Mozione . . . . . . . finale . . . . . del . . . II . . Congresso . . . . . . . . . Nazionale . . . . . . . . .di . . Selvicoltura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . la redazione
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Campagna . . . . . . . . Antincendio . . . . . . . . . . .1998 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Giorgio Loddo
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Ed. .ora... . . . . .Prevenzione! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Salvatore Scriva
6
Quando . . . . . . .la. .storia . . . . .diventa . . . . . . parco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a cura dell’Ass.to Dif. Ambiente
8
Alla . . . .foresta . . . . . .demaniale . . . . . . . . di . . Castiadas . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Giuseppe Schirru e Francesco Lecis
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Quale . . . . .status . . . . .giuridico . . . . . . . per . . . .il. C.F.V.A.? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Pino Carboni
17
Ichnusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Maria Pia Lai Guaita
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Lu . . poltu . . . . .d’armi . . . . . .di. .Garibaldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Leonardo Pilia
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La . . .cultura . . . . . .del . . .rispetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Sergio Talloru
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Direttore Responsabile Paolo Pais Condirettore Responsabile editoriale e amministrativo Sergio Talloru Hanno contribuito alla realizzazione di questo numero: Ninni Marras, Salvatore Scriva, Milena Zanet, Piertonio Cuboni, Maurizio Bardi, Antonio Palmas, Ettore Deiana, Silvestro Frau, Marcello Cucca, Gianfranco Puxeddu, Luca Angius, Daniele Ghisu, Claudio Maullu, Gavino Farina, Emanuele Ruggeri, Giuseppe Vacca, Pro Loco Villasalto, Ignazio Corda.
Notiziario Forestale A
c u r a
d e l l ’ A S S .
F O R .
Periodico di informazione ambientale della Sardegna
Anno Numero 12 - Trimestrale - sped. abb. post. 70% Filiale di Cagliari Reg. Trib. CA n. 36 del 17/11/95
Notiziario Forestale
Anno V n. 12 - 13 Dicembre 98 Marzo 1999 ASS.FOR. editore libera associazione senza fine di lucro fondata dagli appartenenti al C.F.V.A. nel 1994.
I n omagg i o i l c a l enda r i o 1999
P i pp o p l u t o e p a p e r o g a c l a r abe l l a minn i e o l i v i a
p ape r i n o
P i ppo p l u t o e p a p e r o g a c l a r abe l l a mi nni e ol i vi a
pap e r i no
P p p c m
i pp o p e r i n o a p e r o l a r abe inn i e
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g a l l a o l iv i a
Stampa Solter - Cagliari
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Foto di copertina Cesario Giotta
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Foto di: Marcello Cucca
Mozione finale del II Congresso Nazionale di Selvicoltura
Si è tenuto a Venezia dal 24 al 27 giugno, presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, il secondo Congresso Nazionale di Selvicoltura per il miglioramento e la conservazione dei boschi italiani. In molte regioni d’Italia, sono state organizzate delle giornate preparatorie, o meglio piccoli precongressi locali, che dovevano fornire elementi utili di discussione e di confronto per le giornate conclusive di Venezia. In Sardegna la giornata preparatoria si era tenuta a Nuoro il 12 marzo scorso. Gli atti di quel convegno sono stati curati dalla redazione di questo Notiziario Forestale con la direzione di Sergio Talloru e la preziosa collaborazione di Annalisa Puddu, Giuseppe Delogu e Monica Carlini.. L’ASS.FOR. ha ritenuto importante curare la distribuzione della pubblicazione portandola direttamente a tutti i congressisti presenti a Venezia e successivamente inviandone copia a tutti i richiedenti. Riteniamo fonda-
mentale, pubblicando la mozione conclusiva del congresso, ribadire ai nostri politici l’esigenza di operare riforme, nel settore forestale, attinenti con gli impegni che a livello di Unione Europea e in convenzioni internazionali, l’Italia ha già sottoscritto. Il testo della mozione approvata dal Congresso I partecipanti al “Secondo Congresso Nazionale di Selvicoltura per il miglioramento e la conservazione dei boschi italiani” tenutosi a Venezia dal 24 al 27 giugno 1998, intendono presentare alla Pubblica Opinione, al mondo politico e a quello imprenditoriale del lavoro, alla Comunità scientifica le seguenti considerazioni conclusive: 1) I boschi italiani che coprono quasi un terzo del territorio nazionale, costituiscono un patrimonio prezioso e necessario per la qualità della vita. 2) Il bosco è un sistema com-
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plesso e una risorsa rinnovabile che svolge molteplici funzioni: protegge il suolo, governa le acque, migliora il clima, purifica l’aria, contrasta l’effetto serra, favorisce il turismo e le attività ricreative, salvaguarda la biodiversità, fornisce legno e altri prodotti. Le attività legate ai prodotti ed all’esternalità positive del bosco, favoriscono l’occupazione. 3) Per la gestione sostenibile dei boschi e la conservazione della biodiversità è necessario: 3 a assicurare continuità di gestione attiva del patrimonio forestale con tecniche selvicolturali appropriate; 3 b valorizzare il ruolo sociale, economico e culturale delle risorse forestali per il territorio di montagna e le sue comunità; 3 c mantenere agli ecosistemi forestali la loro capacità di risposta ai fattori naturali e
artificiali di perturbazione; 3 d difendere i boschi dagli incendi con la prevenzione ancor prima che con la lotta e dalle altre avversità biotiche e abiotiche; 3 e combattere i processi di desertificazione in atto nelle regioni meridionali; 3 f provvedere all’aggiornamento costante dell’Inventario Forestale Nazionale e di quelli regionali, includendo parametri ecologici e sociali oltre a quelli economici e selvicolturali; 3 g sviluppare la pianificazione a livello regionale, comprensoriale e aziendale dei boschi pubblici e privati, attribuendole la necessaria valenza urbanistica ed economico-sociale; 3 h coinvolgere i cittadini nella fase di predisposizione dei piani; 3 i favorire l’associazionismo dei proprietari forestali; 3 l creare un sistema integrato di aree forestali protette, ecologicamente rappresentative; 3 m promuovere l’utilizzo dei residui e cascami di lavorazione di risulta derivanti dalla manutenzione del bosco per la produzione di carta, pannelli, energia, calore, compost naturali per l’agricoltura. 4) La politica forestale e la gestione del bosco devono tenere conto delle convenzioni internazionali firmate dall’Italia, in particolare; sui cambiamenti climatici, sulla gestione sostenibile, sulla conservazione della biodiversità; mettere in atto le azioni di monitoraggio degli ecosistemi forestali e le ricerche sulla loro funzionalità, biodiversità, e sulle interazione con gli interventi selvicolturali. 5) Per sopperire alla necessità
5a
5b 5c
6) 6a
6b 6c 6d 6e 6f 6g 6h 7)
8)
di legno bisogna anche ampliare la superficie forestale con impianti di arboricoltura da legno al fine di ottenere prodotti in grande quantità e di elevata qualità. A tale scopo occorre: provvedere alla produzione e alla commercializzazione di materiale vivaistico di sicura provenienza, migliorato geneticamente, rigorosamente selezionato ed ecocertificato; applicare tecniche colturali intensive idonee a qualificare la produzione; predisporre norme non vincolistiche per il taglio e per la riconversione colturale degli impianti. Istituire un Fondo Forestale Nazionale per: attivare un sistema informativo-statistico forestale omogeneo per il territorio nazionale; predisporre e finanziare adeguatamente un nuovo piano forestale nazionale; sostenere la funzione economica dei boschi pubblici e privati; migliorare e ripristinare i boschi degradati o danneggiati; incoraggiare l’attività forestale e sostenere le imprese forestali; promuovere la diffusione di idonee attrezzature per le attività selvicolturali; adeguare e migliorare le infrastrutture; sviluppare il mercato del legno e degli altri prodotti. Favorire il coordinamento tra tutte le componenti istituzionali e sociali interessate alla filiera bosco-legno per fornire linee guida di gestione dei boschi italiani. Impegnare le istituzioni in una politica forestale integrata anche a livello di Unione Europea per lo svi-
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luppo sostenibile e la conservazione della biodiversità che sia di riferimento in particolare per la montagna e per la regione mediterranea, nell’ambito del più ampio quadro dello sviluppo rurale. 9) Predisporre una legge quadro, nel rispetto del principio di sussidiarietà e degli impegni sottoscritti dall’Italia in sede internazionale, in cui siano indicate le norme generali per: 9 a la protezione, la conservazione, la gestione, il recupero, l’ampliamento e la valorizzazione dei boschi, la conservazione e la difesa del suolo con particolare riferimento alle aree ad alto rischio; 9 b l’ecocertificazione dei sistemi di gestione e dei prodotti forestali; 9 c incentivare la proprietà e l’impresa forestale per lo sviluppo delle attività forestali, data la loro funzione d’interesse pubblico; 9 d promuovere forme associate di gestione della proprietà forestale; 9 e le esenzioni impositive per il recupero dei boschi degradati e danneggiati. 10) Promuovere l’informazione sui valori del bosco, adeguare la formazione tecnica e professionale e la didattica universitaria anche attraverso il riconoscimento dei diplomi di primo livello e l’istituzione di scuole di specializzazione, potenziare la ricerca e la sperimentazione, predisporre norme per sostenere l’occupazione, l’imprenditorialità giovanile, valorizzare la specificità della professione forestale, l’unica che opera in un’ottica di gestione a lungo termine e lo sviluppo del settore.
di Giorgio Loddo
Campagna antincendi ‘98 strale, i periodi dal 30 giugno al 8 luglio e dal 22 al 25 agosto, periodi che fanno registrare le maggiori superfici colpite da incendio in tutta la stagione. Questi dati collocano la stagione 98 tra le migliori degli ultimi 14 anni, per quanto riguarda la superficie globale distrutta da incendi. Per quanto riguarda invece la superficie boscata, la campa-
gna antincendi ’98 risulta una delle annata peggiori dopo quella del 1993 ed il 1994, che fecero registrare rispettivamente 24.395 e 17.074 ettari di bosco bruciati. Numeri ed estensioni Nella tabella vengono riportati i risultati della stagione a.i.b. ’98, pervenuti al Coordinamento Generale del Corpo Forestale alla data del 31 ottobre 1998.
La stagione antincendi ’98, è stata caratterizzata, oltre che da fattori meteorologici particolarmente favorevoli all’espandersi delle fiamme, anche da una volontà criminale che mira alla distruzione del patrimonio boschivo, fenomeno localizzato soprattutto in Ogliastra ed in parte del Nuorese. Questa stagione ha fatto dunque registrare un incremento delle ore di volo degli elicotteri regionali, dovuto in parte alla difficoltà di intervento. Gli interventi dei mezzi aerei del Soccorso Aereo Nazionale sono passati dai 75 del 1997 agli oltre 150 del 98. Da registrare inoltre che il tempo medio tra richiesta e
intervento per quanto riguarda i Canadair, è passato dai quaranta minuti del 1995 ad oltre un’ora e venti minuti nel 1998. Infine il tempo medio tra richiesta e intervento, delle squadre a terra, è passato dai 13 minuti del 1997 ai 15 del 1998, confermando le difficoltà intrinseche di tale stagione. Dalla lettura della tabella riguardante i dati consuntivi sull’intero territorio nazionale, emerge come la Sardegna risulti tra le regioni più colpite. Infatti con i suoi 2899 eventi risulta di gran lunga la regione maggiormente interessata dal fenomeno incendiario. In quanto poi a estensione
boscosa ed estensione globale percorse, solo Sicilia e Calabria fanno registrare dati peggiori. L’importanza dell’inserimento di tali dati, in una analisi regionale come questa, deriva dalla constatazione di due fattori fondamentali che emergono dalla lettura della tabella. Il primo è che oramai il fenomeno dell’incendio non ha più confini territoriali definiti. Oggi, anche regioni generalmente privilegiate come Marche ed Umbria, debbono far fronte a questa emergenza. Il secondo fattore riguarda la risposta dell’apparato regionale sardo che dimostra l’indulgenza delle strategie sinora adottate.
Foto di: Ginfranco Puxeddu
La stagione a.i.b. ’98 è caratterizzata da temperature simili al 1997. Per quanto attiene la ventosità, dall’analisi dei dati meteo pervenuti al Centro Operativo Regionale, emerge un aumento delle giornate di maestrale su tutta la Regione. I periodi più critici della passata stagione risultano, causa forte temperatura e presenza di mae-
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Raffronto delle superfici percorse da incendio in Italia SUPERFICIE REGIONE
N.
MEDIA
BOSCATA NON BOSCATA
TOTALE
INCENDI
MEDIA
ETTARI
ETTARI
BOSCO
TOTALI
1
VALLE D’AOSTA
120
59
20
79
0.49
0.66
2
PIEMONTE
393
1616
1451
3067
4.11
7.80
3
LIGURIA
411
3444
2052
5496
8.38
13.37
4
LOMBARDIA
285
2624
676
3300
9.21
11.58
5
TRENTINO-ALTO ADIGE
84
123
28
151
1.46
1.80
6
FRIULI-VENEZIA GIULIA
84
368
257
625
4.38
7.44
7
VENETO
109
325
168
493
2.98
4.52
8
EMILIA-ROMAGNA
193
422
337
759
2.19
3.93
9
TOSCANA
660
3280
1032
4312
4.97
6.53
10
MARCHE
77
578
81
659
7.51
8.56
11
UMBRIA
356
648
456
1104
1.82
3.10
12
LAZIO
628
2287
2379
4666
3.64
7.43
13
MOLISE
237
157
853
1010
0.66
4.26
14
ABRUZZI
79
1220
947
2167
15.44
27.43
15
CAMPANIA
1654
2780
3453
6233
1.68
3.77
16
BASILICATA
366
1279
2506
3785
3.49
10.34
17
PUGLIA
422
2454
1959
4413
5.82
10.46
18
CALABRIA
1226
14724
22807
37531
12.01
30.61
19
SICILIA
722
14045
19669
33714
19.45
46.70
20
SARDEGNA
2850
12218
18837
31055
4.29
10.90
Regione Sardegna Dati antincendio al 31 ottobre 1998 N° incendi
ettari bosco
ettari pascolo
ettari altro
ettari totali
Cagliari
865
1263
2928
2046
6237
Iglesias
264
255
307
148
710
Lanusei
339
2485
2106
2030
6621
Nuoro
484
3014
4105
614
7733
Oristano
433
360
1249
413
2022
Sassari
366
4666
2534
286
7486
Tempio
148
457
269
12
738
Totale
2899
12500
13498
5549
31547
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di Salvatore Scriva
Ed ora prevenzione! I mutamenti climatici che stanno sconvolgendo vaste aree del nostro pianeta hanno riservato alla Sardegna una stagione estiva torrida e ventosa. È il quindici di novembre quando le squadre A.I. spengono, speriamo, gli ultimi fuochi in Ogliastra. In questa regione della Sardegna dal 29 al 31 ottobre, sono andati in fumo, seicento ettari tra rimboschimenti pubblici, boschi privati e macchia mediterranea. Oggi in Sardegna l’autunno è arido e secco, l’inverno a sua volta si stà presentando gelido e con scarse precipitazioni. Il deserto avanza, l’hanno già detto in tanti, forse per liberare le loro coscienze da pesanti corresponsabilità, ma dopo che siamo riusciti a farci male bruciando i boschi, siamo puniti sia dall’assenza d’acqua sia dalle precipitazioni intense e concentrate. Forse dovevamo pensare, e non solo noi in Sardegna, di più al ruolo delle nostre foreste per una maggiore tutela dai cambiamenti climatici che si manifestano a livello mondiale. Questo giornale non è nato solo per pubblicare, ogni anno a fine campagna antincendi, i dati statistici sugli incendi. Noi non intendiamo dare, del dramma incendi, solo i numeri, o cercare di correggere le cronache interessate e di parte di altri giornali. Per il ruolo tecnico che ricopriamo, come forestali, dobbiamo uscire dai numeri (non prima di averli letti e studiati con le relative correlazioni storiche) e dai resoconti sbrigativi, per dare consigli, suggerimenti e una metodologia a chi dovrà scegliere le politiche più idonee per cercare di ridimensionare “l’endemico” dramma degli incendi in Sarde-
gna. Nella mozione conclusiva del secondo Congresso Nazionale di Selvicoltura (Venezia, 27 giugno 1998) al punto 3.d a proposito degli incendi boschivi si parla di dare priorità agli interventi di prevenzione rispetto a quelli di lotta. Leggendo le nostre statistiche confermiamo di avere un apparato di lotta sicuramente tra i più efficienti d’Italia (il tempo d’intervento tra l’avvistamento e l’uscita delle squadre è tempestivo), ma se poi ci troviamo a dover intervenire su quasi tremila incendi, significa che la prevenzione o l’azione forestale nei periodi che precedono la campagna antincendi sono, facendo una costruttiva autocritica, un po’ da rivedere. Il fatto è che in Sardegna gli incendi, oltre a distruggere bosco e verde, uccidono anche le persone, tra le vittime gli operatori che sono in prima fila, i forestali, i volontari, i turisti. Anche in questa campagna A.I. abbiamo perso uno degli operai, Antonio Appeddu, tra i più attivi e sensibili nella lotta contro il fuoco nel circondario di Benetutti. Queste morti, questi drammi hanno sicuramente inciso nell’organizzare e rinforzare sempre di più le strutture preposte alla lotta-repressione. Gli stessi “nuclei investigativi forestali”, costituiti nelle ultime campagne A.I., sono sicuramente utili nella lotta, ma purtroppo per la mentalità dei criminali-incendiari sardi giocano un ruolo poco incisivo in termini di dissuasione. Dobbiamo oggi attivare una più proficua collaborazione con le altre istituzioni come la scuola, i mezzi d’informazione, per fare opera di sensibilizzazione tra la gente, per la prevenzione degli incendi, con corsi
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di educazione ambientale e comportamentale, utilizzando campagne di stampa, trasmissioni televisive e pubblicità progresso. Ma su tutto deve evidenziarsi l’opera attuata nel territorio (facendo riaffiorare dal sommerso del nostro nobile passato il ruolo tecnico e propositivo del bravo selvicoltore), con la gente delle campagne, in informazione e suggerimenti utili da mettere in atto, come le opere di pulizia dei terreni o il tipo e metodo di forestazione da realizzare. Dobbiamo saper leggere il territorio, analizzare e saper interpretare i dati storici e statistici per intervenire, individuando, zona per zona, la strada che l’incendio può percorrere, al fine d’interrompere questi percorsi, creando con razionalità, viali parafuoco ed imponendo per tempo, l’eliminazione degli inutili accumuli di biomasse secche di eccellente combustibilità che si trovano quasi sempre al confine del bosco o come limite tra più proprietà. In fondo non c’è più niente da inventarsi, in materia d’incendi, ci vuole solo il buon senso di andare a riscoprire le cose importanti dette in passato e mai attuate. Queste considerazioni scaturiscono da uno scambio di battute con il Dott. Siro Vannelli dirigente dell’amministrazione forestale in Gallura negli anni settanta-ottanta (in quella terra, nell’estate del 1989 vi furono diciannove morti sul fronte degli incendi). Nei giorni scorsi riordinando carte, riviste e documenti ricevuti in omaggio da colleghi forestali in pensione, ho riletto nella rivista “Sardegna Autonomia”, notiziario del Consiglio Regionale e il numero 4/5 Settembre Dicembre 1989. Rileggendo una elabo-
rata meditazione del Dott.Vannelli, riferita al 1989 e le risoluzioni adottate dal Consiglio Regionale, con l’approvazione di un ordine del giorno della maggioranza: PES - ONIDA - FADDA A.-SALIS, ho scoperto l’impossibilità di trovare, per la situazione attuale altre parole, idee, o nuovi concetti per far imprimere al governo regionale attuale un impegno diverso da quello già assunto in passato. Il problema è proprio quello degli impegni: a parole sono tutti capaci a descrivere come intervenire, ma nella realtà i tempi dell’intervento si dilatano inspiegabilmente all’infinito, al punto di dover riprendere oggi discorsi lasciati in sospeso ieri. Secondo il Dott. Vannelli la discussione, sugli incendi, ripropone, ad esempio, anche un problema mai sviscerato compiutamente in Sardegna, quello del “fuoco controllato” (l’Ing. C. Calabri già nel 1981 sosteneva: vi sono situazioni ed ambienti dove il “fuoco prescritto” lo si potrebbe proporre…È il caso della Sardegna dove una gestione razionale e controllata dei fuochi pastorali permetterebbe di concentrare gli interventi antincendi a
difesa dei boschi…); perchè non proporre poi un “demanio terriero antincendi” analogo al monte terreni occupato dal sistema dei “tratturi” nelle montagne appenniniche (Occorrerebbero norme legislative che regolassero la difesa antincendi, definendo la pubblica utilità di determinate fasce di terreno situati in posizione strategica…e in altre imporre ”l’agricoltura antincendio” con la vigna, l’erbaio stagionale, il prato irriguo). Fin quando c’è memoria, potremo sempre dire che certe problematiche le avevamo già pensate ieri. “Pensate” però non vuol dire attuate e quindi c’è ancora molto da fare se scegliamo la strada della prevenzione agli incendi. Leggendo le tristi cronache di questi anni siamo arrivati al punto di rassegnarci al fatto che l’incendio è un “fenomeno endemico” della Sardegna, parliamo anche di “cultura del fuoco”. Ci sentiamo, inconsciamente, succubi di scelte politiche che hanno finanziato e privilegiato l’acquisizione di strumenti di lotta, a scapito della “prevenzione forestale”. Visto il drammatico tunnel che stiamo imboccando (incendi, sic-
Gli uomuìnini del Corpo Forestale impegnati sul fronte del fuoco
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cità, desertificazione, mutamenti climatici) non è forse giunto il momento d’incominciare a parlare adeguatamente di una nuova politica forestale per pianificare interventi di reale prevenzione agli incendi? La regione dei primati negativi, per numero d’incendi, può sempre svegliarsi e proporre, alle altre regioni, al governo del paese, una nuova politica forestale coerente e integrata alla gestione e ricostruzione “sostenibile” delle nostre foreste e di quel che rimane del patrimonio ambientale del paese. Questo è il momento di pensare tutti insieme (il Parlamento Europeo ha già approvato, nel gennaio del 1997 una risoluzione in questa direzione), non più confinati e divisi in regionalismi o localismi vari, al varo di una politica forestale unitaria a tutti i paesi della nostra comunità europea. Il mondo forestale dovrà saper dare, in queste scelte di politica comunitaria il suo contributo d’esperienza, fondamentale per la costruzione di un grande progetto unitario, fondato sul recupero del patrimonio ambientale che è andato distrutto e alla conservazione e protezione di quello ancora esistente.
a cura dell’Assessorato Difesa Ambiente
Quando la storia diventa “Parco”
Il Parco Geominerario voluto dalla Regione per le sue specificità è stato dichiarato “eccellente” dall’UNESCO Forse è la prima volta che la Sardegna è all’attenzione del mondo per la costituzione di un Parco.E’ successo per il Parco Geominerario, storico ed ambientale dichiarato primo esempio della nuova rete di Geositi e Geoparchi mondiali. Infatti, l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), nella Conferenza generale di Parigi nel mese di ottobre dello scorso anno aveva accolto favorevolmente, giudicandole “eccellenti”, le proposte della Regione per il riconoscimento del valore internazionale del Parco Geominerario della Sardegna. Riconoscimento formalizzato pubblicamente nella Conferenza di Cagliari lo scorso 30 settembre, presso l’Università di Cagliari. C’erano rappresentanti del Governo italiano (Ministero dell’Ambiente), il Presidente della Giunta Regionale Federico Palomba, l’Assessore all’Ambiente Pasquale Onida, il vice Direttore generale dell’UNESCO, il Presidente della Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO e, ancora, il Presidente dell’Emsa (Ente minerario sardo) e i due Rettori degli Atenei di Cagliari e Sassari. che a conclusione dei lavori hanno firmato la Carta di Cagliari. Il primo ed il terzo punto di questo importante documento contengono sicuramente
Foto di: Pro Loco Villasalto
Un patrimonio culturale che ci arricchisce di quella preziosa identità, oggi più che mai indispensabile, che può essere anche uno strumento per lo sviluppo economico della nostra isola.
Igresso principale della miniera “Corti Rosas” Ballao tutta la filosofia del progetto: “ I territori del Parco Geominerario, Storico e ambientale della Sardegna sono riconosciuti di rilevante interesse internazionale, nazionale e regionale in quanto portatori di valori di carattere universale” e ancora: “Le realtà presenti nei territori del Parco devono essere conservate e valorizzate, al fine di promuovere il progresso economico, sociale e culturale delle popolazioni interessate ed assicurare la loro trasmissione alle future generazioni”.A Pasquale Onida la soddisfazione gliela si leggeva in faccia. A ben ragione visto che in definitiva è lui che ha fortemente voluto il recupero di un patrimonio storico culturale
8
ed ambientale altrimenti destinato, fra non molto, all’oblio totale. Preziosa l’opera svolta dall’Ente Minerario Sardo al quale l’Assessore aveva affidato lo studio di fattibilità ed il progetto esecutivo, facendo leva sulle grandi professionalità presenti tra il suo personale. Ma avvalendosi anche della collaborazione indispensabile di studiosi esterni.“Il Parco Geominerario così concepito – ha detto, tra l’altro, Onida - dovrà essere uno strumento non solo di salvaguardia e valorizzazione di tutte le valenze in esso contenute, ma anche stimolo di sviluppo economico e benessere sociale di tutta la Sardegna. La fine del secolo – ha proseguito – ci vede
impegnati in una nuova sfida. La realizzazione di un ambizioso progetto che comprende anche la riconversione delle aree minerarie dismesse in un nuovo contesto produttivo ambientale e cul-
turale�. Questo avverrà attraverso la ristrutturazione di caseggiati oggi in totale abbandono ma che in passato erano il centro amministrativo e tecnico delle zone minerarie. Interi villaggi con de-
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cine di fabbricati molto spesso di pregevole valore architettonico saranno rimessi a nuovo e resi disponibili per un turismo alternativo alle spiagge. Da ristrutturare e rendere fruibili (qualcuno
Foto di: Pro Loco Villasalto
Minatori e cernitrici in una foto degli anni 30 chiama questa operazione, riabilitazione ambientale) sono anche i grandi scavi a cielo aperto, bacini di decantazione sistemi di gallerie, pozzi e fornelli, trincee di coltivazione, impianti e infrastrutture varie. Spesso tutto questo non solo non è fruibile, ma anzi costituisce un serio pericolo per l’incolumità delle persone, dal momento che sono andate in rovina quelle poche opere di protezione fatte a suo tempo. La situazione in definitiva, è quella lasciata ormai quarant’anni fa quando, intorno agli anni sessanta, furono chiuse la maggior parte delle miniere. Allora non furono fatti lavori di ripristino di nessun genere e oggi ci si ritrova anche con situazioni di forte inquinamento delle acque sotterranee per effetto dei metalli pesanti che col dilavamento a valle, inquinano falde, pozzi e quant’altro trovano nella loro strada. Evidente-
mente lo stesso discorso vale per le acque superficiali di fiumi, laghi e torrenti. Insomma una situazione disastrosa alla quale bisogna provvedere prima possibile. Anzi viene spontaneo domandarsi il perché si sia atteso tanto tempo. Gli esperti parlano di Accordi di Programma tra la Regione ed il Ministero dell’Industria che hanno consentito di recuperare dei fondi per progetti che tendono alla “riabilitazione ambientale e al recupero dei compendi immobiliari”. La qualcosa è già in corso di esecuzione con l’impiego di qualche centinaio di lavoratori. Però non è necessario essere degli esperti per capire che di quattrini ce ne vorranno davvero molti, per questo la Regione dovrà anche chiedere aiuti finanziari all’Unione Europea. Ma per portare avanti lavori così impegnativi occorre anche un’adeguata pianificazione con l’aiuto del
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Centro di Monitoraggio ambientale previsto nel progetto. Le aree che formano il Parco Geominerario della Sardegna sono otto (vedere la cartina) per una superficie totale di quasi 38.000 ettari a cui vanno aggiunti i sette siti della Gallura che, per quanto di piccola entità, però, a giudizio degli esperti, sono di grande importanza. Ma vediamo di ricordare quali sono questi siti. Il Monte Arci dove si ebbe la prima vera attività mineraria con l’estrazione e l’utilizzo dell’ossidiana e che risale a circa 6000 anni fa. Interessa una superficie di 2700 ettari che rappresenta circa il 7 per cento dell’intera area del Parco. Dicevamo che si tratta della prima vera attività mineraria relativa all’estrazione e lavorazione dell’ossidiana da parte di popolazioni neolitiche (6000-2700 Avanti Cristo). Sul Monte Arci questa attività sembra fosse davvero fio-
economica, per la lavorazione del sughero e per l’estrazione del granito. Alla Nurra-Argentiera appartiene il sito minerario numero cinque di 610 ettari, importante per le miniere di piombo, zinco e argento. E siamo all’area sei di 1330 ettari di Guzzurra-Sos Enattos dove si trovano le miniere di piombo, zinco, rame e argento. Il Sarrabus-Gerrei ha l’area sette con 5750 ettari dove erano fiorenti miniere di piombo, zinco, rame, argento stagno e ferro, sfruttate fin dal tempo delle invasioni fenicio-puniche (1000500 A.C.). Infine, la zona più estesa e più importante del Parco Geominerario, è il Sulcis-Iglesiente-Guspinese con ben 24550 ettari che sono il 65 per cento dell’intera area del Parco. “l’Isola nell’Isola”, l’ha definita qualcuno. Importante non solo per l’estrazione del piombo, argento ferro, carbone, ma anche sotto
l’aspetto geologico, economico, scientifico, paesaggistico, ambientale e storico. Ma in Sardegna ci sono anche altre aree che sono state interessate dall’attività estrattiva e quindi meriterebbero l’inserimento in questo grande progetto, almeno per evitare che cadano nell’oblio più totale. È il caso di Perdasdefogu per l’estrazione dell’antracite e di Riola Sardo, in provincia di Oristano, interessata dall’attività mineraria specie nel lontano periodo fenicio – punico. Ma l’importanza del Parco Geominerario non deriva soltanto dall’archeologia mineraria. Ci sono anche aspetti ambientali e paesaggistici oltre che aspetti che interessano la flora e la fauna più in generale, di enorme interesse che vanno salvaguardati. Tutti valori che fondendosi con quelli minerari formano dei luoghi unici fruibili, si spera, da flussi turistici alternati-
Foto di: Pro Loco Villasalto
rente visto che sono noti 10 centri di raccolta del materiale e 72 di lavorazione a cui seguiva un fiorente commercio di armi ed utensili vari. Non solo in Sardegna, anche verso la Toscana e la Corsica, 1300 ettari sono invece quelli che fanno parte dell’area due di Orani, importante per la presenza di un grosso giacimento di talco-steatite ed un altro di feldispati, sono presenti anche le cave di marmo e di granito. L’area tre di 1450 ettari è Funtana Raminosa tra Gadoni e Seulo, importante già dall’età Eneolitica (2700-1800 A.C.) per la miniera di rame, unica e più importante, almeno di questa consistenza, nell’intero bacino del Mediterraneo. Vi sono chiare tracce di fonderie intorno alla miniera che risalgono al periodo nuragico (1800-238 A.C.) Area quattro in Gallura, formata da tanti piccoli siti, ma di grande importanza
Addetto ai forni nella fonderia di “Su Suergiu” negli anni 40 11
Fonte: Il parco geominerario - R.A.S.
Laveria dell’Argentiera vi alle spiagge e sempre più interessanti nel panorama economico della Sardegna, ma soprattutto in quello delle popolazioni più direttamente interessate a queste aree. Ormai la macchina per realizzare in concreto l’ambizioso e importante progetto si è messa in moto ed anche il disegno di legge istitutivo del Parco, che ne regolamenterà la vita, è pressoché pronto. E’ stato elaborato su proposta dell’Assessorato della difesa dell’Ambiente. Il testo è stato sottoposto all’attenzione degli Amministratori locali interessati. Lo scorso 27 novembre si è tenuta l’assemblea generale voluta dall’Assessore Pasquale Onida. Non sarà una legge calata dall’alto; recepirà invece le indicazioni e i suggerimenti venuti dagli Amministratori locali. I quali hanno chiesto, tra l’altro, che tutte le aree interessate non vengano gravate da ulteriori vincoli oltre quelli che già esistono per effetto di altre leggi. Hanno anche chie-
sto una rapida approvazione della legge e adeguati finanziamenti per la creazione di nuovi posti di lavoro che attenuino almeno, in parte, la difficile situazione economica. In definitiva è una legge che è terribile e che contiene tutti i presupposti per un reale federalismo nell’ottica di un vero decentramento di funzioni all’Ente locale. Come dire che i Comuni interessati saranno gli artefici del recupero ambientale prima e delle strategie di sviluppo poi. Saranno loro anche i gestori della parte finanziaria con un ruolo piuttosto marginale della Regione, con il supporto tecnico determinante dell’Emsa. Si tratta di una legge statale di iniziativa regionale che dovrà quindi essere preventivamente approvata dalla Giunta regionale. L’ultima parola spetterà al Parlamento al quale sarà inviata dopo la definizione dell’intesa di Stato-Regione. Insomma tutto questo cosa significa? Perché ha suscitato tanto in-
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teresse da parte dell’UNESCO? Si tratta di un grande progetto a valenza strategica che favorisce la riconversione e lo sviluppo economico e sociale delle aree minerarie dismesse. In altri termini vuol dire nuove opportunità e nuovi posti di lavoro. “Un Parco così concepito - ha affermato l’Assessore all’Ambiente Pasquale Onida - non si propone di conservare in modo statico i valori della storia mineraria. La realizzazione delle iniziative ipotizzate favorirà la crescita culturale, uno sviluppo economico articolato, flussi turistici, nuova industria compatibile con l’ambiente, opportunità di relazione con gli altri Paesi”.
A cura dell’Assessorato Della Difesa Dell’Ambiente
di Giuseppe Schirru e Francesco Lecis
Il centro di Villanova Castiadas fu fondato, nel Sarrabus, nell’ultimo scorcio del XIV secolo, ma a causa delle frequenti epidemie di peste e malaria rimase totalmente disabilitato per circa 350 anni. L’11 agosto del 1875, trenta detenuti ed alcuni agenti di custodia, provenienti dalla casa penale di S. Bartolomeo (Cagliari), sbarcarono sulla solitaria spiaggia di Sinzias - Costa orientale della Sardegna - per eseguire opere di bonifica idraulica ed agraria dell’incolta campagna e stabilirvi una colonia penale agricola. Nel 1877, su una collina chiamata Praidis, situata fra due fiumiciattoli, Gutturu Frascu e Bacu sa Ficus, venne deposta la prima pietra della Colonia penale agricola. Dalle capanne in legno, che i primi tempi davano ricovero ad impiegati e detenuti, alle comode case di oggi, sono trascorsi oltre cinque lustri. Oggi, girando lo sguardo attorno, si vedono agrumeti, orti, mandorleti, oliveti, vigneti ed in lontananza macchia e foresta, al centro di tutto questo risaltano la Casa della Direzione, le fredde e scomode prigioni, la caserma degli agenti di custodia e quella del presidio militare, l’ospedale e la farmacia, la lavanderia, il macello e tante altre strutture messe in comunicazione fra loro grazie ad una rete di strade. Dislocati nel territorio, ritroviamo ancor oggi altri edifici di quel periodo. Sul Monte Minimini si trova la casa dove i detenuti sta-
Foto di: Maurizio Bardi
Alla scoperta della foresta demaniale di Castiadas
Piccolo di cerbiatto zionavano quando dovevano preparare il carbone, a Genna Spina invece risiedevano i reclusi addetti alla pastorizia; più giù in località S. Pietro, un casamento con carcerati che coltivavano cereali e legumi; verso il mare altra abitazione chiamata la Marina ed infine ai confini del tenimento la casetta delle guardie a cavallo. Questo ed altro ancora si presentava a Villanova Castiadas nel 1879. Oggi Castiadas è un comune autonomo, con un territorio tra i più incontaminati della Sardegna, che grazie all’opera dell’Azienda Foreste Demaniali ed alla sensibilità degli abitanti, è in gran parte ricoperto da una foresta rigogliosa. La foresta nel suo complesso prende il nome di “Foresta dei Sette Fratelli”, ed occupa un’area di circa 6.190 ettari (62 kmq). Tale denominazione è giustificata dal fatto che il nucleo principale nonché centrale dell foresta è costituito da un’area occupata dal
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Massiccio dei Sette Fratelli, piccola catena montuosa con altezza media intorno agli 800 metri, nella quale svetta Punta Ceraxia (1.016 m.) Questo massiccio è un grande blocco granitico che per la sua tonalità grigia, i suoi volumi levigati ed arrotondati, caratterizza l’ambiente della Foresta Demaniale. Le vette dei Sette Fratelli sono separate da incisioni e vallecole quasi ortogonali fra loro; l’emergenza granitica di cui fanno parte appartiene a sua volta ad un più vasto affioramento che si protrae in modo più o meno continuo in Sardegna e Corsica con direzione N-S per oltre 400 km e in direzione E-W per 100 km. Il Sarrabus, per la sua posizione marginale, non è interessato in modo vistoso dall’evento geologico dall’affioramento granitico, ed infatti affianco al granito troviamo altre rocce, quali scisti, risalenti al silurico. In un quadro di estrema aridità
Fonte: Assessorato Difesa Ambiente R.A.S.
quale è quello offerto dalle montagne Sarde, la presenza dell’acqua è uno degli elementi di maggior fascino della foresta dei Sette Fratelli. Nella stagione delle piogge i corsi d’acqua della zona si presentano con una portata non eccessiva, salvo precipitazioni assai intense ma di breve durata; i dislivelli improvvisi, i salti, le cascatelle, le piscine naturali ed il terreno granitico su cui scorrono, fanno si che il loro percorso sia spesso movimentato. Un discorso sui corsi d’acqua non può prescindere da un accenno alle sorgenti presenti nella foresta di Castiadas, dove alcune di esse sono state intubate e dotate di vasche e rubinetti, le principali sono: - Lacus, nasce nel Monte Pinnaresu, al confine del territorio di Villasimius; - Gutturu Frascu, nasce sul Monte de Su Stauli Mannu; - Perdosu, scende dal Monte Melas. Purtroppo tali fonti, nella stagione estiva, diventano oltremodo esigue e quindi non se ne trae alcun beneficio. Altre sorgenti, più importanti grazie alla maggior portata, sono quelle di Bacu Sa Figu, costruita dai detenuti della colonia penale, che alimenta Castiadas centrale e quella de S’acqua Callenti situata all’interno della foresta omonima. L’antica foresta è stata quasi ovunque abbattuta per ottenere carbone, per creare nuovi spazi per il pascolo e l’agricoltura o per le ricerche minerarie, ma nelle zone più favorevoli dal punto di vista orografico e climatico, ed assoggettate da tempo al vincolo di tutela ambientale, alle antiche fustaie è sopravvissuta qualche lembo di foresta primaria, affiancata da una macchia foresta, che sotto il controllo dell’uomo è destinata a tornare al suo aspetto originario.
L’edificio dell’ex colonia penale di Castiadas Qui ci si può immergere nel tipico bosco mediterraneo, costituito da lecci, querce da sughero, corbezzoli, eriche e mirto, ogni specie con la sua tonalità di verde; in primavera le brezze sollevano i mille profumi del ricco sottobosco, rappresentato oltre che dalle classiche piante della macchia mediterranea da numerosi endemismi quali la ginestra di Corsica, la digitale rosa, la pratolina spatolata, il verbasco di Sardegna, lo zafferano minore. Dove l’ambiente si fa più umido per la presenza di sorgenti, ecco spuntare le felci, tra le quali la osmunda regale, il capelvenere e, tra gli stati di muschi e licheni che ricoprono le rocce, i ciclamini col caratteristico fiore rivolto verso il basso. Nonostante la presenza dei bracconieri anche la mammofauna è ricca di specie sia come quantità che come varietà di specie, oltre ai cinghiali che scorazzano nel sottobosco dissodando il terreno con il loro forte muso, troviamo martore, gatti selvatici, ghiri ed una delle poche colonie di cervi sardi. Inoltre tra l’avifauna è possibile udire il tipico tambureggiare del picchio rosso o il rumoroso volo del colombaccio, mentre dove la vegetazione si fa più rada è presente la pernice sarda.
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Non potevano mancare i rappresentanti dei rapaci, presenti con la temibile aquila reale, la poiana, l’astore ed il velocissimo falco pellegrino. Parte di questa foresta, nel periodo in cui la colonia era attiva, veniva sfruttata con l’ausilio dei detenuti forzati per la produzione di carbone da legna. Di questa attività rimangono solo dei distaccamenti e una rete di sentieri che penetrano nel fitto della foresta. La maggior parte di questi sentieri non sono tracciati per cui, per gli escursionisti, si ritiene indispensabile la presenza di persone esperte del territorio o la capacità di orientamento e di lettura delle cartine. La Coop. Monte dei sette Fratelli dispone un’intenso programma di visite nell’area Parco per comitive scolastiche per la diffusione dell’educazione ambientale e per le comitive turistiche che consentono di soddisfare gli interessi degli escursionisti, degli appassionati di archeologia e di tutti coloro che desiderano conoscere l’ambiente contadino. All’amante della natura si presentano splendide possibilità di compiere escursioni di ogni grado e difficoltà nella foresta di Mini - Minni, de S’acqua Callenti, di Saulu Mannu, nella Cima di Bacu Sa Figu, nelle punte dei
Fonte: Assessorato Difesa Ambiente R.A.S. Fonte: Assessorato Difesa Ambiente R.A.S.
La foresta demaniale di Castiadas rappresenta uno dei pochi areali in cui si può ancora incontrare il cervo sardo.
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tra le quali in autunno, è facile trovare funghi porcini. Di tanto in tanto qualche finestra si apre alla vegetazione, pemettendo lo sguardo, sulla sottostante vallata di Castiadas. Dopo alcune centinaia di metri la vegetazione comincia a diradarsi ed il sentiero esce allo scoperto, e sulla sinistra si può ammirare la costa. Superata questa zona, si risale per poi raggiungere un tratto in piano che porta ad un vecchio distaccamento dell’ex colonia penale. L’itinerario prosegue in forte discesa sulla sinistra e si immerge sempre più nella foresta, qui la vegetazione cambia man mano che ci si avvicina al rio Acqua Callenti. Attraversato il Rio si prosegue per un breve tratto in salita il sentiero prosegue in leggera salita per la maggior parte del tracciato penetrando nella fitta foresta e
formando delle gallerie che a tratti si interrompono. Dopo circa un’ora di cammino il sentiero si allarga e prosegue in direzione sud-est per 100 mt. sino a raggiungere una piccola radura in mezzo al bosco dove è presente una sorgente d’acqua e un secondo vecchio distaccamento dell’ex colonia penale agricola. In questa radura se non si è numerosi e si osserva un rigoroso silenzio, non è improbabile riuscire a scorgere alle prime luci dell’alba uno o più esemplari del Cervo Sardo (Cervus Elaphus Corsicanus), presente in buon numero. Giunti a Staulu Mannu si prosegue lungo un sentiero non tracciato che fiancheggia un’acquedotto costruito dai carcerati per poi congiungerci col sentiero Italia che termina dietro la Colonia Penale agricola di Castiadas.
Fonte: Assessorato Difesa Ambiente R.A.S.
Sette Fratelli e visite nei numerosi siti archeologici presenti nel territorio Sentiero: sorgente De s’acqua Callenti, Staulu Mannu, vecchie carceri. Lasciata la colonia penale di Castiadas si procede verso nordovest, in prossimità della Loc. Sabadi si costeggia sulla sinistra un ruscello (Riu s’Ollastu) a carattere stagionale per circa due chilometri per poi svoltare a destra e proseguire sino ad incontrare una sorgente dove nelle immediate vicinanze (direzione N) si può vedere il Nuraghe Arcu Pintau. Una volta arrivati alla sorgente e lasciata l’auto si prosegue a piedi all’interno della Foresta Demaniale lungo una strada sterrata che prosegue leggermente in salita. Questo tratto si svolge al di sotto di un fitto bosco di lecci corbezzoli e filliree che creano un soffice tappeto di foglie morte
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di Pino Carboni
Quale status giuridico per il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale? Al fine di dare un inquadramento meglio definito nell’attribuzione delle competenze agli appartenenti al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale (per abbrev. C.F.V.A.) della Regione autonoma della Sardegna (e degli altri Corpi Forestali delle regioni e province autonome), occorre promuovere un’azione di sensibilizzazione nei confronti del legislatore, perché introduca una formale, e allo stesso tempo, sostanziale modifica all’art. 57 comma I e II del nuovo Codice di Procedura Penale (per abbrev. C.P.P.). Quest’intervento è mirato a far inserire a pieno titolo il personale costituito da funzionari, sottoufficiali e guardie del C.F.V.A.( ma anche, come già ricordato prima, quello degli altri Corpi Forestali delle regioni e provincie autonome), rispettivamente nel comma I e II dell’art.57 del codice di procedura penale, alla pari per analogia istituzionale, del Corpo Forestale dello Stato, del quale quello Sardo e delle altre regioni rappresentano non solo la continuità storica e tradizionale trasposta nel tempo, ma anche istituzionale delle funzioni rivestite. In particolare per il C.F.V.A., esattamente a partire dall’entrata in vigore della L.R. N° 18 del 07 luglio 1971, i compiti istituzionali che il Corpo Forestale dello Stato esercita in campo nazionale, sono ora svolti in
via del tutto esclusiva dai Forestali della Regione Sarda. L’esigenza di dare un’inquadramento in campo penale, alle competenza del C.F.V.A. è quanto mai attuale ed opportuno. Mentre da un lato la competenza di natura amministrativa connessa ai compiti istituzionali è specificatamente individuata dalla L.R. 26/85 istitutiva del C.F.V.A., dall’altro rimane incerto e vago l’ambito dei poteri-doveri nell’accertamento di fatti costituenti reato, che il C.P.P. conferisce agli agenti e ufficiali di P.G. del C.F.V.A. Il cosiddetto intervento “in connessione con i reati di competenza del C.F.V.A.” ( terminologia frequentemente adoperata dagli stessi sottoufficiali e guardie per rappresentare la competenza residuale del Corpo) si potrebbe ricondurre in una sorta d’escamotage, che per vari motivi sia d’ordine pratico, insito alla peculiarità del servizio, che tecnico-giuridico, il forestale deve per usare un eufemismo, “ ricorrere coattivamente ”, durante il normale servizio d’istituto. Si potrebbe anche affermare che la connessione non è di per sé un istituto riconosciuto dal nostro C.P.P., ad esclusione di quello previsto dell’art. 24 della L.689/81 (connessione obiettiva con un reato) che è istituto di portata giuridica diversa. Pertanto o si è competenti in senso stretto, 17
come prevede il C.P.P. all’art. 57 I e II comma in relazione all’art. 347 C.P.P, o ci si attiene a quello che il C.P.P. prevede ai sensi dell’art. 331 per i pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, ovvero, nei confronti di coloro i quali accertino fatti penalmente rilevanti perseguibili d’ufficio (in questo caso già non sussisterebbe più il dovere di notiziare fatti perseguibili a querela di parte a differenza di chi ha l’obbligo di notiziare ai sensi del 347 e 348 del C.P.P., genericamente tutti i fatti costituenti reato ). È scontato a questo punto affermare che funzionari, sottufficiali e guardie appartenenti al C.F.V.A., sono pubblici ufficiali agli effetti della legge penale. Per citare un esempio pratico: un agente o un ufficiale di P.G. appartenente al C.F.V.A. che accerta l’esistenza di un fatto-reato, rilevante ai sensi del D.Lvo 22/97 (decreto Ronchi) ricadente in un ambito territoriale estraneo ai vincoli di competenza ricompresi nell’art.1 della legge istitutiva, dovrebbe in virtù della cosiddetta connessione operare, in ogni caso redigendo i relativi atti di P.G. e procedendo alla documentazione dell’attività d’indagine secondo quanto disposto dagli artt. 347, 357 e 373 del C.P.P. La documentazione degli atti di cui agli artt.357 e 373 del C.P.P., è norma indirizzata a
chi riveste la qualifica di Polizia Giudiziaria. L’assurdo è che l’operatore del C.F.V.A. dovrebbe non essendo competente a rigore di legge, pur rivestendo la qualifica di agente o ufficiale di P.G., esclusivamente notiziare senza ritardo mediante denuncia presentata ad un ufficiale di P.G. o direttamente all’Autorità Giudiziaria a mente dell’art. 331 C.P.P., senza che vi sia a suo carico l’obbligo di procedere mediante attività informativa, ex art. 347, ponendo in essere altri atti tipici d’attività assicurativa quali: assicurare la prova, eseguire sequestri probatori o cautelari delle cose costituenti reato o pertinenti al reato stesso, ma non solo anche quello di ricercare l’autore del reato mediante il compimento di atti tipici ed atipici dell’attività investigativa ex art. 348 comma 2°. Altro esempio: un sottoufficiale del C.F.V.A. non potrebbe, e usiamo il condizionale, effettuare indagini su fatti esposti in una formale querela presentata per pascolo abusivo, commesso in terreni di natura privata e fuori da ogni ambito dei vincoli di competenza previsti dall’art. 1 della legge istitutiva del C.F.V.A. Quale obbligo avrebbe, nel caso prima esposto, l’ufficiale di P.G. del C.F.V.A. che è tenuto ad intervenire in ipotesi di terreni inseriti negli elenchi di vincolo in base alle leggi forestali, in zone di particolare rilevanza ambientale e nei terreni appartenenti ai Comuni ed altri Enti pubblici territoriali? Forse quello di mera ricezione e contestuale invio della querela all’Autorità Giudiziaria, senza che esegua nessuna indagine preliminare! Oppure di indirizzare il cittadino a
presentare querela presso altro comando di Polizia perché si è incompetenti alla ricezione della querela! A tal proposito va detto che il cittadino quasi mai è a conoscenza dei vincoli gravanti sul territorio e sicuramente difficilmente riuscirebbe a cogliere la differenza di un intervento della Amministrazione Forestale solo quando quella ipotesi di reato interessa terreni di dominio pubblico e non di proprietà privata, quando questi ultimi sono al di fuori di aree sottoposte a particolari vincoli di tutela. Queste figure “ibride” di operatori di P.G. in campo penale non dovrebbero esistere, perché l’operatore si troverebbe ad intervenire con la massima discrezionalità. In una materia dove, un’applicazione non univoca da parte degli operatori in genere, potrebbe creare solo guasti, ingenerando un’errata interpretazione anche da parte dell’utenza che, rivolgendosi ad una stazione forestale, al fine di presentare una qualsiasi denuncia o querela, ottenga informazioni ed indicazioni diverse e discordanti fra loro. A questo punto, per le considerazioni sopra enunciate, sorge anche il dubbio che il legislatore in fase di stesura del nuove C.P.P., si sia dimenticato dall’annoverare o per meglio dire far ricomprendere nel testo dell’articolo 57, la pluralità dei Corpi Forestali appartenenti alle regioni e provincie autonome. Questa dimenticanza o se vogliamo, mancanza di previsione di legge, l’abbiamo già riscontrata in passato per altre importanti leggi dello Stato, dove solo successivamente ad un nostro intervento, queste sono state modificate. In particolare ci riferiamo al D.L.vo 18
30.04.1992, n. 285 Nuovo Codice della strada e dell’art.138 (Veicoli e conducenti delle Forze armate) comma 11, dove oggi appare affianco alla parola Corpo Forestale dello Stato, la seguente specificazione: e delle regioni a statuto speciale e delle provincie Autonome di Trento e Bolzano. Specificazione che in questo caso si è resa utile per estendere agli altri corpi Forestali regionali e provinciali, la possibilità d’immatricolazione militare dei mezzi di servizio, con il rilascio dei documenti di circolazione e delle targhe di riconoscimento. Và ricordato che all’entrata in vigore del nuovo C.P.P. i corpi regionali e provinciali erano già stati istituiti con relative leggi. Il testo peraltro non trascura di menzionare per la qualifica di agente di PG di cui al punto b) del capoverso, citando le Guardie Forestali in senso generico; ma allo stesso tempo per la qualifica superiore di ufficiale di PG al punto b) del I comma enuncia esclusivamente gli ufficiali superiori e inferiori e i sottoufficiali del Corpo Forestale dello Stato. Altra ipotesi, se non si è trattato di dimenticanza, è che i Corpi Forestali regionali e provinciali si possano inquadrare per esclusione nel comma III dello stesso articolo. Ma l’ipotesi di mancanza di previsione di legge, rappresenta senz’altro, a voler interpretare la volontà del legislatore, quella più probabile, considerato l’inserimento nel II comma di altri corpi, quali le guardie dei comuni (Polizia Municipale) e delle provincie, che hanno in analogia al C.F.V.A. un ambito territoriale di vigilanza ristretto all’ente pubblico territoriale di appartenenza.
La differenziazione fatta dai tre commi dell’art. 57, produce diversi effetti giuridici sullo status di ogni agente o ufficiale di P.G. appartenete ai vari corpi o forze di polizia in relazione alle proprie competenze. Avremmo pertanto un primo gruppo di agenti ed ufficiali di P.G., con una competenza generale, ovvero illimitata per materia, inquadrati nel I e II comma del C.P.P., i rimanenti per esclusione inquadrati nel III comma, con una competenza di tipo residuale che limita l’operatore all’esercizio delle sue funzioni nell’ambito del servizio cui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni stabilite da leggi e regolamenti. La legge Regionale istitutiva del Corpo Forestale e di V.A., la N° 26 del 5 novembre 1985, non introduce differenziazione alcuna sulla qualifica di agente o ufficiale di Polizia Giudiziaria per gli appartenenti al Corpo, che faccia riferimento all’art. 221 del vecchio C.P.P. Vi è oggi nella normativa riguardante il C.F.V.A., un unico richiamo alle qualifiche rivestite dagli appartenenti, fatto nel decreto dell’Assessore agli Affari Generali della R.A.S., N° 21971/1054 del 24.05.1990. L’intervento del legislatore consentirebbe di conferire a tutti i corpi forestali regionali e delle provincie autonome, piena competenza in un quadro di rilevanza penale, senza dover ricorrere ogni volta come già detto ad istituti palliativi di sorta. Concludendo si possono riassumere le motivazioni che devono indurre il legislatore ad apportare questa modifica al C.P.P.: 1) Dare come, più volte ribadito, certezza di diritto nell’operare nel campo pena-
le, al personale dei Corpi Forestali regionali perché gli stessi abbiano più garanzie di legge ed allo stesso tempo per assicurare maggiormente il cittadino che ad essi si rivolge; 2) Parificazione al Corpo Forestale dello Stato, da cui gli altri Corpi Forestali derivano, tenuto conto anche del fatto che la preparazione del personale sottufficiali e guardie è conseguita presso le scuole del Corpo Forestale dello Stato; 3) parificazione a quelle figure che al punto b) del comma II dell’art. 57, sono individuate come guardie dei comuni e delle provincie. Da rilevare, infine, che per il C.F.V.A., la qualifica di agente di Pubblica Sicurezza, è conferita ad agenti, sottoufficiali e funzionari con il D.P.R. N° 297/72 e rilasciata con decreto del Rappresentante del Governo per la regione Sardegna. In quasi tutte le Procure della Repubblica del distretto giudiziario della Sardegna, sono istituite (tranne in quella di Nuoro) le Sezioni di Polizia Giudiziaria, composte da sottufficiali e guardie che operano in collaborazione con la Magistratura, in via continuativa e con la massima dipendenza funzionale, svolgendo indagini a loro espressamente delegate. Per quanto riguarda la problematica ambientale c’è da ricordare che le materie ad essa attinenti, incentrate sulla salvaguardia del territorio, sono ancora di competenza Statale. Con l’auspicabile decentramento di queste competenze alle regioni, il compito di vigilanza e tutela del patrimonio ambientale potrà essere assolto completamente dai Corpi Forestali delle regioni e provincie autonome. Tutti questi enti territoriali autono19
mi sono oggi dotati di strutture operative con sottufficiali e guardie radicati capillarmente in tutto il territorio di competenza, che garantiscono un intervento sul campo certamente tempestivo e altrettanto proficuo. L’intervento del legislatore deve quindi mirare a rideterminare per tutto il territorio del paese, uguali condizioni nel riconoscimento delle qualifiche, per tutte quelle figure giuridiche (agenti ed ufficiali di P.G.), preposte a far osservare ed applicare le leggi dello Stato. Questa rideterminazione d’uguaglianza che pone in un piano paritetico il Corpo Forestale dello Stato e delle regioni e provincie autonome e sicuramente prioritaria a tutti gli altri progetti di decentramento. L’intervento richiesto si conclude con la seguente proposta legislativa: MODIFICA ED INTE GRAZIONE AI COMMI I E II DELL’ ART. 57 DEL NUOVO CODICE DI PROCEDURA PENALE: TESTO: - “al comma I lett. b) dell’art. 57 del nuovo codice di procedura penale dopo le parole “e del Corpo Forestale dello Stato”, sono inserite le seguenti parole: “e dei Corpi Forestali delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento e Bolzano”. - “al comma II lett. b) dell’art. 57 del nuovo codice di procedura penale dopo le parole “le guardie forestali”, sono inserite le seguenti parole: “dello Stato e delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di Trento e Bolza-
di Maria Pia Lai Guaita*
Ichnusa Un’associazione di volontariato che si occupa di dare assistenza a chi deve affrontare il gravissimo problema di avere un tossicodipendente in famiglia. Consigli e assistenza psicologica per aiutare a superare un problema drammaticamente comune ed attuale. Pubblichiamo volentieri l’intervento del presidente la Prof. Maria Lai Guaita A Cagliari, al numero 5 di Piazza Michelangelo c’è la sede dell’Associazione Ichnusa, nata ufficialmente il 14 gennaio 1997. Per i suoi fondatori, una nascita emozionante, come tutti gli eventi molto attesi e desiderati e preceduti da una lunga fase di progettazione, di confronto e ripensamenti. Due le sue matrici: la mia lunga esperienza clinica e di ricerca nell’ambito della tossicodipendenza e la direzione di un centro d’ascolto nel rione di Mulinu Becciu. La lunga esperienza clinica e di ricerca hanno, nel tempo, fatto consolidare in me alcune convinzioni incontrollabili, che hanno prodotto una filosofia d’intervento. Una di queste è la consapevolezza dell’assoluta, pericolosa inutilità dell’uso di tutte quelle sostanze che alterano la percezione del proprio io e della sua realtà esterna e che per questo sono definite “droghe“. Ho conosciuto troppi giovani che hanno perso dignità, salute fisica e infine la vita, per essersi lasciati prima tentare e poi invischiare da esse, perché possa essere indifferente, o peggio tollerante nei confronti della tossicoesperienza a qualunque livello. Se infatti questa producesse felicità o benessere, non ci sarebbero obiezioni. Faccio sorridere i miei allievi quando dico di poter capire benissimo i meccanismi della dipendenza, perché anch’io lo sono dei dolci e specialmente, del cioccolato: ma questi non mi tolgono la lucidità del *
pensiero anche se eventualmente mi regalano qualche chilo di troppo ma certamente la piacevolezza gustativa.! Con ciò non voglio asserire, perché sarebbe da ingenui, che, a quanto viene descritto, alcune delle droghe non procurino, specie inizialmente, sensazioni di grande effetto e stravolgente godimento ma è pur vero che tale esperienza richiede conti e costi altissimi al soma ed alla psiche ed alla fine la stessa libertà d’azione. Nessuno delle centinaia di tossicomani incontrati nella mia professione, mi ha detto, mentre appariva svuotato di qualsiasi capacità realistica di organizzazione delle propria esistenza, di essere felice ma di rincorrere le sensazioni che la sostanza di abuso gli procurava, pena lo star male. Parlo dell’eroina, della cocaina, dell’alcol, dell’ecstasy (anche se le differenze d’effetti tra loro, sono grandissime) ma anche del cosi detto innocuo “spinello”. L’uso continuativo e consistente della hashish e marijuana determina, ormai è certo, una situazione psicologica definita “amotivazionale”, dipendenza fisica e psichica: ossia si ha bisogno del suo uso che però determina polarizzazione degli interessi, lentezza nell’apprendimento (i professori di allievi fumatori di questa sostanza, lo sanno bene), svogliatezza ecc., chi afferma la innocuità di tali droghe credendo di poterlo dimostrare con l’asserzione che “tutti la fanno” in realtà sta difendendo una personale esperienza e frequenta
un ambiente o un gruppo dove questo avviene. La decadenza e l’infelicità di chi è fortemente invischiato nella tossicoesperienza, mi hanno, seppure lentamente e nel tempo, stimolato il progetto d’intervento, anche senza, inizialmente, una chiara definizione di esso. È stata un’altra esperienza professionale ed umana a definirlo: quello della direzione di un centro d’ascolto nel grande quartiere di Mulinu Becciu di Cagliari. Promuovendo e sostenendo l’incontro con le famiglie di tossicodipendenti, ascoltando la loro disperazione, certe situazioni al limite dell’intollerabile e la determinazione contro la droga di tanti genitori, si è chiarito il mio possibile lavoro d’attuare. Mi parve infatti importante la fondazione di un’associazione che raccogliesse le famiglie intorno alla filosofia basata sulla opposizione alla cultura della droga. Una cultura che si è subdolamente estesa a macchia d’olio nella nostra società e che porta ad accettare l’esperienza, in questo senso, come una delle tante mentre induce una certa classe politica al progetto di legalizzazione di alcune sostanze per accativarsi l’attenzione elettorale di quelle fasce di giovani che ne fanno uso. A nostro avviso una società in buona salute dovrebbe prevedere per i suoi membri offerte di crescita vitale (lavoro, attività sportive, scuole stimolanti ecc.) e lasciare quelle distruttive alla scelta condannabile ma indivi-
Maria Pia Lai Guaita fondatrice e presidente di Ichnusa insegna Psicologia Generale e Psicologia delle tossicodipendenze all’università di Cagliari. E’ esperta psicologa nella Casa Circondariale di Buon Cammino, è iscritta all’albo regionale degli Psicologi e degli psicoterapeuti e autrice di numerosi libri.
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duale della quale è responsabile la persona. La crescita vitale dovrebbe essere il principio basilare di una società, dal quale non venire meno neanche nel tentativo di contrastare una esperienza tra le più negative perché allontana dal se e dagli altri, col così detto “sballo”. Termine che esprime chiaramente la situazione psicologica che produce. Convinzioni tutte che sono successivamente diventate proprie di Ichnusa e delle quali essa si fa portavoce nelle battaglie sociali nelle quali oggi è impegnata. Nel momento della sua gestazione una volta individuati i principi e gli obbiettivi da raggiungere, un altro momento delicato è stato quello della ricerca di coloro che li accettassero e fossero disposti a lavorare in proposito. Fu fondamentale l’incontro con Roberta ed Emilio, una coppia straordinaria con un impegno importante sociale alle spalle che aveva conferito loro una grande esperienza sul piano umano e politico, utilissimo in quei primi passi organizzativi. “Tu sei il comandante e noi il tuo esercito” era una frase che mi ripetevano con ironica e sorridente disponibilità, che nella realtà mi confortava e spronava verso un’impresa della quale era chiaro solo il fermo proposito di non stare inermi davanti ai disastri procurati dalla tossicodipendenza. A Roberta ed Emilio, genitori saggi, maturi e combattivi di un ex tossicodipendente, si aggiunsero altri genitori “combattenti”, alcuni dei quali non erano ancora riusciti a sconfiggere il problema droga dei propri figli, ed altri che accettavano la filosofia contro la droga. Del gruppo dei dodici che furono i soci fondatori dell’Associazione, alcuni se ne sono allontanati per vicende personali, ed altri se ne sono aggiunti con una importante capacità di volontariato generoso ed intelligente: Anna e Pietro Mulas, Feffa Sabiu, Vittoria Farci, Angela Ricco, Mario Cannas, sono alcuni dei volontari sempre presenti e oggi impegnati nel-
le varie attività di Ichnusa. Questa, conta attualmente decine di iscritti, persone che condividono la filosofia dell’Associazione contro la droga in generale e l’appoggio da offrire alla famiglia in quanto realtà stravolta, in altissima percentuale, dal fenomeno della tossicodipendenza. Un appoggio guidato da due convinzioni derivanti dai dati della ricerca scientifica: a) la sofferenza, del nucleo aventi membri con disturbi da uso di sostanze stupefacenti, b) la forza insostituibile dalla famiglia, opportunamente aiutata, per il recupero di tali membri. Dalla sua fondazione, numerosi genitori e famigliari hanno chiesto aiuto ad Ichnusa: alcuni di essi vivevano drammaticamente la tossicodipendenza dei loro congiunti senza riuscire a trovare soluzioni, altri erano in apprensione per ipotetici coinvolgimenti dei giovani membri in situazioni pericolosamente vicine al mondo degli assuntori e a quello degli spacciatori. Per dare risposte, l’Associazione conta su forze di alta professionalità, ma anche sulla esperienza di grande significatività emotiva di associati che hanno vinto la loro battaglia contro la tossicodipendenza dei propri congiunti e che nel mettere a disposizione il proprio vissuto, offrono spunti operativi e speranze in risultati altrettanto positivi. L’Assessore Mattu al patrimonio immobiliare, del Comune di Cagliari avendo colto le potenzialità sociali di Ichnusa ha fornito la sede in Piazza Michelangelo mentre Ida Farci Assessore ai servizi sociali del Comune di Quartu S.Elena le ha concesso con altrettanta disponibilità, i locali per la realizzazione del programma Children d’aiuto ai figli di genitori tossicodipendenti. Un fenomeno questo di genitori eroinomani, cocainomani ecc. che va diffondendosi sempre più nelle nostre società ma ciò nonostante, ancora disatteso. Un fenomeno fatto di tanti drammi infantili e giovanili e numerosi quotidiani impregnati di paura, solitudine, abbandoni e di seppure involontari,
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modelli di comportamento tossicomanico. Si osserva infatti sempre più come alla tossicodipendenza dei genitori spesso consegua quella dei loro figli. Per rispondere a queste ed altre problematiche con un intervento mirato e di grande delicatezza, Ichnusa ha costituito una cooperativa di professionisti (psicologi, assistenti sociali, assistenti di comunità infantili) dalla quale attingere gli operatori preparati opportunamente a livello universitario sulla tossicodipendenza. A questo intervento professionale viene affiancato quello del volontariato degli altri suoi membri, ugualmente importante, per il tempo, l’energia, la competenza che esso offre. Dalla medesima cooperativa verrà l’équipe che realizzerà il Programma Socrate di matrice universitaria, per una originale prevenzione alla tossicodipendenza. All’interno di Ichnusa è nata anche un’altra cooperativa che riunisce giovani ex tossicodipendenti con un serio programma (possibilmente comunitario) riabilitativo alle spalle ed ai quali viene offerto una formazione artigianale per un realizzabile reinserimento lavorativo. Sino a questo momento l’associazione non ha avuto nessun aiuto economico pubblico, autofinanziandosi con le iscrizioni e traendo linfa dalla forza della sua ideologia. C’è, nell’associazione la consapevolezza che il volontariato è la sua caratteristica anche se, per taluni interventi altamente specialistici, dovrà fare appello a professionisti che garantiscano un servizio di qualità che non sempre può essere richiesto né viene fornito come volontariato. La posta in gioco è alta, perché i bisogni creati dal fenomeno droga in Sardegna sono innumerevoli. Ichnusa li conosce e con il suo volontariato spera, con umiltà, di poter affrontare alcuni di quelli relativi alla famiglia, con l’appoggio di un numero sempre maggiore di persone disposte ad offrire tempo ed energie per un impegno non facile ma prezioso per chi sta male.
di Leonardo Pilia
Lu poltu d’armi di Garibaldi (Il porto d’arma di Garibaldi) Da uno sperduto stazzo tra le guglie granitiche della Gallura, una curiosa storia di amicizia tra un grande della storia d’Italia e uno sconosciuto cacciatore sardo. Per la fama del personaggio di questo racconto, credo sia giusto collocare gli avvenimenti che seguono nell’anno 1855. Il signorotto in questione... è Giuseppe Garibaldi. Rientrato dal forzato esilio impostogli da casa Savoia, “l’eroe dei due mondi” ha già deciso che sarà la Gallura la sua seconda patria. È probabilmente ospite di Nicolò Susini (sindaco di La Maddalena), che già lo aveva ospitato fuggiasco nel 1849 (dopo i fatti successivi alla difesa di Roma). La notizia per l’arrivo del Generalissimo e grande stratega militare, partecipe e protagonista di memorabili battaglie campali durante l’epopea risorgimentale, non si è ancora sparsa a nord della linea spartiacque del monte Limbara. Fu probabilmente in uno di quei giorni di “iniziale anonimato” che trae contorno questa storiella. Garibaldi va alla ricerca di una proprietà terriera da acquistare facendosi accompagnare dal suo amico sindaco e, al primo cittadino, impone di tenere segreta la sua vera identità: fedele al proprio carattere irreprensibile, non voleva condizionare le offerte dell’eventuale venditore. Puntano diritti verso lo “stazzo cucuruzzu”, nell’agro di Bassacutena. Il proprietario è un tal Scampuddu Pirosu Pietro, grande cacciatore e possidente di enormi distese di terreno: è proprietario della penisola di Capotesta, ultima propaggine terrena dell’isola
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che domina le bocche di Bonifacio e le maestose scogliere della dirimpettaia Corsica. L’eroe intende acquistare quel tratto di terra per stabilirvi la propria dimora. Il sanguigno gallurese è invece inamovibile: attaccato come tutti gli isolani alla propria terra e forse più sostenuto da agiatezza economica che spinto da trasporti sentimentali, decide di non vendere. Ma l'ospitatità è un dono sacro che ieri come oggi si offre agli ospiti in Gallura. Garibaldi e il Sindaco vengono invitati a pranzo. Durante la consumazione del pasto la conversazione si sposta sulla gara con il tiro a fucile che si terrà l’indomani a Tempio Pausania per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono. Scampuddu Pirosu Pietro con-
La storia racconta che Garibaldi il 29/12/1855 acquistò metà dell’isola di Caprera (l’altra metà gli fu donata da amministratori inglesi che la acquistarono appositamente per lui). Da quel giorno i rapporti tra il condottiero e SCAMPUDDU PIROSU Pietro andarono man mano consolidandosi. L’eroe raggiungeva spesso lo stazzo dell’amico Gallurese e ancora oggi la polverosa arteria che raggiunge lo stazzo di cucuruzzu viene chiamata “la strada di Garibaldi”. Purtroppo l’epilogo del racconto è da catalogare con data incerta: nemmeno un pronipote del PIROSU
vince i due ospiti a prendervi parte seppure come spettatori. L’amor proprio è un dono dell’edonismo che al Pirosu non manca proprio: sarà uno dei partecipanti alla gara. Dall’altra parte vi è un uomo che di tiri di fucile ne deve aver visto parecchi. Garibaldi e il Sindaco decidono di assistere alla gara. La prova consiste nel tirare a 100 metri a palla asciutta su una lama di coltello conficcata nel terreno: Scampuddu Pirosu Pietro la spezza in due al primo colpo. È l’unico partecipante che vi riesce. Inaudito esplode il campanilismo dei tempiesi: il tiro viene considerato dai signorotti locali come una fortunata combinazione e Pirosu è invitato a ripetere la prova. “L’uomo di cucuruzzu” non si scompone: riprende posizione e
mi è potuto essere di grande aiuto. Il rapporto di reciproca grande amicizia che intercorse fra i due e l’ammirazione dell’eroe per il contegno da cecchino tenuto dal PIROSU nella gara di Tempio, spinsero Garibaldi (sicuramente deputato in una delle tante legislature da lui sostenute) a chiedere all’amico “se poteva essergli d’aiuto per qualche personale favore”. Scevro da titubanze SCAMPUDDU PIROSU Pietro ammise con schiettezza che per ragioni di levatura culturale e di lungaggini burocratiche, era terrorizzato dal rinnovo del porto d’arma. Garibaldi capì al volo. Fir-
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la lama viene nuovamente divisa in due. Anche i più ritrosi devono cedere il passo alla bravura del Pirosu che viene dichiarato vincitore. Al rientro Garibaldi pernotta nuovamente allo stazzo di cucuruzzu e come aveva preteso la prima notte, dorme su di un pancaccio vicino al proprio cavallo. L’indomani si accomiata dal Pirosu, che di nascosto - mentre l’eroe ha già pronto il cavallo chiede al Sindaco la vera identità dell’uomo venuto in veste di compratore. Avuta risposta che si trattava di Giuseppe Garibaldi, proruppe in frase: Perché non me lo hai detto prima!!! Avessi saputo che si trattava di lui gliele avrei regalate quelle terre. Bassacutena, 25 novembre 1998
mò e donò personalmente all’amico la sospirata concessione al diritto di portare armi e annotò nella scadenza: “-VALIDITÀ - OGGI E DOMANI”. L’originale dicitura è ormai diventata locuzione comune fra il popolo gallurese. Quando si deve indicare necessariamente una questione che non sembra avere mai termine, si usa dire da queste parti: “CHJSSU È COMU LU POLTU D’ALMI DI GARIBALDI” (tutto ciò è come il porto d’arma di Garibladi: non scade mai).
Bibliografia: Giuseppe Garibaldi memorie
di Sergio Talloru
La cultura del rispetto Percorrendo la strada statale 131 al quarantesimo km capita spesso, soprattutto nel periodo estivo, di sentire un brutto odore di uovo marcio. Probabilmente pochi si accorgono, passando da lì, che sotto scorre un piccolo fiume, il “Rio Mannu”. L’odore, causato probabilmente dagli scarichi che vi sono a monte, e dalla siccità che ne ha fatto diminuire la portata, mi fa tornare con la mente ad una ventina di anni fa, quando i ragazzi del mio paese a frotte si recavano a su “carroppu” un’ampia ansa del fiume all’ombra di un grande salice. Tale piscina naturale rappresentava per tutti, oltre che un po’ di refrigerio alla caldissima estate campidanese, anche, la prima “scuola” di nuoto. La mia generazione è forse stata l’ultima che ha vissuto negli anni dell’infanzia quel rapporto così “intimo” e sentito con la campagna, tipico, fino ad allora, di chi cresceva in un paese agricolo del campidano come il mio. I nostri padri raccontano che da bambini, nel periodo della raccolta, si dormiva nelle “aie” intorno al paese, a guardia dei covoni di cereali, e che quando si lavorava in campagna non si rientrava per il pranzo a casa ma si mangiava sotto un albero facendo in modo che anche le bestie da lavoro si riposassero. Queste e mille altre considerazioni ci fanno presto capire quanto possa essere cambiato il rapporto con la terra. Per quel tipo di vita un albero dove ripararsi dal sole per poter mangiare, una sorgente pulita, una siepe che serviva anche da cibo per gli animali avevano un valore importante, profondamente diverso da quello attuale. Nello stesso tempo rappre-
sentavano riparo e sostentamento per gli animali selvatici, entrando a far parte di quell’equilibrio ecologico che in alcuni casi è rimasto intatto per secoli. L’abbandono, l’utilizzo di sostanza chimiche in agricoltura, i mezzi meccanici capaci di arrivare dove le bestie da lavoro non potevano, l’eccessivo prelievo venatorio, gli incendi, hanno causato in alcune zone del campidano una modificazione talvolta anche profonda dell’aspetto del territorio e dei biomi presenti. In Sardegna si sente parlare tanto e mi verrebbe da dire “da sempre”, di Aree Parco come la soluzione di tutti i problemi o un ulteriore sopruso per i diritti di chi vive in alcuni territori. Un dibattito talvolta sfociato in scontro che non si sa quanto beneficio abbia portato alla tutela dell’ambiente. Mi chiedo ancora se possa essere un modello di sviluppo valido, chiudere vasti territori per metterci dentro magari “l’Orso Yoghi” che i bambini possano vedere la domenica fuggendo da campagne di paesi “sterilizzati” dall’incuria di tutti. Ben vengano i parchi ma, a mio modesto parere, con una mentalità più globale dell’ambiente. Spendendo maggiori energie per migliorare il rapporto con “tutta” la nostra terra ed investendo soprattutto nelle nuove generazioni; “chiudendo” per così dire, con la proprietà regionale (come già avviene con i territori dell’AFDRS) solo le zone che corrono seri pericoli per la sopravvivenza di specie rare o per la compromissione vera di ecosistemi di particolare interesse naturale. Riconquistando quel rispetto del territorio che già esisteva in Sardegna e che esiste in molte realtà; basti solo pensare
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alla quantità di immondizia, carcasse d’auto, di elettrodomestici o quant’altro, sparsi nelle nostre campagne e raffrontarle alle campagne dell’Austria, della Svizzera, o solamente di una regione come il Veneto dove le norme che regolano le discariche abusive di rifiuti sono le stesse della Sardegna. La strada da seguire è quella di creare un nuovo rapporto di fiducia e di informazione fra chi opera ed usufruisce del territorio e gli operatori specializzai (Scuola, Università, CFVA, ERSAT, ecc.) che devono dare le indicazioni guida per creare la consapevolezza (già peraltro abbastanza diffusa) che solo con la “cultura del rispetto” si può tutelare l’ambiente in cui viviamo. Per fare questo occorre l’impegno della classe politica e delle amministrazioni pubbliche ma anche buona volontà dei singoli operatori che la rappresentano, su cui grava la responsabilità di costruire un momento di dialogo fra istituzioni e mondo agro-pastorale o chi usufruisce dell’ambiente naturale in genere. Riuscendo a rappresentarne, talvolta anche con la dovuta energia le problematiche e le aspettative, per favorire un progresso che non si può e non si deve fermare, ma che dovrà neccessariamente fare tesoro di quel modo di vivere che sta già dentro il nostro DNA e che abbiamo ereditato dai nostri avi. Solo così forse i nostri figli che imparano a nuotare durante le vacanze al mare o in moderne piscine avranno ancora la possibilità, tutti i giorni e non solo la domenica, di scegliere se navigare su internet o sentire il profumo della menta selvatica all’ombra di un grande salice.
di Luca Angius
il
Nicare.g:ua- nrLlore
sociazione umani tartz- satda impegnata- nelle difficile opera dei soccorsi alle popolazioni colpite da teribili alluvioni.
"Quincho Barrile tte" L' Associazione Quincho
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te, operante a Cagliari in sostegno del Progetto Los Quinchos, fondato nel 1992 e diretto da Zelinda Roccia in Nicaragua per accogliere, assistere e reinserire
nella società i bambini di strada inalanti droga, in questa drammatica emergefiza organizza wa sottoscrizione per portare aiuto alla popolazione nicaraguense così duramente colpita. Le cronache del dramma e le immagini sono davanti alla coscienza civile di tutti e colpiscono per la loro gravità. Il Nicaragua è un paese impoverito per le vicende sociopolitiche e per le awersità naturali (terremoti, maremoti, tragani) e per la lunga dittatura, combattuta con grandi sacrifici con la Rivoluzione popolare poi awersata dall'embargo e dalla guerra dei Contras frnanziata dagli USA. La grande maggioranza della popolazione vive alla giomata senza nessuna prospettiva di miglioramento. I bambini di strada, il cui numero è in continuo aumento anche a causa dei tagli sempre più pesanti alle spese sociali imposti dal FMI e dalla Banca Mondiale, sono la triste.realtà di questo Paese, tra i più poveri del Centro America. Sopralwivono in bande, nei mercati e nelle discariche di rifiuti, alla ricerca di cibo e di qualcosa da rivendere, tra ogni genere di violenza, inalando colla giorno e notte per dimenticare la fame, la paura e la solitudine. Le droghe di recente introdotte sono sempre più pesanti e letali. L'uragano Mitch ha causato migliaia di morti, di senza tetto e devastato ogni cosa. Mancano
as
generi primari, alimenti, farmaci, indumenti. I raccolti sono distrutti così come i terreni agricoli, sepolti da un mare di fango. La popolazione, specie nelle campagne, è priva di qualsiasi risorsa. La fame, il colera, la diarrea, le febbri, gli insetti, la mancanza di acqua potabile, la distruzione delle vie di comunicazione, causano altre migliaia di morti, specialmente tra i bambini. Rivolgiamo un appello urgente a
privati, associazioni, organizzazioni scuole, enti privati e pubblici, civili e militari, emittenti radiofoniche e televisive, medici, operatori della sanità, perché offrano il loro contributo.
NECESSITANO CON URGENZA: Farmaci (kit anticolera, arfiidiarroici, disinfettanti), Alimenti soprattutto per bambini (omogeneizzati,biscotti, latte in polvere), Indumenti (non pesanti, magliette, camicie, pantaloni scarpe).
Chi desidera offrire il proprio contributo in denaro può effettuare un versamento sul conto
n' 10603090 "Associazione Quincho Barrilete, via Sulis 69, Cagliari", o sul corrente postale
conto corrente bancario 670152131Ag. Banca Sp.no 1404 Sarroch,
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Roma,
043999
"Associazione Quincho Barrilete, Cagliari", con la causale:
..EMERGENZA NICARAGUA"
Il denaro e i materiali raccolti saranno inviati all'Associazione Los Quinchos. alla Responsabile Zelinda Roccia, garante, assieme alla nostra Associazione , della organizzazione dei soccorsi per
offrire direttamente assistenza alla popolazione più disagiata, atffaverso le basi operative costituitesi presso gli stessi siti del Progetto Los Quinchos, a San Marcos, Managua e Granada. I primi soccorsi immediati soprattutto ai bambini e agli anziani abbandonati e isolati nel fango sono stati portati proprio dai nostri ragazzi, che attivamente si impegnano secondo i principi educativi di solidarietà che sono alla base dei nostri Progetti.
lo sono un donatore e tu?