nelle zone perimetrali delle ville isolate per garanti re una certa sicutezza.
È inoltre da promuovere, nelle zone a rischio, la rcalizzazione di grandi serbatoi d'acqua per poter attingere in caso di emergenza..
che è il materiale infiammabile, il fuoco deve per forza spegnersi.
In questo caso sarebbe molto utile il contributo dell'iniziativa privata che con una forma di collaborazione potrebbe agevolare il compito della struttura pubblica.
La legge regionale n' 13/59 prevede degli incentivi per quei proprietari o conduttori di terreni boscati che intendono rea-
lizzarc operc di difesa passiva quali striscie parafuoco, viabili tà, ricerche idriche e vasconi di accumulo. Per quanto riguarda le responsabilità e le garanzie della pubblica sicurezza credo sia compito del magistrato accertare eventuali inadempienze. In simili situazioni viene da chiedersi come mai nelle concessioni di licenze amministrative non siano state imposte, specie nei campings e nei residences, data la pericolosità delle zone in cui vengono spesso ubicati, particolari norme di sicurezza per Ia difesa dagli incendi, e in caso affermativo, se vengono effettuati annualmente i controlli per riscontrarne la perfetta efficienza.
Altra possibilità può venire dallo sfruttamento delle acque depurate dei grossi centri turistici, al fine di adoperarla quale mezzo per alimentare una rete idrica antincendio
che potrebbe prevedere delle colonnine con manichette in prossimità degli idranti. Il tutto rcalizzato con materiali idonei atti a fronteggiare simili circostanze.
I centri turistici che ospitano ogni anno una clientela di un certo ceto sociale dovrebbero dotare i terreni di loro pertinenza, siano essi boscati, arbustati o cespugliati, di al-
Naffim
+:
meno un posto di awistamento con base nel complesso, dotato di apparato ricetrasmittente per segnalare tempestivamente ogni even-
tuale pericolo in modo da renderne edotti i residenti con segnalazioni acustiche particolari, dando istruzioni e norme di comportamento per i casi di incendio. Non dovrebbe impensierire il costo dei più sofisticati mezzi di awistamento o con telecamere che trasmettono al video base tutto quello che awiene entro una certa superf,cie di territorio o, addirittura, le apparecchiature di rilevamento all'infrarosso, già sperimentate dal Corpo Forestale in quel di Lanusei, che segnalano ogni minimo aumento di temperatura dovuto a fenomeni anomali, indicando il punto esatto dove si verifica il fenomeno stesso. Senzaltro il valore della vita umana è da ritenere di molto superiore al costo di simili apparecchiature. Agli amministratori degli enti locali pe-
riferici che ricevono dalla Regione, quasi tutti gli anni, delle somme da utilizzare nella campagna antincendi, sarà bene raccomandare il miglior uso dei flnanziamenti ricevuti sfruttandoli appieno per lo scopo prefissato. Qualcuno lamenta la mancanzadi una normativa adeguata. Le norme esistono. Bisogna soltanto mettere ordine in quella marea di disposizioni che impediscono, a volte, la normale applicazione delle leggi forestali in tutta la loro completez-
Mi riferisco alla legge 431 che, per assurdq impedisce talvolta la rcalizzazione delle striscie parafuoco a salvaguardia di boschi esistenti, o quanto meno ne vanifica I'efficacia. Posso citare la legge n'368 del l4l7ll898 o Regolamento per la prevenzione degli incendi in Sardegna che detta norme a cui attenersi per prevenire i roghi. II fatto che la legge risalga al 1898 ribadisce ancora una volta come Ia Sardegna sia stata, e sia tuttora, unazona ad alto rischio. za.
La legge U3175 6
++
Nafum:
rf
47 stabilisce finalità, pro-
grammazione e mezzi di prevenzione per Ia difesa dei boschi dagli incendi.
Con l'osservarza di queste due leggi, dell'Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale e lhpplicazione delle più elementari norme selvicolturali in tutti i boschi dell'isoin quelli realizzati con essenze resinose, si potrebbero ottenere risultati tali da poter garantire la difesa dell'ambiente e la tuIa, specie
tela del paesaggio, nonché la massima sicurezza a chiunque durante la stagione estiva dovesse programmare dei periodi da trascorrere in montagna. IJapplicazione e lbsservanza delle norme è demandata al Corpo Forestale Regionale che attualmente non riesce a svolgere appieno i compiti istituzionali per mancanza di personale. Auguriamo che le prove del concorso in atto vengano completate in tempi brevi per consentire di riattivare, in tutta l'isola, il servizio di controllo nelle campagne e nei boschi, oggi svolto in condizioni di assoluta precarietà. Non ultima, forse mi ripeto, è Ia collaborazione delle persone che risiedono in loco, specie quelle dedite alla campagna, con le quali sarebbe bene aprire un dialogo cercando di
far capire l'importanza, soprattutto sotto il profilo economico, dellbpera di prevenzione illustrando loro quali e quanti danni possono procurare gli incendi, dare suggerimenti, fornire a tutti dati sulla legislazione vigente per le migliorie alle aziende e quanto altro possa interessare per innalzare le condizioni di vita di quelle popolazioni. Questa forma di assistenza susciterebbe il rispetto per i forestali e, se vogliamo, di confidenza che potrebbe portare alla immediata segnalazione di qualsiasi anomalia dovesse verificarsi nel territorio dove queste persone vivono. La Regione Sarda ha prodotto uno sforzo notevole per organizzare qualcosa di positivo che non ha però trovato eguale rispondenza nella organizzazione statale e non fa certo piacere sentire il Ministro della Protezione Civile che al di sopra di tutto, anche delle vite umane, pone ltmergenza economica.
INCENDI Testi
Livio Peluffo Bruno Moro
La macchina antincendio portabile
ome sappiamo gli incendi sono fenomeno assai generuLizzato in Sardegna. Il rogo distrugge non solo un,area ambien-
tale, ma al tempo stesso impedisce ad una determinata zona una pacifica crescita economica. La prevenzione è uno dei modi più qualificati per porre fine allo scempio che, soprattutto in estate, si abbatte sulla nostra isola. Per poter efficacemente operare nel territorio occorre essere dotati degli strumenti adatti. È così che la Amatori s.r.l., con sede a Prato Sardo, ha brevettato la MAp, un utensile motore a spalla derivato dallo studio degli atomizzatori a spalla utilizzati in campo agricolo. La MAP è un atomizzatore antincendio, professionale, progettato unicamente come strumento per combattere i ro-
NaWW:
+s
ghi. Tra le sue caratteristiche: sicurezza,praticità, visibilità, funzionalità, ergonomia. La MAP è dotata di: serbatoio acqua portante ad alta resistenza, serbatoio carburante im-
merso nell'acqua, ergonomia e baricentri migliorati, cintura ventrale e pettorale regolabili, maniglia di trasporto e presa, tappo immissione carburante maggiorato, canna alleggerita e bilanciata, rispondenza alle più recenti norme in materia antincendio e di sicurezza sul lavoro, dispositivo di flssaggio sugli autoveicoli. La rispondenza a tutte le normative CE permette alla MAP di conquistarsi un posto di rilievo nella categoria degli strumenti antincendio, coniugando resistenza, sictuezza e praticità diutilizzo.
Per maqgiori infarmazioni sul prodotto è possibi-
le rivolgersi direttarnente all'azìenda produttrice
contattando il numero telefonico 0784 29 40 22 oppure inviare un fax allo 0784 29 40 23.
a
46
Na[t76;,;
FAUNA Testi e foto
I
Francescc Fois
Pierpaola Piras
Una
vedo di
ross
vestita I / l;xJ:?:?,: I f
$H'"'"Jl,ili'31.
plta cne ra vlsta or un ragno o ol un lnserro provocnr orsgusro, ura
non di rado, terrore. Colpa delle leggende che circolano e di scarsa informazione. Uincontro può finire con una sonora ciabattata,
e,
il
minuto avversario come se fosse la cosa più pericolosa al mondo. Non è facile spiegare il motivo di questa fobia: di schiacciando
primo acchito si può pensare alla cura della propria incolumità. Chiariamo un concetto: la Sardegna, per quanto sia un'isola vasta, eterogenea ed antica, non ospita specie animali particolarmente pericolose per l'uomo. Le uniche eccezioni si possono annoverare
fra gli invertebrati, come per esempio fra i ragni. La specie più temibile è la cosiddetta Malmignatta, chiamata anche Falange volterrana, o Vedova nera Mediterranea, il cui nome scientifico è molto simile ad uno scioglilingua : Latro dectus tre de cimguttatu s.
Il
suo aspetto è decisamente più affasci-
nante: si tratta di un ragno molto elegante con zampe lunghe, snelle e un addome globoso di colore nero lucente, con tredici macchie rosse sulla parte dorsale. Le macchie (tredecimguttatus è riferito proprio a questa caratteristica) possono essere anche di colore giallo, a volte scure e appena visibili. C'è differenza tra gli esemplari: la femmina può raggiungere i 17 mm di lunghez-
NaA4Sp.. +t
za (escluse le zampe), il maschio, più picco1o,èlungocirca3-5mm.
mente immobili, in attesa che la preda, soprattutto piccole cavallette e grilli, capiti nella loro
La Malmignatta, che in Sardegna viene comunemente chiamata Argia, è imparentata con la più nota Vedova nera americana (Lactrodectus mactans), diffusa in Nord America e nelIe Antille, e il suo morso, come quello della parente a stelle e strisce, può essere considerato pericoloso. Si è stimato, infatti che il suo veIeno sia almeno quindici volte più potente di quello di un serpente a sonagli: per fortuIa dona della malcapitata vittima se inoculata con un morso è molto scarsa e i casi con esiti letali sono rari ( raggiungono lL 4 - 5o/o del totale). Bisogna comunque tener presente che, in linea di massima, i ragni non sono animali aggressi-
la
tela: basta uno scatto fulmineo per gettarsi sul-
vittima, invischiandola con particolari fili
seta, e trafiggendola con i cheliceri, organi utilizzano per perforare e inoculare il veleno. Uccidono quasi istantaneamente.
di
che
La femmina è quella più pericolosa. I maschi, più piccoli e gracili, non sono dotati di cheliceri sufficientemente robusti: per tale motivo, costruiscono minuscole tele, nutrendosi di prede dalle modeste dimensioni. Quando arriva
delle femmine
suali che queste ul-
giamento, che consiste
- fra l'altro - nel crearsi qualche via di fuga destrutturando in qualche punto la
salvezza
Il veleno è in primo luogo destinato a panlizzare Ia preda e, secondariamente a difendere il ragno dalle
tela della compagna, il maschio, dopo
vari tentativi, si awicina per accoppiarsi. Dopo
aggressioni di altri animali, uomo compreso.
Malmignatte
Ia copula, però, si consuma il suo
so-
dramma: non rie-
no ragni sedentari e poco mobili che vivono in genere sotto le pietre, all'interno di incavi rocciosi o alla base di vecchi tronchi. A volte sfruttano vegetazione bassa. Costruiscono tele molto semplici e irregolari tra il fogliame, nelle crepe, tra fessure e
detriti, nei campi incolti o coltivati, nelle cataste di legna e nei giardini, ma possono invadere anche gli edifici: soprattutto i bagni di case vecchie o di campagna, dove il tasso di umidità è alto. A Cagliari, non molti anni fa, ne venne segnalato un gran numero nel quartiere di Castello, adatto a ospitare l'animale. Qualche timore ma nulla Di norma, stanno a pancia in su, assoluta-
più.
ù
4s
N0m&5
e
time rilasciano. Attraverso un particolare tipo di comportamento e di corteg-
più delle volte la via della fuga. II morso viene inferto come unica e so-
Le
riprodu-
zione i maschi vanno in cerca
vengono attratti dai feromoni ses-
vi: quando si trovano in pericolo, scelgono il
la possibilità di
il momento della
sce a scappare e
viene divora-
to dalla consorte. Da qui la derivazione del nome "vedova" nera. Un mese circa dopo lhccoppiamento, la femmina depone le uova in particolari sacchi ovigeri di tela chiamati cocoon, ciascuno dei quali può contenere fino a 450 uova. Tra grugno ed ottobre può effettuare fino a sette, talvolta otto, ovodeposizioni. Deposte le uova nella tela, la madre veglia su di esse e le protegge.
la tradizione popolare ritiene che questi animali, protagonistidivariraccontieleggendg sia-
La Malmignatta è comunemente conosciuta con
il
nome di Vedova nera Mediterranea
no l'incamazione di anime malvagie, punite da Dio per non aver reso omaggio al Cristo nel giorno del Corpus Domini. Tramutate in Arge, gli spiriti dannati si vendicano con il loro morso letale. Esistono però particolari rituali che riescono a guarire le vittime del ragno, chiamati argiati. Uno dei più conosciuti consisteva nell'immerge-
Certe irrazionali paure che oggi ci fanno sorridere, in altri tempi hanno condizionato intere popolazioni: emblematico il caso del grosso ragno chiamato Tarantola (Lycosa tnrqntula), il cui morso, praticamente innocuo, ha scatenato vere e proprie suggestioni di massa. Fino al secolo scorso per guarire i "tarantolati",
in fermentazione tenerla sveglia per tre giorni e tre notti facendole danzare intomo tre schiere di donne che cantavano: sette nubili, sette sposate e sette vedove. Si riteneva infatti, che sArgjapotesse essere di tre razze: bagadìa (nubile) se maculata di rosso, coradn (sposata) se maculata di giallo e viuda (vedova) se di colore completamente nero. Per far guarire il malcapitatq attraverso pratiche misteriose, si risaliva alla tipologia di anima incamata nel ragno. Era altresì in uso guarire gli argiati recitando degli scongiuri tipici a seconda delle diverse zone della Sardegna, e praticando dei rituali spesso complessi, come quello di simulare un-ipotetica lotta con il ragno. Tale lotta culminava sempre con l'uccisione di un altro esemplare catturato per lbccasione.
probabilmente morsi invece dalla Malmignatta, si organizzava una frenetica danza collettiva/ con svenimenti ed estasi isteriche. Questa danza magica e misteriosa è la ben nota "Tarantella".
re la persona colpita nel letame
e
È utite ricordare comunque che i ragni, salvo rare eccezioni, sono pressoché innocui. Il discorso cambia ad altre latitudini, nelle zone tropicali e sub-tropicali del pianeta, popolate da alcune creature micidiali. È anche vero che, circa una ventina di anni fa, la Vedova nera mediterranea era assurta agli onori della cronaca, quando nell'estate del 1987 si verificarono due casi di morte accidentale a Genova. Ma la psicosi è tutta un'altra storia.
NoIÀffi
+o
Regno: Animalia
Phylum: Arthropoda
'
Classe: Arachnida Ordine: Araneae
Iamiglia: Theridiidae Genere: Latrodectus Speciel Latrodectus tredecimguttatus (P, Rossi, 1790) Nomr cornune: Malmignatta Dìstribuzione: la Malmignatta vive nella regione Medìterranea, fino all'Arabia Saudita, e al Nord Afrim, in Etiopia. La troviamo in Asia centrale, Russia meridionalr, Caucaso, Europa del sud, Canarie e Corsica. ln ltalia è comune in Toscana, Lazio, Liguria e Sardegna. La sua presenza massicda nella nsstra regione è testimoniata dai molt'i nomi locali che k vengono attribuiti [Argia, Aza, Arxata,
kza, Yarza.,.). Di recentr
è stata segnalata nel Sassarese, nel Campidano e nel Cagliaritano.
Cattura dell'esemplare: il ragno si può catturare con I'ausi'lio di pinzettt lunghe almeno 15 cm. Qualora l'esemplare fosse responsabile di una pufitura, è netessarìo inviarlo, per la corretta identiicazione, all'ospedak, alla A.S.L. o al più vicino ìstituto Zooprofilattico. Qualificate anche I'Università o al Centro antiinsetti della Provincia.
Awelenamento: I'intossicaziane prodotta dal veleno dei ragni, che contiene una varietà di componenti proteici e non proteici, è chiamata aracnidismo o, più correttamente, araneidismo. La quantità e ìa composizione del veleno è complessa e molto variabile da specie a specie. Di solito i risultati di un morso di un ragno sono limitati all'area colpita dove si manifesta un piccolo edema rossastro che tende a scomparire nel giro di poche ore. §intomi generali possono verificarsi però in soggetti ipersensibili, in bambini e negli anziani. La gravità dei danni dipende dalle dimensioni del ragno, dalla quantità di veleno inoculata, dalla mole del morsicato e dal suo stato di salute. Tipo di lesione provocato dalla Malmignatta: molso con iroculo di veleno attraverso dut cheliceri, Composizione del veleno: ilveleno della Malmignatta è composto da una parte proteica e una parte non proteica. È ei tipo neuro-tossico {agire cioè sul funzionamento del sistema neryoso e su}la sua attività di eoordinazione muscolare). Possiede neurotossine {alpha-latrotossina, alpha*latroinsectotossina), ialuronidasi e serotonina. lJalpha-latrotossina agisee nell'uomo a ìivello delle sinapsi, mentre lhlpha-latroinsectotossina nort è attiva,
Sintomi: i sintomi del morso sono locali e generali- Quelli locali si manifestano tramite rossore ed eechimosi dolenti, accompagnate da edema più o meno pronunciato nel punto del morso stesso. Nell'arco di circa 25-60 minuti possono insorgere i sintomi genetali e I'infortunato accusa ìpersudorazionr, febbre, cefalea, nausea, vomito, contrazioni addominali, addome dolente, senso di angoscia, incoordinaziore motoria, convulsioni, spasmi muscolari, fiRo ad arrivare alla paresi locale deg:li arti. La vittima può manifestare uno stato confusionale abbastanza serio. Nella fase acuta poseono insorgere complicazioni cardiache e polmonari che possono avere esito infausto; le persone piu a risehio sono i bambini e persone con disturbì cardio-polmonari o ipersensihili ai componenti del veleno. ll quadro cìinico generale petdura per circa 24 ore, i sintomi scompaiono in 3-4 giorni. La prognosi va riservata fino a quando i sintomi generali non iniziano a regtedire, ammesso che nel fiattempo non siano insorte altre complitanze a carico di altri organi, come cuore o pol,l
50
NOM'
moni, ln perone ipersensitriIi possono insorgere gravi rea-
zioni anafilattiche
sistemiche
(shock).
Trattamento: a pochi minudal morso è utiÌe la suzione del veleno mediante siringhe
ti
a ventosa (è vivamente sconsigliato ellettuare suzioni con la bocca). La suzione diviene
inutiie dopo circa 30-35 minuti dal morso in quanto il veleno è ormai diffuso ai tessucircostanti I'area di inocu-
ti
Iazione.
ln
attesa del medico, puo
esseTe appronl-ato
un bendag-
gio linfostatito
utilizzando
un latcio emostatico, prestando atfenzione ad allentarlo, di
ìl trattamento ospedaliero mira ad attenuare i sirrtomi lotali e generali, e a monitorare i parametri vitali, supporl.ando le lunzioni vitali qualora risulti necessario. Localmente si puo intervenire con pomate anestetìche o antistaminiche a secontanto in lanlo.
da del dolore e dell'estendersi dell'edema e deìl'ecchimosi. Bisogna disinfettare la parte e verificare ia validità della vaccinazione antitetanlca. Per placare le reazioni anafilattiche è consigliato I'uso di cortisonici, antistaminitj o l'adrenalina nel caso di reazionì gravi con ipotensione (shock anafilattieo). Se presente doìore intollerabile è Lrene somministrare antidolorifi ci. È necessaria comunque ì'ospedalizzazione fino a quando i sintomi generali non siano regreditì completamente. Se ìa terapia sintomatica (farmacological non ha successo è necessario somministrare una fiaìa di antivenina (antisiero specifico) dopo aver eseguito iì test cutaneo di sensibilità. Una volta desritti i sintomi, un jncontro ravvicinato con la Maìmignatta potrà sembtare una sciagura. ln realtà non Lrisogna drammatizzare più di tanto. Basta osservarìa senza toccarla o, peggio, infastidirla, ricordando che bisogna aver rispetto di tuite le forme di vita, belÌe, brutte o orripilanti che siano. Bandite quindi ciabatte e giornali: I'animale avrà sicuramente più paura di voi e cercherà di scappare. Se proprio doveste trovarvelo in casa, magari sotto una catasta di legna, rinverdite la tradizione: limitatevi a trallare una tarantelìa, recitando qualche seongiuro, piuttosto che rincorrere il ragno per schiacciarlo a tutti costi. Anzi, con l'aiuto dì una pinzetta, trasferitelo in un altro luogo, in maniera tale che questa superba creatura possa continuare a vivere, dimenticando presto il curioso incontro.
Nafu6;;
sr
I
i
FAUNA Testi
I
Sandro Pisanu
lnfluenza avlafla viaria: malattia che colpisce i volatili o psicosi da polli? Da quando i primi casi sporadici del temuto virus H5N1 hanno fatto capolino in Italia, la paura e la diffidenza dei consumatori stanno portando un comparto, quello dellhllevamento, al tracollo. Con annessi e connessi, riguardanti denaro e persone: persi in totale, da quando la crisi è partita, più di 650 milioni di euro, al ritmo di 6 al giorno, con una
che catastrofi e possibili malattie contagiose varcano i confini asiatici e le immagini televisive della caccia ai volatili in Turchia hanno sicuramente fatto andare di traverso il boccone a molte persone. Casi in Germania, in Francia, fino ad arrivare al Germano reale trovato a Perugia e ai cigni infetti: il cerchio si stava stringendo e con esso sono arrivati i primi sintomi della psi-
stima che si aggira intorno ai 30mi1a cassaine lo spettro di altri 9Omila tagli al personale. Oltre il 70o/o ll calo dei consumi. Una vera e propria sindrome che rischia di mettere in ginocchio un'intera economia, per una crisi che viene continuamente ridimensionata da operatori del settore, associazioni di categoria e dalle istituzioni ufficiali, Organizzazione Mondiale della Sanità e ministeri vari in testa. "Mangiate la nostra carne di pollo, non cè pericolo di contagio", è il refrain del ministro della Salute (e degli assessori regionali) con un plauso incoraggiante della Ci4 Ia Confederazione italiana agricoltori. Si moltiplicano manifestazioni inpiazza con banchetti a base di carne avicol4 piatti di pollo arrosto condito con patate, spizzicato senza forchetta, più per dare un segnale forte a chi è terrorizzato dal possibile contagio animale-uomo e dal rischio di una pandemia (malattia che viene trasmessa in tutta la po-
laio in terra teutonica. Il riscontro della malattia in Indi4 riferito il 18 febbraio, fa parte di una
tegrati
polazione) che perbuon appetito. Rischio possibile quello del virus ma che ha ar,rrto fino ad oggi riscontri troppo bassi e controllabili per creare effetti di panico di questa portata. Certo, di norma in Italia si inizia ad aver paura una volta t
52
N(7ftdffi{
cosi. I giornali spacciavano anche i mondiali di calcio a rischio, per la presenza di qualche foco-
tendenza generale alla rapida diffusione geograf,ca del virus fra gli uccelli domestici e selvati-
ci riscontrata ultimamente. Illndia è solo uno dei 13 Paesi che dall'inizio di febbraio hanno ri-
portato il loro primo caso di infezione da H5N1 fra gli uccelli; gli altri sono, in ordine temporale, Iraq, Nigeri4 Azerbaiian, Bulgaria, Grecia, Italia, Slovenia, Irarl AustriE Germania, Egitto, India e Francia. Francamente, ma senza sottovalutare il fenomeno, sembra tutto troppo amplificato. Prudenza sì, ma sempre con Ia dovuta ratio. Per quanto riguarda la salute umana/ le esperienze degli ultimi due anni hanno mostrato che il rischio è presente quando il virus si stabilisce entro piccoli allevamenti a gestione familiare, dove ci sono continue occasioni di contatto diretto tra l'uomo e gli animali. I-iesposizione a lungo termine favorisce così 1o sviluppo di infezione. E stato comunque provato che il virus non si trasmette facilmente dagli uccelli all'uomo. Rari i casi riscontrati fra persone che lavorano con il pollame o che lo abbattono e fra i veterinari. Le infezioni nell'uomo sono stati attribuiti al con-
Le ultime notizie pro-
venienti dai centri di profilassi hanno messo in allarme gli ad-
detti ai lavori, terrorizzati da una possibile pandemia
.';
tatto diretto con polli da cortile malati, spesso durante la macellazione, 1o spiumaggio, Ia vendita e la preparazione per il consumo. Viceversa/ nessun caso per il consumo di uova o carne di pollo opportunamente cucinate, perfino in quelle case dove si sapeva che Ia malattia era presente fra il pollame. A seguire le "tabelle accademiche" che riguardano una possibile pandemia ci troviamo di fronte al cosiddetto periodo di "allerta pandemia", una fase tre su un livello allerta di sei, cosiddetta intermedia: si sono presentati casi di infezione nell'uomo di un nuovo sottotipo di virus ma non c'è ancora una trasmissione diretta della malattia da persona a persona. È necessaria una cofietta campagna informativa e una rupida tipizzazione del virus, per circoscrivere e dare immediata risposta a partire dai primi casi registrati. Campagna che a dire il vero è ,rurrrru u spron battuto per frenare gli isterismi
e una psicosi tipicamente italiana: nessun caso
di morte, pochi quelli accertati di volatili selvatici e allevamenti posti sotto stretta sorveglianzarron sono stati sufflcienti a convincere i nostri compaesani. Che, come per la blue tongue (la lingua blu) e la muccapazza, hanno deciso di bandire dalla tavola pennuti e afflni. Risultato scontato: crollo di consumi e vendite. Mercato in ginocchio e prezzi della carne al chilo che sono precipitati da 1,5 euro a 0,90. Eppure i nostri temerari (l) vicini di casa tedeschi e francesi hanno reagito diversamente e i prezzi sono rimasti pressoché stabili: in Germania si sono mantenuti tra 1,6 e 1,8 euro al chilo, in Spagna c'è stato un calo da 1,5 a 1,3 euro al chilo e, in Francia, da 1,8 a 1,4 euro al chilo. Niente a che vedere con i nostri mercati. E qualche maligno sostiene che tutto sia stato montato ad arte. In ogni caso, da qui alla psicosi ce ne passa/ come hanno confermato Ia maggior parte di viro-
Nafuml
s:
e epidemiologi in tutta la penisola. Così il dottor Greco, napoletano, impegnato da decenni nella prevenzione sanitaria: "Lltalia ha alrrto 6 epidemie di febbre aviaria a bassa patogenicità tra i volatili negli ultimi 5 anni, sono stati abbattuti circa25 milioni di polli, non stiamo parlando di un paese h normalitài anche se non abbiache si terrorizza per f influenzaaviaia. mo avuto Ia variante asiatica dell'H5N1, abbiamo a\,'uto I'HZ l'H9 e anche l'H5 ma I'N2". Lo studioso conclude con una rassicurazione: "E poi l'Italia si è già aggiudicata 36 milioni di dosi di vaccino - ancora in corso di sperimentazione - in caso di pandemi4 stipulando contratti di assicurazione per 5,4 mitioni di euro con le aziende farmaceutiche Chirorl Aventis Pasteur Sanofi e Solvay, oltre ad aver fatto scorte di antivirali". Scienza, esperti e associazioni di categoria vanno per una volta dhccordo e trovano sostegno in piccoli ac-
logi
t
a limitare gli effetti propinati dalle immagini televisive di animali morti e degli abbattimenti di interi allevamenti. Basta infatti considerare che il virus H5N1 non è resistente a temperature superiori i 60 gradi: un pollo arrosto non dowebbe quindi presentare alcun pericolo. Ma tant'è. Intanto, monitoraggi continui per limitare il fenomeno, continua la corsa per assicurarsi aiuti da parte dell'Unione Europea, sollecitata a prendere posizione sull'accaduto e a fornire misure speciali per tamponare l'emorragia di vendite nel settore. Interventi straordinari richiesfl anche al nostro Govemo, per dare una boccata dbssigeno alle famiglie colpite dalla cassaintegrazione e alla perdita di capitali da parte delle
corgimenti che dovrebbero far riflettere, andando
aziende. E quel decalogo che dovrebbe rassicurare i più ansiosi, con tre regole
tutte: non toccare gli animali infettati e in ogni caso lavarsi bene Ie mani. Prima di consumare uov4 assicurarsi che siano pulite dalle feci dellhnimale. Consumare carne cotta. Basteranno dieci suggerimenti adaresicurezzaa quelle persone che hanno eliminato la carne bianca dal proprio menù, a chi non porta più i figli al parco per il terrore che un cigno killer li possa infettare o a chi pensa che dietro una paperella si nasconda una specie di kamikaze? Forse no, ma almeno che si riporti un po'di normalità in un paese sempre scosso dai titoloni a cinque colonne, sonnolento quando le disgrazie capitano in casa d'altri e catastrofico nellhffrontare i problemi interni. Prudenza. Nessun disfattismo, per carità. Ma prudenza. E una consolazione: non viviamo in Americ4 che però non sembra scossa più di tanto dal problema. Ci pensate a un "Giorno del ringraziamento senza tacchino"? su
(tratto dal sito del Ministero della salute - copyright CCM - centro nazionale per la prevenzione
ù
54
N0f,*ffi:
e
il controlÌo delle malattie)
PER SAPERNE DI PIU' Che cos'è Linfluenza aviarìa è un'infezione dei volatili causata da virus influenzali del tipo A. Puo interessare sia gli uccelli uccelli selvatici sia quelli domestici (per esempio polli, tacchini, anatre), causando molto spesso una malattia grave e perfino la morte dell'animale colpito. ì virus influenzali appartenenti al tipo A possono infettare anche altri animaìi (maiaìi, cavalli, delfini e balene) nonche l'uomo, creando così la basi per fenome-
ni di ricombinazione in caso di infezione contemporanea (co-infezione) da parte
di diversi
ceppi.
La maggior parte dei virus influenzali
avia-
ri non provoca sintomi o provoca sintomi
atte-
nuati negli uccelli selvatici, in particolare uccel-
li
acquatici migratori, che costituiscono pertanserbatoio naturale dell'infezione. Linfezione viene mantenuta da alcuni uccelli acquatici che fungono da serbatoi del virus, ospitandolo nell'intestino anche senza mostrare una sintomatologia evidente ed eliminandolo con le feci. Gli uccelli infetti, anche se non visibilmente malati, eliminano il virus con la saliva, con le secrezioni respr'ratorie e con le feci; il contatto di uccelli suscettibiìi con questi materiali, o con acqua contaminata da questi, determina la trasmissione dell'infezione; Ia trasmissione fecaleorale è la modalità di trasmissione più comune. ìl virus può soprawivere nei tessuti e nelle feci di animali infetti perlun ghi periodi, soprattutto a basse temperature (oltre 4 giorni a 22" e più di 30 giorni a 0') e puo restare vitale indefinitamente in materiale congelato. Al contrario, è sensibile all'azione del calore (almeno 70') eviene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti. Dove si sviluppa ìì virus dell'influenza aviaria si è
to il
sviluppato inizialmente nei Paesi deì Sud-Est asiatico, a metà del 2003. Ma con iì passare del tempo, a partire dalla fine di luglio 2005, i rapporti ufficiali deìl'0ie (l'Oryanizzazione mondiale per ìa sa-
nità animale) indicano che il virus H5N l ha esteso la sua diffusione geografica. Sia la Russia che il Kazakhistan hanno segnalato casi di influenza aviaria nel pollame e mortaìità negli uccelli migratori infettati dal virus. Focolai epidemici (in animaìi) sono stati attribuiti al contatto tra volatili e uccelli selvatici attraverso la condivisione di fonti idriche. Si è trattato dei primi focolai epidemici di virus influenzale aviario H5N1 ad aìta patogenicità in que-
sti due Paesi, entrambi considerati in precedenza liberi dal virus. A gennaio 2006 il virus continua a
essere segnalato in molte parti del Metnam e delI'lndonesia, in Thailandia, alcune parti di Cambogia, Cina e anche nel Laos. Per quanto riguarda l'Europa, casi di animali infetti sono stati individuati in Romania, Croazia, Ucraina e Turchia.
Pericoli per I'uomo tuomo puo infettarsi con il virus dell'influenza aviaria solo in seguito a con-
tatti diretti con animali infetti (malati o morti per influenza aviaria) e/o con le loro deiezioni. Non c'è infatti ancora alcuna evidenza di trasmissione attraverso il consumo di carni avicole o uova dopo la cottura e non ci sono ancora prove di un'efficiente trasmissione del virus da persona a persona. Daì 1997 al gennaio 2006 si sono verificati alcuni episodi documentati di influenza da virus aviario nell'uomo; in tutti i casi si è trattato di trasmissione da volatili domestici. Ma come si manifesta il virus nell'uomo? ì primi sintomi compaiono dopo un periodo di incubazione variabile (da 1 a 7 giorni): di solito sono gli stessi dell'influenza tradizionale, vale a dire febbre, tosse, maì di gola e dolori muscolari. Possono arrivare anche a infezioni oculari, polmonite e sindrome da distress respiratorio acuto. Nei casi finora documentati di infezione aviaria da ceppi H5N1, ìa mortalità nell'uomo varia dal 30 al 70-B0o/0. Nelì'epidemia di infezioni da virus aviario H7N7 osservata nei Paesi Bassi nella primavera 2003, ìe manifestazioni sono state, per Io più, a livello congiuntivaìe, con alcuni casi di manifestazioni di tipo influenzaìe ed un decesso per sindrome da distress respiratorio. La trasmissione da persona a persona di ceppi di influenza aviaria è stata osseryata soltanto in occasioni ìimitale, in quanto i virus aviari non sono adattati all'uomo: un caso di trasmissione da persona a persona è stato osservato ad Hong Kong nel 1997 (virus H5Nl); nei Paesi Bassi si è osseryata trasmissione interumana ìimitatamente alle forme oculari Mrus H7N7); recenti studi, effettuati sia in Thaiìandia che in Vietnam, i due Paesi in cui si sono manifestati focolai di influenza aviaria nel 2004, hanno messo ì'accento sulla probabilità che alcuni casi si siano generati attraverso contatti stretti e prolungati fia persone dello stesso nucìeo familiare. l-ipotesi è scaturita daìl'analisi di alcuni fattori: per esempio, la comparsa di più casi nella stessa famiglia, un periodo di incubazione compatibile con trasmissione interumana, la mancanza di contatto con animali malati per alcuni soggetti. Prevenzione Con I'obiettivo di impedire che la malattia si introduca nel territorio dell'Unione eu-
Nat6ffi
ss
il T\4inistero della Saìute hanno adottato alcune misure: il divieto di importazione dalla Thailandia di carne di pollame e prodotti derivati, il divieto di importazione di uccelli ornamentaìi e da voliera da tutti i Paesi interessati dall'epidemia. Divieto assoluto di esportazione di polìame e derivati per gli altri Paesi in cui è stato individuato il virus dell'influenza aviaria H5N1. llobbligo che sulle carcasse di volatiìi da cortile venga apposta una specifica etichetta che indichi l'allevamento di provenienza degli animaìi. Se la macellazione è stata fatta in ltalia, sull'etichetta si leggerà la sigla IT oppure ITALìA più il numero di registrazione dell'allevamento stesso; se è invece awenuta in un Paese comunitavio o teTzo, l'etichetta riporterà in chiaro il nome di quel Paese. Per quanto riguarda ìe carni di volatili sezionate (per esempio, i petti di pollo), oìtre alla sigìa IT o ITALIA se italiane, o al nome del Paese di origine se straniere, dovrà essere indicata anche la data o il lotto di sezionamento. Quanto infine alle preparopea, la Commissione europea e
razioni e ai prodotti a base di carne, sull'etichettà si dovrà leggere l'origine deìla materia prima. I farmaci ll modo più efficace per contrastare il virus H5N1 nell'uomo sarebbe il vaccino, ma al momeìlto è ancora aìlo studio: gìi scienziati sono al lavoro per isolare il virus mutato che provocherà il contagio tra persona e persona. Se la pande-
mia di influenza aviaria dovesse scoppiare, il vaccino sarebbe pronto entro tre o quattro mesi. Sono disponibili invece da subito i farmaci antiviraìi, che abbreviano di un paio di giorni la sintomatoìogia e riducono I'ulteriore moltiplicazione del virus nelle celìuìe.
lVla in questo contesto assume importanza ancoru maggiore la normale vaccinazione antr'nfluenzale: i vaccini disponibili per la stagione 2005/2006 sono in grado di ridurre la possibiìità di co-circolazione nello stesso individuo. Le regole pratiche Se si resta in ltalia, la rete di vigiìanza per iì controllo dell'infezione da virus H5N1 (composta dai servizi di sanità pubblica veterinaria, gli istituti di zooprofilassi, i Posti di ispezione fiontaliera (Pif) e gli Uffici di sanità marittima, aerea e di ftontiera (Usmaf), garantisce ìa completa sicurezza. Per coloro che viaggiano nei Paesi delì'Unione europea, non ci sono particolari raccomandazioni, se non queìle legate al buon sellso: prestare particolare attenzione alle normali regole di igiene, lavando sempre con cura le mani e cuocendo sempre bene carne o uova. Chi decidesse di recarsi nelle zone in cui l'infezione è presente, oltre a rispettare con maggiore scrupolo le norme d'igiene, dovrà evitare contatti con animali vivi e con ìe loro carcasse, tenersi lontano da mercati e fiere dove vi siano commercio o anche sempìice esposizione di animali.
AVIARIA: PER LA DIRINDIN .:NESSUN RISCHIO'' «Per fortuna, si sono confermate le pre-
visioni che volevano la Sardegna tra ìe regioni italiane meno soggette ad un eventuale a "rischio aviaria". Nonostante tutto, abbiamo istituito ì'unità di crisi e coordinato una struttura di sorveglianza neìle Asl capace di circoscrivere anche gìi eventi minori ritenuti sospetti». Firmato Nerina Dirindin. L'assessore regionale alla SaniLà, intervenendo sulìa psicosi da H5Nl, pìaude ìa macchina informativa messa in moto per evitare che il problema venìsse ingigantito oltremi0
56 N0t4*ffifu:
sura. Ribadendo, una volta di più, che dei nostri allevamenti possono tranquiìlamente venire consumati a tavoìa: «ll sistema di controllo ha dunque
i prodotti
funzionato.
A danneggiare i cittadini è stato invece un allarmismo ingiustificato che ha prodotto una psicosi assoìutamente fuori luogo. ll rischio aviaria è infatti reale solo in quei paesi con condizioni igieniche e sanitarie disastrose. Non è dunque il caso delì'ltalia ne dei nostri allevamenti, le cui carni sono asso'lutamente sicure».
VETERINARIA Pasquale Melis
Testi
il pessior frTnics del cane
L'uomo
a problematica legata al cani cosiddetti "perìcolosi" ha animato fortemente le cronache dì questi ultìmi anni, ma, come la maggior parte delle volte succede, terminata l'emergenza si abbassano luci e sipario nella consapevolezza che non esistono cani pericolosi ma piuttosto cani gestiti in modo errato (e quindi pericoloso). Da sempre gli amici a quattro zampe hanno convìssuto con l'uomo: sono stati indispensabili e hanno permesso al padrone di cacciare con successo, quando dalla buona riuscita della caccia dipendeva la soprawivenza dì intere famiglie. Sono stati utilizati per la difesa personale e del territorio e rappresentano sovente un'ancora di salvezza: oggi sono un prezioso ausilio per i non vedenti, salvano la vìta di persone vittime di disastri ambientali e catastrofi naturali. Ouante volte ne hanno par-
lato i telegiornalì, riguardo a tenemotì o valanghel Fido me arma di prevenzione per la rìcerca di droghe o di esplosìvì. Soprattutto, e questo è bene non dimenticarlo mai, i cani fanno parte ìntegrante delia nostra famiglia
vivono in casa, relazionandosi con l'essere umano e la sua esistenza. Un capitolo a parte mee
rita poi la pet therapy.
0uando pero accadono fattì tragici di morsicature gravi, o altri incidenti di rilievo, scatta allora la criticità e la ricerca delle cause che possono aver scatenato una simile reazione dell'animale. [essere umano non è esente da colpe, ha selezionato ed esaltato alcuni comportamenti come leccessiva aggressività e reattività di talune raze. Intanto è cambiato il modo di vivere dell'uomo:ad esempio, nelle cìttà dove gli spazi e il verde risultano essere sempre pìir poveri, il cane è costreito a stare solo per gran parte della giornata. Sitratta di un mutamento ambientale che è stato causa di profondi cambiamenti nella relazione cane/
uomo: dell'animale si ignorano non solo le esigenze di tipo fisiologico ma soprattutto il principio di comunicatività e socializza-
zione. Da questa situazione distorta scaturiscono spesso i gravi episodì di aggressività che la maggior parte delle volte consistono in veri e propri fraintendimenti comunicativi.
ll problema "cani pericolosi" è percio essenzialmente un problema di relazione uomo-animale e non puo limitarsi alla semplicistica emanazione di regole restrittive, ma deve riconoscere l'importanza del rapporto cane-uomo e favorire in tutti i modi un corretto sviluppo. Già nella prima infanzia si dovrebbe favorire un
corretto contatto con gli animali tra-
mite un percorso educativo di sensibilizzazione anche scolastica da parte degli esperti del settore. Oggi, ai padroni è richiesto di porre maggior impegno in questa relazione per tutelare il benessere psicologico dì questo animale, cui continuiamo ad essere debitorì soprattutto d'affetio, pur restando convinti che sia ben triste l'uomo che ha solo un cane per amico.
[Ordinamento Ministeriale 27108104 (G.U. n" 213 del a tutela dell'ìncolumità pubblica dall'aggressivltà dei cani. In alleqato al provvedimento sono definite e razze canine, e i loro incroci, definite "a rischio dì maggior aggressività" che risultano ridotte a 1B rispetto alle novanta identificaie con il precedente provvedimento (pit-bull e altre razze con spiccate
10/09/2004) dispone norme
attìtudìni aggressive). La sanatoria della quale hanno beneficiato cani come il pastore tedesco, il dobermann o il pastore maremmano, ripropone quindi la questione se realmente si possa parlare di razze canine effettivamente pericolose, o se, in molti casi, la pericolosità sia invece dovuta ad altri fattori quali in primis,
sistemi di allevamento e di addestramento. [articolo 1 dell'ordlnamento vieta espressamente le operazioni d'addestramento e di selezione finalizzate ad esaltare l'aggressività dei canì di qualsiasì razza.
Un magnifico esemplare
di
Cone Corso
larticolo 2 reltera quanto già previsto dall'art. 83 del regolamento di Polìzia Veterinaria e impone gli obblighi di museruola e/o di guinzaglio per i cani che si trovino in luoqhi pubblici o aperti al pubblico. Lo stesso articolo, al comma 2, vieta il possesso o la detenzione di cani considerati pericolosi dalla legge a determlnate categorie di persone (condannatl a pena detentiva e minorenni, per citarne alcuni) al fine di prevenire situazioni di potenziale rischio per la sicurezza pubblica. lnoltre chi possiede o detiene animali perìcolosi è obbligato a stipulare una polizza assicurativa di responsabilità civile per danni contro terzi. Tutto questo, pero, risul-
ta inutile, se non migliora il rapporto tra l'uomo e il suo miglìore amico per defìnìzione. Soprattutto stando attenti alla sua educazione: sembra strano, ma anche Fido è soggetto a crisi di identità e stress. Risparmiargli lo psicologo è un segno di rispetto.
Noffim
sz
LO RA
F
I
6iovanna Ruiu
Testi
Piante officinali vello di ciascun nodo si forma una guaina che termina con una serie di dentini nerastri. I1 fusto fertile non è ramificato, è privo di clorofillA presenta un colore bianco-avorio e dimensioni inferiori a quello sterile. Porta alltstremità uno strobilo di sporofilli. È tra le piante officinali più note e utilizzate in fisioterapia. kr prirrnverainoltata o in estate si nccolgono ifulengono essiccati e impiqati in rrari mo
sti sterili, che
I
g:nerc EEtiNfrtm appartiene alla divisione
di: come inftrso, decotti, in sofuzione idroalcolica o
delle fteridofite o alla famiglia delle Equise-
estattisecchi I principi attivi contenuti nella coda cavallina sono tanti. Citando i più comuni, l'acido salicilico, presente per ctca il 5/8 per centq è accompagnato da flavonoidi, acido caffeico, gerulico, soHato di potassio e magnesio, fosfuto di calcio, ferro e altri. Ilinfusoviene impiegato come diuretico e ladiuesi non aftera il tenore degfi eletholiti. Cme riminemluzarra,, fazorisce il consolidamento delle frattue os see, è inolte molto efficace nelle cannze di minerali e negli quilibd dell'assoùimento di calcio. Risultautile perdduneicalcoli rmali e $i stati infammatodperircnalierasmlari. hvarielocaliàdellaSardegrnviene usatr l'infuso come diuretico enelbathmento delle
taceae. Sono piante che si riproducono per
spore e ne. Fecero
non per semi, sono cioe Criptoge-
laprimaapparizione circa 4000 anni fa
nel Devoniano, prima della compana dei dinosau-
ri sulla terra. Le dimensioni di queste piante sono estremamente varie: vanno da pochi millimetri a dieci med prù per quanto riguarda llahezza delLEquise-
tum" gigante.
Il se
genere Equisetum annovera 25 specie ditruin tutto il mondo, eccetto in Australia. kr Sarde-
gna le specie maggiormente presenti sono: l'Equise-
tum arvense, l'Equisettrm nmosisimum, fEquisetum telemateja. Tiovano il loro habitat nelle localitàumide a acquitrinose, formando (è il caso, inparproprie colonie che ci riporano, con il loro aspettg a rmmondovecchio di milioni di anni. I1 nome del germe fquisetum derim dalla cornbinaticolare, dell'Equisetum telemateja) delle vere
e
pu
ziore di d.rc parcle latine, equus e sae@ dfemdmi prio ala somiglianza della pianla mr il aine della oda
dica\allo.
Nella medicina popolare, l'equisetaceae sono
infammazioni deila prostata
In Gallura, sempre pervia intem4 come antinfiammatorio nelle emorroidi sanguinanti. Le donne usavano beme una lezza sgi giomo per migliorare l'elasticità della pelle e prwenire le rughe. Nel Nuorese e nell'Iglesiente lo troviamo come emostatico nelle epistasi nasali e nelleferite, nonché come antinfiamrnatorio cutaneo. Uso comune in Sadegrn era quello di sftegare i derti con uno spnzzolinq utilizzando l'equisetc ma-
apprezzate sin dai tempi più remoti: Plinio, nel-
cina@ per rendere toniche le gengive e rigenerare
I'Historiae naturales, cita proprio lbquiseto per la sua azione diuretica, cicatrizzante ed emostatica. La coda cavallina telmateja è una pianta rizomatosA dal cui rizoma si dipartono verticalmente fusti aerei che possono essere di due tipi: fertili e sterili. I fusti sterili sono verdi, cavi
srìalto dei denti Anche la modema fitoterapia con§glia un cuachiaino di argilla, con uno di coda ca'v"llirn in poh,rere come dertifticio rnturale. Particolare
e ramificati, costituiti da nodi e internodi: a li-
dirameche dilegno.
q
sa Ncttififfim
1o
fino al secolo scorso di ctrdlirur come polrcre abrasiva: co sì i nostri avi r€nde\ano lucidi e hillanti gfi utensili, sia
è in"zece lluso che soprawisse
tutilizzare la coda
FL
RA
Testi e foto
Cesario
G iotta
Marcello Piccitto
ffiffiere&rxfuw&m m§§m ffiffiffi ffi%ffiffisreffiffi §e
sq.--#&#tr uno degli endemismi sardi descritto in tempi recenti. Sono riportati i dsultati di misurazioni e di osservazioni inerenti all'aspetto di caratteri esteriori (forme e colori) effettuati su 24 soggetti afferenti a 8 stazioni diversamente distribuite sui calcari centro-orientali della Sardegna. Ilarticolo comprende una descrizione della specie, elaboraFig. 3: Ophrys panattensi§, ta su base statistica, e alcune note riguardanti l'ecologia e la variabilità verso O. scolopax phrys panattaurs è
Osini,17.05.1997 (CC e MPi.
distribuzione. Sono inoltre evidenziate alcune caratteristiche che la differenziano da Ophrys morisii.
Rilievi morfometrici e dei caratteri esteriori In tempi recenti una nuova orchidea è stata acquisita alla flora sarda. Si tratta di O. panattensis Scrugli, Cogoni & Pessei (pro hybr.) descritta nel. 1992 e "ptomossa" al rango di specie gra-
zie agli studi sulla biologia degli impollinatori
di
& G.qc« pubblicati nel 1995. Allo stato attuale delle conoscenze la spe-
Peurus
cie è considerata endemica della Sardegna e
distribuita nelle aree calcaree centro orienta-
1i
dell'Isola.
Nel corso delle fioriture delle stagioni 2003 e 2004, abbiamo preso in esame 8 stazioni di O. panattensis, effettuando rilievi biometrici ed osservazioni inerenti I'aspetto di caratteri esteriori, quali forme e colori, di 24 esemplari rappresentativi delle popolazioni esaminate. Le misurazioni eseguite su soggetti
vivi
sono state raccolte
in tabella.
Per
ognuna delle caratteristiche morfometriche è stata calcolata la media aritmetica (Ma) e Ia deviazione standard (DS). Dal momento dre la percentuale d'individui ricadente nell'interuallo compresotra la media più o meno due volte la deviazione standard è sempre risultata superiore al9)o/o , ivaloidelle medie esprese sono da considerani in tutti i casi significativi. E
Nof,t
66,
ss
Le osservazioni dell'aspetto dei caratteri este-
riori, considerate con attenzione alla loro frequenzq sono condensate nella seguente descriùone: Pianta solo occasionalmente esile o particolarmente robusta, di norma slanciata e mediamente robusta. Talvolta appena sinuosa. Foglie frequentemente di forma oblungalanceolat4 secondariamente lanceolata od oblunga. Brattee di lunghezza decrescente verso thlto, Ie inferiori molto più lunghe dell'ovario, le
superiori d'uguale lunghezza. Tèpali esterni quasi sempre posti tra loro con
i 60 N0qffi&e
angolo superiore a 90'. I1 mediano, ricurvo ed asse col piano del labello, è di colore variabiIe dal bianco al rosa o al violetto, con una venatura centrale verde sempre ben distinguibile. La forma è per 1o più oblunga, con apice ottuso e bordi revoluti. I laterali spesso rivolti alltndietro, hanno forma ovato-oblunga con bordi anch'essi revoluti. Rispetto al mediano thpice è più
in
acuto mentre il cromatismo à concolore.
Tèpali interni il più delle volte di forma oblungoJanceolata ed un po'allargati alla base. I margini sono revoluti e flnemente ciliati. Apice a volte ottuso ed a volte acuto. I1 colore è va-
riabile dal biancastro al rosa o al violetto, di norma di tonalità più forte rispetto agli esterni.
Labello profondamente trilobato, con profiarcuato a partire dalla metà o dai 3/a della sua lunghezzae con bordi rivolti verso iI basso, talvolta ripiegati in dentro fln quasi a toccarsi. La parte centrale è vellutata e di colore bruno scuro mentre lungo i bordi e lateralmente al1o
le gibbe una larga fascia è interessata da un'ac-
centuata pelosità. Margini che, concolori al resto del labello, raramente possono presentare una banda giallastra più o meno larga. I1 disegno è di regola a forma di H che sovente tende ad allungarsi prossimalmente. II colore è bruno scuro o, secondariamente, plumbeo. Qualche volta presenta una sottilissima marginatura chiara. Gibbe pronunciate, rivolte all'insù o, più di rado, in avanti. La faccia interna è glabra e di colore verdastro, quella esterna è bruno-scura. Ilapicolo è verde-giallastro e rivolto in avanti ed all'insù. Di forma appuntita, talvolta accenna a dividersi in tre punte. Ginostemio posizionato col labello con un angolo pari o appena superiore a 90'. Il rostro è quasi sempre corto ed appuntito. La cavità stimmatica è più larga che alta e di un colore generalmente marrone scuro che si estende verso Ia volta. Solo occasionalmente è attraversata in alto da una sottile linea chia-
raoizzontale. Raffronto con altre Orchidaceae I-fentità così delineata si distingue palesemente da Ophrys monsli con cui sovente condivide gli stessi siti e con cui in passato è stata certamente confus4 anche per lhmpia variabilità dei caratteri che contraddistingue le due specie (fig. 4). In sintesi, per distinguere con rapidità O. panattensis, potrebbe essere sufficiente porre l'attenzione al margine dei tepali interni che non deve essere ondulato, alla forma più bombata del labello, alle gibbe sempre presenti e ben pronunciate ed alla cavità stimmatica più larga che alta ed interessata da una più uniforme colorazione scura che si spinge più in alto verso Ia volta. Unhltra rapida consideruzione può riguardare Ie osservazioni espresse da Maccuran (1880; 1881) inerenti alla presenza diO. lunulqtninSar
degna e poi riprese da Peurus & Gec« nel loro lavoro del 1995. Abbiamo voluto conoscere thspetto di questbrchidea osservandone dal vivo alcuni esemplari nel territorio del comune di Cassaro
in provincia di Siracusa nellhprile del2003. Seppur alcuni caratteri possono essere talvolta somiglianfl a quelli cheO. panattensls presenta nel suo spettro di variabilità (labello di aspetto allungato per il modo con cui i margini s'incurvano fin quasi a toccarsi tepali interni stretti ed allungati), nel complesso le due specie sono senza dubbio del tutto ben differenziate (fi& 2). Unhltra somiglianza che può indune lbsservatore ad eventuali enori, è quella con O. scalopax ùrc può essere richiamata dalla forma ricurva del label1o e dalle gibbe molto pronunciate, speso presenti in alcuni esemplari Ctr O. pafiattensis (fig. 3).
N4ffi5ffi1
or
re esemplari solitari così ci è capitato di contare per
Ecologia e distribuzione La nostra ricerca ha interessato per
il momento
la Sardegna centro orientale e tutte le stazioni osservate insistono su suoli il cui substrato roccioso è sempre rappresentato da calcari mesozoici.
Le formazioni vegetali che accolgono l'endemismo sono da ascriversi prevalentemente ai diversi tipi di macchia e boscaglie mediterranee. Ecco quindi che O. panattensis risulta più frequentemente ospitata ai piedi della fillirea (Phillyrea latifolia), del ginepro turbinato (luniperus turbinata), del lentisco (Pistacia lentiscus) e, secondariamente, del ginepro rosso (luniperus oxycedrus subsp. oxycedrus), dell'olivastro (Olea europea var. sylvestris) e dell'alaterno (Rhamnus alaternus). Non di rado s'insedia
al riparo di formazioni di macchia-foresta o all'interno di radi boschi di leccio, talvolta associato a conifere introdotte dall'uomo. In tutti i casi osservati, la specie si accompagna quasi sempre a O. morisii, fatto questo che dimostra la condivisione delle condizioni ecologiche. Nonostante ciò abbiamo notato che le stazioni più fresche ed ombrose sembrano fa-
vorie O. panattensis che in esse appare più numerosa, mentre quelle più calde e soleggiate finiscono per awantaggiarc O. morisii. I periodi di fioritura dei due endemismi sono in parte sovrapposti: di norma è O. morisii ad essere più precoce.
Immaginiamo che f insieme di queste condizioni possono essere allbrigine di quei popolamenti che vedono accanto alle forme tipo delle due entità numerosi individui con caratteristiche intermedie. Fatto, questq riconducibile a possibili processi d'ibridazione e d'introgressione tra le due specie, indotti da casuali ed "erronee" visite degli impollinatori. I1 caso più eclatante è quello del sito noto a tanti orchidofili lungo la S.S. 125 Orientale Sarda, tra il Km 195 ed il Km 196, in territorio di Dorgali (località D'Ordovene). O. panaruris presena un periodo di fioritura che va dalla seconda decade di aprile sino alla flne di maggio. ta preserza di O. paruttensisnelta-
ritorio in esame, per quanto non del tutto indagato, risulta sporadica. Il più delle volte i nuclei sono poco numerosi e solo talvolta sono particolarmente ricchi, tanto che come ci è stato posibile incontraB
62
N0fiffi{
uno stesso sito più di 50 esemplari.
Visa la sua affinitàcon
i1
calcare, sarebbe interes-
sante esplorame Ia presenza nelle aree della Sarde-
gna nord occidentale, dove esso ha un'età geologica più giovane, o su quelle del settore sud occidentalg dove i calcari sono molto più antichi.
Questo potrebbe essere
un ottimo motivo
per nuove e stimolanti escursioni botaniche.
MICOLOGIA Gonaria Dettori
Testi
Corso
di rrriccl*Sia el novembre del 2004 IASS.FOR,
il Servizio provinciale del C.FV.A.
di Nuoro in
collaborazione con S.I.A.N. Ispettorato micologico A.U.S.L. n'3 organizzarono una mostra micologica che ebbe una grande valenza scientifica, (esposizione di più di 200 specie fungine), oltre ad un'enorme successo di pubblico con circa 1200 visitatori. Al successo della manifestazione ha contribuito il grande entusiasmo del personale del Corpo Forestale che ha attivamente partecipato alla fase di raccolta dei funghi da esporre, all'allestimento della mostra, alla fornitura di materiale fotografico e ad accogliere i numerosi visitatori delle due giornate della mostra micologica. Per dare seguito all'importante evento del-
il
Ie giornate micologiche nuoresi e per prosegui-
di sensibilizzazione e dir,,ulgazione della conoscenza micologica UASS.FOR, con l'indispensabile supporto dei docenti esperti micologi Luigi Arras e Andrea Piga ha organizzato a Nuoro un corso di Micologia di base della durata di 50 ore distribuite in 20 incontri settimanali. La prima parte del corso si è già tenuta nei mesi di novembre, dicembre 2005 e di gennaio 2006.I1 corso si concluderà nei mesi di ottobre e novembre 2006 con una sessione di approfondi mento i n m icroscopia. re nel progetto
d
Naffiffi o:
contenuto delle lezioni è di tipo teorico e pratico. Hanno aderito al corso 40 persone di cui circa Ia metà appartenenti al Corpo forestale e di vigilanza ambientale. I principali obiettivi del corso sono quelli di: accrescere le conoscenze sulla importante funzione ecologica ed economica dei funghi e sulf importanza che i funghi rivestono nelI1
l'ecosistema forestale (simbiosi, parassitismo, saprofitismo); educare ad una raccolta corretta e rispettosa del fungo; divulgare le conoscenze di base utili per il riconoscimento dei principali generi fungini; far acquisire Ie conoscenze necessarie e sufflcienti per distinguere agevolmente un fungo commestibile da uno tossico o velenoso sulla base delle sue caratteristiche macroscopiche; promuovere l'emanazione della normativa relativa alla raccolta e allo studio dei funghi che si proponga il fine di conservare gli ecosistemi vegetali prevenendo
gli effetti negativi conseguenti ad un eccessivo impatto antropico. 'LASS.FOR ingrazia il gruppo di lavoro che con grande dedizione, e con scarsi mezzi strumentali ed economici, prosegue nell'attività di divulgazione e diffusione della micologia sia alf interno del Corpo Forestale e di vigilanza ambientale che all'esterno, nelle scuole e nella realtà del territorio di propria competenza.
.j}
64 NO({J*ffiù'"
MICOLOGIA Testi e foto
Sergio Pisanu
Dalla sreffiÉextrffi alla con attenzione
€mv*§m
'i#§ @ atavica diffidenza del sardo ha selezionato per Ia propria tavola poche e ben sperimentate ffi § specie di funghi: cinque, esagerando sei, come su cr rdolinu de pezza, de murdegu, sa tuvara, su ffi - porcinu e sulecrinu, questi ultimi spesso chiamati con sinonimi, al cui consumo si può invifu tare senza timori alcuni amici o parenti. Eppure, I'ultima chiamata d'urgenza del micologg partita dallbspedale, per il riconoscimento del fungo responsabile di intossicazione seria su una paziente di 60 anni ha ricondotto, strano ma vero, al consumo di Leccinum lepidum (il tanto sicuro "leccino"). La penultima, al consumo di Lepista nuda (il sicuro "agarico violetto") ela terza, in un mese, al consumo di Xerocomus subtomentosus parcnte prossimo delBoletru impokhu, che ha il gambo dal forte odore di fenolo. Notare che Ia letteratura li tratta come funghi di ottima qualità. A titolo di curiosità, solo il quart'ultimo intervento del micologo (dicembre 2005) riguardava il ricovero di quattro pazienti per il consumo dr Omphalotus olearius, fungo tossico. Viene spontaneo chiedersi: occorre diffidare non solo dei soliti esperti, ma anche di ciò che è scritto nei libri specializzati? Se dovessimo attenerci all'analisi della composizione dei funghi di interesse gastronomico si potrebbe anche rispondere positivamente.
NaÉ(ffiffi:
os
II valore nutritivo dei funghi è decisamente poco elevato: 100 g di fungo forniscono massimo 30 Kcal. I-ianalisi del contenuto rivela acqua per oltre 1192o/o, dai 2 ù 4 grammi di proteing lipidi compresi tra 0,4 e Q7 g. Elementi essenziali come Sodio, Potassio, Ferro, Calcio e Fosforo en-
tro valori espressi in mg e alhettanto si può dire per le vitamine Tiamin4 Riboflavin4 Niacina e Vitamina C, per citare quelle più rappresentate. Inoltre micosina e cellulosa. Visto il valore ipocalorico, allora, per fare dieta si può consumare funghi in quantità? La verità è che i funghi devono rappresentare solo un contorno del pastq mai sostituirsi ad esso. Anche persone che non hanno conosciuto malattie, fosse anche un semplice raffteddore, se eccedono nel mangiare funghi possono stare male, figuriamoci coloro che hanno capacità digestive delicate, sia per intolleranze individuali che per situazione sanitaria generale.
È ciò che è accaduto alle persone coinvolte nei casi di intossicazione da funghi da tutti riconosciuti commestibili, come quelle citate in premessa. Nel primo caso, i leccini sono stati raccolti da oltre un anno, congelati in un freezer domestico a limitata capacità conseryativa, sezionati longitudinalmente conservando il gambo, consumati dopo leggera frittura, in due riprese (la seconda dopo un rapido riscaldamento). I leccini hanno il gambo estremamente compatto, nella cui composizione è compresa micosina (polisaccaride azotato analogo alla chitina dei crostacei) e cellulosa, il cui consumo impegna severamente la capacità gastrointestinale.dell'uomo. Questo, considerata la sua incapacità digestiva: privo, com'è noto, degli enzimi relativi, non può certo ricorrere ai meccanismi tipici dei ruminanti. La decongelazione mistifica la tenerezza, ma non ne modifica la composizione. Ilinappropriato sistema di conservazione e una superficialità nell'approccio al consumo ha comportato un ricovero imposto ben presto dalltnsorgere di una serie di sintomi severi come vomito ripetuto, diarre4 crampi addominali violenti, sudorazione, dispne4 astenia e tachicardia oltre ad un senso di panico facilmente immaginabile. [e cause delle altre intosicazioni citate in premessanon sidiscostano di molto dal quadro precedente. I funghi sono un alimento gradwole al palato, ma non alhettanto allo stomaco: devono essereprudentinel conzumo le persone che soffrono di gashite, ulcera, duodenitg colite, inzuffrcienza epaa
66
N0ftffi
tica, colecistite, ipertensione, cardiopatig uricemie. Devono fare attenzione i bambini le persone anziane e le donne in gravidanza. Nei bambini la cellulosa è un irritante formidabile, Ie persone arziane hanno diminuita capacità di eliminare i metabolici intermedi; nelle donneinattes4 se glixenobiotici superano labarriera placentare, possono insorgere gravi
danni al feto.
Paradossalmente i funghi, anche quelli che ben conosciamo, non sono nati per essere mangiati, ma per mangiare.Quelli accomunati con valore gastronomico o ritenuti sosia o più o meno sono pericolosi, sono stati classificati in oltre 7000 e appartengono alle Classi dei Basidiomiceti ed Ascomiceti, divisione effettuata in base alle loro
modalità riproduttive.
lpiù
apprezzati e,
quindi,
ricercati - spesso accanitamente anche a discapito delle più elementari regole di dspetto della natura -, appartengono ai Basiodimiceti (producono basidiospore, cioè cellule più o meno clavate disposte a palizzata) funghi, per la maggior parte, a gambo e cappello, come Amanite, Boleti, Aga-
rici, Russule, Lattari, Clitorybe, Tiicholoma. Ma anche funghi lignicoli fatti a zoccolo (Poliporaceae), a crosta più o meno lisci (Corticiaceae) e a frutto più o meno ramificato (Clavariaceae). Con imenio ad aculei (Idnaceae), o come le vescie, in-
sieme ai restanti Gasteromicetales e ai
funghi
ge-
latinosi (Tiemellaceae, Auriculariaceae). GIi Ascomiceti producono le ascospore: sono cellule riproduttive prevalentemente a forma di baccello, ma anche di sacco (il nome deriva dal greco askòs = otre), all'interno dei quali si formano le spore, generalmente in numero di otto, che vengono espulse all'estemo quando mature. Questa classe comprende funghi a forma di scodella (Peziza), di orecchio (Otidea), di spugna (Morchella), di sella (Helvella), con aspetto cerebriforme (Gyromitra). Anche i tanto apprezzafl
tartufi (funghi ipogei) appartengono agli
Asco-
miceti. Sia gli Ascomiceti che i Basidiomiceti raggruppano specie che vanno ben oltre l'interesse ga-
stronomico o scientiflco, avendo importanzaaft che farmacologia: tutti rappresentano una insostituibile risorsa ecologic4 sia che svolgano la funzione di simbioti micorrizici, parassiti o saprobi. Per questq chi va per frrghi tanto per passione, quanto per prepararc un pranzo diverso e gustoso, è tenuto ad avere un minimo di preparazione, prima di riempire il cestino: la temuta chiamata al micologo di tumo è dietro lhngolo.
Micologi pubblici riuniti a Parma Si ò svolta il 3 febbraio 2006 presso il Clrcolo ANSPI di Parma la Tavola Rotonda sul tema "Normative, problematiche, esperienze formative e prospettive future degli lspettori Mtcologi dell'Emilia Romagna e della Toscana", organizzato dalla Segreteria Nazionale UNPISI referente per gli lspettori Micologi e dalla Segreterla Provinciale di Parma. AIla manifestazione hanno partecipato cìrca cinquan-
ta micologi provenìenti da diverse regioni d'ltalia. Nella prima tavola rotonda è stato affrontato ll tema "Applicazione delle normative sul funghieprgei in ambìto nazionale e regionale, relative problema-
tiche", attraverso un intervento del dottor Giovanni Rossi, referente nazionale degli lspettori Micologl nonché organtzzalore deli'evento. ll dottor Rossi ha esp0st0 le problematiche ìnerenti la normativa sui funghi epigei alla luce dei nuovi regolamentì CE sulla sicurezza alimentare, mentre il dottor 0scar Tani ed i micologl Alessi e Palazzoni hanno esposto le varie proposte dl modifiche della legge regionale dell'Emilìa Romagna e riguardo le problematiche inerenti la certìfìcazione della commestibilità dei
funghi per la vendita al dettaglio. La seconda tavola rotonda ha dibattuto il tema "llsìstema formatìvo degll lspettorl Micologi in ambito Nazìonale, Esperienze regionali". Un'altra tavola ha affrontato il problema "Ouali prospettive future per gli lspettori N4icologi?", in cui si è discusso della possibile modifica del DM 686/96 e sulla figura le ll livello, compreso il suo percorso formatìvo.
del lVicologo dì
ll dottor Rossi ha concluso la manifestazione ponendo in risalto il ruolo Tecnico della PrevenzioneMicologo in merito alla recente approvazione dell'0rdine e della possibilità di inserire la Micologìa Pubblica come drscrplina tecnica del Tecnico della
Prevenzlone. Giovanni Rossi
NaÉffiffis
az
Omphalotus olearius (DC.;
Fr.)
Cantharellus cibarius (Fn) Fries
Faydd
Basidiomiceti leucosporeo, noto come gallinaccio.
un tempo noto come CÌitocybe olearia o Pleurotus olearius. Basidiomicete leucosporeo, VELENOSO
COMMESTIBILE
Cappello
d.a 6 a 8 cm, cailìoso ed elastico, campanulato o piano con depressione aentlale o imbutiforme; da giallo vivo a giallo lossa§tro ma anche quasi bianco {var. bicolor e illbatufescens); margine irregolarmente festonato. Dispone di pseudolamelle molto anastomosate/ poco fitte e decoffenti gialle o eoncolori al cappello. Gamlro tenace e fibroso, spesso eccentdco, suirconcolore alle lamelle, ma più scuro alla base. Cartre biancastra, Odore fruttato. Spore gialline in massa ed incolori al microseo-
pio.
Ilalritat
boschivo, termofilo, ma ptesente in
autunno
inverno: terricolo
e
e
gregariq
è
facilmen-
te asportabile.
Cappello con diametm da 10 a 12 cm, elastico, flbrilloso raggiatn, lucente, giallo arancione o losso mattone; margine involuto, fessurato con l'età. Lamelle fitte e decorrenti, luminescenti al buio. Gambo tenace, da 15 A 20 cm, curvo, concolore alle lamelle.
Carne giallo zafferaùo, §curente alla base de1 gambo. in ma§§a gialline/ singolarmeRte incolod, sub-
Sporata
- 6,5 pm. cespitoso, alla base di latifoglie viventi {come Qilercus suber, Q. ilex, Ane6 eurapae§.,,), flne estate e iflverno. Lignicolo, 1a sua asportazione comporta lo strappo o il taglio. sferiche 4,5
Habitat
''S'n Sardegna è la
di intossicaconfondibilità con il Cantharellus cl"é,barius, commestibile. Differisce in molti caratteri mor-
$ zione per la
causa principale dei casi
sua
fobotanici, soprattutto a livello di lamelle assenti neì gallinaccio, dove si notano escrescenze chiamate pseudolamelle, peraltro molto anastomosate tra loro. Caratteristicha Ia sua capacità luminescente in controluce, esaltata pafticolarmente nella specie Omphalotus illudens. È responsabile di una grave sindrome gastrolntestinale che compare dopo una o due ore dall'ingestione. Consiste in nausea, vomito per azione diretta nei centri bulbari (cantelli F. et al. 2000) e diarrea, talvolta sudorazione ed ipelsecrezione salivare e lacrimale (sintomatologia tipica della sindrome muscarinica). Talvolta mialgie e turbe della vista. Sostanze tossiche responsablli sono i composti sesquiterpenici ed una tossina protoplasmatica chiamata i1ludina, dotata di proprietà antibiotiche.
6B Nrrt4d,trffiis
d'-"1 ono state descritte numerose varietà quali la var. \ amethysteus con il cappello dalle tinte vagamente i.-.,§ lilIa, lavar. salmoneus con il cappello tendente al rosa salmone, lavar,. alborufescen.s, quasi bianca, con macchie rugginose, tipico degli amblenti termofllÌ, la var. bicolor dove il cappello ed il gambo sono bianchi mentre le pseudolamelle sono di color amaranto. Una caratteristica costante di tute Ìe varietà sono le macchie rugginose nelle parti lisce del gambo nonché un omogeneo carattere mÌcroscopico, per 1a fortuna del
principiante.
Viene spesso confuso con la var. friesii e rufescens, senza conseguenze, in quanto entrambi commestibi1i, più problematlco confonderlo con l'Omphalotus olearius, velerroso, o l'Hygrophoropsis aurantiaca, lotr
commestibile. tratta di un ottimo fungo commestibile, molto apprezzato per i1 suo profumo fruttato, tipo pesche, soprattutto nei risotti. ln condizioni ottimali si riesce a farne incetta, per questo motivo c'è l'abitudine a congelarli in attesa di utllizzo. 1l congelamento da crudo comporta una setie di modificazioni enzimatiche che ne esaltano un sapore decisamente amaro. Lo si può conservare solo dopo cottura, pena la sua inutilizzazione. Si
A.rmillaria mellea Kummel
(Vahl:
Fr)
Nome volg3re. chiodino, famigliola hlcina. Basidiornicete leucosporeo. Cappellc anchc oltre 12 cm, convesso inizialmente edeBres§o in matudtà- Cuticola separabile colore da Sa11o mielato a §curo, ma c&ìdiziorlafo dallhsociazione veg*a§ corr bordi più ehiari. Iarielle fittg disuguali aderentt e d€coftenti son ffi'dentino prolungato, bjànche ma ben pre*to.macchiate trpo rugg$e, Sporata bianca in massa, Gaarho fi#ifome, radicante, libroso e ftnace, Ioflgitudiflalmente fitrrilloso. A*{lo persistente, memlxanoso, §tliato, colorc .biaffo.
Caflre bianca, leggermente ingdgeqte, sapote inizialmcate dolce ma amala ed ifiitante nei caryofdd adu§ con odore poco gradevole, ,Eahitat da parassita di dircise latifoglie ma anche da saploftofq forma grandigruppifascicolati, nel tardo autunno ed lnizio imemo. A1 inieroscopiro le spore si prcsentano ellit$chg apiculate, lisee, gultulate, nonamiloidl; dÌmensioni da 7-9 x 5 - 6 pm.
Istruzioni per l'uso:
occorre limitare la raccolta dellArmillada mellea ai soli esemplari giovani, quando le Ìamelle sono ancora di colore bianco candidq senza alcuna macchia rugginosa, escludendo tassativamente la raccolta degli esemplari più adulti. Prima della cottura occone eliminare i1 gambo almeno fino alf incontro con thnello. I chiodini vanno inoltrc sottoposti a processo di sbollentatura e sgrondo dell'acqua di cottura prima di essere utilizzati ai fini gashonomici. Si diffida dalla pratica di congeÌare i chiodini se non preliminarmente cucinati.
fassenza di anello e la cuticola piena di escrescenze piramidali la distinguono dallArmillaria tabe-§,-l scens, le escrescenze nella cuticola e nel gambo, presente l'anello, la distinguono dallArmilìaria ostoyae: entrambe sono oggi ritenute non commestibili e da fonti autoriveoli (CAV Milano) responsabili di intossicazioni impegnative. Occorre però fare una riflessione sul genere Armillaria che comprende i funghi apprezzati da tanti raccoglitori e conosciuti come "Chiodini". Da alcuni anni, però, vengono dpotate segnalazioni allarmanti di intossicazioni dovute al consumo di questi funghi, peraltro con sinto-
§' §
matologie diverse. Dati del 1997 denunciano ben 168 casi di intossicazioni riconosciute (Follesa et. al.). La sindrome è comunque di tipo gastrointestinale ma insolitamente si ha una comparsa tardiva dei sintomi, anche a 12 ore dal pasto; quadro interptetato come conseguenza di una esagerata quantità di funghi ingeriti per di più con il gambo, indigesto. La comparsa di quadri di awelenamento in varie parti del mondo ha indotto oggi gli studiosi ad identificare una "sindrome armillarica" ed a sconsigliare il consumo dei funghi del genere Armillaria soprattutto gli esemplari vecchi (Brunelli E., 2001). Armillada mellea non può essere più considerata una specie unica ma test di compatibilità sessuale ha indotto i micologi a deflnire almeno 5 specie interfertili: Armillada borealis Maxmùller & Korh,
Armillada cepistipes Velen, Armillaria ostoyae (Romagnesi) Herink, Armillaria mellea (Vahl: Fr.) Kummel, Armillaria gallica Maxmùller & Romagnesi. Un caso di intossicazione di quattro persone adulte, evidenzia un quadro insolito per il consumo di Armillaria mellea (accertata in laboratorio) con comparsa, dopo un periodo di latenza di 15 ore del quadro da Sindrome muscarinica (Giacobini, 1999), in die pazienti la sindrome neurotossica con allucinazioni uditive e visive, con turbe della memoria residuali. Questa esperienza pone la questione dell'identificazione di una sindrome muscarinica tardiva senza la presenza della principale tossina responsabile di tale sindrome, la muscarina appunto: tale alcaloide non è mai stato isolato in Armillaria mellea, né sono state trovate altre basi alifatiche. In conclusione si tratta di più quadri alcuni dei quali assimilabili alle sintomi conosciute altre ancora da definire con certezza: non è da escludere che lArmillaria, soprattutto se soggetto a rapidi cambi di temperatura, venga invaso da un micromicete capace di produrre melleolina, composto ad azione antibiotica.
Hyplmlorna fasciculare (Endsonr fr.) Rummel §osia velenoso del ncto chiodino. Basidlomicete iantinospmeo. Cappclto di circa 6 crr, convesso ed infu1e esteso. Masine appendicolato. Cuticola lisci4 colore ocla amncio più chiarc ai bordi.
I"auelle adererrti, uncinate, eon fini dflessil€rdastri. Spoxata quasi porpÒrina. Gamlro fibrillosq tenaae. flalrltat: cescita cespitosa in gruppi fascicolati 511 latifosiie € aghifoglie Parasslta e saproftofo. Questo fungo è mn§demto dagli studio6i sospettD (Bresaolar 1954 - Bon, L988) o velenoso (,Aried & ?oma,si; 1975), \ial'Welafls fastwlwe erc I H, sttblateritit*n *xrerqono nfuerpat pelii&assltati che cosdtuis«ino i principi amari di qrxti fungh| §empre presente rdfH. fitxiclùae, rnentre è un earatEre incostante nelfH sablateititon. la §{]ltorrffial$a denuncia la comparsa di un quadro gasaointestinale di nots,ole eritttà dopo 1-2 ole dal p'asto chetrnrò mmplicarsiconuo in&r€§samentcepatico (Bomet, l98O).
Ncz{965@1 os
INTERVISTE Sandro Pisanu
Testi
La cultura pastorale ell'era della globalizzazione, resiste, i soggetti che la imper-
tenace come
sonano, una cultura secolare: la ci-
viltà pastorale sarda. Con proprie regole sociali, codici di comportamento, un'economia importante per la realtà della nostra isola. Un mondo, quello dei pastori, sconosciuto ai più. Uno
di tratti che solo dopo unhttenta e documentata ri cerca potevano essere spiegati in un bel libro, piacevole alla lettura e ricco di immagini, l92perla spaccato di vita che affascina, incudosisce, ricco
precisione, sapientemente rcalizzate da Gianfl orest Pani e Rosy Giua. La penna che si è cimentata con il patrimonio del pastoralismo è quella di Bachisio Bandinu, che la realtà pastorale conosce profondamente. In "Pastoralismo in Sardegna - Cultura e
identità di un popolo", pubblicato da Zonza Edrtori, 1o scrittore prende in esame la cultura e tutti gli aspetti di un retaggio storico che ancora oggi, tra computer e internet, può dire la sua. La redazione di Natura in Sardegna ha incontrato Bandinu, per farsi raccontare i retroscena e il signiflcato della sua ricerca.
Da cosa parte il suo complesso e documentato studio sul pastoralismo? Ilinteresse verso il pastoralismo parte da unhppartenenza alla società e alla cultura pastorale, essendo io figlio di pastori e avendo assorbito lcaratted antropologici della civiltà pastorale. I1 mio primo libro , Il re è un feticcio, edito da Rizzoli nel 1976,ha osservato la trasformazione dellbvile barbaricino negli anni '60. Chi è e cosa rappresenta il pastore, oggi? Il pastore vive oggi un momento di crisi identitaria tra un'eredità del passato e I'esigenza di nuove tra§
zo
Nafum:
sformazioni. Comunque rappresenta ed esprime una civiltà ancora capace di affermare i propri caratteri in procesi di adattamento, di accettazione e rifiutg ma anche di farei conti con le urgerze della modemità.
una risorsa importante delse ne parla in termini di patrimonio dell'umanità. Quanto può contribuire lo studio del "fenomeno" per far conoscere un mondo da molti ignorato? È stata inoltrata dalla Provincia di Nuoro la do-
Il pastoralismo
è
la nostra civiltà, tanto che
cumentazione per il dconoscimento del Pastoralismo come patrimonio della umanità da parte delI'UNESCO, che ha già riconosciuto il Canto a teno/e come bene inalienabile dell'umanità. Questi riconoscimentl internazionali danno Ia misura delf importanza storico-culturale della civiltà dei pastori e perciò è doveroso per i sardi conoscere e apptezzarc una cultura antropologica che invece spesso è connotata come rozza e antiquata.
Come si è evoluto
il
pastoralismo
in
Sarde-
gna? In pratica: cosa è cambiato nel corso de-
gli anni? Nel corso di questi ultimi 50 anni, il mondo pastorale ha conosciuto molti cambiamenti: il pastore non vive più stabilmente nell'ovile, alla pinnefa è succeduta Ia casa colonicar sono scomparse le transumanze a piedi. Ci si è dotati di scorte foraggere e di mangimi, si seminano erbai. Tuttavia alcuni aspetti sono rimasti gli stessi: il rapporto con la terra e il gregge, il modo di fare il formaggio, ma soprattutto alcuni modelli mentali.
La sua opera fomisce al lettore una visione del mondo pastorale a 360 gradi: quali sono state le peculiarità e le diftrcoltà della sua ricerca? La peculiarità della ricerca sapra su pastoiu consiste principalmente neII'abbracciare in un solo sguardo tutti i caratteri economici, culturali, sociali, linguistici della civiltà pastorale mostrandone la speciflcità, il forte aspetto identitario, i valori antropologici del folklore, delle maschere, della festa, della poesia estemporaneq ma anche dellavendett4 della negazione, dei sentimenti di colpa e di vergogna.
Anche se questo microcosmo è insidiato dal progresso... Il cronico abbandono dei piccoli centri a favore delle città e gli effetti della globalizzazione stanno intaccando il mondo pastorale? Quali le armi in difesa di questo universo culturale? I paesi a prevalente economia pastorale della Sardegna interna stanno soffrendo l'espe-
rienza dello spopolarnento e dell'invecchiamento perché non offrono possibilità di lavoro e di impiego. Non sorgono attività economiche e servizi che trattengano l'esodo delle nuove generazioni. E tuttavia proprio I'attività pastorale tiene in vita ancora queste popolazioni. Le carte da giocare sono: produzione agroalimentare di eccellenza, tradurre il bene
ambientale in risorsa economica, puntare in maniera decisa su artigianato e turismo. E poi i consorzi di paesi per servizi e sviluppo comune. Quak possono essere, secondo lei, gli incentivi per proteggere questo tipo di economi4 fondamentale per la nostra Isola? Gli incentivi per proteggere l'economia pastorale provengono dall'Unione europea che in parte verranno meno con l'uscita della Sardegna dall'Obiettivo 1. Oggi la pastorizia sta atffaversando un momento difficile a causa del basso prezzo del latte e dell'aumento delle spese di conduzione aziendale. Un tracollo dell'attività pastorale avrebbe conseguenze gravi nell'economia isolana sia a livello occupazionale che socio-culturale. Tànto più con lhttuale crisi dell'industria e nella stagnazione del turismo. È giustq per Bachisio Bandinu, awiare oggi i rugazzi al pastoralismq magari facendogli tralasciare gli studi? Iragazzi non sono tentati da una prospettiva di vita in campagna soprattutto nelle attuali condizioni di crisi, tuttavia 1 attività pastorale ereditata in famiglia costituisce spesso I'unico sbocco possibile. Certamente l'abbandono scolastico aggraverebbe la situazione, anzi al pastore oggi si chiede un più alto livello culturale per amministrare la propria azienda e per impadronirsi dei codici produttivi, commerciali e finanziari del mercato attuale.
Più cultura per una migliore amminisfiazione, dunque. Concludendo: esiste un futuro per il mondo pastorale nello scenario moderno? Il futuro del mondo pastorale deve scommettere in una rideflnizione del ruolo del pastore nella campagna e nelta realtà del paese. È necessaria una iorganizzazione aziendale, una maggiore competenza professionale, una maggiore duttilità a coniugare Ia pastorizia con il bene ambientalg con lhrtigianato e col turismo. Non meno importante è la diversificazione aziendale in azienda pastorale, silvo-pastorale, silvicola, soprattutto a forestazione a sugher4 capace di inoementare posti di lavoro e reddito.
fubblichiamq per gentile concesione dell'editore, il brano introduttivo tratto dal libro "Pastoralismo in Sardegna":
Nof&ffifik
zr
i attende il riconoscimento del pastoralismo, da parte dell'Unesco, come patrimonio dell'umanità. Patrimonio vivente nella sua forma attuale di civiltà: produzione economica, organizzazione sociale, coscienza culturale. La comunità pastorale, nella sua specificità tradizionale, è praticamente scomparsa o in via di estinzione in Europa, solamente in Sardegna trova modalità di esistenza pur dentro i processi di trasformazione della modernità. Si tratta di un settore importante dell'economia isolana, con un patrimonio di 3 milioni di capi ovini, 17.500 aziende, 3 milioni emezzo di quintali di latte annui. Ciò che più colpisce è la persistenza di un universo culturale che nei contraddittori processi di cambiamento viene a confrontarsi con i linguaggi dell a mondializzazione, attraverso procedimenti di perdita e di acquisizione, di ripulsa e di accettazione, di adattamenti riusciti e di ibridi impoverenti. È un fatto rilevante che il pastoralismo non si ponga come semplice revival etnologico-folklorico, come museo di tradizio-
ni popolari, come operazione di nostalgia o come folklorizzazione turistica. Certo, non è più un nucleo forte che cosfltuisce un universo compatto: è un nucleo attraversato daforze non controllabili, è una tessitura che presenta buchi, con circuiti comunicativi tradizionali e modemi. E tuttavia nei processi di contaminazione insistono ancora lingua e linguaggi, atteggiamenti e comportamenti, produzioni e scambi, interessi e valori, riti e simboli che caratteizzano fortemente una cultura pur nel quadro più ampio di confronti interculturali. Superando i concetti di'tultura residuale", marginale, il pastoralismo pone la questione di un rapporto positivo tra locale e globale, rielaborando alcuni caratteri ancora validi della propria economia e cultura e filtrando in maniera critica forme, pratiche di vita e valori delIa mondializzazione.
Non si tratta di porre iI pastoralismo come modello di vita alternativo né contrappositivo al modello dominante della cultura contemporanea e neppure di attribuirgli valori difensivi e autoreferenziali. Bisogna interrogarsi se questa civiltà secolare sia capace di inserirsi nel processo di mondializzazione elaborando alcuni caratteri distintivi della propria cultura per vivere con maggiore ricchezza e con pluralità di esperienze il fenomeno della globalizzazione. Che cosa s'intende per civiltà pastorale sarda? È il patrimonio secoladiuna lunga storiq dal periodo nuragico a oggi, ha ela-
re che nel corso
borato forme economiche e sociali, ha plasmato modi di viverg di comunicare e di simbolizzare, secondo specifici caratteri idenfltari nelle forme particolari drorganizzanonedello spazio e del tempo. È ritevane questo universo antropologico siate che questa novissuti nella forma del tempo athrale in una dialettica di resistenza e di integrazione. Questa valenza di attualità pone la questione del futuro del pastoralismo con prospettive di wiluppo e di adattamento alle esigenze della contemporaneità. È una vitalità che prospetta un futuro.
shuthla
a 72
N0r&ffi
Le immagini di questa e delle pagine successi-
ve, tratte dall'opera Postoralismo in Sordegna,
pub-
blicato dalla Zonza Lditori, mostrano un mondo in bilico tra passato e modernitĂ
1S
74
Natw&:
to caratted resistenziali ma anche aspetti di integra-
Ia
resistenzialità dei pastori è fiutio di determinati eventi storici, l'elaborazione dinamica e r4tale zione.
diun'antropologia chenon
è
statamai deltutto inte-
dordnazioni, nei suo consewarsi, ridetinirsi e ristruttLuani. Ma non si tratta di un-identità fondata esclusivagrata e assimilata dalle diverse
mente su1la ditèsa e sul1o spirito antagonista, trova nel suo interno un sentire comune/ interessi e valori positivi condivisi. La volontà di autonornia non è solo reslstenziale rispetto a un nemico estei. no, prorziene in particoiare modo dai calatterì specif,ci detrla cultura pastorale, Call'articolazione triLrale della comunità, dall'otganizzazione polltica e sociaÌe che iìol't conosceva istituzioni di dominio: un forte sentimento di orgogiio personale, tamiiiare e tribale che vedeva nelia sottomissione
una
ts I'iotura
per-
dita di valori umani. La f,erczza viene da una convinzione profonda di parità: ciascuna persona può "fasi homine". Un tare che fichiede balentla, esercizio e formazione.llcunine si diventa ne1 contesto sociale. È un lavoro che inizia dalf infanzia, comincia a def,nirsi nell'adolescenza e si attua pienamente nella maturità. La stessa attività economica pastore l'alente, capace alle difflcoltà de11a r.iuna natura awelsa e gno dl una corrctne sociale. È ricovalore dell'autonopersona e delia tamiglia. il concetto di llolalneresiste al-
,
Quali aspetti speciflci hanno marcato la storia delle comunità pastorali? Giovanni Lilliu ha individuato nella "costante resistenziale" un carattete fondamentale della civiltà dei pastori, una resistenzialità che ha attraversato le varie dominazioni straniere. Fernand Braudel difende Ia tesi di uno spazio dominante e aggressivo della montagna rispetto alla pianura: la funzione della montagna nell'area mediterranea come potenzialità invasiva nei riguardi di una pianura soggetta invece aIle invasioni e alla sottomissione. Una volontà di dominio che acuisce la soggettività e Ia coscienza di un proprio ruolo. In questo senso la montagna è "una fabbrica di uomini". Maurice Le Lannou insiste sulla conflittualità tra pastori della montagna e contadini della pianura: una lotta in cui Ia componente pastorale risulia più aggressiva e dominante. Lilliuintavedenellaresistenzaallaborghesiamercantilefenicio-punicaealf imperialismomilitareromano il costituini di urn identità delle zone inteme montane e quindi il formani di un contesto socio-economico, diun ordinamento giuridico e diuna s[uttura cultura]e capaci di rinforzare una coscienza di appartenenza sino al formani di uno stato aurorale di"flasfrne", Ldlaconvinzione di "essere pastori" e di vivere una psicologia della frontier4 un'antropologia della difesa e dellhggresione. Perciò si attribuisce alla civiltà pastorale una
miltauriaidmlogia egualitaria che haimpedito
f
interiorizzazione di codici servili.
un ostacolo ma anche un rifugio: un paese per uomini liberi. la zona pastoralemontanaha wiluppatounapropriaculturadiforte autonomiarispetto allapianura chepure hacorservaPer Braudel Ia
montagna
è
Bachisio Bandinu. Antropologo nato a Bitti nel 1939; conseguita la laurea in Lettere, si è stabilito ne la penisola vìvendo a lungo ln Lombardia e lavorando come docente nelle scuole medie. È lì che ha affìnato la passione antropologica. Studioso di cuitura popolare, giornalista pubblicìsta dal 1972 e collaboratore Corrieredelloseroanima in modo originale il dibattito attuale sull'identità inserendosi nella prospettìva dialoqo tra antropologia e scìenze soclali aperta G. Angioni. Ha contribuito allo studio e all'interesse sulla cultura pastorale sarda. Nel 1976 ha scritto, G. Barbiellinì Amidei, il sagqio // re è un feticcio
sua
del
del da
ìl quale analìzza il rapporto tra il mondo tradizìona e e l'irrompente civlltà dei consumi. Nel 1980 scrive Costa Smeraìda, ulteriore contributo ali'analisi de1 rapporto tradizìone-innovazione. Nel 1993 ha vinto ìl premio Funtana Elighes, ed è stato nominato direttore deÌ quotidiano L'UnioneSordo nel 1999. Dei suoi numerosi lavori, tra i quali / sogni dei pastori, Bollos, Lettere o un giovone isolono sordo, Costo Smeraldo, Norciso in voconzo e Peppinu Mereu
della pastorizia
-Terro de musas, alcuni sono da considerare un valido
con contributo per la lettura delìa storia contemporanea con della Sardegna
Ncz(66y
zs
la differenza di ceto, alle classiflcazioni basate suII' ereu e sulla proprietà terriera. Diventare homine-
richiede un apprendimento costante: bisogna rispondere al modello etico della comunità Le prerogative più rilevanti deil'umanitas sono la giusta misura del linguaggio, Ia fedeltà alla parola data, la coerenza tra parola e azione, l'etica del lavoro, Ia promessa come debito, Ia solidarietà sociale. I comandamenti fondamentali sono: non recare offesa con la parola o con l'atto, il rispetto dell'altro anche se nemico, non dire falsa testimonianza, non uccidere, non tubare al vicino, non tradire thmicizia, particolare rispetto per gli anziani e per Ie donne. Iletica del lavoro obbliga ciascun pastore a
esercitare al massimo livello f impegno delia cura del gregge, a saper condurre l'ovile, a rispettare il pascolo altrui, a corrispondere agli obblighi di prestazione sociale, non fare la spia e avere una giusta misura nel bere e
nel mangiare. I1 principio giuridico
e sociale è che ciascuno
deve saper badare a se stesso e affrontare la vita senza sentirsi
vinto
e sen-
za asservimento. Uuomo deve saper controllare i propri mezzi e i propri bisogni. I1 prestigio non è ereditabile, si conquista con una continuità di prove veriflcate e sancite dal codice comunitario. C'è una responsabilità personale e familiare del dire e del fare nel riscontro sociale.
NaÉ{-tffiffi: zz
STORIA L'opera di tutela del patrirnonio storico ambientale dell'l spettorato Forestal e
1I t','ffi1d.ffi'i:i:*' :.1'"':l? t-J
zio di tutela e controllo delle rilevanti risorse ambientali del terri-
torio della provincia, dedica una particolare attenzione all'attività di vigilanza sui beni
culturali e paesistici, in considerazione del ricco patrimonio presente. Recentemente è stata compiuta una eccezionale scoperta che ha portato al recupero di un sarcofago di tipo etrusco con coperchio. Si tratta di una cassa in tufo rossastro, decorata su tre lati, di circa un metro di lunghezza, e nel coperchio, di tufo grigio-rossastro, sul quale è posta Ia figura di un defunto, un giovane semi-sdraiato, ai piedi del quale è collocato un leone. Il terzo pezzo è quasi certamente la parte mancante della statua, la testa del defunto, staccata dal corpo a causa di una frattura non recente, che è stata rinvenuta in un secondo momento rispetto alle altre due parti, dopo ulteriori e complesse ricerche. I pezzi, di indiscusso valore storico culturale, potrebbero essere riconducibili al III o al II secolo a.C., e proverrebbero dallhrea dell'Etruria meridionale. Ma, anche prescindendo dall'esatta dataziong sono ammirevoli anche allo sguardo del profano l'eccezionale pregio e la singolate accutatezza di realizzazione delle varie parti, oltre alla gradevolezzadel manufatto nel suo
complesso.
{ 7B
N0ffiffi
Le operazioni che hanno portato al rinvenimento si sono svolte conformemente agli orientamenti impartiti dalla Procura della Repubblica di Oristano e il recupero è awenuto secondo i suggerimenti e Ie indicazioni tecnico-scientifiche offerti dai Prcff. Zttcca (per il quale si rimanda alÌ'articolo successivo) e Spanu dell'Università degli Studi di Sassari, che si ringraziano per la fattiva
collaborazione.
Il risultato raggiunto è frutto dell'azione sinergica tra varie componenti dell'Ispettorato di Oristano, cui hanno concorso gli addetti alla Sala Operativa Ripartimentale e allAutoparco e, soprattutto, Ie Stazioni di Ghilarza e Villaurbana. Se è certo che da questo momento, affidato alle cure degli addetti ai lavori, il
sarcofago sarà oggetto di grande curiosità scientifica e di esami e teorie da parte de-
gli archeologi e degli storici, i quali in futuro potranno darci certezze sulla sua origine, il suo ritrovamento rappresenta per il Corpo Forestale un altro tassello nel-
la attestazione dell'elevata professionalità conseguita in materia di tutela dei beni
ambientali
e
culturali.
(tratto dalla conferenza stampa del 14 febbraio 2006 della dottoressa Maria Piera Giannasi)
STORI
A
Raimo ndo Zuc
Testi
Foto
Gianni Pinna
Etruschi
in Sardegn a? metà febbraio, durante una normale operazione, gli uomini del Corpo Forestale hanno scoperto, nascosto sotto la macchia
mediterranea di Paulilatino, un sarcofago etrusco, di circa un metro, mirabilmente conservato e scolpito. Il ritrovamento ha destato stupore e la stampa ha dato risalto all'eccezionale Iavoro dei Forestali. Esperti nel settore sono al lavoro per fornire dati più precisi, intanto i primi rilevamenti sono stati effettuati da due
ricercatori dell'Università di Sassari, Raimondò Zucca e Piergiorgio Spanu. Sono stati proprio loro i primi esperti a essere stati contattati dagli uomini del Corpo di Vigilanza Ambientale nel merito di un'indagine sulla vendita clandestina di reperti antichi, loro a visionare il luogo e le campagne di Paulilatino. Hanno anche potuto toccare con mano il sarcofago, fomendo una prima analisi dettagliata. Raimondo Zucca racconta al nostro mensile la cronaca di
una serata memorabile:
Camminavamo
in fretta, io e il
mio
collega Pier Giorgio Spanu, tra una mac-
No&d;6ffi zs
La scoperta
di un sarcofago etrusco in Sardegna apre
nuovi scenari alla ricerca, per la comprensione dei rapportl
tra
le due civiltĂ delle opposte sponde
delTirreno
te da una pioggia recente e iI fuoco stentava a divampare. Attorno al fuoco, quei militi meravigliosi che pattugliano, dal mare, da terra, dal cielo, tutta la Sardegna. Eravamo sottozero ma a loro premeva salvare un documento storico. Ci condussero a pochi passi dal fuoco, ed ecco davanti a noi una strana aPParizione: un sarcofago etrusco! Quanti ne avevamo visto nel nostro lontano apprendistato archeologico
in Etruria: da Tarquinia a Blera, da Viterbo a Orvieto, a Chiusi... Non era possibilel Ci sembrava di rivivere la scena che
Valerio Massimo Manfredi racconta nel suo romanzo
chia di lentischi illuminata dalle stelle di un cielo di gennaio. Seguivamo una pattuglia di ufficiali e militi del Corpo Forestale regionale, che balzavano come caprioli tra i macigni di basalto e l'intrico di una vegetazione selvaggia. Ci avevano chiamato dtrrante Ia presentazione di un libro di archeologia all'UniversitĂ di Sassari, alf imbrunire. Era stato scoperto un sarcofago: c'era un leone e una figura misteriosa, sdraiata. Bisognava filare come saette lungo la statale 131, perchĂŠ urgeva verificare la scoperta. Ilincontro con i ragazzi del Corpo Forestale, alla periferia di un paesino di pietra dell'oristanese. Poi lungo una strada sterrata, verso una tanca gigantesca dove correvano cavalli bellissimi, risvegliati dalla nostra apparizione. A piedi fra gli acquitrini non ancora fatti di ghiaccio, mentre inesorabile scendeva il gelo della notte. Una luce, davanti a noi, incerta in lontananza: era il luogo della scoperta. Del fumo si levava dalle frasche bagna80
N0mH.
Chimaira: il giovane archeologo Fabrizio Castellani, nella tomba ipogeica scoperta nelle campagne di Volterra, spalanca l'uscio serrato da una chiave millenaria e contempla il bellissimo sarcofago di una dama semisdraiata sul coperchio della cassa.
Alla luce delle stelle e del fuoco le ombre gtizzavano sulle scene figurate della nostra scoperta: due grifoni affrontati con due serpenti, due cavalieri, e sul coperchio, recumbente, con la patera nella mano destra ma privo della testa. Lal-
il defunto
ba non era lontana, si rendeva necessario ortare
in salvo il sarcofago,
abbandonato certamente in quel luogo da un venditore di antichi tĂ . Solo alla luce del sole era possi-
bile leggere compiutamente la storia di questo sarcofago capitato, misteriosamente, nel cuore della Sardegna. Fino ad allora nell'isola erano venuti alla luce bucche-
ri e altre ceramiche etrusche, fanetti in osso decorati da animali leggiadri, ad Oristano, nel 1891, era
co-
comparso un frammento in arenaria con un'iscrizione etrusca forse degli inizi del VI secolo a.c..
Ma un sarcofago etrusco, cosa ci faceva in Sardegna? Ilindomani si poté prendere visione della cassa e del coperchio nel centro di Fenosu. Con la consulenza dei professori Marco Rendelli, titolare della cattedra di Etruscologia e Antichità italiche, all'Università di Sassari ed Enrico Benelli, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, autore del riordino del Museo Archeologico nazionale di Chiusi ed esperto di sarcofagi etruschi, si è potuto constatare che il sarcofago,
di dimensioni minori rispetto alla media degli altri etruschi, presentava una serie di elementi iconografici e stilistici divergenti sul piano cronologico. Il tema del prospetto della cassa riprende quello presente in un sarcofago del museo di Boston, del IV secoIo a.c., mentre i cavalieri dei lati corti parrebbero pertinenti a fase tardo arcaica. La testata dellakline, con la rosetta, sembrerebbe un unicum nella produzione dei sarcofagi etruschi. La posizione del defunto sembrerebbe opposta a
quella re-
golare. La tunica del defunto, senza himation, è ugualmente non regolamentare nell'iconografia dei personaggi, dei coperchi di sarcofagi. La posizione semirecumbente del defunto è caratteristica delle produzio-
ni tardive a partire dalla fine del IV secolo prima di Cristo, all'inizio del terzo. Infine la testa, recuperata in un secondo momento, appare derivata da un modello arcaico. La patera reca un restauro. Questi elementi suggeriscono una conclusione. Ilipotesi più plausibile è che ci si trovi davanti ad una imitazione di buon livello artistico di un sarcofago etrusco, in cui l'artigiano abbia ttllizzato vari elementi di cronologie differenti. Sono note diverse officine attive in Etruria, responsabili di produzioni di sarcofagi etruschi, perfette imitazioni di modelli antichi. Le future analisi dovranno verificare la localizzazione della bottega e l'età dell'imitazione. Grazie all'abnegazione del Corpo Forestale della Sardegna, è stata stroncata unattività di traffico clandestino di un buon prodotto di imitazione, ma non può escludersi il furto dello stesso da un parco o da una villa in Etruria. Il sarcofago ci richiama una storia importante, quella della vasta produzione di manufatti che imitano l'antico e che in terra etrusca ha al,uto un picco a partire dal Rinasci-
mento, divenendo così un elemento di cultura storica. Foto Gianni Pinna
5lR-0ristano
Nafk*m
ar
Terme di Fordongia nus, datate al secon
do secolo d.C
,r i ,,,
a penetrazione dei romani in Sardegna, alf indomani della vittoria sui cartaginesi, si concentrò alltnizio nellbccupazione dei centri costieri. . Karalis, Solci Norq Tharros, Bithia, Olbia, caddero in mano ai vincitori quasi senza colpo ferire. Alf inizio travolgente seguì tuttavia un periodo di stasi e di difficolta, in cui le legioni romane si trovarono impatanate nella
difficile conquista del territorio intemo. Baluardo invalicabile divenne Ia catena montuosa del Gennargentu. Le tribù della Barbagia condussero una spietata guerriglia che portò lutti e distruzioni. Al principio del II secolo avanti Cristo i romani controllavano essenzialmente solo Ia costa e qualche centro del Campidano ma la conquista totale era ancora una chimera. Nel contempo durante questo secolo la società sardo punica cominciò una lenta trasformazione. I latini importarono dalla madrepatria usi e costumi che, gradualmentg andarono a sovrapporsi a quelli già esistenti. Di pari passo le città si arricchivano di monumenti, di traffici, mentre le campagne erano soggette ad un regime di tassazione pesante.
82 N0$(i(#fiih
'
il granaro di Roma Durante il I secolo dopo Cristo la Sardegna vive un momento di relativa tranquillitĂ . Pacificata all'interno, delegata allhmministrazione di un proconsul di rango senatorio - tranne i casi in cui venne posta sotto il controllo di un procurator di rango equestre -, I'isola attraversa un periodo di prosperitĂ . Karalis, Nora, Tharros, Turris Lybissonis e tutti i maggiori centri sono governati da magistrati cittadini (decuriones) scelti tra
le file dei maggiorenti locali, Ie strade costruite collegano i principali abitati, i porti accolgono il traffico in uscita (cereali, prodotti ortofrutticoli, catne, minerali) e in entrata (mattoni, sarcofaghi, elementi di arredo architettonico, vasellame, ceramica); sorgono fori, macelli (il corrispondente dei nostri mercati), basiliche, terme. II sistema di acquedotti - come quello che da Siliqua rifornisce Cagliari - consente a gran parte della popolazione un approwigionamento idrico per locali privati e pubblici. Usciti dalla città però, il clima idilliaco muta repentinamente. Nelle campagne i latifundia
Tempio di Antas
Naffip
a:
sono concentraziori estesissime di terreni, per lo più incolti, sui quali sempre più l'aristocra-
misura in cui ha tolto. Nei primi secoli sicuramente, tranne le zone costiere pacificate ed
zia locale e di importazione tende ad esercitare un potere autonomo. Dal II al III secolo dopo
avezze alla comunicazione con le genti straniere, le popolazioni delf interno soffrirono soprusi e angherie di ogni tipo - se non proprio azioni di sterminio - al fine di stroncarne
Cdstq trascorso
nini, anche la
il
periodo aureo degli anto-
Sardegna comincia a risentire
della grave crisi che attanaglia tutto l'impero. Le popolazioni rustiche sono sempre più
Ia resistenza. Owiamente la terra produsse per alimentare lo stomaco ingordo della plebe
soggette a sistemi di tassazione opprimente, I'economia decade lentamente, i centri urbani - un tempo fieri della propria grandezza-fion riescono a reperire i fondi per far fronte alle
- non pochi problemi di sopra'"wivenza. La decima imposta dal governatore a volte veniva mol-
necessità civiche. In effetti, proprio in questo arco cronologico, il ristagno socio-economico, comporta un grave tracollo del sistema instaurato dai romani in Sardegna. La crescita dell'insicurezza sociale, porta conseguentemente
ad un impoverimento complessivo dell'isola, al riacuirsi di fenomeni di ribellione, alla trasctratezza delle risorse economiche. Superata la crisi della metà del III secolo, l'isola riprende
slancio grazie all'intraprendenza
di
impera-
tori che proteggono le frontiere dello stato
e
i problemi sempre più urgenti che a'uvolgono Ia società romana. Il IV secolo rappresenta un periodo di transizione. Ilawento arginano
e la diffusione del cristianesimo contribuisce a destabilizzare la situazione e solo la politica
conciliante di Costantino e dei suoi successori riesce a instradare la nuova religione in un rapporto di utilità per 1o stato. Ma la società antica è oramai in agonia. Gli ultimi imperatori forti (Valentiniano I, Tèodosio I) appaiono come comete che riescono solo in parte a frenare l'inarrestabile decadenza. Le città si fortificano, coprendosi di chiese ed edifici religiosi cristiani, Ie abitudini del popolo mutano in modo sensibile, Ie aristocrazie locali si impoveriscono sempre più trovando più conveniente fuggire ai propri doveri civici che dover sopportare espropri pecuniari che li ridurrebbero alla miseria. In questo panorama si inseriscono Ie incursioni sempre più frequenti dei vandali che, partiti dallAfrica, sottopongono la Sardegna - e le altre località affacciate sul Mediterraneo occidentale - a continue ruzzie. La occuperanno intorno al 455 dopo Cristo, ponendo fine al dominio di Roma durato circa 700 anni. In questi secoli Roma ha dato nella stessa
! 84
Nafkffim
dell'Urbe, causando
fittavoli, servi
ai contadini -
o liberi
coloni,
che fossero
tiplicata all'infinito, soprattutto se si aveva a che fare con uomini avidi o si attraversava un particolare momento di congiuntura economica (Scauro, il praetor inviato in Sardegna ai tempi di Cicerone, di decime, ne pretese addirittura tre). Le risorse economiche e naturali furono, come è stato osservato, sfruttate ed in parte disperse. Ma se ci limitassimo a questa visione non si potrebbe comprendere,
al contrario, la grandezza intrinseca della compagine romana. Non fu solo un momento in cui si costruirono monumenti ed edifici magnifici, dei quali rimane ben poco (vedi gli esempi dellAnfiteatro, gli scavi di S. Eulalia e la cosidetta Villa di Tigellio a Cagliari, le rovine di Nora, di Porto Torres, di Tharros), in cui la vita scorreva secondo un ordine e una precisione che si potrà riscontrare sola-
mente a partire dall'epoca moderna Roma
fornì alla Sardegna una lingua e, molti
sebbene
contestino, anche rispetto. Senatori sardi, commercianti isolani, amministratori, militari, viaggiarono in lungo e in largo per I'impero - cosi come testimoniano le poche fonti letterarie e i più numerosi riscontri epigrafici - arricchendo il proprio bagaglio culturale e, a loro volta, arricchendo quello 1o
altrui. Ad Ostia è famoso il pavimento musivo che ricorda i negotiantes et navicularii karalitani, prova e della flerezza di una componente della società mercantile che tafficar,a per tutto il Mediterrdneo dell'epoca. C.ostumi, lingua, abitudini, inbuona parte anivate fino a noi-anche
evidenG del'importanzÀ
grazie alla mediazione del lungo pedodo di
dominio
bizantino - non sono elemerti da buttare via. Sono iI succo stesso dei tatti peculiad di un popolo. Ecco perchéoggiposiamo affermare ctrc l'ultimo lembo di Roma vi".e ancora in Sardegrn.
STORIA Testi
Sergio Secci
Juan Peron
il dittatore argentino eru sardo? Le ricerche di Peppino Canneddu di Mamoiada
n Argentina ci sono ancora circa dieci milioni di Peronisti, le pressioni per nascondere ed insabbiare in quel paese le
ricerche storiche di Peppino Can-
neddu, autore del libro'Juan Peron, Giovan-
ni Piras due nomi una persona" sono quindi sicuramente molto forti, lo ha confermato lo stesso Canneddu, ex bancario di Ma-
Il ricercatore barbaricino, ha raccolto nell'ultimo ventennio testimonianze e
bia cambiato identità sino a ricoprire la più alta carica dello stato Argentino. Poco tempo fa a Budoni nel corso di un convegno seguito con attenzione e partecipazione da ol-
prezioso materiale che dimostrerebbero le origini sarde del tre volte presidente Suda-
tre 300 persone, sono state vagliate attentamente Ie recenti scoperte di Canneddu che
mericano Juan Peron. I-iesame del DNA ed altre preziose scoperte sulle quali lavora lo
giorno dopo giorno, sta ricomponendo i tasselli di un puzzle che potrebbe far riscrivere i libri di storia. Canneddu, un ricercatore
moiada che da oltre un ventennio si dedica con puntiglio e passione a suffragare questa tesi.
scrittore che non è voluto entrare nel dettaglio, potrebbero però stabilire con certezza che la sua tesi, ma anche di altri ricercatori, non è campata in aria e che Giovanni Piras, emigrato da Mamoiada nel 7909, ab-
che con grandi sacrifici non solo economici
(lo stesso autore ha confermato le minacce e I'ostracismo ricevuto dopo la pubblicazione della prima edizione del libro nel 1984) ha
Not&ffi
as
condotto un'accurata ricerca supportata da elementi storici inconfutabili che testimonierebbero Ia veridicità della ricerca e Ie origini Mamoiadine di Peron, tesi questa ripresa anche dal gruppo musicale degli Istentales e dal loro leader Gigi Sanna, autori di un bellissimo e dettagliato video sulla storia di Giovanni Piras girato a San Cosimo e nelle spiagge di Siniscola. Canneddu ripercorrere le tappe del suo lavoro : 'A Mamoiada si è sempre parlato dell'emigrante che avrebbe fatto fortuna in Ametica" spiega. "Sin da piccolo, ho sentito parlare di questa storia anche se a far conoscere la vicenda ai sardi, ci pensò il giornalista Nino Tola nel l-951". Il giovanissimo Canneddu si innamorò cosi
tanto di questa storia da farne una delle sue passioni più grandi. Viaggi, ricerche negli
archivi storici della curia
e dell'anagrafe, lo
portano a formulare un'ipotesi che sta trovando sempre più proseliti. Nel suo documentato lavoro sempre aggiornato in questi
ultimi anni, troppe sono Ie concomitanze, le date e Ie testimonianze che portano verso
una soluzione "sarda" del giallo ripreso anche da Corrado Augias nella fortunata trasmissione Enigma. "In quell'occasione mi
La presentazione del volume
sono accorto di aver toccato un tasto delica-
to per Ia storia Argentina" afferma l'autore. 'Accertare con riscontri scientifici le origini
di Peron, sarebbe difficile da digerire per i fautori del peronismo, bisognerebbe risarde
scrivere Ia storia di quel paese e sarebbe uno smacco per quel popolo, logico quindi che
studiosi e massime autorità argentine, ostacolino in ogni maniera questa tesi".
Nell'estate del 1909, Giovanni Piras ed al18 compaesani, s'imbarcarono sul piroscafo per Genova dove li attendeva la nave per lArgentina. Oltre un mese di viaggio per trovare lavoro in Patagonia, e grazie alle sue innegabili doti sposare una ricca fazendera, fare fortuna e poi sparire misteriosamente per ripresentarsi (se la tesi di Canneddu troverà conferma) con il nome di Juan Peron. Certo in quei tempi, alterare i dati anagrafici non doveva essere difficile se si possedevano le conoscenze giuste e i soldi che certamente non mancavano al nostro Giovanni (Juan). Una nuova identità che secondo questa tesi, avrebbe permesso all'emigrante sardo d'iscriversi all'accademia militare, percorrerne tutta la carriera sino a governare il paese e sposare la venerata Evita. Date, velate testimonianze riportate sottovoce dagli
tri
emigranti di ritorno dall'Argentina (non dimentichiamoci che quel paese, ha vissuto a lungo sotto la dittatura e che si attende ancora di sapere la sorte di migliaia di desaparesidos), una perizia grafica, un anello con le iniziali della madre di Giovanni Piras che Peron portava al dito (trafugato recentemente dopo la violazione del sepolcro) sembrano far propendere l'ipotesi che Piras e Peron siano state la stessa persona, anche perchè, mai è stato ritrovato il certificato di morte dell'emigrante sardo. Sarà ora l'esame del DNA comparato con alcuni nipoti residenti a Mamoiada, a far luce su una vicenda che sta appassionando l'opinione pubblica.
§
s6
Nofiffifu:
%oc'§Y Testi
!
,tt
rt
,
Roberto Balia
ffimwww&mmruwwru
Wa Ym*hh{ng, stress e {nfmrtgs ecentemente, organi di informazione scientifica hanno evidenziato lo stretto collegamento tra I'infarto, la prima causa di morte in Itali4 e lo stress. A partire dai primi studi di psicocardiologia, conseguenti al disastroso terremoto che colpì la città di Los Angeles nel 1994, durante il quale in un solo giorno triplicarono il numero di decessi
per infarto, i passi fatti sono stati molti. La correlazione tra mente e cuore è ormai un dato di fatto e le potenzialità della prima sono attualmente ridotte al minimo; nuovi approcci sperimentali permettono di avere fiducia nel futuro, anche sulla scia di recenti scoperte psicofisiologiche: è di alcuni mesi fa lalocalizzazione tra i due emisferi cerebrali del cosiddetto "sesto senso", ceniro di coordinamento di esperienze e funzioni che permette di ipotizzare situazioni prossime. La funzione di controllo ormonale del nostro organismo è presieduta dal cervello ed il rilascio di adrenalina e cortisolo, ormoni che possiamo anche definire dello stress, producono l'aumento della pressione sanguigna e dei livelli di glucosio nel sangue, fattori questi ultimi che danneggiano gravemente i vasi, esponendo il soggetto al rischio di infarto. IJadrenalina, inoltre, si rivela una sostanza devastante per il muscolo cardiaco tanto che è stata rilevata una sindrome detta del cuore rotto, condizione cardiopatica da stess. La depressione, la rabbia, lhssenza di persone su cui fare affidamento, le frustrazioni e la
paurar non avere lhpprezzamento dei superiori per il proprio lavorq iI pessimismq non po-
ter condividere con i colleghi obiettivi di lavoro comuni, non avere amici e vivere tristemente la propria esistenza sono fattori che con il passare del tempo producono effetti devastanfl sulla salute. Per questi motivi, le emozioni negative han-
no diretta responsabilità sulle situazioni di rischio.
Anche nella pubblica amministrazione il fattore umano viene spesso sottovalutato, a volte volutamente, degradato e messo alla fine della propria gerarchia di prioriti in una modello amministrativo che consideranumeri chi tali non sono, nel più bieco burocratese. Questo è un grave errore perché ricollocare i rapporti interpersonali nel giusto ruolo che gli compete, owero in cima alla lista dei propri valori, rende l'ambiente lavorativo più sanq contribuendo a fare prevenzione. È grande lo sconforto di chi crede nel proprio Iavoro e vede il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale che, a distanza di venthnni dalla sua istituziong stenta a crescere e...perde i suoi uomini migliori. I-iennesimo caduto in servizio, durante unbperazione che havisto alcune pattuglie impegnate in attività di prevenzione del bracconaggiq ci permette di fermarci un attimo e ri-
flettere ad alta voce. Un'auto sospetta, alcuni giovani che tentano la fuga e...uno, due colpi di pistola sparati in
6
Na(MÉft1
az
aria per tentare di fermarli. Poi, lhffanno, il silenzio e le urla disperate dei bracconieri. Un tentativo di soccorso e la vita che finiscel E con essq una famiglia distrutta e dei ragazzi che aspettano invano il ritorno del papà. Riteniamo sia corretto ammettere i propri Iimiti di fronte alle disgrazie che da anni colpiscono gli uomini del Corpo Forestale della Regione Autonoma della Sardegna e le loro fami-
e dal verbo inglese tn mob: aggressione, assalto, accerchiamento. È usato in etologia per indicare una determinata reazione aggressiva collettiva attraverso la quale alcune specie animali rispondono all'invasione del territorio da parte di estranei al pro-
glie.
teressare
Troppi decessi in servizio o a causa di esso ed una catena di suicidi, due dei quali recentissimi, che sarebbe troppo semplicistico e stereotipato qualificare come imprfiabili all'esaurimenta; non si vuole in realtà affrontare il problemal Il lavoro occupa la parte prevalente della nostra quotidianità e come tale riversa le sue dinamiche, positive e negative, nella sfera privata, condizionando l'esistenza del lavoratore e della sua cerchia familiare, dei suoi rapporti personali all'interno ed all'esterno della comunità in
cuivive. Quando il clima lavorativo del proprio ufficio non è sano, il dipendente, pubblico o privato, soffre la delusione delle proprie aspettative; Ie frustrazioni e 10 stress creano terreno fertile per l'attecchimento del mobbing, un fenomeno che in passato abbiamo analizzato, nella prima edizione della rivista Forestale News 2004, ricercandone le cause tra errori e inadeguatezze commessi nella organizzazione del personale e nella gestione delle risorse umane. I livelli di tolleranza si abbassano ed il lavoratore viene coinvolto in un vortice di ar,,venimenti e situazioni difficilmente gestibili. Analizzeremo ancora il mobbing perché riteniamo possa qualif,carsi come il più subdolo generatore di stress, strumento pericoloso in mano a persone ignoranti e incompetenti che con il loro comportamento inadeguato mettono a rischio la vita propria e altrui e recano danni incalcolabili alla società.
prio gruppo. Perché sussista il mobbing - fenomeno che sempre più vittime tanto da in-
in Italia miete
ll 60/o ctca dei lavoratori (un milione e mezzo di persone) ed è in continua crescita nella pubblica amministrazione - devono essere presenti i seguenti soggetti: f. 2.
ilmobizzato,la vittima del mobbing; ilmobbu, il soggetto che pone in essere le azioni mobizzanti (un collega, un superiore o anche sottoposti della vittima). Gli spettatnri sono dei colleghi che invece, pur non essendo coinvolti direttamente, in qualche modo partecipano al mobbing, lo vivono di riflesso oppure ne percepiscono la realtà: essi sono le persone chiave del vero conflitto perché lo favoriscono con l'indifferenza e I'indisponibilità alla presa di posizioni coerenti. Il mobbing può esprimersi in molti modi pur nella costanza di un fatto rappresentato dall'inferioritn della posizione delln vittima rispetta agli awersari: infatti, essa perde in modo graduale Ia sua posizione all'interno dellhzienda o del servizio pubblico e quindi la propria influenza, il rispetto altrui, il potere di prendere decisioni e quindi l'entusiasmo, la fiducia in se stessi, la dignità. la salute, gli amici, la famiglia... e infine può perdere la vita per atto volontario (il suicida è il guerriero che rinuncia, per stanchezza, alla lotta) o per incidente in quanto Io stress e Ia tistezza riducono capacità intellettive e attenzione.
Vengono individuati da Leymann circa qua-
ranta comportamenti che possono costituire mobbing; essi possono raggrupparsi in cinque categorie di condotta degli aggressori:
attacchi alla possibilità di comunicare, attac-
Mobbing è un neologismo del quale spesso non si conosce significato e reale portata. Il mobbingè il terrore psicologico esercitato sul luogo di lavoro attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti da parte di superiori o colleghi. Tiae il suo significato dal latino mobile wlgus l,
88 N0fklffiffie'
chi alle relazioni sociali, attacchi all'immagine sociale, qualità della condizione professionale e
attacchi alla salute. Studi pionieristici, condotti in Svezia e Germania, hanno definito gli stadi del mobbing ed il modello più importante è quello di Leymann, adattato alla nostra realtà da Harald Ege, colui
in Italia ha iniziato lo studio del fenomeno. Secondo Ege, il mobbing si sviluppa nelle se-
che
guenti fasi:
A. andizione zero: pre-fase o situazione iniziale dove il conflitto si presenta fisiologico, normale ed accettato; si tratta non ancora di mobbing ma del terreno fertile che permette il suo sviluppo, ovvero un conflitto generalizzato che vede tutto contro tutti e non ha ancora una vittima individuata (potrebbe configurarsi in un particolare metodo orgatizzativo di gestione che vede Ia maggioranza del personale scontento del proprio capo); fase del mnflitto mirato: prima fase del
B.
mobbing in
essa
viene individuata la vittima
verso la quale si dirige la conflittualità; fase di inizio del mabbing: è Ia fase del mobbing conclamato, durante Ia quale la vittima subisce attacchi ed aggressioni continue che comunque non causano ancora dei sintomi ben definiti; in questa fase la vittima incomincia a percepire un'incrinazione nei rapporti di lavoro, irrigidimento o inasprimento nelle relazioni
C.
con i colleghi;
D.
primi sintomi psico-somatici: in vittima comincia a manifestare
fase dei
questa fase la
dei problemi di salute (sintomi psico-somatici) che riguardano la sfera personale e che presto diventeranno patologia, quali insonnia, insicurczza generuIe, irritabilità accentuat4 problemi di natura digestiva; E. fase quaftao degli erroi e degli abusi dellhmministraziate: il caso ora è pubblico ed infatti Ia vittima del mobbing manifesta Io stato di disagio assentandosi sempre di più per le cause più disparate; il suo rendimento è manifestamente in calo (favorito dagli errori di valutazione dellhmministrazione di appartenenza); quinta fase o stato di seio aggravamento della salute psim-fisica della vittima: il mobizzato va incontro ad un lungo periodo di malessere generale carutteizzato anche da gravi forme di depressione; ultima fase o fase di escltsione dal mon-
F.
G.
non tutti i casi di mobbing vi arrivano; in questo caso si ha l'eliminazione della vittima ed il mobbing completa il suo corso con l'uscita della vittima dal posto di lavoro attraverso varie modalità tra cui licenziamento (vodo del lsvoro:
o
lontario o meno) o il pre-pensionamento. In quest'ultima fase possono aversi anche esiti tragici: malattie ossessive, vendetta sull'autore del mobbing omicidio, suicidio. Abbiamo tre distinti modelli di mobbing: verticale dall'alto, verticale dal basso e tra pari. I1 primo modello, mobbing verticale dnllhlto, è quello esercitato dal superiore verso i sottoposti e comprende atteggiamenti riconducibili all'abuso di potere q in ultima analisi, a tematiche relative all'uso eccessivo ed inappropriato del potere e/o all'arbitrio vero e proprio; i motivi per cui il soggetto decide di mobizzare possono essere svariati tra cui annoveriamo quelli di natura politica, l'invidia, Ie differenze d'età, Ihntipatia personale, la resa insoddisfacente del sottoposto e la minaccia alf immagine sociale del superiore gerarchico se chi è inquadrato nel livello inferiore lavora meglio e di più; a queste aggiungiamo motivazioni inconsce. Se il mobbing dallhlto viene pianificatq diventando una strategia per la gestione del personale, esso prende il nome di /,ossingt, vero e proprio terrorismo psicologico programmato dal vertice come metodo di gestione del personale e di ruzionalizzazione e ringiovanimento di settori (soprattutto nel privato), ma anche di semplice eliminazione del dipendente scomodo, poco gesflbile perché non allineato con il capo e
quindi non assoggettabile alle
sue richieste.
Un
cane sciolto.
Il bossing si rcalizza in vari modi che hanno
in comune la creazione di un clima di tensione attorno alla persona da eliminare e della cosiddetta tma bruciatn, atteggiamenti severi, rimproveri, minacce, sabotaggi, chiacchiere di ma-
lelingue; in definitiva, situazioni difficilmente dimostrabili. È anche sufflciente togliere alla vittima alcuni status-simbol (il telefono cellulare di servizio) o affidargli incarichi sminuenti perché egli si senta degradato o dequalif,cato e in tale condizione la pressione messa in atto dal superiore è talmente forte da diventare essa stessa lo strumento di pianificazione del mobbing. Chi pratica il bossing spesso ignora le gravissime conseguenze del suo comportamento, il danno alla salute del dipendente e la dispersione delle risorse dellhzienda.
Natgffi
as
Per mobbing verticale dal basn viene intesa quella condizione che sircalizza quando l'autorità del capo è messa in discussione dai suoi sottoposti. Questi ultimi diventano i mobbers e sono generalmente più di uno o addirittura tutti i colleghi e, attraverso I'isolamento ed il sabotaggio, attivano una ribellione contro colui che non accettano più. Le conseguenze di questo tipo di mobbing sono devastanfl per la vittima: sovente il numero dei suoi nemici è talmente alto che ogni tentativo di discolpa risulta vanq con la conseguenza che il responsabile dell'ufftcio darà credito allevoci circolanti.
Questo tipo di mobbing è favorito quando, soprattutto nelle strutture gerarchiche, il leader viene imposto dai vertici e non è invece, come dovrebbe, scelto dal gruppo. llmobbingtrapari è generato dal modo di pensare '§erarchico" che, in chi è inquadrato nella struttura ed in caso di colleghi di pari livello,
posito ufficio dr prevmzione e tutela del personale forestnle che, possibilmente alle dirette dipendenze dell'Ufficio di Presidenza della Giunta Regionale, possa operare con professionalità adeguate (medici e psicologi) in stretta collaborazione con l'Università degli Studi. Questo anche in previsione dell'ingresso in servizio dei nuovi agenti forestali, linfa vitale in un corpo tecnico e di polizia che, a causa dell'età elevata (in media circa cinquanta anni) dei propri dipendenti, non è più in grado di garantire adeguata attività di prevenzione e presidio del territorio e possibilità di intervento, in sicurezza, sugli incendi e nelle altre situazioni connesse al servizio d'istituto. Un Corpo Forestale quindi in crisi, composto da un organico sottodimensionato che, a causa dei prossimi pensionamenti, presto si ridurrà ulteriormente, motivo per il quale si auspica lhssunzione di tutti gli idonei al concorso per agente forestale in fase di definizione.
Di recente, un conoscente mi ha chiesto: per-
crea dissensi o gelosie.
Ma anche nel mobbing tra pari Ie cause scatenanti sono le più varie: motivi politici, campanilismo, sesso, status sociale, razzismo, titolo di studio, invidia, malintesi competizione, preferenze e favoritismi, gratifiche ingiuste. Chiunque sia diverso dalh maggioranza è un potenziale mobizzqta.
IlAssociazione dei Forestali Sardi si è fatta parte cosciente del problema organizzando a Tèmpio Pausania, alla fine dello scorso anno, unhpposito convegno che ha visto la partecipazione di specialisti del Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Cagliari.
ché nella Guardia Fuestale
rery
tanta tristezza,
nonostante l'importanza di un kworo che, a contatto cutlaNatura, permette di protegge gJi esseri uma-
niel'qmbiefite? Ricordo Ie riflessioni di Antonello Mele sui giovani (?) colleghi del CFVA, pubblicate nelle pagine del Notiziario Forestale del mese di Apri\e2002, più che mai attuali che sintetizzo così: ...alla solitudine e msicurezm, profasionale e culturale, di una moltitudine di persone motivate ed mtusiaste del proprio lavwo, si contrappongono depressione e preoccupazione, mancanza di sostegno da parte di chi ha compiti di indirizzo morale e di guida professionale, isolamento culturale
ùe
e
professio -
non li limitirn a distri-
Durante una recente "question time", dietro sollecitazione della stessa associazione, il consi glio regionale si è fatto caricg grazie alla sensibilità del consigliere di Progetto Sardegna Chic-
nale... assenza di capi buire retoica.. .
co Porcu e di altri firmatari dellbrdine del giorno tra cui lo stesso Assessore alla Difesa dellAmbiente Dessì, del problema legato al malessere che dilaga all'interno del Corpo Forestale e di
no alquanto singolari: spesso al patemalismo si coniuga lhtma del ricatto, utikzzata per forzare o costringere il dipendente a fare o meno una certa cosa; quuta andizione (si pensi a quale sconvolgimento
Vigilanza Ambientale.
possa creare, in un soggetto e nella sua famiglin, la sempkce minaccia di un trasferimento non rkhiesto) provoca tensione, rabbia, ftustrazione, disperazione, ranare e qltri sentimenti negativi che logorano
Una condizione, attualmente
di
stallo per
mancaflza di adeguati strumenti diagnostici ed operativi, che dovrà essere risolta, in tempi ragionevoli, mediante l'otganizzazione di un ap€
eo
Nofums
*nel bossing i metodi di "trattare" il pusonale so-
ln psiche dell'individtn.
§§§X'{_mffi-eW-,x
&dre
ffixry&w w§'%ffi tr "§# ffi ww %*ww#ww
§w
tu*@w M w ffiww
§
rrivare alla Riserva naturale di Monte Arcosu non è difficile. Da Cagliari occorre prendere la SS 195 per Pula e, dopo aver percorso 8 km, svoltare sulla destra, imboccando la strada per Macchiareddu. Si deve quindi prendere la Seconda Strada Ovest e procedere fino alla chiesa di S. Lucia. Superata quest'ultima, a poco meno di 500 m, si incontra un bivio. Girare a destra lungo la strada sterrata e continuare per circa 2 km fino alla località Sa Canna. Da qui iniziala Riserva. Altro modo per raggiungere Ia località è quello di arrivare, lungo la SS 195 (provenendo da entrambe le direzioni) al bivio per Capoterra. Imboccatolo, bisogna percorrerlo fino alf ingresso del paese (dopo 5 km). Si superul'abi-
-§&
tato e si procede sempre verso nord (per altri 4 km), trovando la chiesa di S. Lucia. Da quel punto, le indicazioni sono quelle già descritte. Per chi arriva da lglesias, seguire la SS 130 fino al bivio per Siliqua e Uta. Svoltare sulla sinistra e percorrere circa una decina di km in direzione dell'area di Macchiareddu, seguendo, poi, le indicazioni per arrivare alla chiesa di S. Lucia. La riserva naturale di Monte Arcosu è uno degli angoli più belli della Sardegna. Forse quello dove la natura, aiutata dal costante impegno degli ambientalisti, è riuscita a preservarsi meglio. Si tratta di un comprensorio di 3600 ettari, all'interno del sistema collinare e montuoso del Sulcis, con la valIata del Gutturu Mannu a metà strada tra le due estremità. Fu solo grazie all'iniziaii-
Naf4ffik
or
va del WWF che quest'area/ meta dei bracconieri, venne recuperata con sottoscrizioni pubbliche e protetta da ogni tipo di infiltrazione. Grazie al paziente lavoro dei volontari ambientalisti le colonie di cervi e daini sardi sono riuscite a sopravvivere e prosperare, al riparo dai pericoli. Oggi, con i suoi 450 kmq di estensione , l'area si presenta co-
me la più vasta concentrazione di macchia nell'intero bacino del Mediterraneo. Percorrendo le strade di Monte Arcosu, si possono ammirare varie tipologie di ambiente, dai picchi dove risiedono colonie di mirti, cisti e lentischi, alle zone piane e irrigue dove prevalgono salici, ontani e oleandri. I1 tutto arricchito dalla presenza di vari rii, come iI Gutturu Mannu e iI Guttureddu. Esistono numerosi sentieri che si possono seguire, con differenti gradi di difficoltà. Camminarc in queste tene dawictra serza della vita.
Si
rcspimno
i
I'esserc all'es-
lari odori della natum e si
scorgono i colori delle sue molteplici forme. ta coopemtha che gestisce questovero e proprio tesoro oryanlza innumerevoli iniziatir.e: dalle visiE guidae di r.rn solo
giomo, al tekkingdi sradata lunghezza (i perconi to ali assommano complessilamente ad unbttantina di km). Settimane Verdi, momenti rivolti sopnttutto alle smlaresche, con
mmpi di te o pù giomi dore
g1i
ope
Complehno il quadro stages di strdiq campi awentu-
ùe
ntorid\.elarìo ai gio\anivi§Atod Ogni singolo aspetto della ds€ra" Prdrzi pesso la struttua di Sa Canrn ma
ra (noviàrirarlta aibambini
rn di giomi immeni nehzerdQ.
È
anche escursioni fotognfiche, dove il penonale condu-
in foresteria
mqlio
più facile sorprcnderc gli animali sehatici e amminrc le particolarià della flora ce I vi§tatori nelle zone dcne è
e organizzare come
passemnno una deci-
posibite soggiomare si
oede la vi§ta
dellaRisena (sernpretenendopraartiipuntifurnidel dspettr assolutir.erso l'ambiente
Per immergersi
e la
fuurn).
in
questo luogo da sogno, aperto tutti i giorni dell'anno e protetto dalla presenza di guardie forestali, occorre telefonare allo 06 968714 presso la cooperativa di gestione "I1 Caprifoglio".
Unbsperienza interessante e impedibile per chi vuole ricaricare le picontatto con la natura, staccando dallo stress e dai
Ie a
frenetici ritmi cittadini.
Foto: www.paradìsola.rt
{
e2 Not#ffi#il-*
§§Àa&
&_,ffi ffi*ffi ffffiffi§"§ ffi
%**§m§ry #§ %mw&m#§ erra affascinante il Sulcis, dove le tradizioni, i sapori, la storia, si intrecciano in un abbraccio di colori e profumi. Terra antica, dove le tracce dell'uomo si perdono nella notte dei tempi. Uno degli aspetti più significativi di questa parte delIa Sardegna è la volontà di conservazione dei tratti specifici dell'identità. Specificità che abbraccia anche il comparto alimentare. In quest'ambito, nel comune di Santadi, diviene ogni giorno più importante la Latteria Sociale Santadi, cooperativa agricola fondata nel 1962, i cui prodotti riscuotono sempre maggior successo, grazie all'impegno dei soci, all'alta qualità dei formaggi e alla diversificazione. Il casaeiflcio di Santadi è una struttura moderna, che coniuga perfettamente I'esigenza di un commercio al passo coi tempi e la tradizione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una produzione casearia d'eccellenza.
La cooperativa, attualmente, produce diversi tipi di formaggio: pecorini classici, pecorini canestrati, pecorini semistagionati, caprini e spalmabili. Tra i pecorini classici
Nof,kffip, s:
primeggia il Magnus, preparato con latte di pecora, fatto stagionare per almeno cinque mesi e dal gusto piccante. Sempre nei pecorini classici si annoverano il buonissimo Prato di Santadi, iI dolce Ginepro e Iuni, dal sapore irresistibile. Tra i pecorini canestrati si annoverano I'Albosardo, gustoso e leggermente piccante, il Nerosardo, altro formaggio pecorino pepato, il Biancosardo, estremamente duttile nell'accompagnare i piatti presenti in tavola ed inflne il Parvus, leggermente piccante e ottimo per alcune pietanze Iocali. Nel semistagionati un occhio di riguardo merita il Brado; non sono da meno il dolce Montessu, il morbido Sulcinio e Birba, formaggio fragrante e di facile digeribilità . Con il latte di capra è prodotto il Pantaleo, dolce, aromatico, stagionato almeno centoventi giorni. Infine, tra gli spalmabili, non pos-
sono mancare nelle tavole dei buongustai i mitici Dolcetto e Soave di Santadi, formaggi fusi di pecora e capra/ amabili, leggeri, da portare dietro per Ie scampagnate o da servire con fette di pane, confezionati con eleganti vaschette e vasetti. I prodotti della flliera casearia Latteria Sociale di Santadi sono a denominazione di origine protetta, controllati in ogni momento, espressione di una cultura e di una tradizione alimentare di prima qualitĂ .
94 N0H.tf{ffi}.
The Eurooean law Students' Association '
Cagliri
CONVEGNO
25 ANNI
DI DIRITTO
AMBIENTALE GIOVEDI 25 e VENERDI 26 MAGGI0 2006
PROGRAMMA Giovedì 25 Maggio 2006 Ore l6:00 Apertura dei lavori e coordinamelrto della discussione:
Dott. Stefano Birocchi
Ore 16:15
lndiizzi di
saluto:
Prof. Francesco Sitzia Preside della Facoltà di Giurisp{udenza tleìl'l.lniversità degli Studi di Cagliari.
Prof. Paci Preside delia Facoltà dì Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Cagìiari.
Francesco Deidda Presidente di ELSA (European Law Students' Association) Cagliari.
Ore 17:00 Prof. Andrea Pubusa Prof.0rdinado di "Diritto Amministrativo Sostanziale e Processuale" nella Facoltà di Giurìsprudenza dell'Università degli Studi di Cagliari.
"situazioni Giuridiche Soggettive e Legislazione Concorrente ex art. 117 Cost." Ore l7:30 Prof. Massimiìiano Piras Docente Associato dì
"Diritto
dei Trasporti' nelìa Facoltà di Giurisprudenza dell'l.lniversità degli Studi di Caglìari ed Esponente dell'As-
sociazione "Cruppo Grotte".
"Tutela deììe Aree Carsiche". Ore 1B:00
Coffee break
Ore 1B:30 Dott. Daniele Caria Magistrato deÌ Tribunale Penaìe di Cagìiarì.
"Tutela Penale dell'Ambiente". Ore 19:00 Dott.ssa Tiziana Mori Dottoranda di Ricerca, FacoÌtà di Economia, Università degli Studi del À4oìise.
"Tutela lnternazionale del Patrimonio Culturale Subacqueo". t0
Natwk
ss
Venerdì 26Maggia 2OO6 Ore O9:00 Apertura dei lavori e coordinamento della discussione:
Ore O9:15 Dott.ssa Rosaria Congiu Assessore all'Ambiente e Difesa del Territorìo deìla Provincia di Cagliari.
"Comunicazione in Materia Ambientale e Tutela Legislativa a Livello Locale". Ore 09:45 Prof.ssa Paola Piras Docente Associato di "Diritto Ambientaìe" nella Facoltà di Scienze Polìtiche deìl'Università degli Studi di Cagliari
"Copertura Legislativa della Tutela Amhientaìe". Ore
.lO:.1
5
Dott, Massimiliano Tronci Consulente Legale - Amministrativo delìa Provincia deì Medio Campidano
"lllecito Amministrativo Ambientale". Ore
10:45
Ore
11 :1
Coffee break
5
Prof. Massimo Deiana Docente 0rdinario di "Diritto della Navigazione" nella Facoltà dì Giurisprudenza delì'Unjversità degli Studi di Cagliari.
"Tutela Legislativa Regional e del Patrimonio Marittimo". Ore l2:00 Saìvatore Scriva Presidente delì'ASSF0R (Assocìazione Forestali) e Coordjnatore 0rgailizzativo deì periodìco "Natura in Sardegna".
"lncendi Boschivi. Minaccia del Patrimonio Naturale". Ore l2:30 Esposizione degli elaborati scritti dai partecipanti .l
Ore 3:OO Rr'ngrazr'amenti
& chiusura dei Lavori
Comitaio 0rqanizz;tivo
:
Coordinatore: Sevasti Mastrosavvaki
Per informazioni sull'evento fivolgersi al Tel: +39 340 4126936 Oppure scrivere aìl'indirizzo e-mail: vpsc@eìsacagìiari.it
Vice Presidente Seminari &Conferenze ELSA Cagliari Direttore
Per ulteriori informazioni ia ìnvitiamo a visitare i sitì:
operativo:
Francesco Deidda - Presidente ELSA
Segreteria
ELSA Cagliari: www.eìsacagliari.it
Caglìari
ELSA ìnternational: www.eisa.org lnoltre chì volesse iscriversi o desidera avere info utiìi può contattarci all'indirizzo e-maiì: eìsacagìiari@elsacagìiari.it
Organizzatiya:
Pìerìuigi Serra - Segretario ELSA
Cagliari
Ìgrazio Nocco - Vice Presidente Marketing ELSA Nicola lbba - Tesorjere di ELSA
Cagliari
Cagìiari
oppure passare aìla sede di ELSA Cagìiari in Vìa Nicolodi, 102
Cagìiari Cagìiari
Luca Picasso - Vice Presidenle Attività Accademiche ELSA
clo Facoltà di Giurisprudenza.
Giorgio Mangiaracina - Vice Presidente STEP ELSA
Tel: +39 070 6753960
Carìo Sotgiu
-
Adelaide Trupo
Director A.A ELSA Cagìiari
- Director
S€tC ELSA
Cagliari
Convegno patrocinato daìla Provincia di Cagliari Assessorato Ambiente con la collaborazione Cattedra lliritto Amministrativo Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari Ò
e6
NaMm
terra non si deve strapparg
... da questa
pru nrente
('I irr|ir .
\ss,i.LìrrrrrÌr,
lil,t
-a
il'i.' I
No(.uro,
flffrKflO2006
8,,ft*P "INTTRREG iIiC Co
rrnntur n i ù il' tlizidlilt d.l1'iSSFOR i
i
nell' Ltntbila de1 sa t tottt0 §t to OCR INCENDI
lFu.uTfi[ool
W
Lo polisporlivo Uto 2000
con I'opprovozione dello
IEililfi
U#lt;§r FIDAI Comilolo RegÌonole di Cogliori
Orgonizzo
f##g#sffi"ffi
Goro competitivo su un percorso di Km. l3 Goro non competitivo su un percorso di Km. 4 Ritrovo Oosi WWF locolilò So Conno olle ore 8.30 lscrizioni
Per lo goro competilivo
contoÌtore il comitoto FIDAL o numero
07O 492848 entro il g jorno 18.05.2006
Per lo goro non ogonistico prenotcrsi presso o CooperoÌlvo CoprÌfogllo ielefonando ol 070 968714 ' 347.3463546 6,00 e I primi 500 iscrilti rlceveronno uno soccc con mog ieÌlo e peltoro e llbrl sull omblenle, buono poslo, ingresso grotuiio o 'Oosi WWF. escurslone e visiÌa guìdoÌo.
to quoto iscrizione, per enlrombi le gore, è di€ tutÌi gli aÌleti
e
Premiozioni e oi ele clossificole ai priml cinque posli de e due competizlonl soronno premlotì con ibri sul o Sordegno prodotÌl liplci e ceromiche ricordo della monlfestozione.
pcrreclpa onche ru o a reotizzozlone defo rìvrsro
s
Tl
rlcorco di chiomore
su 'ombienle
N0tul-fi delo
jnviondo te
t.,fffiffi;,ffi,ff
nosÌro iso o o: noturolnscrclegno@zonzoedÌÌorl.ll
f##flffi
Éffiffi
di pronto inlervenlo omblenlole de Corpo Forestc e e di Vlglanzo Ambìentole delo Regione Sordo per segno ore con tempeslivilò o presenzo clÌ Ìncendi e quolsiosi oltro Ìlpo dÌ emergenzo o richiesto di soccorso
415*5]nu."ro
ffi
ffi
r,H 1.1i
!iIfi,ilrrii,