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Nell'A.I.M., arriverà la riforma del Corpo Forestale Sardo?
9::: I All:. Il::'.ll'i:L"l: .4'11'. M:l'lgl:. A:yli ':'f it':.T:::l i{.9:-':ll: I:{ir:.tgl l'l'J:Y' gipeto Gennargentu una mon15n1fe{? D-alfa
Il
1o99ia
al
censimento degli antichi
L:
ovili
. .di seraJino Ripamonti . .di serarino Ripamonti . . . .di (Jmberto Graziano . . . .di Antonelto Mele
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. . . . .di Salvatore Scriva
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Considerazioni sul cane di Fonni LJn toscano
.di Roberto Balia
in Sardegna
Risfessioni sul
. .di Amilcare Loverci
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. . . . .di Antoneilo Mere
Pensiamoci Sorridendo
.di Claudio Maullu
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Ir.Pgll:.{i.Yil*:y:}19 Lyigi9:lqtby' yl::liP'i:: Ti.yg La musica della
solidarietà
. .di paoto Deidda
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.diAnnaAddis . . .di Maria Laura contu
fu§otiziario Forrestale Anno WII n. 19 - Aprile 2002 ASS.FOR. editore libera associazione senza fine di lucro fondata dagli appartenenti al C.FVA. nel 1994. D iretto r e Re spons abile
Paolo Pais Questo giornale è stato realizzato da:
Salvatore Scriva, Claudio Maullu, Roberto Balia, Umberto Graziano, Francesco Palimodde, Giampatrizio Melis, M. Laura Contu, Giuseppe Vacca Composizione e grajica: Sergio Tblloru, Corrado Zaffro & Maurizio Manca
Stampai Solter - Cagliari Foto di copertìna:U. Graziano
e M.
Zedda
Il Notiziario Forestale è inviato a tatti i soci dell'ASS.FOR ed è presente nelle edicole della Sardegna Abbonamento sosteniturt: € 30,00 c.c.p. n" 21970090 Cagliari ASS. FOR: c.p. n. 50 Cagliari centro 09124 CAGLIARI Tel. efax 070 502153 Cell. 348 4717997
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)
3 4 5 6 10 a2 L4 L6 L7 28
33 34 36 37 39 40
di Salvatore Scriva
NTell'a-nrìo internazionale
delle Àzfonta-gne, a-rrirrerà la- riforrnadel Cor1>o Foresta-le Sa-rdo? La superficie della Sardegna è prevalentemente montuosa (l'altitudine media è di m. 334) si presenta con un complesso di massicci isolati che, pur non raggiungendo le quote delle Alpi o della vicina Corsica, mostrano aspetti e caratteristiche della vera montagna: dislivelli che superano i mille metri; morfologia accidentata,
forre e gole con torrenti e cascate, foreste secolari, cavità e abissi carsici che costituiscono sistemi di grotte d'interesse na-
turalistico e di rilievo mondiale.
Nei territori montani si sono sviluppati, nel corso degli anni, mestieri, usanze, tradizioni e valori che
I
nettos" abbiamo ricordato alcune date storiche dell' Ammin istrazione Forestale in Sardegna e con-
cludevamo augurandoci che il 2002 fosse l'anno buono per se-
dersi intorno ad un tavolo per
L',attività dell'ASS.FoR., in questi anni, si è caratterizzata per
la ricerca di una legge che riforcompetenze
del Corpo Forestale di Yigllanza Ambientale, perché siamo consapevoli che l'impoverimento del territorio è causato da scelte politiche complessivamente sbagliate. I compiti della vigilanza am-
bientale devono essere legati organicamente allo sviluppo, alla tutela e alla conseryazione del territorio. La riforma del CFVA da noi auspicata deve anche recuperare
tutto quel patrimonio di attività
il quadro legislativo e concertare quelle riforme complessive, in termini politici cultuadeguare
rali ed economiche, indispensabili per rispettare ed attuare gli impegni assunti a livello comunitario e internazionale dal nostro
i
forestali che credono
data dai nostri vecchi "montanaa raccontare di
ri", continueranno cose di ieri.
Vi racconteremo: dei Pinnettos che sono un patrimonio dell'umanità; delle "Domos de su nie"(neviere), dei'Niargios"(raccoglitori di neve) e dei "Piccio-
ambientale devono essere legati organicamente allo sviluppo, alla tutela e alla c ons erv&zione del territorio.
territorio.
l'attività e le
Nel nostro Calendario "Pin-
giornale,
nei valori e nella cultura traman-
compiti della vigilanza
dobbiamo recuperare, tutelare e conservare. Lo spopolamento delle campagne, l'esodo dei pastori dalle zone montane fa scomparire attività e conoscenza di questi luoghi, indispensabili per un futuro buon governo del
masse
legate al mondo della forestazione, per un reale rilancio produttivo delle zone interne.
kos de filixe" (Fanciulli raccoglitori di felci) attività dell'ingegno degli uomini delle nostre montagne, ma anche delle ferite che l'uomo può infli,eger,eli con una cattir-a lutllizzazione della tutela dei funghi e della flora; della storia del cane di Fon-
ni e di altre iniziative, come la mosfa permanente sul diorama del Supramonte che la nostra Associazione stàrealizzando per far crescere la cultura del rispetto. conservazione e valonzzazione della natura che ci circonda.
Paese.
La classe politica regionale, nell'anno internazionale delle montagne, può concedersi il lusso
di fare un salto di qualità dando priorità e centralità a questa riforma. necessaria anche per assicurare uno sviluppo sostenibile alle nostre "montagne" e alle aree rurali dell'isola. Noi continueremo, con la presunzione di sempre a sostenere la validità di cambiare quelle regole che oggi ci stanno facendo lavorare male ed essere invisi dall'opinione pubblica. Per ora, dalle pagine di questo
§ o o a
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Il
Presidente
dzllASS.FOR Saluatore .scrita
ut Der-ultnu
Cos'è I'Anno Intern azuofiale delle Montagne (A.I.M.) Nel novembre del 1998 I'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il2002 An-
no Internazionale delle montagne, accogliendo le indicazioni emerse nel corso dell'ormai storica Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo che si tenne a Rio de Janeiro nel 1992. I1 "Vertice della Terra" di Rio
pianeta, I'ambiente montano è essenziale per la soprawivenza delI'ecosistema globale". Nonostante ciò, nel corso della storia recente, le aree di montagna sono state a volte oggetto di
De Janeiro ha, infatti, rappresen-
slruttamento indiscriminato, mentre altre volte sono state lasciate al completo abbandono. La loro popolazione è spesso rimasta esclusa dai processi di sviluppo
tato un momento fondamentale
nazionale.
per la presa di coscienza dell'importanza dei problemi e dell'importanza delle aree montane, così come di tutti gli altri ecosistemi mondiali. Il significato storico della Conferenza si è concretizzaLo in un documento, I'Agenda 21, flrmato dai rappresentanti di 181 paesi membri delle Nazioni Unite, che propone le strategie di intervento per la protezione dell'ambiente e lo sviluppo umano sostenibile nel ventunesimo secolo. Il Capitolo 13 dell'Agenda è interamente dedicato alla "Gestione degli ecosistemi fragili - Sviluppo sostenibile delle monta-
Questa realtà è ancora più evidente nei paesi in via di sviluppo, le cui regioni di montagna sono
gne".
La motivazione di fondo
del Capitolo, ribadisce la fondamentale importanza delle aree monta-
ne sotto i più diversi aspetti, da quello economico a quello demografico, ambientale e culturale. Le zone montuose rappresentano infatti più di un q-uinto delle terre emerse, ospitano circa
il
l1Yo del-
la popolazione mondiale, e svolgono un ruolo determinante nelI'ecologia del pianeta. "Le montagne - si legge nel Capitolo 13 - sono una fonte importante di acqua, energia e biodiversità. Esse sono anche fonte di risorse fondamentali come minerali, prodotti silvicoli e agricoli, nonché luogo di ricreazione. E,ssendo tra i maggiori ecosistemi rappresentanti la complessa e interrelata ecologia del nostro
ancora oggi chiuse nel circolo vi-
zioso che collega inestricabilmente degrado ambientale e sottosviluppo.
A^6' lt Anno Internazionale delle
MOHTAGH§ coìiltTATo |TALlAilo
Il vertice di Rio ha dunque segnato l'tnizio di un processo a lungo termine, che mira a sensibilizzarc I'opinione pubblica e a garantire gli impegni politici, istituzionali e frnanziari adeguati per garantire azioni concrete a favore delle aree montane. In sintonia con questi obiettivi
la
Conferenza Internazionale "Mountain Research - Challenges
for the 2lst Century", promossa dall'UNESCO e tenutasi a Bishkek, capitale del Kirghizistan, nel 1996 ha proposto lo sviluppo sostenibile delle montagne come tema di un anno internazionale. L'idea si è presto trasformata in un programma concreto e, nel novembre del 1998, I'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato 112002 "Anno Internazionale delle Montagne", affidan-
1\
do alla FAO il ruolo di agenzia leader per la realizzazione del progetto.
Così è nato I'AIM (Anno Internazionale delle Montagne), un'importante sfida, ma soprattut-
to una grande occasione, con un principale obiettivo di fondo: promuovere la conservazione e lo
sviluppo sostenibile delle regioni di montagna, assicurando così il benessere delle comunità montane e delle popolazioni delle pianure.
Per dare concretezza alla celebrazione dell'AIM la FAO ha invitati i paesi membri delle Nazioni Unite a creare dei Comitati na-
zionali, cui affidare il compito di gestire e organizzare eventi, ma-
nifestazioni e iniziative nei rispettivi stati. L'Italia è stato uno dei primi paesi a rispondere all'appello e il 30 giugno 1999 viene costituito il Comitato Italiano per i12002 Anno Internazionale delle Montagne. presieduto dal parlamentare valdostano 0n. Luciano Caveri e diretto dal bergamasco Agostino Da Polenza, noto alpinista e manager "d'alta quota". I1 Comitato, accreditato ufficialmente presso le Nazioni Unite e riconosciuto dall'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica ltaliana, riunisce at1rtalmente in qualità di soci i principali enti e associazioni del mondo della montagna italiana: il Gruppo "Amici della Montagna" del Parlamento, la Fondazione Courmayeur, il Comitato Ev-K2 CNR, la Fondazione Angelini, il Museo della Montagna "Duca degli Abrttzzi", l'Unione Nazionale Comunità Comuni ed Enti Montani, il Filmfestival Intemazionale di Trento, il Club Alpino Italiano, l'Associazione Europea Eletti della Montagna, la Federazione Bacini Imbriferi, l'Associazione Nazionale Alpini e la FISI.
Alcuni eventi promossi dal Comitato Italiano per I'A.I.M. L'impegno del Comitato Italiano per I'AIM si è concretizzato tn un calendario ufficiale che attualmente conta più di un centinaio di appuntamenti. Al fine di coinvolgere il maggior numero di persone nelle celebr azioni dell'Anno Intemazionale il Comitato ha prestato molta attenzione al radicamento sul terri-
torio, offrendo il proprio patrocinio e l'utilizzo del marchio ufficiale e tutte le manifestazioni e le iniziative che risultano in sintonia con gli obiettivi dell'AIM. Accanto ai molti eventi patrocinati, però, sono stati sviluppati e organizzati direttamente dal Comitato Italiano alcuni grandi progetti, che costituiscono le manifestazioni clou dell'AIM a livello nazionale e intemazionale.
Il primo di questi grandi appuntamenti si è svolto nel mese di settembre a Torino, dove le sale
del Lingotto hanno ospitato gli Stati Generali della Montagna. L'awento dell'Anno Internazionale è stato salutato con l'inaugurazione italiana che si è svolta al
Kilimanjaro
-
Africa; Everest
-
Asia). Questa multiconferenza
globale coinvolgerà circa 2500 persone, tra esperti della scienza, della cultura, amministratori, politici e responsabili dei govemi nazionali.
L'obiettivo dell'High Summit è quello di diventare uno strumen-
to concreto dautilizzare per il rag-
giungimento degli scopi stabiliti nale.
Durante ciascuno dei cinque giorni dell'High Summit, i partecipanti di tutte le cinque conferenze continentali si concentreranno su uno dei cinque grandi temi, scelti come "pilastri simbolici" dell'Anno Internazionale delle
L'ANELLO AZZURRO". Dalla primavera all'autunno del 2002 Giancarlo Corbellini, Michele della Palma e Michele Comi. grandi esperti e conoscitori della montagna, cammineranno unendo in un grande "anello azz))ffo" le montagne del Mediterraneo e con esse i popoli e le culture dell'Europa, dell'Africa e del Medio Oriente. Accanto ai trekker ci saranno gli uomini di Overland, che percorreranno le tappe di collegamento dell'itinerario con i camion arancioni della World Truck
Montagne: Acqua
Expedition.
@
ffi§Tm IX{IHHì§
:
elemento sim-
bolico dell'ambiente, della natura, fonte indispensabile alla vita; Eco-
}IIIT 2002, che si svolgerà dal6 al
la
dedicata alle montagne. Grazie al-
la modema tecnologia multimediale i partecipanti all'High Summit dialogheranno fra loro da diverse località, poste in prossimità delle montagne simbolo dei cinque continenti (McKinley - Nord America; Aconcagua - America Latina; Monte Bianco - Europa;
Altro grande evento, organizzato dal Comitato Italiano con Overland e "La rivista del Trekking", e sostenuto a livello mondiale dall'ONU e dalla FAO, è il progetto denominato "CAMMI-
NAMEDITERRANEO:
rappresentativo dell'uomo; Politica : strumento di sintesi, programmazione e atltazione dello sviluppo sostenibile. Al termine dell'High Summit,
multiconferenza trascontinentale,
luppo.
dall'ONU per l'Anno Internazo-
Palais di Saint Vincent, e con il lancio mondiale dell'AIM, presso il Palazzo delle Nazioni Unite a New York. Il Comitato Italiano è inoltre promotore e organizzatore di uno dei piu importanti evenl.i intemazionali dell'AIM: I'HIGH SUM-
l0 maggio. L'High Summit sarà la prima
Nazioni Unite stabiliranno lo status giuridico delle regioni montane, fomendo le indicazioni per le future politiche mondiali dello svi-
nomia: un elemento fondamentale dello sviluppo; Rischio : un elemento di criticità; Cultura :
grande mole di informazioni studi e riflessioni raccolte andrà a costituire cinque documenti che rappresenteranno un'analisi dei cinque grandi temi dell'AIM sotto
1'aspetto scientifico-culturale
e
politico.
Questi documenti fomiranno dunque la piattaforma sulla quale si costituirà il documento finale dell'AIM, che verrà redatto nella grande conferenza di Bishkek, in Kirghistan. Con tale documento
Il
progetto
di "Overland -
Camminamediterraneo", non sarà che all'inizio della sua opera di dilulgazione a favore dei popoli della montagna, grazie alle molteplici iniziative collaterali come la pub-
blicazione, in collaborazione con Mondadori, del volume fotografico che ripercorrerà le tappe dell'impresa. Tra le altre principali iniziative
del Comitato Italiano per i12002 AIM trovano anche posto i progetti: CELEBRATING MOLINTAIN WOMEN, SOS MONTAGNE, SKYRAID DELLE ALPI, FIRMA PER LE MONTAGNE. Per ulteriori informazioni su questi eventi, si consiglia di consultare il sito: www.montagna.org Ufficio Stampa dell'A.I.M. Serafino Ripamonti
di Umberto Graziano
Le iniziative dell'ASS.FOR per l'A.I.M.
Dalla" roccia- al gipeto: diorarna- d-el Sr.rprarrìonte Un progetto didattico che visualizzal' evoluzione di insetti, mammiferi e uccelli della foresta Sarda. offrire un'informazione tridimensionale di qualità più utile di qualsiasi immagine o descrizione.
I
diorami, ricostruzioni tridimensionali di ambienti naturali, sono stati preparati impiegando rocce, terra e piante essiccate raccolte in natura. I1 potenziale informativo della tassidermia raggiunge così i suoi più alti livelli, grazie all'estremo realismo ed al-
la facilità di
osservazione degli
esemplari.
Nelle fon alcuni particolari d.ella mostra
L' iniziativ a illustra I' evoluzio-
ne della foresta del Supramonte, dove dalla roccia nuda la natlua, utllizzando I'energia del sole attraverso i licheni e i muschi, consente I'insediamento del bosco di ginepro che prepara il terreno all'affermazione della foresta di querce sempreverdi: la lecceta Dopo la ricostruzione dedicata ai produttori dell'energia, le piante, l'esposizione prosegue con i consumatori erbivori e carnivori quali insetti, mammiferi e uccelli, oltre 200 gli esemplari presentati secondo la posizione che essi occupano nel sistema naturale in rapporto " predatore - preda "; fino al gipeto, penultimo anello della lunga catena alimentare che porta all'uomo e alle leggi dell'energia rinnovabile. Questa ricostruzione è possibile grazie alla tassidermia, un'arte al servizio dell'osservazione e della scoperta che grazie alla con-
servazione della pelle riesce ad
L'apertura al pubblico, in Via Sorso, 3 a Sassari, della mostra permanente sul diorama del Supramonte è fissata per il prossimo sei aprile. Effettivamente già dal 1995, i diorama sono stati presen-
tati in diversi comuni della Sarde-
gna: Sassari, Alghero, Orgosolo, Oschiri, Porto Torres, Bonorva, Berchidda.
In tutte queste città la mostra, ha avuto un notevole successo di pubblico, sono stati oltre 60.000 i
visitatori che hanno potuto
aP-
prezzate queste ricostruzioni del-
la natura in scala tridimensionale. I1 successo che ha riscosso la mostra itinerante, mi ha convinto dell'utilità di allestire il diorama in modo permanente, così, indivi-
duati i locali, ho effettuato i lavori di ristrutturazione,li ho dotati di aria condizionata ed ho abbattuto tutte le barriere architettoniche che potevano impedire l'ingresso ai disabili.
Con 1'aiuto dell'ASS.FOR. e di alcuni amici appassionati cureremo l'apertura della mostra e le visite guidate alle scolaresche di tutta f isola. Per i turisti che visiteranno la nostra città assicureremo un servizio di traduzione in Inglese e Tedesco. In questo modo si vuole rendere I'iniziativa originale, per molti aspetti unica nel territorio regionale, ricca di attrattiva turistica e didattica. Il locale che ospita l'allestimento è situato a pochi passi dal centro storico e dalla godibilissima fontana di Rosello, il cui sito è stato recentement e riv italizzato.
Ambiente naturale della Sardegna
di Antonello Mele
Gennargeratrr
Lrna-
rnontagna- ferita
Da alcuni decenni i Comuni situati nei versanti serrentrionale
ed
occidentale del Gennargentu hanno formulato I'ipotesi di utilizzare questa loro pos_izione geografica singolare per uno sviluppo del turismo invernale basato sulla presenza della neve. Col tempo questa semplice ipotesi si è trasformata in progetto e per la sua attuazione sono state aperte due strade di penetrazione; una, partendo da S'Arcu è Tascussì, in territorio di Desulo, si snoda fino a circa quota 1400 m.s.l.m. nel versante nord-occidentale del Bruncu Spina, la valle di
s'Arena; l'altra, dalla strada comunale per Monte Spada, alla base del Monte Ninnieri, si inerpica fino a circa 1560 m. nel versante nord del Bruncu Spina, seconda cima della Sardegna. La forza di penetrazione "politica" dei Comuni è stata tale da avere ottenuto un finanziamento da parte delI'Ammini s tr azione re gionale per la realizzazione di un progetto che prevedeva un impianto di risalita ed alcune piste per la discesa in assetto sportivo. L'attuazione del disegno è awenuta alla fine degli anni '90, dopo un inizio travagliato risalente ai primi anni '80. I1 Bruncu Spina non è una cima isolata, ma un rilievo di 1828 m.s.l.m. che appena emerge lungo una dorsale che si sviluppa continua in direzione sud-est da Genna Perdu Surdu (m.551) fino a Punta Paulinu (m.Il92) a quote superiori a 1700 m. I1 suo versante settentrio-
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6
o
LT
Gennargentu: versante di Nord est del Bruncu Spina. Ampie lesioni causate dagli scavi. Nella pista centrale ed in quella laterale sulla destra sono evidenti segni dell'erosione dffisa e localizzata con carattere di irreversibilità.
nale è costituito da un bacinetto di circa 60 ettari che precipita, dalla cima fino ai 1500 metri di quota, con una escursione altitudinale di m. 328 su una distanza orizzontale di m. 850 (la pendenza media è del 40 %o circa). In quest'area sono stati realizzati I'impianto di risalita e le piste.
Ciò che lascia stupiti, in tutta questa vicenda, è che non si siano sufficientemente valtttati, ai fini dell'esito dell'operazione di trasformazione del territorio, il regime e la consistenza delle precipitazioni nevose, almeno in questi ultimi 15 - 20 anni, che stanno alla base di una stima sulla
"vocazione" dell'area per le attività sportive invernali. I1 Servizio Agrometeorologico della Sardegna (Chessa RA.- Delitala A.- 1997) ammette che tutto lascia indicare che la precipitazione nevosa, sebbene sia un evento frequente nelle zone più alte della Sardegna, non riveste tuttavia un carattere di stabilità, né per quel che riguarda la sua permafieflza sul terreno e nep-
pure per I'altezza del suo manto, come awiene invece in altre regioni d'Italia.
Il
Ser-
vizio in argomento fornisce, al riguardo, alcuni dati. Il numero medio annuale di giorni con precipitazioni nevose è di
6 -7, così distribuiti; dicembre
0,5-1,0, gennaio 1,0-2,0, febbraio 2,0-3,0, marzo 1,0-2,0. La permanenza della neve sul terreno è condizionata dalla temperatura media massima (diurna) che è la seguente:
gennaio 7-8 "C, febbraio 8 oC., marzo 10-ll 'C., aPrile 13-14 "C., novembre ll-12 "C., dicembre 8-9 'C. I1 che significa che ogni giorno scioglie una frazione consistente di neve presente sul terbasse
reno (nonostante le
temperature notturne) Per cui non c'è da aspettarsi una sua lunga permafienza. Il numero medio dei giomi per anno con neve sul terreno è di 8-9, così distribuiti: dicembre l-2, gennaro 2-3, febbraio 3-4, marzo 1,2. L'altezza media del manto nevoso è un dato molto vartabile a causa delle nevicate non molto abbondanti ed un accumulo di neve molto raro. La conclusione che ne viene tratta è che la neve in Sardegna è un fenomeno non raro, ma fortemente irregolare e soprattutto di breve Pernafienza. La ragione sta nel fatto che i flussi di aria fredda, cui sono associate le precipitazio' ni nevose, hanno il carattere transitorio delle perturbazionr delle nostre latitudini e durano generalmente dai tre ai cinque giorni. La relativa mrtezza delle temperature impedisce alla neve di accumularsi nel terreno in modo stabile, tranne sporadici eventi. Queste osservazioni e valutazioni, che sembrano avallare altre e precedenti osservazroni da me compiute in ambienti della montagna dei Comuni di Fonni e Desulo, sulla base di dati relativi agli anni '60-'70 riportati negli An-
nali idrologici del Servizio idrografico della Sardegna, avrebbero dovuto suggerire iniziative di escursionismo sportivo e culturale, stanti le condizioni di originalità del paesaggio, della flora, vegetazione e fauna locali, iniziative che possono essere condotte per la maggior parte dell'anno, dalla primavera all'autunno, senza escludere luminosi periodi invernali. A1 contrario, è stata Percorsa la strada più ardua degli sports invernali, precari ed estremamente pregiudizievoli per gli equilibri delicati che regolano la stabilità dei suoli. 'ɧrs+§ò
Il triangolo irregolare che
discende dal Bruncu Spina fino a circa 1500 m. di quota, con una pendenza media del 40o , oggi è devastato da scavi che hanno innescato processi erosivi seriamente preoccupanti. Al centro dell'area si snoda un impianto di risalita costituito da una funivia sorretta da una serie di piloni poggianti su plinti di calcestruzzo. Ai due lati sono state aperte le Piste con scavi la cui scarPata laterale raggiunge anche i tre metri d'altezza.
Negli anni '80 una prima reahzzazione era consistita in una funivia su sequenza di cavalletti ad una camPata su punti di calcestruzzo, e da Piste laterali appena accennate, dopo avere eliminato la vegetazione strisciante tipica che ricopriva il terreno. La degradazione del suolo si era manifestata abbastanza presto con erosione idrometeorica di tipo laminare generalizzata ed incanalata (a rivoli, a solchi) in settori aperti a "rittochino" nei quali i fossi
avevano raggiunto profondità di qualche metro, con maggiore concentrazione lungo il tr ac ciato della funivia. Successivamente era stato fatto un tentativo per frenare il processo erosivo. In questi anni'90 è stato riproposto un progetto che modifica la funivia ed amplia le piste. Oggi appare evidente anche la rete di canali di raccolta e di fuga delle acque selvagge per allontanarle dalle piste evitando 1o scorrimento lungo le linee di massima pendenza. Nonostante il tentativo fatto per evitare Ia traslazione del terreno a valle, la situazione è la seguente: l'erosione laminare, estensiva, è generahzzata ed evidente in tutta 1'area sterrata, come se sulla superficie fosse passato un grosso pettine; I'erosione incanalata, a solchi, intensiva, si manifesta nel lato a monte delle piste ed assume dimensioni notevoli nei settori mediani ed inferiori, quando l'acqrua, a causa della pendenza e della continuità del percorso, ha avuto modo di acquistare velocità. Alla base della scarpata laterale I'acqua ha eroso il materiale terroso creando le premesse per successivi smottanienti degli orizzonti del suolo rimasti in posto per l'azione di trattenuta delle radici. Nella pista adiacente alla funivia, che si snoda con andamento a "rittochino", I'erosione assume I'aspetto di un vero canale corrente Per tutta la metà inferiore del tracciato, aumentando di sezione con il progredire verso il basso. Asportato e traslato il ma-
teriale minuto (limo, argilla, sabbia) è rimasto in loco il materiale litoide compatto e
esaminando I'area del Gennargentu posta a quote oltre i 1500 metri, sostiene che la maggiore inclinazione determina localmente una notevole predisposizione all'erosione e al denudamento del substrato roccioso, soprattutto in preserrza di pascolamenti intensi. Altro fattore predisponente è rappresentato dalla costituzione geopedologica. Il substrato geologico è costituito da metamorfiti (scisti, argilloscisti) del Paleozoico. La monografia "Sardegna" della Carta della Montagna (1916) considera queste rocce con caratteristiche meccaniche in ptevalenza scadenti, erodibilità da media ad eleva-
tà, degradabilità elevata. I pendii aventi questa costitu-
o
o
t
o
o
L
Gennargentu: versante di Nord est del Bruncu Spina. Particolare di una incisione profonda da erosione localizzata nella pista di destra
di dimensioni maggiori. I1 fosso di erosione, nella parte piu ampta, è stato stimato, a vista, intorno a m. 3 di larghezza ed altrettanti di profondità. .
r§§ilgrryè
Dall'esame diretto della situazione riscontrata ho cercato di farmi una ragione delle cause di questo dissesto idrologico, posto che in questi casi agiscono "fattori predisponenti", che non possono non essere presi in considerazione nelle fasi di studio del proget-
to, e "cause determinanti" che attengono al comportamento de11'uomo.
La componente fisiografica ha una grande tmportanza nel dissesto idraulico dei suoli. L'area in esame ha giacitura molto inclinata, con pendenza media di circa 11 40 o , con minimi del 30 o% e massimi fino all'80 o%. I movimenti dell'acqua meteorica sono intensi, con velocità crescente man mano che aumenta la velocità del percorso. I1 Professor Arrigoni (3),
zione sono instabili. Sotto l'aspetto pedologico prevale I'associazione litosuoli, rankers e protorankers, con profilo A - C, con orizzonte A variabile da pochi centimetri a 30 - 40 centimetri. Sono suoli da poco a mediamente profondi, permeabili, di erodibilità elevata, nei quali sarebbe auspicabile la conseryazione del suolo proteggendo il consorzio vegetale presente e la sua spontanea rinnovazione (4,5). Secondo il pedologo Baldaccini (6) la stabilità di questi suoli è legata soprattutto alla presenza ed alla consistenza della copertura vegetale. La copertura vegetale, nel caso specifico, ò costituita da fitocenosi arbustive ed erbacee della serie climax degli
arbusti montani prostrati
e
delle steppe montane mediterranee (1,3), con la partecipazione di Ginepro nano (Juniperus nana), Crespino dell'Et-
na (Berberis aetnensìs), Pruno prostrato (Prunus prostrata), Ginestra di Corsica (Genista corsica), Laurella montana
zione delle particelle che vengono fluitate dai rivoli d'acqua defluenti sul suolo.
(Daphne oleoides), Timo (Thymus herba barona), Rosa di Serafino (Rosa seraphini), Astragalo del Gennargentu (Astragalus genargenteus) ed un corredo di specie erbacee. L'azione regimante ed antierosiva di questa vegetazione d'alta quota è insostituibile ed alla sua presenza si deve se I'erosione, in passato, ha assunto aspetti "fisiologici". E' stata sufficiente la rimozione meccanica del mantello vegetale per innescare processi erosivi che nemmeno l'azione
quanto peso abbiano la quanil regime delle precipitaziont. In queste fasce altitudinali cadono mediamente 1300 mm. di pioggia all'anno, con un regime di tipo IAPE ed una distribuzione pari al39 %o in inverno, 25 o/o in primavera, 5 o/o in estate e 31 oÀ in autunno. Nel periodo autunno-vernino cade al suolo n 70 % della precipita-
pascolante
più intensa ed
estesa degli animali da alleva-
mento brado aveva mai provocato. .FQa!6{af§ò
Ai fattori meteorologici, in quest'area molto intensi e fre-
quenti,
è dourta la duplice
azione di disgregazione delle particelle del suolo e di traslazione del materiale inerte in sospensione.
Ai fini
della stabilità del suolo giocano un ruolo rilevante le basse temperature in-
vernali, l'effetto del gelo e disgelo ed il regime delle precipitazioni. L'alternanza del gelo e disgelo è causa della disgregazione meccanica del terreno. I1 fenomeno è piu intenso quando le oscillazioni termiche intorno allo O "C. sono frequenti nell'arco della stagione fredda e si ripetono ogni giorno per alcuni mesi. Altra causa di disgregazione degli aggregati del suolo è l'azione battente della pioggia se non at1uttita dalla vegetazione. Il disfacimento degli aggr e gati determina la sep ara-
Si
comprende, quindi,
tità, I'intensità ed
zione afinrla, con intensità spesso molto elevate.
Sono precipitazioni con una elevata "capacità erosiva" che si traduce in una degradazione specifi ca notevole. Gli effetti di questi fenomeni sono ben evidenti nella situazione rilevata sul posto. Per concludere una annotazione di rilevanza botanica. Con I'esecuzione dei lavori di asportazione del mantello vegetale è stata irreversibilmen-
te distrutta ùna stazione
di Lamyropsis (Cirsium) microcephala (Moris), un piccolo cardo che costituisce un endemismo sardo puntiforme, localizzato su una estensione di poche decine di metri quadrati nel Bruncu Spina. L'Arrigoni (2) a suo tempo ebbe a paventarne l'estinzione per opera dell'uomo in questi termini: "non si dimentichi che proprio in questa zona sono state realizzate di recente opere di miglioramento pascolo e piste per sciatori".Questo endemismo è compreso nell'elenco delle specie vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (D.P.R. n" 357 dell' 8.9.1997 -G.U. n" 219 I
L de|23.10.1997) in attuazione del Regolamento recante la
direttiva 92143 I CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della Flora e della Fauna selvatiche. .?ry4!i?lf<-ò
Come annotazione conclusiva c'è da osservare che i territori del Gennargentu posti a quote superiori a 1200 m.s.1.m. sono sottoposti al vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 grugno 1939, n" 1497, in virtù della legge no 431dell'S agosto 1985, nota come "legge Galasso". In base alla legge, quindi, ogni intervento di trasformazione è soggetto a preventiva autorizzazione da parte dell'Ufficio Tutela del Paesaggio della Regione Sarda (articolo 7 della legge 43111985). I lavori in argomento sono, altresì soggetti (presumo) alla concessione edilizia di competenza del Comune di Villagrande, nel cui territorio ricade I'area in questione.
di Francesco Palimodde & Saverio Sabiu
Il censirrrento degli antichi o\rili
d-el Sr.prarnorìte
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I
Baunei
- "Coile
Su lrove Longu"
L'area per ora presa in esame in-
mortianze, intervistando Caprari,
teressa quel versante del Supramonte
Porcari e persone che hanno vissuto
che comprende i territori dei Comuni
in Supramonte, è stato fondamentale per ricostruire sistematicamente la storia dei vari ovili censiti. Sul ver-
di Oliena, Orgosolo, Urzulei e una parte di Dorgali. Questo territorio ha
un'estensione di cinquanta chilometri quadrati e un'altitudine che va dai cento metri sul livello del mare fino ai millequattrocento. Per i rilievi cartografici, sono state utllizzate le carte
dell'IGM scala 1:25.000 e sono state riscontrate diverse difformità nell'uso della toponomastica per f individuazione precisa dei luoghi. Infatti sono riportati ovili non più esistenti, mentre altri storicamente ricordati
dai Caprari piu anziani, non compaiono per niente. Tutti gli ovili censiti sono stati riposizionati su carta e contemporaneamente sono stati aggiomati i toponimi esatti. Questo lavoro di ricerca e di raccolta di testi-
sante di Oliena sono stati censiti tren-
tuno ovili, dei quali sette Capanne (baracche) di forma quadrata, raggiungibili percorrendo comode strade carrabili. La scelta daparte dei pa-
stori di abbandonare "Su Pinnettu" è dovuta soprattutto a motivi pratici.
Infatti, queste sono più spaziose e hanno bisogno di minore manutenzione, sono costruite con muri a secco ed hanno walarghezza di tre metri per sei dilunghezza, la copertura è costituita da fogli di lamiera in alcu-
ni casi mimelizzati con rami e
frasche, alcune conseryano ancora "su ohile" il luogo dove si accende il fuoco, mentre altre hanno il comodo ca-
mino posizionato alla parete. Dei ventisei "Pinnettos" censiti, otto di questi sono stati restaurati di recente da cacciatori o escursionisti, mentre
gli altri
necessitano di interventi di recupero come il consolidamento del
muro perimetrale (s'istraca), cimento della copertura con
il rifa-
il frasca-
me e in alcuni casi sarebbe necessario sostituire le travi portanti (ulumingios). Due sono le tipologie esistenti: "su Pinnettu 'e Hapraglios" e su Pinnettu de Prohaglios" (su Pinnettu dei Caprari e quello dei Porcari) nettamente diversi fra loro. In quello dei Caprari (Hapraglios), le travi portanti poggiano sulla parte superiore del muro perimetrale, mentre in quello dei Porcari (Prohaglios) le travi portanti poggiano sul basamento dell'ovile stesso. Non tutti i caprari comunque sono d'accordo
6 o o 6
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Oliena - Su pinnettu " Sa ihu" localitĂ Sa Pala 'e' s'usradu (Pinnetto in stato d'abbandono)
su questa differetziazione, in entrambe le tipologie il muro sempre circolare, ha una larghezza di ottanta centimetri, mentre l'altezza varia da cinquanta centimetri a centocinquanta centimetri. Nei Pinnettos abitati dai Caprari è quasi sempre presente "Sa Mandra" il recinto per le caPre, mentre nei Pinnettos abitati dai Porcari sono presenti "Sas Arulas" (re-
cinto dei maiali) e "Su Sidagliu"(recinto per le scrofe con i piccoli), anche qui le lorme si differenziano notevolmente.
Tutti i Pinnettos sono stati misurati in altezza e larghezza, rilevando 1o stato
di conservazione, gli inter-
venti di recupero e acquisendo la relativa documentazione fotografica. A conclusione del censimento comples-
sivo
il
lavoro verrĂ messo a disposi-
zione delle Amministrazioni Comunali affinche quest'ultime possano intraprendere le giuste forme di tutela e valorizzazione. Non è esagerato considerare i Pinnettos del Supramonte "Monumenti storici". Auspichiamo per essi una migliore conservaziote che consenta la fruizione anche alle generazioni future.
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La valle di Lanaittu vista da Marghine Ruia
Storie di attività monranare
di Gianluca Pranteddu
La rria della
rr.e\re "S?,t cavrzvmiruu de is
ruiargios"
Nell'antichità, ttilizzando il ghiaccio delle neviere di Aritzo le "Domos de su nie", ingegnosi arttgiani inventano il primo sorbetto della Sardegna: " Sa Karapi§na" Risalgono al milleseicento le prime notizie sulla costruzione di pozzi
scritte ed orali, una serie di riti religiosi che meritano essere menzionati.
per la raccolta della neve, dislocati
Amarzo, quando non era ancora nevicato, arivata la festività di San Giuseppe, larghi strati di popolazione imploravano la neve come una bene-
nel massiccio del Gennargentu. 11
grosso delle neviere, oltre venti
buche scavate in canaloni naturali, dove la neve si ammassa per effetto del vento, si trovaao dislocate su tre piani molto riawicinati della montalra FUNTANA CUNGIADA a 1459 metri di quota. L'operazione di raccolta della neve era affidata ad una nutrita schiera di uomini detti "NIARGIOS", i quali con sacchi e ceste raccoglievano la neve che veniva poi pressata nelle fosse a forza dipiedi o di pali. La neve veniva poi ricoperta con uno spesso strato di felci, che venivano rac-
colte dai fanciulli, detti "PICCDKOS DE FILIXE" e infine da uno strato di terra. Legati a quest'attività erano, co-
me si apprende da testimonianze
dizione. Quando tale implorazione non bastava "is niargios" ricorrevano al loro santo protettore "San Cristoforo", il quale veniva portato in processione lungo il paese con il proposito di sortire l'effetto desiderato. I vecchi raccontano ancora di aver sentito dai loro padri, che nel se-
colo scorso quando la neve, nonostante le processioni, non era ancora
caduta
gli Aritzesi trasportavano
la
statua di San Cristoforo oon un calro
al Flumendosa per immergerla nel fiume, praticando così un vero e proprio rito propiziatorio. Come si è detto tutta l'attività risale ai primi del 1600, quando ad avere l'esclusiva del prodotto, erano i
privati. Ma nel 1663 viene introdotto il sistema dell'appalto. in questo periodo la rendita della commercializzazione della neve era elevata sia per l'appaltatore sia per il fisco spagnolo. Sarà poi il govemo piemontese a riprendere la gestione diretta. Nel 1751 si ha la restituzione dell'attività ai privati che però non risolve del tutto la crisi dell'economia montana
Aritzese.
Dalla meta dell'Ottocento, infine
il
ghiaccio viene importato diretta-
mente dal nord Europa, ciò nonostan[e, lo sfruttamento delle neviere con-
tinua ad essere praticato sia pur marginalmente fino ai primi decenni del 1900, esclusivamente per la produzione de "Sa Karapigna" (il primo sorbetto inventato in Sardegna) che
ancora oggi continua a comparire sporadicamente nelle feste del campidano e ad Aritzo ad opera di alcuni artigianr ambu lanti Aritzesi.
Foto storica della lavorazione de "Sa Karapigna" - sulla destrtt
,,SA
il
"torrone di Aritz.o"
tuito da un mastello di legno "su bar-
non era festa, infatti, se mancava la Karapigna di Aritzo. Coryte si prepara la Karapigna? 1) preparare una miscela di acqua, zucchero e limone in una sorbettiera "karapignera" di metallo tipo
rile",
stagno;
montana è stato l'elemento forte delf industria arligiana aritzese che, gra-
2) inserire la sorbettiera nel mastello "bar"rile"; 3) introdurre scaglie di ghiaccio con alcune manciate di sale fine nello spazio tra la sorbettiera e il mastel-
KARAPIGNA''
Karapigna è un sorbeffo composto da acqua, zucchero e limone, impiegando come refrigerante la neve ed un ingegnoso strumento cosliSa
da una sorbettiera in stagno "sa carapignera" ed infine da due palette rispettivamente in ferro e in legno. Questo prodotto della gastronomia
zie a forme di commercio itineranti è stata, nell'antichità, sempre presente in tutte le feste delf isola. Una festa
lo, fino
a
riempirlo interamente;
4) lavorare manualmente con moto semirotatorio e rotatorio per circa
un'ora fino a quando gli ingredienti non raggiungono il punto di gelo. I1 sale ha la funzione di contrarre i tempi di reazione, abbassando il punto di fusione del ghiaccio; 5) la fase conclusiva consiste in un proced i mento di omoge neizzazione del sorbetto, con l'ausilio di una
palena
di lerro e successivamente
con una paletta di legno, con le quali viene amalgamata e lavorata la soluzione che, a procedimento ultimato,
non deve presentarsi granulosa, aÈ finché "Sa Karapigna" possa dirsi riuscita.
Alla guida del carro "7)u Boele" artigiano ambulante - la suct "Karapigna" e il suo "Torrone" non mancavano mai nelle sogre paesane
di Vittorio Carcò
La" ra-cc,olta- dei fi.nghi Osservazioni sulle proposte di legge presentate al Consiglio Regionale In uno scritto sul problema giuridico dell'apparteflenza dei funghi, pubblicato sul precedente numero del Notiziario Forestale, avevo cercato di dimostrare come la mancanza di una regolamentazione legislativa sulla raccolta dei funghi ponesse a rischio di diverbio con i proprietari terrieri, i raccoglitori che si awenturassero nei terreni altrui sefiza il consenso dei proprietari stessi. In mancanza diuna legge regionale che regolamenti la materia, non può infatti che applicarsi la normativa del codice civile (artt. 820 e 821) che attribuisce ai proprietari la piena proprietà dei frutti naturali e quindi dei funghi. Altre Regioni hanno già da tempo preso in esame questo problema e alcune, nel regolamentarne la raccolta per quanto concerne le quantità, i tempi e i modi, hanno prescritto, ai titolari di diritti personali o reali di godimento sui fondi, I'apposizione di cartelli, qualora i titolari di tali diritti vogliano riservarsi la raccolta dei funghi nei terreni di loro competenza. Così hanno disposto, ad esempio, le Regioni Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria, Toscana e la Provincia Autonoma di Trento. Prendendo in esame le due più recenti proposte presentate al Consiglio Regionale, quella del25 gennaio 2000, a firma Deiana e altri, molto opportunamente, all'art. 1 prescrive: "Nel territorio della Regione Autonoma della Sar-
degna è consentita la raccolta dei funghi spontanei...(omissis)...purchè la raccolta stessa non sia interdetta dal proprietario del fondo con apposizione di regolari cartelli." La seconda proposta di legge del 4 ottobre dello stesso anno, a firma Marroccu e altri, limita invece I'obbligo dell'apposizione dei cartelli soltanto per le tartufaie. Anche in passato, fra le diverse proposte di legge si sono verificate simili differenziazioni. Sarebbe auspicabile che nella sua definitiva stesura, la legge prevedesse, per i proprietari, per maggiore chiarezza, I'obbligo della perim etrazione tabellare per coloro che intendano riservarsi la raccolta. Premesso che tutte le proposte di legge regionale, anche quelle risalenti al 1984, ricalcano gli stessi concetti e si somig{iano quindi notevolmente, se si esaminano le altre prescrizioni per i raccogli-
tori, si nota subito che una delle norme più rilevanti, presente anche nelle precedenti proposte, è senza dubbio quella che limita la quantità dei funghi che si possono raccogliere. La limitazione più severa è quella della proposta Deiana, che prescrive un massimo di due chilogrammi, quattro chilogrammi consente invece quella Marroccu. Forse la via di mezzo potrebbe essere quella più ragionevole. Un'altra norrna di grande rilievo è quella che prescrive un tesserino che abllita alla raccolta dei funghi. E' una disposizione che si ritrova in ambedue le proposte di legge ed è intesa a far si che chiunque raccolga funghi abbia quel minimo di cognizioni che metta al riparo da quegli awelenamenti dei quali restano vittime, ogni anno, fungaioli imprudenti o inesperti. Per tale motivo non si capisce bene perche la proposta di
legge Deiana escluda da tale obbligo i proprietari o i conduttori dei fondi. Come se Per loro sussistesse una presunzione di conoscenza micologica. Ugualmente, non è ben chiaro perché non sarebbe necessaria l'abllitazione Per la
raccolta dei funghi
a fini
abiliscientifici e didattici. tazione dev'essere, dovrebbe essere obbligatoria Per tutti, indipendentemente dal motivo, luogo o finalità della racSe
colta. A proposito dei proprietari, per loro, le proposte di legge non prevedono neppure il limite minimo di età di quattordici anni. Così come sarebbero esonerati dall'osservare le dimensioni minime dei funghi, I'uso dei contenitori rigidi
e forati, gli uncini, rastrelli e quant'altro. Si tratta di norme difficilmente comprensibili, perché se il fine è la tutela ambientale, anche i proprietari dovrebbero osservare tali prescrizioni che, peraltro, nulla tolgono al loro diritto di proprietà. E' invece ben comprensibile l'esenzione, per i proprietari, dal limite di peso per la raccolta dei funghi sul loro fondo. Altrimenti, si potrebbe verificare I'assurdo che essi, raggiunto il limite Previsto, non potrebbero più racco-
gliere quei funghi che verrebbero invece raccolti da estranei sul loro territorio! La proposta Deiana, all'art.l, fa anche un elenco di quali funghi si intendono Per "commestibili" e limita quindi la raccolta a quelli compresi in tale elenco. IncomPrensibilmente, mancano tante sPecie sicuramente eduli come, ad esempio, le morchelle, i Pinaroli, alcuni agarici, i PioP-
parelli, alcuni tricolomi etc., che resterebbero esclusi. Si può osservare, in proposito, che limitando le specie Per le quali viene attorizzata la raccolta, si crea un maggior carico dei raccoglitori sulle Poche consentite. Il che è ecologicamente scorretto. A1 contrario, ampliando il ventaglio delle
specie attorizzate,
si "dilui-
rebbe" il numero dei raccoglitori e si eviterebbe una deleteria concentrazione. Si Può osservare inoltre che la limitazione del numero delle specie appare arbitraria, senza alcun fondamento di carattete scientifico o statistico, non essendovene alcuna traccia nella relazione dei proponenti. Fatte queste sommarie osservazioni, non resta che auspicare una più sollecita soluzione di questo problema che da circa vent'anni viene inutil-
mente portato
all' attenzione del legislatore regionale. Ed è altresì auspicabile che una futura legge regionale abbia normative chiaramente comprensibili, tenga conto degli usi locali, tuteli e incentivi gli studi del settore e si awalga dei possibili qualificati contributi di Associazioni e Istituti Universitari, ad evitare, in definitiva, che ad ogni stagione si ripeta quella vera e propria "aggressione" al.bosco che è purtroppo ormal Prassl costante da parte di molti. Prima di concludere, Perché non si pensi che con la limitazione della raccolta dei funghi si sia risolto il problema della tutela del bosco, vorrei citare quanto sostenuto da Francesco Bellù, Consigliere della prestigiosa Asso ciazione Micologica Bresadola di Trento. Sostiene egli, in un editoriale pubblicato sulla rivista dell'Associ azione (n. 3 settembre-dicembre 1995), che in seguito a ricerche scientifiche svoltesi in una riserva micologica svizzera, si è apPurato che la raccolta dei funghi non influisce negativamente, non solo sui funghi, ma neppure sull'ecosistema forestale, sul quale invece gravano pesantemente altri fattori dovuti soprattutto a interventi umani, quali inquinamento, pascolo intensivo, costruzione di case, strade etc., compresi i lavori silvocolturali. Mentre i funghi possono ben essere intesi come indicatori dello stato di salute del territorio nel quale vivono, dovendosi considerare Ia loro rarcfazione non come la conseguenza dell'opera di fungaioli più o meno scriteriati, bensì come un campanello d'allarme del quale tener conto per interventi di tutela che abbiano per oggetto tutte le diverse componenti delI'ambiente.
Il
successo
di un calendario
di Melis Giampatrizio & S. S. A.
"PINNETTOS" arrrva alla BIT di Milano L'ASS.FOR. nell'Anno Internazionale delle Montagne, con Ia pubblicazione del Calendario "PINNETTOS" ha voluto creare un mezzo per la diffusione d'immagini di gran valore ambientale dei paes aggi montani della Sardegnà. Fotografie, spesso inedite, del no-
e culturale che speriamo siano di stimolo per lar conoscere nuove risorse naturali e far crescere la sensibilità alla salvaguardi di questi beni. stro patrimonio storico
Le immagini del nostro calendario vogliono valorizzare strutture che rievocano i segni di una storia millenaria, di un'antica economia montana, quella dei pastori, fatta di duro la- -' voro, sacrifici e solitudine.
La genuinità di questo mondo può essere apprezzata, in questo amo
ruiffitrffi
Agli Operatori deilaBIT di Milans, Gentile operatore. Alcuni amici ci hanno,convinto che il, nostro calendaris 200?eon 1e imdaginidegìi antichi o:rili della §ardegna, pu§ ossere anche uro strumento utile per solleticare la curiosità ili motti turisti:a riscoprire in altre stagioni, f intemo delf isola eon. tesori,. dellasua.neturà ancora istatta. Diventa sosì, per noi. morivo di gran soddislazione poterte donare capia del:nostroilalendario,, Noi crediamo che, addenrrarsi nella montagn smda, vivere il contatto con luoghi so: litati, axpri e tormentati ed imbattersì itr un antico orrile, puo sussitare plqfonde sensa., zioni e forti emoziooi; Gli antishi oviii ti'a'
i
,dizionali smdi sono strutfi,re semplici
e
ne nuragiehg,'sono iasediati in luoghi naturali e selraggi ed integrati armoniosamenr.e nel paesaggio. Le inllragini dei nosh§:ca-
La saluto cordialrnente, Salvatore SCRIVA
FOR.2002
dedicato dall'ONU alle montagne, con una visita intelligente in questi luoghi di straordinario fascino. Con le sole immagini del nostro calendario abbiamo stimolato la curiosità dei mezzi d' informazione più sensibili,
Infire il 20 febbraio nello
stand della
Provincia di Nuoro, alla BIT di Milano, è stato regalato il calendario agli operatori turistici di tutto il mondo.
che sono intervenuti per rivivere e riprendere l'attività dei pochi pastori che vivono in montagna. La RAI Sardegna con il giomalista, della reda-
realizzato un servizio per
gionale, puntando 1'attenzione sul recupero di queste strutture che in par-
laidario voglion* valorir:are sùutture che rievocano i lsegni di uria storia,rnillenarià, di un'qntisa eeonomia, qqqlla,dei pastori, f*tta di durq lavoro, sacrifici e,solitudirle. La genuinita di questo mondo può essere oggi assaporata con una visita inrelligente in quesii luoghi di skaordinario fascino-.
LITA".
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ASS.
zione di Sassari, Bruno Merella ha il TG Re-
flrnzioriali ehe riccrdano :Ie antiche capan-
Per raggiungere questi luoghi sconosciqti al turisrno di massq le'eorrij§iamo:di af, fidare i, suoi'turisti,inte{ligentill a guide' professionalmente prepàrate,ed esperta come gli operatori di.'r BARBAGIA INSO-
Antichi o,ili d.llu S."J"g,u
La copertina del Calendario
sono in stato d'abbandono. La giornalista, inviata dell'Unione Sarda, Marilena Orunesu ha descritto, per i lettori del quotidiano più diffuso nell'isola, 1'affascinante tour nel Supramonte alla scoperta delle caratteristiche capanne costruite dai pastori. L'articolo è stato pubblicato su L'U-
te
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NIONE SARDA mercoledì 6 febbraio 2002. Il giornalista della RAI Bruno
MereLIa
di Roberto Balia
Le razze canine della Sardegna
Considerazioni sul Ca-ne d-i Fonni Non è semplice scrivere di un mito, un prezioso animale che ha accompagnato il trascolrere della vita nelle campagne della Sardegna alimentando raccontr e farfiasie di grandi e piccoli, della sua intellugenza e coraggio, della ferocia, dell'utilita e della fedeltà al proprio signore, il suo padrone. I1 Cane
di Fonni è conosciuto
anche come mastinofonnese o pastore fonnese, ma è chiamato cani fonnesu antigu nell'ambiente pastorale, spinone fonnese dai cac-
ciatori e cani sardu antigu dagli anziani di tutti i paesi della Sardegna, oppure semplicemente Fonnese. Allo stato attuale può parlarsi di popolazione canina anche se la razza fonnese viene apprezzata in Sardegna da piu di duemila anni.
Stiamo parlando di un antico e
raro cane un tempo presente in tutta I'Isola e sicuramente molto più comune di oggi che soprattutto nel paese di Fonni, dove viene chiamato "ane 'e accappiu" (cane da catena o da guardia), si è conservato forse nel nucleo più originario perché gelosamente ttamar,dato da padre a figlio.
I
ceppi originari degli animali
prendono il nome dal1a famiglia allevatrice da generazioni. Le fa-
miglie Loddo e Coccollone soprannominate rispettivamente
*Addai" e "Cussuggla" sono due di queste ed i cani fonnesi attualmente presenti in Sardegna discenderebbero dalle stirpi da loro selezionate, in conseguenza della "sottrazione" di una cucciolata a suo tempo commessa a danno dei
pochi e gelosi detentori dellaraz-
za: gliAggittstru ed i Biaceddu avevano i cani più belli, ma c'erano anchè i Manias, i Maggios, i Tracathu, gli Othale ed i Vra-
cone. Diversi possessori di questi cani sopprimevano le femmine per non permettere ad altri di possedere larazza. Il signor Giovanni Loddo, noto "Addai", fi-
glio del proprietario dei capostipiti dell'omonima stirpe canina ed appassionato allevatore, mi ha raccontato la storia di tre cani pastori fonnesi che nel corso di un tentativo di abigeato ai danni del gregge di proprietà di suo padre riuscirono a disarmare due pericolosissimi e temuti fuorilegge, i fra-
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Leone,
telli Giovanni e Antonio Pintore i quali, sino alla fine della loro violenta vita, ne lodarono, alquanto turbati, il coraggio, il valore e I'intelligenza. La storia è questa. Due cani si
trovavano all'intemo del gregge mentre l'altro era accucciato non lontano, accanto al padre addormentato del signor Loddo: i cani erano silenziosi e quando i Pinto-
linea'Addai"
re furono prossimi alle pecore il cane che stava vicino al suo padrone lo svegliò toccandolo con la zampa(una dote naturale che hanno tuttora sin da cuccioli); resosi conto di quanto stava accadendo,
il
Loddo aizzò rmmediatamente i
cani che scattarono come saette da
più parti e, convergendo, si scagliarono inferociti sui ladri cogliendoli di sorpresa e questi, per-
si
i fucili rnitragliatori,
vennero
immobllizzati a tena dagli intelligenti animali. Ritengo che geni di questo animale siano distribuiti nel patrimonio cromosomico di tutti i cani meticci che vagabondano nelle aree rurali della Sardegna; ho infatti constatato che a volte sogget-
ti con simili caratteristiche fisiche e caralteiali nascono da genitori
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Cranio di cane rinuenuto nel pozzo nuragico di Sanru Antine
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Genorui
(NU)
che di questa razzahanno ben poco. Secondo la versione ufficialmente accreditata, questi cani originerebbero da antiche e ripetute selezioni tra veltri e cani mastini e più verosimilmente sarebbero il
San Giouanni Suergiu, loc. Craminalana: lastra di pietra con figure di carro A carsone, uomq e cane. (da Thramelli)
frutto dell'incrocio tra i molossi fiilizzatinel23I A.C. dal console romano Marco Pomponio Matone per contrastare le continue incursioni dei mastrucati ribelli (Zonara VIII, 19 P.I.40l) ed il cane locale, si è supposto un levrieroide. Alla luce di una lethra più attenta, si potrebbe ritenere che i cani importati dal console romano dall'Italia fossero dei segugi (sagaces canes) utilizzati per la ricerca dei nascondigli dei predoni sardi, i manufatti interrati dove presumibilmente nascondevano le derrate frutto delle bardane ed anche sé stessi.
Uno studio interessante al qua-
le sta lavorando da tempo un ricercatore della facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di
Sassari, il dott. Marco Zedda del Dipartimento di Biologia Animale, ipotizza appunto che i cani a suo tempo portati dai romani per stanare
i
sardi fossero cani da se-
guito, segugi o veltri, mentre mastino o molosso poteva più verosiil cane locale, il
milmente essere
Tbrrecotte
discendente di quello appartenuto all'uomo nuragico fosse esso pastore, cacciatore o guerriero, raffrgurato nei bronzetti esposti nel museo nazionale di Cagliari e testimoniato dal rinvenimento di al-
cuni reperti ossei. Questa ipotesi mi vede concorde con il ricercatore e potrebbe essere compatibile con I'unico graÈ fito del genere rinvenuto, che testimonierebbe la presenza in Sardegna di un grosso cane dalla co-
da mozza già prima dell'alvento romano.
Nella primavera il Soprintendente
1905
chità
dell'anno alle Anti-
A. Taramelli rinvenne,
sul-
I'architrave di una tomba di giganti in località Craminalana, nel Comune di San Giovanni Suergiu (Sulcis), un graffito ora depositato
presso
il
museo archeologico di
Sant'Antioco (Ca), che I'archeologo così descrisse: "la figura dell'incisione è dctta'da un solco non molto profondo, ma contintio e sicuro: rappresenta inferiormente, in quello che pare il primo piano,
di Santa Gilla (CA) - Leuriere (da Moscati)
il profilo di una figura umana a braccia distese, con tunica lunga a larghe maniche; a destra di essa una figura di quadrupede che,
per
le proporzioni ed il profilo del capo, parrebbe quello di un cane (...) dietro è rappresentato un
carro a due ruote (...) due tratti, riunenti il quadrupede ctl carro, vogliono forse esprimere il laccio che tratteneva il cane allct custodia del veicolo (...) è evidente qualche analogia con alcune delle rappresentazioni di età preistorica sinora conosciute (...) è evidente l'intendimento dell'artefice di esprimere la scenq abbastctnza complessa di un uomo, accompagnato da un quadrupede, che a mio giudizio sembra un cane, presso alla leggera carretta (...) il fitto strato di licheni e la generale erosione della superficie della roccia che ammorbidì gli orli dell'incisione, non mi lasciarono acquistare la certezza che si tratti di incisione con scalpello di metallo, anziché di pietra." Il prof. Giovanni Lilliu, accademico dei Lincei, ritiene che il quadrupede raffrgurato nella lastra di Craminalana sia un cane e che la rappresentazione possa datarsi intorno all'ottiavo secolo A.C. La presenza del cane molosso e del levriere prima delllarrivo dei Romani in Sardegna è testimoniata dalle terre cotte figurate rinvenute nella lagune di Santa Gilla (Cagliari) in regione "su Mogoro" negli anni 1891 e 1892: tra 327 pezzi rtnven-uti sono infatti presenti 20 terre cotte (mezzo torso) di levriere e due teste di molosso. Di produzione locale, questi reper-
ti hanno carattere votivo in quanto il sito di rinvenimento e risultato trattarsi di una offrcina che verosi-
milmente lavorò per un vicino santuario Cartaginese (ubicato tra ed Assemini, circà ZOO-:OO metri dalla sponda est della laguna stessa); essi sono rife-
i paesi di Elmas
ribili al periodo fenicio-punico
(Vivanet) o tardo punico e quindi pertinenti allorizzonte dei Cartaginesi di Sardegna (F. Baneca) L'eventualità teorica è stata il-
lustrata con supporto audiovisivo dal dott. Zedda a Fonni il giomo nove luglio 2000, in occasione del primo raduno Enci organizzato per il censimento e riconoscimento uffi ciale della razza. Grazie alle misurazioni effettuate dai giudici federali dell'Ente Nazionale Cinofilo Italiano Gian Franco Giannelli e Giacinto D'Alessio in occasione del raduno, è stato possibile constatare evidenti
siano quelle tipiche di un cane mesocefalo, che può essere ancora riconosciuto nell'attuale cane di Fonni. Esisterebbero alcune linee di sangue corrispondenti ad altrettanti modelli fenotipici, sicuramente tre.
Le differenze riguardano: - la taglia: l'altezza media al galrese è di poco inferiore ai 60 èentimetri nei maschi mentre in-
vece per le femmine dobbiamo considerare circa il l0% n meno e queste ultime, nelle quali è evidente un forte dimorfismo sessuale, sono generalmente più "leggere"; i maschi raggiungono a volte aTtezze superiori alla media, in qualche caso intomo ai 65 ed anéhe 70 centimetri, così pure qualche esemplare femminile raggiunge l' altezza media maschile; - la conformazione del corPo, meso-brachimorfo, a metà strada tra la pesantezza di natura molos-
e sarebbero comunque considerati difetti. Il colore del mantello è soprattutto nero, brizzolato e grigio cenere, miele, bianco lana (alquanto raro ed apprezzato quest'ultimo in quanto I'animale può confondersi all'interno del gregge di pecore), roano e tigrato: nieddu, murfl)zzanu, incinixiau o canudu, melinu, ispanu, sorgolinu (a volte assomiglia al mantello della iena) e pertiazzu; ma il manto del cane di Fonni è anche rosso o fulvo, ruju
presenti
in lingua sarda. Il manto pertiazzu può essere più o meno scuro, così come la tigratura è più o meno marcata ed in molti, soprattutto nel Sulcis e
nel Campidano, lo indicano come
il
mantello originale ed arcaico del cane antico, al quale invece nelle zone inteme dell'isola contrappongono principalmente quel1o nero (con una stella o lista bian-
ca nel petto) e quindi il grigio ed il mantello chiaro, miele o bianco lana. Escludendo la stella o lista
compatibilità morfologiche
e
morfÒmetriche, relativamente al-
la forma e dimensioni della testa, all'apofisi
pettorale -che può estendersi
occipitale ed alla
consistenza forma dei denti
e
anche
canini e degli in(sbalordisce lo sviluppo dei canini e del-
sotto-
cisivi
guantini bianchi, altre mac-
I'incisivo terzo superiore), tra
nette sparse nel
gli animali
prei re-
chie epezzafrxe
mantello Terrecotte
di Santa Gilla (CA) 'Molosso (da Moscati)
sentati ed perti ossei, in totale sessanta resti iiferiUlti a sette soggetti tra cui sei crani di cane tutti delle stesse di1-.
al
gola- e piccoli
mensioni, aventi caratteristiche alquanto omogenee, rinvenuti dalla Sovrintendenza Archeologica al-
I'interno del pozzo nuragico di Santu Antine in agro del Comune di Genoni §U), animali che si ri-
tiene siano stati probabilmente sa-
crificati come offerta propiziatoria. I reperti ossei sono stati oggetto di studio dell'Associazione Italiana di Archeozoologia e sono
stati presentati dal dott. Marco Zedda e dal dott. Valentino Petruzzi alterzo convegno nazionale tenutosi a Siracusa dal 3 al 5 Novembre 2000.
E'opinione del dott. Zeddache le caratteristiche del cane al quale sono appartenuti i crani repertati
soide e laleggerezza del levriero, più o meno pronunciata in un senso o nell'altro; - la lunghezza delf ispido Pelo ed il conseguente aspetto fisico; - il colore del manto; - I'assenza della coda alla nascita.
sono
espressione di non ptrezza dell'animale. Un'altra caratteristica del mantello è quella di cambiare colore con la crescita dell'animale: un cucciolo nero, a tre mesi puo diventare tigrato e quindi, con il pàssare degli anni, griglo.
Il pelo del fonnese attuale, ve-
le dentarura già formala nei cuccioli di cinque-sei mesi, con chiusura soprathrtto a tenaglia: eno-
troso, fitto ed ispido, può essere molto lungo, dandogli I'aspetto di un grosso barbone non tosato oPpure di l.unghezza media, il così detto pelo forte che gli anziani indicano come I'originario, o addirittura corto (raspinu): nel secondo caso I'animale appare come uno "strano" spinone e nell'ultimo assomiglia ai precedenti modelli esclusivamente per la mole, lo sguardo, la potente dentatura, f intelligenza e la predisposizione al-
gnatismo e prognatismo non sono
I'aggressività.
Questi cani hanno il garrese alla medesima altezza o, in numerosi esemplari soprattutto femminili da me conosciuti, leggermente Più
basso della groppa, ampio torace,
arti asciutti, potenti e muscolosi con "piede" ben conformato, la
codaeavolteassente. Essi hanno generalmente il Palato nero ed inoltre una formidabi-
te barbaricino od ogliastrino.
I cani fonnesi, soprattutto
quelli scrabionausu (spettinati),
hanno un aspetto interessante e quasi casual, trasandato e non molto estetico: come dire, sono un paradosso, contemporaneamente belli e brutti. Lo sguardo è molto intenso e caratteristico ed è un elemento di riconoscimento della razza per-
ed agli accoppiamenti endogami-
ché, come ho potuto constatare per esperienza personale, tutti i numerosi esemplari a me noti hanno la medesima espressione un po' triste, profonda ed autorevole. Essi presentano infatti una caratteristica "faccia da s cimmiq" od anche un particolare"occhio di scimmia": gli occhi, non grandi, sono rotondeggianti, in posizione sub-frontale e tra loro rawicinati. Questa è un'espressione assolutamente unica non riscontrabile
consanguinei. ma
in altre razze canine, dovuta anche
anche al fatto che gli allevatori-se-
al notevole sviluppo delle arcate sopracciliari ed al fatto che I'iride e molto grande e ricopre quasi totalmente I'apertura delle palpebre
Fonnese - Linea "Cussuggia" (proprietario Tolu)
Ritengo che I'esistenza di più fenotipi sia dovuta all'impoverimento della razza originaria, al conseguente isolamento dei ceppi
ci. quindi tra
lezionatori, persone molto pratiche alle quali premeva sopratfirtto
costruire un affidabile e valido collaboratore, consideravano soprattutto il carattere più che I'aspetto fisico. Per questi motivi troviamo oggi il primo modello nelle zone montane interrre, dove il clima è più rigido, ed i rimanenti sparsi nelle altre regioni dell'Isola quali la Nurra, la Gallura, I'Oristanese,
il
Sulcis-Iglesiente ed il SarrabusGerrei, anche se c'è da dire che il pastore, nella transum anza, portava al seguito i propri validi collaboratori, i cani a guardia del gregge e dell'ovile. per cui spesso nuclei del primo tipo si rinvengono in quegli stazzi dove si è trasferito stabilmente il vecchio transuman-
tanto che la comea risulta poco visibile. Occhi quindi molto espressivi, brillanti e truci a seconda delle situazioni, prevalentemente di co-
lore giallo, arancio, ocra, ambra, talvolta beige o nocciola, raramente scuri e comunque mai torbidi; essi emanano un particolare riflesso che incute rispetto ed anzi, soprattutto la notte, una certa inquietudine. La testa è pesante con I'apofisi occipitale straordinariamente pro-
nunciata; il muso è abbastanza lungo, con tartufo generalmente nero ben conformato e negli esemplari a pelo lungo ed a pelo
forte sono presenti mustacchi, pizzo ed abbondanti ciuffi che ricoprono gli occhi tanto che spesso è necessario un lavoro di maquillage: il taglio dei ciuffi permetterà una migliore visione all'animale. Le orecchie sono piccole e se-
mi-discendenti,
generalmente
portate larghe e quasi asventola,a volte sono erette: questa è una ca-
ratteristica interessante descritta sia dal gesuita Antonio Bresciani che da Giovanni Valtan, ma anche raffigurata nei pochi dipinti che ritraggono cani sardi; personalmente ritengo che, assieme al mantello tigrato, sia un carattere distintivo arcaico dell'animale, entrambe reliquia dell'indole selvaggia, molto accentuata negli esemplari che hanno almeno una delle due.
Gli esemplari maschi presentano abbondante criniera sul collo che conferisce loro un aspetto leo-
nino ed infatti Leone è un nome molto comune. Il fonnese è un cane di intelligenza superiore, longevo (da cuccioli sono sensibili alle gastroen-
teriti ma, se curati, raggiungono senza problemi età ragguardevoli, anche superiori ai venti anni), rustico, prolifico ed ha fondamentalmente un buon caraltere anche se
è predisposto all'aggressività; inclinazione quest'ultima che emerge sicuramente se lo si vuole rendere tale o se viene maltrattato ma anche se non viene allevato adeguatamente: necessita, soprattutto il maschio, di un padrone autore-
vole da riconoscere come rtcapobranco", al quale si lega in modo totale e con
il quale stabilisce una
intesa non comune.Difenderà il proprio padrone, la sua famiglia e la loro proprietà da ogni violenza o intrusione di estranei nei confronti dei quali sarà molto diffidente ed aggressivo, ammettendo comunque gli ospiti con i quali si comporterà bene, pur rimanendo guardingo.Si narra che anticamente esistessero in Sardegna due
tipi di cane molto simili e molto validi, uno nelle zone inteme ed uno presente soprattutto nel campidano di Cagliari e sulle coste e
quest'ultimo, dal manto tigrato, era alquanto più grande ed a pelo corto: il fonnese attuale, nello standard conosciuto, da molti è ritenuto il frutto dell'incrocio, e Cane di Fonni a pelo "forte"
conseguente selezione, operata tra questi due animali.
Mentre un'altra ipotesi, un vero mito tra gli appassionati isolani, indica in altre due rare "razze" locali l'origine del cane di Fonni: 7l cane di Bonorva, citato da Emanuele Domenech in Pastori e Banditi ma anche dal Cav. Salvatore
Saba nell'Itinerario-Guida Storico-Statistico dell'Isola di Sarde-
gna e da alcuni identificato nel Dogo Sardesco, ed 1l cane di Posada,ùn rarissimo levrieroide a1levato per generazioni da una sola
famiglia di appassionati originari dell'omonimo paese. Entrambi gli autori descrivono sia il cane di Bonorva che quello di Fonni ed il Domenech considera quest'ultimo una variante feroce del primo come conseguenza dell'addestramento: "(...) si alleva la miglior razza o, per meglio dire, la piùferoce, di cani sardi di cui ho già parlato in un capitolo precedente (...) l" loro educctzio' ne consiste del resto nell'affamarli e di tqnto in tanto awentarli contro unfantoccio cui attaccano al collo una vescica piena di sangue (...) qualche volta i montanari di Fonni si liberano, con questi cani, d'un nemico che non vogliono uccidere né col .ferro né con fuoco." ll cane di Bonorva, secondo la descrizione del Cav. Saba, era un mastino abilissimo che aiutava il proprio padrone nella cattura dei bovini allevati allo stato brado inseguendo, affrontando ed arrestando tori indomiti addentandoli nelle narici. Quando l'animale veniva preso dalla fune lanciatagli da un uomo a cavallo il cane si avventava sull'animale riuscendo a bloccarlo e
permettendo all' assocatore di scendere dal destriero e di avere ragione dello stesso. Attualmente di questo cane, si dice estinto nella razza originaria, sanno poco anche i bononresi e parrebbe che, in quanto sperimentato in passato, dall'accoppiamento tra questo ed 1l levriero di Posada -del quale si sa ancora meno e per il quale non ho sinora reperito fonti scritte- nasca il fonnese. E' superfluo considerare I'opportunità di al.viare ulteriori ricerche presso le comunità paesane e rurali di Bonola e Posada, ed in quelle prossime, nonché presso archivi e biblioteche, al fine di dare consistenza a questa ipotesi.
Brigante a 40 giorni - Cucciolo di Fonnese
Si spera nella fortuna per trovare qualche vecchia fotografia dimenticata in un armadio oppure
incontrare un centenario dalla buona memoria. I1 Padre gesuita Bresciani nella sua opera "Dei costumi dell'isola di Sardegna" del 1861, descrive ùna razza di cani "d'indole cupa,
di che riescono ferocissimi" . I cani feroci così ottenuti venivano anche usati dai banditi come affrdabili complici in imprese brigantesche ma anche nelle bardane
che coinvolgevano interi paesi delle fertili pianure sarde e per il
presente
loro addestramento veniva quindi un fantoccio al collo del quale legavano uno stomaco di pecora riempito di sangue: i cani
hanno a ragione in altissimo pregio (...) hanno il muso aguzzo, gli orecchi ritti, la vita lunga e slanciato, le gambe snelle e sottili, il
addestratore.
in eccesso" in Sardegna'. "tanto valenti alla guardia che i Sardi li cogitabonda e triste
pelo irto o rado di colore lionato o bigio piombo (...) sono fedeli al signore o dolci con i famigliari ma turci, odiosi e feroci con gli stranieri"; egli inoltre racconta il tipo di addestramento riservato ai suddetti cani al fine di renderli "crudeli e serpentosi"'. "li qttizzano, li inviperiscono, li affamano, li legano stretti nelle tane al buio,
usato
imparavano presto ad azzannare il collo del fantoccio e venivano inoltre premiati quando eseguivano I'ordine di attacco del padrone-
Lo
stesso Bresciani ricorda soldati sbarcati dalla flotta francese nel golfo di Quafta, I'attuale spiaggia del Poetto di Cache
i
gliari, sbarco awenuto nel 1793, furono scacciati con l'ausilio dei cani da lui descritti, aizzali in branchi dai montanari per I'occasione unitisi ai miliziani schierati lungo la costa'. "quelle tigri, fatte
.t
Èù N
o
.§
5 Fonnese a pelo corto "raspinu"
u§lll §§Qluuclr(ro gu al Nella sua opera sui quadrupedi di Sardegna, edita nel 1774, trattando del "can sardo" così chiamato in quanto assai comune in Sardegna, padre Francesco Cetti narra: "le dimensioni opposte del veltro e del mqstino si elidono
scambievolmente (...)
vi
trovano
riunite in un sol corpo laforza, la velocità, l'odorato (...) e ne risulta un grande risparmio di corpi poichèun solofa gliffici di molti". Giovanni Valtan nel 1899, "In Tripoli - Cane di Fonni (proprietqrio Mattu)
piit calde e frementi al fuoco, al fumo, al fragore delle artiglierie, correndo e nabissqndo colle aperte bocche, investirono l'oste nemica; ed arricciando i peli... non la-
sciavanli riavere...beato chi potea gettarsi in mqre a salvamento"
.
Sono a conoscenza di episodi nei quali il proprietario di un cane di Fonni deve nutrire I'animale, legato ad una robusta catena, awicinandogli la ciotola contenente il cibo mediante una lunga canna. In quanto dotato e come conseguenza delle selezioni condotte nel passato, I'animale risulta affidabile guardiano della casa e del gregge ed ottimo e poliedrico cac-
ciatore; non teme
il corpo a corpo
nemmeno con il più grosso cinghiale. Le doti caratteriali si stabilizzano a diverse età ma generalmente intorno al terzo anno di vita per i maschi, mentre le femmine sono più precoci. Quindi I'aspetto generale del cane non è molto aggraziato anche se oggi si tende a selezionare esemplari sempre più alti, grossi e
Cane di Gavoi o Tigrinu -
Sardegna", scrive: "famosi per l'istinto cattivo e sanguinario sono i mastini detti cani di Fonni, grossi alani robustissimi e d'una ferocia inaudita (...) lo loro forza è tale che permette
loro di arrestare un
bue od un cavallo afferrando coi denti la capezza o addentandoli per l'orecchio (...) sono ottimi ca-
ni da guardia ma troppo pericolos, (...) devono stare sempre legati
(...) che se per disgrazia lct catena si spezza, saltqno alla gola del
primo malcapitato, e con un morso formidabile gli rompono le arterie (...) due di questi cani dell'età di un anno furono pagati cinquecento lire dall'impresa austriaca delle escavazione dei porti di Sardegna, ma erano cosìferoci che il guardiano dovette accompagnarli da Fonni a Trieste (...) il guardiano stesso deve stare bene accorto (...) la loro mole è considerevole, hanno il corpo tozzo, il muso largo, dalle robuste mascelle, le orecchie piccole ed erette, le zampe muscolose, il petto ed il collo larghi e leonini, la coda corta (...) il manto fulvo dal pelo fitto e corto e lo sguardo fiero e molto intelligente". Queste descrizioni possono adottarsi per il cane fonnese attuale e sono convinto che esso sia il diretto discendente degli animali oggetto dell'interesse dei medesimi autori. Sono pochissime le altre fonti conosciute che narrano o descrivono questi cani sardi, e solo per citarne alcune, ricordo Baldassarre Luciano(1841), il Canalis nel Dizionario Storico-Statistico, Alberto Della Marmora, il quale fa un accenno ai "fonnesi con i loro terribili cani" nell'Itinerario dell'Isola di Sardegna, Francesco Corona (1896), Sebastiano Satta, Antioco Casula in arte Montanaru nella poesia "Ninnq nanna de An-
lon tsrcne
, Antonlo Nlereu ln
"Fonni Resistenziale"ed un articolo apparso sull'Unione Sarda il 2l gennaio 7912, oltre quelli più recenti sulla cronaca delle testate lo-
cali e in conseguenza del risve-
gliato interesse per I'animale. Ai cani di Fonni viene praticato il taglio delle orecchie e I'amputazione della coda alla seconda o terza vertebra coccigea. La coda, infatti, può essere di
htnghezza media oppure naturalmente ridotta ad un terzo o, come già detto, assente; in un cucciolata
alcuni piccoli possono nascere anuri: qualcuno ayanza I'ipotesi che quest'ultima caratteristica sia distintiva di linea fenotipica ed in Barbagia viene considerata indice di purezza (soprattutto nel paese di Fonni vengono oggi selezionati esemplari maschi e femmine anuri che daranno origine ad un'intera cucciolata senza coda).
Le poche testimonianze fotografiche dell'inizio del secolo scorso ritraggono in eguale misura animali con e senza coda. In molti testi di storia sarda ri-
producenti stampe d'epoca ho al,uto modo di notare la rappresentazione grafrca a colori di cani molto simili al fonnese per forma del corpo, colore del mantello, grigio, nero o tigrato e dimensioni, dedotte dal rapporto di proporzione delle raffigurazioni di uomini e cavalli vicini ai cani, generalmente aventi coda corta ed orecchie ritte. La ferocia, un ottimo olfatto e I'udito finissimo sono le caratteristiche che fecero di questi animali dei cani da guerra e come tali fu-
rono impiegati nella
campagna
d'Africa, in Libia, per prevenire gli attacchi agli accampamenti italiani
ribelli Senussi i quali, strisciando tra i canneti, cercavano di entrare nelle linee italiane. I Senussi erano gli affrliati ad una confraternita musulmana fondata da Muhammad ibn Alì al Senussi (1787-1859) che riunì i suoi da parte dei
seguaci nello Stato "senussita" fondato in Cirenaica, con capitale Giarabub, che fu distrutto dal governo coloniale italiano e, rinato dopo la seconda gueffa mondiale, fu inglobato, federato, nel regno di Libia.
Il sergente Antonio Coinu, nativo di Fonni, nell'anno l9l2 fu incaricato dal comando militare del-
impiegato
il dogo
sardo.
i tedeschi in fuga trafugarono gli esemplari più belli e forti, successivamente utilizzatiper insanguare lo Sctrnauzer. Si aggiunga quindi lo stillicidio di animali operato dai baschi blu della Polizia di Stato negli anni settanta quando, durante le perDopo I'armistizio,
quisizioni degli ovili, gli animali che si awentavano venivano ab-
bathrti.
Oggi, in Sardegna, pochi appassionati sono impegnati per la definizione di uno standard ai fini del riconoscimento della razza e della tutela di questo particolare elemento di sardità. Nell'ambiente cinofilo isolano si verificano spesso speculazioni sugli animali in quanto esemplari incrociati con altre razze, sopra-
§
tutto Pastore del Caucaso e
": ȧJ
Schnauzer, vengono venduti quali
"puro fonnese, di alta genealocome indicano gli annunci sui giornali, aprezzi che sfiorano i cinquecento euro a cucciolo: un
N
gia",
o Ò
t!
incauto acquisto che dovrebbe essere scoraggiato dalla considerazione che i veri amatori di questo Malaspina - Fonnese.femmina di 5 anni la requisizione di mastini fonnesi.
Ne furono presi centodieci nel solo paese di Fonni, comprese le femmine, ed i rimanenti reperiti in tutta la Barbagia, 1'Ogliastra e nel resto dell'isola; questi furono pagati cinquanta lire ciascuno.
L'imbarco dei cani e degli istruttori avvenne a Cagliat', 1120 Aprile 1912 sui piroscafi India e Principe Amedeo e, giunti a destinazione, gli stessi vennero suddivisi in cinque plotoni ed impiegati a Dema, Tobruk, Homs e Bengasi.
L'addestramento alla gueffa il seguente: tenuti saldamente alla catena, un militare camuffato da arabo o da turco e con tanto di baracano o fez, faceva ai cani ogni sorta di offesa o maltrattamento; quindi si presentava un altro militare vestito con la divisa italiana che invece accarezzava i cani e portava loro del buon cibo. Tale addestramento affezionava il cane alla divisa italiana e montava l'odio per il nemico: gli effetti si vedevano quando gli animali venivano liberati e si awentavano contro un fantoccio che, era
vestito nello stesso modo del seviziatore, veniva da essi trovato nelI'accampamento.
Bisogna riconoscere che questo addestramento era analogo a quello descritto da Baldassarre
animale regalano i cuccioli, esclusivamente a persone altret-
tanto serie, e semmai recuperano le sole spese sostenute per le vacctnaztofll.
Nel passato il cane di Fonni
è
stato incrociato con "cani da caccia bastardi di razza minuta", lamenta l'enotecnico Paolo Pili in
Luciano nei suoi "Cenni sulla Sardegna" del 1841. Risulterebbe che nessuno dei cani impiegati in Libia sia ritornato in Sardegna in quanto furono tutti lasciati in quella terra, compreso il mitico Astula, così chiamato perché sveglio e veloce come una scheggia. L'unico animale che un militare cercava di riportare indietro si dice sia stato ucciso durante la navigazione: non vi sono però certezzeinmerito e non si esclude invece che, vista la preziosità del cane - soldato, almeno un reduce sia tornato a casa. Vennero successivamente impiegati dalla Brigata Sassari nel corso della prima guerra mondiale ed :utilizzati dalla Guardia di Fi-
nanzanel 1932 in Tripolitania anche se bisogna dire che, in quest'ultimo caso, risulterebbe invece
Fonni, 9 luglio 2000 - Prima rassegna del cane di Fonni Esemplare di l9 anni
origine spagnola che individua un tipo di cane che ha come caratteristiche taglia grossa e tozza, testa quadrata, labbra abbondanti, occhio arrotondato, orecchie piccole
e corte, grande forza e temperamento coraggioso.
Il Dogo sctrdesco è nominato da Sebastiano Satta nella poesia "Cani da battaglia" e talaltri 1o identificano nel cane di Gavoi o Tigrinu, un animale molto aggressivo, a pelo corto e dal manto generalmente nero o tigrato, di taglia
Dogo sardo
un articolo sull'Unione Sarda dell'anno 1912, che aggiunge: "sono
forti per natura, lottano con il cin-
ghiale ed atterrano il toro; I'uomo che non è abbastanza coraggioso e
non ha una buon'arma difficilmente se lo toglie di torno".
Oggi in molte aree dell'Isola
viene praticato, sopratfutto dai pastori, I'incrocio con il cane maremmano-abruzzese e con meticci del medesimo.
Parlando del cane sardo non dobbiamo dimenticare che esiste in Sardegna anche un altro cqne sardo antico da molti, ritengo erroneamente, indicato come mastino fonnese e come tale identificato, anche nei paesi intemi quando esso nasce a pelo liscio e corto: il Dogo sardo o Dogo sardesco, al quale ho peraltro già accennato. Dogo è un nome di probabile
ristico poftamento da "orso" con passo lento, pesante ed apparente-
mente goffo, già molto evidente nei cuccioli; è privo di mustacchi,
pizzo e ciuffi, e c'è chi afferma che ogni tanto qualche esemplare nasca dal cane di Fonni. Le doti caratteriali del cane parrebbero molto simili a quelle del fonnese e risulterebbero anzi ulteriormente esasperate, soprattutto nella caccia. Questo superbo cacciatore di ungulati veniva un tempo (ma for-
medio-grande.
se ancora) lutllizzato per la ricerca
Gli anziani allevatori raccontano come in passato il dogo fosse molto più alto e tarchiato dell'at-
e I'uccisione della grossa selvaggina: viene liberato dal canaruiu solo quando il capocaccia ha la certezza che la preda sia ferita e risulti diffi coltoso seguirla oppure sia pericoloso awicinarsi ad essa. L'animale è veramente raro, i detentori ne sono gelosissimi ed i
tuale: un molossoide brachicefalo dal corpo compatto e con un peso variante tra i 50 e 60 chilogrammi e punte anche di 75! Viene dagli stessi descritto come molto tozzo, dal petto ampio e con arti robusti e muscolosi, avente il mantello nero o tigrato dal pelo corlo o di lunghezza media, ispido e folto, la coda lunga, che comunque si usava tagliare assie-
me alle orecchie, un vero alano specializzato nella guardia, nella difesa e nella caccia agli ungulati. La testa del dogo atfuale è più pesante di quella del fonnese e le orecchie sono piccole, semi discendenti od anche a rosetta; la dentatura è formidabile mentre per la forma degli scuri occhi (quasi neri) non si differenzia tanto dal secondo: lo sguardo, a volte torbido, per certi versi è ancora più inquietante. Il dogo non presenta la"faccia da scimmia" né ha conseguentemente I'espressione tipica del cane
di Fonni; è dotato di leggera giogaia e spesso presenta un caratte-
pochi esemplari risulterebbero notevolmente imbastarditi. Tralasciando i miti ed i misteri che popolano il mondo della cinofilia sarda, ritengo in tutta sincerità che gli atfuali cane di Fonni e Dogo sardesco, entrambi mastini sia in senso letterale che figurato del termine, siano ".§tt Cuni surdu antigu", dai più mitizzato. Nella cultura popolare potrebbero essere entrambe sinonimi del medesimo animale che, da un primordiale ceppo e per tutta una se-
rie di vicissitudini, ha
percorso
differenti strade evolutive. Possiamo infatti ipotizzare che entrambe le "popolazioni", originatesi dall'arcaico cane sardo già
in Sardegna prima delI'incontro con altre civiltà e dei conseguenti scambi, sarebbero il frutto di attenti incroci e selezioni tendenti a creare per il fonnese, perfezionatosi nel tempo soprattutto come abile cane da guardia e presente
da pastore, un robusto e coraggio-
so collaboratore, poliedrico ed aÈ e per il dogo sardesco un altrettanto attento cane da difesa e
fidabile,
da guardia nonché abile animale da fiuto, forte e micidiale cacciatore alquanto più specializzato: anch'egli, come il cane di Fonni, risulterebbe in grado di atterrare un grosso cinghiale prendendolo per la nuca.
Il cane di Fonni un tempo, ma ancora oggi, aiutava il pastore nel Fonni - 9 luglio 2000 - Prima rassegna del cane di Fonni
govemo del gregge, difendendolo dai ladri e dalla volpe ed i raccon-
ti
sul loro addestramento sono
suggestivi:
i
cuccioli dovevano
crescere senza avere contatti umani e venivano tenuti nelle tanas, buche scavate nel terreno ricoperte di frasche; venivano nutriti con latte di pecora al fine di associare gli odori dell'animale che li nutri-
'
11.roPo*{
'flro,'wt j!
Associazìae (lalÌ..rale
va con 1l concetto di madre da difendere ad ogni costo.
Ogni cultore di questo cane si inorgoglisce del suo animale e ne decanta doti di intelligenza, sensibilità ed intuito: la forza e l'aggressività si manifestano soprattutto contro I'uomo ed il suo abbaiare è appunto diverso a seconda che nelle vicinanze siano presenti persone o animali. Alcune associazioni per la tu-
tela
e
valorizzazione
del
Cane
Sardo si sono costituite in Sardegna ed una in particolare, l'Associqzione per la valorizzazione e riconoscimento del Cane Fonnese, il giorno nove Luglio 2000 ha
organizzato
a Fonni una prima
rassegna che ha visto impegnati, nel censimento e misurazione dei
circa cento soggetti presentati. i giudici Enci D'Alessio e Giannelli, i quali hanno constatato una buona omogeneità degli animali e rilevato alcune particolarità tra cui I'espressione ed il portamento (sopratutto in posizione seduta) caratteristici, la formidabile dentatura e la grande aggressività. Questo evento ha visto impegnatala comunità paesana che ha
portato avanti ricerche storiche e documentarie da cui è nato, grazie all'Associazione culturale Proposta, un pregiato calendario da collezione dedicato a questo prezioso cane ed ai suoi estimatori. Un secondo censimento Enci ha rivisto impegnati il giorno otto Luglio 2001, sempre a Fonni, gli stessi giudici che, confermando quanto valutato I'anno precedente, hanno iniziato a parlare di razza, riconsiderando inoltre il carattere ed il comportamento del cane. La strada del riconoscimento sembra oggi più percorribile, anche se qualche resistenza deriva comunque dal fatto che gli animali risultano essere effettivamente ancora troppo aggressivi. Per questo motivo credo che gli allevatori debbano operare delle scelte. Necessita selezionare animali
docili
e
controllabili, sia pure reat-
tivi ma non aggressivi, e quindi il contrario di quanto tuttora awie-
§{, §*no §ond*gse i'l
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a*t*jLal/ealoiea#«tktut* ld c@ /bM, dùtu tnlaawlal* /a w «*n shaaaw
a4sta tu@ da{dkra(a
é.
Calendario realizzato dall' As s ociazione Culturale " Proposta " di Fonni
ne nella maggioranza dei casi: i soggetti che non rientrano nello standard aggressivo -circa la metà
della cucciolata a trenta giomi di eta già anticipa questa inclinazio-
ne- vengono infatti considerati "tonti". La collaborazione tra ap-
passionati, allevatori, giudici Enci, ricercatori e genetisti ha come obiettivo la definizione delle mappe geniche dei soggetti monitorati
e per tale motivo sono stati eseguiti prelievi di sangue sugli esemplari più caratteristici in occasione dei raduni.
Le mappe geniche velranno
comparate con quelle derivate dai reperti ossei canini nella disponi-
bilita delle autorità archeologiche e questo lavoro di ricerca permetterà di estendere le comparazioni a nuove e vecchie razze quali ad esempio il cane corso, il pastore
mareflrmano -abbrvzzese e quello bergamasco, il pastore dei Pirenei, il mastino napoletano ed il Cime-
co dell'Etna.
Da questa ricerca e dall'impesi spera possano emergere le linee originarie degli animali e quindi stabilirsi più certe origini dellarazza, nonché definire gli standard morfologici e caratteriali indispensabili per la tutela della razza-popolazione ed il conseguente riconoscimento uffi-
gno profuso
ciale, tenendo comunque ben presente che vi è I'esigenza di sele-
zionare
gli
esemplari meno ag-
gressivi e piu equilibrati se si vuole raggiungere il traguardo. Poiché, come ho già scritto, questi cani autoctoni sono da sempre riconosci:uti razza in tutta la Sardegna (ma anche oltre Tirreno dove sono stati portati sopratutto
Derna 1912, il sergente Antonio Coinu con alcuni dei mastini fonnesi impiegati contro i Senussi
Gruppo di soldati, custodi ed istruttori dei mastinifonnesi che, addestrati alla guerra, erano in partenza per il fronte libico il 20
aprile l9l
2
Fonni 8 luglio 2001 - Seconda rassegna del cane di Fonni
dagli allevatori emigrati nel "Con-
completamente tigrato, aveva il
tinente") voglio ancora ricordare
pelo corto ed a volte nasceva senza coda; I'animale veniva :uttlizza-
Sebastiano Satta che, nella poesia
Cani da battaglia scritta per la gueffa di Libia, decanta i cani di
Fonni ed i doghi cogitabondi, ma anche gli alani di Orzulei ed il mastino d'Arzana. Mi pongo quindi, e non sono
solo,
il
il
seguente interrogativo: la
lode dell'illustre conterraneo era per
1o
stesso animale, comune dal-
la Barbagia all'Ogliastra anche se chiamato diversamente, oppure egli voleva effettivamente celebrare diverse razze di cane che si erano tutte fatte onore oltre mare,
accomunate dall'intelligenza
e
dalla forte ed autorevole indole? Mi preme inoltre segnalare la presenza in Sardegna di altre due popolazioni canine, il Cane del ,Slnls ed un segugio così detto "del Sulcis" (anche dal mantello tigrato) rispettivamente un cane da caccia leggero somigliante al Cirneco dell'Etna e, secondo il veterinario dott. Giuseppe Guiso cacciatore ed appassionato cinofilo, un discendente del primitiro cane e giziano pre sumibilmente impor-
tato dai Fenici. ln aggiunta alle stesse. possiamo infine parlare di un nucleo molto imbastardito di discendenti dell'arcaico cane pertiazzu, presente nel medau di "Marchiana" tra i comuni di Tratalias e Villape-
ruccio, un tempo abbastanza diffuso nel Sulcis.
Questo cane viene descritto
dagli anziani allevatori e cacciato-
11 come
un cane polivalente
(guardia, pastore e caccia) avente doti eccezionali ed un pessimo carattere; originariamente era di taglia media ma tarchiato e rustico:
to per la difesa degli ovili ed il
controllo delle mandrie di bovini, ma anche come cacciatore di ungulati che riuscira a letmare senzal'aitrto dell'uomo. Attualmente è di taglia mediopiccola, tigrato e con la coda lunga o cofia; ne è proprietaria la famiglia Manca, che da generazioni e sino agli scorsi anni cinquanta, ne condivideYa la " razza" con pochi altri proprietari temieri di Santadi e Narcao. La Regione Autonoma della Sardegna, alla quale veffanno consegnate le conclusioni della ricerca e le determinazioni dell'Enci, facendosi artefice della salvaguardia evalorizzazione di queste
popolazioni canine, potrà prioritariamente pronunciare il riconoscimento ufficiale del Cane Surdo o di Fonni e del relativo standard di razza. in virru delle proprie com-
petenze statutarie
ed in
quanto
elemento culturale di sardità, come tale appaftenente alle radici ed alla storia del nostro popolo. Il censimento generale degli animali dovrebbe essere affuato dal Corpo Forestale e di Mgilanza
Ambientale sotto la superuisione dell' Enci e del Dipartimento di Biologia Animale della Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Sassari.
La
necessaria collaborazione
delle aziende sanitarie locali permetterà l'istituzione dell'Anagrafe del Cane Sardo presso ogni servizio veterinario territoriale, I'inserimento di microchip identificativo e la profilassi sanitaria su-
gli animali.
Raccontando Siro Vannelli
di Amilcare Loverci
LJn tosca-rìo in Sa-rd-graaIntellettuale e studioso, innamoraro della flora sarda. Nel primo articolo il Dott. Siro Vannelli è stato presentato ai lettori riprendendolo soprattutto nel suo secondo ambiente di lavoro - I'Ispetto-
rato Distrettuale delle Foreste di Tempio Pausania - che. appena istituito dal Consiglio Regionale, gli venne affidato dall'Assessore all'Agricoltura e Foreste Paolo Dettori che, per la sua città, vi trasferì un fun-
zionario dall'Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Cagliari del quale aveva saputo apprezzare buone doti professionali. Già allora il Dott. Vannelli veniva denominato " 'u professore" per cui non era certo diffrcile cogliere in tale
riferimento le doti
di
studioso che
aveva ben evidenziato nel quinquennio trascorso a Cagliari. Volendo, comunque, limitarsi ad una schematica descrizione di tale peculiarità, sarebbe sutficiente elencare le tante pubblicazioni che sicuramente presentano, già per se stesse, il Vannelli intellettuale e studioso, avendo in centinaia di articoli ed in tanti libri profuso tanta parte delle sue conoscenze inerenti alla botanica, all'ambiente, al territorio. Sarebbe però estremamente riduttivo limitarsi a rappresentare in tal modo un grande uomo tanto più che 1o scopo di questi "racconti" è
quello di far conoscere un'altra pafte di Siro Vannelli, quella che può scoprire la sua vera umanità.
Ritengo quindi
di dover optare,
anche in questa seconda esposizione" per raccontare Vannelli riprendendo-
Io nelle sue attività di ogni giomo" partendo proprio da un giorno qualunque.
Abbiamo visto nell'articolo precedente che Vannelli venne mandato a "fondare" di fatto una nuova realtà
istituzionale (non esistevano in Sardegna i distretti forestali) affiancandogli i classici due gatti e quindi un organico che avrebbe dovuto ritenersi incongruo persino per un qualsiasi importante comando di stazione forestale (non azzardiamo il confronto con i raggruppamenti forestali che allora non esistevano ancora neppure nella mente dei legislatori). Dover assumere quindi la responsabilita di un nuovo ispettorato con una giurisdizione abbastanza rag-
guardevole ed importante sotto il profilo forestale come la Gallura e non potendo disporre di un'adeguata collaborazione, se avrebbe dovuto quasi spaventare il giovane Dott. Vannelli, awebbe dovuto altresì attenuare in lui, almeno temporaneamente, quella eccezionale voglia di cono-
Fundu di Monti, Falchi di Vignola, Paba
di Caprera e poi i comandanti
delle Stazioni Forestali di Tempio, Berchidda, Calangianus, Luogosanto, Monti con i quali costitui una vera e propria equipe di consulenti dando ed acquisendo conoscenze su quel ricco quanto vario mondo vegetale. Sottolineo "dando conoscenze" perché la sua scienza non la teneva a corredo della sua cultura ma si pre-
murava di estenderla agli altri altraverso ipiu vari strumenti: scritti. conferenze, dialoghi, lezioni; certo anche lezioni che teneva al personale forestale preoccupandosi poi di interrogare non certo per verificarne la capacità di apprendimento quanto per integrarne la formazione con ulteriori insegnamenti. In tali iniziative credo che Siro Vannelli, per quanto mi
scenza del territorio e dell'ambiente
sia dato di sapere, potrebbe conside-
che avevano contraddistinto i primi anni di servizio per dedicarsi interamente alla direzione del distretto forestale che comprendeva cinque stazioni lorestali. un vivaio , grossi cantieri di forestazione frnanziati dalla Cassa per il Mezzogiomo ed i tanti cantieri-scuola di rimboschimento fi nanziati dal Ministero del lavoro. Il Dott. Vannelli si premurò inve-
rarsi unico ed irripetibile. Quei forestali, ormai pochi, purhoppo, che ebbero la fortuna di lavorare con lui negli anni "60, hanno ben conservato tali ricordi e ne parlano ancora con vero entusiasmo.
ce, appena presa conoscertza delter-
natura, fu nell'ambito della scuola. Gli istituti scolastici della Gallura
ritorio compreso nella sua giurisdizione, di studiarne la flora in rurti i
Ma dove Siro Vannelli
eccelse
nell'estrinsecare la sua voglia di divulgazione, la necessità di insegnare alle nuove generazioni l'amore per la
conservano sicuramente
i suoi scritti,
suoi aspetti: sì butto quasi a capofitto sulla sughera, rappresentata in Gallu-
rufti tendenti a lar conoscere ai
ra dalle migliori e più varie
spugli, non disdegnando
esistenti, ma anche
specie
su tutte indistin-
tamente le essenze mediterranee prodotte dall'uno all'altro confine della sua giurisdizione (da quel di Sennori
di
Caprera, da S.Teresa di Gallura ai territori di Oschiri, Monti,
all'isola
Berchidda ).
Negli studi, nelle ricerche si avvalse delle biblioteche locali e topo di biblioteca si mantenne anche negli anni successivi quando rientrò a Cagliari per effetto di quei trasferimenti, comuni a tutti i pubblici dipendenti. Ma soprattutto cercò e trovò una miniera di conoscenze rivolgendosi ai suoi collaboratori: capi operai come Pirrianu del Limbara, Tondini di
ra-
gazzi gli alberi e le erbe, fiori e ce-
gli
le amore da alzarsi persino la notte a controllare la germinazione e lo sviluppo. L'iniziativa ebbe quindi un notevole successo ed è un vero peccato che, dopo la cessazione dal servizio del dott. Vannelli, non sia stata ripetuta.
Tomando al Vannelli "gallurese"
non è certo possibile dimenticare quel prezioso ausilio, vera e propria consulenza altamente professionale, che egli prestò - a titolo esclusivamente gratuito considerato come servizio istituzionale - alle grandi intraprese che sconvolsero, come eventi epocali, la Sardegna settentrionale. Mi riferisco al Club Mediterranèe di Caprera, ai villaggi turistici del Touring Club in La Maddalena ma so-
prathrtto, ed
in maggior misura, al
Consorzio della Costa Smeralda che, pur disponendo di personale alta-
mente specializzalo reclutato nella Penisola, polè apprezzare I'alta supervisione del dott. Vannelli nel fondere la natura millenaria dì "Monti di Mola" con i moderni insediamenti turistici armonizzandoli sapientemente tra essi. Ai suggerimenti del dott. Vannelli quelle grandi società risposero anche con un invito permanente, esteso a tutto il personale dell'Ispettoralo, al libero accesso alle loro strutture. Forse non sarà fuori luogo, a tale proposito, ricordare un curioso episodio riguardante il Club Mediterranèe:
stessi
un dipendente non si accontentò di
funghi dei quali poteva ben conside-
essere ospitato prendendo parte ai
rarsi un grande esperto.
giochi ed agli svaghi con gli ospiti paganti. Pretese di visitare le cucine ottenendo un gentile quanto deciso rifiuto. Mai fosse accaduto! Scrisse una lettera direttamente alla Direzione Generale di Parigi, informandoli dell'affronto subito ed asserendo che egli intendeva controllare la legna depositata nei locali delle cucine. La Direzione non rispose a cotanto mit-
La sua tetdenza alla divulgazione, peraltro, non si affievolì nel tem-
po: quando rientrò aCagliari e si tro-
vò a dirigere, negli anni "70, il Servizio Parchi e Foreste dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente, otteme un finanziamento che impiego per far confezionare diverse migliaia di bustine riportanti un messaggio e le istruzioni per la semina e che, riempite di sementi forestali, vennero distribuite in centinaia di scuole elementari. Tanto per ricordare, diverse mamme raccontarono alle insegnanti che i
figli allevavano tali semi con ta-
tente ma, appena tradotta la protestadenuncia dall'italiano al francese, inviò una nota di riscontro al Comandante di Sassari giustificando il com-
portamento dei gestori di Caprera e, facendo presente che la qualifica del
Il Dr Vannelli
con Dr Filigheddu Capo dell'Ispettorato di Sassari, Dr. Tumbarello Ispettore addetto di Sassari, Dr Sommazz.i Ispettnre addetto fli Sassari. Alle spalle del Dr Vannelli: la Guardia Scelta Fumera il giorno dell'EpiJania del 1963 subì un attentato dinamitarclo che distrusse la sua camera da letto (nella casermaforestale diTempio). Scamparono alla morte Fumera e la consorte perchè questa era ammalata, si era abbattuta su Tbmpio una Srossa nevicata e loro dormirono in cucina accanto al caminetto- Ovviamente Fumera venne trasferito ma riftrisco I'episoclio perchè la Direzione Generale dell'Economia Montana e delle Foreste - C.F.S. - gli liquittò un risarcimento di 50.000 diconsi cinquantamila. Lo sti-
t
pendio di una guardia scelta anziana ammontava allora a { 120.000. Il secondo da sinistra era il Maresciallo Satta comandante clella stazione di Berchidda. Un ottimo sottufficiale. Sifece togliere un nevo dalla spalla sinistra. In meno di un anno la metastasi lo portò all'altro monclo d.opo indicibili solferenze. \4fu una mobilitazione di colleghi e superiori dawert eccezionale sia per assisterlo che per soccorrere t6famiglia che dovette affrontare gravi problemi economici. Una gara dawero commovente di grande solidarietà che coinvolse tutti iforestali. Da non dimenticare.'
nostro dipendente escludeva la sua
facoltà di ispezionare i locali del Club, dimostrò di avere una buona conoscenza dell' orgatizzazione del C.F.S. I Nostro, infatti, era solo un dipendente civile del Corpo Forestale con la qualifica di salariato di 3o categoria.....I1 Comandante convocò
il sedicente agente forestale nell'ufficio del dott. Vannelli a Tempio per contestargli I'abuso; ma, mentre il primo si avventò contro il salariato urlando e imprecando e minacciando, quando il richiamo passò, gerarchicamente, al dott. Vannelli, questi fece al suo dipendente una predica abbastan-
zaseyerafiapoi fece seguito con una vera e propria lezione di cultura giuridico-amministrativa per fargli ben capire dove e come aveva sbagliato. Sorprese così lo stesso Comandante che, fino ad allora, conosceva solo il
di:
Vannelli grande botanico.
Tornando
al Vannelli uomo
di
scienza e di cultura, si può dire che risulta eskemamente difficile descrivere, con parole adeguate, quella sua
particolare, ineguagliabile voglia di
conoscere profondamente
ogni
e
qualsiasi prodotto della terra ma, soprathltto, con quanto interesse e pas-
sione
e rispetto si awicinasse al
mondo vegetale. Bastava una foglia, un rametl"o, un fiore mai visti in precedenza per ammirare quel suo modo
di coglierli, di osservarli, di estraniarsi da tutto per dirigere il suo interesse a quel nuovo prodotto, spesso affascinato, sempre smanioso di scoprime le origini. In Gallura poi egli aveva trovato altre persone che condividevano i suoi interessi per cui incrementava con loro le sue ricerche ed
i suoi
stu-
il
Generale Palma, direttore (e,
perché no, fondatore ) della Stazione Sperimentale del Sughero di Tempio
Pausania e scienziato che si unì a Vannelli con un rapporto di amicizia fraterna ed il Brigadiere Barba che, avendo prestato servizio per diversi anni in Provincia di Nuoro, era diventato un grande conoscitore di tutte le essenze tipiche di quelle terre, tanto da essere incaricato, in diverse occasioni, di accompagnare docenti universitari italiani e stranieri che visitavano la Sardegna per ragioni di studio.
Non si esagera certamente ad affermare che questo sodalizio acquisì una tale conoscenza del Nord Sardegna da non trovare conlÌonti con chi ci viveva da decenni. Loro insegnavano la Gallura ai Galluresi. Ma troppo riduttivo sarebbe par-
lare di Vanrielli che scopre la flora gallurese. Ricordo che un giorno un Tempiese che lavorava a Cagliari e rientrava in citta ogni fine settimana, avendo sentito che il dott. Vannelli doveva recarsi a Cagliari per una riunione, gli offrì un "passaggio" con la sua macchina. Partirono nel pomeriggio di una domenica dovendo entrambi presentarsi il lunedì alle 8 nei
rispettivi uffrci. La settimana successiva, I'amico tempiese mi raccontò del viaggio Tempio-Cagliari col dott. Vannelli. Per lui fu un'esperienzaunica, singolarissima sotto ogni profilo: in macchina 1o intrattenne parlando di piante e di erbe e di ogni tipo di flora così da trovarsi a rivedere la sua stessa Sardegna sotto un aspetto nuo-
vo e del tutto sconosciuto; persino il suo stazzo sotto il Limbara, oltre 100 eftari ricchi di vegetazione, gli apparve sotto diversa luce. Ma si sorprese soprattutto nel constatare di avere impiegato quasi 5 ore perché il passeggero Siro Vannelli, che non guardava la strada ma le campagne, gli chiese più volte di fermarsi: scendeva, tornava indietro, scavalcava qualche siepe o qualche muretto e si introduceva quando in un campo,
quando in un bosco; osservava. co-
glieva f,oglie o rametti e tornava in auto donando al conducente stupende lezioni di botanica, descrivendo le varie specie con tale ricchezza di par-
ticolari e con tale chiarezza che I'amico potè aflermare che una dozzina di viaggi con Siro Vannelli avrebbero fatto di lui un grande esperto della vegetazione sarda. A proposito del viaggio appena fiarrato, va precisato che il percorso awenne sulla vecchia "Carlo Felice" non esistendo ancora I'attuale superstrada.
Nei suoi studi Siro Vannelli non disdegnava certo le biblioteche pubbliche e, nel decennio che trascorse a Tempio, divenne anche il più assiduo frequentatore della biblioteca comu-
nale, ubicata sotto il liceo-ginnasio "Dsttori", dove trovò molto materiale interessante che, non disponendo in uffrcio di un fotocopiatore perché ancora poco conosciuto in Italia, fa-
ceva aopiare a macchina da guardie ed autisti per riempire gli spazi di tempo in cui si trovavano impegnati solo nel lavoro di semplice attesa. A tale proposito sarà bene ricordare che, se Vannelli non sprecava mai il suo tempo, occupando ogni minuto della sua lunga giornata lavorativa, altrettanto esigeva dai suoi collaboratori; questi, tutti indistintamente, anche trovandosi negli anni awenire in altri uffrci e con altri dirigenti, mai vennero meno a quel particolare attaccamento al lavoro appreso dall'esempio e dalf insegnamento di Dott. Vannelli. Come Siro Vannelli svolgeva il suo lavoro di funzionario dello Stato e poi della Regione (quando la legge regionale n"l8ll911 costrinse il personale in posizione di comando ad optare per il passaggio alla Regione o\.vero a lasciare I'Isola per rientrare negli uffici dello Stato, il dott. Vannelli, che ormai si sentiva Sardo fra i Sardi, non ebbe certo esitazioni a sce-
gliere la Regione), 1o abbiamo visto nella prima "puntata". Aggiungiamo ora che, solo dopo aver svolto il suo servizio di capo dell'ispettorato di Tempio ben oltre gli orari stabiliti, dedicava le ore libere allo studio, sempre avido di ulteriori conoscenze del vasto territorio gallurese e non solo.
Gli uomini di cultura
1o conside-
iniziative a vari livelli: dizionario delle piante e delle erbe con I'indica-
zione del termine latino, italiano
e
gallurese; suggerimenti ed istnrzioni particolareggiate rivolte a chi possedeva e conduceva sugherete, a chi possedeva olivastri e voleva trasformarli in uliveti da produzione. Un colorito ricordo si riferisce proprio alla coltura della sughera. Quando sorse
il
primo vivaio della sughera,
amministrato dall'Ispettorato ma gestito interamente dalla Stazione Sperimentale del Sughero, vi fu nei tempiesi una reazione (non lo nascondo) particolarmente negativa.
Non potrei dire quanti di loro fecero.pesanti apprezzamefii che, comunque, possono riassumersi con "da candu esisti la tarra, la suara è sempri crisciuta da paredda e abà n'arreani da Roma pà imparacci a falla iscì" (da quando esiste il mondo, la sughera è sempre stata una pianta spontanea ed ora arrivano questi da
Roma per insegnarci a coltivarla). Ol.viamente non occorse molto tem-
po perché i sugherieri di
Tempio
cambiassero radicalmente idea
e,
quando videro le piantine crescere. si ricredettero atfribuendo a Palma ed a Vannelli i dor,uti meriti. Negli anni successivi non mancarono di rimpiangere la partenza del dott. Palma da Tempio mentre, per quanto riguarda il Dott. Vannelli,
ravano uno di loro se non addirittura un loro maestro. In quegli anni "60, di un importante uomo politico parti-
quando, negli anni "80, un folto gruppo di amministratori pubblici 1o
colarmente preparato, si diceva: dategli una penna ed egli teorizzerà su di essa per almeno 4 ore. Di Siro Van-
sessorato regionale, 1o abbracciarono
nelli si arrivò
a dire alhettanto: date-
gli una foglia od un rametto e vi stupirà dissertando su di essi per un pomeriggio.
incontrarono casualmente
in un as-
come un familiare esprimendogli tutta la loro stima ed il loro affetto non avendolo mai dimenticato. Tralascio i rimpianti che la partenza del dott. Vannelli, trasferito a Cagliari nel 1972, lascrò nei Tempiesi perché le
Sempre in quei tempi non esistevano ancora movimenti, associazioni, partiti votati alla difesa dell'ambiente, alla salvaguardia del territorio, all'ecologia (buona parte sorsero dopo il '68). Siro Vannelli puo quin-
"disawenture" dei'suoi successori non possono entrare in questi magni-
di considerarsi un vero antesignano, un precursore perché fu il primo, almeno in Gallura, a promuovere tante
re dal ricordare I'impegno e gli sforzi ed i tentativi da lui profusi per arginare la piaga degli incendi estivi, per
fici ricordi. Parlando dell'uomo di cultura e di uno studioso che ha vissuto in Sardegna non ci si può sicuramente esime-
l0
maggio 1967 - Foresta Fiorentini - h't borghese il Dott. Vannelli,
capirne
il fenomeno, per limitarne gli
effetti e le devastazioni. Rammento con quale accanimen-
to cercò di capire la dinamica degli incendi boschivi costruendo lui stesso gli strumenti usati dagli incendiari per provare potenzialità. resislenza e caratteristiche delle micce. In una
parcella
di
pineta. appositamenre
scelta, provò ripetutamente i più sva-
riati tentativi di provocare il fuoco: cristallo esposto al sole di luglio, frammenti di lenti e di bottiglie poggiati su sottobosco secco, cicche di sigarette lasciate accese e buttate nell'erba secca in giornate molto ventilate, e tanti altri ancora.
Tratte le sue conclusioni, si premurava di esporle a colleghi e supe-
riori
sia perché le recepissero sia per
smentire tante credenze popolari che cozzavalo contro la realtà. Ma, per salvaguardare il patrimonio boschi-
vo, ricorreva anche ad iniziative che la profonda conoscenza dell'ambien-
te gli suggeriva. In estate apriva al pascolo degli ovini i teneni del Limbara concordando col comune (ente proprietario della maggior parte di essi ) Ie condizioniper Ia cessione ma
soprattutto perché la presenza dei paa proteggere le pecore costituivano un buon deter-
stori ed il loro interesse
il
Gen.
D'Autilia, il Dott. Filigheddu e il Dott. Sanfitippo
i
pastori li contattava lui stesso incontrandoli d'invemo, quando vivevano nelle valli ricche di buon
rente. Ed
pascolo e guardavano con terrore alla prossima estate quando le erbe si
rinsecchivano mentre in montagna, nelle zone rimboschite, si conservavano ancora fresche ed appetibili. A conclusione di questa seconda ondata di ricordi, voglio citare un fatto accaduto negli anni "90 perché esso provocò in Siro Vannelli una sorta di rammarico, forse potrei dire un doloroso rimpianto. Studiando la flora di Cagliari, studi dai quali trasse un magnifico volume, venne colpito dalla omonimia dell'erba Mandela (acetosella gialla) col grande statista sudafricano che liberò il suo grande paese dalle drammatiche divisioni ed intolleratze razziali e vinse il Nobel per la pace. Siro Vannelli ebbe subito I'intuizione che la Sardegna potesse trarre da tale, seppur piccola, coincidenza, potenziali vantaggi economici, ruristici. propagandistici per cui ritenne di dover propoffe un invito a Mandela a visitare la regione ove era molto diffrrsa I'erba, originaria del Sudafrica, che aveva preso il suo nome per iniziativa dello stesso Vannelli. A tal fine precipuo bussò a tante
porte, comune, regione, provincia, autorità varie ma trovò solo vaghe promesse o chiusure; nessLulo si con-
vinse della bontà - o forse della fattibilità - dell'iniziativa. Alla fine trovò un amico che, essendo collegato ad Internet e non avendo mai :utilizzato le pagine che
il
Provider metteva a sua disposizione, le offrì al dott. Vannelli perché aprisse un sito attraverso il quale lanciare la proposta. Essendo tale amico assolutamente profano in materia, cerca-
rono un tecnico informatico che potesse progettare e creare le pagine atte a lanciare la proposta di far incon-
trare Mandela con la Sardegna. Purtroppo, dal sedicente tecnico ottennero solo una bufala mentre ulteriori tenl"ativi non po(erono avere maggior successo per cui l'iniziatlva non ebbe
più seguito lasciando nel Dott. Vannelli un grande rimpianto per aver fallito il tentativo di dare alla Sardegna un segno tangibile dell'amore di un figlio strappato alla Toscana.
ll prino ricorio del Dou. Vannelli è sta,,r*;p$b\lieate .nd.],,N,t':F:. *?., 15ll-6. dal di;'., rembre 2000. Nei prossimi numeri altri
due racconti per ricordare "l'uor4o" e
il
"regìonale".
di Antonello Mele
R-iftessio
ni s Irl CF\ZA
In un recente incontro convivial-agreste nella stuPefacente cornice dei rilievi calcarei che contotnano la ordinata valle di anaittu (Olìena), ho partecipato, da esterno, alle conversazioni fra
T
alcuni giovani, e meno giovani, appartenenti al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale.
A noi, giubilati, appartiene il passato con le sue vicende ed i punti fermi che hanno delimitato inequivocabilmente la storia di ciascuno (la storia, sostiene qualcuno, la celebrano gli uomini forti e potenti, ma la scrive il PoPo1o minuto), ai giovani incombe l'onere di porre le basi per il loro futuro, anche con uno sguardo al passato.
Ho ascoltato con attenzione i conversari a ruota libera e talvolta ho anche espressa la mia oPinione, quando richiesta. Ho avuto la sensazione che dalle parole dei giovani emergano due constatazioni: una insicurezzatremenda ed una solitudine preoccupante. Non mi pare di avere colto rivendicazioni di na-
gi
di
carriera, ogargomenti frequenti, ma una
tura economica o
depressione psicologica" una preoccupazione. Mi è sembrato di cogliere il senso di una insicurezza di carattere professionale, e
quindi culturale, ed una solitudine derivante dalla mancanza di sostegno da parte di chi ha, Per posizione sociale, compiti di indirizzo morale e di guida nelle azioni diuturne del vivere profesProbabilmente la mia è stata solamente una vaga impressione ed ho, quindi, voluto approfondire la ragioni del pessimismo gener alizzato. Ascoltando con maggiore attenzione e stimolando, con appropriate domande, la voglia di "confessarsi, ho apPreso
il
personale esecutivo del Corpo Forestale vive un momento di esitanza, qrasi di deliquescenza nel brodo colturale che lo circonda.
E' un navigare a vista
complesso organismo, articolato in organi collegati, un temPo, in maniera armonica e funzionale, manchi dì una serie di'oteste". Quindi vegeta nell'oggi senza una prospettiva nel domani, a beneficio di una luterrza sempre Presente fuori della porta.
Per uscire dalla metafora, alf isolamento geografico in cui vive la Stazione forestale viene a sommarsi l'isolamento cultural -
sionale.
che
re di avere capito che questo
senza
professionale che sta alla base dell' operatività del personale. Questi giovani, entusiasti del-
la loro professione. auspicano "capi" che li stimolino, li incoraggino, rappresentino fonte di sapere per eliminare dubbi ed incertezze, quando il sostegno è fondamentale per evitare errori, a qualunque ora del giorno e della notte. Soprattutto capi che conoosapere foretengano e distillino stale", non parole vuote da comizio elettorale.
che una forza vivace e colta fornisca qualche punto di riferimento su cui fissare una rotta. Mi Pa-
o o o 6 (9
E o o
L!
Da sinistra il Dott. A. MELE, I'Ispettore Capo Alberto Scuto e I'Ispettore Superiore Antonio Murgia.
A cada unu s'arte sua! A ciascuno il suo mestiere!
t JUrestult uL mure tmpegnuu net.L operaztone LtrTLrrTtJ
zuul
fettuata dagli avvistatori del Centro Tu-
e naturali Prof. Crnjar (come si pronunci non lo so, per cavarmi dai guai l'ho sempre rispettosamente chiamato "professore") e la frenetica dottoressa Maggiani che scatta fotografie, insegue delfini, si tuffa per studiare i cetacei nel loro ambiente naturale, nuota a delfino per simpatia
ristico Studentesco, rappresenta un momento di svago nell'attività del perso-
con gli animali che, evidentemente, presume esperti in nuoto umano, colla-
nale forestale. anch'esso impegnato nell'attività di avvistamento di cetacei nell'ambito dell'operazione "Delphis 200t".
bora in cucina, chiama circa 25 persone al cellulare rimbottandone almeno 2 (ma i dati non sono completi). Progetta, anche lei, di arruolarsi nel C.F.V.A., invita l'equipaggio ed i passeggeri a scrutare il mare con maggior attenzione per individuare i tanto sospirati cetacei, parla a mitraglia con una
L abbordaggio che la motovedetta forestale'Alase" subisce il 29 di luglio nelle acque dell'arcipelago de La Mad-
dalena non ha i toni drammatici e cruenti fissati, nelf immaginario collettivo, dalla fantasia di Salgari ed, essendo, in realtà, una visita di cortesia ef-
Il fatto, poi,
che a salire sulla moto-
vedetta non sia solo
il dottor Fozzi del
Centro Turistico Studentesco Giovanile (chissà perché sintetizzato in CTS, con iniqua esclusione della G,; ma siano anche alcune sue giovani e awenenti col-
laboratrici, rende il momento non spiacevole e degno di essere documentato fotograficamente.
Anche perché, forse intrigate dalla pratica eleganza delle inedite divise forestali marine (consegnate proprio in
quei giorni al personale delle BLON), forse colpite dalla prestanza flsica dei componenti l'equipaggio della motovedetta, alcune avvistatrici chiedono timidamente se sia loro possibile amrolarsi nel Corpo, ottenendo altrettanto timide risposte affermative.
Uoperazione "Delphis 2001" consiste nell' awistamento, nell'identificazione e nel censimento dei delfini che gravitano nel triangolo di mare compreso fra le coste liguri, quelle della
Francia meridionale, la Corsica e la Sardegna settentrionale
e prevede la
partecipazione di Enti, Istituzioni e di-
portisti.
Il Corpo sua
Forestale sardo ha dato la
disponibilità impegnando due mo-
tovedette, quella di Porto Torres e quel-
la di Palau sulla quale, oltre all'equie all'ufficiale forestal-marino
paggio
dottor Stefano Orrù (da me subordinatamente accompagnato), trovano posto il preside della Facoltà di Scienze ma-
tematiche, fisiche
velocità tale che, se fosse presente, esalterebbe il Maresciallo Daveri, finalmente contento per aver trovato un'avversaria degna di lui. mi sprona. una volta awistati i delfrni a scattare ancora qualche immagine senza sapere che le foto le pago io e, di conseguenza. tendo un po' ad economizzare e. poi, a dirla tutta, dopo 20 - 25 immagi-
ni in
rapida successione
mi
stuferei
(forse) di fotografare Anna Falchi, figuriamoci un pur simpatico delflno. La vulcanica ricercatrice, inoltre, manda in crisi il povero dottor Orrù che, virginalmente preoccupato di ciò che potrebbe dire la gente, la invita, con varie perifrasi, a non stare in bikini sulla tolda dell' 'Alase" per paura che
i
maligni accusino la Forestale di sprecare i soldi del conribuente. Uequipaggio non è d'accordo con l'ufficiale, sia per ragioni estetiche (a1la lunga si sono stufati anche loro di guardare delfini) sia per ragioni logiche: ci attacchino pure sui giomali, siamo ben in grado di replicare ai pennaioli che non è costume del C.F.V.A. imporre alcun tipo di abbigliamento ai ricercatori universitari ospitati sui nostri mezzi a scopi scientifici (e che diamine!). La Maggiani si riveste impedendo alla polemica di prendere consi-
stenza. Si riveste anche
il
professore,
ma nessuno aveva fatto caso al fatto che fosse in costume da bagno. I1 mare dell'arcipelago de La Maddalena è una tavola su cui si muove un'infinità di imbarcazioni, di signori (nel senso monetario del termine) di gente comune, di cafoni (beh, almeno uno c'era, visto che l'equipaggio dell' 'Alase" ha dovuto recuperare dalle acque del golfo un grigio e galleggiante sacchetto d'immondezza; non un gesto di inciviltà ma una bestemmia) e dal quale emergono, finalmente, i tanto sospirati delfini che, facendosi gioco delle statistiche sugli avvistamenti, si fanno vivi nell'orario segnato nella scheda come "molto improbabile". Si tratta di sette bestioni, veloci come lampi, difficili da fotografare, del tutto irrispettosi degli sforzi di chi deve censirli e classificarli. Ma tant'è, come si è soliti dire: non vi è rosa senza spine, per cui, chi ama i
cetacei deve mettere nel conto che questi sono animali del tutto indifferenti alle ragioni di chi li vuole studiare e fotografare e nulla fanno per venire incontro alle esigenze dei ricercatori. Alla fine, col consenso di Nettuno, Ia motovedetta fa rientro in porto con i due ricercatori soddisfatti per gli avvistamenti e le fotografie dei delfini; il loro entusiasmo è così contagioso che quando mi rimproverano bonariamente per le poche immagini scattate, nonostante sia lessato da l0 ore di mare vissuto con abbigliamento da nucleo
investigativo antincendio (zubbotteddu, jeans e scarponi praticamente da inquisizione domenicana su relapsi) non ho letteralmente il coraggio di rispondere ciò che in quel momento penso. Anche perché, alla luce del poi, le tante (per me) foto della stessa pinna di delfino divengono leggermente noiose e, non del tutto impeccabili. Diversamente da quelle dedicate al-
le arrembatrici della motovedetta.
Come si chiama
il settimo nano di Biancaneve?
La domanda, insidiosa ed estemporanea quanto basta, spiazza tutti, docenti e discenti, del corso di alfabetizzazione informatica tenutosi in quel di Tonara nella prima primavera del nuovo millennio. Domanda insidiosa, quindi, ma anche intrigante, in grado di rivelare mostruose lacune culturali; di cozzare con tecnicismi quali "Misura di formazione" che riportano ad antiche contabilità cerealicole (a quando gli "Imbuti" o gli
"Starelli" di formazione?); di assecondare curiosi contorcimenti linguistici quali "Personale incaricato della trasmissione delle conoscenze" per evitare che
il termine
docente imbufalisca
sindacati e ferisca
il
i
cuore dei più sen-
sibili fra i dirigenti.
Meglio, quindi, la perifrasi,
e ponderosa, anche se, ordinariamente,
priva di quel linguaggio comunemente deflnito "forestalese", che condiziona
immancabilmente
i
corsi e
i
discorsi
del CFVA.
Per cui, escluso uno sporadico "nulla questua", di intensità pari al
che
sinonimo.
Ma, nonostante le grandi affabulazioni per distinguere nettamente la zuppa dal pan bagnato. I'angoscioso problema non può essere eluso: come lampo si chiama il settimo nano?
mentale delle Foreste per rapportarsi ad
un anonimo STIRCFVA, a qualcuno è venuto il dubbio se anche il computer, così faticosamente conosciuto. appartenga al novero delle macchine semplici il cui uso è riservato alle guardie fo-
si esoterico.
sapere e dell'esperienza (ultimamente autonominarsi esperti in virtù del tempo trascorso alle dipendenze di mamma Regione è divenuto vezzo diffuso), infatti, faranno in modo di deflnire 1o sffumento informatico una macchina se
molo, Brontolo: il settimo sfuggentissimo nano continua a nascondersi, anche perché Tiottolo ha perso rapidamente terreno, dimosffando di essere tutt'altro che coboldo canonico. Fortunatamente la prova conclusiva della misura di formazione (l'esame, insomma) non ha ad
oggetto I'elencazione completa ed in ordine Disneyano dei sette famigerati nani ma una più prosaica lettera in cui una determinata Stazione scrive al-
restali, come dispone la Legge regiona-
le 26/85, o ai sottufficiali subordinati, come stabilisce una discutibile prassi.
Dubbio cartesiano che, però, è destinato a rimanere sterile, i detentori del
non proprio semplice, quanto meno non diffrcilissima da usare. Specie se la usano gli altri.
Tutto ciò, in ogni caso, non aiuta a risolvere il dubbio profondo che ha tormentato queste righe: come accidenti si chiama
il
settimo nano?
I'Ispettorato che, in
Eolo, Dotto, Cucciolo, Pisolo, Mammolo, Brontolo. Per quanti slorzi vengano compiuti non è mai possibile andare oltre alla mezza dozzina, al punto che già qual-
uno sconvolgente
cuno comincia a sostenere con crescen-
sere, con i
te sicrxezza che 1a fiaba è quella di Biancaneve ed i sei nani mentre altri, più concretamente, si mettono alla ri-
rimpianti
cerca del nano scomparso.
Riparti-
Vengono così proposti, in rapida successione, Romolo (ma vien fatto notare che appartiene ad altro elenco di sette), Tantalo, Gigolo (escluso per dubbia moralità e un accento sulla o hnale che 1o rende incompatibile con gli alfi sei), Coccolo, Mignolo e Trottolo (che ha oltenulo i voti di tutti i presenti
mentale
empito di modernità. cessa
del
di
es-
caso,
t'i
Ispettorato
delle Foreste per di-
venire, in ossequio a
norme non
Il dubbio feroce e le ardite costruzioni verbali, tuttavia, non impedisco-
condizionate dalla sintesi, Servizio Territoriale Ispet-
no al corso dialfabetizzazione di Tona-
torato Ri-
ra di essere misura di formazione seria
partimenta-
meno, inspiegabilmente, di uno).
stalgici e dei sintetici. Concluso l'esame, assorbita la botta di aver perduto il rassicurante rapporto col Superiore Ispettorato Riparti-
quinto grado della scala Mercalli, pronunciato da chi non sa che il Latino è come I'AIDS, se lo conosci lo eviti, non si ha modo di sentire nulla di particolarmente rilevante, neppure il classico'A fortori" o'A forti ori" che, a metà strada fra un'eccessiva acidità di stomaco ed un discorso di economia pura, ha perso negli anni il suo significato originario per assumenle uno quaEolo, Dotto, Cucciolo, Pisolo, Mam-
non cambia la sostanza delle cose ma, allo stesso tempo, rincuora i sindacati e rinfranca i funzionari, vittorianamente attenti alla forma, al punto da considerare signorile il podice e volgare, perciò immenzionabile, il suo più comune
le del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale. Con buona pace dei no-
Il piccolo Maullu visto da Giovanni Truzzu
di Giuseppe Vacca
Osservatorio ambientale
E,PIDE,\/IIE -
Studio sulf impatto di specie vegetali invasive aliene nel Mediterraneo. fondamente il paesaggio sardo rendendolo per certi versi più "allegro" ma anche più monotono, con grosso svantaggio per la biodiversità), la lantana (che in Australia si è diffusa a tal punto di costringere le popolazioni a lasciare le terre invase ed a trasferirsi altrove). Non meno importante è lo svilupparsi della caulerpa taxfolia, alga di origine orientale che ambientatasi nel Mediterraneo, minaccia con la propria presenza, la sopravvivenza della poseidonia con conseguente sconvolgimento delle biocenosi marina.
L anno scorso, I'Associazione, in un convegno a Nuoro, aveva po-
Douglas Bardsley è un ricerca-
tore dell'Università di Bangor nel Galles che si occupa di un progetto di ricerca dell'Unione Europea di nome, EPIDEMIE. Lo scopo di questo progetto è quello di valutare i rischi ed i presunti impatti di piante invasive esotiche su una serie di isole situate ne1 Mediterranecl. A tal fine verrà esaminata,lavariabilità delle isole e la vulnerabilità degli ecosistemi. I territori insulari presi in considerazione dallo studio sono: Sardegna, Corsica, le isole d'Hyère, le Baleari, Lesbos e Creta.
La ricerca si basa su interviste rivolte ad abitanti delle varie isole per conoscere la loro opinione e come viene percepita la presenza "invasiva" delle specie aliene. Con questionari specifici si cercherà di
vazione della biodiversità. Il ricercatore pone la sua attenzione sul confronto tra le documentazioni e le leggi specifiche esistenti in merito nei vari Paesi visitati. Ci sono programmi per l'eradicazione o per il controllo di specie vegetali invasive già in atto in Sardegna?
Dalf incontro con I'ASS.FOR. è la disponibilità dell'Associazione ad una fattiva collaborazione con il ricercatore Douglas
emersa
PRIFYSCOL CYMRU.
UNIYER§ITY OT WAM§
BANGOR
Da questo colloquio è emerso che non si conoscono le specie vegetali oggetto dello studio, in quanto esse sono parte integrante del paesaggio.
Non tutti sanno che a questa schiera appartengono l' ailanto, l' a-
negativi che minacciano la conser-
cetosella (che ha modificato pro-
gli
.
Bardsley dell' Università del Galles, per la divulgazione delle problematiche del progetto EPIDEMIE.
effetti
quantificare quali sono
sto l'attenzione sulla necessità d'istituire un osservatorio ambientale permanente per i paesi del Mediterraneo, 1'esistenza di progetti comunitari come EPIDEMIE conferma la necessità d'istituire il centro di ricerca e osservazione ambientale, rafforzando la collaborazione tra il Corpo Forestale e le Università.
School of Agricultural and Forest Sciences
Le grandi opere in Sardegna
di Paolo Deidda
il porìte di Villa-norratr-lo
1958 - Iniziano
i lavori per la cosruzione del ponte di Villanovatulo posto sul FLumendosa
Penso che un metodo per rendere
tutti noi più partecipi all'attività del-
di attenzione. I1 "Ponte di
naturalistici che si trovano nell'ambi-
Villanovatulo" a campata unica, è uno dei più grandi in Europa (esso ha una lunghezza di circa 108 metri ed wa altezza dal suo basamento di 61 metri), posto sul flume Flumendosa, è sicuramente degno di essere ammirato per le sue ca-
to della Stazione Forestale di Isili ove
ratteristiche costruttive.
I'Associazione sia quello di far conoscere ai lettori gli aspetti paesaggistici che ogni Stazione Forestale può vantare nel territorio di propria giurisdizione. Vi segnalerò dunque sia siti
presto servizio, sia luoghi e costru-
La sua progettazione risale al
zioni parlicolari. degni sicuramente
1958 anno in cui venne sottoscritta
una convenzione fra l'Ente Autonomo del Flumendosa, I'ANAS e la Società Ferrovie Complementari della Sardegna per la costruzione di un viadotto che consentisse la deviazione della strada statale 198 e del tratto feroviario Mandas-Arbatax. Con tale opera si consentiva l'attraversamento del Flumendosa nei pressi di
Villanovatulo,
in
sostituzione dei
vecchi percorsi tortuosi,
i quali
sa-
rebbero stati sommersi dalla diga, costruita a valle dall'E.A.F.
La rcalizzazione dell'opera, già ftnanziata dalla "Cassa per tlMezzo-
giorno" nel 1953, durò circa due anni ed in data 21 .9.1960 venne collaudata, ma a causa di alcuni interventi tecnici aggiuntivi la consegna definitiva avvenne in data 09.08.1965. In quella giomata il Dott. Ing. Fi-
lippo Pasquini, Direttore Generale dell'Ente Autonomo del Flumendosa, "consegnò" l'opera all'ANAS, rappresentata dal Dott. Ing. Michele de Juliis e alle FF.CC., dal Dott. Ing. Giovanni Battista Spiga.
Po.rticolare del vecchio ponte in pietra con la trave in Jerro lunga trenta metri, verrui distrutto con I'uso tlella dinamite,
La sua rcalizzazione. risalente al primo dopo guera, rappresenta un mirabile esempio dell'ingegno e del lavoro italiano. La costruzione fu affidata alla "Società Italiana condotte d'acqua", alla quale si devono le fotografie eseguite in corso d'opera, che mostrano il notevole impiego di tubi in ferro per l'armatura del ponte. Le foto ritraggono, oltre alla teleferi-
1965 - Anno di massima piena
ca per
il traspoflo di materiale,
la preesistente strada con
il
anche
piccolo ponte in fero e parte della linea ferrata. Il ponte in pietra, alto 38 metri, lu demolito con la dinamile. in quanto poteva arrecare danni all'impianto di sollevamento dell'acqua, che doyeya realizzarsi nei pressi. Il ponte distrutto, rappresentava una delle più belle opere d'arte della linea ferrata.
2002 - Anno di siccità
Nel 1965 quando vi fu la massima piena della diga posta a valle il livel1o dell'acqua salì fino a pochi metri dalla sommità del ponte e impressionante la foto che ritrae tale situazione, specie paragonandola al livello attuale. E' noto infatti, che il fiume, in considerazione dei periodi di siccità, si riduce nel periodo estivo ad un rigagnolo attraversabile a piedi.
Lr.igi Colornbr-:
Lrrì solita-rio, rna- \zero Poetail
Poeta, anche in questo terzo libro, ci ha fatto conoscere il meglio di se stesso e della sua produzione poetica. Oltre alle liriche d'amore ampiamente commentate nel libro, Anna Addis, a voce, ha sottolineato la complessità del mondo interiore di Luigi Colombu, la sua nascosta sensibilità che 1o portano, in molte poesie, come in "Sussulti d'esser vivo" a riflessioni tenere, forti ed amare sulla vita e sulla malattia durante una lunga degenza in Clinica Aresu. Coinvolgenti pure i versi per il compagno d'ospedale Luigi Frongia, nativo delle
aspre montagne di Bitti "dal parlare colorito come
La copertina dell'ultimo libro di Luigi Colombu
Venerdì 22 febbraro 2002, alla presenza di luna cinquantina di persone, per la maggior parte insegnanti e regionali della Forestale, c'è stata la presentazione del libro: "Delicatamente Giusi" del poeta Luigi Colombu. La cerimonia si è svolta nell'elegante sala del Circolo "Il giardino dei limoni" di Via
Satta, a Cagliarr, sala adoma per l'occasione da una decina di interessanti quadri del poeta, pure bravo pittore. Un breve ma esauriente curriculum vitae dell'artista è stato felicemente presentato dalla poetessa e critica d'arte Anna Addis, che ha pure fatto la vivace prefazione delle poesie e che ha sottolineato come
spicchi di limone addolciti dallo zucchero". Di grande intensità emotiva è l'ode "Povera Sardegna che brucia" ove il poeta esprime, pur con molta rabbia, il forte e viscerale attaccamento alla Nostra Tera. Ha completato la serata la sensibile recitazione delle poesie, fatta da Cristina Serci, recitazione alternata dagli accordi di musiche lontane di un antico strumento, la "viuhela de mano" del bravo maestro Mario Murgia. Si è finito con un ricco e vario buffet in un clima spontaneo e familiare come raramente si trova in una presentazione letteraria.
Anna Addis
La, rnr-rs ic.a" della solida-rietà È.
I tggl, in un paese della
provincia cagliaritana (Uta), quattro giovani amici. tutti con la stessa passione per la musica decidono di provare le musiche e i testi scritti e composti da
Matteo Pibia degli ATHENA
Matteo Pibia e da altri poeti isolani come Guglielmo Piras e Antioco Casula detto "Montanaru". I1 quartetto è composto da Filippo Premoselli, 34 anni, al basso elettrico, Basilio Scalas, 20 ar.tni, alla batteria, Matteo Pibia, l9 anni, tastierista cantante e autore di numerosipezzi, Marcello Cinus, 24 anni, chrtana eleffrica. Il primo nome di battesimo, Princess Out è sostituito, dopo una breve parentesi, dall'attaale "AIHENA". Il rock melodico prodotto dal quartetto di Uta piace e convince gli ascoltatori che hanno avuto la forhrna di ascoltarli. Questi si trasformano da subito in veri sostenitori della band Athena, arrivano altri amici che
raccolgono, registrandole, 1e prime melodie e le inviano a varie case discografiche.
Arrivano i primi concorsi, il festival nazionale della canzone sarda e i primi passaggi in TV.
Piccole soddisfazioni che non fanno certo perdere la testa al gruppo musicale di Uta. Al contrario la sensibilità per i problemi di chi soffre, oltre a diventare il testo di una canzone nel loro primo CD, diventa un atto concreto, con la donazione di parte dei ricavati dalla vendita del loro disco. A beneficiare, di questo gesto di grande solidarietà, è il centro per talassemici l'Oasi dell'accoglienza "S.Andrea in Villis"di Fano (PS) che ha ospitato e curato un loro carissimo amico ricoverato perché colpito da anemia mediterranea. Nel luglio del 2001 Maffeo Pibia e Basilio Scalas si sono recati nel centro (che accoglie le famiglie dei malati di leuce-
mia dell'ospedale di Pesaro) per prestare la loro opera di volontariato e di conforto ai numerosi bambini lì ricoverati. Tra le esperienze più belle di Matteo, oltre a quest'operazione di solidarietà, c'è da ricordare la partecipazione all'accademia della canzoqe di Sanremo che è l'unico concorso che permette ai giovani di arrivare a suonare nel famoso teatro Ariston di Sanremo. Dopo aver superato diverse selezioni, è arrivato alle prove
sul palco del famoso
teatro
sanremese.
Matteo è sicuramente tra le realtà emergenti più interessanti del panorama musicale sardo. Sentiremo parlare presto di lui e della sua band. Chissà... forse già dal prossimo Festival di Sanremo? Maria Lqura Contu
r{AIxn LeNIaruRA.
Regione ยงsrdegnq Assessorcrto Agricohuro 09126 Cogliori - Vio Pessogno - Tel. A70/6061