17_18Natura in Sardegna

Page 1


na

sOlidarietĂ popolo ame i'4

iĂˆ:

.-

- ,1

i,a

-,.'_

.

'

:

:t-

,'\ .

-- .: ::1v

=

i.-.-

ir-..,i'


Aspettando . . . . . . . . . la . . riforma . . . . . . .del . . .CFVA . . . . . .- .Sette . . . . anni . . . . dopo . . . . . . . . . . . . . . . . . Salvatore Scriva

2

Una . . . .normativa . . . . . . . . forestale . . . . . . . .unificata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Giuseppe Delogu

3

Di . . chi . . . sono . . . . .i .funghi! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Vittorio Carcò

8

“Ti . . .condurro . . . . . . . .fuori . . . . dalla . . . . .notte” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Claudio Maullu

14

Alla . . . .scoperta . . . . . . . di . . un . . .poeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Anna Addis

15

Un . . forestale . . . . . . . .“Siro . . . . Vannelli” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Antonio Luigi Podda

17

Flora . . . . Sarda . . . . . -. Ipotesi . . . . . . di . . .valorizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Augusto Boi

19

L’autonomia . . . . . . . . . .energetica . . . . . . . . .-.il. .vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Domenico Cannatà

20

“Chiosando” . . . . . . . . . . su . . .boschi . . . . . e. .foreste . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Antonello Mele

22

Sito . . .internet . . . . . . dell’ASS.FOR.: . . . . . . . . . . . . . .“Novemila . . . . . . . . . visitatori” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di Giuseppe Vacca

24

Direttore Responsabile Paolo Pais Questo giornale è stato realizzato da: Salvatore Scriva, Alberto Sattanino, Giuseppe Vacca e Sergio Talloru. Stampa Solter - Cagliari Foto di copertina Gavino Spanu

Gli autori si assumono la piena responsabilità di ciò che scrivono anche di fronte alla legge. La direzione editoriale per qualsiasi insindacabile motivo può ridurre o rimaneggiare gli scritti. Il giornale può in qualsiasi momento utilizzare il materiale ricevuto anche riutilizzandolo. Il materiale fotografico inviato al giornale viene restituito solo su richiesta degli autori.

Notiziario Forestale w ww .ass for.it

Periodico di informazione ambientale della Sardegna a cura dell’ASS. FOR. Anno VII numero 17 - 18 -trimestrale - sped. abb. post. 70% Filiale di Cagliari Reg. Trib. CA n. 36 del 17/11/95

Notiziario Forestale

Anno VII n. 17 - 18 Dicembre 2001 ASS.FOR. editore libera associazione senza fine di lucro fondata dagli appartenenti al C.F.V.A. nel 1994.

U na no r m at i va for es t al e uni fi cat a

as pet t ando l a r i for m a del C. F. V. A.

i l c ale ndar io A S S. FO R. 2002 “p inn et to s”

Il Notiziario Forestale è inviato a tutti i soci dell’ASS.FOR. e agli abbonati Abbonamenti e contributi: Lire 60.000 c.c.p. n° 21970090 Cagliari ASS. FOR: c.p. n. 50 Cagliari centro 09124 CAGLIARI Tel. e fax 070 502153 Cell. 348 4717997 Sito internet: www.assfor.it E-mail: assfor.it@tiscalinet.it


Aspettando la riforma del CFVA

di Salvatore Scriva

“Sette anni dopo” Il 17 dicembre del 1994 nasce ad Oristano l'ASS.FOR. l'Associazione degli appartenenti al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna. Le finalità e i propositi dell'ASS.FOR. sono di tutelare in ogni campo, gli interessi professionali di una categoria di lavoratori "i forestali" le cui vicende hanno subito alterne fortune nel corso di centocinquanta anni e più di attività. Per sentir parlare di Forestali in Sardegna, dobbiamo spostare le lancette della storia al lontanissimo 14 settembre del 1844, quando il Re Carlo Alberto con le "Regie Patenti" approva "il regolamento per il governo dei boschi di Sardegna", le cui cure sono affidate ad una "speciale amministrazione"…quella speciale amministrazione di ieri, si chiama oggi Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale ?!. Il punto interrogativo è d'obbligo di fronte alle confuse regole che amministrano i forestali e la forestazione in Sardegna oggi: vedi le vecchie leggi regionali ancora vigenti, in attesa di continue riforme, il non recepimento di leggi nazionali di organizzazione del settore, i disegni di legge che giacciono in Commissione sepolti da continue crisi delle numerose Giunte Regionali, le delibere delle diverse Giunte che si susseguono, volte a modificare e ritoccare ciò che è stato deciso precedentemente. Il punto esclamativo, è per gli ottimisti che credono ancora e si battono con caparbietà per affermare la necessità di fare una riforma organica per il Corpo Forestale, per farlo diventare una struttura sempre più specializzata

in grado di affrontare e prevenire le vecchie e nuove emergenze ambientali che minacciano la nostra terra. Il punto serve per ricominciare da capo su quello che dovrà essere il lavoro del "forestale oggi", per garantire alle generazioni future un domani più verde, per fermare la distruzione degli incendi, per sconfiggere il processo di desertificazione che avanza, l'inquinamento e gli abusivismi di vario genere. L'Amministrazione Regionale dovrebbe quindi: - riqualificare le strutture che in questi anni hanno gestito le risorse ambientali senza un reale indirizzo; - riorganizzare l'amministrazione delle nostre foreste; - pianificare gli interventi nella "forestazione", gestirla e difenderla in modo tale che diventi una reale risorsa di sviluppo economico per tutti. Pertanto, per conseguire tali obiettivi è necessario un Corpo Forestale specializzato, numericamente e capillarmente presente su tutto il territorio, con compiti definiti e regolamentati per gli interventi nei vari settori di competenza, soprattutto per l'attività di vigilanza e prevenzione delle emergenze ambientali. Mentre noi continuiamo a chiedere la riorganizzazione del Corpo Forestale per difendere meglio la nostra terra, fenomeni naturali e malavitosi continuano a colpire il nostro sempre più povero territorio in una strana e

2

complicata alleanza. Per affrontare oggi queste emergenze ambientali, sono previsti ingenti contributi per la forestazione, per frenare la desertificazione e per il risanamento delle zone inquinate. Tuttavia senza una struttura di coordinamento e gestione complessiva dei fondi si rischia che tutto continui ad andare in fumo…! Tra le riforme importanti del prossimo governo regionale riproponiamo quindi l'urgenza di mettere mano con coraggio politico al problema dei forestali. Sono già in discussione nella prima Commissione del Consiglio Regionale due leggi fondamentali che riguardano sia il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale che la forestazione. Sfogliando qualche vecchia pagina di storia come il "Primo regolamento per il governo dei boschi in Sardegna si trovano interessanti suggerimenti per indicare in un'unica legge forestale, la definizione di bosco, chi e come (il C.F.V.A.) deve amministrarlo, decentrando ai comuni l'attività di gestione dei cantieri. Attualmente l'ASS.FOR. si propone di affrontare i problemi e le prospettive di sviluppo del Corpo Forestale. C'è già un nostro giornale il Notiziario Forestale, un sito su Internet: assfor.it, strumenti legittimi per continuare a batterci e a difendere il lavoro più bello del mondo in difesa delle foreste e dell'ambiente della nostra regione.


Aspettando la riforma del CFVA

di Giuseppe Delogu

Una normativa forestale unificata “Se questo villaggio diventerà una città, e prima o poi lo diventerà, voglio sapere con esattezza che città dovremo preparare” Marcello Fois, "Sempre Caro", Il Maestrale, Frassinelli, 2001

Premessa. La recente pubblicazione del D. L.vo 227 del 18 maggio 2001, "Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'art. 7 della L. 5 marzo 2001 n° 57" sulla G.U. del 15-06-01 segue di pochi mesi l'emanazione della L. 21-112000 n° 353 "Legge quadro in materia di incendi boschivi" e di oltre un anno l'altra norma di legge in cui il bosco ( e le foreste) vengono riconfermati come bene categoriale tutelato per legge: D.L.vo 29-10 1999 n° 490 (riedizione della L. 431/85). Si tratta di tre testi importanti di norme nazionali in cui il concetto di bosco (o di foreste, o di selve) è richiamato in momenti e condizioni diverse, che tra l'altro risentono del contesto normativo cui la legge si riferisce (ora in materia paesistica, ora in materia di incendi boschivi, ora più propriamente forestale) e il cui significato in prima approssimazione può e deve essere considerato interscambiabile. Ma che cosa è il bosco? Se leggiamo l'art. 423-bis del C.P., che ha stabilito nuove pene contro gli autori di incendio boschivo ("chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste…) non definisce per l'appunto cosa siano i boschi, le selve e le foreste. E la legge quadro in materia di incendi boschivi (L.353/00) definisce questi ultimi ma non i boschi. Così come non li definivano le leggi in materia paesistica (l. 431/85, la cosiddetta L. Galasso e il successivo T.U. n° 490/99). Dunque, ad un primo esame, appare benvenuta la definizione di bosco introdotta dal D.L.vo 227/01, art. 2 (che esplicitamente, al comma 4, ne definisce la sua applicabilità anche ai sensi del D.L.vo 29-10-1999 n° 490). Ed è la prima volta nella normativa dello Stato Italiano: in precedenza l'accezione dei termini doveva rilevarsi dai vocabolario o, al più, dalla definizione

ISTAT e dalle più recenti dell'IFN, spesso contrastanti tra loro. Vedremo più avanti quali siano gli elementi di tale definizione. Se non chè, il D. L.vo 227/01, giunto al termine di lavori convulsi del Parlamento in fine legislatura, non ha prodotto una certezza delle definizioni . Lo stesso testo normativo infatti, nel definire "nelle more dell'emanazione di norme regionali" una precisa espressione di che cosa debba intendersi per bosco,

rimanda "entro dodici mesi" alle Regioni la loro definizione di bosco e la definizione di : a) I valori minimi di larghezza estensione e copertura necessari affinché un'area sia considerata bosco b) Le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuità del bosco c) Le fattispecie che per loro natura particolare non sono da considerarsi bosco. In questo quadro è possibile: 1. Che le regioni non adottino alcuna definizione avvalendosi di quella dello Stato 2. Che le Regioni adottino diverse definizioni non perfettamente comparabili tra loro In entrambi i casi appare difficile delineare un quadro di omogeneità su base nazionale al fine di rispondere alle esigenze di censimento inventariale (e cartografico) e di rispetto degli impegni di Strasburgo, Helsinki e Lisbona. Dunque, la prima importante considera-

3

zione da fare è che, in assenza di chiara e in equivoca definizione, non appaiono applicabili le norme contro gli incendi boschivi, le norme paesistiche, le stesse norme penali. Tale fatto, può costituire una seria difficoltà per gli effetti di rilevanza penale in caso di danni o alterazioni permanenti al bene tutelato" bosco" (o foresta, o selva): una stessa fattispecie di incendio, ad esempio, interessando la stessa tipologia di vegetazione in due regioni diverse, potrebbe essere in un caso considerato incendio boschivo e nell'altro caso no, qualora si adottassero diverse definizioni (ad es. nella percentuale di copertura diversa: 20 o 40%): è d'altra parte chiaro, a meno di diverse interpretazioni in materia da parte della magistratura, che fatta salva la facoltà delle Regioni di definire in modo diverso (per finalità amministrative) il bosco, per gli aspetti penali il giudizio della Magistratura non potrà non poggiare sulla definizione che lo Stato ha dato nel D. L.vo 227/01. Dunque, dal punto di vista della certezza del diritto, non pare particolarmente scandaloso ritenere che una definizione regionale non dovrebbe discostarsi di molto da quella statale, riservandosi eventualmente solo alcune specifiche legate alla tipologia della vegetazione del territorio. Ma veniamo al dettaglio della definizione. Il testo del d.L.vo 227/01 recita: " Nelle more dell'emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente già definito dalle regioni stesse si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura e gli impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno di cui al comma 5. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono de-


vono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti. E' fatta salva la definizione bosco a sughera di cui alla L. 18 luglio 1956 n° 759. Sono altresì assimilati a bosco i fondi gravati dall'obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell'aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell'ambiente in generale, nonché le radure e tutte le altre superfici d'estensione inferiore a 2000 metri quadri che interrompono la continuità del bosco". Deve essere subito rilevato che questa definizione formale rappresenta un compromesso più che dignitoso tra le "vecchie" definizioni (I.F.N.,1985) e le nuove proposte lanciate al II Congresso Nazionale di Selvicoltura di Venezia (1988) con riferimento ai concetti della FAO, al W.F.I..2000 ed in generale alle teorizzazioni di scenario in applicazione dei protocolli di Kjoto, Helsinkj, Lisbona. Come rappresenterò meglio più avanti, una analoga definizione , sostanzialmente ispirata dall'I.F.N. 1985, è già stata mutuata, in via amministrativa, dalla Regione Sarda con la Circolare 16210 applicativa della L.431/85. In questo senso nulla di particolarmente innovativo viene ad essere introdotto. Tuttavia alcuni elementi di riflessione riguardano la situazione della nostra isola: · La conferma, nel definire le sugherete, della norma introdotta con la L. 759/56: questa ha già subito circa 40 anni orsono gli strali della Corte Costituzionale in relazione alle competenze primarie dello Statuto della Regione Sarda, rendendo possibile la emanazione della L.R. 13/59 e successivamente la L.R. 37/89 e la L.R. 4/94.

Ma ciò ha contribuito ad un progressivo allontanamento della definizione di sughereta dall'ambito forestale, avvicinandola oltre misura all'ambito agrario e: è opportuno cogliere la sollecitazione del D.L.vo 227/01 per riscrivere in termini forestali la "burocratica" e ingestibile definizione della L.R. 4/94. · Delle macchie mediterranee occorre senza dubbio enucleare dalla definizione di bosco quelle situazioni ecologicamente compromesse, e peraltro luogo di forte conflittualità con il mondo pastorale, che sono causa frequente di incendi e comunque non idonee a dare luogo a successioni dinamiche evolutive a bosco: si tratta dei cisteti associati a sporadiche altre specie della macchia, anche se con copertura superiore al 50%, a meno che non si trovino in aree agronomicamente non utilizzabili (pendenze eccessive, suolo sottile) e il cui mantenimento possa svolgere in modo adeguato una protezione del suolo dall'erosione. La definizione del D.L.vo 227/01 poi introduce ulteriori specificazioni importanti: Nell'art. 2, comma 3, tra l'altro, sono assimilate al bosco "le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di utilizzazioni forestali, avversità biotiche o abiotiche, eventi accidentali, incendi". Al comma 5 compare una definizione secca e inequivoca di arboricoltura da legno che in parte pone fine a tante incertezze del passato e consente un chiaro inquadramento di una serie di popolamenti artificiali obiettivamente non ascrivibili a bosco (si pensi agli eucalipteti in area irrigua, o a pioppeti specializzati in pianura ), mentre la formulazione del testo, differente da quello proposto dall'AISF, può ingenerare nuovi equivoci in aree interessate dal vincolo idrogeologico (si pensi a certi impianti a P. radiata in aree montane, la cui utilizzazione può prevedere non necessariamente la rever-

4

sibilità della coltura ma la sua evoluzione da coltura arborea a bosco misto vero e proprio). Tralasciando per il momento l'analisi di altri aspetti pure importanti (rimboschimento compensativo, promozione delle attività selvicolturali, disciplina delle attività selvicolturali,materiale forestale di moltiplicazione) occorre evidenziare, tra l'altro, la ambigua attribuzione di responsabilità - non meglio definita - tra Ministero dell'Ambiente e MIPAF in materia di competenza alle politiche forestali, che ancora lascia aperto il dubbio di un mancato raggiungimento della organica autonomia della materia forestale rispetto alla "grande madre" dell'agricoltura e che riverbera ancora oggi i suoi problematici effetti anche nell'organizzazione amministrativa concreta, in particolare quella della Regione Sarda. La situazione in Sardegna Quale è dunque oggi in Sardegna lo scenario per l'applicazione strategica delle tre norme forestali (la cui comprensione e corretta interpretazione, tra l'altro, può obiettivamente concorrere a ridare significato e valore sostanziale alla denominazione forestale attribuita al C.F.V.A.)? Oggi possiamo segnalare i principali problemi che ci pare di rilevare nel confuso quadro legislativo ed organizzativo dell'Amministrazione Regionale, per la quale occorre un serio e sereno ragionamento, se si vuole davvero partecipare al dibattito concreto sulle strategie di politica forestale aperte nel mondo a partire da Helsinki, Rio, Kioto, Bonn. Intanto: a) Assenza di una legge forestale regionale (in un quadro di notevole proliferazione di leggi regionali in materia negli ultimi anni) b) Definizione di bosco derivata in via amministrativa dal Piano Regionale AIB di cui alla L. 47/75 e recepita dalla Circ. 16210 del 2-07-1986 dell'Ass.to P.I. della RAS c) Notevole proliferazione di soggetti competenti all'emanazione di autorizzazioni in materia forestale d) Assenza di una politica programmata in materia forestale e frantumazione delle competenze (con veri e propri vuoti di attività e, per contro, duplicazioni dannose). e) Carenza di protocolli di collaborazione tra Assessorati diversi (Agricoltura, Difesa dell'Ambiente) soprattutto in relazione ai finanziamenti comunitari ( in particolare 2078/92 e, oggi, 1257) f) Difficoltà di comunicazione all'interno dello stesso Assessorato della Difesa dell'Ambiente in materia di difesa idro-


geologica del suolo (rapporti tra L.183 e R.D. 3267/23) g) Inapplicazione di parti importanti di leggi speciali (L.R. 4/94 sulla sughericoltura) per assenza di regolamento o per riedizione di leggi abrogate (ex-L.R. 13/59 reintrodotta nella L.R. 21/00). h) Difficoltà di coordinamento della ricerca, in primo luogo tra strutture forestali regionali (CFVA, EF) e Stazione Sperimentale del Sughero con l'Università e ricadute nel territorio. Nel rapporto del C.N.E.L. "L'evoluzione della politica forestale italiana dalla legge Serpieri alle sfide europee: obiettivi e strategie", (Roma, maggio 2000), emerge che "attualmente in Sardegna il settore è caratterizzato da una fase di forte transizione" evidenziando in modo forse troppo ottimistico il livello di scarso coordinamento tra politiche e, direi, la confusione esistente in materia. Sicuramente elemento di forte e repentina trasformazione è stato ed è in questo momento l'istituzione dell'Ente Foreste della Regione Sarda, sulle ceneri dell'Azienda delle Foreste Demaniali della Regione Sarda, istituita nel 1956. Ma la transizione deriva da ben più lontano. Il primo elemento da considerare, rispetto all'organizzazione amministrativa, è nel dualismo sancito con la L.R. 1/77 ("Norme sull'organizzazione amministrativa della Regione Sarda e sulle competenze della giunta, della Presidenza e degli Assessorati Regionali"), in cui la materia forestale appare ripartita (in assenza di definizioni e delimitazioni chiare) tra l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente (Foreste e Parchi) e dell'Agricoltura e R.A.P. (Arboricoltura e Forestazione produttiva); in pratica all'Ambiente per circa 20 anni è spettato il compito di gestire e programmare la attività forestale pubblica (cantieri di rimboschimento, AIB) degli Ispettorati del CFVA e dell'AFDRS, all'Agricoltura la "forestazione privata". In particolare in quest'ultimo Assessorato sono confluiti dal 1994 in poi i progetti Comunitari del Reg. CEE 2080/92 e 2078/92, con un coordinamento di procedure talvolta conflittuale e inefficace (basti evidenziare che i soggetti chiamati all'istruttoria dei progetti sono, in diverse fasi, l'ERSAT, il CFVA, lo stesso Assessorato Agricoltura, senza uno specifico chiarimento in materia procedimentale), che rischia di riproporsi nei prossimi anni nel Reg. 1257 e, soprattutto, con l'avvio della L.R. 21/00, recentemente notificata alla Unione Europea, che assegna alle competenze dell'Assessorato Agricoltura e R.A.P. non più sola-

mente l'arboricoltura e la forestazione produttiva, ma tout-court la "selvicoltura" (ivi compresa la sughericoltura che, invero, la L.R. 4/94 ancora inapplicata assegnava all'Assessorato della Difesa dell'Ambiente). Di più: con il D.P.G.R. n°4 del 13-01-00 il Servizio Coltivazioni Arboree viene ad assumere competenze in materia di "Interventi per lo sviluppo della silvicoltura", mentre i Servizi Territoriali del CFVA tra l'altro, assumono competenza in materia di "Pareri e autorizzazioni progetti di selvicoltura", e l'Assessorato della Difesa Ambiente, al Servizio tutela del suolo e politica forestale, assume compiti in materia di "politiche forestali". Dunque non solo non sono risolti i vecchi problemi del dualismo, ma sono amplificati proprio di recente. Altro punto di interesse risiede nella mancanza di una legge regionale in materia forestale, che ne delinei l'autonomia di scenario (e non la dipendenza) dall'agricoltura, e nella mancanza di una definizione di "bosco". Come ben appare delineato nel libro "Ambiente, Testo Unico di coordinamento", edito dal Formez come esito del Progetto TESEO curato dall'Ass.to AA.GG. Personale e Riforma della Regione e dall'Ass.to difesa dell'Ambiente, la materia forestale è raggruppata sotto forma di "interventi vari in materia ambientale" attraverso parziali e episodici testi di legge redatti in un arco di 45 anni . Si citano la L.R. 13/59, la L.R. 44/86, la L.R. 13/91, la L.R. 2/94, la L.R. 24/99, la L.R. 11/98. Nel Progetto TESEO non si indica la L.R. 21/00, in quanto approvata dopo la conclusione dei lavori, ma si tratta sostanzialmente della L.R. 13/59 rinotificata alla U.E. Altre materie (caccia, pesca, parchi naturali, cave, protezione civile) hanno avuto la dignità di testi organici e riepilogativi che la materia forestale non ha avuto e non ha ancora oggi. Occorre ritornare su questo tema per se-

5

gnalare come invece sono nel frattempo proliferati i soggetti chiamati a disporre autorizzazioni, prescrizioni, divieti, norme d'uso e quant'altro, in un quadro assolutamente incoerente, soprattutto per gli effetti relativi alla riduzione sostanziale delle superfici boscate e al loro degrado. In applicazione della L. 431/85 venne emanata dalla Giunta Regionale la Circolare 16210 del 2 luglio 1986 in cui, di fronte al problema del definire le aree sottoposte a vincolo categoriale specifico (non risolte dalla 431/85) si attribuiva al legislatore "la volontà di rinviare alla definizione contenuta nelle altre norme di tutela vigenti sui territori stessi", e pertanto per la definizione di bosco si fece apposito richiamo alla L.47/75 e, per essa, al Piano Regionale della Sardegna per la difesa dagli incendi boschivi (approvato dal M.A.F., Min. Int. e Min. BB.CC.AA con decreto 14-05-1981), con le definizioni in essa contenute e con il rimando ulteriore alle Direttive per la formazione dell'I.F.N. di cui alla L. 984/77. In tale contesto la questione relativa al "taglio colturale" che tanti problemi pose negli anni passati in materia di autorizzazioni paesistiche, definitivamente risolte in sede giurisdizionale, ma ancora di più quella relativa alle trasformazioni di superficie forestale in altre categorie d'uso è stata "risolta" attraverso il regime autorizzatorio dell'Ufficio Regionale per la Tutela del Paesaggio (Ass.to P.I.) "di concerto con le autorità preposte alla tutela forestale anche con riferimento a territori non sottoposti a vincolo idrogeologico". Tuttavia, in sede di direttive emanate per la redazione dei P.U.C., il compito di definire (e cartografare i boschi nel territorio) è stato assegnato ai Comuni ("sentiti gli Ispettorati Ripartimentali del CFVA") i quali, sostanzialmente, nella migliore delle ipotesi si sono limitati a redigere generiche carte dell'uso del suolo in cui il bene "bosco" tutelato paesi-


sticamente non rileva - salvo eccezioni ed è in generale trasformato in definizione ambigua quale "pascolo cespugliato", pascolo alberato", "incolto" etc. di origine agro-pastorale. Peraltro, con la L.R. 28/98, come è noto, ai Comuni è assegnato il compito di autorizzare paesisticamente in delega , tra l'altro, "le attività silvo-colturali, arboricoltura da legno, potature e manutenzione del patrimonio arboreo, opere antincendio e fasce tagliafuoco, lavori di difesa forestale, con esclusione del taglio a raso degli alberi d'alto fusto o cedui e delle opere di rimboschimento interessanti superfici superiori ai 2 ha.". A parte lo sconcerto ingenerato dal vedere estendeso l'obbligo di autorizzazione paesistica alle potature, l'arboricoltura da legno, le attività silvo-colturali, tipica "vessatio contra cives" in controcorrente con le norme di semplificazione amministrativa e, mi permetto di dire, con qualche dubbio di costituzionalità, emerge con forza una miriade di uffici comunali chiamati, seppur in deroga e per attività troppo semplicisticamente ritenute minori, a formulare giudizi ed autorizzazioni paesistiche senza raccordo obiettivo con "le autorità preposte alla tutela forestale" e soprattutto, con scarsa cognizione del bene tutelato. E a proposito della "cognizione" del bene tutelato, appare ormai ineludibile il discorso sulla cartografia dei boschi e quella degli incendi: come giustamente riconosciuto dal D.L.vo 490/99, il bene tutelato non può essere solo "categoriale" ma deve trovare riconoscimento materiale in atti e documenti pubblici (la cartografia). Questo fatto è di fondamentale importanza in Sardegna, sia per poter dotare finalmente la Regione di uno strumento essenziale di pianificazione generale, sia perché siano riconosciute le aree forestali , in modo non generico ma ad un buon dettaglio (base cartografica C.T.R. vettoriale in scala 1:10.000). E la cartografia dei boschi deve essere rea-

lizzata non da generici professionisti ma da strutture tecniche ufficiali certificate. Questo era in passato un compito naturale del Corpo Forestale, purtroppo non svolto: ma oggi questo deve ridiventare uno dei compiti tecnici più qualificanti per il C.F.V.A.. Per le professionalità interne, per la conoscenza e la diffusione nel territorio da parte della struttura, per la sensibilità al tema si deve poter con nuovo slancio lavorare a questo obiettivo, di pubblica utilità e di straordinario orizzonte culturale: uno strumento realizzabile che superi la discussa discrezionalità che talora viene attribuita al CFVA nell'espletamento delle attività di controllo. D'altra parte una buona cartografia che assuma il carattere di ufficialità e attendibilità può essere utile per conoscere e valutare: · La rilevanza paesistica dei boschi · La identificazione dei boschi da sottoporre a difesa AIB · L'accertamento dei boschi percorsi da incendio · La programmazione dei piani di gestione (o assestamento) dei boschi pubblici · Il dimensionamento della biodiversità · La definizione delle aree forestali con funzione idrogeologica · La definizione della aree forestali con funzione produttiva · La definizione delle aree forestali con funzione naturalistica Attraverso il potenziamento delle attività già in essere il CFVA è il naturale candidato a gestire questa attività in modo moderno, selezionando al suo interno tutte le professionalità necessarie, anche con autoapprendimento, costruendo stumenti pubblici di informazione (ad es. il G.I.S.) che possa anche costituire la base per un sistema di qualità certificata dell'attività amministrativa. Il terzo grande ambito di temi è quello relativo all'"eredità" del R.D. 3267/23. A livello nazionale è nota la frantumazione di competenze in materia di procedure autorizzatorie in aree vincolate ai

6

sensi del Tit. I del R.D. 3267/23: Comunità Montane, Province, Comuni o Assessorati Regionali da regione a regione, con proprie leggi di recepimento hanno sostituito in vario modo i "Comitati forestali". In Sardegna, non di meno, la situazione appare di difficile interpretazione. La tutela del suolo, oltre alle competenze attribuite per legge 183/89 a Province e Comuni, non appare chiaramente definita all'interno degli stessi Assessorati: il citato D.P.G.R. n° 4 del 13-01-00 individua infatti in capo all'Assessorato della Difesa dell'Ambiente, Servizio tutela del Suolo e politiche forestali, la funzione di "Pianificazione e programmazione in materia di tutela del suolo" , Prevenzione del rischio idrogeologico e istruttoria tecnica", "Finanziamenti contributi in materia di tutela del suolo". Lo stesso D.P.G.R. tuttavia pone in capo ai Servizi Territoriali del CFVA (altra Direzione Generale dell'Ass.to Ambiente) la funzione tecnico-amministrativa del "Vincolo idrogeologico e per altri scopi", così come peraltro la legge istitutiva del CFVA (L.R. 26/85) attribuisce al corpo la "Tutela del suolo contro l'erosione". Tanti soggetti, nessuna attività concreta per il riordino della materia. E dire che oggi nessuno può sostenere come nel passato - che in Sardegna non esiste il rischio idrogeologico. Gli eventi di Capoterra, del Sarrabus, dell'Ogliastra, di Olbia, di Bosa nelle cronache di questi ultimi anni lo stanno a testimoniare. Allo stato attuale appare necessario procedere un chiaro riordino delle relative competenze, nel senso che, quanto meno, le funzioni centrali dell'Assessorato dovrebbero caratterizzarsi nel senso dell'indirizzo e quelle del CFVA in senso tecnico-amministrativo (istruttorie, delimitazioni, revisioni del vincolo). Segnalo che la legge istitutiva dell'Ente Foreste (L.R. 24/99, art. 9) timidamente fa cenno al fatto che "restano di competenza dell'Amm.ne regionale (chi?) l'individuazione dei terreni da vincolare, l'imposizione del vincolo,il rilascio delle autorizzazioni e dei nulla osta concernenti i terreni sottoposti a vincolo idrogeologico". Certamente occorre definire con chiarezza l'obiettivo di completare, dopo 70 anni, la delimitazione del vincolo su ampie superfici montane attualmente prive di vincolo, superando i vincoli "impropri" (Ordinanze, piani di coltura e conservazione etc.), dando a tale attività il valore e l'autorevolezza dello studio completo ed interdisciplinare così come è richiesto


dalle attuali conoscenze scientifiche e le esigenze del territorio. Il riferimento al territorio peraltro appare necessario nei riguardi della forte spinta edificatoria non solo nelle coste ma, sempre di più anche nelle zone interne, con standard di consumo di suolo e erosione di superfici forestali decisamente più elevati, in ragione dell'aumentato "benessere". Lo strumento dell'art. 7 del R.D. 3267/23 non appare più efficace e certamente richiede un corretto sostitutivo, così come pare di rilevare in alcuni dispositivi del D.L.vo 227/01 (Rimboschimento compensativo). Un quarto scenario - non minore - riguarda poi le politiche forestali propriamente dette, dai rimboschimenti, alle ricostituzioni boschive, alla costituzione di boschi e arborei da seme, alla sughericoltura come specifico tema regionale. E ancora il recepimento e l'adeguamento della 269/74 in materia di materiale di propagazione forestale, la ecocertificazione di qualità nella gestione forestale sostenibile dei nostri boschi, l'adozione di piani di assestamento per molti scopi. Il legislatore regionale ha assegnato un importante ruolo all'Ente Foreste della Sardegna, come soggetto concreto di realizzazione di tali attività ("forestazione pubblica"), ma questo non può bastare: esiste tutto lo scenario dei boschi degli Enti pubblici (Comuni, C.M.) dei privati, entro cui la realizzazione dei piani di assestamento e dei piani economici diventi strumento moderno di promozione della selvicoltura e selezioni l'imprenditoria forestale seria, non stimolata dagli incentivi ma da corrette forme di gestione del bosco, bene economico oltre che di protezione. Occorrono priorità, ed in questo lo sguardo corre immediatamente ai piani della L.353/00 in materia di protezione contro gli incendi boschivi. Riconvertire i boschi verso formazioni meno aggredibili dal fuoco, conversioni di cedui in alto fusto o semplicemente il ritorno all'utilizzazione razionale dei cedui (e non il loro abbandono), infrastrutturazione non anarchica ma territorialmente definita (fasce parafuoco, fuoco guidato stagionale, laghetti collinari, postazioni di vedetta e quant'altro, compresa la loro sistematica gestione). Programmazione organizzata e attiva del fuoco controllato da inserire nella progettazione della gestione dei boschi come elemento di controllo della biomassa combustibile; progettazione e controllo del pascolo guidato entro i boschi, con calcolo dei carichi sostenibili e costruzione di un protocollo di "pacificazione"

con il mondo pastorale come funzione di prevenzione antincendio. Definire il ruolo del volontariato (ed ecco immediato il riferimento alla Protezione civile come interfaccia operativa del Corpo Forestale) nel presidio del territorio, nella formazione, nell'educazione e nell'aggiornamento professionale. In questo senso mi pare importante poter raccordare, almeno con esempi e esperienze locali, il volontariato con la "manutenzione del territorio", intendendo con questo non la concorrenza del volontariato a danno della mano d'opera stagionale bensì il coinvolgimento dei proprietari dei terreni - con il supporto del CFVA - per la pulizia delle strade di campagna, per la realizzazione di reti diffuse di captazione dell'acqua a basso impatto ma di enorme utilità, per la informazione e promozione dell'ambiente forestale. D'altra parte occorre cogliere il momento della transizione per pensare eventualmente non tanto a mano d'opera generica da gestire attraverso i meccanismi usuali di assunzione circoscrizionale ma a personale formato appositamente (ausiliari del CFVA) attraverso corsi da realizzare, magari, nella istituenda Scuola di Formazione del CFVA, corsi che preparino le vedette, gli autisti e gli operatori di autobotte (squadre di lotta), gli operatori del fuoco guidato (squadre di prevenzione). Riflessione Si parla di "riforma del CFVA": un d.d.L. è stato presentato dalla G.R. alla competente Commissione Regionale per la presentazione in aula. E' possibile parlare di riforma senza toccare i cardini, il cuore della attività, senza riflettere in termini di "eccellenza" sulle prospettive dei prossimi decenni della nostra organizzazione? E' possibile invece che una seria riforma venga pensata e costruita sulla base delle funzioni e delle professionalità da potenziare, da "inventare" in taluni casi, per rispondere alle domande che la società civile comunque pone?. Io credo che questa seconda ipotesi sia l'unica percorribile. E allora lavoriamo al programma, alla realizzazione delle idee, all' "utopia concreta" della nostra missione. Traiamo insegnamento da quanto di positivo viene fatto in altre parti del mondo, ma valorizziamo anche quanto di positivo abbiamo già saputo "inventare" e realizzare nei decenni. Che fare? La idea che ho maturato è quella di alzare lo sguardo oltre le misere contingenze

7

dell'oggi e interpretare i segnali innovativi del mondo forestale nazionale e mondiale e costruire le premesse per un lavoro dell'istituzione CFVA, d'intesa con altri soggetti ma mai subalterni, che sappia rispondere alle istanze legittime dei cittadini in materia di promozione e miglioramento del sistema forestale, che superi gli appesantimenti burocratici e snellisca le procedure, concorrendo insomma a trasformare l'idea del "bosco/prigione" in "bosco liberato". 1. L'esame della normativa nazionale e regionale rende doveroso e obbligatorio costruire un testo unico forestale per la Regione Sardegna. a. E' necessario lanciare il disegno di autonomia della materia forestale rispetto alla subalternità da altri campi (agricoltura, paesaggio, urbanistica). b. Non è opportuno puntare al recepimento semplice di singole leggi senza prevedere le necessarie integrazioni e saperle calare nella realtà locale. c. E' invero opportuno ridefinire compiti e funzioni in modo articolato, evitando duplicità di competenze e pluralità di soggetti sul medesimo argomento amministrativo e gestionale. d. E' opportuno dotarsi di strumenti di promozione dell'attività forestale prima che di vincoli e sanzioni. e. E' comunque doveroso costruire le strutture tecnico-amministrative capaci di proporre e gestire gli strumenti di conoscenza e gestione del territorio forestale in termini di buona economia, di difesa (contro gli incendi in primo piano), di condivisione di obiettivi con le realtà locali. 2. Pertanto cardine essenziale dovrà essere la integrazione fondamentale di quattro norme statali intorno alla definizione di "boschi, foreste e selve": a. R.D. 3267/23 e succ. modif. (fino al 183/89) b. D.L.vo 490/99 c. L. 353/00 d. D.L.vo 227/01 3. In questo quadro andranno rilette, reinterpretate e riscritte (eventualmente anche abrogate) norme non rispondenti al principio della semplificazione, della chiarezza di responsabilità amministrativa, della capacità tecnica e scientifica. 4. Non ultimo, deve essere la struttura intera del CFVA a farsi carico di questa "scommessa" di scenario, lavorando non ad obiettivi parziali e inseguendo le emergenze ma costruendo per obiettivi definiti il quadro normativo generale, da sottoporre alla Giunta Regionale non prima di aver dibattuto al suo interno con gli strumenti di cui dispone. - Per approfondire queste tematiche, nel sito assfor.it è stato aperto un Forum dal titolo


di Vittorio Carcò

Di chi sono i funghi? Il cicalino della piccola sveglia elettronica lo fece sobbalzare sul letto. Uscì dal sonno con fatica, ma il pensiero di una piacevole giornata da trascorrere in escursione alla ricerca di funghi con l'amico di sempre, lo svegliò completamente. Il luogo era stato già deciso dalla sera precedente. Si vestì rapidamente. In cucina preparò un abbondante caffè, ne bevve una parte, il resto lo versò in un thermos. Raccolse l'attrezzatura già pronta, zaino con la macchina fotografica, una borraccia, coltello specialistico, una penna, un taccuino e, ovviamente, un cestino. Fanatico per la puntualità, aveva già fatto il pieno per l'auto accuratamente parcheggiata dalla sera prima sotto casa. Uscendo, notò con soddisfazione che era appena iniziato ad albeggiare. Efisio era contento. Le recenti, abbondanti piogge dei giorni scorsi avevano stemperato l'afa della lunga estate e l'aria mattutina aveva quel leggero, buon odore di terra umida. Le strade sgombre dal caotico traffico quotidiano lo resero ancora più euforico. Speriamo che Gavino non faccia come al solito, pensò, e non mi rovini questa giornata con i sui soliti ritardi. Gavino, invece, era già davanti al portone, puntuale come non mai, anche lui con lo zaino ed un gigantesco cestino in mano. “ Ciao!” Salutò l'amico con voce bassa, sporgendosi un po' dal finestrino. “Ciao, Efisio. Dai, andiamo. Sono più che mai convinto che oggi faremo "mattanza"!” “L'ho capito.” “Da cosa?” “ Dal cestino. Quando mai ne hai portato uno così grande, tu che non vorresti portare nemmeno il coltello!” Sistemato il bagaglio sul sedile posteriore, Gavino sollecitò: “Cosa aspetti?” “Allora, è confermato?” “Certamente. Dopo che ci siamo sentiti, ieri sera, ho chiamato uno che conosco e che abita proprio a San Gregorio. E' pieno di prataioli!” Mentre imboccava l'Orientale Sarda, Efisio sbottò: “E mi hai fatto alzare così presto per i prataioli!” “Perché? Sono buonissimi, facili da raccogliere, quasi sempre ti riempiono il cestino, cosa vuoi di più?” “Si, ma ti ricordi di come mi sono sentito male l'ultima volta?”

“Certo che me lo ricordo, però questa volta andiamo sicuri. Ho comprato un nuovo libro che parla solo di prataioli e che spiega tutto per bene. Ci sono disegni e fotografie bellissime!” “Quando lo vorrai capire che non potrai mai trovare lo stesso fungo che raccogli, rappresentato nei libri! Dimmi, da quanto tempo hai letto questo nuovo libro? “Dall'altro ieri.” Per non incrementare la polemica, Efisio tacque. Per la verità i prataioli non gli erano più andati a genio da quando ne aveva mangiato alcuni con un saporaccio disgustoso, che gli avevano anche causato un tremendo mal di pancia ed effetti secondari spiacevoli. Aveva poi scoperto che c'erano alcune specie ingannevoli con un nome stranissimo, santo... “nonsocosa”, che, era vero, toccandoli diventavano gialli ed avevano un odoraccio di varechina. Li aveva cotti lo stesso credendo che fossero le sue dita ad avere quell'odore, poiché per tutto il giorno aveva trafficato con vernici e tinture. In ogni caso, pensò, cercando di cogliere il lato buono della situazione, trascorreremo una giornata piacevole. Inoltre c'era pur sempre la lecceta a due passi che avrebbe consentito… emozioni più intense. Rallentò, il posto giusto, gli aveva spiegato Gavino, era prima di San Gregorio. C'erano già alcune macchine nello slargo dove aveva deciso di parcheggiare. Impiegarono pochissimo tempo per sistemarsi gli zaini ed il resto dell'attrezzatura. Presero un sentiero che partiva poco più avanti che, secondo le indicazioni ricevute, li avrebbe portati sul campo segnalato. Camminarono per circa mezz'ora. L'indicazione si era rivelata esatta. Il campo, disteso sul fianco della collina, con qualche raro perastro contorto, era di facile accesso, senza alcuna coltura visibile e neppure recinzioni, lasciato al pascolo, come si poteva dedurre dal gregge di pecore che vi sostava. Le piogge avevano già prodotto il loro benefico effetto facendo crescere un manto erboso che era particolarmente apprezzato dal bestiame. A prima vista non si vedeva nulla. Non appena entrarono, scoprirono invece che, seminascosti tra l'erba, diecine di prataioli di tutte le misure si rivelavano man mano che procedevano nell'esplorazione. Si dettero uno sguardo d'intesa ed iniziarono la

8

raccolta. Efisio, di tanto in tanto, ne odorava qualcuno, lo sfregava con le dita, lo riportava al naso, decidendosi poi a riporlo nel cestino. Questa volta sembravano proprio buoni. In breve, avevano riempito i cestini a metà ed era trascorsa appena mezz'ora. Entrambi pensavano già di dover tornare alla macchina per svuotare il primo carico e gongolavano al pensiero di poter esibire a casa tanto trofeo. Erano così intenti nella raccolta che non fecero quindi molto caso alle grida che provenivano dall'altra parte del campo, verso la strada. Gavino sollevò appena lo sguardo per vedere cosa mai avessero da urlare tanto. Il pastore, pensò, l'ha con qualche pecora. Le grida si avvicinavano sempre di più, tanto che ambedue si girarono all'istante. Una persona veniva rapidamente verso di loro gesticolando, ma ancora non si capiva bene cosa volesse. Gavino posò il cestino a terra, continuando a ripulire dal terriccio il fungo che aveva in mano. “Chi è, lo conosci?” “Sarà il pastore.” Gavino non era convinto e cominciava a sospettare che avrebbero avuto qualche seccatura nei prossimi minuti. Infatti, appena giunto a distanza tale da farsi capire, l'uomo si rivolse loro con tono alquanto alterato. “Cosa state facendo?” “Non lo vede, stiamo raccogliendo qualche prataiolo. Lei chi è?” “Sono il proprietario del terreno. Chi vi ha concesso di entrare?” “Ma.., veramente nessuno. Da quando in qua, per raccogliere qualche fungo c'è bisogno di chiedere il permesso?” “Allora, se nessuno vi ha permesso di entrare, uscite subito dal mio terreno!” “Senta, cerchiamo di restare calmi. Non stiamo facendo nulla di male.” Efisio cercò di rabbonire l'uomo. “Sono calmissimo. E non è vero che non state facendo nulla di male. State rubando i miei funghi.” “Esagerato, rubando! Siamo in pieno giorno, a vista, le abbiamo spiegato che si tratta soltanto di quattro funghi!” “Intanto non sono quattro, ma due cestini ben pieni. E se siete a vista non cambia nulla. Vi trovate nel mio terreno e state portando via i miei funghi. Ripeto, andate via e lasciate i funghi che avete raccolto.” “Senta, noi, come fanno tutti, siamo


sempre andati a cercare funghi dappertutto e non ci ha mai detto niente nessuno. E' sempre stato così. I funghi sono di tutti. Lei è il primo a far storie.” “Forse. Ma questo non cambia niente. A me non va che la gente entri a casa mia e si porti via i prodotti del mio terreno. I funghi che nascono qui, anche se non li ho coltivati, sono i miei e me li voglio raccogliere io. Quando e come, non vi interessa. Vuotate i cestini” La discussione stava salendo di tono e rischiava di degenerare. Efisio e Gavino non volevano che trascendesse, ma non volevano neppure lasciare lì i funghi che avevano raccolto e darla completamente vinta a quel tizio. Avevano però il dubbio che non avesse completamente torto. Si guardarono per un attimo, poi a parlare fu Gavino che, avendo organizzato la gita si sentiva un po' colpevole. “Senta noi non vogliamo rovinarci la giornata. Andiamo via. Ma ci consenta di dirle che si sta comportando male. E' consuetudine in tutta la Sardegna di raccogliere i funghi dove capita, nei terreni aperti. E' la natura che li manda e sono di tutti. Si scordi che le diamo quelli che abbiamo raccolto.” “Restituitemi i funghi, altrimenti vi citerò per danni!” “Lo faccia.” Efisio e Gavino, raccolti i cestini, incuranti delle ulteriori invettive dell'uomo, si allontanarono, portandosi via i funghi. La giornata era però ormai rovinata. Camminarono per un po' in silenzio, avvicinandosi alla macchina. “Gavino, sei sicuro che abbiamo fatto bene a non vuotare i cestini?” “No. Non sono sicuro. Sono certo però che abbiamo preso cose di pochissimo valore e che quindi quel tizio non farà nulla. Se è così attaccato a "quattro" funghi, figurati se avrà voglia di anticipare centinaia di migliaia di lire per un avvocato!” “Speriamo bene. Però ora andiamo a casa.” ************** La breve "avventura" di Efisio e Gavino, che ricostruisce in forma fantasiosa un episodio realmente accaduto, vuole semplicemente evidenziare che è abitudine della maggior parte delle persone recarsi a cercare funghi nei boschi e nei campi senza nessun'altra preoccupazione

se non quella di trovare una zona che ne sia particolarmente abbondante. Al più, altra preoccupazione potrebbe essere quella di arrivare prima degli altri, visto il gran numero di cercatori che in questi ultimi tempi si dedica a questa piacevole attività. Le discussioni della sera prima, le telefonate fra amici per decidere e accordarsi sulla località da preferire per l'escursione, i preparativi in genere, prescindono dalla risposta ad un quesito che qui invece si vuole esaminare un po' più a fondo. Non ci si chiede quasi mai, infatti, a chi appartengono i funghi che andremo a raccogliere. Ovvero, chi è legalmente il proprietario dei funghi che metteremo nel cestino? Noi, allorché li avremo staccati dal terreno o da un tronco o da una ceppaia, oppure qualche altra persona, quale, ad esempio, il proprietario del suolo, del tronco o della ceppaia? Generalmente siamo convinti che non appartengono ad altri se non a colui che per primo li raccoglie, così ci sembra perfettamente lecito appropriarcene senza doverli spartire con chicchessia o chiedere il permesso a qualcuno. Arrivati sul posto prescelto, ci si inoltra nel bosco o nel prato armati di cestino (si spera!) e coltello e, se la stagione è stata propizia, si inizia la raccolta di ciò che la terra ha prodotto. Proprio quest'ultima considerazione, il fatto cioè che il fungo è un prodotto della terra, ci consente di approfondire ora i termini esatti del problema. Secondo gli articoli 820 e 821 del Codice civile (1) i frutti naturali sono quelli che provengono direttamente dalla cosa che li ha prodotti e appartengono al proprietario della cosa stessa, anche se il proprietario non ha fatto nulla per facilitarne la crescita. Si potrebbe addirittura sostenere che proprio l'assenza di attività umana favorisce la crescita dei funghi. Orbene, che i funghi siano un prodotto naturale è un dato pacifico sul quale non vi sono discussioni di sorta. Si può anche osservare che sono un prodotto naturale spontaneo che acquisisce un valore economico sempre più alto. La commercializzazione che se ne fa, sia come prodotto fresco sia conservato, ne è una prova. Ne consegue che, provenendo i funghi dalla terra o dalle altre "cose", essi appartengono al proprietario della terra o di queste cose. Ci si deve chiedere allora se sia lecito o no introdursi nei terreni altrui

al fine di raccogliere funghi o altri prodotti spontanei quali, ad esempio, asparagi, cicoria o altre erbe commestibili ricercate per il loro gusto. Il quesito si pone in particolare per quei fondi non recintati, privi in ogni modo di chiusure idonee ad impedire l'accesso degli estranei. In presenza di tali chiusure sarebbe, infatti, impossibile introdursi in tali luoghi senza forzare gli ingressi, il che costituirebbe un illecito. Ininfluente è inoltre lo scopo della raccolta, che può variare secondo gli interessi che spingono le persone ad accedere sui terreni. Interessi che possono spaziare dal semplice svago della gita domenicale, alla raccolta, di funghi o altro, fatta per rivendere il raccolto, fino alla ricerca dei funghi finalizzata esclusivamente allo studio degli stessi. A questi "interessi" dei cercatori si contrappone quello del proprietario, diretto sia ad impedire che i frutti del suo terreno, anche se spontanei, vengano utilizzati da altri, sia ad evitare che sul suo fondo vengano causati eventuali danneggiamenti provocati dall'ingresso di numerose persone, a volte poco rispettose dell'ambiente e della proprietà altrui. Ciò che si vuole ora esaminare è accertare se vi sia una norma che regoli l'attività sopradescritta, se cioè esista un "diritto" alla raccolta dei funghi, così come esiste un diritto al prelievo della fauna selvatica da parte dei cacciatori, i quali possono accedere, in forza dell'art.842 (2) del Codice civile, sui fondi altrui a prescindere dal consenso del proprietario. Il quesito assume particolare rilievo in Sardegna dove l'Amministrazione Regionale, pur potendo legiferare in materia in virtù della propria competenza esclusiva, nel momento attuale, non l'ha ancora fatto. Esistono alcuni disegni di legge proposti in passato, che, in seguito, esamineremo più a fondo, che sono sempre decaduti non avendo mai trovato, da parte dei proponenti, l'impegno necessario perché venissero adeguatamente sostenuti e quindi definitivamente approvati. Neppure risulta che in Sardegna esistano usi civici di fungatico che potrebbero dare legalità alla raccolta dei funghi quantomeno sui territori gravati da quell'uso, legalità che sarebbe comunque territorialmente circoscritta e ininfluente sul quesito posto. Tale quesito si riferisce invece alla raccolta operata da

(1) Art;.820 - Frutti naturali e frutti civili - Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere. Finché non avviene la separazione, i frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura. (Omissis) Art.821 - Acquisto dei frutti - I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri. In quest'ultimo caso la proprietà si acquista con la separazione. (Omissis) (2) Art. 842 C:C: : Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia…(omissis)

9


quella molteplicità di persone che, senza alcun titolo, si recano nei campi a racco-­ gliere funghi in posti che mutano conti-­ nuamente sulla base di scelte personali, senza che ci si preoccupi di chi sia il pro-­ prietario e cosa questi ne pensi di tale at-­ tività. Si tratta, in prevalenza, di cerca-­ tori micofagi che si comportano in tal modo perché così sempre è stato senza che nessuno abbia mai avuto nulla da ec-­ cepire. I giuristi hanno dato soluzioni differenti al problema della legittimità di raccolta dei frutti spontanei, le posizioni più in-­ teressanti sono due. Alcuni ritengono che la raccolta trovi tutela giuridica nel-­ l'avvenuta formazione di una consuetu-­ dine, altri invece sostengono l'impossibi-­ lità che tale consuetudine si formi, ma che si tratti di semplice tolleranza da par-­ te del proprietario. TEORIA DELLA CONSUETUDINE La prima teoria (3) si basa sull'esame de-­ gli elementi la cui concomitante presen-­ za consente di affermare che ci si trova in presenza di una vera consuetudine. Gli elementi sono costituiti dalla genera-­ lità del comportamento delle persone e dalla convinzione che tale comporta-­ mento sia conforme a diritto e pertanto legittimo. Tale argomentazione trove-­ rebbe la sua giustificazione nell'art.821 del Codice civile allorché, dopo aver af-­ fermato che la proprietà dei frutti natura-­ li spetta al proprietario della cosa che li produce, fa salva tuttavia l'ipotesi in cui tale proprietà sia attribuita ad altri. Adat-­ tata al caso in esame, il Codice dispone in sostanza che i frutti naturali, e quindi i funghi, sono del proprietario del terre-­ no, a meno che non spettino a persone diverse dal proprietario. Quando spetta-­ no ad altri? Quando c'è una norma che preveda tale diversa proprietà. Tra que-­ ste norme, sostiene la teoria in esame, possiamo annoverare la consuetudine in quanto l'art.821 nel derogare la regola generale di acquisizione dei frutti natu-­ rali, non ha posto alcun limite alla fonte che legittima la proprietà stessa, legitti-­ mazione che potrebbe appunto provenire dall'avvenuta formazione di tale consue-­ tudine. Non è ovviamente questa la sede per una discussione giuridicamente approfondita sul concetto di "consuetudine", sia per-­ ché ben altre menti giuridiche hanno ampiamente trattato sotto ogni aspetto il tema, sia perché l'argomento affrontato, e cioè se la consuetudine sia applicabile alla raccolta dei funghi su terreno altrui, è limitativo rispetto alla complessità del

più ampio tema. Non resta quindi che esaminare quali so-­ no le critiche principali che possono es-­ sere mosse alla teoria secondo la quale la consuetudine può essere invocata per il fatto che l'art.821, oltre che al proprieta-­ rio della cosa, fa comunque salva l'attri-­ buzione ad altri della proprietà dei frutti. In effetti non può che ricercarsi nel codi-­ ce stesso quando la proprietà viene attri-­ buita a persona diversa dal proprietario della cosa che ha prodotto il frutto natu-­ rale. Infatti il Codice civile indica chia-­ ramente la diversa proprietà dei frutti na-­ turali in numerose ipotesi. Oltre al caso classico dell'usufrutto, ne parlano l'art.771 che fa salva la donazione di be-­ ni futuri se si tratta di frutti non ancora separati, oppure l'art.1472 che, a propo-­

sito della vendita di cose future, fa il ca-­ so dei frutti di un fondo la cui proprietà viene acquistata con la separazione del frutto stesso dalla cosa che l'ha prodotto, in perfetta sintonia con il dettato del-­ l'art.821. Ancora, l'art.959 che attribui-­ sce all'enfiteuta, sui frutti del fondo, gli stessi diritti che avrebbe il proprietario, o l'art.1615 che attribuisce i frutti della co-­ sa produttiva mobile o immobile all'af-­ fittuario. Ad impedire che possa ricercarsi nella consuetudine il titolo dal quale derivi quell'attribuzione di proprietà ad altri, espressa dall'art. 821, è inoltre il dettato dell'art.8 delle "Disposizioni della legge in generale" che circoscrive l'efficacia della consuetudine, peraltro chiamando-­ la "uso", soltanto ai casi in cui ad essa faccia espresso riferimento la legge. Es-­ sendo, quindi, la "materia" relativa alla proprietà dei frutti naturali regolata dalla legge, la consuetudine o uso che dir si voglia, non ha potere normativo. Il legis-­

latore inoltre ha tenuto ben presente che il valore economico dei frutti naturali può a volte essere tanto alto da meritare una normativa di grado più elevato qua-­ le può essere la tutela legislativa. E' ben noto infatti quali difficoltà di prova vi siano circa l'esistenza di usi, non avendo valore assoluto neppure la raccolta pro-­ vinciale degli usi operata dalle Camere di Commercio. Abbiamo già visto inoltre che i requisiti sui quali si basa la formazione della con-­ suetudine sono la generalità del compor-­ tamento e la convinzione che esso sia conforme a diritto. Sull'esistenza del primo elemento non si può che concor-­ dare. Che la raccolta su qualsiasi fondo incolto sia generalizzata è un fatto sotto gli occhi di tutti. La pratica della raccol-­ ta di funghi, asparagi, cicoria e altro è così diffusa che non può esservi dubbio sulla "generalità" del comportamento. Detto questo, meno evidente è invece il secondo requisito e cioè se esista anche il convincimento che tale comportamen-­ to sia conforme a diritto e pertanto legit-­ timo e non contestabile da parte del pro-­ prietario o titolare del diritto di uso del fondo. Esiste cioè una "convinzione di osserva-­ re una norma giuridica"? Perché si formi una consuetudine, la convinzione della liceità del comportamento deve essere ben presente in tutti i soggetti del rap-­ porto cioè sia in chi raccoglie i funghi che nel proprietario che deve sopportare che altri acceda al proprio fondo per esercitarvi un vero e proprio "diritto" di raccolta. Ambedue devono quindi essere convinti che tale atto, la raccolta dei fun-­ ghi o altri prodotti naturali, sia legittimo. Il raccoglitore entra nel fondo cosciente che può farlo perché il diritto consuetu-­ dinario glielo consente, il proprietario è consapevole di non poter impedire che tale raccolta avvenga. Il che, invece, non è. Pur ammettendo, in ipotesi, che sussi-­ stendo i requisiti già descritti si sia for-­ mata, di fatto, una consuetudine di rac-­ colta in terreni incolti altrui, resterebbe innegabilmente da considerare che la materia è già regolata dalla legge, cioè dal Codice Civile. In caso di controver-­ sia quindi nessuno potrebbe invocarla davanti al giudice a sostegno delle pro-­ prie ragioni o, se invocata, il giudice non potrebbe applicarla in quanto non richia-­ mata da leggi o regolamenti. Il coesiste-­ re dei due elementi già citati, forma una consuetudine che ha in sé una forza nor-­ mativa potenziale, ma perché tale forza possa esplicarsi nei rapporti tra persone,

(3) Prof. Andrea Pubusa -­ Relazione al Congresso di micologia tenutosi presso l'Hotel Ala Birdi in data 17/18 novembre 1984

10


rapporti che abbiano già una regolamen-­ tazione legislativa o regolamentare, ed essere fatta valere in giudizio deve esse-­ re espressamente richiamata da quella norma legislativa o regolamentare la quale, anziché disporre essa stessa su ta-­ luni rapporti, rinvia, quasi come un "com-­ pletamento" o "integrazione" della rego-­ lamentazione di tali rapporti, agli usi lo-­ cali. Solo in questo caso gli "usi" acqui-­ stano un valore normativo che va rispetta-­ to e osservato. Se poi gli usi abbiano un proprio autono-­ mo valore giuridico nel caso in cui si for-­ mino nelle "materie" non regolate da leggi, esula dal presente scritto. Riassumendo, poiché il regime giuridi-­ co dei frutti naturali e, quindi, dei funghi spontanei è già regolato dalla legge e cioè dagli artt. 820 e 821 del C.C., la proprietà e quindi la raccolta degli stessi non può trovare regolamentazione in un "uso" che, per avere valore normativo, dovrebbe invece trovare nella stessa leg-­ ge un esplicito richiamo. TEORIA DELLA TOLLERANZA Ma, allora, com'è che ci si reca tranquil-­ lamente nei campi e nei boschi a racco-­ gliere erbe, funghi, mirto e altro senza ti-­ more di incorrere nelle "ire" dei proprie-­ tari? La seconda tesi (4) che ha affronta-­ to il tema in esame afferma che ciò acca-­ de in quanto il raccoglitore "si mostra piuttosto fidente in una prassi di tolle-­ ranza che consapevole della titolarità di un autonomo diritto". Ecco, secondo questa teoria, sta proprio in questa "tol-­ leranza" del proprietario del fondo o dei titolari del diritto di utilizzo del fondo la chiave che spiegherebbe come possa ac-­ cadere che tante persone entrino nei ter-­ reni incolti senza curarsi delle possibili conseguenze. Si fiderebbero cioè del fatto che, non avendo mai il proprietario manifestato apertamente la sua opposizione, egli non dia alcun peso all'ingresso di altri nel proprio fondo. Inoltre sono memori del-­ l'antica abitudine di recarsi nei campi al-­ la raccolta dei funghi, abitudine che un tempo era peraltro limitata a pochissime persone le quali, inoltre, raccoglievano soltanto lo stretto necessario per le ne-­ cessità familiari. Il fenomeno era, oltre che limitato, ristretto a pochissime spe-­ cie. Stante il ridottissimo valore del raccolto, nessuno vi faceva caso considerato inol-­ tre che il diritto del proprietario di esclu-­ siva utilizzazione del fondo veniva intac-­ cato in modo irrilevante. Soprattutto nei piccoli paesi, poiché gli stessi proprietari si comportavano ugualmente nei terreni

altrui, si verificava una specie di mutuo e reciproco consenso alla raccolta. Sempre secondo quest'ultima tesi, pur in presenza di una reazione da parte del proprietario, verrebbe comunque esclusa la responsabilità penale in forza del-­ l'art.59 del Codice penale, ultimo com-­ ma, per colui che "ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena", ma non verrebbe comunque meno l'azione civile di risarcimento dell'even-­ tuale danno. Giustamente, i sostenitori della prima teoria osservano che chi va per funghi "non ritiene di trovarsi in presenza di cir-­ costanze di esclusione della pena", bensì è convinto di "tenere una condotta per-­ fettamente lecita". Questa teoria della "tolleranza" inoltre

non convince del tutto in quanto si basa su un atteggiamento che non è quello che il proprietario ha veramente. Può acca-­ dere, in ipotesi, che egli sia effettiva-­ mente "tollerante" sulla intromissione altrui nel fondo, ma si tratta solo di ipo-­ tesi, mentre è più probabile che sia il rac-­ coglitore a supporre, più o meno fonda-­ tamente, che il proprietario sia tolleran-­ te. A tale supposizione potrebbe essere indotto dalla mancanza di segni esterio-­ ri di diniego e che vengono interpretati come tacito assenso all'ingresso nel fon-­ do, ma la cui mancanza può essere origi-­ nata da tante altre motivazioni che, co-­ munque, non pregiudicano il diritto del proprietario di escludere gli altri dal suo fondo. In proposito, altri giuristi sostengono che la liceità dell'intromissione altrui in pre-­ senza della "tolleranza" da parte del pro-­ prietario deriverebbe dal fatto che essa non può indefinitamente protrarsi nel tempo ad arbitrio del titolare del diritto. Insomma, si sostiene, il proprietario si

(4) E. Casadei -­ Il regime giuridico di appartenenza dei funghi e dei frutti spontanei in genere. Giuffrè -­ 1974

11

deve decidere e deve manifestare il suo intendimento, o dice che non vuol fare entrare nessuno o, se tace, il suo silen-­ zio è un arbitrio e lo si deve intendere come consenso. A parte il fatto che, an-­ che in questo caso, la tolleranza da parte del proprietario è frutto di mera supposi-­ zione, nessuna norma obbliga il proprie-­ tario a manifestare in alcun modo il suo assenso o la sua opposizione, potendo egli farlo o meno, senza che tale silenzio venga interpretato come "arbitrio" e sen-­ za che, per evitare l'ingresso altrui egli sia in qualche modo "obbligato" a mani-­ festare il suo intendimento. CONCLUSIONI Esaminate, sia pure sommariamente, le due posizioni, si può osservare ora che, se non è mutata l'antica abitudine di rac-­ colta di frutti spontanei nei terreni incol-­ ti, è però mutato il numero delle persone che si dedica a tale attività. Come già os-­ servato, alla raccolta operata da pochi, si è man mano sostituita una vera e propria moltitudine di persone che, subito dopo le prime piogge autunnali, si dedicano alla ricerca di funghi. Non è infrequente il caso di vere e proprie "colonne" di au-­ tovetture che, alle prime luci del giorno, percorrono le strade che recano alle più note località dove, a volte, nel periodo della cosiddetta "fungata", è perfino dif-­ ficile trovare posto per la propria auto-­ vettura. Questo gran numero di persone che percorre boschi e campi, che si in-­ troduce dovunque, che salta muretti, al-­ lontana siepi e chiusure provvisorie pur di introdursi nei territori, ha dato luogo ad una reazione da parte di molti pro-­ prietari che in ogni modo cercano di di-­ fendersi da questo "assalto". In molti hanno già provveduto alla recinzione dei fondi, altri si accingono a farlo. E' un fat-­ to abbastanza evidente che diversi terre-­ ni vengono chiusi con recinzioni che non si limitano più al vecchio muretto a sec-­ co, ma sono costituite da palificazioni in ferro e reti così alte da renderle invalica-­ bili. Tali recinzioni vengono inoltre te-­ nute ben chiuse con cancelli muniti di catene e lucchetti. Inoltre non è infrequente il caso, come per l'avventura di Efisio e Gavino, che anche in assenza di tali chiusure e recin-­ zioni, il proprietario del fondo, presente sul posto, inviti con "vivacità" coloro che si sono introdotti sul suo terreno ad allontanarsi senza indugio, rivendicando la proprietà di tutto ciò che sul terreno stesso si trova. Pretesa sicuramente legit-­ tima, anche in assenza di cartelli, recin-­ zioni o altro, in quanto tutelata dalle dis-­ posizioni del codice civile sulla proprie-­


tà che attribuiscono al proprietario non solo il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed "esclusivo", ma anche di agire in giudizio per veder rico-­ nosciuto tale diritto. In definitiva, si deve concludere che, a stretto rigore, chi si introduce nei terreni altrui per raccogliere frutti spontanei lo fa a proprio rischio. Se asporta tali frutti, asparagi, funghi, more o altro può essere accusato di furto. Ove sorpreso sul fatto, deve restituire quanto ha raccolto trat-­ tandosi di cose che appartengono al pro-­ prietario del fondo. In questo caso non può infatti sostenersi che trattasi di cose abbandonate essendo stati, i funghi, stac-­ cati dal suolo al quale erano intimamen-­ te legati. In pratica accade però che un diverbio con il proprietario, che si concluda con l'abbandono del fondo "occupato", pon-­ ga subito fine alla vertenza senza ulterio-­ ri conseguenze, sia perché, sbollita l'ar-­ rabbiatura e sopraggiunto il buon senso, se non si sono arrecati danni, tutto si ri-­ solve in un alterco più o meno agitato e resta soltanto il ricordo di uno sgradevo-­ le episodio. Ma da un punto di vista strettamente legale, l'introdursi su fondi altrui ed asportarne qualunque cosa è un illecito sanzionabile. ******************** Prima di passare ad un breve esame del-­ le proposte di legge presentate in passa-­ to, è interessante leggere alcune senten-­ ze emanate in materia da un Pretore. Pretura di Dronero 23.11.1977 Squarciafichi Pretore. (Omissis) Commette il delitto di furto colui il qua-­ le si impossessa dei funghi nati sponta-­ neamente in un bosco, ai cui limiti il pro-­ prietario abbia apposto cartelli con l'in-­ dicazione del divieto di raccogliere fun-­ ghi. Il reato invece non sussiste ove i

cartelli di divieto siano collocati a cura del Municipio e per ordine del Sindaco. Nelle motivazioni il Pretore inoltre af-­ ferma che: Né osta all'inclusione dei funghi fra i co-­ siddetti "frutti naturali" l'elencazione che di questi il legislatore ha fatto nel-­ l'art.820 in quanto sia in dottrina che in giurisprudenza si è sempre ritenuto che tale enumerazione non è tassativa, ma esemplificativa. Nel caso in esame la proprietaria aveva manifestato la propria volontà di domi-­ nio sui funghi in modo inequivocabile recingendo e apponendo all'esterno in adeguata posizione ben visibile nei tratti non recintati numerosi cartelli con la scritta "DIVIETO DI RACCOLTA FUNGHI" . Continua poi il Pretore affermando che gli imputati per tale motivo erano ben consapevoli della volontà della proprie-­ taria di riservarsi la raccolta dei funghi. Dopo aver inoltre accertato l'assenza di usi civici di fungatico nella località, così continua il Pretore: In mancanza di una nuova adeguata nor-­ mativa, la raccolta dei funghi e dei frutti spontanei in genere è e rimane sottoposta alla regola generale del C.C. sui frutti na-­ turali, nessuna incidenza potendo avere su tale regolamentazione l'apposizione di cartelli di divieto di raccolta a cura di en-­ ti e comuni volti a stabilire limiti a favo-­ re di determinati terzi con esclusione di tutti gli altri , (limiti) discutibili anche sotto il profilo della loro costituzionalità. Precisando infine che: Al di fuori del potere che i Comuni han-­ no di regolare come meglio credono la raccolta dei funghi ed altri prodotti sui terreni di loro proprietà (e ciò nell'ambi-­ to dell'uso di beni comunali) eventuali regolamenti per la raccolta dei funghi nelle altre parti del territorio di proprietà

12

privata, non possono che ispirarsi (nello stabilire limiti) alla tutela di interessi pubblici (sulla base dei poteri inerenti polizia rurale, turismo, agricoltura e fo-­ reste, tutela ambientale quale conserva-­ zione di specie vegetali e quindi a vinco-­ lare la condotta di tutti e quindi anche dei proprietari dei terreni) per evitare discriminazioni di trattamento fra la po-­ polazione locale e fra residenti ed estra-­ nei del comune. Sentenza pressoché identica è inoltre quella datata 14.1.1976 del Pretore di Serravalle Scrivia. L'assenza di una cospicua giurispruden-­ za in materia è dovuta probabilmente a quanto si diceva prima a commento del-­ la disavventura di Efisio e Gavino. Lo scarso valore della materia del contende-­ re sconsiglia generalmente dall'intra-­ prendere lunghe e costose vertenze giu-­ diziarie. Si possono tuttavia fare, sulla base delle argomentazioni della sentenza, alcune considerazioni. La prima è che in presenza di volontà espressa del proprietario (vedi cartelli) non v'è alcun dubbio che chi, non auto-­ rizzato, raccoglie i funghi su terreno al-­ trui commette reato. Viene da chiedersi quale decisione avrebbe adottato il Giudice di Dronero se la proprietaria del fondo non avesse apposto i cartelli di divieto. Tenuto con-­ to che il magistrato, nella sua sentenza ha evidenziato proprio il fatto che si era in presenza dei cartelli posti in modo ben visibile, si potrebbe argomentare che in tale ipotesi, cioè in assenza di una mani-­ festazione di volontà del proprietario, il raccogliere funghi su terreno altrui po-­ trebbe non essere perseguito. Nel caso particolare, probabilmente non avrebbe potuto che applicare il Codice Civile so-­ prattutto in relazione al danno arrecato al proprietario, mentre sarebbe rimasta alla sua "equità" la valutazione dell'esistenza o meno di un illecito di natura penale. Lo stesso Pretore infatti afferma in sen-­ tenza, e ciò nell'ambito della disamina del quesito in argomento è abbastanza importante, che in mancanza di una ade-­ guata normativa (come accade in Sarde-­ gna), la raccolta dei funghi e dei frutti naturali in genere è regolata dagli artico-­ li 820 e 821 del C.C. Eppure la Regione Sardegna, sulla base delle proprie competenze esclusive rico-­ nosciutele dagli articoli 3 e 4 dello Sta-­ tuto Speciale avrebbe da tempo potuto decidere in materia e non solo al fine di determinare se è più o meno lecito rac-­ cogliere funghi sui terreni altrui, ma an-­ che al fine della adeguata tutela di una ri-­ sorsa dai molteplici aspetti, ecologici, turistici, sanitari etc., ma tant'è!


Non resta che dare un'occhiata alle pro-­ poste legislative in materia, alcune delle quali risalenti a diversi anni or sono e or-­ mai decadute, quanto meno per esamina-­ re gli orientamenti del legislatore di quel tempo, tenuto conto che spesso le prece-­ denti proposte legislative vengono ripre-­ sentate con qualche modifica, ma sostan-­ zialmente uguali nelle linee principali. PROPOSTE DI LEGGE PRESENTATE AL CONSIGLIO REGIONALE Le proposte di legge più recenti sono: Gennaio 1984 -­ Viene predisposto un testo unificato dalla sesta Commissione permanente Urbanistica-­ Ecologia-­ Cac-­ cia e Pesca, sulla base di sei progetti di legge;; a) 19.1.1993 -­ L'Assessorato della Dife-­ sa dell'Ambiente (Assessore: Dr.E.San-­ na) trasmette, per l'esame e l'inoltro al Consiglio, un D.D.L. concernente la "Tutela dei funghi e regolamentazione della raccolta";; c) 10.11.1994 -­Proposta di legge n.28 -­ Disciplina della raccolta dei funghi pre-­ sentata da Deiana e altri;; d) 26.1.1995 -­ Proposta di legge n.63 presentata da M.A.Fadda;; e) 27.2.1995 -­ Proposta di legge n.71 presentata da Diana;; f) 15.1.2000 -­Proposta di legge n.44 pre-­ sentata da Deiana e altri;; g) 4.10.2000 -­ Proposta di legge n.112 presentata da Marroccu e altri;; Osservazioni Leggendo le relazioni che accompagna-­ no i disegni di legge, si nota che tutte so-­ stengono la necessità e l'urgenza di una normativa che provveda alla difesa del patrimonio micologico sardo e degli ecosistemi vegetali nei quali i funghi si trovano. A tal fine, regolamentano le at-­ tività inerenti la raccolta, le quantità pre-­ levabili, il trasporto, la commercializza-­ zione, etc. Ciò che qui interessa di più, tuttavia, in quanto concerne l'argomento trattato, è il fatto che quasi tutte, in particolare le più recenti, prendono in esame la raccolta dei funghi nei territori altrui e dispongo-­ no che la raccolta può essere effettuata "in tutti i terreni non coltivati" e che se il proprietario vuole riservarsi la raccolta, deve apporre cartelli indicatori lungo i confini del fondo. Ciò sembra conferma-­ re due cose. Primo, che per poter entrare nei fondi altrui a raccogliere funghi è ne-­ cessaria una norma di legge che legittimi l'azione;; secondo, che se il proprietario non appone i cartelli, quella che una del-­ le teorie definiva "tolleranza" viene tra-­ sformata in un vero e proprio diritto alla

raccolta. Stupisce tuttavia che proprio l'ultima proposta, la 112 dell'ottobre 2000, limiti tale obbligo per i proprietari soltanto per la raccolta dei tartufi. E fin qui la normativa è comunque apprezza-­ bile perché fa chiarezza sulle problema-­ tiche legali della raccolta, mentre sembra inopportuno, però condizionare tale ope-­ razione, cioè l'apposizione di cartelli, non solo ad una discutibile "autorizza-­ zione onerosa" che graverebbe di ulte-­ riori oneri il diritto di godimento della proprietà e dei suoi frutti, ma anche alla presentazione di particelle catastali, mappe, cartografia, etc. burocraticamen-­ te inaccettabili. Più in dettaglio, le proposte puntano so-­ prattutto sulla limitazione quantitativa e sul rilascio di una autorizzazione. Si va dai due fino ai quattro chilogrammi di funghi epigei per persona consentiti, mentre per i funghi ipogei la quantità si riduce a un chilogrammo. Altre limita-­ zioni riguardano le dimensioni dei porci-­ ni che non possono essere raccolti se il cappello non supera i 7 centimetri. Inte-­ ressante è la disposizione del comma 6 dell'art.1 della proposta di legge n.28 che esclude da ogni limitazione la specie Bo-­ letus sardous, probabilmente in conside-­ razione del fatto che trattasi di un fungo la cui raccolta si tramanda da generazio-­ ni fra le popolazioni della Sardegna e fa parte di una delle pochissime specie co-­ nosciute senza problemi dalla generalità dei fungaioli, commercializzata inoltre sia nei mercati, sia lungo le strade dell'I-­ sola su banchetti improvvisati. Mentre è condivisibile ed opportuno che venga rilasciato un permesso per la rac-­ colta, perché attraverso di esso si può avere il controllo dei periodi e dei luo-­ ghi, lascia un po' perplessi la disposizio-­ ne che obbligherebbe anche al rilascio di una abilitazione, sia per la complessità

13

del rilascio stesso, basti pensare alla ne-­ cessità di sostenere un esame di fronte ad una commissione provinciale che do-­ vrebbe avere, secondo alcune proposte, perfino otto componenti! Neppure per esami universitari si arriva a tanto! Si de-­ ve riconoscere alla Commissione assetto del territorio, che ha rielaborato le pro-­ poste pervenutele, l'aver limitato alla raccolta per usi commerciali, la necessi-­ tà dell'abilitazione. Se proprio si volesse mantenere tale obbligo lo si potrebbe li-­ mitare ad una persona per gruppo di rac-­ coglitori. Si pensi ad esempio ad una fa-­ migliola che sarebbe obbligata ad avere tutti i componenti abilitati! E si pensi an-­ che alla realtà delle fasce popolari meno "scolarizzate" alle prese con concetti og-­ gettivamente difficili, alle quali sarebbe preclusa una attività attualmente eserci-­ tata senza problemi. ********* Svolte queste sommarie considerazioni sulle proposte di legge sopracitate, che in altra occasione potrebbero essere più ampiamente svolte, è da citare invece con particolare evidenza la Deliberazio-­ ne della Giunta Regionale Sarda datata 22.12.1998 n.58/81 con la quale, in ese-­ cuzione dell'art.9 della legge 23.8.1993 n.352, contenente "Norme quadro in materia di raccolta e commercializza-­ zione dei funghi epigei freschi e conser-­ vati" e dell'art.1 del successivo Regola-­ mento pubblicato con DPR 14.7.1995 n.376, vengono ufficialmente istituiti gli Ispettorati micologici pubblici pres-­ so le Aziende USL n.2, 3, 6, 7 e 8 che hanno personale appositamente forma-­ to, nonché sia di istituire successiva-­ mente detti Ispettorati anche presso le altre Aziende USL, sia di approvare le Linee guida per l'organizzazione degli stessi Ispettorati.


di Claudio Maullu

“Ti condurro fuori dalla notte” L’ex Comandante del CFVA in un romanzo di Giampaolo Pansa ambientato in Sardegna "Se vuoi saperne di più", concluse lui, "ti consiglio di leggere un ottimo libro sul cervo sardo, l'ha scritto un vero competente, Enea Beccu".

Il suggerimento proviene da Bruno Viotti, giornalista tormentato e depresso fino al punto di confinarsi volontariamente ad Ingurtosu, ed è rivolto all'affascinante e misteriosa (ma forse inquietante descrive meglio il personaggio) Angela Mercier, protagonisti di "Ti condurrò fuori dalla notte", una delle ultime fatiche letterarie di Giampaolo Pansa, definita, nella copertina dell'edizione economica "Il romanzo di un amore e di un'ossessione". L'accenno di Pansa al libro del comandante emerito (spero non ci si scandalizzi per un aggettivo ordinariamente utilizzato per i vescovi e i professori universitari, ma sembra incongrua la perifrasi "comandante a riposo" e vagamente iettatoria quella "già comandante") del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale, da soddisfazione non solo al diretto interessato ma a tutto il Corpo che, al di là di ogni contesa sindacale o antipatia personale, vede confermato il fatto di aver avuto al proprio vertice una persona quanto meno notevole per cultura. Un ulteriore passo del romanzo "forestalmente" rilevante concerne l'intera struttura del C.F.V.A. che, sia pure sotto l'onnicomprensiva dicitura "Corpo Forestale", viene incaricata, insieme a Carabinieri e Polizia, di ricercare il nuovamente scomparso Bruno Viotti, il quale si affanna, durante tutto il romanzo, a scappare da rimorsi, rimpianti, paturnie ed inquietudini varie. Troppo bravo, ricco, coraggioso, bello, magro e seduttore questo Viotti per essere simpatico a chi ha coscienza dei propri mostruosi limiti e, magari, fatica e soffre quando

deve uscire dal binario delle monotone (ma tanto rassicuranti) due righe in burocratese (ad esempio: per quanto di competenza si trasmette l'allegato in oggetto specificato); le stesse che hanno fatto la fortuna di quanti, e non son pochi, col passare del tempo, hanno maturato la convinzione di avere chissà quali talenti scrittorii. Resta la curiosità di sapere come sarebbe veramente andata se in una delle nostre Stazioni fosse arrivata la richiesta di collaborazione alla ricer-

ca di una persona irreperibile, o per decisione propria o per volontà degli ultimi vendicativi Brigatisti Rossi, usciti dal carcere non dissociati né pentiti ma imbelviti come non mai. Appare evidente senza dubbio alcuno che, in tal caso, le Stazioni del CFVA interessate alla ricerca del giornalista scomparso avrebbero partecipato con propri uomini e mezzi ai Nuclei per la Ricerca delle Persone Scomparse nelle Zone Minerarie (definiti, più sinteticamente, NRPSZM), appositamente costituiti con una direttiva riservatissima e dettagliata fin nei minimi particolari, compreso il numero di cellulare cui dare tempestive informazioni.

14

Di tutto ciò, ovviamente, si sarebbe data notizia agli organi d'informazione irradiata e stampata che, sempre nell'ipotesi indicata dal romanzo, avrebbero predisposto articoli e servizi nei quali gli appartenenti al Corpo sarebbero stati definiti nell'ordine: i Rangers; gli uomini dell'Azienda Foreste Demaniali; i militari del Corpo Forestale; il personale del CFS; quelli della protezione civile. Ciò che i giornali avrebbero ignorato sarebbe stata la sofferenza interiore dei tetratricotomi (quelli che sono capaci di spaccare il capello in 4), soliti percorrere in lungo ed in largo l'alveo istituzionale per cercare una soluzione di compromesso fra acclarate competenze di protezione civile, dubbie competenze di P.G., necessità di dare risposte all'utenza, doveri nei confronti dell'organo politico, reso particolarmente sensibile alla vicenda dalla stampa nazionale. I Forestali sardi, ignari che Bruno Viotti è andato, nel frattempo, a portare la propria disperazione intellettuale ed esistenziale da qualche altra parte (magari portandosi appresso qualche pubblicazione di Siro Vannelli sulla flora sarda, materia in cui non dimostra particolari conoscenze) avrebbero continuato a perlustrare la zona, dapprima con grande dispiego di uomini e mezzi e, poi, "compatibilmente alle esigenze di servizio", fino ad un ineluttabile abbandono delle ricerche. Una mattina, infine, sarebbe rimbalzata anche sulla stampa isolana la notizia della ricomparsa del noto giornalista, "che, dato per disperso nella zona di Ingurtosu fu attivamente ricercato da carabinieri, barracelli e volontari" e qualcuno avrebbe inevitabilmente chiesto: "Chi, quel giornalista che, per curarsi l'esaurimento nervoso, leggeva il libro di


Alla Scoperta di un poeta

di Anna Addis

“Luigi Colombu” Tra le sue tante composizioni alcuni versi di condanna contro gli incendi in Sardegna Sono stati presentati il 21 settembre a Cagliari presso l'Oratorio di Sant'Eulalia i libri del poeta Luigi Colombu. Dopo la presentazione della poetessa Anna Addis, le liriche più importanti sono state magistralmente interpretate dall'attrice Cristina Serci. Il 29 novembre presso il Centro Sociale Michelangelo a Cagliari si è replicata la recita di altri importanti versi tratti dalle due raccolte che sono in distribuzione in tutte le librerie della Sardegna.

"Sotto la palma di viale Merello" è il titolo del secondo volume di poesie di Luigi Colombu, un poeta, un uomo modesto, schivo, scontroso e sconosciuto perché

pur componendo versi fin da giovane, ha sempre scritto per sé, quasi per annotare, di giorno in giorno, in un quaderno personale, i sogni, le rabbie, i disinganni, di una persona sola, molto sensibile, non capita ed a cui il destino non è stato molto amico. Luigi Colombu è un'artista dai molteplici interessi (è pure pittore) che sino a cinquant'anni è rimasto nell'ombra, per poi dare alla luce, in meno di due mesi, due libri di poesie, una novantina circa di piccole storie di vita, scritte quasi sempre di getto, d'impulso, ovunque, nella strada, al lavoro, dopo una notte d'amore o di insonnia. Poesia forte la sua, qualche volta troppo realistica che nasce da una continua inquietudine esistenziale, da una vita trascorsa fino a trent'anni, quasi sempre nella strada, senza lavoro fisso, con compagnie di ogni genere. Poesia tormentata perché si e sentito e spesso ancora si sente, un escluso da un mondo che vede sempre ostile. Ed ecco la sorda rabbia, il dolore profondo: "Partirò a notte fonda perché non vo-

15

"POVERA SARDEGNA CHE BRUCIA!" "Povera Sardegna che brucia ! l'ho letto scritto in rosso nei muri anneriti di Gavoi nelle bocche dispiaciute di turisti oggi alla Standa. Povera Sardegna che brucia! nelle sagre di paese nei pascoli e nei canti nei fazzoletti colorati nelle tane più nascoste dei cinghiali. Povera Sardegna che brucia! nelle case di pietra degli ovili nel sudore acre dei pastori nelle osterie nel vestito sconsacrato della sposa. Nelle aule deserte delle scuole. Povera Sardegna che brucia! Nel lavoro degli onesti nelle preghiere dei devoti nei santi delle chiese. E che bruci pure io con la mia Sardegna devastata! In mezzo a tanta distruzione non voglio più stare! E con me bruciato arso vivo dalle fiamme brucino i miei occhi con tutte le mie poesie con tutti i miei morti con tutti i miei santi. Perché bruciare nel presente se lo paghiamo sulla nostra pelle? Qual è il disegno criminoso? Quali gli intenti? Da oltre i notturni veli dove abitano le velate creature speriamo cada presto sottoforma della pioggia il perdono di Dio.


glio salutare nessuno. Troppo rancore serbo in seno... Ho consumato tutte le lacrime inghiottito ogni feroce dileggio tollerato ogni sofferenza..." E il "povero menestrello di bottega", il "gibboso saltimbanco", come lui si definisce nella tormentata lirica "Muro d'ombre", cade nella depressione, in cento paure fisiche e spirituali. "Odio la notte - è una grande coperta che ti copre la faccia" e poi "Inciampando tra i sigari spenti a metà, bottiglie vuote, maglioni, camicie", arriva il delirio: "Non posso uccidere tutti i vermi che cadono dal soffitto. Molti volano e mordono. Chissà perché i vermi hanno le ali. Danzano nella mia testa Tante farfalle impazzite" Ma rabbia, forti inquietudini, senso di solitudine, si placano quasi completamente, quando conosce Giusi, la donna a cui ha dedicato forse, le sue più autentiche poesie. È bella, perfetta, dolce come un angelo e diventerà il suo più grande amore, amore sognato, cullato nei suoi pensieri, vezzeggiato con i versi che le offre, le regala, come un antico cavaliere. Giusi, pur offrendogli soltanto amicizia, umana simpatia (il suo cuore è già di un altro), lo rende vivo, l'aiuta a vivere, facendogli conoscere il sogno, un amore dolce '"stil novo" Basta al poeta incontrarla un attimo ed essere felice e stemperare il tormento, le disillusioni di una vita in versi solari e freschi. Per lei scrive poesie in "punta di piedi, così delicate che mi stupisco che non si alzino in volo". È tutta bella Giusi, dalla testa ai piedi, "Perché muovi i tuoi capelli come onda marina che costruisce e cancella" E le efelidi? "Il tuo bel vi-

so ricamato di polvere di stelle" "II giorno fa brillare rare perle che splendono, dalle scarpette trasparenti". Ed ancora: "Andare in giro in mezzo alla pazza gente parlar di tutto e di niente pieni di sole e di mare" Ed ora che lei è lontana, che non può più incontrarla, a lei ha dedicato con struggente tenerezza i suoi libri: "Potranno mai giardini ed orti e l'alba e la brezza del mattino farti bella come ho fatto io con la mia poesia?" Ma gli amori, la sensualità, gli altri incontri, quando non idealizzati, son sempre fonte di dolore e risentimento: Ed ecco Delia, Lorena, Marcella, Fanny, Lina: nei loro corpi che il poeta o meglio, l'uomo desidera, in contrastanti impulsi con i sensi e lo spirito, si trova sempre la straziante amarezza dell'inappagato: "Non basta il calore del sesso a scacciare quel senso di gelo. Nudi, seduti sul letto, beviamo dell'alcool in silenzio:" Ma oltre alle urla dell'anima, si trovano nella raccolta, alcune liriche con nostalgie e languori di altri

16

tempi, dedicate a Selene, alle stelle, all'aurora, al mare ed al maestrale della nostra bellissima terra. E il poeta torna bambino, un fanciullo in un corpo d'uomo, quando parla con ingenuità di amici maghetti, di maghe, di vascelli e pirati, di zingari e di indovini ciechi. Versi liberi, frantumati, intensi, qualche volta senza un filo logico, ma versi che hanno la forza della verità e che esprimono la durezza, le difficoltà e le poche gioie del faticoso mestiere di vivere. Ed allora ha poca importanza qualche imprecisione, qualche errore lessicale, figlio di poca scuola (non di poca cultura), la crudezza di certe immagini, perchè la poesia di Luigi Colombu, pur senza pretese letterarie, ha il fascino dell'uomo che sa raccontarsi, senza darsi risposte, senza chieder risposte. E l'incanto della


Un Forestale

di Antonio Luigi Podda

Siro Vannelli La figura e l'opera di Siro Vannelli sono state ricordate, ad un anno dalla sua scomparsa, con due significative cerimonie, curate il 2 febbraio dal Comune di Quartu S. Elena ed il 5 febbraio a Cagliari, dall'Associazione Culturale degli Amici del Libro. I1 comune di Quartu S. Elena ha inaugurato in località San Grego-­ rio, al Km. 26,700 della SS 125, un Laboratorio di Educazione Ambientale, costituito da un acco-­ gliente edificio attrezzato per le at-­ tività didattiche ed un ampio parco lungo il Rio Sa Figu Niedda. I1 parco, programmato per un progressivo ampliamento sulle pendici circostanti, è ubicato nel-­ le immediate vicinanze della fu-­ tura area protetta dei Sette Fratel-­ li ed è ricco di pregevoli esem-­ plari dalla flora mediterranea, or-­ dinatamente catalogati e con bre-­ vi note illustrative, come era soli-­ to suggerire e praticare, in molte-­ plici occasioni, il compianto Dr. Vannelli. Durante una simpatica cerimo-­ nia, il parco è stato intitolato alla memoria del Dr. Siro Vannelli, a ricordo della sua meritoria attivi-­ tà di appassionato studioso dei problemi ambientali e di apprez-­ zato divulgatore delle conoscen-­ ze botaniche, rivolte con partico-­ lare attenzione alla flora sarda ed alla sua valorizzazione. Anche durante la rievocazione agli Amici del Libro è stata ricor-­ data la multiforme attività pub-­ blicistica del Dr. Vannelli, espli-­ cata attraverso monografie e ru-­ briche sui giornali isolani, scritti

illustrativi, relazioni ai Convegni di tecnici e anche semplici ciclo-­ stilati che accompagnavano la or-­ ganizzazione di gite o di visite guidate ai siti cittadini o del terri-­ torio circostante, interessanti per gli aspetti naturalistici, storici o delle piantagioni arboree. Chi lo ha conosciuto e seguito in

tanti anni di attività, non può di-­ menticare la vivacità e la chiarez-­ za con cui interveniva sulla stam-­ pa o durante i dibattiti nei conve-­ gni tecnici, l'arguzia tipicamente toscana ed anche il ricorso ai toni polemici, talora provocatori, tesi a richiamare l'attenzione sui pro-­ blemi di difesa ambientale, sulle linee di politica forestale, sulla cura del verde pubblico e sulla scarsa o mancata considerazione che agli stessi problemi veniva

17

riservata, in molte sedi, da parte delle Amministrazioni e degli Enti istituzionali. La figura del Dr. Vannelli era lar-­ gamente conosciuta ed apprezza-­ ta anche al di fuori del suo speci-­ fico ambito di lavoro, Corpo Fo-­ restale ed Uffici Regionali, e go-­ deva di meritata stima e conside-­ razione nel mondo della scuola e di quello culturale in genere. Aveva una profonda preparazio-­ ne scientifica ed una innata pro-­ pensione a trasmettere agli altri il suo entusiasmo e la sua passione per i problemi ambientali, unite alla capacità di indicare soluzioni pratiche e semplici ai problemi concreti, senza disattendere le disposizioni legislative in mate-­ ria ma sforzandosi di adattarle al-­ le particolari situazioni della realtà socio-­economica delle no-­ stre campagne;; e questo avveniva in un contesto in cui i temi del-­ l'ambientalismo e della ecologia erano di moda ma, non di rado, venivano dibattuti in maniera confusa e dilettantistica. L'esperienza da Direttore dei la-­ vori forestali in vari cantieri del-­ la Provincia di Cagliari e l'incari-­ co di Capo Ispettorato del Di-­ stretto di Tempio gli avevano permesso di seguire e di verifica-­ re, con spirito critico, la rispon-­


denza delle tecniche forestali usualmente adottate nei rimbo-­ schimenti, compreso l'impiego delle specie arboree più diffuse, valutando l'esito, non sempre soddisfacente, di impianti bo-­ schivi con specie esotiche a rapi-­ do accrescimento. Pur non disconoscendo l'utilità di ricorrere, in alcuni ristretti ambienti favorevoli, all'impie-­ go di tali essenze, richiamava sempre l'attenzione sull'oppor-­ tunità di privilegiare, nei lavori di rimboschimento, gli alberi e gli arbusti locali, tipici della macchia mediterranea, che sia nelle fasi di insediamento che di successivo sviluppo, meglio si adattano a superare le diffici-­ li condizioni pedoclimatiche del nostro territorio. Durante la sua permanenza a Tempio, benché non sempre rica-­ dessero nella competenza del suo ufficio, mantenne un atteggia-­ mento critico e dissenziente ver-­ so quelle iniziative che, negli an-­ ni sessanta, accompagnavano gli insediamenti edilizi nella costa gallurese, e che portavano a quel-­ lo che aveva definito fenomeni di "inquinamento verde";; interven-­ ne con autorevolezza, con scritti e azioni di sensibilizzazione a tutti i livelli, per contrastare la in-­ troduzione indiscriminata, nei giardini privati e nelle lottizza-­ zioni, di specie ornamentali estranee alla flora mediterranea, che minacciavano di stravolgere le caratteristiche tipiche del no-­ stro paesaggio vegetale, per giunta offerte in mostra a quanti venivano a soggiornare da noi, attirati dalla peculiarità dell'am-­

biente incontaminato da mano-­ missioni antropiche. Le numerose monografie sulle principali componenti della flora spontanea, la minuziosa elenca-­ zione dei nomi in latino, in italia-­ no ed il corrispondente termine dialettale, con frequenti richiami alla toponomastica ed agli impie-­ ghi nei lavori tradizionali, ma an-­ che la descrizione degli aspetti estetici più interessanti, con gli accostamenti e le composizioni cromatiche che si colgono all'av-­ vicendarsi delle stagioni, con le

fasi della fioritura, della fruttifi-­ cazione ed il periodico ricambio fogliare, sono tutti argomenti che il Dr. Vannelli ha affrontato con animo poetico e con un impegno da vero appassionato della natu-­ ra;; ha contribuito a valorizzare e mettere in risalto una ricchezza ambientale che spesso sfugge al-­ l'osservatore distratto e abitudi-­ nario, ricchezza che non viene compiutamente apprezzata e che, invece, per dirla con le sue paro-­ le "rappresenta per la Sardegna una delle carte da giocare a favo-­ re del turismo intelligente" poi-­ ché rappresenta un richiamo ag-­

18

giuntivo, anche nelle stagioni primaverile e autunnale, per chi potrebbe visitare 1'Isola evitando l'affollamento ed i disagi del pe-­ riodo estivo. I suoi scritti, sul verde pubblico della città di Cagliari e dei princi-­ pali centri dell'Isola, rappresenta-­ no preziosi testi di divulgazione e di consultazione, ricchi di riferi-­ menti storici e completi di detta-­ gli informativi sulle caratteristi-­ che morfologiche e le esigenze vegetazionali e di altre notizie utili per individuare e classificare le varie specie arboree presenti nel nostro territorio, notizie utili anche per poter inserire gli alberi in maniera razionale negli spazi idonei al loro regolare sviluppo, scegliendoli per assolvere nel mi-­ gliore dei modi alla funzione ri-­ chiesta dalle varie situazioni (al-­ berature stradali, parco giochi, piazze e aree attrezzate per le at-­ tività ricreative e di sosta, perti-­ nenze di istituti scolastici e dei presidi sanitari) che riguardano non solo le città più popolose ma anche i centri rurali. ******* Non sarebbe fuori luogo riordi-­ nare e pubblicare in un'unica raccolta gli scritti più interessan-­ ti, comparsi sulla stampa isola-­ na, raccolta da distribuire nelle scuole e presso gli uffici comuna-­ li, delegati alla cura degli spazi verdi pubblici ed anche alla tute-­ la e conservazione di quelli pri-­ vati quando rivestano particola-­ re valore per migliorare l'aspetto estetico e le condizioni di vivibi-­ lità dei rioni cittadini.


Flora Sarda

di Augusto Boi

Ipotesi di valorizzazione Ho rivisto gli atti della tavola rotonda organizzata dall'ASS.FOR. dal titolo: “Flora Sarda nuove ipotesi di tutela e valorizzazione” perchè in quell'occasione, arrivai in ritardo per assistere ed eventualmente partecipare alla discussione. Non avevo preparato niente di particolare, volevo presentare un quadro molto semplice e di chiara espressione oggettiva. In tutto il periodo vissuto da forestale ho compreso che l'osservanza di certi fatti aiuta moltissimo a conoscere i segreti della natura, in tutte le sue manifestazioni. Da queste osservazioni pluriennali parte lo spunto per un discorso su quegli endemismi da valorizzare che la stessa natura ci indica quasi con aggressività. Lungi dal voler inficiare quanto è stato detto da funzionari, ricercatori, scienziati e politici in quella tavola rotonda a cui porgo un deferente plauso per il loro intervento, sia come cittadino che come forestale, ho rilevato che è stato fatto un cenno a quelle specie che ritengo pia che meritevoli della massima attenzione. Si è parlato di ricerca ma non si è parlato di studi veri e propri per ogni singola specie, sui sistemi di coltivazione, di prove tecnologiche dei legnami e del possibile risvolto economico. Mi sono posto un perchè? Come mai certi legnami vengono utilizzati soltanto come legna da ardere ? Vuol dire che, in pratica, noi bruciamo denaro. Quindi sarebbe opportuno studiare

con molta accuratezza tutte le possibilità offerte. Non è difficile notare su molte pendici percorse e ripercorse da incendi la specie che ricompare più frequentemente è l'olivastro anche quando il terreno è ridotto allo scheletro. Questo fatto dovrebbe far pensare parecchio. A chi spetta propagandare questa specie che oso chiamare "nobile"? Gli Ispettorati Forestali e l'A.F.D.R.S. Portagioie in Ginepro rosso provenienza “Supramonhanno iniziato la coltivazione te di Orgosolo”. nei loro vivai e mi auguro che la messa a dimora dì questa specie alcune pubblicazioni e di cui si coaumenti notevolmente e venga im- nosce il suo areale ma non le possipiegata anche nelle sistemazioni bilità di sfruttamento del suo legname. idraulico-forestali. Qualcuno potrebbe obiettare che il L'impiego di questi legnami è presfattore economico è aleatorio e per soché sconosciuto. In ebanisteria arrivare alla realizzazione di un utile trovano ottima collocazione, come bisognerebbe attendere oltre cento pure nei lavori di scultura, intaglio, anni. L'economia isolana punta sol- intarsio, tornio. Inoltre l'olivastro tanto alla realizzazione di utili in può essere usato per pavimentazione tempi brevi e non esiste la mentalità (parquet). degli investimenti a lunga scadenza, Ho sperimentato personalmente quanon esiste la cultura che consenta di le sia la lavorabilità dell'olivastro, creare qualcosa da lasciare come pa- del ginepro e del pero selvatico. Da trimonio ai nostri figli e ai figli dei un vecchio tronco di olivastro, residuato da un incendio, ho ricavato al nostri figli. Ciò non vieta che si appronti uno tornio due grosse coppe del diametro studio accurato e la sperimentazio- di cm.20; dal tronchetto di un ginene delle specie per trovare forme al- pro un cofanetto porta gioie intagliaternative di allevamento con sfrut- to stile sardo dove il legname evidenzia un venaggio di colore verde; tamento agronomico. Una pianta con tronco diritto la si dal tronco di un pero selvatico ho può ottenere con idonee potature realizzato un piatto del diametro di di allevamento eseguite periodica- cm.23 intagliato a graffio, il colore mente. Tenuto conto della sua del legno e l'omogeneità della venamorfologia, dopo aver realizzato tura rendono lo stesso legname simiun tronco di circa 3 - 4 me- le alla terracotta. tri di altezza dove dovrebbe Si potrebbe parlare a lungo del valoiniziare la prima biforca- re di questi legnami. Per il ginepro zione, si potrebbe sottopor- basta pensare che i palazzoni del re a innesto ed avere quindi centro storico del rione Castello di anche un frutto annuale. Cagliari poggiano le loro fondamenQuesto per quanto riguarda ta su grosse travi di ginepro. l'olivastro; la stessa cosa A chi di dovere resta il compito di può senzaltro dirsi e appli- provvedere ad avviare un discorso carsi per il pero selvatico e che possa portare al conseguimento di risultati positivi. il ciliegio. Restano da approfondire le A me resta il piacere di esser riricerche sui ginepri e sugli uscito a risvegliare l'attenzione su un problema che riguarda la nostra Coppe in olivastro realizzate con legno recuperato dopo ontani, sulla quercia congel’incendio del 1970 a “Cuccurdoni Mannu - Villacidro sta che non è ben definita in Isola.

19


L’autonomia energetica

di Domenico Cannatà

Il Vento Le fonti rinnovabili rappresentano, e come tali sono state accolte dai paesi che hanno sottoscritto il protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997, un'opzione ormai irrinunciabile nella produzione di energia elettrica sicura, pulita e continua. Alla fine del 2000, la potenza eolica installata nel mondo ha superato i 17.696 Mega Watt, per merito soprattutto dell'Europa, dove alla stessa data erano presenti oltre 12.900 MW; le caratteristiche che hanno contribuito a questo successo sono: costi contenuti, basso impatto ambientale, buone ricadute occupazionali. Le nazioni guida del processo di sviluppo tecnologico e penetrazione nel mercato energetico sono la Danimarca e la Germania: in quest'ultimo paese la potenza installata a fine 2000 è pari a circa 6.095 MW; in Danimarca, nel 2000 l'eolico ha superato il 10% del fabbisogno elettrico e rappresenta una importante componente dell'economia, con un giro d'affari di circa 2.000 miliardi di lire e circa 15.000 addetti, in gran parte dedicati alla produzione degli aerogeneratori. In questi due paesi è stato realizzato un sistema integrato che comprende: strumenti di sostegno alla diffusione, industrie manifatturiere ed impiantistiche, soggetti di ricerca e sviluppo, istituti di certificazione dei prodotti. Complessivamente, l'occupazione associata all'eolico ammonta, in Europa, ad almeno 50.000 unità. In Italia, l'eolico ha avuto sinora una diffusione inferiore a quella registrata in diversi altri paesi europei: alla fine del 2000 risultavano installati 427 MW. Le recenti leggi che hanno liberalizzato il mercato dell'energia

elettrica hanno dato al settore delle energie rinnovabili notevole impulso. Sono molte le iniziative di sviluppo avviate sul territorio nazionale e la Sardegna dispone di un ampio potenziale per la installazione di nuovi parchi eolici; tali progetti stanno accentuando la sensibilità ambientale relativa all'impatto locale di queste infrastrutture. Ampie potenzialità diffusive e compatibilità ambientale presentano i sistemi di generazione eolica di piccola potenza, ed in quest'ambito si segnala per importanza il prodotto messo a punto dall'azienda Jonica Impianti, la turbina eolica JIMP9. Un sistema dotato di rotore a tre pale, cadauna di lunghezza pari a 3 metri, montato su un sostegno di altezza pari a 12 metri. Esso trasforma l'energia cinetica del vento in energia elettrica at-

20

traverso il rotore che trasmette il moto ad un generatore elettrico multipolare a flusso assiale che eroga l'energia. La macchina JIMP9 consente con zero emissioni inquinanti la produzione di energia elettrica pulita, inesauribile e disponibile nelle immediate adiacenze dei siti di utilizzo, riducendo anche la necessità di costruire lunghe e costose linee elettriche per la trasmissione dell'energia. In particolare, la diffusione di questi impianti eolici di piccola taglia consente di perseguire molteplici obiettivi: migliorare le condizioni d'approvvigionamento energetico nelle aree rurali; valorizzare e riqualificare dal punto di vista ambientale le aree marginali; decentralizzare la produzione energetica ricercando le soluzioni locali più adatte; incrementare le capacità idriche a fini irrigui del territorio rurale con utilizzo di sistemi di desalinizzazione alimentati da fonte rinnovabile; produrre energia elettrica assolutamente priva di emissioni inquinanti con effetto favorevole sull'ambiente; limitare la costruzione di linee elettriche per meglio tutelare il paesaggio rurale e riducendo l'inquinamento visivo ed elettromagnetico; creare posti di lavoro qualificati per la costruzione, manutenzione e gestione degli impianti; favorire lo sviluppo economico locale permettendo di sfruttare una risorsa energetica inesauribile quale il vento.


Le note forestali

di Antonello Mele

Chiosando su boschi e foreste Potrebbe sembrare una verità lapalissiana la nozione di bosco e foresta, ma quando quattro persone, anche se "addette ai lavori", ne parlano, esprimono differenze di contenuti. Il problema non ha solamente rilevanza speculativa, ma riveste notevole importanza pratica in quanto la legislazione forestale fa esplicito riferimento al bosco senza, per altro, definirne il concetto, demandando ogni determinazione delle caratteristiche bioecologiche agli “organi competenti”. D'altra parte, l'applicazione delle norme di legge deve necessariamente tenere canto delle situazioni oggettive che si riscontrano in un territorio, posto che il "bosco" ed il "non bosco" richiamano prescrizioni e provvedimenti diversi che coinvolgono l'interesse delle comunità gravitanti nell'area cosiddetta forestale. Le "prescrizioni di massima e di polizia forestale", regolamento provinciale che si richiama alla legge fondamentale n° 3267 del 1923, stabiliscono norme e procedure diversificate per i terreni boscati e per quelli non boscati, mentre la legge forestale del '23 dà per acquisita la nozione di "bosco" e di "foresta". In Sardegna c'è stato un tentativo, che oserei definire velleitario, di fornire in legge definizioni, ritenute pratiche, di bosco basate su parametri numerici con il risultato di non avere chiarito le idee a chi non le aveva chiare e di non averle scalfite in chi, per vocazione professionale, aveva consolidata una cognizione abbastanza precisa e corretta. Nel tentativo di trovare una semplice e chiara definizione, ho sottoposto a disamina alcune definizioni e concezioni di bosco e foresta fornite dalla letteratura, generica e specialistica, senza la pretesa di avere compiuto una indagine completa ed esauriente.

Il Di Berenger (1) scrive che, secondo il diritto romano, bosco è un qual si fosse complesso d'alberi destinati a riprodursi ed a fornire legna da fuoco o legname, oltre qualche altro prodotto accessorio. Sempre secondo il diritto romano, i boschi non erano già fondi produttori di alberi, ma complessi arborei riproduttivi, fruttanti materia legnosa. L'Encicopedia Treccani riporta del bosco questa definizione: quel terreno in cui predomina la vegetazione di specie legnose - arboree e fruticose - riunite in associazioni spontanee o di origine artificiale, diretta o indiretta. Vi si fa anche la distinzione fra "bosco" e "foresta" e considera questa un'associazione o consorzio di piante legnose esclusivamente d'alto fusto distribuite su vasta superfice di terreno; il bosco, invece, più genericamente, comprende anche i boschi cedui, siano o no forniti di un certo numero di piante d'alto fusto. La distinzione sembra basarsi sulla estensione territoriale e sulla forma di governo boschivo. Anche il dizionario del Palazzi (2) distingue il bosco (estensione di terreno coperto d'alberi d'alto fusto) dalla foresta (grande bosco) sulla base della dimensione territoriale. Una definizione analoga a quella del Palazzi si ritrova nel Tommaseo (3) per il quale il bosco è un luogo pieno d'alberi con assai poca o nessuna coltura, e nello Zinga-

21

relli (4) che considera bosco una grande estensione di terreno pieno d'alberi selvatici. Per l'Enciclopedia Agraria Italiana (5) bosco è sinonimo di selva anche se attribuisce alla selva più propriamente il significato di notevole estensione d'alberi. L'Enciclopedia Motta (6) fa una netta distinzione fra bosco e foresta. Il bosco è una associazione vegetale d'alberi selvatici che alligna sopra una superficie notevole di terreno ed anche il terreno medesimo da questa occupato. Come dire: suolo e soprassuolo. Tale associazione si forma o per naturale disseminazione in aree nude o per l'opera dell'uomo che ha provveduto ai piantamenti per i benefici che gli derivano dal bosco. Foresta è una consociazione naturale, su vasta superficie, di piante legnose, tutte d'alto fusto, miste a vegetazione arborea e arbustiva. Viene difficile rilevare sostanziali differenze fra le due definizioni, se si eccettua una esclusiva naturalità della foresta nei confronti del bosco, per il quale è ammessa anche l' "artificialità". Il dizionario Devoto - 0li (7) considera bosco una estensione notevole


di alberi selvatici, foresta una associazione di piante arboree, generalmente d'alto fusto, che ricopre una vasta superficie di terreno, selva una associazione vegetale di alberi spontanei su una notevole estensione di terreno. Non si rilevano differenze che escludano una sinonimia. Sembra utile, a questo punto, riferire le opinioni di illustri studiosi e qualificate istituzioni impegnati nella ricerca forestale. Per l'Antonelli (8) è bosco qualsiasi superficie di terreno rivestita da piante legnose; e piante legnose o essenze forestali o boschive diconsi quelle il cui prodotto principale è rappresentato dal legno. Quando il bosco assume vaste estensioni dicesi più propriamente foresta o selva. Anche il Buffa (9) distingue il bosco dalla selva e dalla foresta: bosco è una qualsiasi superficie di terreno rivestita di piante arboree a produzione legnosa ovvero una estensione di terreno ricoperta di alberi selvatici; la selva è un bosco di una certa ampiezza, razionalmente governato; la foresta è una vasta estensione di terreno remota dai luoghi abitati e ricoperta di alberi d'alto fusto. Per la F.A.O (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura) sono forestali (10) i terreni ricoperti da una associazione vegetale a base di alberi e d'arbusti suscettibili di produrre legno o prodotti qualificati forestali o di avere una funzione indiretta sul clima o il regime delle acque, nonché i terreni che portavano foreste recentemente tagliate a raso o incendiate, ma che sono destinate a ricostituirsi in un prossimoavvenire. L' Istituto Centrale dì Statistica (11) considera superficie forestale

boscata quella rappresentata da una superficie di terreno non inferiore a 1/2 ettaro, in cui sono presenti piante forestali legnose, arboree e/o arbustive, che producono legno, o altri prodotti forestali, determinanti, a maturità, un'area d'insidenza (proiezione sul terreno della chioma delle piante) di almeno il 50 % della superficie e suscettibili di avere un ruolo indiretto sul clima e sul regime delle acque. Per l'Accademia Italiana di Scienze Forestali (12) la definizione dì bosco deve essere completa e, nel contempo, chiara per tutti coloro i quali, qualunque possa essere il motivo, hanno rapporti con esso. Una definizione, quindi, pratica ed accessibile a tutti. Sono da considerarsi boschi i terreni sui quali esista, o venga comunque a costituirsi, per via naturale o artificiale, un popolamento di specie legnose forestali arboree od arbustive, a qualunque stadio di sviluppo si trovino, dalle quali si possono trarre, come principale utllità prodotti comunemente ritenuti forestali, anche se non legnosi, nonché benefici di natura ambientale riferibili particolarmente alla protezione del suolo ed al miglioramento della qualità della vita. Sono, altresì, da considerare boschi gli appezzamenti di terreno che siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia in attesa o in corso di rinnovazione o di ricostituzione. Il Fenaroli (13) considera il bosco una comunità d'alberi, ovvero, complessi più o meno numerosi di individui di una medesima specie o di differenti specie aventi in comune uguali o compatibili esi-

22

genze ecologiche. Non si fa più riferimento solo alle specie arboree, ma alle specie vegetali in generale, accumunate da analoghe qualità biologiche nei riguardi dell'ambiente. Il concetto è espresso con maggiore dettaglio nella definizione che il Pavari (14) da della foresta che considera una grande e complessa associazione che comprende, oltre gli alberi, gli arbusti, le piante erbacee, le crittogame che crescono sulla terra all'ombra degli alberi e sul loro stesso organismo, i parassiti e i saprofiti che la foresta ospita, le foglie morte, la lettiera e l'humus che coprono il terreno forestale, ove pulsa la vita di miriadi di organismi, dai funghi ai batteri, dai lombrichi agli insetti, infine gli animali che nella foresta trovano asilo e nutrimento. E' l'ecosistema "foresta", visto come una compagine in equilibrio per la perfetta integrazione dei fattori "biotici", "abiotici" e "merobiotici" e la cui concezione è alla base della lezione del Susmel per il quale il bosco, sinonimo di foresta, rappresenta una unità biologica fra piante, animali e ambiente fisico, provvista di completa autosufficienza, unità.....(l5). Esso nelle forme più evolute si compone (16) di un soprassuolo organizzato su tre o quattro strati (arboreo, arbustivo, erbaceo ed eventualmente anche muscinale) e dì un suolo la cui caratteristica principale consiste nella conformazione a orizzonti, ciascuno con differenti proprietà fisiche, chimiche e biologiche, per uno spessore complessivo che, nelle stazioni in pendio (collina, montagna), varia fra qualche decimetro e uno due metri. In sintesi: un sistema integrato cuolo - soprassuolo. Bernetti ed altri (17) identificano:


il bosco come una comunità di alberi che crescono più o meno densi, di estensione più piccola di una foresta; la foresta come un ecosistema caratterizzato da una copertura di alberi più o meno estesa e densa, ovvero: una comunità vegetale composta prevalentemente da alberi a da altre piante legnose più o meno accostate. Anche Piussi (18) considera "bosco" e "foresta" termini sinonimi che indicano un complesso di alberi abbastanza denso ed esteso. Chiarisce, tuttavia, che il bosco non è semplicemente un insieme di alberi, ma è costituito anche da erbe ed arbusti che formano il sottobosco, da funghi, da animali che solo fra gli alberi riescono a sopravvivere in quanto ivi trovano riparo e nutrimento, da un terreno ricoperto dalla lettiera formata da foglie secche. Per Ciancio (19) il bosco non è un insieme di alberi: è ben di più. E' un sistema adattativo complesso che impara ed evolve. Meglio: è un sistema adattativo complesso composito, costituito da singoli agenti adattativi che funzionano come sistemi complessi, adattandosi ciascuno al comportamento dell'altro. Ho evitato di proposito di commentare in maniera diffusa ogni singola definizione di bosco e mi sono limitato ad una fedele riproduzione delle espressioni letterali usate dagli Autori, lasciando a chi legge l'opportunità di fare confronti. La prima constatazione, nello scorrere le definizioni, è la variabilità delle espressioni e dei concetti adoperati per definire il bosco e per cercare di giustificare differenze fra bosco e foresta. Altra osservazione riguarda la diversità di approfondimento che si riscontra nelle definizioni quando si tratta di testi di vasta diffusione, come i dizionari delle lingua, o di trattati di elevato taglio scientifico. E' un fatto normale e comprensibile. La terza riflessione riguarda l'evoluzione del pensiero avvenuta mentre progressivamente venivano approfonditi gli studi e le osservazioni sulla biologia dei componenti della foresta e sulla struttura e sul grado di efficienza dell'ecosistema forestale. Man mano che maturava una sempre maggiore conoscenza dei fattori

ambientali e biotici gli Autori hanno sentito l'esigenza di fornire, in una sintesi, quanti più elementi possibile per l'inquadramento di questo complesso fenomeno della vegetazione, sia che lo si chiami bosco, foresta o selva. Nelle definizioni viste, tuttavia, vi sono alcuni contenuti comuni che facilitano l'identificazione del bosco rispetto alle altre formazioni vegetali spontanee e coltivate: - la presenza prevalente di piante legnose, arboree ed arbustive; - la produzione legnosa (legna, legname) e di prodotti secondari o accessori, ritenuti comunque forestali (frutti, scorze, funghi, altri); - la capacità di rinnovazione del soprassuolo arboreo per via naturale o per intervento antropico; - la possibilità di fornire altre utilità e benefici di natura ambientale che si racchiudono nei concetti di difesa del suolo e di miglioramento della qualità della vita. L'utente della foresta ha necessità di disporre di concetti semplici e chiari. Occorre, quindi, prescindere dalle complesse ed articolate definizioni degli ecologi accessibili soprattutto a chi non è digiuno di conoscenze in materia di ecologia forestale, mentre credo che la definizione di bosco, foresta o selva (termine, quest'ultimo poco usuale) che assomma alla chiarezza, la semplicità e la completezza dei contenuti, sia quella dell'Accademia Italiana di Scienze Forestali. Almeno fra quelle esaminate. Secondo questa concezione del bosco, sembrano doversi escludere i pioppetti specializzati, i noccioletti da frutto, le piantagioni arboree di giardini e dei parchi urbani, gli appezzamenti arborei isolati con superficie non superiore a 2.500 metri quadrati, quando siano situati a distanza maggiore di 100 metri dal margine del bosco, le fasce arboree aventi larghezza inferiore a 25 metri, misurati al piede d'albero, sempre che non abbiano funzione frangivento (11). Il giudizio definitivo dell'esistenza delle qualità che definiscono un bosco dovrebbe essere demandato, sempre e comunque quando lo richieda l'applicazione di norme di leggi cpeciali in materia forestale, ad un professionista ecologo forestale.

23

Testi consultati 1.- Di Berenger A.- 1858 - "Studi di archeologia forestale" - Acc. Ital.Sc. For. - Firenze - 1965 2.- Palazzi F.- 1957 - "Nuovissimo dizionario della lingua italiana C.E.Ceschina - Milano 3.- Tommaseo - Citato da Gangemi G.B. in "Selvicoltura" - Reda - Roma - 1960 4.- Zingarelli - Citato da Gangemi G.B. in "Selvicoltura" - Reda - Roma - 1960 5.- Enciclopedia Agraria Italiana 1952 - Reda - Roma 6.- Enciclopedia Motta - Federico Motta Editore - Milano 7.- Devoto G. - Oli G.C. - 1971 Dizionario della lingua Italiana - Le Monnier - Firenze 8.- Antonelli G. - 1928 - "Saggio di selvicoltura" - Paravia - Torino 9.- Buffa E.- 1951 - "Economia montana" - Paravia - Torino 10.- F.A.O. - Citato da Gangemi G.B. in "Selvicoltura" - Reda - Roma - 1960 11.- Istituto Centrale di Statistica (ISTAT)- "Statistiche forestali"- anno 1992 -Annuario n° 45 - Roma 12.- Accademia Italiana di Scienze Forestali - 1984 - "Studio di une legge cornice per la tutela dei boschi, dei pascoli montani e dei terreni soggetti a dissesto idrogeologico" Firenze 13.- Fenaroli L. - 1967 - "Gli Alberi d'Italia" - Aldo Martello Editore Milano 14.- Pavari A. - 1929-1930 - "Lezioni di selvicoltura" - Firenze 15.- Susmel L. - 1968 - "La terza dimensione della foresta" - Annali Acc.Ital.Sc.For.- vol.XVII - Firenze 16.- Susmel L. - 1967 - "Sull'azione regimante e antierosiva della foresta" - Atti del convegno sul tema "le scienze della natura di fronte agli eventi idrogeologici" - Roma 8-10 novembre17.- Bernetti G.-Manolacu Gregori M.- Nocentini S.- 1980 - "Terminologia forestale"- Acc. Ital.Sc.For.-Firenze 18.- Piussi P. - 1994 - "Selvicoltura generale" - U.T.E.T. - Torino 19.- Ciancio O. - 1997 - "La selvicoltura rinnovata" - L'Italia Forestale e Montana - n° 3 - Firenze -


Il sito internet dell’ASS.FOR.

di Giuseppe Vacca

“Novemila” Fossero Euro, sarebbero una bella cifra per togliersi qualche sfizio, invece sono gli accessi che il sito www.assfor.it conta all'inizio di novembre, a meno di un anno dalla sua rinascita. Con mia grande soddisfazione il sito sta diventando un luogo di scambio di opinioni a riprova che uno strumento al passo coi tempi può rivolgere le iniziative, le problematiche e le discussioni della nostra associazione ad una platea sempre più vasta. In una fase nella quale tanto si parla di Uffici di o per le relazioni con il pubblico, front-office, trasparenza ecc… un sito è proprio lo strumento nel quale si possono trovare informazioni, numeri di telefono utili, curiosità e anche le immagini a volte sconosciute come quelle dei monu-

menti naturali sardi, dei quali si conoscono le norme di tutela ma spesso non la forma o quantomeno l'aspetto. Vi segnalo la mia ultima iniziativa: ho in animo di affrontare una sezione dedicata ai luoghi sardi poco conosciuti ma belli quanto i più rinomati, chiunque avesse qualche segnalazione può, come per tutto il resto, inviare una e-mail: assfor.it@tiscalinet.it o scrivere una lettera all'indirizzo: ASS.FOR. C.P. 50 Cagliari centro 09124 CAGLIARI

24

Mi sono spesso sentito gratificato dai messaggi di apprezzamento rivolti sia alla veste grafica che al contenuto che cerco di arricchire anche seguendo quelli che sono i miei interessi o quelli che percepisco dai vostri suggerimenti….che dirvi di più ? In attesa di passare a un numero di visitatori a 5 cifre Vi Auguro un 2002 ricco di soddisfazioni e vi lascio con una ultima considerazione: se vi sentite orgogliosi come me di questo NOSTRO sito che ne direste di ingrandirlo con suggerimenti o un pizzico di collaborazione in più ?!



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.