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Ambiente e sviluppo
duraturo
di Antonello Mele
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Orchidee spontanee in Sardegna
di C.Giotta e M. Piccitto
6
Orchiaceras melsheimeri
di C.Giotta e M. Piccitto
1a
.....diSalvatorescriva
Una novità libraria nella letteratura forestale in Sardegna
Piccitto
di C.Giotta, M.
I Ragni negli ecosistemi: prime ricerche in
di G. Fresi, C. Arno
Sardegna
e R.
M:1.'.ltllgil:..... un
in
toscano
A. Pantaleoni
....diMarinoorru
saldggna
. . . . .di Amilcare Loverci
Lettere al giornale
a cura della redazione
futorno a Serravalle
.a cura della redazione
ffitiziario §orestale
Anno VIII n. 20 - Dicembre 2002
ASS.FOR. editore libera associazione senza fine di lucro fondata dagli ap partenenti al C.EV.A. nel 1994. D ir e ttor e Re spo
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Paolo Pais C o o rdin ato
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Salvatore Scriva
Hanno collaborato a questo numero: Salvatore Scriva, Antonello Mele, Cesario Giotta, Marcello Piccitto. Pier Virgilio Arrigoni. Umberlo Graziaro, Giovanna Fresi, Claudio Arnò, Roberto A. Pantaleoni, Marino Omr, Amilcare Loverci. Composizione Zetacc\
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graJica:
Stampa: Solter - Cagliari
Foto di copertina: C. Giotta, M. Piccitto, G. M, Delitala
Il Notiziario Forestale è inviato
a tutti i soci dell'ASS,FOR. ed è presente nelle edicole
della Sardegna A
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Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana
20 22 24 30 34 40 47 4a
di Salvatore Scriva
Editoriale
Arnbiente e srrilr-p1>o dr-ra-tr-rro Da dieci anni a questa parte,
vivenza in qualsiasi momento.
Nel nostro piccolo, come in particolare dal 1992 con il vertice di Rio, al successivo Associazione dei Forestali delsuggello del Protocollo di la Sardegna, cerchiamo meKyoto, al Summit Mondiale di diante pubblicazioni e conveJohannesburg ad oggi 2002 gni di spiegare quali iniziative Anno Internazionale delle sarebbero utili da intraprendeMontagne, si susseguono in re per incentivare lo sviluppo tutto il mondo iniziative e dis- nella nostra isola tutelando cussioni sui temi dello sviluppo sostenibile tutelando le risorse ambientali esistenti.
Tutti noi dopo aver letto e ascoltato le varie argomentazioni, abbiamo elaborato idee
e progetti per fronteggiare
quelle crisi ambientali quali: siccitĂ , alluvioni, desertificazione, incendi, invasione di a1ghe o piante aliene che si potrebbero presentare con risvolti pesanti per la nostra soprav-
1'ambiente.
Per ribadire tali concetti, il 1,5.06.2002 abbiamo inviato, ai rappresentanti delle varie Amministr azioni che governano e decidono sulle scelte di Sviluppo per la Sardegna, alcune proposte su come conciliare la tutela ambientale, conseguendo importanti obiettivi
economici. I quotidiani piĂš diffusi in .Sardegna hanno riportato (L'Unione Sarda, do-
menica 16.06.2002 e La NuoYa Sardegna giovedĂŹ 20.06.2002) ampi stralci di queste riflessioni di cui per completezza d' informazione dei nostri lettori, ripubblichiamo, qui alato, integralmente il testo.
In tempi di "crisi nel palazzo del governo regionale" con continui impasti e rimpasti di coalizioni che propongono frequenti sostituzioni di Assessori e Presidenti di Giunta, non possiamo far altro che sperare in un nuovo ed importante progetto per il bene collettivo della Sardegna che tenga conto anche di tutte le proposte da noi . inoltrate in questi ultimi annl.
del nassalo.-
ilil;;;;'..*
busuhi, Pas*qli q
vila rollurs che saranno fonle di p*r lapupĂša*unu
Al Presidente della Giunta Regionale; Al Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna; Ai Consiglieri Regionali; Ai Presidenti delle Province; AII'UNCEM; AII'ANCI;Alle OO.SS. Ritengo doveroso sollecitare la Vs. attenzione sulla necessità di una più approfondita riflessione relativa alla riorganizzazione del comparto forestale, per una migliore tutela del patrimonio ambientale della Sardegna. Nel momento in cui, consulenti e associazioni di piccoli e grandi rifurmatori politici pensano alle grandi riforme istituzionali per lo sviluppo della nostra terra, mi sia consentito di offrire qualche spunto di proposta alternativa ed eco-compatibile con la struttura del teritorio sardo. Ambiente e
tetitorio
Per conciliare la tutela ambientale ed il conseguimento di obiettivi economici è necessario, "partire dal territorio" e adattare i progetti che si vogliono realizzare alla specificità delle diverse zone. Ogni territorio della Sardegna presenta particolarità e potenzialità specifiche ed è partendo dallo studio di queste peculiarità, da una corretta conoscenza dei punti diforza e delle lacune della zona che potremo pensare di progettare modelli di "sviluppo duraturo". L'ambiente offre reali opportunità per lo sviluppo economico, sia in termini di sfruttamento diretto delle ri-
sorse, sia creando le condizioni propizie ad una miriade di attivitò economiche connesse. Si può, se si crede nello sviluppo e nella difesa del teruitorio investire in nuovi progetti e creare occupazione. Ad esempio si può pensare di organizzare in ogni Comune della Sardegna un cantiere per la tutela e la ge-
stione ambientale del tewitorio comunale. [Jn cantiere che si occupi "utilmente" della: - creazione di nuovi rimboschimenti e sistemazione idraulico-forestale dei teruitori; - prevenzione degli incendi mediante la pulizia e la creazione dellefasce parafuoco; - gestione dinamica del rimboschimento forestale curando le fustaie e il sottobosco; - manutenzione e ripristino dei sentieri; - pulizia dei corsi d'acqua e realizzazione d'invasi necessari per i mezzi antincendio; - creazione di sentieri per escursioni: - gestione delleforeste e delle aree comunali di particolare pregio ambientale; - cura e recupero dei monumenti naturali quali, nuraghi, antichi ovili, muretti in pietra; eliminazione delle discariche abusive e smaltimento differenziato dei rifiuti; - pulizia dei siti inquinati. Con interventi così mirati in tutto il territorio della Sardegna, oltre a creore nuova occupazione, si realizzerà la valorizzqzione dei territori fragili a rischio idrogeologico o minacciati dagli incendi. Valorizzazione nel rispetto dell'ambiente, indispensabile per la promozione di tutte le attività economiche connesse allo "sviluppo duraturo", dall'agricoltura alla pastorizia al turismo. Credo che, se altre Regioni d'Italia (vedi la Calabria) riescono a giustificare l'occupazione nel settore idraulicoforestale di più di 12.000 operai a tempo indeterminato, sia possibile anche per la Sardegna instaurare con lo Stato e la Comunità Europea un confronto per l'apertura di un nuovo capitolo difondi da destinare allo sviluppo dell'isola.
Il riluncio del settore
forestale
Ho già espresso in altre circostanze la mia convinzione che l'Amministrazione Forestale della Sardegna deve essere un comparto unico, dove alla gestione tecnica e alla progettazione, si affianca la Wgilanza e l'informazione sulla giusta utilizzazione del territorio. Non si può pensare di syuotare la scatola CFVA per colmare quella denominata ENTE. L'Amministrazione Forestale in Sardegna ha una storia di governo dei boschi lunga 157 anni e non si può pensare di disgregare questo patrimonio di lavoro ed esperienze. Non mi sembra utile il percorso intrapreso in Prima Commissione di voler esaminare, in modo disgiunto i prowedimenti di legge che devono riorganizzare la Forestazione (ENTE) e la Forestale (CFVA). Ritengo sia più utile riaprire tra le parti e coinvolgendo amministratori, lavoratori e disoccupati, un confronto più generale sulle problematiche sopra richiamate chefavorirebbero uno sviluppo occupazionale nel s ett ore ambient al e-fore s t al e. Ai problemi della forestazione si aggiungono quelli del comparto della vigilanza, infatti, si parla infruttuosamente ormai da diversi anni, della riftrma alla legge del Corpo Forestale che in Sardegna è chiamato a coordinare gli interventi e le attività antincendio. Pertanto si chiede: - la riorganizzazione del CFVA mediante una legge che definisca in modo più dettagliato le mansioni da svolgere dagli uomini del Corpo Forestale per la tutela del nostro ambiente; - nuoye competenze, in base alle quali definire i carichi di lavoro, valutare la reale carenza di personale per bandire quindi nuovi concorsi per l'assunzione dellaforza lavoro necessaria, tenendo conto di chi, come gli operai trimestrali e i volontari, ha già lavorato in questi anni, con competenza e maturando esperienza, per difendere la Sardegna dagli incendi. - l'istituzione di un centro di formazione (Scuola Forestale & Osservatorio Ambientale) per l'aggiornamento e la preparazione delle prossime Guardie Forestali, per l'addestramento dei volontari antincendio e per l'educazione ambientqle dei giovani studenti chefrequentano le scuole isolane. Nell'attesa di un Vs. riscontro in merito alle problematiche sopra citate, W porgo i miei più cordiali saluti.
Il
Presidente dell'ASS. FOR. Salvatore Scrivu
di Antonello Mele
Sughericoltura
TINA NO\rI:TÀ LIBRARIA NE,LLA LE:I:TE,RATTIRA FORESTALE IN SARDEGNA La letteratura tecnica di argomenti forestali si è arricchita, di recente, in Sardegna, di un volume di buona fattura editoriale dal titolo "Sughericoltura - note tecniche", realtzzato a cura dell'ERSAT ed edito dalla Scuola Sarda Editrice di Cagliari. Il libro affronta e sviluPPa le tematiche relative alla Quercia da sughero, riordinando il
materiale bibliografico esi-
stente che risultava disperso e, quindi, non sempre disponibile
e raggiungibile da chi avesse avuto in animo I'approfondimento del tema della coltiva-
zione della Quercia. La semplicità e la chiarezza con cui sono stati illustrati i diversi argomenti 1o rendono accessibile anche a coloro che, non avendo percorso itinerari universitari, hanno un qualche interesse ad acquisire conoscenze sulle tecniche di coltivazione, sulla difesa contro le awersità e sulla gestione della Sughereta. E', a mio awiso, unainiziativa encomiabile che colma una lacuna. Credo, tuttavia, di dover formulare qualche osservazione in merito al capitolo sul "governo" delle Sugherete. Nel proporre, giustamente, la struttura disetanea dei soprassuoli sughericoli, f imPoÈtazione, direi, filosofica è basata sul "bosco normale", costruzione artificiosa teorica che è stata posta alla base della selvicoltura tradizionale rtaliana fino all'attualità. In vero, il concetto di "bosco normale" è messo, ormai, in discussione
quando riferito ai soprassuoli naturali delle foreste coltivate, perché "implica rigide Programmazioni ed eccessivi Àchematismi in antitesi con la complessità del sistema bo*aott(t) , il quale non è "un insieme di alberi che producono legno" ma "un sistema biologico complesso"('). I1 dibattito è in atto in Italia e negli ambienti della ricerca forestale in Europa con una vivacità commisurata alf imPortatza della mateia in discussione: bosco normale o selvicoltura sistemica. Altro punto. Anche a volere applicare la lezione del Susmel(t), secondo il quale il"bosco normale" è un modello ideale cui si tende per raggiungere uno stato di "equilibrio òolturale", siamo certi che il modello proposto da Susmel per la Lecceta sia corretto se applicato alla Sughereta? E' vero che si tratta dr Querce sclerofille mediterranee, ma sono specie con qualità biologiche e temperamento diversi ed il modello Susmel è stato studiato per le Leccete del Supramonte, formazioni climax dell' orizzonte me s o fi lo. I boschi di Sughera in Sardegna sono distribuiti dal Piano termofilo della Lecceta (nei
settori più caldi e umidi) quello basale delle foreste mis1e di Sclerofille termoxerofile con chiara preferenza, Però, per i settori più oceanici e Pio-
a
vosi dell'Isola('). Ritengo che l'applicazione del modello meriti una qualche verifica sperimentale prima di gener alizzame I' impiego.
Un'ultima annotazione riguarda l'applicazione del modello Susmel che ammette che nelle foreste disetanee normali il coefliciente di decrescenza (K), la densità unitaria (esprimibile col numero degli alberi, con l'area basimetrica, con la prowigione) e il diametro massimo sono legati alla struttura soprassuolo (S) da relaziom "variabili secondo la composizione flogistica dello strato arboreo"(t). Nel libro in esame, per I'acquisizione del volume corrnometrico, si propone una formula che contiene un elrore (Vmc : S x S : 1,5). Quella che Susmel riporta per I'alto fusto di Leccio nello studio sulla normalizzazione delle foreste al-
pineèVmc:SxSx1,5che
fornisce valori di volume cormometrico corretti. Con riferimento all'esemPio riportato nel libro, relativo ad un soprassuolo di m. 11 di statura, non è ininfluente una differcnza di prowigione di mc. 81 anziché di mc. 182. Nello studio sulle Leccete del Supramonte, che rappre-
senta
la fonte bibliografica
dell'inform azione, è contenuto un errore di cui occoffe tenere conto.
Al di 1à di questi aspeffi che considero non determinanti ai fini di un recupero della sughericoltura sarda, ma che andrebbero, comunque, sottoPosti a revisione, il lavoro merita di essere letto, ed approfondito nelle componenti che hanno risvolti applicativi, dal personale del Corpo Forestale e dai Sughericoltori della Sardegna.
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3)
Cjancio'O, . l'9i99.I,ruodelli colturali nella gestione dei boschi,,In: NuoveJiontiere del la gestioneJ'orestale - Accademia ltaliana di Scienze Forestali - Firenze Ciancio O. - t999 - Prefazione - In: Nuovefrontiere della gestioneforestale - Acc. ltal. Sc. For - Firenze. Susmel L.. Viola F.. Bassato G., - 1976 - Ecologia della lecceta del Supramonte di Orgosolo - Annali;C E.M.U.; vòl'X, CEDAM;Padòvq Arrigoni PV. . I968,|. Fitoclimato[o§ia della Sà,rdegha ' Web:bia,,23 -,Firenze. Swsitel t.."- t980 - Noitnalizzaz[onè'd'elle'foresté,;alpin'e'- Liviana Editrice. ,
4)
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Curiosità botaniche
ksto e foto di: Cesario Giotta - Sott.le Forestale - Lanusei
ORCIJIDE,E,
Dr. Marcello Piccitto - Insegnante - Lanusei
SPONTTANTE,E,
INT SAR.DE,GNTA
Il vanto delle nostre orchidee è la componente endemica clte comprende entità uniche al mondo. Come difenderle? Anzitutto conosciamole. ORCHIDEE
Il bacino del Meditelraneo,
areale originario si è nel tempo ridotto sino ad interessare solo una regione ristretta. Viceversa, possono essere d'origine
milioni di metri quadrati, è costellato di recente (neoendemismi), quanmoltissime isole che rappre- do l'areale primitivo si è framsentano il risultato finale di vi- mentato in tanti isolamenti cissitudini geologiche che af- presentanti nuovi caratteri. Ritroviamo così specie enfondano le proprie radici nella notte dei tempi e che hanno demiche esclusive della Sarderaggiunto il culmine con le gna, con areale puntiforme op'orecenti" glaciaziont di cui pure con distribuzione più aml'ultima ebbe imzio circa pia, specie endemiche sardocorse, sardo-corse e dell'Arci120.000 anni orsono. pelago Toscano, sardo-corse Nel suo settore occidentale Toscano e deldell'Arcipelago è posta l'isola di Sardegna che ecc. Baleari, sardo-sicule, le ha condiviso molti dei suoi Orfamiglia delle la Anche mutamenti ambientali con la quea sottrae non si Corsica, in particolar modo chidaceae dalla seconda metà del Ceno- sta regola ed annovera, su quazoico sino alle cinque glacia- si sessanta entità specifiche e zioni di Milankovitch del Neo- sottospecifiche presenti nell'Isola, una quantità d'endemizoico. Nella flora sarda è tuttora smi pari al T8oA. Le orchidee, possibile riscontrare le tracce nel mondo vegetale, si possodi tali mutamenti geologici ed no considerare tra i gruppi più i segni evidenti di come por- giovani ed ancora in attiva fazioni di territorio siano rimaste se d'evoluzione- Sono tutte diversamente isolate nel tem- piante erbacee perenni che po. Una prova tangibile ne è la hanno origini comuni con le licomponente endemica che an- liacee e che si sono da queste novera nell'Isola oltre 200 dif- differenziate per la specializferenti entità, numero dawero zazione della struthrra del fioelevato se confrontato con re. Possiedono spiccata tenesteso per quasi tre
quello d'altre regioni della Penisola ltaliata. In botanica per endemismo s'intende la presenza, in una regione circoscritta, di forme, varietà, specie, generi, famiglie, ecc., deffe appunto endemiche. Possono essere d'antica origine (ytaleoendemismi) quando si sono formati in un
determinato territorio e da questo non si sono mai diffusi, oppure quando il loro ampio
denza ad incrociarsi producen-
do ibridi ed accelerando così i tempi dell' evoluzione. A1 mondo ne esistono oltre 25.000 specie, ma l'Europa ed il Mediterraneo ne ospitano meno dell'l %. Approssimativamente l'80o delle specie vive nelle regioni umide tropicali, dove si sono speciahzzate a vivere sugli alberi alla ricerca della luce ed utllizzando l'acqua piovana ed i residui orga-
nici che si accumulano alle biforcazioni dei rami. Sono le orchidee di grandi dimensioni che tutti conosciamo in commercio, ormai prodotte in grandi quantità dai floricoltori più esperti.
Raggiungono
grandezze
notevoli e sfoggiano colori
e
forme affascinanti. Per questo, nelle regione d'origine, sono ancora oggetto di un intenso prelievo che alimenta un commercio capace di comprometterne la stessa esistenza. Risale alla flne del 1700 f introduzione in Europa dei primi esemplari vivi provenienti dall'Oriente e dal Sud dell'America. Erano raccolte da botanici che spesso accompagnavano ufficiali di marina che a quei tempi navigavano per i mari più lontani. Ad esse è attribuito l'appellativo di orchidee epifite, con riferimento all'habitat prescelto, e ciò è sufficiente per distinguerle dalle specie terricole, dette geofite, distrrbuite soprattutto nelle regioni temperate.
Queste ultime comprendono le piccole orchidee nostrane che pur avendo fiori di dimensioni molto ridotte, sono altrettanto interessanti per quanto riguarda forme e colori. Sono tutte piante erbacee dall'inconfondibile silhouette. All'estremità superiore della pianta è
posta f infiorescenza dove r singoli fiori, prowisti o meno di peduncolo, sono disposti lassamente oppure in forma addensata.
I1 fusto porta foglie
che
possono essere diversamente
distribuite anche se spesso so-
no piu concentrate sulla
sua
parte più bassa, tendono poi a diradarsi verso l'a1to, fino a lasciare il posto alle brattee, sorta di lamine di consistenza fogliacea, che accompagnano gli ovari di ogni fiore, a scopo protettivo. Alcune orchidee in Sardegna misurano in altezza appena 5 centimetri, molte si spingono fino ai 20 centimetri, anche se non mancano casi di piante robuste che toccano gli 80 centimetri, come in Barlia robertiana. I1 record è però detenuto da Dactylorhiza elata subsp. sesquipedalis i cui esemplari raggiungono e superano il metro dr altezza. I1 fiore, composto diluur, perigonio di 6 tepali, di cui metà esterni e metà interni, è la struffura più studiata ai fini del riconoscimento delle orchidee. E' soprattutto il mediano dei tre tepali interni, detto labello, ad essere il più caratterizzante, perché modificato nei colori, nella forma e nella grandezza. Le sue dimensioni sono dar,.vero modeste, potendo variare dai pochi millimetri di Neotinea maculata, Gennaria diphylla e Ophrys bombyliJlora, at due centimetri circa di Barlia robertiana, Serapias cordigera e Ophrys ltoloserica
Anatomia di unfiore del genere Ophrys
Il rapporto con la matita indica 1)
Tepalo esterno mediano
2)
Tepalo esterno laterale
3)
Tepalo interno
4)
Labello
5)
Ginostemio
6)
Disegno
7)
Gibbosità
8)
Appendice
le
Ophrys bombyffioropiccole dimensioni dei fiori.
subsp. chestermanii. Gii organi sessuali sono sal-
dati in un'unica struttura chiamata ginostemio che si eleva dalla base dei tepali. La parte maschile è ridotta ad un solo stame diviso in due logge, contenenti i pollinidi.
A loro volta questi sono prowisti di tn peduncolo che termina con una ghiandola vischiosa e portano all'estremità
superiore masserelle di polline agglutinato. Una sporgenza separa i pollinidi dalla sottostante apertura stimmatica che, in contatto con l'ovario, è posta basalmente al labello. Ciò impedisce, quasi sempre, l' autofecondazione.
E' proprio in questa fase i vecchi elementi radicali
CICLO BIOLOGICO
che
in decadenza ed i nuovi in ac-
Anche le orchidee, al fine di perpetuare nel tempo le specie, assolvono annualmente ad im-
crescimento posso essere compresenti. Lo sviluppo tocca il suo culmine con la fioritura a cui segue la fecondazione. Ora si formano le capsule che, raggiunta la maturità, si
portanti funzioni riproduttive. I singoli individui trascorrono il periodo che va dall'estate inoltrata alf inverno in riposo vegetativo, con gli organi radicali protetti al di sotto della superficie del suolo. Con l'arrivo dei primi tepori ha inizio 1o sviluppo: la piantina emerge, si ingrandisce e mette le foglie nella condizione di compiere la fotosintesi.
aprono permettendo che il
vento disperda anche a notevole distanzaun elevatissimo numero di semi di ridottissime dimensioni. In conclusione, la riproduzione è operata dall'orchidea sia per via asessuata sia sessuata.
brosi di latifoglie e sono incapaci di attivare la funzione clorofilliana. Per sopperire a questa caretza si affidano all'attrvità di microscopici funghi che, presenti nel terreno, sono ospitati alf interno dell'apparato radicale. La loro presenza deve essere necessariamente assicurata "vita natural durante". In questo caso sembra che il rapporto orchidea-fungo sia ad esclusivo vantaggio della prima. Se così stanno le cose, ci troviamo di fronte a un fatto inconsueto, quello di una pianta
0i ssenina:ione
0eiscanza delle capsule
lnpollinazione
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€nergenza delle pri*e due foglie verdi
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4tr
oo e
(dopo 18 nesi)
*-tM&ov\*---./sV u-4 La ripresa vegetativa awiene a spese delle sostanze di riserva accumulate negli organi radicali che progressivamente, con l'avanzare della stagione, tendono ad esaurirsi. Intanto la sintesi di nuova sostanza organica permette la costruzione di elementi ipogei di sostituzione che hanno il compito di assicurare la soprawivetza della pianta sino all'anno successivo.
Riproduzione asessuata (o vegetativa)
ECOLOGIA. Esiste una strettissima correlazione tra gli ambienti che ospitano le orchidee selvatiche e l'appagamento delle loro necessità. Questo fa sì che ad habitat diversi corrispondano orchidee diverse. Un esempio è dato da Limodorum abortivum e da Neottia nidus-avis che, essendo privi di clorofilla, vivono all'interno dei boschi om-
di un fungo. Lamancanza di clorofilla e la modificazione delle foglie ridotte a squame, è interpretato da alcuni non come fatto regressivo, bensì come fenomeno evolutivo e di adattamento a nuovi ambienti. Altrettanto importanti sono i rapporti che intercorrono tra l'orchidea e f insieme degli elementi dell'ambiente ospi(l'orchidea) parassita
tante, da quelli edafici a quelli climatici. Un esempio che può chiarire quest'affermazione è quello di Ophrys holoserica subsp. chestermanii, endemica della Sardegna. Essa dimostra una spiccata predilezione per i terreni calcarei; anche quando, talvolta, cresce su suoli scistosi, si tratta sempre di formazioni influenzate dallapresenza di non distanti strati calcarei. Unitamente ai suoli basici e diversamente da altre Ophrys, necessita di un abbondante apporto di umidità e di protezione dai raggi solari. Queste con-
dizioni sono presenti solo in biotopi particolarmente freschi, caratterrzzati da formazioni semiombrose dr Quercus ilex o da particolari consorzi della macchia, con prevalenza di fillirea, ginepro e lentisco. Ai bordi di queste formazioni sempreverdi essa trova il suo ottimale stato di vita, specialmente nelle radure, lungo i Fiore di Limodorum abofiivum
il cui colore
denota l'assenza di clorofilla.
sentieri ed anche sulle scarpate con esposizione fresca e ricche di muschio Il sito semiombroso, fresco
L'habitat ombroso di un bosco di leccio ospita una popolazione di Neottiu nidus-uvis.
Il richiamo dell'insetto può
di tipo alimentare oppure di tipo sessuale, mentre in altri casi l'attrazione si risolve in un'offerta di riparo. In tutti i casi f insetto finisce per skofinare il capo contro la base adesiva dei pollinidi che sono estratti dalle logge e trasportati sul fiore visitato successivamente, per dare compimento alf importantissima fecondazione incrociata. Un esempio di espediente piuttosto curioso, è quello essere prevalentemente
escogitato dalla rara specie
nettarifera Epipactis palustris che ha il labello diviso in una parte basale a forma di coppa contenente il nettare (ipochilo) ed una distale (epichilo). Non appena un insetto atterra sull'epichilo, questo si abbassa alquanto a causa dello stretto lembo che lo collega all'ipochilo. Quando il visitatore ha finito di nutrirsi e tenta di sollevarsi, la parte terminale del labello scatta mandandolo ad urtare r pollinidi. Anche Listera ovata offre liquido zuccherino, disposto lungo un solco mediano che
Il raro endemismo
Ophrys holosericu subsp. chestetmunii, esclusivo della Sardegna, è legato alle formazioni semiombrose di leccio e della macchia.
ed umido, si realizza solo in determinate zofie delle formazioni boschive ed a macchia. Nel corso della notevole evoluzione delle associazioni vegetali, possono verificarsi significativi cambiamenti dei biotopi che nel tempo sono in grado di reahzzare una naturale modificazione delle stazioni ospitanti la sottospecie. Essa, infatti, rifugge dalle formazioni a macchia molto compaffe ed impenetrabili, così come diserta quei boschi che, giunti al termine del loro processo evolutivo, realizzano ambienti eccessivamente ombrosi.
Possiamo concludere affer-
mando che le popolazioni di questa orchidea non possono considerarsi di durata illimitata, bensì seguono, di fatto, la nafurale evoluzione dei consorzi vegetali, progredendo o regredendo man mano che le necessarie condizioni ecologiche tendono rispettivamente ad affermarsi o a scomparire. Un altro fattore ecologico non meno importante è raPPresentato dalla presenza di insetti impollinatori che consento-
no all'orchidea di portarc a compimento la fecondazione, anche se non mancano casi di entità capaci di praticare l'autofecondazione.
Epipactis palustris, molto rara in Sardegna, presenta il labello diviso in ipochilo ed epichilo.
attraversa longitudinalmente tutto il labello. I piccoli insetti che vi si poggiano cominciano a cibarsi seguendo la traccia nettarifera sino alla base del labello, dove entrano in contatto con i pollinidi. Un ulteriore singolare esempio è dato dalla Platanthera algeriensis, anch'essa nettarifera, che custodisce il prezioso liquido in un lungo e ricurvo serbatoio, detto sperone, posto alla base del labello. L'insetto, una falena, deve svolgere per intero la propria spirotromb a per raggiungere il fondo dello sperone. Nel tentativo, non può evitare di strofinare il proprio capo sulla base adesiva dei pollinidi.
Nelle specie del genere Ophrys, l'orchidea evita anche il dispendio d'energia necessaria alla produzione di nettare, in quanto l'insetto è attratto perché convinto di approssimarsi ad una femmina. La riproduzione delle sue
sembianze è molto fedele: for-
I piccoli fiori di Listera ovuta lasciano intravedere la traccia di nettare che attraversa in lungo il labello.
ma, colori e struttura del labello assolvono
efficientemente il
Nel lungo speronefilifurme di Platanthera algeriensis è custodito il nettare ricercato dagli insetti.
compito di richiamare l'attenzione dell'impollinatore. Tutto è reso più verosimile dall'emissione dell'odore degli ormoni sessuali e dalla presenza di peluria che traggono in inganno anche l'odorato ed il tatto dell'animale. Poggiatosi sul 1abello, f insetto, nel vano tentativo di accoppiarsi, determina, come nel casl precedenti, 1'asportazione dei pollinidi per la
fecondazione incrociata. Comunque realizzata, alla fecondazione fa seguito la produzione di semi. Essi sono minutissimi e prodotti in notevole quantità tanto che ogni capsula può contenerne anche diverse migliaia. E' proprio la quantità che è chiamata a sopperire alle ingentr fallanze che si verificano in natura a proposito della loro germinabilità. Il motivo è da ricercare nella scarsissima quantità di sostanze nutritive di riserva che sono a disposizione dell'embrione, per sostenerlo nella fase di germinazione. E' necessario a questo punto l'intervento di un fungo microscopico che, entrato in contatto con il seme, instaura un rapporto
speci- velli altitudinali
diverst. presenza di ficità biologirilevapuò essere un'orchidea che, sono in fino a mare livello del ta dal grado di coloMan metri d'altitudine. 1600 iizzare anche quota, il di si sale che poveri mano terreni a ditende entità numero delle rima, di certo, fuggono dai minuire. Alcune scelgono le luoghi che zone assolate e luminose come ospitano inse- i pascoli naturali, i luoghi erdiàmenti uma- bosi, le garighe a cespugli basni e colture si ed ancora i pascoli e le colagrarie che as- ture abbandonati da qualche
alle loro
In Sardegna,la
sòggettano il tempo. Possono rientrare in terreno a pe- questa categoria anche le scarriodiche lavo- pate, le cunette ed i bordi che raziom. Predi- cintano le strade e le ferrovie ligono pertanto dove, molto spesso, la loro amfienti stabi- presenza è dawero copiosa. li non soggetti Altre, invece, amano quasi a sostanZiali esclusivamente luoghi umidi
Ogni singola capsula di Gennariq diphylla può contenere un ingente numero di minutissimi semi.
utile ad ambedue:
il
fungo,
gran metab oltzzatore, metterà a disposizione della plantula i prodotti del suo lavoro e ne riceverà, in cambio, sostanze organiche fotosintetizzate che non è capace di autoprodursi, perché privo di clorofilla. Con la comparsa delle prime radici, esso si dispone all'estemo di queste, continuando l'opera di mutuo sostegno che può durare anche molto a lungo. L'associazione fungoradice è detta micorriza ed rl rapporlo è considerato di simbiosi perché ambedue i soggetti traggono beneficio da esso. In verità, per la gran Parte
mutamenti. Gli habitat che sono in possesso di queste carat-
teriitiche pos-
s9n9 f3r parle di luoghi diversissimi e possono giacere a
li-
ed entrano afar parte di quelle
formazioni erbacee che popolano le depressioni umide, gli acquitrini, anche se solo stagionali, i bordi dei lenti corsi d'agQu1e degli stagni. In circostanze diverse sono
dei semi il complesso processo germinativo non accade. Questo perché non si verifica f indispensabile incontro tra seme e fungo, oppure perché il seme è completamente distrutto dal fungo, o ancora perché è quest'ultimo ad essere inglobato e demolito dal seme.
HABITAT. Dove è possibile incontrare un' orchidea spontanea? Grazie
Le
formazioni erbacee, purché non manomesse dall'uomo' ospitano spesso
le orchidee selvatiche.
gli ambienti parzialmente ombreggiati ad essere prescelti, perché è proprio lì che esse possono vivere al riparo di piante legnose di più grande sviluppo. Si riconducono a questo tipo le macchie rade e discontinue, le formazioni vegetali degli stadi di ricolonizzazione a foresta, i boschi più luminosi ed i margini e le schiarite delle associazioti arboree più chiuse. Anche nel caso di luoghi in cui gran parte della radiazione solare è in-
Ophrys tenthrediniftra, una delle più comuni specie della Sardegna.
tribuzione. Naturalmente è più facile che la nostra attenzione sia catturata da quelle entità che sono da considerarsi rare, in ambito regionale, o che sono endemiche, piuttosto che quelle comuni, rinvenibili in pratica un po' ovunque, come Orchis longicornu, Orchis papilionacea, Barlia robertiana, Ophrys tenthredinifera, Serapias lingua, ecc. Il gruppo che conta il maggior numero di specie attiene al genere Ophrys. La loro distribuzione privilegia le quote medio-basse. Alcune sono molto comuni, altre invece hanno una presenza sporadica sul territorio oppure sono dav; vero rare. E' questo il caso di Ophrys holoserica subsp. chestermanii descritta per la prima volta nel 1982 e considerata endemica della Sardegna ed esclusiva dell'Iglesiente. Successivamente, la presenza è stata accertata anche nel settore orientale dell'Isola, in più staziont. E' sicuramente l'Ophrys sarda dai fiori piu grandi ed il suo labello scuro e di forma trapezoidale è dawero inconfondibile. Gli strettissimi legami che mettono in relazione le sue necessità ecologiche con i particolari ambienti ospitanti, ne determinano, di
Ophrys holoserica subsp. annae, endemismo sardo-corso, descritto solo di recente.
fatto, lo stato di specie minacciata, per la vulnerabilità cui sono soggette le formazioni vegetali che oggi ne garantiscono l'esistenza. Ophrys sphegodes subsp. conradiae e Ophrys holoserica subsp. annae sono ambedue endemiche sardo-corse e solo negli anni novanta il loro status è stato disgiunto dalle forme tipo. Poterle osservare è piuttosto diffrcile a causa delle piccole dimensioni dei fiori, mentre la distribuzione non ne
capace di raggiungere 1o strato erbaceo, come nei boschi fitti ed ombrosi di leccio, è possibile trovare un'orchidea. In quest'ultimo caso la presenza di fresco, d'umidità costante e di sostanze organiche in decomposizione, diventano elementi essenziali per la vita delle piante, superando in importanza anche la disponibilità della 1uce, che è invece vitale per le altre specie d'orchidee.
RARITÀ
ED ENDEMISMI. Le diverse sottoregioni della Sardegna sono diversamente caratteizzate dalla presenza delle orchidee e dalla loro dis-
Ophrys scolapax subsp. conrudiae, endemica della Sardegna e della Corsica.
Ophrys panattensis, endemismo sardo. classificato da poco.
pax subsp. apiformis. La prima è endemica della Sardegna e la seconda, rara,ha un areale che gravrta sul Mediterraneo occidentale interessando anche il NordAfrica. Ad oggi gli esemplari delle due entità segnalati in Sardegna assommano a poche unità.
gna,ma anche per l'Italia. Sempre nello stesso tipo di ambienti Epipactis palustris, Platanthera algeriensis e Spiranthes aestivalis, seppur meno rare, rimangono comunque assai preziose a causa della rulnerabilità dei loro habitat. Dopo le Ophrys, il gruppo
Ophrys sphegodes subsp. pruecox,
distribuita sulle marne della Sarde' gna nord occidentale.
facilita il ritrovamento, per via della loro sporadica presenza. Anche Ophrys panattensis è stata recentemente descritta e
ne è stato accertato il suo stato di pianta endemica esclusiva-
mente sarda. Attualmente
è
Orchis brancifurtii ha un areale che abbraccia sia la Sardegna sia la Sicilia.
rinvenibile in maniera sporadiUn altro endemismo sardoca, malocalmente anche in poè rappresentato da corso calcapolazioni numerose, sui sphegodes subsp. Ophrys orienri della Sardegna centro pr ox comunemente ae c tale. Altre due Oprhys. sulle Presenquali è difficilissimo imbatter- te sui terreni marnosi della si, sono Ophrys scolopax parte nord occidentale dell'Isubsp. sardoa e Ophrys scolo- sola, già in fiore apartire dalla fine di gennaio. Per poter osservare un'Ophrys endemica su tutto il teritorio regionale e con una certa facilità, bisogna far riferimento alla Ophrys morisii, forse la più polimorfa tra tutte le orchidee sarde. Un altro gruppo di specie è strettamente legato agli ambienti umidi ed acquitrinosi ed affronta assieme ad essi i problemi di una critica soprawivenza. Sono futte specie rare o molto rare e tra di esse la Dactylorhiza elata subsp. sesquipedalis rappresenta senza dubbio l'entità più rara in Sardegna. Vegeta con pochi indiin una solitaria stazione vidui L'endemica Ophrys morisii, forse la non solo per la Sardeunica più polimorfa tra le orchidee sarde.
più numeroso è rappresentato dalle Orchis. Anche tra queste non mancano le piante endemiche e quelle rare. Orchis brancifurtii, ad esempio, ende-
Orchis mascula subsp. ichnusae, endemica della Sardegna, vegeta in due aree distinte dell'Isola.
subsp. ichnusae, endemismo sardo rinvenibile anche nell'Iglesiente.
Particolarmente interessan1'areale di Gennaria diplrylla il quale non solo tocca le Baleari e la Tunisia, ma si spinge sino all'Atlantico interessando anche le Isole Canarie e l'Arcipelago di Madeira. In Sardegna non è rara ed è distribuita lungo le coste settentrionali ed occidentali, seppur in maniera discontinua. Non mancano casi di specie piuttosto rare o molto rare in Sardegna ma che nella Penisola sono rinvenibili con molta facilità. E'questa la situazione Comune nella Penisola, Orchis purdi Cephalanthera rubra e di pureu ha in Sardegna una distribuOrchis purpurea,la prima lo- zione localizzata in pochi comprencalizzata in pochissimi siti sori del Sassarese. molto distanti tra loro sulle montagne sarde, e la seconda gracilis conosciuta in passato esclusiva di alcuni comprenso- per la Grecia e per l'Italia cenri del Sassarese. tro meridionale. In seguito è Per concludere, appare inte- stata ritrovata qua e la sui rilieressante il caso di Epipactis vi sardi, trarl}} ed i 1000 me-
te è
Gennariu diphylla cresce all'interno della bassa macchia o nelle pinete, lungo le coste settentrionali ed occidentali della Sardegna.
mica della Sardegna e della Sicilia, è distribuita sui calcari del settore centro orientale della Sardegna dove condivide l'areale con Orchis mascula
Cephalunthera rubru, rarq presenza delle montagne sarde.
Solo in alcune leccetefresche ed ombrose è stata trovata la rara Epipuctis grucilis.
tri di altitudine, alf interno di
intervenire qualora accertasse laraccolta di altre piante rare, come Genthiana lutea, Ribes
DEGRADO AMBIENTALE E TUTELA.
phala o Aquilegia nuragica,
boschi maturi ed ombrosi di leccio.
s
Tutte le orchidee sono piante dalla delicatissima biologia e temono qualsiasi mutamento che intervenga a pregiudicare la stabilità degli ambienti che le ospitano. Le cause che più frequentemente portano alla loro scomparsa non agiscono direttamente sulla pranta, ma alterano irreparabilmente l'habitat ospitante, che di per se costituisce un insieme caratteristico facilmente vulnerabile. Com'è noto, le norrne Promulgate dal legislatore italiano in campo ambientale sono assai carenti e, alla luce dell'esperienza di chi presta opera di vlgrlanza, modestamente effi caci.Solo alcune regioni dell'Italia centrale e settentrionale si sono dotate di strumenti legislativi di tutela della flora e degli habitat che la ospitano, mentre nel Meridione e nelle Isole poco o nulla è stato sottoposto a vincolo di protezione.
Con la nostra Regione si tocca il paradosso. Infatti, a
fronte di aspetti naturalistici di prim'ordine e di numerosissimi endemismi animali e vegetali unici al mondo, nulla è stato fatto per dotare la Sardegna di strumenti legislativi fnahzzati ad un vincolo di protezione dei propri tesori. Ciò accade, nonostante 1o statuto autonomistico consenta di legiferare in questo campo. Chi opera nel settore sa bene che solo nel 1985 1o Stato ha promulgato la Legge n.431,
detta "Legge Galasso",
che sottopone a vincolo paesistico solo alcune categorie di territori. E'noto che questa legge è insuffrciente e in ogni caso non risolve le problematiche connesse alla tutela dei valori Paesistici. Se si considera poi che in Sardegna essa è applicata in
ardoum,
L amyrop
s is
micro c e-
seppure alcune di esse vegetano in siti unici al mondo. Si auspica che una buona legge regionale, posta a protezione delle specie di particola-
re pregio della flora
sarda,
proweda a salvaguardare anche le aree o i biotopi dove queste vivono. Infaffi, non ha
senso, ad esempio, tutelare la singola specie d'orchidea vegetante. in un determinato sito acquttnnoso, se pol s1 consen-
te il drenaggio dell'acqua a monte di quella stazione.
D'altro canto sono a tutti noti i gravi danni subiti in passato dal nostro territorio
e
quelli che ancor oggi, sotto altre forme ma con un'incisività sempre più preoccupante, continuano a verificarsi. Il penoso elenco potrebbe iniziare con gli sconsiderati tagli subiti dai boschi in passato, In forte regressione in tutta Europa, per continuare con l'atavico Spirunthes uestivulis vegeta ancorr pascolamento esercitato con rigogliosa lungo i torrenti del Genrispetto alle carico, di eccesso nargentu. potenzialità rigenerative degli maniera imperfetta e permissi- ècosistemi, da milioni di caPi va, si capisce il perché delle allo stato brado. Sicuramente il degrado deturpazioni che il nostro territorio ha subito e continua a quantitativo e qualitativo del subire. E'in ogni caso da sot- soprassuolo vegetale è stato tolineare come la legge men- anòhe determinato da quegli zionata non contemPli affatto interventi, spesso praticati con le specie viventi, tra cui do- frnanziamento pubblico, che vrebbero trovare sicura collo- hanno comportato, insieme alcazione almeno alcune pregia- la rimozione della copertura te specie di orchidee sPonta- vegetale, anche quella dell'utinee. Tantomeno sottoPone a lissimo strato di humus riprivincolo i siti o i territori in cui stinabile solo a prezzo di ingenti interventi, programmabiesse trovano ospitalità. Come Agenti Forestali ad- li in tempi lunghissimi. Si facdetti alla vigllanza dell'am- cia pensiero agli insensati rimbiente isolano, potremmo boschimenti produttivi, ai chiquindi sorprendere un racco- lometri e chilometri di strade glitore sconsiderato, con deci- interne di discutibile utilità, ne o centinaia d'orchidee reci- agli sconsiderati miglioramense, anche rare o rarissime, sen- ti-pascolo, ecc. In aggiunta va tenuto Preza essere nelle condizioni di contestargli alcuna tnfrazione. sente, purtroppo, anche il feAnalogamente l'agente si tro- nomeno degli incendi, forse la verebbe nelf impossibilità di nota più dolente per la conser-
subsp. ichnusae, endemismo sardo rinvenibile anche nell'Iglesiente.
Particolarmente interessan1'areale di Gennaria diphylla il quale non solo tocca le Baleari e la Tunisia, ma si spinge sino all'Atlantico interessando anche le Isole Canarie e l'Arcipelago di Madeira. In Sardegna non è rara ed è distribuita lungo le coste settentrionali ed occidentali, seppur in maniera discontinua. Non mancano casi di specie piuttosto rare o molto rare in Sardegna ma che nella Penisola sono rinvenibili con molta facilità. E'questa la situazione Comune nella Penisola, Orchis purdi Cephalanthera rubra e di purea ha in Sardegna una distribuOrchis purpurea,la prima 1o- zione localizzata in pochi comprencalizzata in pochissimi siti sori del Sassarese. molto distanti tra loro sulle montagne sarde, e la seconda gracilis conosciuta in passato esclusiva di alcuni comprenso- per la Grecia e per l'Italia cenri del Sassarese. tro meridionale. In seguito è Per concludere, appare inte- stata ritrovata qoa e la sui rilieressante il caso di Epipactis vi sardi, trail}} ed i 1000 me-
te è
Gennariu diphyllu cres ce all'interno della bassa macchia o nelle pinete, lungo le coste settentrionali ed occidentali della Sardegna.
mica della Sardegna e della Sicilia, è distribuita sui calcari del settore centro orientale della Sardegna dove condivide l'areale con Orchis mascula
Cephulanthera rubra, rdra presenza delle montagne sarde.
Solo in alcune leccetefresche ed ombrose è stata trovata la rara Epipactis gracilis.
vazione degli ambienti natura-
li in Sardegna. A tal proposito basta ricordare che, nonostante
gli ingenti sforzi finanziari
della Regione Sarda ed il dispiegamento di uomini e mezzi, con triste puntualità, è stata interessata mediamente ogni anno una superficie di circa 42.500 ettari (valore trentennale). Sempre nel periodo in esame, in Sardegna, sono stati mediamente appiccati ogni anno 3.377 incendi. Altri fatti che potrebbero apparire secondari, ma che agiscono con effetti irrimediabili circa la presenza delle orchidee, riguardano pratiche ed operazioni condotte senza riguardo.
numerose ospitate lungo le rive dei torrenti montani. La quantità numerica è stimabile
nell'ordine di migliaia di individui. Quale è il motivo di questo successo? I torrenti che le danno ospitalità, non sono, in nessun modo, alterati dall'uomo. Alcune esperienze mafurate all'estero, ci dicono che iniziative volte a tutelare habitat e specie ospitate, sono prese, a volte, direttamente dai cittadini, riuniti in gruppi odorganizzati rn associazioni. Forse per superficialità tendiamo a considerarle attività dawero singolari obrzzane ed invece meritano grande considerazione, perché nascono da una profonda coscienza ecologica, da noi certamente ancora non radicata. Esse hanno portato direttamente all'acquisto di singoli siti da parte delle associazioni o da parte delle Amministrazioni Pubbliche, opportuna-
E' il caso dell'interramento di cavi e della cementificazione delle cunette, lungo i bordi delle arterie viarie, un po' in tuttala Sardegna, oppure delle operazioni di bonifica di luoghi umidi ed acquitrinosi. Quest'ultim a pratica, purtrop- mente sollecitate. po, messa in atto anche all'inAll'acquisto ha sempre fatterno dei cantieri di rimboschi- to seguito la cura e la manumento, portando alla elimina- tenzione del biotopo, con diszione del surplus idrico delle pendio di tempo e denaro ma depressioni, annulla di fatto anche con il sostegno derivanogni possibilità di vita alle or- te da tanta passione. La tenacia chidee degli ambienti umidi, e l'assiduità hanno premiato tutte piu o meno rare, e alle al- gli orchidofili che possono ortre specie con esse consorziate. mai vantare numerosi esempi Così succede che altrove tali di piccoli ecosistemi che hanhabitat sono rivalutati e sotto- no conservato, con il passare posti a tutela mentre nel nostro degli anni, i propri tratti origiterritorio uno dopo l'altro nari. Questi sono solo alcuni -considera-
scompaiono senza zione alcuna. Al contrario, è certamente rilevante il caso dellarara Spiranthes aestivalis, piccola orchidea dai minuti fiori candidi. Questa, in regressione in tutta Europa per la contrazione degli ambienti ospitanti, è considerata anche in Sardegna molto rara ma ha voluto riservarci una sorpresa: l'alto bacino del Flumendosa, ed in particolare i versanti orientali e meridionali del complesso montuoso del Gennargentu, custodiscono popolazioni particolarmente
esempi di come si potrebbe intervenire per tutelare le specie di notevole interesse botanico.
CONCLUSIONE.
Nel tempo, siamo passati dal sostanziale equilibrio dei
secoli scorsi tra lo sfruttamento economico e la rigenerazione naturale, alle attuali rapidissime trasformazioni con cui vengono alterati o distrutti i biotopi, determinando la scomparsa di molte specie. La stessa diversità biologica, ricchezza dell'umanità, è in pericolo. La soluzione del problema passa obbligatoriamente attraverso due momenti: il primo è quello della conoscenza perché tutti, cittadini, operatori economici ed Agenti Forestali, apprezzando nel profondo le segrete regole che determinano la vita degli ecosistemi e l' importanza dell' irripetibile presenza dei nostri rari tesori, si trasformino in sinceri paladini della loro conservazione. Il secondo è quello dell'adozione di uno strumento legisla-
tivo, realmente idoneo ed efficace.
L'appassionato sa che il pregio delle orchidee sarde non va ricercato nel numero delle specie, bensì nella componente endemica unica, irriproducibile e speciale, frutto di una lunga evoluzione che ha trovato nell'insularità un insostituibile alleato. E' una nostra segreta spetanza che, anche attraverso quest'articolo, altri possano essere contagiati dalla passione per le orchidee spontanee o, più in generale, da qualsiasi altro aspetto inerente alla flora sarda.
Ognuno, nella propria giurisdizione e nell'ambito della propria attività, non mancherà di veder gratificato il proprio impegno da nuove scoperte o dalla raccolta di dati inediti, che potrebbero anche essere di rilevante interesse scientifi co.
Orchidee
ksto e foto di: Cesario Giotta - Sott.le Forestale - Lanusei Dr. Marcello Piccitto - Insegnante - Lanusei
O rchi a.ce ra-s rn elsheirrì.eri Ritrovamento di un ibrido nqturale intergenerico nuovo Al1e poche stazioni segnaNuovo per la Sardegna e per |'ltalia:. x Orchiaceras late da CORzuAS e VILLA melsheimeri Rouy (A. anthro- (1913), negli anni se ne
pophorum (L.) R. Br. x O. purpurea Hudson). Viene segnalata per la prima volta in Sardegna ed in Italia la presenza delf ibrido naturale x Orchiaceras melsheimeri Rouy (A. anthropophorum (L.) R. Br. x O. purpurea Hudson). Si fa accenno alle problematiche riguard atti l' affinità tra il genere Aceras ed 1l genere Orchis. Nella passata primavera abbiamo effettuato una piacevole ricognizione floristica nella Sardegna nord-occidentale dove una stazione, ubicata in territorio di Muros (SS), ci ha voluto riservare una gradevole sorpresa. In seno ad un popolamento costituito da centinaia di esemplari, di A. anthropophorum e da poche decine di O. purpurea, inaspettatamente, abbiamo avuto modo di osservare per la prima volta tre esemplari di x Orchiaceras melsheimeri (A. anthropophorum x O. purpurea).La formazione vegetale ospitante è un incolto privo di vegetazione arborea, prevalentemente costituito da essenze erbacee e dove, a tratti, affiora la roccia di natura calcarea. In Sardegna le due specie parentali hanno una distribuzione fitogeografica differenziata. A. anthropophorum è presente un pò ovunque nell'isola dimostrando però di prediligere i substrati calcarei, in seno ai quali è in grado di vegetare con popolazioni estremamente ricche. A1 contrario, l'areale di O. purpurea ir Sardegna è limitato ad alcuni territori a substrato calcareo-marnoso nei dintorni di Sassari.
sono aggiunte delle altre e nonostante ciò la specie è ancora oggi da considerarsi rara. Questo elemento non fa altro che sottolineare la rarità del ritrovamento di x Orchiaceras melsheimeri. I soggetti da noi osservati presentano caratteri intermedi alle specdie parentali. Ciò vale per l'habitus, il numero e la disposizione dei fiori lungo l'infiorescenza, nonchè per la
loro forma. La colorazione prevalente, invece, è quella della O. purpurea. Diversi autori riferiscono di una certa affinità tra il genere Aceras ed il genere Orchis sttlla base di quei dati statistici che meffono in evidenzala facilità con cù A. anthropophorum si ibrida con alcune specie del genere Orchis ed in particolare con O. simia, O. militaris, O. italica e, in misura minore, con O. purpurea. Dobbiamo anche ricordare come in passato A. anthropophorum per le sue affinità morfologiche con i rappresentanti del genere Orchis, veniva in esso ricompreso con la seguente denominazione: Orchiaceras anthropophorus AlL Recentemente, CAPUTO P. e al. (1995), a seguito di studi biomolecolari relativi ai generi Aceras, Anacamptis, Dactylorhiza, Orchis e Serapias, hanno concluso che A. anthropophorum è da considerarsi interna al genere Orchis. L'attuale distinzione tassonomic a tra 1l genere Aceras ed il getere Orchis poggia su caratteri morfologici riconducibili essenzialmente alla mancatza dello sperone ed alla particolare col-
locazione dei retinacoli tn Aceras. Tra i diversi ibridi che A. anthropophorum può generare con le specie del genere Orchis, quello con la O. purpurea è di più rurarealizzazione. A questo proposito la lettetatura da noi esaminata non ci ha dato riscontro della presenza di x Orcltiaceras melsheimeri in Sardegna ed in Italia.
Per
i
territori d'oltralpe
è
stato invece più volte segnalato.
x Orchiucerus melsheimeri
Rouv.
Orchidee
Testo
e
foto di: Cesario Giotta - Sott.le Forestale - Lanusei Dr Marcello Piccitto - Insegnante - Lanusei
OPI,IRì'S >( N4ORE,NTSIS Ritrovamento e descrizione di un nuovo ibrido naturale del genere Ophrys Ritrovamento dell'ibrido dazione fra le due entità, per le Ophrys incubacea Bianca x quali è tral'altro nota una cerOphrys sphegodes subsp. ta reciproca affinità. Abbiamo praecox Corrias in Sardegna. contato cinque esemplari che Nel Corso di un'escursione per habitus e caratteristiche dei botanica nella subregione del singoli fiori, lasciavano pochi
tenersi oggi valida.
k
É dubbi sulla loro origine ibrida. generale Oltre che sul aspetto, intermedio alle due entità, la nostra attenzione è sottoposto alla lavorazione del caduta sulla forma ed i colori terreno, ci siamo imbattuti in dei singoli fiori. Essi dimostraun ricco popolamento di orchi- vano di ereditare dall'O. sphedee. Il sito presentava giacitu- godes subsp. praecox l'assenra acclive ed esposizione a set- zadelle gibbe e 1o sviluppo del \ tentrione, con substrato di na- disegno, dall'O. incubacea 1l intura calcarea e una buona lu- colore verdastro dei tepali minosità, consentita dalla poco terni e quello particolarmente densa disposizione delle piante scuro dellabello. Tutti gli altri d'ulivo. C'è stato possibile ri- carattei, come si può evincere levare la presenza di: A anth- dalla descrizione, erano interropophorum (inizio fioritura), medi alla due entità parentali. L'esistenza di quest'ibrido B. robertiana (fioriftra avanzata, O. bombyliflora (inizio è gia riportata in letteratura, fioritura), O. ciliata (inizio fio- dove ne è indicato il ritrovaritura), O. fusca iricolor s.l. mento nelle vicinanze di Boni(fioritura avanzata), O. longi- facio (Corsica) da parte di ENcornu (piena fioritura), O. pa- GEL & MARK (1989). Tuttapilionacea subsp. papiliona- via delf ibrido, citato come fig. 2 - Holotypus Ophrys xmorensis cea (inizio fioritura), ed infine " Ophrys atrata x O. sphegodes nsubsp. morensis (Ophrys incabaO. incubacea e O. sphegodes ssp. praecox", non viene forni- cea x Ophrys sphegodes subsp. praecox), "Istrampu", Mòres (SS), subsp. praecox. Le ultime due ta alcuia descrizione. In quanto all'esemplare ri- MK 88.68. 28.03.2001 entità, rappresentate da centinaia di esemplari, con una cer- trovato da MACCHIATI ta prevalenza dr O. incubacea, (1881) e da lui denominato presentavano fioritura conco- Ophry s t o daro ana, successivamitante ma di stato differen- mente descritto da CAMUS ziato: mentre l'O. incubacea (1893) come Ophrys xtodaroaera in avanzata ftoritura, I'O. na (O. incubaceax O. sphegosphegodes subsp. praecox l'a- des), secondo gli accertamenti veva quasi del tutto ultimata. operati da BAUMANN &, In passato, pur avendo rinve- KUNKELE (1986), non è da nuto in uno stesso sito l'O. in- considerarsi un ibrido bensì, cubacea e l'O. sphegodes più semplicemente, un soggetsubsp. praecox, mai c'era ca- to di O. sphegodes Mill. Perpitato di osservarne in così al- tanto, alla luce di queste considerazioni, si può concludere to numero. Questa considerazione, uni- che per l'incrocio O. incubata alla concomitante fioritura, cea x O. sphegodes nessuna ha sicuramente favorito f ibri- passata denominazione può ru"Meilogu", a non molta distanza dall'abitato di Mores (SS) ed in seno ad un vecchio oliveto da qualche tempo non più
Descrizione: Pianta alta 26 cm con 4 foglie basali linearilanceolate (6-7 x 1,8-2 cm) e 3 cauline, di cui 2 abbracciantr completamente lo scapo. Infiorescenza lassa, lunga 13,5 cm con 7 fiori. Brattee lanceolate, un pò più lunghe
dell'ovario le inferiori, le superiori riducentesi fino a divenire piu corte dell'ovario. Tepali esterni verdastri (4x9 mm), ovato-triangolari, con apice ottuso, i laterali patenti ed il mediano appena ricurvo in avanti. Tepali interni (3,5x8 mm) con colori agli esterni, linearilanceolati con apice tronco e bordi ondulati, sfumati di bruno-rossiccio. Ginostemio appena appuntito.
Labello largo 14 mm e lungo 12 mm, che accenna appena a dividersi in tre lobi, dei quali il mediano, smarginato, presenta all'apice un'appendice molto ridotta. Parte centrale vellutata, bruno-marrone, tendente ad inscurirsi verso i bordi che sono interamente ricoperti da peluria forte e folta ed interessati da un sottile margine incolore. Disegno a forma di "H" di colore intermedio tra il plumbeo ed ilviolaceo.
Holotypus: ltalia,
Sarde-
gna, Mòres (SS), "Istrampu" (UTM: MK 88.68), oliveto ab- fig. 1 - Fiore singolo di Ophrys xmorensis nsubsp. morensis (Ophrys incubandonato, m 379, 28.3.2001, bacea x Ophrys sphegodes subsp. praecox), holotypus, "Istrampu", Mores (SS), MK 88.68, 28.03.2001 (foto Giotta C. & M. Piccitto). M. Piccitto & C. Giotta (FI). Icon.: fig 1 in quest'opera
(holotypus), Mòres
(SS)
"Istrampu", UTM: MK 88.68, 28.3.2001, (foto C. Giotta & M. Piccitto). Etimologia: Dal nome del comune di Mòres, nel cui territorio è stato ritrovato l'ibrido.
Il presente lavoro è stato pubblicato sul Vol. 33 Heft 4 Dec. 2001 del "Journal Europaischer Orchideen (A.H.O.).
Bibliografia:
Cesario Giotta - Sott.le Forestale - Lanusei efoto - di:Dr Marcello Piccitto - Insegnante - Lanusei - Docente Universitario - Firenze Arrigoni Prof. Pier Virgilio Testo
Piante endemiche
Bra-ssica- Eyrrhena- sP- no\z- (Bra-s-
sica-cea-e)
(Jn nuovo endemismo della Sardegna Nel corso di esplorazioni invernali effettuaute nelle zone costiere del settore calcareo centro-orientale della Sardegna, tra Baunei e Dorgali, è stata rilevata la presenza di una Brassica che presenta caratteri che non corrispondono ad alcuna delle specie conosciute del genere di appartefienza. Mostra una fioritura assai precoce e evidenti infiorescenze giallo-dorate che risaltano su un abito verde-lucido e glabro. Da un lato si awicina
a
Brassica insularis Moris, da
cui però si distingue per il colore dei fiori, l'epoca di fioritura e d altri caratteri vegetativi. Per altri versi somiglia a B. rupestris Raf., in particolare alla ssp. hispida Raimondo e Mazzola, da cui però si diversifica per la morfologia fogliare, le le dimensioni delle silique ed altir carutteri minori. Per confronti morfologici ed iconografici con le specie affini si rimanda a SNOGERUP et al. (1990), RAIMONDO et al. (1991, GERACI et ar. (t997). La Brassica qui descritta è stata rilevata in stazioni ruPestri calcaree calde prospicienti il Golfo di Orosei (Mar Tirre- Brassica tyrrhena Giotta, Piccitto e Affigoni: pianta intera (x 0,42) particono), a quote comprese tra 16 e lare siliqua (xl,l), fiore(x 2,1), seme (x 11,2). 520 m. Si tratta di una pianta vernale che entra precocemen- fusti dell'anno totalmente gla- periori da lanceolato-cuneate a te in vegetazione, già in Gen- bri, 30-40 (80) cm, ramosi, con lineari, 2-I2.x 1-3 cm, rotonnaio, per fiorire in Febbraio- infiorescenze racemose termi- date all'apice. Fiori di odore nali. Foglie inferiori del fusto grato, con pedicelli patenti, Marzo. con picciolo di 2-10 cm, lami- 0,5-2 cm. Sepali oblungo-ellitna subellittica, 10-15 x 4-8 cm, tici, 0,81-1 x 0,3-0,5 cm, bianDescrizione. verdi lucide, crenulato-dentate co-giallastri. Petali gialli, oboSuffiutice deciduo con asse al margine, spesso brevemente vali-unguicolati 1,6-1,8 cffi, legnoso fuori terra di 4-6 cm e lobato-astate alla base; le su- con unghia sviluppata (0,5-0,7
cm). Stami 1 cm circa, a frlamenti glabri e antere gialle di circa 2l mm. Stilo piu lungo degli stami con stigma capitato. Silique 3-9 cm, a sezione quadrangolare, con cono terminale di 6-12 mm.
:
o]
,qgLlo' :r.. ilrlrr:
,
ORO§EI
Numero cromosomico - 2n 18 (det. da L. Pignotti).
:1.
Ecologia.
Specie delle rupi costiere calcaree del Golfo di Orosei. Eliofila e termofila. Si puo riscontrare in associazioni rupestri ten'noxerofile dt Helichrys o s axatili- Cephalarietum me-
diterraneae Arrigoni Tomm. 1991.
e
Di
Areale di Brsssicu fitwhena Giotta, Piccitto e Arrigotti: l. Monte Oro (Baunei), "locus classicus; 2. Pedra Longa (Baunei); 3. Loc. Girove (Baunei); 4. Loc. Salinas (Baunei); 5. Serra Ovara (Baunei),' 6. Loc. Margheddie (Dorgali).
Areale.
Endemica della Sardegna centro-orientale. Baunei, Mon-
te Oro, m. 465; Baunei, Pedra Longa, m. 16; Baunei, Girove, m. 28; Baunei, Salinas, m. 44I; Baunei, Serra Ovara, m. 520; Dorgali, Margheddie, m. 149.
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Il presente lavoro è stato pubblicato sulla rivista "Webbia" 57 (l): 1-5,2002 Bibliografia:
,r
Geruci A., Lentini E & Scialabba A. 1997: Conservazione del popolamenlo di Brassica sect. Brassica (Cruciferae) in Sicilia. Quad. BoL Ambient. Appl.
B: l0l-107 Raimondo E M., Mazzola P. & Ottonello D. I99l: On the taxonomy and distribution of Bras,sica sect. Brassica (Cruciferae) in Sicily. Fl. Medir. l: 63-86 Snogerup 5., Gustaffson M. & Von Bothmer R., 1990. Brassica sect. Brassica Brassica Strrhena Giotta, Piccitto
e
Arrigoni.
(B ras s i ca cea e ). Tax o no my and variation. Willdenowia 19:271-365.
di Umberto Graziano
Ornitologia
I1 Gipeto Dall'estinzione alla reintroduzione sulle Alpi I1 gipeto (Gypaetus barbatus) si estinse sull'arco alpino intorno al 1900 a causa delle persecuzioni umane. Per via di numerose e terrificanti fiabe e leggende fu conosciuto in passato come avvoltoio degli agnelli.
In realta' questo pacifico uccello, non meno di altri animali, è stato vittima di equivoci che ne facevano un animale sanguinario, che non esitava a uccidere, rapire agnelli o addirittura bambini incustoditi. Fu quindi attlrata una sistematica persecuzione, incentivata dai premi pagatr per la cattura e l'uccisione. Altre cause del declino e, in alcuni casi dello sterminio della popolazione, sono state 1'utllizzo di esche awelenate , l'uccisione per ottenere trofei e cosi' arricchire collezioni zoologiche. Grazie al progetto internazionale di reintroduzione, iniziato nel 1986 con il rilascio nelle Alpi di giovani nati in cattività, il gipeto vive nuovamente sulle Alpi dopo quasi un secolo di assenza (nel 2002 sei coppie nidificanti, tre in territorio italiano, hanno prodotto cinque giovani). In Europa, attualmente, allo stato di naturale libertà è presente solo nei Pirenei, in Corsica e aCreta.Tali popolazioni sono tutte seriamente in pericolo, per via dell'esigua consistenza numerica stimata solo in un centinaio di coppie. Lo ttspaccaossa" La dieta del gipeto è costituita all'8Oo% da ossa,tendini e legamenti. Poichè le altre specie necrofaghe non hanno alcun interesse nei confronti di
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Gipeto adulto
i gipeti non hanno competitori alimentari, essendo gli unici in grado di ingerire intere ossa di notevoli dimensioni come una vertebra o un femore di pecora. Le ossa più grandi vengono portate in volo e lasciate cadere da un'altezza di 50-80 metri su rocce piatte al fine di romperle e poterne ingoiare i frammenti e il midollo. L'evoluzione ha dotato il gipeto di un apparato digerente unico: non possiede il gozzo come gli altri awoltoi e il suo esofago ha le pareti indurite dalla cheratina per evitare
tali resti,
danni durante f ingestione delle ossa, le quali possono raggiungere hmghezze considere-
voli ( fino a 25cm).Inoltre il forte stomaco produce acido
in quantità tali da sciogliere le ossa e assimilarne le sostanze nutritive. cloridrico
Il progetto di reintroduzione sulle Alpi
L'ultimo gipeto delle Alpi fu ucciso in Valle d'Aosta nel 1913. Circa un decennio più tardi, nel 1922 l'ornitologo svizzero, Carl Stemmler, propose la reintroduzione del gipeto sulle Alpi,.ma per varie cause, il progetto non ebbe seguito.
Agli inizi degli anni settanta ricercatori francesi, svizzeri e italiani provarono ad attuare il progetto ,rilasciando in Alta Savoia alcuni soggetti cathrati in Asia. Ma il tentativo fallì. In seguito al successo riproduttivo offenùto nell'Alpenzoo di Innsbruck (A), dove una coppia si era riprodotta regolarmente dal 1973, verso la metà degli anni settanta, fu costituito un gruppo di lavoro, composto da ricercatorr appartenenti a tutti gli stati dell'arco
alpino.Con il patrocinio di WWF, IUCN e della Frankfurt Zoologtcal Society, nel 1978 il suddetto gruppo fondò, a Morges (CH), il progetto di reintroduzione sulle Alpi. Per i rilasci sarebbero stati utllizzati solo giovani nati in cattività, al fine di preservare le esigue popolazioni naturah, già di per sé
minacciate. I promotori de1 progetto fondarono quindi la "Foundation for the Conservation of the Bearded Vulture" che, dal 1992, dirige il programma di reintroduzione. Il progetto è articolato in tre fasi: 1)
La riproduzione;
Il rilascio; 3) La campagna di informazione ed il controllo degli esemplari rilasciati. 2)
Questa delicata fase è stata ctrata dal Dott. Hans Frey veterinario de11'Università di Vienna e responsabile del progetto, che, insieme all'Alpenzoo di Innsbruck, ha messo a punto sistemi di allevamento che consentono un' elevata produttività delle coppie.Queste, depongono solitamente due uova, di cui uno viene prelevato dal nido e posto nell'incubatrice fino alla schiusa I1 giovane nato viene poi
nutrito a mano per
qualch.e
giorno e successivamente rimesso nel nido, separato dal fratello da una parete di legno, per evitare il fenomeno del cainismo, caratteristica innata
nei giovani gipeti,.Infatti il
primo nato, già poche ore dopo la nascita, attacca violentemente il fratello più piccolo 1. La riproduzione colpendolo col becco fino ad I1 progetto inrziò nel 1976 ucciderlo. con il censimento di tutti i gipeti ospitati negli zoo europei 2. Il rilascio e la successiva formazione Quattro furono i siti di riladelle coppie riproduttive. scio individuati nell'arco alpi-
no dalla commissione internazionale di ricercatori, distanti in linea d'aria circa 200-300 km l'uno dall'altro: Rauris (A), Engadina(CH), Alta Savoia(F), Ar genter alMerc antour (r/F) Questi siti si trovano per la quasi totalità in parchi o riserve naturali, località dove un tempo il gipeto era presente. Ancora oggi gli habitat naturali pressoché invariati e le estese pareti rocciose, costituiscono le condizioni ideali per garantire il successo riproduttivo dei gipeti. La tecnica di rilascio che venne proposta dal Dott. Hans Frey, si basa sul principio di imitare il processo naturale di involo degli uccelli dal nido. Questa tecnica denominata "hacking",si è rivelata efficace per la reintroduzione di altri rapaci in Europa e negli Stati Uniti Individuata una nicchia della parete rocciosa e allestita come un nido naturale , vengo-
Umberto Graziano con un esemplare di grtfune, rinvenuto awelenato nell'inverno del 1991 dai forestali di Bonorva
Er4.
Maggio 2002: Reintroduzione del gipeto nelle Alpi Marittime
La raccolta delle informadell'età dai rilasci. Attraverso mostre e ài.iià"Òo glàrrilÉmo allada- altn mezzi di comunicazione zioni-sugli spostamenti degli iu a.Lpri-E volo, che awiene quali la stampa, la radioe la te- uccelli consente di valutare il
no deposti i due gipeti
approssimativamente all'età di lèvisione, un vasto.pubblico. successo del progetto. ii-8 Éi;i, it òifo viene rego- hapotutoconoscere ilprogetto Questo uccello, una volta larménte portato al nido."In e iisuo stato di attuazioni.._ quasi dimenticato, è oggi molla gente. delle qÀilgc;io"i ri deve asso- ogli singolo gipeto rila- to. popolare. .e lutamente evitare il contatto sciatò ha unipropiià marcatu- Alpi vede il progetto di reinfra uccelli e uomini. ra che 1o contraddistingue nei troduzione in maniera .positidiretto -:»opo essersi involati, per primi_anni di vitaAlcune pen- va,. costituendo un simbolo periodo di tempo,'gli ire delle ali o della coda vengo- della protezione delle reg-ioni .rr, .#o iiÀr"gòno in p.orrifrl- no scolorite, in maniera òhe di montagna. I1 ritorno del gi"L"Éi6 ta aet sito diiilascio.. qui ven- l'uccello presenta mac.chie peto, costatqpiù di venti.anni ah- bianche in parti.differenti del di intensi sforzi.per l'allevad;";;";; pirzialmente corpo in modo da essere rico- mento, il lavoro di ricerca e la mostraquando irentati, fino à no di essere autosufficienti, rro.cirrto da lontano Lamarca- rimessa in libertà degli uccelli, io-p"rrdo così anche l'ultimo tura viene fatta.prrma del rila- è un ottimo esempio della colf"gri"" fr" i giovani gipeti e scio all'età di ciica tre mesi laborazione costruttiva fra uoPer seguire i giovani gipeti mini di paesi diversi per un obl,uomo. Sono circa 120 i giovani gi- una voltalnvolati, è stata costi- biettivo comune. La presenza 9e1 gipeto: -oJpeti rllasciati in que"sti siti ie- tuita una rete di osservatori vo'gii"rti-l 15 anni. lontari che coinvolge centinaia tre ad arrichire il_quadro. della
3. La campagna di
infor-
persone.In quàsto modo, gruri" alla colla6orazione delIa gente che vive sulle alpi, personale dei parchi e delle ri-
di
faunaindigenadelleAlpi,rap-
presenta. una ulteriore attrattiva turistica che si traduce in un vantaggfo.per la pop.olazione.e
mazione e il controllo degli uccelli rilasciati. Sin dalf inrzio è stata attri- ier,re naturàli, ornitologi, le attività economiche della buita una grande tmportanza guardie forestali, cacciatori, montagna. all,informazione approfondita àllevatori e turisti è possibile dellapopolazione e àelle auto- seguire gli spostamenti dei girità delle regioni interessate peti.
il patrocinio di IUCN e della Frankfurt Zoological Society, nel 1978 il suddetto gruppo fondò, a Morges (CH), il progetto di reintroduzione sulle Alpi. Per i rilasci sarebbero stati utllizzati solo giovani nati in cattività, al fine di preservare le esigue popolazioni naturali, già di per sé minacciate. I promotori del progetto fondarono quindi la "Foundation for the Conservation of the Bearded Vulture" che, dal 1992, dirige il programma di reintroduzione. Il progetto è articolato in tre fasi: alpino.Con
'WWT,
1) La riproduzione; 2) Il rilascio; 3) La campagna di informazione ed il controllo degli esemplari rilasciati. 1. La riproduzione I1 progetto iniziò nel 1916 con il censimento di tutti i gipeti ospitati negli zoo europei e la successiva formazione delle coppie riproduttive.
no dalla commissione internazionale di ricercatori, distanti terinario dell'Università di in linea d'ana circa 200-300 Vienna e responsabile del pro- km l'uno dall'altro: Rauris getto, che, insieme all'Alpen- (A), Engadina(CH), Alta Sazoo di Innsbruck, ha messo a voia(F), Ar genter alMercantour punto sistemi di allevamento (r/F) che consentono un' elevata Questi siti si trovano per la produttività delle coppie.Que- quasi totalità in parchi o riserste, depongono solitamente ve naturali, località dove un due uova, di cui uno viene tempo il gipeto era presente. prelevato dal nido e posto nel- Ancora oggi gli habitat natural'incubatrice fino alla schiusa li pressoché invariati e le esteIl giovane nato viene poi se pareti rocciose, costituisconutrito a mano per qualch.e no le condizioni ideali per gagiorno e successivamente ri- rantire il successo riproduttivo messo nel nido, separato dal dei gipeti. fratello da una parete di legno, La tecnica di rilascio che per evitare il fenomeno del venne proposta dal Dott. Hans cainismo, caratteristica innata Frey, si basa sul principio di nei giovani gipeti,.Infatti il imitare il processo naturale di primo nato, già poche ore dopo involo degli uccelli dal nido. la nascita, attacca violente- Questa tecnica denominata mente il fratello più piccolo "hacking",si è rivelata efficace colpendolo col becco fino ad per la reintroduzione di altri ucciderlo. rapaci in Europa e negli Stati Uniti 2. Il rilascio Individuata una nicchia delQuattro furono i siti di rila- la parete rocciosa e allestita scio individuati nell'arco alpi- come un nido naturale , vengoQuesta delicata fase è stata ctxata dal Dott. Hans Frey ve-
Umberto Graziano con un esemplare di grifune, rinvenuto avvelenato nell'inverno del 1991 daiforestali di Bonorva
Il gipeto in Sardegna: le cause dell'estinzione. Fino alla prima metà del se-
colo scorso, erano presenti in Sardegna tre specie di ar,rrol-
toi: 1'avvoltoio monaco (Aegypius monacus),il grifone (Gyps fulvus) e il gipeto
(Gypaetus barbatus). Questi uccelli sono fra i più grandi rapaci del mondo e grazie all'apertura alare che sfiora i tre metri sono ottimi veleggiatori in grado di coprire enormi distanze con minimo dispendio di energie. Il loro cibo era costituito da animali morti, sia domestici che selvatici e grazie a queste carutteristiche alimentari svolgevano nelle campagne della Sardegna un importante ruolo in campo sanitario, eliminando in poco tempo gli animali morti prevenivano la diffirsione di malattie contagiose. Durante questi "banchetti" le tre specie di awoltoi si alternavano in base alla propria specializzazione alimentare :
l'awoltoio monaco (il più grosso) aveva la precedenza, con il robusto becco bucava Ia pelle e si nutriva dei muscoli, creando così delle aperture immediatamente sfruttate dai grifoni che con il lungo collo svuotavano rapidamente la carcassa, lasciando la pelle e le
a causa dei trattamenti delle campagne con DDT e altri pesticidi per eliminare zatzare e cavallette, causa di malaria e distruzione di raccolti. Questi interventi provocarono il crollo della popolazione degli awoltoi: i 1500 grifoni del 1940 erano diventati circa 200 nel 1960 mentre il monaco e il gipeto erano diventati rari.L'uso di esche avvelenate per la lotta ai "nocivi" ma soprafutto il commercio scatenatosi nelf immediato dopoguerra e frnanziato da musei e collezionisti italiani e stranieri diede il colpo di grazia . I cacciatori di trofei, man mano che questi animali si fecero più rari, o.ffrirono cifre sempre maggiori a pastori e cacciatori, innescando un circolo vizioso che rapidamente distrusse le popolazioni dell'awoltoio monaco e del gipeto.
Il ricordo del gipeto sul monte Limbara. Negli anni novanta è inrziata una raccolta di dati per rico-
struire la situazione storica del gipeto in Sardegna.Il lavoro di Umberto Graziano e Alessia Atzen| è stato pubblicato dalla Fondazione per la Conservazione del Gipeto sul rapporto annuale del 1997. La ricerca, è
stata basata anche sulla testimonianza di alcuni allevatori e cacciatori anziani, del monte Linbara e del Gennargentu, che hanno conosciuto il gipeto. .Graze a queste informazioni è stato possibile localizzare sia alcuni siti. dove il gipeto nidi-
ficò, sia alcuni "bersagli" spaccava le ossa.
Pare che l'ultima nidificazione del gipeto sia awenuta intorno agli anni settanta nel supramonte di Orgosolo in 1ocalità "Gantinarr,rr", in seguito ci sono state segnalazioni sempre più sporadiche di gipeti solitari fino alla, totale scomparsa della specie dalf isola, awenuta negli anni ottanta. Era chiamato "gurturju ossarju"in supramonte e "frangoni" in Gallura Fra le testimonianze più interessanti quella di Giovanni Ledda,classe 1903, raccolta nella sua casa di S. Leonardo, frazione di Oschiri nel 1993. Allevatore e abile cacciatore fin da ragazzo, ricordava con estrema lucidità 1o scenario naturale del monte Limbara, dove ha vissuto dall'inizio del secolo, con cervi, mufloni, aquile e gipeti Aveva ereditato dagli anziani del suo tempo un grande rispetto per il gipeto, considerato da questi, un animale "im-
ossa al gipeto.
Questo scenario primordia-
le, basato sull'arte del riciclag-
gio, profondamente legato all'economia pastorale della Sardegna, è stato per millenni una caratteristica del paesaggio. Attualmente in Sardegna solamente il grifone, con circa venti coppie, si riproduce ancora sulla costa nord occidentale tra Bosa e Alghero , mentre i1 monaco e il gipeto sono estinti da oltre trent'anni. L'estinzione di questi avvoltoi è stata causata da diversi fattori. Intorno agli anni cinquarya ci.furono. in. Sardegna masslcce tmmrssroni di veleni
o
"rompitoi" dove abifualmente
Dalla Mostra del Diorama del Supramonte: Falco pellegrino su colombaccio
portante", capace anche di rubare la preda all'aquila reale e degno quindi di ammirazione. Con dovizia di particolari descriveva l'agilità del volo e la precisione con cui i giPeti spaccavano 1e ossa sulle rocce
lanciandole dall'alto; que-
st'uomo fu l'unico dei testimoni a parlare delle parate nuziali dei gipeti. Ricordavarnfattir forti fischi, le picchiate vertiginose e gli spettacolari agganci della coppia che, intrecciati gli artigli scendeva dal cielo Per centinaia di metri, nella caratteristica picchiata a vite. Delle sue parole ricordiamo:-..."1i frangoni in amori frus ciabani, ... intindia li frusci da luntanu,... ...era lu più beddhu ,...no l'agghiu mai tiraddu"(durante la parata nuziale r
gipeti fischiavano,...sentivo i fischi a grande distanza,...eta il piu bello, ...non gli ho mai sparato)
oosan
Leonardo Novembre 1993"
di
Oschiri
Quali possibilità Per il ritorno del giPeto nella Sardegna di oggi.
Dott.ssa Patrizia Rossi, direttrice del Parco Alpi marittime
cimare questi animali che molti allevatori. Nell'estate 1991, la carcas- mangiano in gruppo, anche a subito numerose trasformazioni sa di una vacca che era stata svariati chilometri di distanza ambientali. La realizzazione di awelenata, probabilmente Per dai siti dove risiedono. Un alpoli industriali, centrali e linee uccidere cant randagi o volPi, tro punto a sfavore di questi eletffiche, villaggi turistici . al- predatori di bestiame domesti- grandi uccelli, è la lenta bioloberghi, strade, cave, le bonifi- èo, ha ucciso la metà dei gri- gia riproduttiva che non conperdite in che fondiarie con sradicamento foni sardi che sono tornati ai sente di riparare alle si riProche dato brevi della macchia e gli incendi, minimi storici.(circa 50 esem- tempi il sedopo solamente ducono hanno profondamente alterato plari).In un solo giorno, sono e depongono, vita di anno sto itati "bruciati oltre venti anni 1'ecosistema originario. Nonostante queste trasfor- di sforzi per proteggere e ali- spesso ad anni alterni, un solo
territorio della Sardegna negli ultimi quaranta anni ha
ra usate da
maziont abbiamo ancora località che possiedono le Potenzialità ambientali e trofiche capaci di ospitare gli arwoltoi.Rimane però un grosso Problema che impedisce sia la reintroduzione del gipeto, sia la naturale ricrescita della popolazione di grifoni; questo è rapPresentato dalle esche avvelenate, che, anche se vietate dalla legge no157 del 1992, sono anco-
mentare la colonia rimasta.
11
Anche nell'autunno del in evidente
2001, due grifoni
diffrcoltà motoria, sono stati
segnalati alla Stazione forestale di Bonorva che, inviata una ilattuglia nel punto segnalato, in agro di Padria, ha rinvenuto il càdavere di uno di questi probabilmente awelenato. Questi tristi eventi evidenziano come
il veleno
Possa de-
uovo. L'uso delle esche awelenate, è quindi il piu grande Problema, sia per f incolumità dei grifoni sardi, sia per uno spontaneo ritorno del gipeto dalla vicina Corsica, dove vive una popolazione in crescita. E'necessaria a questo Punto, da parte della Regione Sardegna, una campagna di sensibllizzazione attraverso i mass-
re*= .a-:#4 .4- '*-',*-' i+ÈS' Dal Diorama del Supramonte: Aquila reale su volpe
media che coinvolga scuole, allevatori e cacciatori, per
scongiurare l'uso del veleno nelle campagne; tale intelento deve necessariamente essere accompagnato da rimborsi agli allevatori, previo accerlamento, da parte del Corpo Forestale, dei danni causati al bestiame domestico, da cani randagi o volpi. La crescita della popolazione dei grifoni e il ritorno del gipeto in Sardegna, sono obbiettivi difficili ma non impossibili. Uno dei contributi per f informazione sarà 1o sviluppo del progetto didattico "Dalla roccia al gipeto". Questa iniziativa, aperta a tutti i livelli culturali consiste nel diorama del supramonte, dove attraverso i diorama e la tassidermia scientifica degli animali ven-
gono ilustrati i concetti di evoluzione e riciclaggio Il 2002 è stato proclamato sotto 1'egida dell'ONU e della FAO "Anno Internazionale delle Montagne". Un rimedio al problema consiste nelrealtzzare una rete
di "carnai controllati" dove i grifoni possano alimentarsi senza il.pericolo di veleni; è necessaria comunque un' opera
di
sensibilizzazioneche coin-
volga politici, scuole,guardie forestali, allevatori, cacciatori e naturalisti.
Le perdite degli allevatori, per danni al bestiame domestico causati da cani randagi, volpi o altri predatori, dopo l'accertamento da parte del Corpo Forestale, dovranno essere rapidamente risarcite dagli uffici regionali preposti. Un rimedio al problema
consiste nelrealizzare una rete di "carnai controllati" dove i grifoni possano alimentarsi senza il pericolo di veleni; è necessaria comunque un' opera di sensibilizzazioneche coinvolga politici, scuole,guardie forestali, allevatori, cacciatori e naturalisti. Le perdite degli allevatori, per danni al bestiame domestico causati da cani randagi, volpi o altri predatori, dopo l'accerlamento da parle del Corpo Forestale, dovranno essere rapidamente risarcite dagli uffici regionali preposti. Questo lavoro che richiederà la partecipazione di tutti coloro che tengono alla sorte di questi animali richiederà anni ma è la via per favorire la crescita dei grifoni e il ritorno del gipeto in Sardegna.
Giovanna Fresi, Claudio Arnò e Roberto A. Pantaleoni
Fauna minore
I R.g ni negli ecoslsterrìl: Prlrne ricerche in Sa-rdegna-a-
I Ragni (Fig. 1) formano un ampio ordine di carnivori, appartenente ai Chelicerati, geograficamente distribuito su scala mondiale. Esso è settimo
nella classifica della diversità globale (numero di specie) do-
Molti ragni sono
creafure solitarie, altamente portate al
cannibalismo, che praticano bizzarri rituali di corteggiamento. Numerose specie producono suoni durante tali corteggiamenti od esibiscono se-
femmina è normalmente assai più grande del maschio. La dispersione nell'ambiente è realizzata camminando sul suolo, attraverso ponti di seta tesi tra le piante (Fig. 2) o con il cosiddetto filo aeronautico (rl balloning degli Autori an-
glossassoni). tutiglio
1a-, Pedipalpo
11lla, Ua, Wa zamPa
I
fenomeni di
dispersione aerea sono ancora
da chiarire completamente
e
coinvolgono sia giovanissimi immaturi, evidentemente alla ricerca di ambienti favorevoli, che adulti (spesso maschi).
Tutti i ragni producono seta
da apposite ghiandole addomi-
Tubercolo male
i chelicerati sono caratterizzati dalla presenza di due appendici preorali piccole e bisegmentate, i cosiddetti cheliceri. Il corpo è diviso in due regioni - il prosoma e l'opistosoma
schema morfologico di un ragno: come tutti
(impropriamente detti cefalotorace e addome) - unite mediante un peduncolo; delle cinque paia di appendici postorali, il primo paio è trasformato in pedipalpi, le rimanenti costituiscono lq quattro paia di zampe (da Brusca & Brusca, 1996).
po i cinque maggiori ordini di insetti (Coleotteri, Imenotteri, Lepidotteri, Differi, Emitteri) e gli Acari. Finora sono state descritte più di 30.000 specie di ragni e, secondo una recentissima Checklist, in Italia ne sono note piu di 1.400.
La stragr ande maggio ranza dei ragni colonizza habitat terrestri. I Pisauridi e alcuni Licosidi, tuttavia, possono camminare e pattinare sulla superficie dell'acqua, e talvolta pescare e nuotarvi al di sotto, nutrendosi di organismi acquatici o acquaioli. Un Argironetide, poi, l'Argyroneta aquatica, ha vita completamente subacquea.
gnali visivi di riconoscimento. Il dimorfismo sessuale è presente in moltissime specie e la
nali che sboccano nelle filiere. Con la sola eccezione degli Uloboridi, possiedono ghiandole per la produzione di veleno che viene inoculato nelle vittime attraverso il secondo segmento dei cheliceri, particolarmente sclerificato ed acuminato. L'immobili zzazione è compiuta mordendo ed iniet-
tando il veleno nella preda che può venire o meno preliminarmente awolta nella seta. Non essendo praticamente in grado di "masticare" il cibo, i ragni
emettono particolari enzimi per ottenere una parziale digeitione esterna e per ridurre gli
Giovani di Latrodectus tredecimguttutus in fase di dispersione dopo l'uscita dall'ovisacco (foto G.M. Delitala, Sassari).
cole dei ragni che se ne nutro-
no; esperienze di laboratorio
con una preda modello (grillo) hanno rilevato che le dimensioni ottimali della vittima sono comprese fra il 50 e l'80Yo di quelle del predatore. I ragni possiedono un tasso metabolico veramente basso comparato con quello di altri inverlebrati di peso corporeo simile. Essi sono quindi in grado di accumulare energia e di digiunare per considerevoli periodi di tempo, ciò che permette loro di
sopravvivere facilmente in
La classica tela orbicolare co,struita dai ragni di alcune famiglie (foto G.M. Delitala, Sassari).
alimenti allo stato semi-liquido. Le tecniche di predazione delle varie specie sono sorprendentemente ampie, ma es-
senzialmente riconducibili a due fondamentali gruppi di strategie di caccia: (1) i tessitori che catturano le prede con l'uso di ragnatele; e (2) r cac-
ciatori (attivi o alla posta) che non impiegano ragnatele. Oltre alle classiche tele circolari (od orbicolari) (Fig. 3), i ragni possono costruire tele tubolari in corrispondenza di una "tana", tele irregolari"a tappeto" o verticali. I ragni "cacciatori" ricorrono ad una grande varietà di metodi per f individuazione delle prede. Alcuni
beri, granchi, rane, lucertole, serpenti e scorpioni - tuttavia essi si nutrono essenzialmente di insetti ed in misura minore di altri ragni. La maggioranza delle specie può inoltre considerarsi generalista (vasto spettro di prede): è stato ipotizzalo che ciò ottimizzerebbe il bilanciamento della dieta. Le vittime sono solitamente più pic-
condizioni di scarsità di cibo. Il ciclo vitale, pur apparendo relativamente semplice, è assai poco conosciuto. Per raggiungere la maturità è generalmente necessario da poco meno di un anno a diverse stagioni. Allo stato adulto la sopravvivenza può andare da poche settimane (nei maschi) a svariati anni (femmine di alcune specie). La maggioranza delle specie europee ha adulti primaverili (le femmine si rin-
Iocahzzano la preda visivamente (Fig. 4), mentre molti altri reagiscono alle vibrazioni (es. al battito delle ali o ai movimenti al suolo) o piu semplicemente si affidano al contatto accidentale.
Sempre considerati come predatori e.sclusivi di organismr vlvl e ln movrmento, i ragni si sono dimostrati in grado, secondo studi recenti, di nutrirsi anche di uova di Artropodi, animali morti, pollini e diete artificiali. Pur essendo in grado di utihzzare come prede un largo spettro di gruppi animali - comprese varie vittime inusuali quali piccoli roditori, pipistrelli, uccelli, pesci, gam-
Primo piano dell'area oculare di una Licosa, ragrLo cacciatore che individua le prede tramite la vista (oto G.M. Delitala, Sas,sari).
rale di 130,8 ragni per metro quadrato (variazione da 0,6 a 8421m2), il che porta a concludere che I'impatto di predazio-
Femmina di Argiope bruennichi, grosso ragno tessitore (foto G.M. Delitala, Sassari).
vengono però durante tutto I'anno), ovideposizioni tardoprimaverili o estive, sverna-
colo campo abbandonato dominato da fioriture. Api, bombi ed altri insetti impollinatori giovarappresentano la princiPale mento come subadulti o nissimi adulti. Un buon nume- fonte di cibo per alcune sPecie ro di ragni ha però adulti esti- mimetiche che attendono la vi, autunnali ed anche inverna- preda sui, o vicino ai, fiori. Vali, con ovideposizioni imme- rie volte è stato osseryato codiatamente successive e sver- me molti ragni catturino ed ucnamenti negli stadi di giovani cidano un gran numero di inimmaturi, uovo od adulto. Nei setti parassiti e predatori. Quecasi in cui occorrano due o Più sto éffetto negativo, tuttavia, stagioni per raggiungere la risulta bilanciato dall'attività di maturità, gli svernamenti av- predazione su numerosi insetti vengono naturalmente con dannosi. Nonostante che I'imPortangiovani a diversi stadi di sviza ecologica dei ragni nell'ecoluppo. degli ecosistemi sia lari nomia eome predatori generalisti inesplorata, essi sono gamente ragni catturano insetti sia utili, considerati cogeneralmente che indifferenti o dannosi. La nemici naturali importanti me stessa specie di ragno può nuecologi riMolti insetti. trirsi prevalentemente di inset- degli come coni ragni che tengono ti dannosi in una certa località, secondari "Possano mentre può catturare in mag- sumatori groranza insetti utili solo a Po- contribuire significativamente chi chilometri di distanza. II nel mantenere l'omeostasi deltessitore Argiope bruennichi le comunità." L'analisi di 37 pubblrcazioche, per esempio, preda princia stime assolute del relative ni palmente cavallette in alcuni di ragni in ecosistemi numero pascoli dell'Europa Centrale, è antropizzati ha rnod naturali stato osservato catturare un media genedensità una picdicato gran numero di api in un
ne sulle entomocenosi potrebbe essere enorrne. Specialmente in habitat poco disturbati come campi abbandonati, paludi e boschi questi animali sembrano giocare un importante ruolo come insettivori. Le prede uccise dai ragni in tali ecosistemi sono state stimate in 50-200 kg di peso fresco Per ettaro per anno, valore che risulta essere di circa cento volte superiore alla media rilevata in coltivazioni erbacee annuali. Risulta comunque evidente come i ragni siano importanti agenti di mortalità di certi insetti di piccola taglia dannosi alle colture come afidi, cicaline, emitteri, ecc., soprattutto in coltivazioni ove vengano limitati, od esclusi, i trattamenti chimici insetticidi. Sorprendentemente, le basi dell'ecologia dei ragni (ad esempio, preferenze alimentari, area di ricerca, tempo di ricerca, tasso di predazione, ecc.) risultano tuttora largamente sconosciute per la maggioranza delle specie .La dettagliata investigazione sul loro ruolo come predatori e sulf impatto economico da essi espleiato in vari habitat naturali ed agricoli risulta un'urgente necessità.
L'importanza dei ragni nelle agrobiocenosi è stata verificata anche in Sardegna. In una serie di ricerche sulle artropodocenosi delle colture agrarie è apparso subito evidente che questi animali rappresentano, senza dubbio, il gruppo di Predatori più importante, estremamente abbondante sia come numero di individui che come numero di specie. In ordine cronologico le indagini hanno riguardato l'arkopodofauna dell'oliveto, delle alberature urbane e del vigneto, di un ambiente di ecotono tra diverse colture fruttife-
Carnpagne di
ricercr srrlle aracnocenosi esemplori roccolli
Settembre'1992 Marzo 1994
OIlvo
4,OlI2
Maggio f 993 Maggio 1996 Aprile 1994 Marzo 1996 Maggio 1997 Giugno 1998 Maggio 1999 Maggio 2000
lI,,O]? Ricerche sui ragni compiute dal Dipartimento di Protezione delle Piante e dall'ISE-CNR
di
i
,'l
Sassari
6. Secondo dati del 1995 perla L'importanza dei ragni alfauna sarda erano conosciute I'interno delle biocenosi, ed 236 specie, delle quah 22 en- ancor più delle agrobiocenosi, demiche, appartenenti a 29 fa- è venuta alla luce mano a ma(Fig. 6). Di questi solo il miglie. 11 totale giunge ora a no che gli studi su questo argo16,4Yo (3.452 esemplari) erano 35 famiglie e 318 specie. Ma mento si sono sviluppati. Essa adulti. In ciascuna campagna questo elenco andrà sicura- è inoltre \egata al grande prodi campionamento, ad esclu- mente ulteriormente aggiorna- blema del ruolo dei predatori sione di quella sulla sughera di to. Si pensi che per la vicina generici nelle catene alimentaminore entità, il numero com- Corsica sono già segnalate 494 ri, problema che, sia pur lentaplessivo di ragni catturati è ri- specie (dati del 1989). I mol- mente, sta creando nuove promasto più o meno costante, da tissimi dati raccolti durante spettive nelle applicazioni di un minimo di 4.012 ad un mas- queste indagini vogliono rap- lotta biologrca. La speranza è simo di 5.763. A tutto questo presentare un primo contributo che questi studi possano un materiale va aggiunta la cosid- all'approfondirnento delle co- giorno contribuire ad un sodetta "miscellanea" (raccolte noscenze di un gruppo anima- stanziale miglioramento delle eseguite al di fuori di queste ri- le fin qui ingiustamente trascu- condizioni dei nostri boschi e cerche) rappresentata da alcu- rato. delle nostre colture. ne centinaia di esemplari. L'abbondante materiale proveniente da indagini compiute in agrumeto è ancora in corso di studio. Le specie complessivamente raccolte (Fig. 7), appartenenti a 33 famiglie, sono risultate 149 (non tutte determinate con precisione a livello specifico, ma tutte individuate come taxa distinti). Di queste ben 82 (11 55%) sono risultate nuove per la Sardegna o per l'Italia, mentre le famiglie mai raccolte prima nell'Isola sono Consistenza dell'araneofauna sarda dopo queste ricerche re, e della sughera. Complessivamente, nelle cinque campagne di ricerca sono stati raccolti2l.037 esemplari di ragni
Le attività del Corpo Forestale V.
A'
di Marino Ortu
A4OLtr,NTTAI{GIL]S Consuntivo servizio attivitò di vigilanza Parco del Molentargius
LE PRINCIPALI LINEE VIARIE come si arriva a Molentatgius accessi e tappe dell' itinerario
Planimetria del Parco del Molentargius - Saline Poetto.
pena si sono manifestati i pri- Je lolz9 di Polizia Municipale, mi segnali della nidificaziote, la A.S.L. t' § di Cagliari e 1o s.T.t.n. di Cagliari ha dis- nell'Associazione per i.l !a1co postg attraverso listruttura pe- Molentargius i .soggetti istitui."tu."gl"r provocarono l'ab- iiferica di Sinnai l'aumento zionali destinati a svolgere atbando?o dàlla nidi frcazione del numero dei servizi di vigi- tività diretta e/o indotta di vilanza all'interno della lagunà. grlanza e tutela alle aree di nidei -' fenicotteri rosa. Successivamente l'Asses- difiiazione. Nella medesima ftplsoaio, 'e suscitando sdegno nella sore Regionale alla Difesa del- riunione si è delegato 1o STIR commàzione comunità, ha messo In eviden- l'Ambiàte ha individuato nel di .Cagliari a pianificare q c.9;;f;g";;^ u piediÀporre pe. Corpo Forestale, nella Ammi- ordinare le istituzioni su inditempo Te misurè neceìsarie-at- nistiazione Provinciale, e per vidyltg. te a prevenrre e proteggere da essa la convenzionataAssoCia- Al fine di rafforzate latuteà'riuiti ai zione di Volontariato Paff, nel- la e la.p_revenzione nell'ambito q""rJl^i pericolo gti le Amministrazroni Comunali di nidificazione è stata emessa rìidificaziòne. per l'anno in corso, g1à a di Cagliari, Quartu S.Elena e l'Ordinatza dell'Assessore purtiià dalla metà di apÉtJ, ap- Quartùcciu, .àppteset tate dal- della Difesa dell'Ambiente 14
Nell'anno 2001, nella primese di magma decade del -intrusioni di caii ;i;ile ;i;, iiibig, nell,ambito del Mo-
maggio 2002, n" 40291 CFVA, di salvaguardia urgenti nell'ambito del Parco regionale " Molentargius - Saline". recante misure
CENNI STORICO E NATURALISTICI
L'intera ed integrata area del Molentargius, dello sviluppo di circa 1.600 ettari, confina ad ovest con il capoluogo regionale Cagliari, ad est con la città di Quartu S. Elena, a nord con i Comuni di Selargius e Quartucciu, a sud con la lunga spiaggia del Poetto.
La particolarità dell'area umida di Molentargius risiede quindi, innanzi tutto nella sua collocazione tipicamente urbana ( un terzo dellapopolazione regionale risiede intorno a tale compendio) a ridosso di un delicato e particolare "sistema" ambientale che vede un unicum con la spiaggia del Poetto e le Saline. L'ambito si articola in due grandi bacini idrici rappresentati dallo stagno di Molentargius e dallo Stagno di Quartu. Lo Stagno di Molentargius, in particolare, si divide in due vasche: una denominata Bellaro-
sa Minore, in cui viene fatta confluire l'acqua dei diversi canali che raccolgono le acque reflue dei paesi dell'hinterland cagliaritano ; l' altra, chiamata Bel larosa Maggiore costitui sce un bacino di raccolta delle acque provenienti dal mare attraverso l'idrovora posta lungo la spiaggia del Poetto. Tra lo Stagno del Molentargius e 1o Stagno di Quarhr si sviluppa una vasta superficie ptana, denominata Is Arenas, che costituisce una vasta area agricola costantemente minacciata dall' abusivismo edilizio e dalle discariche. La proprietà è rappresentata dal Demanio Marittimo, Monopoli di Stato, Comune di Cagliari, Comune di Quartu S. Elena e Comune di Quarhrcciu. Geologicamente, i fenomeni fluviali, successivi al ritiro del mare tirreniano, incisero i depositi di panchina, formando un ampia insenatura e formarono un cordone sabbiosoconglomeratico racchiudendo un ampio specchio di mare divenuto laguna e poi stagno. Il paesaggio di Molentargius si è evoluto con l'attività umana dell'estrazione del sale
rniziata già al tempo dei Fenici circa 2000 anni fa e proseguita fino ai giorni nostri. La rac-
colta del sale era assicurata sulla manodopera disponibile ed effettuata in modo arcaico
con l'esclusivo intervento dell'uomo e, quando possibile, da buoi e asini, is molentis, da cui prende origine il nome " Molentargius". L'attività estrattiva del sale nello stagno, insieme al porto, rappresentano le attività economiche portanti dell'area Cagliaritana fino al secondo dopoguerra quando l'aumento considerevole della popolazione ruppe l'equilibrio tral'attività estrattiva del sale e l'ambiente naturale che si era mantenuto sino allora. Nel 1977 lo stagno di Molentargius viene dichiarato zo-
na umida di importanza internazionale in base alla Convenzione di Ramsar, nel 1989 l'area di Molentargius viene inclusa nella categoria delle 6triserve naturali", mentre il
26 febbraio 1999 viene emanatalalegge Regionale no 5 istitutiva del Parco regionale del 6'
Molentargius - Saline". La flora, all'interno del Par-
co
è presente esclusivamente vasche evaporanti e nel Bellarosa minore, ma, anche in questi ambienti lavegetazione varia nella costituzione e per numero di specie presenti, a seconda delle percentuali di clorinità contenute nelle acque. Per cui nella zona delle vasche evaporanti, con acque ad alata e media concentrazione di cloro, rinveniamo piante prettamente alofile. Negli argini che dividono le vasche sono infatti presenti alcune Chenopodiacee (Alimione portucoides, Salicornia fruticosa e herbacea, Arthochnemum glaucum, Suaeda fruticosa). Nei tratti dove l'acqua è costante si trovano praterie di
negli ecosistemi delle
Momenti di attività di vigilanza
Enteromorpha intestinalis,
mentre, dove l'acqua non è co-
Siti di nidificazione
stante ma dove comunque il terreno si mantiene umido ed asfitico, è presente la Salicornia herbacea. Dove termina il salicornieto prende il via il canneto
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Colonia di Pulli
(phragmietes isacus),che norÀalmente trovasi in acque Piu dolci. Per la sua naturale Posizione geografica, nonché Per gli ambienti ottimali per la sosta e
la laguna del Molentargius permette la massiccia presenza di avifauna stanziale e di passo, che in Periodo invernale supera le 20.000 unità tra le quali sono 1o svernamento,
Problematiche del Parco: Randagismo e discariche
state censite ctca 180 specie di uccelli corrispondenti a quasi un terzo dell'avifauna europea.
Tra le specie presenti ormai abitualmente " sa genti arrubia" il Fenicottero (Phoenicopterus ruber), comunque migratore parziale, svefira ormai in gran numero in Sardegna, ove 1o si trova in grosse colonie anche d'estate; certamente inconfondibile per la grande tagha, il becco ricurvo di colore rosa con punta nera, lunghe zampe rosa palmate, lungo collo sinuoso, piumaggio bianco che sfuma nel rosa e con ali rosse e con remiganti primarie nere. Al contrario i giovani (pulli) hanno una colorazione grigia che durante l'accrescimento tende al bianco con screziature brunastre, mentre le zampe e becco restano grigiastri. A partire dal2" sino al4o anno la colorazione risulta rosa pallido fino al caratteristico piumaggio adulto precedentemente descritto Gregario durante la cova, 1o si trova esclusivamente nelle acque mediamente profonde nelle quali ricerca il cibo costituito prevalentemente di piccoli crostacei (Artemie, Dafnie, ecc.) che pesca ar,rralendo-
si del becco a cucchiaio col quale draga il fondo. I1 nido viene costruito sugli argini delle lingue di tena che si eleva rispetto al pelo dell'acqua o sui bordi dei piccoli isolotti, ammassando fango, fino a prendere la forma di un cono con la cavità superiore, alto dai
30 ai 40 cm.. In tale cavità vengono deposte due uova, in un'unica covata annuale, bianche e gessose, con guscio non liscio, che vengono incubate dalla sola femmina per un mese circa, OBIETTIVO A seguito delf incarico conferito al Servizio Ripartimentale a coordinare l'attività di tutela e sorveglianza delle aree di nidificaziote della popolazione di fenicotteri dai disturbi
o danneggiamenti
provocati
dal randagismo o daatti colpo-
si o dolosi di matrice umana all'intemo del parco del Molentargius si è proweduto: ad individuare cartogr afrca-
mente g1i ambiti (due) in cui la colonia dei fenicotteri si è distribuita nella deposizione e cova delle uova, il f in agro di Quartu S. Elena in prossimità del biofiltro, ll 2" in agro di
Cagliari a ridosso del primo
cavalcavia dell'asse mediano (direzione saline - centro cittadino). Gli stessi sono stati poi inseriti come ambiti di divieto nell'Ordinanza Assessoriale di cui sopra in cui la colonia dei fenicotteri si è distribuita nella deposizione e cova delle uova, cio perché gli stessi fossero inseriti nell' O r dinanza Assessoriale citata e infine per determinare la metodologia operativa, necessaria per pianificare la attrrbuzione numerica e spazio temporale, ai diversi sog-
getti concorrenti dell'attività divigilanza; organizzare la Sala Operativa Ripartimentale in funzione dell'assistenza alla vrgrlanza e al raccordo con i soggetti, A.S.L. no 8. Servizio di vigilanza veterrnand e canili convenzionati (Shardana e Dog Hotel) deputati alla catitra e
custodia dei randagi. logistica e strumentazioni necessari agli operatori;
DURATA INTERVENTO
Il servizio dr vigrlatza, coordinato con le altre istiruzioni, è stata istituito a partire dal 10 maggio 2002 ed ha terminato l'attività turnata nei primi giorni di agosto u.s. nel momento in cui sentita l'Associa-
Cantiere del Consorzio Ramsor; BoniJica del Molentargius
zione del Parco, a cui si è chiesta una consulenza scientifica,
cipale delle città di Cagliari e Quartu S. Elena, è risultata limitata a pochissime ore. Ci si è
ta nulla. Attualmente la Stazione Forestale di Sinnai, comPetente per giurisdrzione sulla laguna, prosègue nella ordinarta attlttà istituzionale di vigilanza sul Parco e sui fenicotteri, cosi come, da convenzione, Prosegue 1'attività anche dell'Associazione di volontariato PAFF' L'attività si è esplicata attrverso pattuglie forestali costituite da due elementi che hanno ruotato rn 3 tumazioni giornaliere con copertura H 24 (06114, 14122, 22106), da Parte del personale facente caPo alle Staiioni del CFVA di Sinnai, Campu Omu e Dolianova. Ai servizi ha concorso, in maniera puntuale, l'Amministrazione Provinciale di Caglian attraverso la convenzioÀata Assocrazione di volontariato PAFF, mentre, la Presenza delle forze diPolizia Muni-
preziosa collaborazione tecnièo scientifica del Servizio Veterinario della A.S.L. n" 8 di Cagliari e dell'Associazione Parco del Molentargius. Per i servizi di sorveglianza
la percentuale del rischio di danni per i pulcini si è rePuta-
awalsi inoltre della fattiva
ai siti di
e
nidificazione sono stati ttrlizzati tutti gli Agenti Forestali in dote alle strutture periferiche anzi citate, Per un
del cibo (bocconcini di carne) mista a medicinali soPoriferi che, una volta ingerito dai cani di seguito all'effetto rilassante ne permette la cattura. PuftroPpo questo metodo si è dimostrato assolutamente ineffrcace, mentre nella attività quotidiana di vrgrlanzale oPerazione occasiònali hanno Pennes-
so, in tutto l'arco temPorale dell'attività,la cattura di n" 8 cani.
MONITORAGGIO numero pari a 480 unità, hanno effettuato 260 turm di sorveDal monitoraggio giornalieghanzadi 8 ore cadauno, Pari.a òomplessive 2080 ore lavorati- ro sulle colonie di fenicotteri e ve.Associate all'attività di vi- dalle successive verifiche efgllanza e prevenzione si sono fettuate con i consulenti scienportate a termine in collabora- tifici dell'Associazione Per il i,ione con il Servizio Veterina- Parco del Molentargius si è aPrio e il personale dei canili purato che nel sito individuato convenzionati no 4 oPeraziont òon il no 1, a nord della laguna, dopo un incubazione di quattro mirate alla catttra di randagi. Diverse operazioni sono settimane si è verificatala tostate effettuate con il sistema tale schiusa delle uova entro il 10 giugno; i pulcini, stimati in tr adizionale dell' esca nar cotiz' zante: per piu giorni nella me- circa 2.000 esemplari, doPo desima stazione viene lasciato aver abbandonato il nido, han-
no costituito un unico gruppo (crèche o asilo), custodito da pochi individui adulti del
l'involo appaiono in buona
sa-
lute e oramai suffrcientemente autonomi.
PROBLEMATICHE Nel sito n" 2, nel lato sud L' attività dr v igllanza quotidella laguna a ridosso del Monte Urpinu, più ridotto nu- diana ha permesso di visibilizmericamente rispetto aln" 1, si zarela qualità e la quantità delè avuto un ritardo di circa 15 le diverse criticità esistenti algiorni nella nidifi cazione, ritar - f interno del Parco del Molendo che ha comportato conse- targius capact di creare una sogruppo.
guentemente lo sliffamento di tutte le successive fasi biologiche, si è accertato, comunque, che anche in questo sito la schiusa delle uova si è verificata senza alcun disturbo, per cui esclusa la percentuale fisiologica di perdita nelle nascite, si stimano circa 51600 esemplari nati.La situazione atflrale, ad ormai 80/90 giorni dalla schiusa, vede la distribuzione, all'interno delle zone umide, di diverse colonie di fenicotteri adulti che portano avantr la cura dei pulcini, che prossimi al-
stanziale alter azione dell' inte-
ro ecosistema.Elettrodotti, discariche e abusivismi di natura diversa nonché, anche durante il periodo di posa e nidificazione,la continua attività cantieristica connessa con la bonifica del canale del Terramaini associate al randagismo e all'ormai mancauza di spazi per lanidificazione alf interno dellalaguna, sono ormai diventati ostacoli vitali per la sopravv iv enza dell' avifauna. Per quanto riguarda il randagismo, occome distinguere
:: :r::rtt:la+j: ,!ri..:!iÌriìa,iii
Elettrodotti
quello reale, ossia costituito da cani inselvatichiti, da quello determinato dalf innumerevole presenza di cani domestici o semi domestici, che i residenti detengono, privi di certificazione anagrafrca e sanitaria. tenuti in assoluta libertà, e con possibilità di circolare per tutto l'areale del Molentargius. Gran parte delle cause di rischio evidenziate sarebbero riducibili attraverso un coordinamento tra i diversi soggetti
operanti nell'area anche in considerazione dei consistenti investimenti pubblici destinati al risanamento dell'area umida
Considerato quanto sopra e riscontrato che le medesime problematiche si affronteranno anche negli anni a venire, si ritiene utile propore con una certa urgenza un confronto di natttra tecnico scientifico sui problemi esposti.
di Amilcare Loverci
Raccontando Siro Vannelli
Lfn tosca-rìo in
Sa-rd-egna-
3 - L'(Jomo si anni e poi di frequentarlo per tanta parte della sua vita, può affermare che la prima Pecularietà del suo carattere eta la trasparenza. Credo che non si poisa definire altrimenti quel suo modo, se non unico almeno raro, di proporsi agli altri: si poteva.legger.e nel suo anlmo, ner suol penslerl come sul suo viso. Vannelli era quel1o che appariva, niente di meno, niente di piu. Dovendo proprio descrivere le sue doti od i suoi difetti vengono subito a mente le doti innate di lealtà, generosità, moDx Siro Vannelli destia, comprensione e disPoParlare di Siro Vannelli Per nibilità verso gli altri. E i difetscoprire il suo animo dovrebbe ti? Cefto non poteva esserne risultare arduo per chicchessia comunque esente, si trattava poichè descrivere il carattere, sempre di un essere umano.Pogli stati d'animo ed i sentimen- trei rilevare una certa debolezti di qualsiasi persona rappre- zanei rapporti con i suPeriori, senta sempre, anche per chi sa azzarderei un eccesso di acdi psicologia e possiede buone condiscendenza, di rinuncia doti di scrittore, difficoltà allo scontro , magari di Prudenspesso insormontabili sPecie za. Ma ci andrei molto piano su certi giudizi perchè vi sono se si l'uolessere assolutamente obiettivi, distaccati, riuscire a non farsi coinvolgere da sentimenti ed emozioni. Figurarsi poi se tale compito viene assunto da uno scrittore della
stati episodi della sua vita lavorativa che, per quanto sporadici, hanno evidenziato spirito di lotta e combattività non comuni in cui ha saputo riscattare gli eccessi di sopportazione per lungo tempo accettati. Poichè questi scritti si propongono di raccontare Siro Vannelli come uomo pubblico, verrà ovviamente escluso qualsiasi riferimento alla sua irtaprlata benchè essa sia altrettanto meritevole di essere ricordata. Generosità. Erano molto frequenti le occasioni in cui ci si chiedeva di parteciPare a qualche raccolta di fondi, vuoi per contribuire al sostegno di assoclazlonl e movimenti umanitari, vuoi per concoffere a sanare situazioni difficili di colleghi e conoscenti. Siro Vannelli era sempre il primo ad aderirvi e sicuramente con un contributo che non era mai secondo a nessuno. Se versava
10.000 lire ( anni "60), non si
domenica..
Eppure, proseguendo nel mio intento di raccontare Stro Vannelli, dovendo ora Parlare dell'Uomo Siro Vannelli, non trovo problemi di sorta. Potrei dire che mi riesce quasi facile.Non occoffono grandi indagini, confronti, analisi, riflessioni per rappresentare un uomo, sicuramente non comune, sicuramente di grandissimo livello intellettuale e morale ma altrettanto sicuramente di una
et
W:§
semplicità unica.
Chi ha avuto la fortuna di conoscere Siro Vannelli, di lavorare al suo fianco per diver-
Anni '60: Siro Vannelli con una scolaresca
no costituito un unico gruppo (crèche o asilo), custodito da
pochi individui adulti
del
l'involo appaiono in buona salute e oramai sufficientemente autonomi.
gruppo.
PROBLEMATICHE Nel sito n" 2, nel lato sud della laguna a ridosso del L' attività di v igilanza quotiMonte Urpinu, piu ridotto nu- diana ha permesso di visibiliz-
mericamente rispetto al no 1, si è avuto un ritardo di circa 15 giorni nella nidif,r cazione, ritar do che ha comportato conseguentemente 1o slittamento di tutte le successive fasi biologiche, si è accertato, comunque, che anche in questo sito la schiusa delle uova si è verificata senza alcun disturbo, per cui esclusa la percentuale fisiologica di perdita nelle nascite, si stimano circa 51600 esemplari nati.La situazione attuale, ad ormai 80/90 giorni dalla schiusa, vede la distribuzione, all'interno delle zone umide, di diverse colonie di fenicotteri adulti che portano avatti la cura dei pulcini, che prossimi al-
Elettrodotti
zarela qualità e la quantità del-
le diverse criticità esistenti all'interno del Parco del Molentargius capaci di creare una sostanziale alter azione dell' inte-
ro ecosistema.Elettrodotti, discariche e abusivismi di natura diversa nonché, anche durante il periodo di posa e nidif,rcaziotte,la continua attività cantieristica connessa con la bonifica del canale del Terramaini associate al randagismo e all'ormai mancafiza di spazi per la nidificazione all' interno della laguna, sono ormai diventati ostacoli vitali per la sopravv iv enza dell' avifauna. Per quanto riguarda il randagismo, occorre distinguere
quello reale, ossia costituito da cani inselvatichiti, da quello determinato dall' innumerevole presenza di cani domestici o semi domestici, che i residenti detengono, privi di certificazione anagraftca e sanitaria, tenuti in assoluta libertà, e con possibilità di circolare per tutto l'areale del Molentargius. Gran parte delle cause di rischio evidenziate sarebbero riducibili attraverso un coordinamento tra i diversi soggetti
operanti nell'area anche in considerazione dei consistenti
investimenti pubblici destinati al risanamento dell'area umida Considerato quanto sopra e riscontrato che le medesime problematiche si affronteranno anche negli anni a venire, si ri-
tiene utile propoffe con una
certa urgenza rtn confronto di natura tecnico scientifico sui problemi esposti.
preoccupava di sapere se i suoi pari grado o superiori avevano versato di più o di meno; lo faceva spontaneamente, la sua partecipazione era rapportal, allanatura dell'iniziativa e non era condizionata dalla sua rea-
le
situazione economica: il t engo famigli a non esisteva nel pensiero di Siro Vannelli. Gli piaceva aiutare il prossimo e non
vi era spinto
sicuramente
dalla professione di principi sociali o religiosi. Era un uomo libero e rispondeva sempre e comunque alla sua coscienza.
Ma rilevanti episodi di profonda generosità vanno ricordati anche al di fuori degli aiuti puramente economici. In tutte le amministrazioni, pubbliche o private, accade che colleghi vengano colpiti damalat-
tie od infortuni e conseguentemente anche da ricoveri ospedalieri. In tali frangenti è pressochè comune che in tanti si premurino di recarsi al letto del collega per offrire la propria solidarietà, la vicinanza, la compagnia. Ed abbiamo sentito centinaia di volte la richiesta, rivolta al capo ufficio di potersi assentare dal lavoro per recarsi appunto dal collega ammalato od infortunato. E'
una prassi vecchia e consolida-
ta, ormai totalmente acquisita. Siro Vannelli non si sottraeva certo al dovere di prestare la sua assistenza ai colleghi. Nelle fattispecie ricordate egli non
mancava mai
ospedale presso
di
recarsi ln i colleghi-col-
laboratori. Ma mai, dico mai, durante le ore di lavoro. Per le sue visite riservava le ore sera-
li, proprio quando usciva dall'uffrcio. Ecco perchè tale tipo
di generosità merita di essere ricordata. E non esistevano certo
limiti di tempo o di luogo
: un sottufficiale, colpito da le-
sioni polmonari, rimase in ospedale per quasi 10 mesi; un altro subì un intervento chirurgico che lo tenne in ospedale
un mese intero ed in convalescenza per altrettanto tempo. Un altro venne colpito da tumore e, pur trovandosi a 50 km. di distanza, ebbe il conforto delle visite del suo Capo con particolare frequenza e specie quando arrivò alla fase terminale. Ed anche quando il fratello di un dipendente venne colpito da leucemia (allora sicuramente letale), Siro Vannel-
li contribuì ad allungargli la vita mobilitando forestali ed operai della sua giurisdizione
per assicurare trasfusioni di sangue senza soluzioni di continuità. Inviava ai comandi dipendenti fonogrammi del seguente tenore: Qualifica Tizio dovrà presentarsi domattina
Cagliari,
2l
Novembre 1955: Monte [Jrpinu - Festa degli alberi
ore 7 ,30 presso questo Ispettorato a digiuno. Non sarà fuori luogo precisare che tali iniziative non venivano richieste dagli interessati. Nascevano spontanee da Siro Vannelli. Ones tà. L'Amministrazione forestale non difettava sicuramente di fior di galantuomini. Escludendo aprioristicamente i campanilismi, posso dire che il C.F.S. aveva saputo formare un gran numero di funzionari integerrimi, che si awalevano di collaboratori di ogni ordine e grado altrettanto affidabili. Certo, esistevano anche fra essi le pecore nere, ma questo non inficiava l'offimo livello di onestà intellettuale e morale della stragrande maggioranza degli appartenenti al Corpo. Potremmo quindi "collocare" Siro Vannelli primus inter pares. In tal caso sorgerebbe spontanea la domanda: ma perchè continuare a celebrare quest'uomo se poteva essere
Cagliari,
2l
Novembre 1955: Monte tJrpinu - Festa degli alberi
quale 1o stesso Vannelli apparteneva. Esistevano fino alla fine degli anni "70Le famigerate (mr si perdoni l'aggettivo poichè nel pubblico impiego non hanno lasciato dawero rimpianti...) note caratteristiche. Ogni anno chi dirigeva l'ufficio doveva compilare le cosiddette esimere dal ricordare altri note informative su ciascun dicomportamenti che denotava- pendente, mettendo in rilievo no la sua eccezionale integrità meriti o demeriti, esprimendo un giudizio finale e concludenmorale. Prestava lavoro straordina- do con un voto di valutazione. rio in misura ben superiore a Agli effetti della carrieru tah quella che gli veniva retribuita. giudizi avevano un peso deterMa già egli stesso segnalava minante, basti dire che se il meno ore di quelle effettiva- massimo era espresso con ottimente prestate. E questo il sot- mo con punti dieci, giàtnbuotoscritto ha potuto constatarlo no con punti 8 poteva ben dal primo mese di servizio e compromettere qualsiasi carpoi per tutti gli anni ar,'venire. riera per tanti versi abbastanza Per dovere di obiettività, deb- brillante. L'adempimento in bo aggiungere che altri diri- questione costituiva quasi un genti e collaboratori facevano rito - segreto assoluto, porte altrettanto e ciò non può che tassativamente chiuse, riservafare onore al Corpo forestale al tezza totale - che tutti i dipen-
considerato uno fra tanti? Ed allora si deve dire che Vannelli era il più onesto degli onesti, possedeva un concetto di rettitudine diflicilmente superabile dagli altri. Già nella prima presentazione avevamo raccontato dei regali da lui ricevuti e subito trasferiti agli orfanotrofi. Ora non ci si può
denti vivevano quasi con incubo fino a quando, dopo alcuni mesi, non veniva loro notificato il giudizio finale. Per prendere conoscerrza dell'intera relazione, occoffevano poi procedure abbastanza defatiganti. Non è il caso di soffermarsi su quanto le vahfiazioni in argomento erano influenzate da simpatie od antipatie personali, dal grado di servilismo del dipendente , da tatti fattori del tutto estranei al merito, alla preparazione, alla capacitàt produttiva del dipendente. Se le note sono state abolite, il legislatore ne aveva ben donde. I1 Capo Dott. Siro Vannelli vedeva tali adempimenti come fumo negli occhi, li detestava. ed allora, non potendo or,rriamente sottrarsi all'obbligo di prowedervi, ne faceva l'uso
più pulito, più corretto, più leale possibile. Doveva osservare l'obbligo della segretezza e quindi non poteva rendere
gli interessati di quanto andava scrivendo sul
partecipi
cattedra per pontificare. Se era
sempre disponibile a fornire spiegazion i, rrotizie, particolari e dettagli su un argomento a
loro conto. Riusciva però a trasferire ai dipendenti, con riferimenti personali seppure non sua conoscefiza, era altrettanto espliciti, cosa pensava di essi, pronto ad ascoltare da altri, inquali apprezzamerrti o meno dipendentemente dalla loro riservava 1oro. Insomma, ri- qualifica o posizione, informafuggiva, con tuffe le sue forze, zioni, esperienze pratiche, dai colpi alle spalle; nessun di- conclusioni sullo stesso argopendente ha dovuto mai la- mento. Non temeva di conmentare sorprese amare da frontarsi con altri ma anzi vi parte del suo diretto superiore. ambiva accreditando sempre, Eppure in quegli anni le note agli interlocutori, una compecaratteristiche mietevano tante tenza, magari virhrale, pari alvittime: un direttivo, dopo sei la sua. Si raccontano tanti epianni di servizio, era ancora sodi della sua vita lavorativa: ispettore aggiunto (primo gra- il tempo passato in archivio, e do della carriera direttiva); un possono contarsi con una sola brigadiere dovette penare di- mano i direttivi che facevano versi anni per ottenere la .pro- altrettanto; le affermazioni rimozlone a maresciallo ordina- volte a semplici operai o capi rio; certe guardie scelte non squadra. come "Lei ne sa più vennero mat ammesse a parte- di me"; il raccogliere appunti cipare al corso per sottufficiali. da tutti e da tutto con umiltà ed Erano anni in cui, peraltro, enfusiasmo e gratitudine mai il pubblico impiego era poco discriminando fonti di sapere. sindacalizzato; nel Corpo Fo- Tanti che ne hanno avuto occarestale, in Sardegna, il primo sione, possono ricordare che sindacato vide la luce alle so- Siro Vannelli accedeva, per le glie degli anni "80. E l'Ammi- sue ricerche, alle biblioteche nistrazione regionale abolì, di anche universitarie ma, con alfatto, le note caratteristiche trettanto interesse, dissertava, con la L.R. 51/78. Insomma la con vivaisti e lavoratori forecorretta gestione del personale stali, di sementi, di colture e di forestale poteva essere assicu- successi o fallimenti nelle gerrata solo da uomini come Siro minazioni. Vannelli. Con la stessa modestia si riModestia, comprensione, volgeva ai collaboratori, pordisponibilità. Talmente solide gendogli la bozza di una relasi riscontravano tali doti in Si- zione o di una nota, pregandoro Vannelli, che potevano con- li di rivederla e di aggiustarla, siderarsi componenti basilari "l'ho buttata giù di fretta ma della sua personalità. Si poteva lei sicuramente me la renderà ritenere che fossero innate ov- perfettamente pres entabile " . vero che fossero state acquisiNormalmente i direttivi si te nel percorso educativo e for- rivolgevano ai sottufficiali ed mativo in ambito familiare co- alle guardie usando 1l tu e lo me in quello scolastico. Poco facevano sin dai primi tempi di importa per capire la persona- servizio per cui era ordinaria lità di Siro Vannelli: era fatto amministrazione sentire un così, viveva ogni istante della giovane ispettore, appena arrisua vita in perfetta coerefiza vato, rivolgersi anche al marecon esse, non può esservi al- sciallo con tanto di capelli cunchè da aggiungere. bianchi cofl "o Fara, senti un La modestia la si apprezza- pò; "Masià, portami il fasciva nella misura in cui egli ben colo H".I1 Dott. Vannelli non si esimeva dall'esibire scienza 1o ha mai fatto: il Lei era per e conoscenza collocandosi in lui un obbligo sacrosanto nei
confronti della guardia fresca di corso pre assunzione come del maresciallo maggiore che si affacciava alla pensione. Si può ben dire che Siro Vannelli si distingueva, anche o sopratutto, nella quotidianità, per quel katto di educazione, di signorilità e di tolleranza che lo facevano apprezzare da colleghi, dipendenti, utenti della pubblica amministrazione o conoscenti nella vita privata.
Quando l'Ispettorato Di-
strettuale di Tempio era agli albori veniva ospitato nella caserrna forestale costruita da La Cassa per il Mezzogiorno per il Comando Stazione Forestale di Tempio. Solo negli anni successivi venne poi trasferito in nuovi ed ampi locali affittati dalla Regione Sarda in un moderno edificio di 10 piani , subito denominato dai tempiesi paddosi (tutta paglia) grattacielo..... Nei primi anni, quindi, l'Ispettorato, in una sistemazione pror,wisoria, disponeva di un solo apparecchio telefonico. Ci si accontentava di quel che passava il convento e si tirava avanti comunque. Tale apparecchio, owiamente, si trovava nell'uffrcio del Capo, cioè di Dott. Vannelli. Quando arrivava una chiamata, personale o meno, diret-
ta ad un
dipendente,
il
Dott.Vannelli 1o chiamava invitandolo nel suo ufficio. E con la massima tabtralezza, con un savoir faire assolutamente eccezionale, usciva dal suo ufficio ed aspettaya pazientemente che finisse la telefonata. A niente valevano le preghiere, le insistenze del dipendente che gli chiedeva di restare.
Col senno di poi si potrebbe dire che, solo se non fosse stato Siro Vannelli, avrebbe accolto f invito. Un altro rilievo merita qualche altro aspetto della gestione Vannelli. Nei nuovi uffici c'era
la sala d'attesa che precedeva
quella del dott. Vannelli.Qualsiasi persona vi si trovasse Per essere ricevuta dal Capo - autorità, tecnico agronomo, progettista di o.m.f., agricoltore. contadino, operaio di un cantiere - il dott. Vannelli, che era stato awertito dal cosiddetto piantone ( purg termine da cas efina impropriamente traPiantato nel C.F.S.), si alzava dalla scrivania, andava incontro al cittadino-utente e 1o accomPagnava nel suo ufficio Per farlo accomodare. Mai il dott. Vannelli ha rinunciato a questo gesto che può apparire insignificante ma che può essere debitamente apprezzato se si considera che normalmente, nella quasi totalità degli uffici pubblici, esso viene riservato solo alle persone importanti. E poichè parliamo dell'uomo Vannelli, non possiamo certo tacere quel suo collocarsi, nei confronti di colleghi, dipendenti, collaboratori non come capo o superiore o direttore m4 con una originalità tutta particolare, proporsi come un parente, un fratello, un figlio, un padre (a seconda dell'età) qua-ndo veniva chiamato ad occuparsi di frizioni, discordie, conflitti , che riguardavano i rapporti personali tra dipendenti. Ordinariamente un direttore, riferendosi al grado od alla qualifica dei contendenti, tentava di ricomporre la vertenza ed applicava i regolamenti vigenti informandone anche gli uffici superiori con un rapporto dettagliato. Siro Vannelli tentava di riconciliare i dipendenti estraniandosi dal suo ruolo di caPo uffrcio ed evitando, per quanto
ventennio.
Ricordo qualche ePisodio per meglio evidenziare la Proionda umanità di Siro Vannelli.
- Abitavano negli alloggi demaniali due sottufficiali: nno di essi, più anziano, aveva
vissuto nella Repubblica di Sa1ò non avendo voluto o Potuto lasciare la Mrlizia alla quale apparteneva. Alla fine del confliito, era stato epurato ma Poi aveva beneficiato della storica riconciliazione impost a, rn lta-
lia, da motivi politici ed
era
stato reinte grato raggiungendo
poi il grado di
maresciallo maggiore. L'altro, più giovane, aveva combattuto nelle brigate partigiane e, all'epoca del mio iacconto, era vice brigadiere. Incredibile ma vero, il maresciallo covava ancora, venti anni dopo la fine. della guerra, una netta awersrone nel confronti dell'ex partigiano.. Ovviamente si guardava bene dall'appalesarla ma non mancava di perseguitare il brigadiere attaccandosi, peraltro, agli sPecchi poichè questi era senza alcun- dubbio uno dei migliori sottufficiali che operasse allora in Sardegna. I1 Dott. Vannelli conosceva bene i particolari che ho rac-
contato ma, dando Prova di grande umanità, risolse la scot-
fante situazione nel migliore dei modi: concordò col Co-
mandante regionale il distacco del Brigadiere presso la Stazione Sperimentale del Sughero, sottraendolo quindi a qualsiasi dipendenza gerarchica dal marèsciallo. Questi Poi, che era anche padre di famiglia, venne convinto a dimentiéare quel certo passato ed a possibile, di ufficializzare r "conservarsi" quel buon trattafatti contestati. Ciò assumeva mento regionale: stiPendio stauna notevole importanza negli tale maggiorato del 600À. Sin dai primi anni "60 lavoanni in cui vigeva ancora, nel nell' Ispettorato Distretravano il Stato, dello Forestale corpo maresciallo maggiore un tuale totalche, interno regòlamento mènte improntato alla disciPli- trasferito in Sardegna da Roma na militare, risaliva per buona ed un brigadiere del sassarese parte alla mihzia forestale del che prestava prima servizio nel
Comando stazione di TemPio. Erano entrambi bravissime persone ma il primo non mancava di far valere, come spesso usa fra i militari, il suo grado nei confronti del subaltemo. Awicinandosi l'età della pensione, il maresciallo, awalendosi di una legge ancora vigente, chiese ed ottenne di Passare all'impiego civile in modo da restare in servizio fino ai 65 anni di età. A quell'ePoca tale transito comportava l'azzeramento della carriera militare per cui non si teneva conto del grado rivestito. Così il nuovo impiegato civile - ex maresciallo maggiore - si ritrovò con la qualifica di aPPlicato aggiunto. In base al testo unico. del 1957, esisteva una certa comparazione fra le carriere civili e militari: alla carnera ausiliaria appartenevano commessi ed uscieri per i civili e guardie e guardie scelte (o c1iabiniere ed appuntato; o soldato e caporale) per i militari; alla carriera esecutiva apPartenevano applicati ed archivisti per i civili e tutti i sottufficiali (da brigadiere a maresciallo) per i militari. Solo successive leggi statali e regionali modificarono molti anni piu tardi tali comparazioni. Tornando al nostro caso, una volta assunta la qualifica di applicato aggiunto, si invertirono le parti: il brigadiere si ritrovò superiore dell'ex maresciallo. Poichè f ispettorato di Tempio aveva un organico estremamente ridotto, non esistendo dattilografi - comunque inquadrati nella carriera esecutiia - alla macchina da scrivere doveva lavorarci l'aPPlicato aggiunto. Brutta situazione Per cÉi, fino a qualche giorno Prima, fungeva da vice caPo delf ispettorato. Non volendo accettare una realtà radicalmente mtttata, ma trovandosi a fronteggiare una persona alttettanto decisa a far valere il suo grado ( era un posto di lavoro l'i-
spettorato, mica il convento dei buoni fratelli), nell'ufficio si verificò una situazione di stallo, una contrapposizione senza via d'uscita: il Capo minutava decine di elaborati ma nessuno li trascriveya a macchina. Ed essi si accumulavano
giorno dopo giorno. Un comandante rigido ed intransigente avrebbe adottato i provvedimenti previsti da leggi e
regolamenti: od esegui il lavoro che ti compete o ti deferisco al consiglio di disciplina. Come sempre prevalse invece lo spirito umanitario: si rendeva necessario separare i classici due galli del pollaio. L'applicato aggiunto viveva solo con la moglie; il sottufficiale aveva una numerosa famiglia. Venne trasferito il primo ad una sede molto ambita ( Cagliari) e rimase all'ispettorato il secondo. Finiti gli screzi, ricreata I'armonia, senza penalizzare alcuno. Se gli episodi ricordati hanno 1o scopo precipuo di allargarela conoscenza di un uomo
Cagliari,
2l
che rimane indimenticabile per
tanti colleghi, amici e cono-
scenti, tratteggiandone alcuni aspetti salienti,si può ben dire che l'intera vita di Siro Vannelli è stata costeggiata da esempi edificanti. da iniziative sempre intelligenti e costruttive quanto sommesse, da momenti di esemplare generosità. E tutte vissute con estrema semplicità, con riserwatezza, sempre restio a manifestare i suoi sentimenti migliori quasi che questi riguardassero solo se stesso e dovessero essere
mantenuti strettamente in
quella privacy che oggi viene invocata, quanto ignotata, da tutti e da tuttò. Ma non si può chiudere un racconto dedicato all'Uomo Vannelli sefiza accennare al suo tipico stile di buon toscano, alla sua particolare capacità di colorire i suoi rapporti umani con simpatica e brillante ironia, sempre disponibile a sdrammatizzare anche le questioni più spinose smussandone gli aspetti peggiori. E senza
l,{ovembre 1955: Monte Urpinu - Festa degli alberi
porre in risalto un altro aspetto molto importante del suo carattere: era incapace di arrabbiarsi. Ho sentito capi urlare a Sassari, urlare a Cagliari fino quasi a spopolare interi reparti degli ispettorati, urlare ad Oristano e far tremare il personale dipendente. E non esagero. Ma mai, non è accaduto mai un solo episodio che abbia provocato una collera in Siro Vannelli. Certo non lesinava, quando dol.uti, richiami e rimproveri e severe proteste. Ma mantenendo una invidiabile pacatezza, caricando i richiami con forti argomentazioni, mai col volume della voce. Ed anche questo ha reso indimenticabile Siro Vannelli.
A cura dzlla Redazione
L'angolo d.ella posta
Lettere
a"l
giorna-le
"Complimenti per il Vs. giornale e per il sito, in 22 anni che vengo in questo angolo di paradiso terrestre non ho mai avuto tante notizie, e mi piange veramente il cuore e scop-pia la rabbia quando vedo tonta bellezza rovinata da tanta stupidità e cattiveria di chi di-strugge anni di lavoro dell'uomo e della natura per costruire e mantenere verde tale paradiso. La mia richiesta riguarda la possibilità di poter piantare alberi da sughero. giorno in Molise, da amici, i quali Quest'anno prima di recarmi ho passato qualche sono proprietari di un terreno che avrebbero intenzione di utilizzare come piantagione e ho consigliato il sughero. le modalità per eseguire questa Questo terreno si trova a circa 900 slm, volevo sapere operazione ammesso che sia possibile, il costo e tutto quello che occone fare e/o sapere per realizzare tale piantagione. Sono presenti sul tenitorio alberi, come quercia e similari questa notizia per eventualmente darvi dati se occorre, per essere sicuri che terreno e clima siano idonei all'esecuzione di tale operazione. In attesa di un Vs. gradito riscontro vi ringrazio e auguro Buon Lavoro
Perito Ind. F.L.
La
ruostrd risposta
Con riferimento alla
sua
quale, trovando condizioni
ideali di sviluppo forma le Più estese sugherete italiane. Secondo la classificazione fitoclimatica delPavari, rientra un quota altimetrica di 900 nella sottozona media e calda metri, ci dispiace comunicarle del Lauretum, amante dei cliche tale intervento, per motivi mi con temperature non infedi carattere meramente ecolo- riori ai 10"C e con discreta Vegeta gico, non è affatto proponibile. piovosità. - Preferibilmente su terreni Infatti la Quercus suber L. estende il suo areale dal bacino silicei derivati da rocce scistomediterraneo centro-occiden- se e granitiche, particolarmente abbondanti da noi in Sardetale alle coste atlantiche. Si ritrova in Spagna, Porto- gna, con buona disponibilità gallo, paesi dell'Africa Setten- idrica, raramente la si può trotrionalè, Francia e Italia. Nel vare anche su terreni di origine nostro paese essa è diffusa so- calcarea, mai comunque su prattutto nelle regioni tirreni- roccia nuda.Il suo limite altituèhe con particolare riguardo dinale arriva a 800-900 metri, per le due isole maggiori, e fra ms solo in ambiente mediter' di esse la nostra isola nella raneo. mail, circa la possibilitò di poter utllizzare la quercia da sughero (Quercus suber L.) I! Molise in un terreno posto ad
Da noi in Sardegna le sugherete si ritrovano essenzialmente allo stato puro. Questo car atter e di Ptxezza non esiste nei boschi lasciati evolvere in maniera naturale, in quanto in essi si introducono spontaneamente Quercus ilex L. (leccio) ed Olea europaea L. var. silvestris (Miller) Brot. (olivastro) nelle zone calde e Quercus pubescens Willd. (roverella) inquelle più fresche, formando così boschi misti, ecologicamente in equilibrio.
La Quercus suber L.
Presenta chioma lassa e pertanto i suoi boschi sono abbastanza
luminosi da permettere, in condizioni naturali, l'instaurarsi di una copertura erbacea
ed arbustiva. Questo comportamento, associato alla sua impoftanza economica, è uno degli elementi che ha permesso nella nostra isola la sua diffusione essendo compatibile con l'attività pastorale, assai diffusa in Sardegna.
cate per la presenza
di lamelle
spugliate, spesso coltivate, con
del sughero muoiono e si riempiuono d'aria, assumendo Altro elemento artificiale così in forte potere isolante e che ha favorito la diffusione di proteggendo la pianta, ad es.
vorisce l'estendersi degli attacchi. L'uomo ha cercato di combattere questi fitofagi con armi chimiche, che però provocano notevoli danni all'ambiente eliminando, assieme ai defogliatori, buona parte del-
questa pianta sono gli incendi estivi; fenomeno questo piuttosto diffuso nella nostra regione. La Quercus suber L., grazie alla sua spessa corteccia, riesce a resistere efficacemente al passaggio del fuoco,
in
questo favorita rispeffo a Quercus ilex L. e Quercus pubescens Willd che mancando di tale protezionevengono danneggiate in maniera nettamente superiore. Tenendo conto delle superfici percorse annualmente dagli incendi nella nostra isola si riesce finalmente a capire come in intere zone la Quercu suber L. sia l'unica pianta d'alto fusto ancora presente.
Importante comunque ri-
cordare che in ogni caso i boschi di Q suber percorsi da in-
cendio subiscono notevoli
danni trasformandosi in sugherete più o meno degradate con perdita del sughero presente sulla pianta, in:utllizzabile per lavorazioni pregiate. Indubbiamente l'altro elemento che ha favorito la diffrrsione della sughera è rappresentato dalla produzione di sughero. Esso deriva da un tessuto meristematico di origine secondaria detto fellogeno e và a sostituire 1' epidermide quando essa in seguito all'accrescimento secondario della pianta viene eliminata. Il sughero è dunque un tessuto tegumentale, privo di spazi intercellulari, con cellule appiatite, allungate e disposte in più strati. Le pareti cellulari sono sottili e suberificate per cellule appiatite, allungate er disposte in più strati. Le pareti cellulari sono sottili e suberifi-
di suberina, sostanza chimica equilibrio ecologico alterato, che conferisce al sughero par- dove i nemici naturali dei deticolari proproietà. Essendo in- fogliatori sono scomparsi o fatti la suberina una sostanza numericamente incapaci di impermeab llizzante, le cellule controllarne la diffusione fa-
dagli sbalzi di temperatura. Il sughero possiede inoltre la caratteristica di essere impermeabile ai gas ed all'acqua e di resistere efficacemente all'azione di diversi agenti chimici, carattere che consente una valida difesa della pianta dall'attacco di parassiti esternl. Per quanto attiene le principali avversità naturali, per quanto riguarda la Sardegna, i maggiori problemi per la quercia da sughero sono dovuti agli attacchi di alcuni lepidotteri f,rtofagi, i più impòrtanti dei quali soni: Lymantria dispar L., Malacosoma neustria L. e Tortrix viridana L. Allo stadio larvale, nel periodo primaverile, questi lepidotteri attaccano ciclicamente la Quercus suber L. provocandone la totale defogliazione. La mancanza delle foglie comporta per lapiarta l'intemrzione dell'attività fotosintetica con conseguente alterazione delle condizioni fisiologiche. Questo porta ad una riduzione dell'accrescimento in altezza e diametro delle piante, con diminuzione della produzione di sughero. La pranta reagisce a questa
defogliazione emettendo nuove foglie e recuperando quindi gradualmente la sua funzionalità. Gli attacchi, massicci e ripetuti dei defogliatori possono portare, se associati ad altre awersità natuiali, come alcuni funghi patogeni o situazioni climatiche sfavorevoli , ad un generale degrado delle sugherete.
La notevole estensione di
sugherete allo stato puro, dece-
l'entomofauna forestale. Sono state sperimentate ed utllizzate varie forme di lotta microbiologica (batteri e virus), biologica e biotecnica più rispettose dell'equilibrio dei boschi, con risultati promettenti. Si puo turttavia affermare che la migliore arma stà nel ristabilire nelle sugherete un equilibrio naturale, favorendo la formazione di boschi misti con la presenza del sottobosco passando quindi da un ecosistema di tipo agricolo molto semplificato ad uno di tipo naturale, fl oristicamente articolato e vario, che permettelavita dell'entomofauna nemica di questi fitofagi. Inoltre, un ulteriore elemento che ci preme sottolineare, negativo all'lutllizzo della sughera nell'areale da lei proposto, riguarda le trasformazioni, così profonde dal punto di sowertire competamente il paesaggio e plasmare sostanzialmente le fitocenosi forestali evolutesi nella zona in argomento. Infatti, nonostante l'uomo abbia modificato il mosaico originario delle fitocenosi, la distribuzione delle comunità vegetali è comunque necessariamente legata ai fattori ecologici (temperatura, precipitazioni, suolo, ecc.) i quali nel
loro insieme definiscono in ogni luogo delle condizioni
ambientali che consentono la difhrsione di certe specie e non di altre.
Ritorno a Serravalle È tt g novembre 1997, il tewemoto ha appena distratto delle zone di Marche e [Imbria,le immagini tetevisiié di grande sffirenza arrivano in tutte le parti del mondo. In un piccolo cemtro Marchigiano,. Serravslle di Chienti, epicentro del teiremoto, awivano i volonturi dellu Associazione For^estsle della Sardegna. L'intento è di regalu,n ino ,,giornata di sole" ai tanti sfollati costretti u vivere in un climu inveinule, nei container e nelle roulotte. Unu giornuta memo' iubile e di giundi emozioni. Il 14 aprile 2002, dopo cinque anni, l,Associuziine Forestale della Sardegna ritorna in quei luoghi. L'emozione è uncora Più grunde. Che cosa è "Una giornata tli rorizzano la nostra esistenza?
che raccontano i nostti tempi c'è spazio e notizia solo per in genere. fatti luttuosi, stragi in J'amiglia, terrorismo, kamikaze e distruzione e materiale delmorale di ricostruzione I sentimenti cli amicizial di solictarietà, detta le rein chi l'attenzione trovano dfficilmente che valori sono la nostra ltalia gole per la dffisione delle notizià e clelle immagini che siamo obbligati a sotbire nella nostra quotidianità. C'è cominque chi continua a credere nell'importanza di certi valoti e, a costo quelrJi andare contro corrente, s'impegna con caparbietà a costruire e conservare le memorie indispensabili per poier clire che dietro ogni nuvola c'è la speranza di vivere ancora tante altre belle giornate di sole. La nostra Associazione, clel Corpo Forestale della Sardegna (ASS.FOR.)' ritiene doveroso ringraziare il regista Pòter Marcias che dopo aver letto la-cronaca della prima spediione ileU'ASS.FOR. nel 1997 a Sewavalle in Chienti ha voluto cu,oin pnrràrolmente, con I'aiuto clel cameraman Antonio Cauterucci, la realizza"nuova" situazione che zionà di un reportage cinematografico, che documenta la teruemoto' dal anni cinque dopo sisma, dal ione colpite si vive, nelle Il ritorno a Serraialle è un documento che vuole ricordare ma anche testimoniare i valori cli amicizia e reciproca solidarietà tra la gente di Sardegna e quella delle Marche. Era il 9.11.1997 quando I'ASS.FOR., l',Associazione del corpo Forestale della Sardegna, portò la solidarietò sarda alle popolazioni colpite dal terremoto che il 26 settembre dello stesso anno sconvolse l'(Jmbria e le Marche' Nel campo base di Serravalle di Chienti (MC), epicentro delle zone colpite dal sisma,
Per
ii':
1"§
Sole" in un tempo coperto da nuvole nere che ter-
i mass-media
I'Aisociazione organizzò, in una "Giornata di sole", una spedizione di prodotti tipici e un pranzo a base di cibi caratteristici della terra sarda' Con ii patrocinio del Comitato ltaliano per il 2002 AIM, a distanza di cinque anni e maitenenclo fede alla promessa J'ana, I'ASS.FOR. è ritornata a Setravalle di Chienti il 14 aprili 2002, pir riportare, in un'altra "Giornata di Sole", lo spirito della solidarietà sarda. In quest'Anno Internazionale delle Montagne I'Associazione del Corpo Foresnle dllla Sardegna ha yoluto dare un significato particolare a_questa iniziativa' trasformandola ii una "Giornata nazionale di Solidarietà" per le popolazioni delle montagne colpite da eyenti calamitosi e per le genti umbre e marchigiane che ,o, gronài ,orri1"i ed umiltà affrontano la ricostruzione di un teruitorio ferito dal sisma del 1997.
A SERRAVALLE CON IL CONTRIBUTO DI
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