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ln queslo numero
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N"2l
Dicembre
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LANO IN ยงARDEONA CONIRO OLI INCENDI
Derl 1999 eil senvizio del Corpo Forestclle
EUROPEAN ATR.GRANE ยงTI Viole Milton, 27 50129 Firenze Fox 055.492736 www.eu ropeo n-oircro ne. com
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Riflessioni prenatalizie sulle
Anian*iic §lejs
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P.M,P,F.
Primo Raduno dei Forestali Sardi r. )-
LJIUJIO AIiIJNOII
6
Primo Raduno del GFS
Cinzi*
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A proposito di anniversari Fneo Eeccu
10
Premio Siro Vannelli
G.A.
12
Un Toscano in Sardegna
AnnoVlll
n.2l
- Dicembre 2003
ASS.FOR. editore libero ossociozione senzo fine di lucro fondoto
dogli opportenenti ol C.F.VA. nel 1994 Direllore Responsobile Cugusi Segreterio di redoàone
Giulio Anlinori Coordrnotore O rgonizotivo Solvotore Scrivo
Grofico e impoginozione Monkey studio - Cogliori www mon keysludio.ii §iompo Eurogrofico - Mocomer Foto di copertino Umberlo Groziono Fotogrofie
Morcello Connos Gionnì Pinno Giuseppe Vocco
AmiJccre Lover.i
Addio Salvatore Ena Sfozicne C*pcierrc
Omaggio a Sergio Gavagnino
Sfazion* fuic
Primi passi fra le erbe di Siliqua .f
L,rozl0 )eccr
Storia del popolo sardo Brun* Ud*
ll Noliziorio
Foreslole è inyioto o tutfi i soci de/'ASS.FOR. ed è presenie nelle edicole dello Sordegno
Abbonomenfo sosfenitcri
!
36.00 c.c.p. n" 21970090 Cogliori ASS.FOR. c.p n. 50 Cogliori cenlro 09r24 CAGL|AR| Tel. e fox 070.502]53 Cell. 348.4717997 www.ossfor.it - ossfor.it@iiscoli.ii
1B
20 22 ZJ
La misteriosa maschera di pietra
Stazion* 5" A*fi*cr:
2B
I guardiani misteriosi
Rahertn §clin Gli ouiori si ossumono lo pieno responsobilitò dÌ ciò che scrivono onche di fronie ollo legge. Lo direzione ediloriole per quoìsiosi insindocobi e motivo può riclurre o rimoneggiore g i scritti. ll moteriole {oiogrofico invioto ol giornole viene resliluito solo su richiesio degli outori.
14
I rapaci in Sardegna
ivt0uro LCVOito
Gaccia e tutela ambientale Mossir:.'1,..r
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Passeggiando tra i lecci
Alfoert*
5*il*nii:*
Le pipe di Antonio Scanu G.A.
37
41
44 45 55
ffiffiffiffiffiffiffireffi :-
ll lovoro e /'ombienfe: due obiettivi possibili Ci sono molti modi per fore informozione
in
Sordegno: dieci onni fo, quondo noscevo, lAssfor ne ho scelto uno ed è rimosto coerente o questo modello. Con tutti i miglioromenti necessori, con tutle le correzioni do ef{ettuore, il Notiziorio Forestole è rimqsto però uguole o se stesso. Ed e un pregio. Uno potrebbe dire: è uno rivisto di cotegorio, in fondo roppresenlo soltonto il mondo delle guordie forestoli. Che interesse potrebbe rivestire verso un pubblico diverso? E invece non è così. E non deve essere così: itemi dell'ombiente sono temi di culturo. Di culturo dello Sordegno, di quest'isolo immenso e modre di tutti noi che do decine di secoli cresce e non muto ol lempo stesso. Combio, questo sì, per effeito dello scelleroio mono dell uomo. Che continuo o incendiore. Queslo è il primo problemo ed è un problemo onche il metodo - che oncoro monco - di prevenzione, di vigilonzo, di monitoroggio, di rimboschimento e di curo dei territori {eriti. Perché non bosto lorgonizzozione se gli uomini non sono sufficienii. E non servono truppe di guordie (che oncoro moncono), pur esperte del terriiorio, senzo un coordinomento e{{icoce. Gli incendi. Mo onche lo cementificozione selvoggio, in olcune zone dello Sordegno. Dove il mottone proli{ero in ossenzo di norme chiore. Norme che con chiorezzo indichino - o tutti, non oi soliti noii - che coso si può fore e dove invece lo mono dell'impresorio si deve fermore. Ad Arboreo, nel moggio 2003, questo ossociozione ho espresso un concetto con nettezzo oi poliiici regionoli che of{ollovono lo primo ossembleo di tutti iforestoli dello Sordegno: serye un progetto di sviluppo dell'ombiente, un progetto verde per uno Sordegno verde. Non si lrotto di perseguire fumisterie ombientolistiche, che considerondo socro il terriiorio limitono ollo fine ogni possibililò di sviluppo. Si trotlo di ohro: di costruire lovoro doll'ombiente e di preservore l'ombiente con il lovoro. Ho occeitoio grotis e per militonzo ideole lo direzione responsobile di queslo testoto perché l'Assfor persegue questi obiettivi. E sono obiettivi socioli e politici: ipiù olti per unossociozione che dello culturq sordo, quello delle cosiddette zone interne, quello dello Sordegno che si sgretolo sotto lo folcidìo dello spopolomento, fo il suo osse portonte. Notiziorio Foresloli, piono piono, con le risorse che uno piccolo strutturo può permettersi, roggiungerò l'obieftivo: diventore uno strumento di informozione completo su questi temi, richiomondo il dibottito che nello socielò democrotico moi può esourirsi. E lo {orò nel nome dello Sordegno, il piccolo continente ol quole vo/ per primo, ogni giorno, il nostro pensie-
Claudio Cugusi
Dieci onni di ottività, otto onni di informozione... ed è giò uno bello sforio L'ossociozione dei Forestoli il 17 dicembre del2004 fesieggerò dieci qnni di ottivitò. ll l7 novembre 2003 il noslro giornole ho compiuto otio onni. Ricordo lo sorpreso e lo slupore
per lo simpotico coincidenzo di numeri che si è verificoto quondo ho riliroto il primo cerfificoto di ovvenuto registrozione del Notiziorio Forestole ol Tribunole di Cogliori. ln quel foglio cero scritto: visti gli otti d'ufficio cedifico che ol numero 36 del Registro Stompo del Tribunole risulto iscritto con provvedimento del 17.1 1.1995't periodico trimestrole dol tito-
lo: NOTIZIARIO FORESTALE ovente per oggetlo temotiche ombienioli {orestoli e vorie del quole è proprietorio lossociozione dei Forestoli (Ass.For.). Uno doto per me importonte perché, proprio lo stesso giorno, ho compiuto 36 onni. Sono tonti, oldilò delle coincidenze di numeri, i motivi d'o{fetto che mi legono o questo nostro giornole, per me ogni numero che siomo riusciti o stompore e o portore in edicolo, dopo lungo lrovoglio, è stoto come il felice porlo di uno bello creoturo. Lo creoturo è cresciuto, con gli onni l'qttenzione degli omici vicini oi forestoli è oumentoto, sono in tonti, oltre ogli ossocioli le outorevolì {irme che ci honno onoroto con i loro orticoli e doto I'occosione di ollestire un prodotto editoriole grodevole per ilettori. Oggi lAss.For., dopo il motrimonio con lossociozione lsordi.net, ho sceho di dore uno nuovo guido ol giornole: grozie o uno redozione giornolislico, lo rivisto riocquisterò ohre ollo regolore periodicitò trimestrole uno nuovo veste grofico ed editorio le.
ll nostro obiettivo rimone quello di ovvicinorci con questo rivisio olle esigenze di tonti lettori che credono nel lovoro dei forestoli per lo difeso del nostro ombiente. ln queste prossime edizioni cercheremo di rendere un servizio oi tonli giovoni che por'leciperonno ol concorso per guordie forestoli pubblicondo lesli e servizi otlinenti ollo preporozione del primo esome. Nel coniempo, come ossociqzione, ci botteremo per for oumentore il numero dei 104 posti messi oggi o concorso e, soprottutto, per lo realizzozione dello "Scuolo Forestole' in Sordegno. Scuolo che, ribodiomo per l'ennesimo volto, deve noscere in simbiosi con Ie Focoltò universitorie giò esistenti di Scienze forestoli e ombienloli e dell'omminislrozione. Mo ritornondo ol nostro giornole devo ringroziore tutli gli omici che in questi onni ci sono stoti vicini e oiutoto od ondore ovonti, un porlicolore grozie vo o Poolo Pois, primo direttore responsobile dello rivisto, e o Cloudìo Cugusi che ho occeltoto di proseguire queslo opero. Auguri o tutti per le prossime festivitò notolizie e di fine onno con Iouspicio che possiomo vivere un2004 di poce e serenilò. Saluatore Scriua
RI FIESSIO]I I PRE]IATAIIZI E Le Pres crizioni di per le utilizzazioni forestali che Massima e di Polizia contenesse le prescrizioni tecForestale
per i boschi ed i
terreni sottoposti
a vincolo
idrogeologico sono " un regolamento composto da prescrizioni tecniche vere e proprie sulle modalità di governo e di utllizzazione dei boschi e dei pascoli, e da norme di polizia forestale."(Frassoldati, 1960 ). Hanno effrcacia di regolamento locale emanato dalla Gunta della Camera di Commercio della provincia a norma dell'articolo 19 del R.D. n" 7726 I 7926, che ne definisce le materie ed i contenuti. La loro redazione è awenuta sulla base d'un, ormai vecchio, modello ministeriale che frssa i punti cardine della materia ed ammette
gli
adattamenti che
niche da rispettare; le prescri-
zioni per I'estrazione del sughero coerenti con la legge speciale allora in vigore; norme per la prevenzione degli incendi forestali, compatibili con la legislazione esistente; le prescrizione di piani economici, anche sommari, per i boschi
ottanta anni la scienza forestale ha fatto notevoli progressi mentre la tecnologia ha prodotto strumenti di lavorazione e di uttlizzazione che impongono, oggi, una profonda revisione delle
si
impongono a causa delle modificazioni di ordine edafrco, climatico e vegetazionale e di interesse socio - economico che il trascorrere del tempo può avere provocato. Non siamo in grado di dire se, e come, le P.M.P.F. delle province sarde siano state aggiornate durante gli ottanta anni di percorrenza della "legge forestale". Sappiamo che le Prescrizioni della Provincia di Nuoro hanno subìto una revisione nel 1981 per aggiornare alcune materie in relazione alle diverse condizioni maturate nel tempo, dopo la promulgazione della "legge forestale" del 1923. In particolare si è intervenuti su questi argomenti: I'obbligo della preventiva avtortzzazione
suolo per I'impianto di nuovi boschi; disposizioni circa I'apertura di strade e I'esecuzione dei movimenti di terreno non destinati alla trasformazione a coltura agraria. Si era tenuto conto della evoluzione awenuta nel campo della selvicoltura ed in quello della difesa del suolo con l'impiego di tecniche e di strumenti impensabili negli anni venti e trenta, di prima applicazione della "legge forestale". Negli ultimi
privati di estensione maggiore di 1o ettari; I'adeguamento dei turni minimi per le fustaie a stmttura coetaD€a; disposizioni sui trattamenti a taglio raso, a tagli successivi e a taglio saltuario; I'allungamento del turno minimo dei cedui ( per i cedui
quercini il turno minimo è stato elevato a 25 anni ); norme per il miglioramento dei pascoli e sulla preparazione del
Prescrizioni in ambito regionale, posto che non esistono differenze sostanziali di tipologie forestali e di caratteristiche fisiche territoriali fra le province dell' Isola che giustifrchino I'esistenza di Prescrizioni differenziate. Alcune esemplificazioni possono chiarire meglio il problema. Circa i cedui quercini, quelli delle formazioni miste di sclerofille a prevalenza di leccio e quelli castanili, accurate analisi di ricercatori di scuola italiana suggeriscono I'allungamento dei turni oltre i 30 anni, e fln'anche 40 anni, per i risvolti positivi di ordine ecologico connessi con la minore degradazione edafica, ed anche produttivo per la capacità incrementale del sistema pollonifero di maggiore età. ( IL bosco ceduo in
Italia
- Acc. Ital. Sc.For.
Firenze - 2OO2) Per quanto attiene al periodo di esecuzione del taglio del ceduo, ricerche condotte sul
campo in cedui di eucalitto, di e di castagno, hanno dimostrato l'inconsistenza delle motivazioni addotte per giustifrcare del taglio nei mesi autunno - vernini ( il cosiddetto riposo vegetativo ). I ricercatori suggeriscono di considerare periodo di tagli tutto I'anno in quanto non sono state riscontrate differenze significative, in termini strutturali e di produttività rispetto ai tagli invernali. Solamente per motivi legati alla pericolosità degli incendi, si potrebbero escludere le uti. lizzazioni nei mesi estivi, da giugno a settembre. Qualche
leccio
riflessione potrebbe
essere
fatta anche in merito: all'estensione delle tagliate.in relazione all'inclinazione dei versanti, da contenere al di sotto dei cinque ettari; ai limiti di pendenza per le superfici da utilizzare, da non superare il 30 o/o; al rilascio di fasce boscate di rispetto lungo i corsi d'acqua, i compluvi, i crinali, da governare a fustaia disetanea; all'imposizione del governo a fustaia disetanea nelle formazioni contermini ai laghi artificiali, per una
larghezza minima di 50 metri nel senso della pendenza; alla defrnizione del numero delle
piante matricine entro valori da 100 a 720 per ettaro ( un numero maggiore configurerebbe il ceduo come composto
Camere
di
Commercio
). La
presenza delle Camere di Commercio in questo delicato settore, in vero, era anacronistica e di scarsa utilità pratica, ma la soluzione adottata, dietro la spinta di una decisione
); ad una inequivocabile e legittima di un ragionata definizione delle
modalità di trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione, per evitare che tutti i movimenti di terra vengano sanzionati anorma dell'articolo 24 della "legge forestale". Una eventuale revisione delle P.M.P.F. potrebbe soffrire della condizione di "vecchiaia" della "legge forestale" del 1923 che oggi appare inadeguata anche in quelle parti che sono soprawissute all'usura degli anni. Nonostante ciò la Regione non
ha ancora proweduto a "costruirne" una per la Sardegna. Con i palliativi non si possono affrontare i proble-
mi legati alla soprawivenza
delle aree forestali. Soprattutto quando i palliativinon sembrano offrire soluzioni corrette. Di recente sono state attribuite alla Direzione generale del Corpo forestale della Sardegna le funzioni che la "legge forestale" del1923 aveva affidato ai Comitati forestali ( le attuali
tribunale amministrativo, appare frettolosa perché è stato trascurato il principio di "imparzialità" che lo Stato aveva garantito, fin dal 1923, con I'istituzione di un organo " .tetzo ", deliberante, rispetto al Corpo forestale, organo di vigilanza e tutela, ed all"'utenza", rappresentata dagli agricoltori, allevatori e selvicoltori, quando si doveva deliberare sulla imposizione del vincolo, sulla applicazione delle Prescrizioni tecniche e delle norme di polizia, sulle singole pratiche riguardanti le modalità diutllizzazione dei suoli vincolati: tutte materie in cui il Corpo foresta-
le è
organo proponente e istruttore e I'utenza, in un
certo qual modo, controparte. Altre Regioni, in base a decisioni del Consiglio di Stato, e con leggi proprie, hanno avo-
cato a sé, o affidato alle
Giunte provinciali (in ogni caso organismi collegiali) le stesse funzioni senza delegarle
al Corpo forestale che rappre-
senta una delle due parti. Affrontare la revisione delle P.M.P.F. richiede il possesso di
conoscenze
di
discipline
diverse: ecologia forestale, selvicoltura, agronomia, sistemazione dei terreni, zootecnica,
legislazione forestale e via discorrendo. E' un'impresa con carattere interdisciplinare. Attendiamo fiduciosi. Antonello Mele
PRIMO RADU]IO DEI FORESIA1I SARDI Per Io primq vollei tulti insieme si porlo di §elrdegno Chi al raduno nonha potrt-
to partecipare ha uoluto
comunque dimostrarc il proprio interesse per l'iniziatiua e il proprio augurio per un e sito positiu o dell' eu ento.
Il primo raduno dei forestali sardi si è svolto sabato 3 maggio ad Arborea. La sede scelta è stata I'Ala Birdi, complesso turistico che, nonostante le sue dimensioni, è sorto nel totale dell'ambiente. rispetto Numerose le assenze, probabilmente dovute al ponte che ha invitato molti alle vacanze più che all'impegno sociale,
rivolta a destra e a sinistra, per intendere in maniera nuova I'ambiente sardo, mirando allo sviluppo delle zone interne della Sardegna, sempre più spopolate. Quest'appello, rivolto ai sindaci e alla classe politi-
riuscita dell'incontro è
all'Ambiente, Emilio Pani. Ora tocca all'Assfor e a chi vorrà collaborare con i forestali per portare avanti questo progetto di sviluppo. Durante la manifestazione è stato proiettato un interessante documentario del regista sardo Peter Marcias. È stato inoltre assegnato il premio "Siro Vannelli" ai giornalisti Emanuele Dessì e Licia Colò per I'importante lavoro svolto con Videolina e Rai a favore della tutela e valorizzazione del patrimonio floristico e faunistico della Sardegna.
ma la
fuori dubbio.
I
presidente dell'Ass.For Salvatore Scriva, davanti a
centinaia
di guardie, ha
annunciato
un percorso
di per I'assosvolta e di impegno ciazione, con I'iscrizione alla più vasta associazione I Sardi. "Vogliamo che il nostro lavoro diventi un'occasione di riflessione sull'ambiente in Sardegna, sul suo utilizzo che non deve essere di sfruttamento ma nemmeno inteso come una conservazione museale del verde".
L'occasione è stata ottima per una proposta politica,
ca regionale, sembra esser stato accolto dall'assessore all'Agricoltura,
Contu, e
Felicetto dall'assessore
Giulia Antinon
"lmpossibilitato a intervenire at vostro raduno in Arborea mi est gradito farvi giungere il mio cordiale beneaugurante saluto. Nella occasione desidero rinnovare suo tramite at forestali della Sardegna miei sinceri sentimenti di stima e gratitudine per la preziosa opera che essisvolgono at difesa patrimonio boschivo et ambientale con grande professionalità et dedizione". Sen. Francesco Cossigo
"lmpegni istituzionali non mi consentono, e me ne dispiace sinceramente, di partecipare al primo raduno dei Forestali sardi.
Nella Vostra quasi decenna-
le attività, ho avuto modo di apprezzarc
la
passione che
l'Associazione del corpo forestale pone in difesa certo degli interessi sindacali di chi vi aderisce ma anche, e starei per dire soprattutto, dell'ambiente e delle foreste in cui lavorate. Un bene, questo, che è dovere di ogni sardo difendere. È per questo che il mio saluto è niente affatto for-
male
e di
circostanza così
come lo è il sincero augurio di ottima riuscita del vostro primo raduno". On. Efisio Serrenti
"lmpossibilitato partecipare giorno sabato 03 maggio al primo raduno Forestali sardi, causa inderogabili impegni isti-
tuzionali, formulo
i
migliori
auguri di buon lavoro". On. LuigiBiggio
"Contemporanei impegni costituzionali non mi consentono purtroppo di partecipare al raduno dei Forestali sardi. La prego di rivolgere a tutti i partecipanti il mio più cordiale saluto e gli auguri di buon lavoro.
Colgo questa significativa
occasione anche per esprimere tutto il mio apprezzamento per il prezioso ruolo che il Corpo Forestale sardo svolge
con grande professionalità per tutelare lo straordinario patrimonio naturale della nostra isola". Vivissime cordialità. Emanuele Sanna
"Cari amici, vi ringrazio per iI cortese invito a partecipare al vostro raduno del 3 maggio. Purtroppo non potrò partecipare dovendomi in quei giorni recare all'estero. Auguro comunque un esito
positivo alla vostra importante manifestazione, alla quale sarò spiritualmente vicino, apprezzando molto i valori che animano la vostra associazione. Con viva cordialità". On. Carlo Dore
"Ringrazio vivamente per I'in-
vito al primo raduno dei Forestali sardi per il prossimo 3
maggio 2OO3. Per impegni
sono ancora nella memoria dei
miei concittadini che tuttora
rammentano le giomate trascorse in Vostra compagnia e gli squisiti prodotti di gastronomia che ci avete portato.
A
Dott. Paul Profanter
"Vi ringrazio infinitamente
per l'invito che mi avete rivolto per il primo raduno dei Forestali sardi, era mio deside-
rio partecipare ma impegni imprevisti mi tolgono questo
piacere. Auguri per la riuscita dell'evento, saluto cordialmente e spero di poter partecipare in futuro". ManaGiulia 0ettrice del Notiziario Forestale)
e
dell'Amministrazione Comunale nngrazio per il pensiero rivoltoci ed auguro la buona riuscita della manifestazione".
ll
assunti in precedenza non mi è
purtroppo possibile partecipare alla manifestazione. Auguro comunque una buona riuscita e colgo I'occasione per inviare i miei migliori saluti". Il direttore di ripartizione
nome mio personale
sindaco di Serraualle
Venanzo Ronchetti
"Ho ricevuto il graditissimo invito per il "Primo raduno dei Forestali sardi". Sono dispiaciutissimo, ma non potrò purtroppo esserci: gli impegni sono tanti e i tempi sono troppo stretti per inserire altro. Il ricordo dei momenti trascorsi con Voi amici sardi rappresenta per me un pensiero festoso, e il vedere che il legame dura nel tempo, lo rende ancora più vivo. Auguro che I'incontro possa
avere grande successo
e
possa ripetersi per moltissimi anni a venire, certo di esserci ai prossimi. Saluto tutti gli amici Forestali sardi. A presto".
"Con Ia presente comunico di aver ricevuto il Vs. graditissimo invito al primo raduno dei Forestali sardi che si terrà sabato 3 maggio p.v. ad Arborea, durante il quale è stato previsto di proiettare il documentario "Ritorno a Serravalle". Purtroppo per una serie di problemi non potrò essere presente alla suddetta manifestazione, alla quale sarei stato onorato di partecipare. I vostri gesti di solidarietà, durante un periodo difficile come quello successivo al terremoto che ci ha colpiti nel settembre 1997,
pare alla prossima edizione del raduno.
Dott. Pier Luigi Fedele
Tra chi al Raduno non ha potuto partecipare c'è anche il consigliere regionale Claudia Lombardo, che ha comunque voluto mandare un messaggio di saluto all'associazione del Corpo Forestale. Molto dispiaciuta per non poter essere presente, ha ringraziato per I'invito e mandato i suoi auguri per una buona riuscita dell'iniziativa, a tutti gli organizzatori, i forestali e gli amici vicini all'AssFor. La speranza è quella di poter parteci-
On. Cloudio Lombordo
. -dè:
Anche il Corpo Foreslnle dello §teito ho orgonizzslo il suo lo reiduno nerzioneile. Il
15 ottobre 2003, presso la Scuola forestale di Cittaducale (Rieti), alla presenza del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Gianni Alemanno, si è svolta la celebrazione del 181' anniversario della fondazione del Corpo. In apertura di cerimonia, si è reso onore ai caduti, a cui è seguita la rassegna dei vari reparti schierati. Fra questi le unità cinofile, le uniche ad avere in dotazione il lupo italiano, il Gruppo a cavallo, il Gruppo sportivo e il Gruppo Rocciatori. Al termine della cerimonia, I'esercitazione terra aria di protezione civile. Durante la manifestazione si è potuto assistere ai concerti della Banda musicale del Corpo Forestale e del Coro della Scuola del Corpo Forestale dello Stato. Nell'ambito della manifestazione principale sono previsti anche eventi particolari: I'inau-
all'impiego delle moderne tecnologie utrlizzate dalla Forestale per il monitoraggio del territorio e per il contrasto dell'illegalità ambientale. Alf interno della scuola di Cittaducale, si è svolta una mostra fotografica dal titolo: "Forestali in bianco e nero" che ha ripercorso attraverso immagini storiche ed attuali, la §filelto del gruppo o c.rvqllo del
vita della Forestale e
della
Scuola di Cittaducale dal 1850 al 1950. Il pubblico ha inoltre
potuto ammirare da vicino
alcuni dei mezzi utilizzati dal
Corpo: elicotteri, autocarri polifunzionali, autobotte per lo spegnimento degli incendi, messi in mostra al centro della piazza. GFS
- Romq 2 grugno
I 58' Anniverceirio deller Fondazione
dell'Amninistrqzione Foresterle in §eirdegner. Il z5 ottobre nella Chiesa di S.Gorgio Martire a Pau (OR) è stato celebrato il Santo Patrono dei Forestali S. Govanni Gualberto.
gurazione del 'Villaggio Natura', una sorta di viaggio tra reale e virtuale alla scoperta dei'ranger' italiani impegnati quotidianamente nella tutela del patrimonio naturale e nella prevenzione e repressione dei reati nel settore ambientale ed agroalimehtar€; spazi dedicati alla gestione e alla sorveglianza delle aree naturali protette; alla difesa della flora e della fauna in via di estinzione; alla lotta agli incendi boschivi;
ffiry
Savoia erano tenuti, infatti, a osservare leges, privilegia et statuta, a rispettare cioè gli ordinamenti, le istituzioni e le
A PROPOSIIO DI Anniversori del Corpo Foresleile Recentemente
il
il
CFVA ha
158" anniversario dell'istituzione della prima
festeggiato
Amministrazione forestale in Sardegna. Festosa cerimonia in un picco-
lo e
grazioso centro della
Marmilla, Pau, situato alle falde del complesso boscato di Monte Arci, di apprezzablle valenza naturalistica e di incontestabile rilevanza'forestale. Ma non è della cerimonia che intendo parlare, né di Pau e dei suoi boschi. Nella circostanza, mi è stato chiesto un chiarimento: perché mai il CFS festeggi quest'anno il 181" della propria istituzione ed il CFVA, la cui storia e le cui tradizioni si rifanno al CFS, solo il 158".
In un'epoca in cui il prestigio e la solidità di un'impresa sembrano affidati, più che a elementi oggettivi, alla data di fondazione della stessa: Casa fondata nel 1903....La vostra calzatura dal 1879....Con voi fin dal 1927 ..... èt similia, anche le istituzioni
paiono subire la medesima tentazione e m'è sembrato di cogliere nel quesito del giovane collega una sfi.rmatura di preoccupato allarme; ma forse si trattava di solo e puro interesse storico; non so bene. Ciò che posso dire, per soddisfame la curiosità, è che il CFS, fino a data recente, aveva considerato il 1833 come anno di fondazione del Corpo, facendo risa-
lire le proprie origru alle
Regie
Lettere Patenti di C,arlo Alberto del 1" dicembre 1833 " Per le quali S.M. approva un nuovo RegoI ament o pell Amminisffazione dei Boschi". Il suddetto Regolamento non fu esteso al Regno di Sardegna, per un insieme di ragioni, ma
fondamentalmente perché I'isola godeva di proprie istituzioni e prerogative derivanti dal Tiattato di Londra del 1718, col quale la Sardegna fu assegnata ai Savoia. In virtù del trattato e dell'atto
di
remissione del Regno a Vittorio Amedeo II (1720) i
concessioni preesistenti, ivi comprese, owiamente quelle feudali ed allodiali.
Erano quindi obbligati a rispettare I'autonomia del
Regnum Sardiniae che derivava dall'atto di infeudazione delI'isola al re d'Aragona da parte di Papa Bonifacio VIlInel1297 e che si mantenne nei secoli fino all'infausta fusione perfetta con gli Stati di Terraferma dei Savoia ( 1848). Solo successivamente all'abo-
lizione del regime feudale
(
1835), e alla divisione dei latiRegio privati, fu Demanio, Comuni e possibile varare il Regolamento pel governo dei boschi nel Regno di Sardegna (14 settembre 1844, con effetto 1' gennaio 1845) che all'art. t istituì
fondi ex feudali tra
la
speciale Amministrazione alle cui cure furono affidati i boschi dell'isola e della quale il CFVA, come Corpo Forestale della Sardegna, può legittimamente considerarsi I'erede storico. I due Regolamenti, quello del 1833, cui per lungo tempo ha fatto riferimento il CFS, ed il nostro del 1844, hanno in comune il fine di assicurare la regolamentazione e la buona gestione dei boschi di proprietà pubblica; per quanto concerne invece la proprietà privata, in quello compaiono alcune limitazioni sull'uso dei boschi privati, nel nostro, invece, iproprietari privati potevano esercitare liberamente il
diritto di proprietà e
l'Amministrazione forestale non poteva interferire.
I nostro Regolamento, in definitiva, nel rispetto appunto delle leges. privilegia et statuta fu adattato alla realtà sarda, ad una realtà rurale profondamente diversa da quella degli Stati di Tèrraferma, una terra dove persistevano ancora gli ademprivi, dove cioè le popolazioni potevano vantare ancora i secolari diritti d'uso che limitavano fortemente la possibilità per lo stesso Governo di porre ordine nell'assetto del territorio. Perfno la dipendenza gerarchica delle due Amministrazioni era diversa: la nostra dipendeva dalla Segreteria di Stato per gli affari di Sardegna, quella degli Stati di Terraferma dalla Segreteria di Stato per gli affari dell'intemo. Ma questa è tutta un'altra storia e non è il caso di dilungarcisi più di tanto. Due parole ancora, invece, sulla nuova data di fondazione del Corpo Forestale dello Stato. Per anni il CFS ha considerato il Regolamento del 1833 I'arro
istitutivo dell'Amministrazione forestale statale, come testimo-
niano
il
150' festeggiato nel
1983 ( vedi foto) e diversi e tanti
altri documenti.
In realtà le
Regie Lettere
Patenti del 1833 approvarono " Regolamento pell'Amministrazione dei Boschi"; un Regolamento esisteva, infatti, già da undicianni, da quando il re Carlo Felice, con una legge speciale promulgata il 15 ottobre 7822, aveva creato un'Amministrazione forestale e imposto una rigida disciplina nel governo dei boschi, sia
un nuovo
pubblici che privati, nell'intento difrenare gli abusi e le utilizzazioni eccessive che nelle aree alpine della Savoia, della Liguria e del Piemonte rischiavano di compromettere la stabilità dei versanti. Una legge che fu considerata illiberale e restrittiva e che il re Carlo Alberto, succeduto allo zio, volle modificare col varo del nuovo Regolamento del 1833, nel senso di mitigare Ie severe prescrizioni forestali sui terreni privati. Da qui la riscoperta delle origini del CFS: 1822 e non 1833. Rettifica recente, ma storicamente corretta.
Ben a ragione, perciò, il Corpo Forestale dello Stato ha festeggiato quest'anno il 181" anniversario della propria fondazione. Enea Beccu
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fa5rs deg/; s/6q,. 7o55
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rrut{xort,ru e §roml in Vx:uxor: nnt pa rru turr r',r, [lusc*,r, oau-e §morc.ta ,
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Eneo Beccu IRA CRONACA E SfORIA tE VICENDE DEL PATR,MONIO EOSCHIYO DELIA SARDEGNA 432 pogine con 85 illustrozioni o colori e in b/n e dei lagli e i relaftvi preltevt, le prime utilizzazioni boschive a carallere industriale del XVlll seco/o, /e togliote L'opera ilporta /o siolo de/ie foreste più significotive de//'iso/o, /o succession
operole ne/ seco/o successivo per i/ fobbisogno dei servizi stofc)li e que//e effeÌfuale dagli impresori boschivi prtvctft; si soffermo sug/i impieghi del legname pregioto e su que//o de/ /egno comune, su/ sughero e su//o corleccia /egnoso impiegoto doll industria conciorio; ricosfruisce, infine, il pafrimonio si/vico/o di numerosissimi Comuni. /l iesto è orricchito dalle cortine foresfo/i delle undici province esislenli o melò de/ seco/o scorso, do riproduzioni di tovole illusfrolive de//'epoco, do tobe//e e da numerose fotogrofie.
ffi
PREMIO SIRO UA]I]IEIII iniziatiua dell'ASS.FOR. per riconoscere l'impegno del massimo studioso di U n'
anrbientc in Sardegna
On. Feliae Gonlu
viene conferito a quanti, con studi, pubblicazioni, filmati o
azioni particolari si sono distinti nell'azione di sensibilizzazione per la difesa, la
conservazione e la valortzzazione del territorio della Sardegna.
Ai vincitori andranno
i seguenti riconoscimenti: pre-
mio alla ricerca in campo naturalistico, premio al progetto didattico naturalistico
Un premio per la divulgazione della cultura ambientale in Sardegna è stato istituito dall'ASS.FOR (Associazione del corpo forestale sardo). È il premio "Siro Vannelli", istituito in memoria dell'omonimo funzionario forestale, scomparso, tre anni fa che si è profuso in una intensa attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturalistico e forestale dell'lsola. Il progetto ha lo scopo di promuovere la divulgazione di studi e ricerche finalizzatr all'ampliamento delle conoscenze del patrimonio ambientale isolano e alla sua valorizzazione. A questa iniziativa, che ha carattere permanente e cadenza annuale, possono liberamente aderire soggetti pubblici e privati, associazioni, movimenti, istituzioni scolastiche e chiunque voglia impegnarsi per diffondere il rispetto della natura. Il premio "Siro Vannelli"
re§
*
(scuola media), premio all'associazione ambientalista e di volontariato, premio al libro, premio alla fotografia, premio alla trasmissione televisiva, premio al sito internet e premio all'articolo giornalistico. Per il 2oo3 il riconoscimento dell'ASS.FOR, consegnato il 3 maggio alla presenza dell'On. Felice Contu, nelI'ambito del primo raduno dei Forestali sardi, presso il villaggio Ala Birdi di Arborea, è stato assegnato Licia Colò, per "la divulgazione della cultura ambientale e forestale del territorio
sardo" e ad Emanuele Dessì per la trasmlsslone "Sardegna Verde"
"ll premio - ha spiegato il presidente dell'ASS.FOR Salvatore Scriva, infaticabile ideatore del riconoscimento - ha lo scopo di promuovere studi e ricerche finalizzati all'ampliamento delle conoscenze dei valori floristici e faunistici peculiari della Sardegna e la loro divulgazione, nonché le azioni tese alla protezione, alla valorizzazione ed al miglioramento del patrimonio ambientale isolano". Giulia Antinori
Noto o Mogoro (OR) il
l0
settembre
1927, è residente o Quortu. E' loureoto in Giurisprudenzo ed esercito lo professione di Noloio in Cogliori.
E' stoto Consigliere regionole, eletto nelle liste dello DC per il collegio di Cogliori, nello lV V Vl e Vll legisloturo,
dol
3 luglio 196l ol 6
oprile 1979,
doto in cui si è dimesso per condidorsi
ol Porlomento nozionole.
Ho ricoperto l'incorico di fusessore regionole ogli Enti Locoli dol morzo 1967 oll'ogosto
,l969
e di
Assessore
oll'Agricolturo dol gennoio 1977 oll'a-
prile 1979. E' stoto Presidenle del Consiglio regionole dello Sordegno dol luglio 1969 ol gennoio 1977. Dopo l'on. Agostino Ceroni è il Presidente del Consiglio rimosto più o
lungo in corico. Deputoto per l'Vlll, lX e X legisloturo reubblicono, dol giugno 1979 fino ol giugno 1990, doto in cui si è dimesso.
Ho
ricoper-to l'incorico
di
Sottosegrelorio ol Tesoro nel Governo
Gorio dol luglio ì 98Z oll'oprile 1 9BB,
dofu in cui ho ossunto l'incorico di
Sottosegretorio
ollo Sonitò
nel
Governo de Miio, fino ol luglio 1989.
Dol giugno l9B9 ql giugno 1994
è
stoto Eurodepuloto.
E' sloio componente dello Giunto per
il Regolomenlo e componenle dellq Commissione nello Giunto M. Floris.
E' Assessore oll'Agricolturo e Riformo ogroposiorole dol novembre 2001 . Apportenente ol Gruppo UDC.
I
ll regoleimenlo
del concorso
"Premio Siro Vannelli" Per la divulgazione della cul-
tura ambientale della Sardegna L'ASS.FOR.
del Corpo
-
I
forestale
Associazione
Forestale della promuove l'istitu-
Sardegna zione di un Premio per mantenere vivo il ricordo e onorare la memoria del Dott. Siro Vannelli, funzionario forestale prematuramente scomparso il 4 febbraio 2000, che profuse la sua attività per la conseryazione e la valoizzazione del patrimonio naturalistico e forestale dell'lsola, concorrendo, con encomiabile impegno, allo studio della flora sarda, alla diffusione della sua conoscenza e alla difesa dei suoi valori. L'iniziativa ha lo scopo di promuovere studi e ricerche frnalizzati all' ampli ame nto delle conoscenze dei valori floristici e faunistici peculiari della Sardegna e la loro divulgazione, nonchè le azioni tese alla protezione, alla valorizzazione ed al miglioramento del patrimonio ambientale isolano. All'iniziativa possono liberamente aderire soggetti pubblici e privati, associazioni, movimenti, istituzioni scolastiche e quanti, condividendone la finalità, intendono impegnarsi per diffondere a tutti i livelli I'amore e il rispetto per la Natura, la crescita culturale e sociale delle nostre popolazioni e contrastare l'indifferenza, I'insensibilità e il fatalismo di fronte ai guasti del territorio provocati dall'incuria, dagli incendi, dagli egoismi e dalle speculazioni. Il Premio Siro Vannelli, che awà carattere permanente e
cadenza annuale, verrà confe-
rito, da una apposita giuria nominata dal comitato promotore, ogni anno a quanti con studi, pubblicazioni, filmati o azioni particolari si sono distinti nell'azione di sensibilizzazione per la difesa, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio forestale fd ambientale della Sardegna. Ai vincitori, designati da un'apposita Guria, verranno conferiti i seguenti Premi di riconoscim€[to: . Premio alla ricerca in campo naturalistico: forestale, floristico e faunistico (tre riconoscimenti) ' Premio al progetto didattico naturalistico (scuole medie) ' Premio all'associazione ambientalista e di volontariato ' Premio al libro ' Premio alla fotografia . Premio alla trasmissione televisiva . Premio al sito internet . Premio all'articolo giornalistico
Giuria Sarà composta da cinque membri di cui: n. 1 funzionario
forestale in quiescenza; n. 1 rappresentante dell'ASS.FOR. ; n. 1 rappresentante delle Associazioni ambientaliste o del Volontariato; n. I giornali-
.
Identificare e nominare i membri della Guria; . Stabilire i criteri di valutazione cui la Guria dovrà attenersi per I'assegnazione dei diversi premi . Indire il Bando del Premio Siro Vannelli e stabilire la data di presentazione dei lavori, la sede, le modalità e la data della cerimonia di premiazione . Quant'altro necessario per diffi;sione del Bando del premio e la buona riuscita della manifestazione.
viene istituito un Comitato Organizzatore così composto
:
Amilcare Loverci, Antonello Mele, Antonio Podda, Ciro
Angiolino,
ClaudioCugusi,. Enea Beccu,. Enzo Sanfilippo,. Salvatore Scriva.
UN PREMTO IN DIFE§A DETIA §ARDEGNA ll premio aurà una cadenza annuale e sarà sempre conferito a coloro che si saranno distinti nell' azione di sensibilizzazione per la difesa,la conseruazione e la ualorizzazione del patrimonio forestale e smbientale della Sardegna.
sta designato dall'Associazione
della Stampa Sarda; n.
1
docente universitario Le funzioni di Segretario saranno svolte da un compoDirettivo nente del dell'ASS.FOR. Comitato Organizzatorc
Ai fini di : . Intraprendere le iniziative volte a rendere operativa I'istituzione del Premio;
Emonue/e Dessì
3L
U]I IOSCA]IO IlI SARDEG]IA R.eicconteindo §iro Veinnelli sua vita di servitore dello Stato, l" capitolo - ll regionale Per concludere il racconto quando decise di anticipare di "Un toscano in Sardegna" dedi-
cato al Dott. Siro Vannelli,
ripreso nei tratti più salienti della sua carriera di ufficiale del Corpo Forestale, spesa soprattutto tra Cagliari e la Gallura, dove ricoprì incarichi di alta responsabilità e dove poté estrinsecare le sue grandi doti umane ed intellettuali, non si può certo trascurare il suo rapporto con la Regione Autonoma della Sardegna. L'incontro tra Siro Vannelli e la Regione Sarda awenne all'inizio della sua attività di pubblico funzionario quando, dopo aver superato il concorso per I'accesso alla carriera direttiva del Corpo Forestale dello
Stato,
licio Co/ò
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gli venne
assegnata
circa sei anni la cessazione dal servizio che avrebbe dovuto coincidere col compimento del sessantacinquesimo anno di età. L'accesso avvenne nei primi
anni '50, quando la Regione Autonoma della Sardegna, si potrebbe dire molto bonaria-
mente, emetteva quasi i primi vagiti essendo stata istituita nel 1949. Si trattava di un ente del tutto nuovo che, pur non esistendo precedenti di riferimento, iniziò quasi alla grande la sua attività sapientemente ed intelligentemente guidata dalla prima classe politica regionale che, sebbene cresciuta nel ventennio fascista e non potendo vantare esperienze di gestione della cosa pubblica, seppe presto adeguarsi alla nuova democrazia repubblica-
Cagliari come prima sede di servizio col grado di ispettore aggiunto. La sua carriera si svolse in Sardegna per tutto il
na.
percorso gerarchico - ispettore aggiunto, ispettore, ispettore principale, ispettore superiore, ispettore capo, ispettore generale - grado col quale cessò la
Metter su la macchina burocratica costituì forse una delle fasi più irte di difficoltà. La prima burocrazia regionale si trovò quindi formata soprattut-
to da dipendenti statali distaccati in posizione di comando presso la Regione Sarda, diciamo meglio da quel che era rimasto fra gli statali pesante-
mente decimati dai cinque anni del secondo conflitto mondiale. Le assegnazioni di statali risultarono più massicce che altrove negli ispettorati agrari e forestali dato che, in tali materie, la Regione aveva competenza primaria ai sensi dell'art. 117 della Costiruzione. Statale si trovava però solo il personale comandato poiché gli uffici erano stati trasferiti alla Regione sin dai primi anni'50 e tutte le spese di funzionamento degli stessi (locali, attrezzatrxe, mobili, telefoni, anttomezzi, etc, etc,) gravavano interamente sul bilancio regionale già da quel periodo. Per quanto riguarda Siro Vannelli, si trovò anch'egli funzionario dello Stato comandato presso la Regione Sarda ed in tale posizione rimase per oltre 15 anni, fino a quando la legge regionale n'18/1971 non pose finalmente fine alla siruazione di precariato del personale statale negli uffici agrarie
forestali dell'lsola: questo si trovò a dover optare o per lo
Stato - rientrando quindi nella Penisola - o per la Regione transitando definitivamente nei ruoli regionali. Siro Vannelli non si pose problemi di softa e scelse di rimanere in Sardegna, sardo fra i sardi ormai come, del resto, sardi lo erano i suoi tre figli nati nell'lsola. I dott. Vannelli non ebbe molti contatti diretti con I'Amministrazione centrale della Regione per oltre 20 anni poiché la sua carriera, in tale
periodo, si svolse interamente negli uffici forestali. Le visite di servizio presso I'Assessorato all'Agricoltura e Foreste furono sporadiche, più "concentrate" nei primi anni di servizio, prestati presso I'lspettorato Ripartimentale delle Foreste di Cagliari quando egli ebbe, fra I'altro, ad occuparsi dei cantieri di rimboschimento finanziati dalla Cassa per llMezzo$omo, dei cantieri-scuola finanziati dal Ministero del lavoro e del vivaio
forestale di S. Maria Chiara in Pirri, sostituito poi da quello di "Bagantinus" in Decimomannu la cui prima direzione fu affidata al dott. Vannelli dal Capo dell'lspettorato di Cagliari dott. D'Autilia. Dopo la lunga parentesi gallurese, della quale si è parlato nella prima parte del racconto, il dott. Vannelli, che intanto era giunto al culmine della carriera essendo stato promosso ispet-
tore generale, ritornò a
Cagliari dove prese servizio presso I'Assessorato della Difesa dell'Ambiente, istituito
con la L.R.
n' I/I977 ed al
quale vennero trasferiti com-
petenze e personale del Corpo Forestale. Assunto I'incarico di direttore del Servizio Parchi e Foreste, il dott. Vannelli poté lavorare da
dipendente regionale vero e proprio poiché dapprima, operando negli uffici periferici, si sentiva un po'estraneo rispetto ai colleghi assessoriali; fatto che potrebbe definirsi fisiologico perché accadeva anche agli statali nei rapporti. tra ministeriali e dipendenti degli uffici territoriali. Nella sua nuova funzione di alto burocrate, il dott. Vannelli non cambiò certo il suo stile di impiegato modello, di gran lavoratore, di estroso cultore di iniziative atte ad inculcare nelle nuove generczioni I'amore per la natura e le foreste. Cambiava piuttosto I'ambiente di lavoro. Tànti lettori ricorderanno una frase di due millenni orsono "meglio il primo qui che il secondo a Roma", attribuita forse a Cesare. Per il dott. Vannelli awebbe potuto avere forse lo stesso valore traducendo "meglio capo di un ufficio periferico che il no 2 in un assessorato".
La Difesa dell'Ambiente non era considerato allora un assessorato di primaria importanza come lo è attualmente così da collocarsi fra i più ambiti nell'ambito del mai dimenticato manuale Cencelli. Inizialmente venne sottovalutato e questo comportò carenza dimezzi e di personale. Siro Vannelli dovette farsi prestare una macchina da scrivere elettrica ed una calcolatrice elettronica da un ispettorato, batteva lui stesso decreti e relazio-
ni, si premurava persino di perfezionarli e di consegnarli "brevi manu" in ragioneria per accelerare I'iter di finanziamento delle perizie.
Tali difficoltà tuttavia non sminuirono I'entusiasmo che egli poneva nell'affrontare il nuovo lavoro per cui il servizio
parchi e foreste non risentì
minimamente della particolare situazione e procedette nel migliore dei modi talché gli ispettorati forestali come I'Azienda Foreste Demaniali della R.S. non ebbero mai a rimpiangere gli anni precedenti. D'altronde Vannelli rimase sempre a totale disposizione degli uffrci suddetti sostenendo i loro capi ed i direttori dei lavori col massimo della collaborazione. Fu forse uno dei periodi in cui i periferici sentirono più vicino I'Assessorato di appartenenza,lo sentirono più amico, vi fu un vero e proprio abbattimento di quelle tipiche barriere gerarchiche che da sempre, nella pubblica amministrazio-
ne, ha costituito un trait d'union negativo tra la centralità dei ministeri e gli uffici territoriali. Il dott. Vanneili, superando, come sempre, i limiti degli orari di servizio, utilizzò la sua posizione direzionale per realizzare alcune iniziative di gran valore al precipuo fine di far conoscere ai giovani i boschi e
la natura così da amarli
e
difenderli perseguendo così la cultura dell'ambiente che i figli awebbero potuto trasferire ai genitori. Partì quindi la campa-
gna "una palma per
il
Campidano": si invitavano i ragazzi a consumare datteri conservando i noccioli per seminarli in modo da veder crescere con loro quelle palme che avevano, in altri tempi,
caratteflzzato il meridione dell'lsola. Fece poi diffondere nelle scuole bustine contenenti sementi forestali con le istruzioni per un corretto allevamento delle varie specie arboree. Tali
iniziative vennero accolte con molto entusiasmo dai bambini
delle scuole elementari e dai loro insegnanti e ben apprezzate dagli stessi genitori. Non saprei se potrebbe dirsi altrettanto di colleghi e superiori del dott. Vanneili poiché non ebbero seguito né allora né successivamente quando, a partire dal luglio del 1983, l'anno delle tragiche morti negli incendi di Curraggia, si verificarono estati di fuoco di eccezionale gravità, episodi che awebbero richiesto una più vasta sensibilizzazione delle popolazioni sarde. Tornando a Siro Vannelli, dipendente regionale, non ci si può esimere dal ricordare una grave amarezza che egli ebbe a soffrire quando dovette conoscere la Regione come "cattiva matrigna", per quanto assolutamente non responsabile, in una vicenda che riguardava tutto il personale regionale.
Alcune pecore nere, presenti in regione come in qualsiasi parte del mondo, costrinsero la Gunta Regionale ad adottare
dei prowedimenti restrittivi nei confronti di tutti i dipen-
benché uscisse di casa con largo anticipo, non riusciva ad
denti: gli orari di ingresso e di uscita, in tutti gli uffici regionali, vennero rigorosamente quanto puntualmente registra-
arrivare puntualmente alle
ti. Alla frne di ogni mese si som-
aveva dato con tanta generosità non risultava da alcun documento agli atti, i piccoli ritardi erano stati invece registrati. L'episodio, pressoché insignificante per se stesso, in un uomo rigoroso ed integerrimo come il dott. Vannelli provocò una profonda amarezza.
mavano rispettivamente i ritardi e gli anticipi e si presentava il conto al dipendente (per quanto se ne sappia, comunque, dawero pochi) con I'aut aut: scegli se dobbiamo recuperare dalle ferie o dallo stipendio. Il prowedimento in questione non ebbe vita lunga perché si accertò che il fenomeno del piccolo assenteismo era dawero poca cosa, non più di quel tantum di fisiologico esistente in tutte le pubbliche amministrazioni. Il caso volle che a piangeme le conseguenze fosse addirittura il dott. Siro Vannelli, quel Siro Vannelli che, come abbiamo riferito nei precedenti racconti, aveva dato all'amministrazione di appartenenza centinaia di giornate di ferie non fruite, innumerevoli ore di lavoro
straordinario non retribuito perché egli stesso non lo
richiedeva e missioni ridotte ai minimi termini (segnava sempre meno ore di quelle effettivamente impiegate). Abitava verso I'Amsicora, non usava la macchina in città e raggiungeva Viale Trento con i mezzi di linea che quegli anni zoppicavano per dawero. Lo stesso scrivente che, in macchina, raggiungeva I'ufficio sempre prima delle 7,30 (per esigenze di parcheggio....), le poche volte in cui era costretto a servirsi dell'autobus, superava abbondantemente l'ora di entrata. Il don. Vannelli che di mezzi doveva prendeme due,
otto. Così dovette risarcire la Regione per alcune manciate di minuti di ritardo. Quel che
Proprio da allora cominciò a mettere in conto I'abbandono anticipato del servizio per cui la Regione Sarda venne privata anzitempo di uno dei migliori funzionari del suo primo cin-
quantennio
di vita,
perdita che, aggiunta ad altre verificatesi per altri versi, come quella del dott. Palma, primo e mai superato direttore della Stazione Sperimentale del Sughero; del dott. Arrigoni, passato al Consiglio Nazionale delle Ricerche; e poi del dott. D'Autilia, del dott. Sanfilippo, del dott. Podda, del dott. Stoia, del dott. Sommazzi, ha privato per anni il Corpo Forestale di un' assatura tecnica essenziale. Benché siano state poste ottime basi per il potenziale ripristino dell'organico mancante, troppi anni dowanno trascorrere prima che la nuova dirigenza, appena costituita, possa
sostituirlo
adeguatamente. Resta comunque la' cefi.ezza che, qualunque possa essere l'awenire del Corpo Forestale in Sardegna, il ricordo di Siro Vannelli rimarrà immutato nel tempo. Amilcare Louerci
rrr;È:,r+àaioò, dÉl Dòr. Siro Vonnelli è sfofo pubbiicoo ne/ N.E no t5/16 de/ dicembre 2000. ,,.,
Nosce o Montecotini Terme nel I 925. Loureqto in Scienze Agrorie nel 1950,
enoiro nel Corpo Forestole dello Stolo nel 1952 e tre onni dopo si lros{erisce in Sordegno dove fino ol I 983 svolge le funzionl di lspettore Foresto le.
I suoi studi si concentrono sullo selvi-
colturo, lo botonico e in genere l'ombiente sordo. llopero "Grondi olberi in Sordegno" derivq dollo melicoloso ricerco sul territorio di pionte di interesse storico-noturolistico
e ombien-
tole che potrebbero essere sottoposte o vincolo e ossurgere o monumento
nolurole oi sensi dello
Legge
Regionole sui Porchi.
ll suo lovoro di studioso si estende oll'inpegno nel sociole. Allo noscito dell'Ass.For. ne sostiene gli ideoli incoroggiondone l'ottivitò. Per il Notiziorio Foreslole ho curoto uno rubricq fisso oll'interno delle Ecologio e Ambienle. Muore o Cogliori il 4 febbroio 2000.
pogine
di
ij:.i1.): ;i.:iliri,i :.:::j:!iitl!-1,.:ali::,..:t
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t
ADDIO SA1UAIORE E]IA Un uomo dcrl forte ceirismq e derller gronde dedizione eil leivoro
to dell'attività di repressione della caccia mediante I'uso di pericolosi ubi fucile. È interessante segnalare alcuni episodi che dimostrano le capacità lavorative e la sagacia di Salvatore Ena. Grane all'intuito, al sacrificio e al senso del dovere di Tore furono indMduati e catturati numerosi bracconieri: due, coinvolti tra I'altro nelle indagini per il ferimento dell'Assessore Ugo Ptxeddu, esercitavano la caccia nottuma presso I'oasi del Wwf di Monte Arcosu, altri, già noti, furono arrestati per detenzione illegale di armi, altri ancora erano dediti alla caccia al cervo sardo. Un'altra azione dal risultato molto importante è stata quella
in cui Tore, avuta notizia di
Salvatore Ena, per tutti Tore, è stato un collega che, con la sua attività, ha lasciato una profonda impronta nel Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale (Ctua) della Regione Sarda. Assistente Forestale, Tore Ena era un uomo con un forte carisma, consapevole dell'importanza del servizio svolto col suo lavoro e, da buon sardo, molto legato alla sua Isola e ai suoi valori. Proprio questa era la fonte da cui traeva I'energia per I'appassionata attività di difesa del territorio. Da questa spinta interiore, unita a una naturale curiosità e a una propensione al lavoro, nasce la disponibilità che ha caratterizzato 1l servizio di Tore. La conoscenza della montagna, degli uomini che la vivono e dei codici di comportamento gli ha permesso lo sviluppo di un bagaglio personale
che, unito
a una notevole
capacità intuitiva, è stato fondamentale nel suo percorso professionale nell'attività di antibracconaggio. Ma a Tore non tutto riusciva facile. I risultati ottenuti sono il frutto di giomi e giomi di appostamenti, ricerca in montagna, lettura dei dettagli, ore di
sonno perse, pasti saltati e capacità di dialogo con i fre-
quentatori della montagna. Gliatti parlano chiaro. In undici anni di servizio presso la Stazione Forestale di Capoterra, Tore ha panecipato a 102 openzioni sfociate in denuncie penali. Di queste ben75 sono a carico di noti e 60 riguardano fani relativi all'anività antibracconaggio e a reati connessi. Altre operazioni sono state effettuate durante il servizio presso il Nucleo Antibracconaggio presso la Ripartimentale Stazione Forestale di Sinnai. Anche qui si è sempre distinto per le grandi capacità nell'ambi-
e
un'attività di caccia di frodo vi si è recato da solo, di notte, nell'Oasi del Wwf di Monte Arcosu. Intercettati due uomini armati, pluripregiudicati, Tore li ha arrestati, trattenendoli in attesa che arrivassero i colleghi. Egli mostrava un attaccamento al dovere tale da porre a rischio anche la sua stessa incolumità: è noto I'episodio in cui, insieme ad altri colleghi, è stato travolto da un'auto che ha forzato un posto di blocco istituito per attività antibracconaggio. Per I'attività svolta Tore si è fatto anche molti nemici che hanno cercato di contrastare la sua attività antibracconaggio. Tore non svolgeva solo antibracconaggio. Le attività legate alla Protezione Civile lo vedono protagonista sia durante le operazioni di spegnimento degli incendi (servizio presso le basi elicotteri) sia durante gli eventi calamitosi. Nel novem-
bre'99 egli lavorò ininterrottamente per oltre quarantotto ore, soccorrendo gli abitanti di Capoterra, Assemini e Uta, colpiti dal nubifragio. Tore era anche impegnato nel sociale nel suo paese, Uta, dove aveva fondato e diretto una società calcistica, la "Udajosso", orientata prevalentemente al coinvolgimento di bambini e ragazzi. Anche in questo campo il suo carisma e il suo entusiasmo hanno determinato in breve tempo il successo dell'iniziativa, sia in termini di risultati sportivi ma
soprattutto per
il
notevole
numero diragazzi di Uta che si sono awicinati alla pratica sportiva. E grande il vuoto lasciato da Salvatore, sposato e padre di tre figli, sia nella famiglia sia tra i tanti amici e conoscenti che gli hanno voluto bene. Egli ha inciso una traccia profonda, difficilmente cancellabile, che sarà d'esempio per i Forestali e i giovani che I'hanno conosciuto. I colleghi della Stazione Forestale di Capoteta
E' ancora grande il dolore che ha colpito la nostra famiglia e uoi che auete conosciuto Tore potete capire lo stato d'animo e il senso di uuoto che ha lasciato nella nostra casa.
il
sostegno di Voi wtti, colleghi ed amici di Tore, è stato l'aiuto più importante perché ci ha fatto capire quanto era uoluto bene. Trouare le parole per esprimere il nostro sentimento è estremamente diffrcile, tanto è stata grande la manifestazione d'affetto che abbiamo nceuuto e per questo l'unica parola è un profondo grazie, grazie di uero cuore a uoi rutti Certamente
Miriam, Manuela, Gianluca ed Eleonora Ena :.:
l:rl
o
ffiffi*-
OII|IAGGIO A SEROIO tl ricordo dei colleghi deller §teizione di Pulei
A pochi mesi dalla sua scomparsa, è vivo in noi tutti il ricor-
do di
Sergio. Del collega
Seryio, ma soprattutto dell'uo-
mo: nella nostra professione, fatta di momenti di impegno, di tensione, di rischio, in cui il rapporto professionale diventa rapporto umano, si impara a conoscersi e a rispettarsi, si crea quel legame che è qualcosa di più del semplice "esser colleghi di lavoro". Il nostro ricordo è legato al sentimento d'affetto che tutti noi abbiamo provato e proviamo nei suoi confronti. Il suo carattere allegro, giocoso e in apparenza spensierato, il suo sereno ottimismo nelI'affrontare la vita, il suo senso dell'umorismo e la sua ironia semplice ed efficace, ne tracciano, nel nostro ricordo, un'immagine fedele di ciò che era: un uomo al quale non si
può che voler bene, con il quale era dawero diffrcile non andare d'accordo. Un compagno di lavoro con il quale era certamente piacevole trascorrere il turno di servizio. Era un amico generoso, che aveva la capacità di sdrammattzzare anche nelle situazioni di diffrcoltà che la nostra professione ci fa vivere. Dava il massimo di se stesso quando si trattava di combattere contro il fuoco. Ed è proprio nell'opera di contenimen-
to di un incendio che il
suo
"lasciarsi coinvolgere" lo ha portato a sacrificare la propria vita. Per noi colleghi, con i quali Sergio ha trascorso la maggior parte delle giornate di dieci anni della sua esistenza; per noi, che meglio di tanti altri lo abbiamo conosciuto, è inevitabile di tanto in tanto soffermar-
ci a riflettere con malinconia sul fatto che non è più fra noi a ridere, a scherzare. Altrettanto inevitabile, a questa riflessione, segue sempre il
ricordo di qualche episodio di lavoro vissuto insieme, di qualche aneddoto che I'ha visto scanzonato protagonista, della
sua filosofia di vita: e alla malinconia si sostituisce un sorriso. Questa è I'eredità che Sergio ci ha lasciato. Questo è il tesoro che vogliamo conservare.
Sergio
è ancora con noi.
Ciao Sergio! I colleghi della stdzione di Pula
Non riuscirò forse mai a ringraziarvi abbastanza per la solidarietà e la disponibilità espresse in un momento così diffrcile per me e le mie figlie. La stima e il bene che avete dimostrato per Sergio sono stati e sono per me una forza per superare un vuoto immenso che colmo ricordando il suo sorriso e la sua allegria.
Sinceramente grazie voi.
a tutti
Rita, Francesca e Simona
PRIMI PASSI... Frei Ie erbe
§iliquo
di
Ho sempre in mente nomi di erb.e in tempiese: li ziri di papanzolu, la cagliuca, la
linga di boiu, li butuleddhi.
Un giorno Marinella e Daniele,
vedendo quei mazzi di erbe, mi suggerirono di scrivere un "erbario". Iniziai timidamente a muovere i primi passi in questa attività che, ormai da cinque anni è la mia passione: raccogliere erbe, scoprirne il nome, metterle sotto pressa e poi sul foglio d'erbario, sono diventati
Sono erbe che mangiavo da ma ancora non conosco i loro nomi in italiano. Un giomo mi proposi di scoprire se queste erbe crescono anche a Siliqua, dove ora abito, e come sono chiamate. Per ora so che la cagliuca è un Soncus (camingioni), ma non ho mai trovato I'Hyoseris radiata, il cui scapo fiorale a Tempio si chiama zinl Mi ha incuriosito e interessato il numero di aprile del "Notiziario forestale", dove Amilcare Loverci parla del compianto Dr. Siro Vannelli. Lessi che I'autore del racconto, che aveva dato un passaggio al
bambina,
trovare la Vitalba e
la
Flammola.
L'emozione più grande I'ho awta nell'aprile di quest'anno. Il 15 maggio dell'anno scorso avevo trovato alcune piantine ormai sfiorite nelle quali mi parve di riconoscere il Nontiscordardimé. Quest'anno, quindi, sperando di trovare la pianta ancora fiorita, ho anticipato la visita al25 aprile. Dopo aver superato un greto asciutto, ho attraversato un varco in una siepe di rovi, chinando il capo per non impigliarmi. Una volta tornata diritta ho sollevato lo sguardo e sono rimasta senza fiato: era
come se attorno a me fosse piovuta una miriade di fiorellini di un colore indefinibile tra l'azzurro e il celeste pallido. Mi pareva di vivere una scena da
favola. Mi riscosse il pensiero di mio marito che mi aspettava sotto il sole. Ho raccolto qualche esemplare per I'erbario e mi sono allontanata in punta di piedi per non calpestare quel prato da favola.
Dr. Vannelli da Tempio a Cagliari, impiegò per quel
viaggio 5 ore, perché su richiesta del passeggero dovette fermarsi parecchie volte per raccogliere un'erba, un rametto o una foglia. In quella situazione mi pare di rivedere me, che faccio fermare mio marito ogni volta che vedo qualche erba che non conosco, e anche io come Dr. Vannelli, non guardo la strada ma la campagna. Sulle pianure, sulle colline e sui monti del vasto territorio di Siliqua, dove abito, cresce una vegetazione ricca e varia. Tornavo sempre dalla campagna con grandi mazzi di erbe fiorite e cercavo di scoprirne il nome, aiutandomi con un vecchio libro di botanica.
trovai la Cirhosa, e dovetti aspettare giugno e luglio per
Anemone Hodensis
La Veronica persica,
che trovai vicino al rifomitore, e il Meliloto, raccolto in un'aiuola di Via Iglesias, furono le mie prime esperienze di riconoscimento: non so dirvi I'emozione che provai.
Dopo la
Pimpinella
(Sanguisorba minor), vari ranuncoli, gerani, la Nigella damascena, trovai anche I'er-
ba Roberta
(Geranium
Robertianum), in una fessura del gradino che circonda la biblioteca. Poi venne il tumo delle Clematidi, in dicembre
Grazia Secci
@rqziqns §eaai
he ptesenlalo "Lo floro del territorio di Siliquo". Lo moslro, orgonizzoto col polrocinio del Comune di Siliquo e lo portecipozione del professor Mouro Bollero, docenle dello Focoltò di Formociq dell'Universitò di Cogliori, è rimosto oper-to modedì 6 e mercoledì 7 moggio, presso il Monte Gronitico.
SIORIA DEl POPO1O SARDO Lei civiltù
dell'Isoler dell Perleolitico ql 27OO ei.C.
f
Ondoto migrotorio del 6" millennio
"&§§rl;ir:
Primo ondoto migrotorio del 3'millennio
f
Secondo ondoto migroiorio del 3" millennio Terzo ondoto migrotorio
@,H del 3'millennio
f
E' iniziata a Perfugas I'awentura del primo uomo sardo. Qui sono state trovate delle pietre scheggiate con una tecnica che risale a circa 100 mila anni fa, appartenenti al Paleolitico inferiore. Questa tecnica è chiamata "Clactoniana" da Clacton-onsea, una località inglese dove furono rinvenuti, per la prima volta, manufatti simili a quelli sardi. Dalla forma ottenuta con la scheggiatura si riesce a intuire I'uso: raschiatoi e grattatoi per scuoiare gli animali cacciati, bulini per incidere e asce di pietra. Gli uomini appartenenti a questa civiltà si vestivano di pelli, bucate con bastoni
appuntiti e cucite con tendini d'animali. La vita quotidiana era incentrata sopratn-rtto sulla caccia e la raccolta di frutti, bacche e radici. Per lo studio delle civiltà in archeologia si usa un sistema
basato sull'identihcazione di reperti secondo le loro tipologie. Questo metodo è stato utilizzato per identificare la culrura
"clactoniana" in Sardegna: i manufatti ritrovati nella zona di Perfugas sono molto simili a quelli del sito inglese di Clactonon-sea, le due popolazioni, quindi, avevano le stesse usanze e sicuramente il ceppo sardo proveniva dall'lnghilterra. La mancanza di testimonian-
Esportozione del l'ossid
io
no
del monte Arci
ze dell'uomo in Sardegna dopo la cultura "clactoniana" lascia
un buco di decine di migliaia di anni nella storia dell'lsola: la Sardegna potrebbe essere stata
abbandonata per tutto il Paleolitico medio, ma non si conosce il motivo.
il viaggio attraverso la Sardegna storica continua nella grotta Corbeddu di Oliena, chiamata così dal nome di un bandito che in tempi recenti la usava come rifugio e come "tribunale" per dirimere controversie legate al brigantaggio (su una parete è incisa la bilancia, simbolo di giustizia).
In questa grotta sono state
e
trovate ossa appartenentl a un cervo preistorico, ossa di un piccolo canide e manufatti in selce e ossidiana. Il rinvenimento di resti molluschimarini e terrestri, di crostacei e pesci, di animali domestici e selvatici (fra cui il prolago, un roditore simile al topo o a un piccolo coniglio, ormai estinto) ha permesso di tracciare un quadro abbastanza chiaro della dieta degli uomini del periodo. In questi luoghi compare anche la ceramica cardiale, decorata imprimendo sulla pasta dell'argilla ancora fresca motivi fatti con una con-
chiglia (il
cardium).
Particolarmente importante il ritrovamento di alcuni frammenti di cranio umano, il più antico riesumato in Sardegna. Le analisi col Carbonio 14, nei diversi strati, evidenzia che la grotta è stata frequentata da 13.550 a 6.200 anni fa circa, quindi per ben 7.000 anni. È questa I'ultima testimonianza del Paleolitico in Sardegna. L'esame petrografico, applicato sia a materiali grezzi sia a prodotti finiti, è uno dei sistemi per lo studio dei reperti.. Partendo dalle caratteristiche del materiale analizzato, è possibile individuare il percorso fatto per arrivare a destinazione (commercio, invasioni, migrazioni). Un esempio su tutti: I'ossi-
diana del Monte Arci
ha caratteristiche particolari, che permettono di identificarla anche quando si ritrova in altre
parti del Mediterraneo.
Può essere così ricostruito il percorso intrapreso dai popoli che la
barattarono in cambio di altri oggetti.
Dalle analisi chimiche e speitrografiche degli oggetti di bronzo, si possono conoscere i luoghi d'estrazione del rame e dello stagno. Invece, dalle scorie di lavorazione del ferro si scopre come veniva lavorato. Per questi reperti il più famoso metodo d'analisi è quello del carbonio 14 (C I4), utilizzabile su materiali organici. L'analisi si basa sulla radiazione
dell'isotopo del carbonio 14 (proveniente dal sole) che "penetra" negli esseri viventi e anche sui reperti. L'unico limite è che i reperti analizzati al C
della precedente fase.
Capo Verde, situata a 75 metri sul livello del mare, nel promontorio di Capo Caccia, è stata abitata quasi ininterrottamente dal Neolitico Antico al Medioevo, restituendo interessante materiale: migliaia di reperti ceramici, utensili d'osso, d'ossidiana e di selce, scheletri col loro corredo funerario. Il successivo Neolitico Medio (+ooo - 3500 a.C.) in Sardegna prende il nome di "Cultura di
14, tn seguito al tratta-
mento cui sono sottoposti, vengono distrutti. Al periodo del
Paleolitico segue il Neolitico (Età della Pietra Nuova), chiamato così per I'uso di rendere lisce le pietre che dovevano essere utllizzate come asce e accette.
Il Neolitico si sviluppa nel sesto millennio a.C. in tutti i territori che si affacciano sul Mediterraneo, com-
presa
la
Sardegna. "Su Carroppu", fase del Neolitico Antico prende il nome dall'omonima località nel Comune di Carbonia, dove sono stati rinvenuti ceramiche e strumenti di ossidiana. A questa fase ne segue un'altra, chiamata "Filiestnr - Grotta Verde", dalle località rispettivamente di Mara e di Alghero: questa fase è catattertzzata dalla forma del vasellame, molto più panciuto di quello
Nell'lsola la
Bonu lghinu", dal nome della località dove è situata la grotta di "Sa Ucca de Su Tintirriolu" (La Bocca del Pipistrello). In questo periodo che I'uomo comincia a porsi domande sulla natura (con i primi studi astronomici) legata al culto dell'aldilà: vento, fulmini e astri erano manifestazioni delle divinità, domina il principio fem-
minile e quindi
il culto della
la silice e il quarzo, che è fineDea Madre, inoltre si ha anche Gli oggetti d'uso quotidiano mente triturato, estratto nelle lo sviluppo di pratiche religio- sono i testimoni più importanti regioni con terre cristalline; la se, magia imitativa e magia per conoscere il grado di raffi- calcite, derivante dalle zone nera. natezza e di sviluppo raggiuncalcaree, dalle grotte o dalle La società si divide in caste, to. La ceramica è quella che sabbie alluvionali. I calcare compaiono i capi tribù, i sacer- ci fa capire maggiormente amorfo presenta l'inconveniendoti, i guerrieri e nascono le come si svolgeva la vita di tuni te di trasformarsi in calce se professioni: Vdsoi, fabbri, coni giorni. Ma come si arrivò alla supera i 600 gradi. In mancanza di altro, nel Neolitico cardiatadini, pastori, tessitori e quansua creazione? Probabilmente, t'altro richiedesse la "società osservando che le impronte le e nel Neolitico medio si usanel fango secco trattengono vano come digrassanti cocci dei consumi" di quel tempo. finemente tritati. Sono usati Cinghiale, bue e cane vengono addomesticati, anche materiali di origine l'agricoltura e la pastorizia biologica, per esempio paglia o frammenti di concambiano totalmente la vita dell'uomo: in precechiglie, crusca o pula, piandenza la sua soprawivenza te di palude che lasciano era basata sulla raccolta di un catrame vegetale. Se il vegetali selvatici e sulla calore della fiamma è diretcaccia, ora produce ciò to solo su una parte, I'oggetto si spacca. Per rendere che gli serve. In questa fase I'uomo iniil calore omogeneo l'antico zia a otganizzarc la sua vita uomo sardo scavava buche dal punto di vista sociale: che poi chiudeva. Le pareti sono formate da diversi abbandona il nomadismo e si stabilisce in territori ferstrati di materiale refrattario: nasce il forno. tili, che utilizza per agricolSpecializzandosi con tura e allevamento, abbanl'uso del calore, il nostro donandoli quando divenprogenitore creava vasi di tano improduttivi. Le prime migrazioni neolicolori differenti, addirittura partono in con I'interno di un colore e tiche Europa I'esterno di un altro: più è dalla Cilicia e dalla Siria alta la temperatura e più le occidentale e si dirigono, nel tonalità diventano chiare. sesto millennio, in Grecia e a Menhir posto dietro i?bside de//o Chieso di S.Morio Poimos (S.G. Suergiu) L'uso dei vasi come conCreta. Tre ondate migratorie particolarmente importanti si I'acqua, l'uomo primitivo tenitore è successivo all'utilizzo d'otri di pelle e zucche hanno poco prima del terzo milmescola I'argilla con I'acqua, lennio: la prima da Creta verso crea delle forme e le mette ad vuote, per il trasporto dell'acqua, e di cesti di vimini per asciugare al sole. Per accelerala Grecia e le regioni mediterranee, fra le quali la Sardegna; la re i tempi d'essiccazione del- quello di cose solide. Questo Neolitico I'impasto, utllizza il fuoco. fa sì che i primi vasi imitasseseconda, detta del Orientale, riguarda la penisola Quando la pasta argillosa è ro, nelle forme e decorazioni, i primi recipienti. Per esempio Meridionale troppo plastica, si aggiungono Balcanica, I'Ucraina e I'Europa Centrale, Parigi, il impurità che sono chiamate una serie di linee che ricordaBelgio Orientale e i Paesi Bassi, vano l'intreccio di giunchi dei degrassanti per evitare che I'arla terza, quella del Neolitico gilla, ritirandosi a causa del panieri in vasi di forma aperta o gli otri di pelle in quelli di occidentale, è più recente e calore del forno, si spacchi forma chiusa per il trasporto vede interesate la Spagna, la durante I'essiccazione. Francia, il nord Italia e la Gran Fra queste impurità abbiamo dei liquidi. Bretagna.
ricorda quello delle statuine
internamente.
il neolitico recente vede come protagonista, in
delle isole Cicladi. La maggior parte di questi, è stata trovata in sepolture che gli abitanti della cultura Ozieri praticavano in grotte o in fosse. In queste erano deposti i defunti in posizione fetale, probabilmente per rappresentare una rinascita nell'altro mondo. L'interno della fossa vi era un lastricato di pietre piatte, in modo da costruire una specie di scatola nella quale stava il defunto; intomo a questa si "infilzavano" nel terreno, in cerchi concentrici, altre lastre in pietra con, all'estremità, una stele. Il corredo funerario com-
la cultura dena di per via dei numerosi Ozieri, Sardegna,
ritrovamenti effettuati in quella zona.ln questo periodo, i vasi erano decorati con incisioni che erano riempite di impasto bianco o rosso, prima di essere
messi
a
cuocere dentro il
fomo. Nonostante l'evoluzione delle ceramiche, si continuavano a fabbricare vasi in pietra. Abbiamo qualche reperto metallico, benché I'ossidiana e la selce fossero ancora diffirsissime. Deo modre di tipo Ciclodico
Più avanti nei secoli imparerà
a far decantare I'argilla
ammucchiata in cumuli, che più passa il tempo e più si raffina. La forza di gravità attrae le impurità, più pesanti, verso il basso lasciando la parte superiore depurata. Per esempio, la ceramica micenea è prodotta con argilla decantata ben dieci anni. Se si fanno urtare dei cocci di questo materiale all'interno dell'incavo delle mani, il suono che producono è quasi metallico. Un altro tipo di ceramica famosa, quella cinese della dinastia Ming, veniva prodotta con argilla fatta decantare, in apposite stanze, per cento anni. Appena si trova un coccio, uno dei quesiti che ci si pone è se appartiene a un vaso di forma chiusa o aperta. La soluzione è semplice: si guarda nella concavità, che è la parte intema, se è lavorato o meno, nel primo caso il vaso doveva essere di forma aperta, in quanto la mano poteva entrare dall'imboccatura per rifinirlo
Per distinguere un reperto
autentico da una comune pietra il procedimento è molto semplice: se si trova vn pezzo di ossidiana o di selce, bisogna guardare i bordi. Se vi sono onde, piccole linee sernicircolari, vuol dire che in quel punto è awenuta la percussione che ha staccato il pezzo, che avete in mano, dalla roccia madre. Ora osservate il contorno e vedrete che è seghettato da dei piccoli ri.tocchi che servivano a renderlo tagliente. Per la ceramica è ancora più facile: è sufficiente grattarla con I'unghia. Se si spezza vuol dire che è ceramica e non pietra. I reperti trovati in superficie non ci danno la certezza che, esattamente sotto il punto di ritrovamento, ci sia qualcosa sepolto. Le uniche certezze vengono dagli scavi. In questo periodo la Sardegna, data la sua posizione, era situata sulle rotte di vari popoli, assimilandone le loro influenze culturali. E'il caso dei piccoli idoli in pietra, il cui stile
prendeva, fra le altre cose, collane di steatite con i grani sferici allungati. Per quanto riguarda le piccole grotte funerarie, conosciute come "domus de Janas", puf essendo originarie della precedente cultura di Bonu Ighinu, durante la cultura Ozieri I
Slotuo Menhir di Genno Arrele - Loconi
hanno un notevole sviluppo estetico e architettonico. Sono decorate con protomi taurine,
dipinte con ocra rossa, tutti simboli di fertilità e di vita, intesa come vita ultraterrena. Se la roccia lo consentiva, venivano scavate più stanze, le più grandi avevano una colonna centrale che sorregge la volta. Quest'ultima spesso era lavorata come il tetto di una capanna, per simboleggiare I'ultima casa del defunto. A ogni nuova inumazione, le ossa dei defunti precedenti e il loro corredo funerario, erano spostati per fare posto al nuovo
e al suo corredo. Questo fenomeno è durato defunto
diversi secoli.
Parliamo ora di Monte d'Accoddi. Situato fra Sassari e Porto Torres, è una piramide tronca che ricorda le ziggurat della Mesopotamia. E'alta otto metri, con la pianta di forma rettangolare (m. 37,50 x m. 30,50) e una lunga rampa d'ac-
cesso per salire sulla parte superiore della costruzione. Di questa piramide si riesce a capire poco, essendo I'unica in
Sardegna, così come non è ben chiara la funzione di due lastroni, uno dei quali con dei fori, messi come altari ad est della rampa. Sul lato ovest di questa, si trova coricato un grande menhir, di circa quattro
metri e mezzo. Nelle immediate vicinanze, si trovano i resti di un villaggio di capanne con diverse stanze, abitato dal neo-
litico recente a tutto l'eneolitico. Una sepoltura, risalente all'inizio dell'età del bronzo, è stata rinvenuta nell'angolo sud-
est della piramide a tre metri d'altezza.
Dentro un bambino di circa sei anni, col cranio coperto da un vaso tripode. Accanto una ciotola, che senz'altro doveva contenere il cibo per il viaggio nell'aldilà. Un altro elemento di mistero è dato da un omphalos, una pietra di forma ovale, di arenaria, fittamente ricoperta di piccole coppelle. Queste piccole concavità rappresenterebbero le stelle e di conseguenza la pietra a forma di uovo simboleggerebbe l'universo considerato come creatore di vita. Omphalos, in greco, significa ombelico, ma ha anche il significato di centro, per esempio il mozzo della ruota. posto Anticamente veniva in luoghi considerati sacri, il più famoso è quello del tempio greco di Delfi. I discorso della cultura di Ozieri si chiude con i menhirs trovati nel Sarcidano. Sono lavorati a martellina, di forma ogivale, ma quello che li rende unici, nel mondo preistorico, è
il tipo di figure scolpite. Quasi tutti hanno, sulla sommità rotondeggiante, una specie di arcata sopraccigliare che scende lungo i bordi. ln mezzo a questa, quello che potrebbe essere il naso. Continuando a scendere, circa a metà, è scolpito un tridente con una sfera alla base. Forse un uomo capovolto, a simboleggiare le anime dei defunti che, trovandosi in una dimensione opposta alla nostra, dovevano per forza di cose vivere a testa in giù. Questa teoria è dovuta al fatto che, lo stesso tipo di disegni, è stato ritrovato in numerose Domus de Janas. Alla base del menhir, abbiamo due triangoli opposti, uniti alla base da un rettangolo, formanti una figura che sembra un doppio pugnale con I'impugnatura al centro delle due lame. E così la storia sarda si ferma al 27oo a.C. Bruno Uda
(la prossima punlalo riguerderù ola §ardegna e i Miceneil
àffi È
§
E
S010 AllilllcEllDlo hanno permesso il recupero di materiale scavato abusivamente e la prevenzione delle attività clandestine che alimentano un fiorente quanto illegale commercio. Alcuni anni fa le attività di
indagine condotte dal perso-
Unei mislerioscr mcrschero di pie-
lrei rilrovcrlei
derlle Guerrdie Foreslerli deller
§tqzione di §einl'Anlioco
Una divinità buona oppure
un temibile demone:
queste sono le sensazioni opposte che
si provano osservando per alcuni minuti quel volto con gli occhi a mandorla, dal bordo esterno all'insù, che ti fissano enigmatici.
Forse è il volto di una divinità quello scolpito in una pietra recuperata lo scorso mese di Novembre nelle campagne del
Basso Sulcis dalla pattuglia Forestale della Stazione di Sant',Antioco (CA) composta dal comandante Ispettore Roberto Balìa, e dagli Assistenti
Gancarlo Pintus
ed
Enzo
Rombi.
L'opera, delle dimensioni di circa cm.34x3Ox24 e avente un incavo sulla sommità, è stata rinvenuta in un cumulo di materiale lapideo derivante dallo spietramento di un campo, in una località che non ci è dato conoscere per motivi di opportunità. il tratto sicuro della mano che ha scolpito la trachite permette di riconoscere un volto dall'espressione misteriosa. Il rinvenimento è la conseguenza di un servizio di vigilanza ai siti contenenti beni culturali ed archeologici, sparsi nella giurisdizione, che il reparto di Sant'Antioco predispone
a
cadenza settimanale dal
momento della sua attivazione, awenuta nell'anno 1993. Servizi spesso svolti in collaborazione' con il personale della Sovrintendenza Archeologica e che in passato
nale della Stazione hanno permesso il sequestro e la consegna alla Soprintendenza Archeologica di una preziosa e rara macina da olio proveniente da un furto awenuto alcuni anni prima, un reperto in custodia al Comune di Masainas (CA) in quanto rinvenuto dalla polizia municipale nelle campagne del paese. In quell'occasione due persone furono denunciate all'Autorità Giudiziaria per furto aggravato, ricettazione e detenzione abusiva di reperto archeologico. La maschera in pietra assume una caratteristica ed emblematica espressione quando viene illuminata da una luce lieve. Il reperto é stato visionato e preso in carico da esperti della Soprinten denza Archeolo gica di Cagliari che al momento, prudentemente, non hanno ipotizzato datazione e signifrcato, per conoscere i quali occorreranno accurati studi e tempo ragionevole. Potrebbe essere un pezzo molto antico (prenuragico?) così come appartenere al periodo bizantino o medioevale; non si conoscono comunque rinvenimenti con'il quale confrontarlo.
La vigilanza archeologica del Corpo Forestale della Regione
Autonoma della Sardegna è un'attività da potenziare e v alorrzzar e medi ante I'impie go di personale altamente qualificato, inquadrato in apposito servizio, che operi in stretta
collaborazione con
Soprintendenze
le
Archeologiche e le Università, al f,rne di dare maggiore e più effrcace tutela ad un patrimonio di inestimabile valore storico e scientifico quale è quello nascosto nel nell'lsola. Sardegna, una terra che assume di giorno in giorno maggiore centralità ed importanza anche grazie a pubblicazioni, vecchie e nuove, ed a recenti scoperte che mettono in discussione il vecchio stereotipo divolerla a tuttiicosti recintata da una barriera insormontabile, il mare. Per citarne alcune, Storia e geografia dei geni umani di L. L. Cavalli Sforza, P. Menozzi e A. Ptazza, edizioni Adelphi 1997, Le colonne d'Ercole di S. Frau, edizioni Nur Neon 2002 ed il rinvenimento nuragico, runa brocca askoide, di Cadice - la Gadir di Erakles (Ercole) in Arrdalusia, Spagna, oltre lo stretto di Gbilterra, appunto le colonne d'Ercole ufficiali riportato nella pagina culturale de L'Unione Sarda del28 agosto 2003.
Cog/iori, Museo Archeo/og/co Noziono/e: Eroe o Demone con quollro occhi e quoltro broccio do leti fNU) /oco/rtò Abini. Foio irotlo do ICHNUSSA SCHE/W/LLER Ml/ono
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I GUARDIA]II M§IERIOSI, derl peisseilo cruenlo clll'cltlueilitò. I
cani sardi, padroni delle
campagne, subivano un crudele addestramento imposto dalle circostanze che li rendeva micidiali macchine d'attacco contro uomini e animali. L'abigeato e le grassazioni, la caccia grossa, le guerre tribali (per esempio, quella tra le
comunità di
Fonni
e
Villagrande Strisaili per la conquista del Montenovu) e coloniali (campagna Italo-Turca) hanno sempre visto in prima linea, contro animali e sopratutto uomini, i preziosi cani sardi appartenenti a razze antiche per lo più oggi estinte. Da anni studio il mondo isolano e la sua storia, i miti, i racconti ed anche tutto ciò che ruota attorno ai cani sardi, misteriosi animali che per millenni sono stati i signori incontrastati delle campagne e che, nella solitudine del salto o delI'ovile, hanno alimentato la fantasia dei bambini ed i racconti degli adulti.
Brulus cone di Fonni, esemp/oro moschio di 7 onqi
Delle antiche razze,
oggi
estinte, possiamo ricordare il
Molosso Sardo (caro
a
Sebastiano Satta), il Mastino di scrive Salvatore Saba), l' Alano di Urzulei ed il Mastino di Arzana. Ma le popolazioni canine sopravissute al tempo possono oggi contarsi con le dita di una mano: il Cane di Fonni o Fonnese, il Dogo Sardesco o Dogo Sardo, il Cane di Gavoi (chiamato anche Trighinu o Tigrinu) ed il Veltro Sardo o Vertreddu. Il primo possiamo descriverlo, nell'attuale comune fenotipo, come un grosso spinone
Bonorva (di cui
dallo sguardo triste, occhi
rotondeggianti di colore giallo, arancio, ocra, ambra o nocciola; ha il mantello ricoperto da
pelo medio-lungo, ispido
e
vetroso, di colore uniforme 0e pezzature sono indice di non purezza mentre sono apprezza' te la stella o lista bianca pettorale, guantini sempre bianchi e
focature non nettamente marcate) nero, brizzolato, pepesale, fulvo, miele, bianco lana, grigio, roano e tigrato. Il maschio del Cane di Fonni è alto mediamente circa 58 cm. al garrese mentre per le femmine dobbiamo sottrarre l'8-10%; I'animale pesa intorno ai 25-35 chilogrammi e deriverebbe da due linee di sangue originarie, Cussuggia (molossoide) e Addai (lupo-mastinoide). n numero degli esemplari tipici di Fonnese rischia di diminuire soprattutto a causa della consanguineità e degli incroci effettuati da molti allevatori utllizzando cani meticci da caccia o da pastore e rap-
di
varie razze (Pastore maremma no - abtuzze -
presentanti
se, Schnauzer, Pastore del Caucaso): si rileva anche una preoccupante sterilità degli
animali
e la scomparsa,
in molte comunità interne dell'lsola, dell'originario mantello tigrato. Il Dogo Sardesco è invece un robusto molossoide dallo sguardo intelligente ed inquietante e dal mantello fulvo tigrato o grigio tigrato (anche nero o grigio cenere), pelo ispido e vetroso corto (anche raso) o lungo qualche centimetro; quasi estinto, ritengo sia progenitore anche del precedente: è un cane alto circa 55-65 cm. ed ha un peso di circa 35-45 chilogrammi. Altri possibili derivati dal Dogo Sardesco sono il medesimo Cane di Gavoi, un animale completamente tigrato che nel (raro) fenotipo più caratteristico ha I'aspetto di un piccolo Cane Corso e che invece in quello comune si presenta I
ffi
come un animale più leggero, ed il Veltro Sardo, un cane da corsa e da presa medio-grande (cm.6o-65) dal mantello tigrato (di colore grigio o fulvo) particolarmente resistente al caldo ed aIla sete. Il Dogo Sardesco ha probabilmente dato origine anche ad altri fenotipi che risultano attualmente molto imbastarditi: un esempio di queste popo-
lazioni è il cane tigrato sulcitano, oggi di taglia medio-piccola e di 20-25 chilogrammi di
Animalida guardia, da pastore e da caccia che nel passato
strati alla piga, owero la presa di animali e uomini (nella tragedia Più che I'amore del 1906 e nel Notturno). Nell'ultima delle dieci canzoni scritte per la guerra contro
ispirarono illustri poeti. Sebastiano Satta, colto awocato nuorese, nella poesia
(Canzoni dei Trofei), D'Annunzio nomina ancora la
peso.
la Turchia, iniziata nel I9Il,
Cone ilgroio del Sulcis
Dogo Sordesco, moschio dr
ffi,
/
Murruzzanu, canta le gesta di un molosso famoso tra i cacciatori di tutta la Sardegna perché protagonista di un fatto di estrema cruenza realmente accaduto: Mtxruzzanu, il cui nome ha il significato forse di morsicatore, strappò il cuore ad un grosso cinghiale. Nei Canti della Culla il poeta mette a guardia dell'uscio, contro la morte, ben Sette cani mastini e sette alani ed in Cani da Battaglia, scritta per la guerra di Libia del 7972, 1o stesso Satta loda il valore, oltre che del cane di Fonni, del Dogo, degli Alani d'Orzulè e del Mastino d'Arzana. Non solo Sebastiano Satta, ma anche Gabriele D'Annunzio, legato alla Sardegna da un rapporto sincero, loda i Mastini di Fonni ed iVeltri del Monte Spada addeonno
razza del Monte Spada: "(...) Ascolto. Son forse quei di Fonni? / Sono i mastini della mia Barbagia? I E' la muta di guerra? A paio a paio I ardere vedo i loro occhi di bragia. / Azzannal Azzannat (. . .)". Il loro cruento addestramento (da qualcuno, parrebbe, ancora praticato), come peraltro descritto da autori deisecoli scorsi, prevedeva il maltrattamento dell'animale (ancora cucciolo, affamato e assettato
per alcuni giorni, chiuso al
buio, seviziato e spaventato da persone sconosciute appositamente invitate dal proprietario) ed il suo successivo avventarsi, atzzato (giagarrai, in sardo antico), contro un fantoccio dalle sembianze umane al collo del quale veniva appeso uno stomaco di pecora riempito di sangue.
Cani mitici che nell'anno 1793 contribuirono a scacciare rivoluzionari franco-corsi al comando del sotto ammiraglio
i
Truguet che, dopo innumere-
quelle tigri, fane più calde e frementi al fuoco, al fumo, al fragore delle artiglierie, correndo e nabissando, colle aperte bocche, investirono I'oste nemica (...) beato chi potea gettarsi in mare a salvamento
(...) ". Baldassarre Luciano, nel 1841 in Cenni sulla Sardegna , alla voce Fonni parla di cani:
"E'una famiglia di gran corpo di docilità, destrezza e forza. Nel villaggio stanno a guardia delle case, nel salto a custodia delle greggi contro i ladri e le volpi. Compagni dè banditi li vegliano e li aiutano negli incontri lanciandosi sul nemico
benché armati e in sella, e cogliendoli e precipitandolo
Jumo, {emmino di cone
di
Fonni o
2
qnni
voli e vani tentativi di conquistare l'lsola, tentavano lo sbarco nel lido di Quartu Sant'Elena (la spiaggia del Poeno) nel golfo di Cagliari. Non riuscirono nell'impresa perché appena accennavano a scendere dalle scialuppe, i volontari sardi, giunti numerosi dalle montagne di quella zona dopo aver visto la flotta doppiare Capo Carbonara, lanciavano loro i propri cani che gli si avventavano contro incuranti
con gravi ferite al collo, se non siano respinti. Servi ai ladri intendono il cenno, corrono sin contro le vacche, le addentano al muso, e invano muggenti e ripugnanti le portano a piè del padrone. Per cotanta utilità egli è che sono educati
cani sardi da guardia, pastore e
ma." L'addestramento cruento era condotto sulla scorta di quelle tecniche che oggi chiamiamo di condizionamento operonte: raggiunto il traguardo - la vescica legata al collo del fantoccio, già di per se stessa un
autorevole condizionamento
ancor più inferociti, senza concedere un attimo di tregua.
associato al sapore ed al nutrimento del sangue - I'animale
mento, Antonio Bresciani (Dei costumi dell'isola di Sardegna, 1861) descrive quei cani come dei fedelissimi mastini tigrati, simili a lewieri, dal pelo corto o irto (il così detto pelo forte)
veniva ulteriormente premiato mediante la somministrazione di buon cibo. Un simile addestramento, ripetuto più volte, creava una micidiale e spietata macchina d'attacco anche per questo utilizzata in guerra: infatti, laforza
di colore grigio o fulvo: "(...)
personalmente ritengo sia il mitico Cani Pertiatzu,ll grande cane tigrato per antonomasia, pelo corto o irto, dal petto ampio e dai posteriori stretti (simile, soprattutto in corsa, a su fromigaxiu, il cinghiale sardo dal baricentro spostato in avanti) caro agli anziani delI'intera Sardegna -, i suoi probabili derivati (Cane di Gavoi, Veltro Sardo) ed il Fonnese. Testimonianze documentali del periodo coloniale (guerra Italo-Turca di Libia, Eritrea, Etiopia, Somalia) parlano di
con molta cura e venduti a gran prezzo. Vuolsi siano di vna razza indigena antichissi-
degli spari dei fucili ed anzi
Dopo decenni dall'aweni-
e l'aggressività del Cane Sardo Antico si è sempre manifestata soprattutto contro I'uomo, come conseguenza di millenni di addestramento. Debbo precisare che identifico nel Cane Sardo Antico non solo le tazze oramai estintesi ma anche quelle soprawissute, e quindi il Dogo Sardesco - che
Dogo Sordesco, moschio di 3 onni
.t:
mento.
Cani di Fonni,
Doghi Sardeschi, Cani di Gavoi, Veltri Sardi, Mastini di Bonorva, Molossi, Alani e Mastini ogliastrini ed altri animali frutto di addestrati lncrocl, (nell'Arsenale Militare di Cagliari ma anche in varie località dell'lsola, tra cui Pratobello) e condotti da militari volontari che andavano a fare il proprio dovere con I'orgoglio di Sardi. L'Unione Sarda del4 gennaio 1912:
"(...) A proposito di cani da
guerra pubblichiamo oggi Dogo Sordesco
caccia aCqùistati - prevalentemente nel Nuorese, in Ogliastra, Logudoro e Gallura in quanto in quei luoghi numerosi - da militari sardi, già pastori nella vita civile, mandati in licenza con I'obbligo di rientrare al reparto portando al seguito cinque-sei cani ciascuno; i cani furono addestrati all'attacco all'uomo con modalità simili a quelle appena descritte: un militare vestito da
arabo o da turco faceva al cane, legato, ogni sorta di dispetto e sevizia e quindi sopraggiungeva un altro militare vestito della divisa italiana che accarezzava I'animale e lo nutriva con buono e abbondante cibo. Questa tecnica affezionava il cane alla divisa italiana e lo rendeva invece feroce alla vista di quella nemica: i conduttori stentavano a fermare i cani che, liberati dalla catena, si scagliavano spietati contro un fantoccio vestito della divisa nemica che era stato nascosto tra i canneti, tra le palme delle oasi o le tende dell'accampa-
precisa rispondenza al suo aspetto e alle sue dimensioni, fu imposto il nome di Leone; e quello, anche esso molto grosso e molto bello, del soldato orunese Antonio Goddi, e che se il nome di Fide cum nemo gli fu bene appropriato, va alla guerra con propositi certo non di piacere. A ogni portatore sono state inoltre consegnate due museruole e due collane di ricambio. Per I'acquisto dei cani fu spesa la complessiva somma di 2.700 lire: quindi, essendo i cani cento, in media si spesero lire 27 per ogni cane."
n
alcuni particolari sulla squadra formata a Cagliari e partita nei
numero dei cani sardi reclutati per la guerra di Libia
a
superò le trecento unità e molti di essi furono pagati anche cinquanta lire. Le razze canine sarde erano tutte accomunate dal carattere temerario ed autorevole, caratteristiche che, unite a resistenza, ottimo olfatto e udito finissimo, ne facevano dei preziosi animali anche prima delI'utllizzo militare in Libia: veni-
giorni scorsi per Napoli
bordo del piroscafo "Principe
Amedeo". Il piccolo reggimento di cani è stato reclutato tutto in diversi paesi della Sardegna ed è composto dalle più temibili ed intelligenti bestie che si trovano nella nostra isola. All'arrivo essi saranno divisi in cinque plotoni, i quali, con un adeguato numero di soldati, si porteranno rispettivamente a Tripoli, Homs, Derna, Tobruk e Bengasi. Il loro uffrcio di guerra sarà quello di proteggere le nostre truppe di avanscoperta dalle insidie e sorprese del nemico, e raggiungeranno molto bene lo scopo anche perché, frn da quando giunsero qui a Cagliari, furono addestrati a riconoscere il costume caratteristico degli arabi e dei turchi e a inferocirsi vedendolo.(...) Ve ne sono di tutti i colori e di tutte le dimensioni e notevoli specialmente due: quello del caporale Antonio Brundu di Plaghe, un bellissimo e grossissimo cane dal pelo chiaro e arruffato a cui, con
vano addestrati e venduti
a
caro prezzo, corrispettivo con il quale si poteva acquistare un buon cavallo, un giogo di buoi o anche più. Due Cani di Fonni dell'età di un anno, scrive Giovanni Valtan nel 1899 ( In Sardegna ), furono pagati cinquecento lire dall'impresa austriaca delle escavazioni dei porti di Sardegna, ma erano così feroci che il guardiano dovette accompagnarli da Fonni fino a Trieste, a scanso di disgrazie... I reduci di Libia hanno raccontato le azioni ed il valore dei cani: animali in servizio di sentinella e pattuglia, o di scorta agli uomini, che fiutavano
Un'altra coppia di cani rientrò a Laconi assieme ad un uffrciale. Le imprese di quei militari a quattro zampe vengono ancora ricordate in Sardegna ed i loro nomi sono tuttora utrlizzati: Lioni, Astula, Cainu, Murruzzanu, Gura, Sorgolinu, Traitor, Gudeu. Come ho scritto nella premessa, la maggior parte delle antiche razze canine sarde sono per lo più estinte, alcune di esse soprawivono o sono in fase di tutela ed altre, compleCruebeddu, moschio di 3 onni corotlerisfico pelo corto p,ù simi/e o/ Dogo Sordo
attacchi ed imboscate, cani che dissotterravano depositi di fucili Mauser e casse di munizioni, mute silenziose che bloccavano i ribelli nascosti nelle grotte o che, in azioni di avanscoperta, azzannavano mortalmente alla gola i nemici nascosti dentro buche scavate nel deserto, dalle quali sparavano contro gli italiani; ufficialmente
nessun animale
rientrò
nell'lsola. Mi risulta invece, per testimonianza del signor Giovanni Zanda di Fonni, che non uno, come in precedenza ritenuto, ma ben due cani, un maschio ed una femmina, rientrarono in quella comunità: Pantalone e Barracella furono riportati in paese dal sergente Bemardo "Doddo" Piras, militare di carriera che, reduce da due campagne di Libia, morì a Sassari con i gradi di maggiore. Pantalone, appena lo vide,
riconobbe subito il vecchio padrone che, da quel giomo, portò sempre appesa al petto, con orgoglio, la medaglia di bronzo concessa al suo cane.
tamente abbandonate a se stesse, sono ridotte in piccole
popolazioni imbastardite. L'amico Vincenzo Puxeddu è un cinofilo competente e tenace che alleva con passione sia il Cane di Fonni che il Dogo Sardesco ed è anche grazie al suo impegno se potrà forse scongiurarsi I'estinzione di quest' ultima rarità della Sardegna.
L'iter per il riconoscimento ufficiale del Cane di Fonni è
stato awiato dall'omonima
associazione costituitasi per la ,tutela: sono stati organizzati tre raduni (nel 2000, 2001 e 2OO2) ed un recente convegno (Fonni, 22 novembre scorso) dal titolo "ll cane di Fonni, da popolazione rurale alla standardizzazione" che ha visto la partecipazione
sua valorizzazione e
,,II,
CANE DI IIONNI,
DÀ POPOIÀT.ION§ IIUIIN,I: Atl.A §?\NDA§DIZ7.I\7.10N Il' @nee*o di studi sdk.prcbbmatuhe bgate dl tuiNiM to slllètnle delte @e @iw
èi/&
FONM
84,éia:
1 ,.:.r.,
22 NOVEMBRE
2OO5
nelle stazioni del
Corpo Vigilanza Ambientale della Sardegna, affinché segnalino (a me oppure al collega Vincenzo Puxeddu) la presenza, nelle loro giurisdizioni, di animali con simili caratteristiche, come peraltro fatto di recente dai colleghi delle stazioni forestali di Bono e Bonorva.
Forestale
e di
Riconsiderando
esponente
Relativamente al Dogo Sardesco, di cui rarissimi sono gli esemplari tipici, necessita intraprenderne al più presto il monitoraggio. A questo scopo sarebbe determinante la collaborazione del personale in servizio
su
Vertreddu, debbo dire che
del prof. Luigi Guidobono Cavalchini, dell'ENCI.
,::l.::i
Asfuio, cuccro/o
di
7 mese di cone
di Fonni
questo cane è ancora presenie, con il suo mantello tigrato e le doti di resistenza alla sete ed alla fatica, in alcune aree della Sardegna: un robusto lewieroide dal passato illustre, alto, muscoloso e possente, utllizzato nella caccia grossa, anche senza I'ausilio delle armi da fuoco.
Il racconto Musedda del 1942, di Arturo Baravelli,
descrive appunto quella razza tigrata sarda un tempo, non troppo lontano, comune in
aveva raggiunta la spettacolosa cifra di ottanta cinghiali e qualche cervo (...) ebbe naturalmente cani di meriti eccezionali, di alcuni dei quali è ancora vivo il ricordo (...) al tempo del mio soggiorno la prediletta era Musedda, tipico soggetto di quella famosa razza tigrata che diede nel passato e dà tuttora, in quasi tutte le contrade di Sardegna, i migliori cani da caccia grossa (...) alta, muscolosa, vivacissima, il petto ampio, orecchie e coda mozze,
lì, coi
denti. conficcati nelle carni della sua vittima, tremendamente inferocita, insensibile ad ogni richiamo, tanto che non di rado occorrevano lunghe ore di attesa e ripetute abluzioni di acqua fredda, per allentare la morsa formidabile delle sue mascelle (...)"
Animali abbandonati a
stessi
se
nel secondo dopo guerra
del secolo appena
trascorso;
I'awènto delle nuove tecniche di allevamento ed il mutare della società, da prettamente pastorale ed agricola a pseu-
do-industriale, ha causato prima lo spopolamento e quindi I'abbandono definitivo delle campagne e di tutto ciò che ad esse era collegato, compresi i preziosi guardiani-conduttoricacciatori. Anche I'arrivo nell'lsola di nuove fazze canine dal continente contribuì in modo defrnitivo alla decimazione degli animali che, in parte già abbandonati a se stessi, morivano falciati da malattie sconosciute contro le quali non erano protetti. Relativamente al Dogo Sardesco, bisogna ricordare
che può riferirsi allo
Cucciolo di 30 giorni di Dogo Sordesco
tutta la Sardegna. Esperienze vissute a cavallo tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo: "Ero di residenza a Padru, nei salti di Goss, ospite di un certo
Pasquale Quaglioni, (...)
amava la caccia sopra ogni cosa; ma più che la caccia vagante col fucile, la sua grande passione era la cattura della grossa selvaggina coi cani da corsa e da presa, che egli stesso addestrava magistralmente(...) in una sola stagione, così, senza sparare il fucile,
Musedda mostrava sull'agile corpo i segni di cruente battaglie e del suo valore (...) velo-
cissima
e
coraggiosissima,
quando accadeva che il cinghiale, incalzato dalla muta, era costretto a uscire dal bosco in campo aperto, in quattro salti gli era addosso e se riusciva a ficcargli il dente dietro I'orecchio o sotto la spalla, i due soli punti dove non giunga I'offesa della zanna micidiale, non lo mollava più (...) anche quando la fiera cadeva finita dal coltello (...) essa rimaneva Femmino di cone
di
Fonni di 7 onni
stesso
tò i cani all'esposizione
di
Palermo: quasi spaventato, non voleva parlare degli animali, un maschio ed una femmina tigrati, e nemmeno indicarne I'area di provenienza. Con garbo ed altrettanta diffrdenza, ha solo detto che i cani
erano molto grandi e grossi, simili a Mastini Napoletani
periodo un massiccio prelievo dei migliori soggetti da parte di cinofrli continentali. Robustezza, carattere e rustica bellezza, ma anche assenza di difetti, come conseguenza dell'isolamento geografico, furono le doti che permisero ai nuovi proprietari degli animali, esperti allevatori, di utilizzarli per insanguare popolazioni canine emergenti.
Alcune linee
di sangue di
razze oggi famose, tra le quali il
Cane Corso ed
rustici, e che appartenevano al marchese Pietro de Cordoba di Bagheria. Mi chiedo: i Doghi Sardi presentati a Palermo possono essere stati utilizzati per migliorare anche popolazioni canine siciliane? Ci sono buone probabilità che questo sia awenuto. Non é diversamente spiegabile il motivo per cui, a distanza di 52 anni, non si voglia parlare dell'argomento. Il silenzio che circonda i cani sardi e le loro storie ci permette di inserirli. tra i tanti arcani che rendono la Sardegna ancor più intrisa di quell'antico mistero che da sempre la circonda. Una civiltà antica, quella
il
Mastino Napoletano, deriverebbero dal Dogo Sardesco. Un anziano signore siciliano
ricorda due Doghi Sardeschi (iscritti erroneamente come cani pastori corsi, molto simili al Bucceriscu siciliano e cala-
brese ed al
Mastino Napoletano, dei quali però non avevano difetti e tare) che, importati dalla Sardegna, frtrono presentati nel 1951 alla Terza Esposizione Nazionale Canina di Palermo. Alcuni mesi fa ho rintracciato telefonicamente il signor Dino Mercadante, colui che presen-
sarda, fatta di tradizione orale tramandata da padre a figlio, attraverso generazioni e millenni. Quindi, animali addestrati alla lotta già dalla storia antica. Probabilmente essi affiancavano gli uomini delle palafitte e delle cavità naturali, i Nuragici e gli Shardana, (probabilmente la stessa etnia) i Sardo-Punici e coloro che osteggiavano la cupidigia romana. I Sardi combattevano caparbiamente al punto da costringere il senato romano ad autoizzare l'utllizzo (nella terra dei propri antenati?) di mute di cani segugi addestrati per la ricerca dei nascondigli dei ribelli che già allora conoscevano la bardana e praticavano la guerriglia vanifrcando i progetti al potente nemico, fermato non da una moltitudine di guerrieri ma da pochi (?) barbari: nel 237 a.C., nonostante I'impiego dei cani fatti giungere
appositamente da Roma, il console Mathone non riuscì a sottomettere le tribù meridionali. Attraverso il periodo bizantino e medioevale, arriviamo ai Giudicati e vediamo come nella Carta de Logu, I'antico codice, siano previste sanzioni per il cane Jagaru - il cane da attacco - aggressore di uomini e animali. Del periodo spagnolo è invece conosciuta una sentenza penale (del XVI secolo) in rigoroso sardo antico che punisce il padrone di unu cani Javesu (di Giave, vicino Cossoine ovvero vicino Bonorva?) che aveva causato danni aterzi.
Dalla storia relativamente
Ercoie o 30 giorni, cucciolo di Dogo Fonnese
recente, quella del periodo coloniale, sappiamo che la
g:
Guardia di Finanza utilizzò i Doghi Sardi in Tripolitania e la stessa razzafu impiegata anche
nella guerra di Spagna. Ma bisogna ora fare una considerazione relativamente al futuro orientamento della selezione canina in Sardegna, che sicuramente permetterà una riflesssione sull'opportunità di fare scelte intelligenti. Occorre, oggi più che mai, allevare e selezionare cani docili e controllabili in quanto il futuro dei cani aggressivi è sempre più chiaro: come in altre nazioni, si potrebbe arrivare all'abbattimento degli animali protagonisti di aggres-
orgoglioso che
Terrier, Rottweiler, Cane Corso ed altri molossoidi. Personalmente ritengo giusta I'adozione di una normativa che riguardi tutti i cani aggressivi, compresi i meticci, risultati in prima posizione nella graduatoria dei morsicatori. Realisticamente, è oggi improbabile vedere un Dogo Sardesco passeggiare per le vie cittadine o correre sui prati di Monte Urpinu, anche se mi
ta.
Argentino, Bull
sioni.
La revisione della disciplina vigente (Decreto Sirchia) potrà prevedere, tra I'altro, I'istituzione di un patentino -previo superamento di apposito corso a pagamento- per la conduzio-
ne dei cani appartenenti
a
razze considerate pericolose di
cui dowebbero dotarsi i proprietari degli animali che, spesso considerati oggetti ed ostentati come status-simbol rispecchianti la propria personalità, vengono tuttora condotti in luoghi pubblici senza I'adozione delle previste misure atte a prevenire incidenti (museruola e guinzaglio), nonostante le sanzioni.
Un conoscente della protezione civile mi ha recentemente informato del consistente aumento delle richieste di adesione alle unità cinofile ed ai relativi corsi (gratuiti) di addestramento. D'altro canto, non esenta da responsabilità la considerazione che le popolazioni canine sarde non sono ancora riconosciute razze.
re§ j
*
il suo cane apparteneva ad una antichissima tazza autoctona della Sardegna, oramai quasi estin-
Ricordiamo che anche quella del comunissimo e famigerato Pitbull non è una razza ma è il frutto di incroci tra Dogo
risulta che qualche tempo fa
un rappresentante di
questa popolazione canina è stato visto passeggiare addirittura tra i caruggi di Genova tenuto al guinzaglio dal suo proprietario,
Mentre l'incontro cittadino con un Cane di Fonni non è da escludere, perché l'animale è sicuramente più numeroso del precedente, potrà forse essere
ancora possibile vedere un Dogo Sardesco (raramente in putezza, semmai incrociato con il Fonnese), speriamo non troppo gasato, impegnato a fare la guardia in un ovile nel Supramonte o nel Goceano, nelle Baronie o in Ogliastra. Si tratta comunque di eventi abbastanza rari se si considera che gli antichi guardiani, da alcuni decenni, sono stati sostituiti nell'originaria funzione da un meticcio bianco derivato dal maremmano-abbruzzese, comune in tutta I'lsola. Le recenti aggressioni di cittadini (anche bambini e vecchi) da parte di cani apparentemente tranquilli devono farci riflettere sull'opportunità di un esame di coscienza collettivo. I tempi sono cambiati ed oggi sempre meno si è costretti a difendersi, salvo rare eccezioni, con un cane appositamente selezionato e addestrato, come invece aweniva nel passato. Dobbiamo infine considerare
che anche
il più piccolo e
dolce cane da compagnia, se opportunamente maltrattato,
può diventare un
animale potenzialmente pericoloso. I cani sono animali intelligen-
un ufficiale della Marina Militare di origine sarda il ti che quando riconoscono quale, in risposta ad un affascinato allevatore di cane corso che gli dava i complimenti per
il
bellissimo esemplare rustico di questa razza, rispondeva
capobranco il proprio padrone adeguano il proprio comportamento al suo. Anche per questo motivo sarebbe opportuno educare gli
uomini. Come ho già detto, necessita sicuramente estendere la normativa a tutte le razze ed ai meticci, purché soggetti aggressivi e incontrollabili;
contemporaneamente
Animali autoctoni, guardiani misteriosi e mitici protagonisti di storie e leggende, espressioni della Sardegna e della sua cultura, dei quali ho scritto nel-
si
dowebbe dare completa attuazione alla normativa vigente in materia di anagrafe canina. Sono troppi gli animali abbandonati, non solo a causa dell'approssimarsi delle ferie estive, ma anche come consegvenza dell'allarme sociale causato dagli episodi di cronaca che hanno avuto come protagonisti cani morsicatori. Da qualche settimana si notano vagare nelle vie delle periferie urbane e lungo le strade di maggiore traffico anche Pitbull denutriti: padroni infami che si sono liberati di un animale scomodo, evidentemente non registrato all'anagrafe canina. La legge contro il randagismo non ha contenuto il fenomeno, attualmente in crescita, che costituisce veicolo di propagazione di gravi malattie, pericolose anche per I'uomo; questa stessa legge, istitutiva dell'anagrafe canina, dowebbe essere integrata in quanto non ha previsto un unico sistema di registrazione valido per tutto il territorio nazionale. Il recupero delle antiche razze canine dell' Isola, probabili discendenti dei cani portati al seguito della migrazione di popolazioni caucasiche in Sardegna, dowebbe andare di pari passo con un serio lavoro di allevamento e selezione mirato a valorizzare gli esemplari più docili, in passato considerati "tonti" e come tali esclusi dalla linea riproduttiva.
Dogo Sordesco, maschio di 2 onni
I'articolo Considerazione sul cane di Fonni, pubblicato nel numero 19 di questa rivista e nel dossier Su cani pertiatzu: per un discorso lontano dal mito, pubblicato nella rivista Làcanas n. 4 di questranno. Una breve parentesi per dire
che il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della
Regione Autonoma
della Sardegna dowebbe contribuire ad arginare il fenomeno delle scommesse clandestine legate ai combattimenti tra cani (un business silenzioso presente anche nell'lsola) ed infine organizzarc efficienti reparti cinofili dotati di unità specializzate in protezione civile, antibracconaggio, antiesplosivo e... antincendio, proprio così! Gli arsondogs sono da tempo una realtà. Roberto Balìa
Gruppo di fomiqlio in un interno
àlr
Ntezo:58
Ntezo:55 - 65 cm.
i moschi B-10% in meno femmine
cm. circo
mesomorfo pesonte, peso: c.o 35-45 kg.
;
Montello:
Mortologio:
mesomorfo (stirpe Addoi) e mesomorfo pesonte (slirpe Cussuggio) peso : c.o 25-35 kg.
Montello:
peìo corto
Colore:
nero, brizzoloto, grigio cenere, pepesole, miele, bionco lono, fulvo, roono e tigrolo
pelo roso, corlo o di lunghezzo medio, con presenzo di obbondonte sottopelo
colori (fùlvo, grigio),
medio e lungo
nero/ grigio cenere
Segni distintvr: -brochicefolo
-opofisi occipitole molto pronuncioto -dentoturo porticolormente sviluppolo -muscoli mosseteri prominenti -moschero focciole nero (non sempre) -gorrese più bosso dello groppo -toroce ompio e posteriori stretti -onimole di buon temperomento, coroggioso e reottivo -si uso togliore codo e orecchie
Segni dr'stinfM: -mesocefolo (Addoi) e brochice{olo (Cussuggio)
-opofisi occipitole molto pronuncioto -notevole sviluppo dei denti conini e del terzo incisivo superiore -lo codo viene toglioto ollo 3 ^ - 4 ^ vertebro
-onimole di buon temperomento onche Aspelfo:
se predisposio oll'oggressivitò
-occhio scuro, sguordo frontole intenso e intelligente, riflesso rosso ordente -nel complesso oppore come un cone Corso ruslico oppure un gronde Pitbull
Ntitudini:
-conduzione e controllo delle mondrie bovine -cone do preso -guordio e di{eso
Aspeffo:
-sguordo inlelligente, occhi rowicinoti
dol riflesso inquietonte -corotteristico foccio do scimmio -nel fenotipo più comune, oppqre come un grosso spinone -guordio e difeso
Attitudini:
-postore (le femmine)
-coccio grosso
turruzzònu L'uomo dev'essere contro all'uom nemico Simile a Murruzzànu. Murruzzànu, il molosso, all'albeggiare Levò il cignale e fiero I'inseguì. Sotto le quercie, all'ombra, a meriggiare Stavan pastori e branchi a mezzodi, Quando il molosso ansante ritomò, E l'ansima dal petto gli cacciò Il sanguinante cuore della belva. Sebasnano Satta Bibliogrulio Almonocco di Cogliori 1987; Boiìo R., Le roze conine dello Sordegno, Considerozioni sul cone di Fonni, in Notiziorìo Forestole n.19, Aprile 2002; É;ii; R.; J"if" ,"-" coniie sorde ontiche, Su coni perliotzu: per un discoreo lontono dol mito,'in Lòconos n.4, IV 2003, Edizioni Domus de Jonm;
AH";;;,
!qqy]g.,,f§-Lol'CortodeLogrl'deìregno-dìArboreo,CNR, lstiluloiuiropporli ilolo-iberici,Cogliori,,l994; Borovelli A., Museddo , in Coce di Soidegno, Editoriole Olimpio, 1942; Froncioni F., 1793: i frqnco-cqrsi sborcono in.Sordegno, Condo§hes; Quoiidiono L'Unione Sqrdo del 4 gennoio l9l2 e del l8 gennoio ì912.
rc§
.'.,-
,,.,
RAPACI
I]I
SARDEGIIA
Dcrl Gipefo eillcl Poieinq un
vioggio
nei cieli dell'lsolcr
nella vicina Corsica.
L'Aquila del Bonelli
e il
Nibbio reale sono costretti
a
dividere il loro spazio aereo e il territorio di caccia con l'Aquila Reale. Alcune coppie di questi rapaci, nidificanti nel suPramonte di Oliena, sono tenuti costantemente sotto controllo. Piuttosto comuni, sono ancorà, il Gheppio e la Poiana. L'Astore e lo Sparviero, invece, negli ultimi tempi sono in diminuzione: gli incendi dolosi bru-
ciano il sottobosco ad alto fusto e piuttosto antico di cui essi necessitano.
Facili da awistare
Ancora fino al secolo scorso, nei cieli della Sardegna volteggiavano numerosi esemPlari di rapaci. Alcuni di questi, come
I'Awoltoio Monaco ed il
Gpeto, l'Aquila di mare ed il Falco pescatore, si sono estinti nell'arco del 1800. Altri, come I'Awoltoio Grifone, sono considerati in grave pericolo: la natalità per covata è ridotta e il numero di coppie nidificanti basso.
Il destino è lo stesso Per tutti: reduci dalla cosiddetta lotta ai "nocivi", disturbati dalla Presenza sempre più incombente dell'uomo, essi non trovarono più luoghi adatti alla nidificazione, e carnai in zone sicure. Un tempo si Potevano ali-
mentare con bestiame deceduto per cause naturali, ma la presenza di bocconi awelenati destinati a volpi e cani randagi, lasciati nel terreno da uomini senza scrupoli, ha lasciato un segno in quella fascia della catena alimentare occupata
dagli spazzini degli altiPiani. L'ultimo incidente risale al tggi, quando un grifone che volteggiava nei cieli del
Cagliaritano fu colpito da una rosetta di e pallini sul caPo, è ancora vivo ma ha Perso la
vista. Si capisce quindi I'imPortanza dell'educazione ambientale:
solo con un'adeguata cultura del rispetto ambientale e una buona conoscenza delle abitudini di questi meravigliosi volatili si potrà cominciare a Parlare della salvaguardia e del recupero degli ecosistemi. In alcune zone del nordovest Sardegna sono stati reintrodotte alcune coPPie di volatili provenienti da siti sPagnoli: il loro controllo è però difficoltoso in quanto nidificano in zone impervie. Nel periodo dei passi, autunno e primavera, Possiamo ancora trovare il Falco Pescatore come svernante: originario del nord EuroPa nidifica
sono
anche il Falco pellegrino e il Falco della Regina. SoPratutto nei mesi estivi, nella zona costiera dell' Ovest-Sardegna e in alcune parti dell'Est, si Possono ammirare mentre si lanciano alf inseguimento delle loro prede. In Sardegna sono purtroppo assenti il Falco Lanario (Feldeggi) e il Falcone Pellegrino di Barberia, che si Possono però osservare di Passo. E' pure raro osservare il Falco Sacro: alcuni indMdui arrivano dalla vicina Tunisia. Durante il periodo delle migrazioni I'avifauna si arricchisce notevolmente di esemplari di rapaci molto diffirsi in areali continentali: raPaci diurni, tra cui l'Astore, lo SParviero e la Poiana, e rapaci nottumi, come la Civetta, il Gufo comune, il Gufo di palude, l'Assiolo e il Barbagianni. ProPrio quest'ultimo, abbastanza comune, viene molto spesso rinvenuto ai bordi delle strade altamente ffafficate e illuminate: essendo un animale molto sensibile ai fasci luminosi, egli non riesce ad adattare il volo al Pericolo 0
C
improwiso. A causa dell'isolamento geografico e delle particolari condizioni climatico- ambientali, le caratteristiche dei rapaci dell'isola si sono in parte modificate ed evolute, dando origine così a particolari sottospe-
cie dell'area Sardo-Corsa, dette "endemismi". Queste
si
differenziano dalle specie genitrici per le lievi variazioni nel piumaggio e nelle dimensioni, che risultano ridotte. Il Barbagianni albino, I'Astore sottospecie Brookei, il Falco pellegrino sottospecie Brookei e la Poiana sarda Brookei sono alcuni dei nuovi esemplari. Il quadro fin qui presentato può apparire forse troppo pessimistico. In effetti, anche grazie alla buona capacità di adattamento degli animali, alcune specie risultano in buona ripresa, ma i problemi esistono e devono essere risolti. L'uomo, con il suo "progresso" e i suoi comportamenti sbagliati, direttamente o indirettamente è una delle cause principali che hanno determinato la scomparsa o I'estinzione pro-
gressiva di alcune specie. La diminuzione delle aree selvagge, il disboscamento incontrollato e gli incendi favoriscono la distruzione degli areali di ripro-
duzione
e di
nidificazione. Inoltre l'utbanizzazione e I'inquinamento acustico, luminoso ed elettromagnetico, sono fenomeni di disturbo nella scelta delle rotte migratorie e dei siti di riproduzione. Sarebbe auspicabile una maggior consapevolezza nelutllizzo delle risorse ambientaregolamentazione più attenta dei calendari venatori, per esempio, potrebbe migliorare le condizioni e I'equilibrio naturale di alcuni ecosistemi, permettendo il recupero di selvaggina e, come conseguenza, di predatori. Anche chi, sia per hobby che per lavoro, si occupa dell'allevamento dei rapaci riproduttori in cattività, potrebbe dare un importante contributo per la protezione e la salvaguardia dei nostri amici predatori . l'
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Mauro Cauallo
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ritenuta in contrasto con i principi contenuti nel citato art. 18 della legge quadro n. 157/92. Con la sentenza n. 536 del20 dicembre 2002, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della legge regionale n. 5/2oo2, stabilendo al contempo una serie di principi che vincolano il legislatore regionale nell'esercizio della funzione legislativa in materia ambienta-
AMBIE]ITAIE
Gcmpctcnzc c llmltl dello Rcglonc §rrdcgno ln rnolerlo
venrlcrll
Come noto, il legislatore italiano con la Legge 11 febbraio 1992n.157 ha introdotto nel nostro ordinamento la nuova disciplina sulla caccia, mostrando così una maggiore presa di coscienza del nostro paese sulla problematica della tutela del patrimonio faunistico. Con particolare riferimento alle specie cacciabili, la legge n. 157192 ha finalmente recepi-
to ed attuato la normativa
.
le.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione ad opera della legge costituzionale n. 3/2oor, si è avuta una nuova -"
comunitaria, e tra le altre, la direttiva n. 791409 del Consiglio del 2 aprile 1979 relativa alla conservazione degli uccelli selvatici. L'art. 1B della legge n. 157/92 oltre ad elencare le specie che possono essere cacciate, indica i rispettivi periodi di esercizio dell'attività venatoria e stabilisce come termine ultimo il 31 gennaiot . Invece, la Regione Sardegna con la legge regionale 7 febbraio 2OOZ n.5, modificando il '" 1" comina dell'art. 49 della L. R.29 luglio 1998 n. 23, ha esteso il periodo di caccia per diverse specie di fauna selvaticaz , dalla terza domenica di settembre fino al 28 febbraio dell'anno successivo, quindi ben oltre il termine previsto dalllart. 18 della legge statale n.
'
157/92
La Legge regionale n. 5/2002 è stata sottoposta a giudizio di legittimità costituzionale da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri perché
distribuzione del potere legislativo tra Stato e Regioni: infatti, rientrano nella potestà legislativa esclusiva di queste ultime
tutte le materie non espressamente attribuite allo Stato. Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, come la Sardegna, I'art. 10 legge costituzionale n. 3l2oor stabilisce inoltre che sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, si applicano immediatamente anche ad esse le parti di questa legge in cui si prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite loro. Poiché il secondo comma dell'art. 117 della Costituzione alla lettera s) riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, e non la materia della caccia, la Regione Sardegna considerato anche che I'art. 3lett. i) del suo Statuto le attribuisce la competenza esclusiva in materia di caccia, ne ha fatto derivare come conseguenza la possibilità di legiferare in tale materia in piena autonomia, lasciando
al
legislatore nazionale un
ruolo meramente residuale.
In realtà, secondo la Suprema Corte I'art. 777
secondo comma lett. s) della Costituzione esprimerebbe " un' esigenzq unitaria per ciò che concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interuenti q liuello regionale che possono pregiudicare gli equilibri ambientali". La Corte prosegue affermando che "la tutela dell'qmbiente non può ntenersi propriamente una materia essendo inuece l'ambiente da considerarsi come un ualore costituzionalmente protetto (...) e, in funzione di quel ualore,lo Stqto può dettare standard di rutela uniformt sulI'intero territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislanue regionali ex art. 1 17 della Costituzione" . Quindi, la Corte ha ritenuto
la legge regionale n.
sercizio dell'attività venatoria oltre il termine previsto dalla legge statale. Infatti, la Corte Costituzionale conclude affermando che "lo legge della Regione Sardegna, priuilegiando un preteso dintto di cacciq rispetto all'interesse alla conseruazione del patrimonio faunistico (...) non nspetta il suddetto standard di wtela uniforme e lede, pertanto, i limiti stabiliti dallo statuto della Regione Sardegna". Massimiliano Tronci Consulente legale Ass. Tutela Ambiente, della Prouincia di C aglian
1-L'onicolo 30, commo 1", telt.(o) de//o legge t 57 / 1992 punisce con sonzione penole, chi esercito /o coccio in violozione dei divieto genero/e sonciio /egis/otivomenfe, orevedendo: /orresfo do fre mesi od un onno o, I'ommendo do lire 1.800.000 o lire 5.000.000. 2-Le specie ovi{ounistiche nei cui con{ronti /o Regione Sordegno decise di prolungore /o sfogione venoiorio sono: olzovolo, beccoccio, beccoccino, ceseno, coiomboccio,
mozoiolo, merlo, povoncello, iordo boiloccio e tordo
3
sosse//o.
5l2OOz
lesiva di questo nucleo minimo di tutela della fauna selvatica, prorogando la chiusura dell'e-
PASSEGGIA]IDO Sono ormai pochi gli aspetti e
le
caratteristiche che non conosciamo dell'albero più rappresentativo della vegeta-
zione mediterranea, il leccio. Vi sono però alcune particolarità che non è frequente trovare nei libri e nelle riviste di set-
tore e nelle quali provo
ad addentrarmi in punta di piedi, cercando di non far troppo rumore.
Fu
il
IRA I
1ECCI
ciascuno. Abbandonato l'uso culinario, la pianta prima venerata, assunse in seguito un significato funesto perché i suoi frutti ricordavano il cibo di coloro che non erano più in vita. In Arcadia, la regione greca considerata patria della poesia bucolica, I'albero era dedicato
naturalista svedese
Carl von Linné, da noi cono-
sciuto come Linneo, a promuovere nel '7oo il battesimo scientifico della specie,
inserendola
di Giove, veniva intrecciata con un ramoscello di leccio completo di rovere
nel
genere Quercus, specie Q. ilex. Era una pianta comunque ben conosciuta anche in tempi remoti visto che il suo areale ha sempre abbracciato tutto il bacino occidentale del Mediterraneo, dal Mar Nero al Portogallo. Ciò lo ha portato ad avere molti nomi con significati diversi. Ad esempio, oggi in Francia, ove si spinge sporadicamente frno alla Bretagna, probabilmente importato in altri tempi, il leccio viene chiamato Yeuse, che in francese è femminile,
ghiande.
cosa non frequente per un nome d'albero d'oltralpe. Nell'antica Grecia si diceva prinos, che probabilmente signifi-
ca "prima, anteriormente"
bosco di leccio, ove si pensava che dimorasse la ninfa Egeria, la consigliera soprannaturale di Numa Pompilio, secondo re di Roma. Sempre a Roma, sul colle Vaticano (detto anche "il colle degli indovini"), si trovava I'albero più vecchio della città, un leccio millenario che portava, secondo quanto riferisce Plinio, un'iscrizione etrusca in bronzo che ricordava come quella pianta fosse stata "oggetto di culto religioso" da parte dei predecessori dei romani. Sempre secondo Plinio, la corona di quercia, simbolo di regalità, prima di essere fatta con un ramo di
e
anche émèris, che vuol dire "coltivato". In Grecia, infatti, questa pianta era coltivata per le acylos (così le chiamava Omero), le sue ghiande dolciastre utilizzate per l'alimentazione umana. Venivano mangiate crude, ma anche bollite o abbrustolite, secondo i gusti di
a Pan, divinità della natura selvaggia, ritenuto figlio di Ermes e Driope; quest'ultima, il cui nome proviene da "drus", la "quercia", era probabilmente una ninfa del leccio. Era spesso colpito da fulmini ed essendo un ottimo combustibile, produceva un fuoco vivo e duraturo: tutto ciò lo faceva considerare un albero profetico. Anche in Italia veniva ritenuto oracolare. A Roma, ai piedi dell'Aventino, si estendeva un
Altrettanto venerati erano i tre lecci di Tivoli, cittadella del Lazio anteriore a Roma, presso i quali I'eroe fondatore della città, Tiburnus, figlio di un indovino, venne consacrato re. Dopo tutta questa gloria, il leccio decadde e, se veniva consultato, dava solo oracoli funesti, per cui venne relegato nel novero degli alberi funerari, a far buona compagnia al tasso e al cipresso. Tàle fama si è protratta per lungo tempo, tanto che ancora oggi, in alcune località della Grecia, è considerato un albero maledetto. Una leggenda, che circolava nel XIX secolo nelle regioni greche affacciate sul mar Ionio, racconta che quando a Gerusalemme fu deciso di crocifiggere Cristo, tutti gli alberi si misero d'accordo e si impegnarono a non dare il loro legno perché venis-
se usato per formare la croce.
Ma anche tra di loro c'era un "Guda". Quando gli ebrei arrivarono con le asce, tutti i tronchi caddero in mille pezzi, così fu impossiblle utilizzarli. Solo il leccio rimase in piedi, intero, e lasciò che il suo tronco diventasse lo stnrmento della passione.
Una tradizione che contrasta con questa fama si trova nel ferrarese dove, fino a qualche tempo fa, le ragazze usavano coricarsi, per sapere chi awebbero sposato, tenendo sotto il cuscino due ghiande di leccio (o di farnia) appaiate sullo stesso gambo: I'uomo che awebbero sognato durante la notte sarebbe diventato il loro marito.
Seppur circondato da un'aura non positiva, il leccio è stato comunque un albero il cui legno era utilizzato in molte occasioni. Veniva e viene tuttora apprezzato come legna da ardere, perché brucia lentamente e produce molta brace, caratteristiche che 1o hanno portato da sempre ad alimentare i forni di varie atrivirà artigianali. Dà anche un buon carbone. Il legno di leccio è molto omogeneo, con tessitura mediofine, fibratura non molto diritta, denso; non è facile da lavorare per la sua nervosità, né da essiccare perché è soggetto ad imbarcarsi e a crettarsi.
Per alcune peculiarità e la buona resistenza all'abrasione, è stato apprezzato anche in carpenteria, nella rcalizzazione di parti soggette a usura e a sforzi notevoli (ingranaggi, biette, caviglie), in falegnameria per pialletti, manici di aratri e altri attrezzi o per banchi da
lavoro resistenti agli urti come i banconi da macellaio. E'stato utrlizzato inoltre per lavori da carradore. A conferma di ciò, nel corso di uno studio effettuato sul bosco di Pixinortu a San Sperate (Cagliari), è emerso che il legno dei lecci che qui venivano tagliati era usato per fare i mozzi delle ruote dei carri. Va poi ricordato I'uso come materiale per traversine ferroviarie (anche se non era facile trovare gli assortimenti adatti), per pali da vite, per produrre liste da pavimenti, parti di imbarcazioni e per la lizzatura del marmo, operazione di trasporto dei blocchi effettuata con speciali slitte di legno dette appunto "lizze".In alcuni paesi, infine, viene vtilizzato in ebanisteria come materiale da intarsio.
La mia passeggiata tra i lecci è finita, però può proseguire con voi, con ogni altra notizia e curiosità che potrà contribuire a completare la storia di questo "Signore del Mediterraneo". Alberto Sattanino
La poesia raaconJac Jremmenti di vite Dopo "Delicotomenle Giusi", il poeto
Luigi Colombu
ci regolo lo
suo
nuovo roccolto di poesie: "Lo stogione dell'ozio".
Lo collono edito do Artigionorte norro, in quesl'ultimo libro, 70 pogine di vito dell'onimo umono, descri-
ve profonde emozioni, pensieri
e
sensozioni.
Dopo che olcune sforiunote vicissitudini dello vito, lo honno costretto od
un foaoto periodo di riposo, Luigi Colombu ho ricomincioto o scrivere le sue poesie, per roccontore se stesso fro ricordi, sogni premonitori, fre-
sche sensozioni d'omore, impressio-
ni, ottese deluse, f rommenti
di
viio.... pezzi smorrili di un puzzle che si ricompone e che do nuovo vito
oll'uomo Colombu, un poeio che non si è perso lungo le slrode dell'ozio, mo ho ritrovoto lq forzo di senli-
re nello linfo vitole dello o
moturilò
rtistico.
"E' uno notte di novembre./ Di quel-
le dove i morti tornono/ e riguodognono i sentimenti./ Ed io?/ 1...1 Ho desiderio di rivedere dollo mio finestro/ il more in lontononzo e le vele
bionche./ Sentire e rogionore col
BIBLIOGRAFIA "Storie e leggende degli olberi" Jocques Brosse, Edizioni Studio Tesi,
1989 "Selvicolturo specio le" Giovonni Bernettì, UTET I 995
"Guido ogli olberi e orbusii d'Europo" Oleg Polunin , Zonichelli, 1987 "Alberi e orbusti dell'Emilio Romogno" Aziendo Regionole Foreste dell'Emilio
Romogno, ì 983
venlo/ dei segreli/ eppoi i
monti
ozzurrotif e oncoro più su/ dove brillo
lo primo stella//
nell'immonsiiò del
blu" scrive Colombu.
Di cerlo, non esiste poesio che non richiedo uno letturo personole...i versi delle "stogioni dell'ozio" come le pogine delle slogioni dello vito, lrosmelto-
no sensozioni diverse in cioscuno di noi, esperienze difficili do descrivere qllo colleilivitò. Perché, cioscuno, nello leturo dello poesio, di quolunque poesio, potrò preiendere di provore le sue personoli, inestinguibili emozioni. Luigi Colombu outore dell'inlero roccolto, nosce, il 2ì moggio del 1948, vive e lovoro o Cogliori. Poeto e pitto-
re, ho vinio diversi premi letterori per
lo poesio. Ho pubblicolo
Figure
(Riccordo Peduzzi Edilore, 200-| ), Sotto lo polmo di viole Merello e Delicotomente Giusi (Artigionorte Editrice, 2001 e 2002).
oRoo§oLo:
MOSIRA DEl GIPEIO Unei pcrnofeimicei sul §upromonle e
i suoi "nbileinli"
"Dalla roccia al gipeto. Diorama del Supramonte". E'il titolo della mostra permanente presentata dall'associazione del Corpo Forestale e dal Comune di Orgosolo. Nata nel contesto dell"'Anno internazionale delle montag[e", I'iniziativa, unica in Sardegna, vuole fornire un contributo significativo alla conoscenza diretta di alcuni animali selvatici e ambienti naturali, diversamente poco conosciuti. L'intento è anche quello di favorire la crescita di luoghi controllati per la riproduzione dei grifoni e il ritorno del gipeto nell'lsola. Il meraviglioso paesaggio del Supramonte ospita gran parte della più antica foresta sarda, la "lecceta" di querce sempreverdi, esempio di equilibrio naturale di inestimabile valore paesaggistico.
Questo scenario di rara bellezza e integrità è stato ricostnrito in tre dimensioni grazie a un'arte, "diorama", che
impiega rocce, terra e piante raccolte in natura ed essiccate. A questa riproduzione di ambiente naturale sono stati aggiunti gli animali che abitano I'ecosistema forestale: attraverso la tassidermia, arte di far sembrare vivi gli animali morti utilizzandone la sola pelle, mammiferi come il cinghiale, la volpe, la martora, il ghiro e uccelli rapaci come I'astore, I'aquila reale e il gipeto, sono andati a popolare la ricostruzione del loro habitat. Giulia Annnon
È possibile u|sitrre la mostTa a Orgosolo, in Corso
Repubblicq 29, tuttii giorni osol B.3o - t6.3ol 19.30) Per informazioni: telefonare ai numeri O784.4O2O87 (biblioteca comunale di Orgosolo) 347.1174392 dio r am a. sup r amonte @ tis c ali.it
Ceilendeirio ASS.FOR. 2OO4
UOIA]IO
IlI SARDEGIIA blema sulla scomparsa dei rapaci dai nostri cieli e, soprattutto, stimolare le nuove generazioni al rispetto dell'ambiente. Alle schede tecniche di classificazione delle specie, di Mauro Cavallo, sono state affiancate le immagini curate da Angelo Unali, Alessandro Nuti, Ganni Pinna, Umberto Graziano, Venanzio Cadoni, e Margrit Lutz Stemmler per la gentile concessione delle foto sul Gpeto realizzaie da Carl Stemmler. I testi, dedicati alla riscoperta
delle tradizioni della nostra
civiltĂ
,
ci. Per il prossimo anno, infatti, I'ASS.FOR (Associazione dei forestali sardi), ha realizzato un calendario interamente dedicato a questi volatili. Immagini inedite, racconti e schede scientifiche per illustrare le caratteristiche di alcune specie in via d'estinzione. Negli ultimi anni I'associaziohe , in collaborazione col Comune di Orgosolo e altri enti, ha promosso un progetto per la reintroduzione del Gipeto: I'awoltoio mangiaossa.
iDagli areali della Corsica e ;delle Alpi Marittime, ne ver-
iranno prelevate alcune coppie iche saranno poi liberate nel Supramonte. Proprio qui, ;infatti, negli anni Ottanta, furoino awistati gli ultimi esemplari isardi di questa specie. i Realizzato con il contributo di itanti colleghi forestali e amici, il ;calendario si propone alcuni lobiettivi: sensibilizzare al pro:
contadino-pastorale, sono di Leonardo Pilia.
;b- +'
,,VOASI
"Crediamo che sia un'iniziatidice Damiano Serpi, presidente dell'associazione, "è rivolta alla formazione degli studenti su alcune importantissime tematiche e sulla valortzzazione delle nostre risorse ambientali anche e soprattutto per finalità turistiche e occupazionali". Al concorso hanno partecipato numerosi ragazzi delle scuole materne, elementari e medie, con la presentazione di grafici, disegni, poesie e ricer-
va molto importante",
ARBURESE" Un concorso o premi per porteire i belmbini qd qmcrre l'erm-
biente "L'oasi Arburese, una goccia verde mare di Sardegna" è il titolo del concorso scolastico a premi otganizzato dall'associazione "Volontari protezione civile di Arbus". Nell'ambito della sua attività istituzionale, l'associazione ha otgantzzato questo concorso per sensibilizzare le scuole sulle tematiche ambientali e la valorizzazione delle risorse ambientali del territorio arburese. Il tutto in un'ottica di sviluppo ecologico, turistico e
che.
Durante la premiazione, che
l1
maggio scorso, la giuria, composta anche dal comandante della Stazione Forestale di Guspini Isp.Sup. Tonino Fogarizzu ha segnalato la poesia di Mirco Sanna, della terza A della scuola media di Arbus, dal titolo "L'incendio". si è svolta
ambientale.
lncendio, un male da euitare!
Molta gente, inconsapeuolmente, lo può appiccare.
Ma alcuni purtroppo il bosco fan bruciare appositamente, ma questi incendiari son malati di mente? L'incendio bructa la natura e, dopo spento, la rende scura. Ma poco dopo per forruna rifiorisce. Purtroppo i campi spesso inaridisce. Se un bosco uedi bruciare,
con Ie mani in mano non stdre!
Mirco Sanna
R IIO R 1I O A1
I'ARII G IA]IAIO
Antonio §ceinu Gueirdicl Forestcrle e
stato analizzato e sottoposto a prove anche da esperti nel campo. Un articolo di tre pagine sulla rivista specializzata "Amici della pipa e del sigaro" ne sottolinea le ottime caratteristiche tecniche e estetiche. "Ricevo spesso inviti per feste di paese e manifestazioni -spiega- e devo dire che il mio lavoro ha suscitato molto interesse. Ultimamente sono stato ospite di I'Sa die de §arti sarda", l'estemporanea di pitrura, scultura e arti varie organizzata dal cantautore Franco Madau."
Dall'alto della sua esperienza Scanu dà anche un consiglio a chi volesse seguire le sue
In un'epoca in cui tutto è tecnologia e poco rimane al lavoro degli artigiani, c'è qualcuno
che va controcorrente. È
Antonio Scanu, assistente forestale e costruttore di pipe. "Ho iniziato da me, nessuno mi ha insegnato il mestiere." Spiega Scanu: "Prima facevo I'artigiano e spesso qualcuno mi portava le pipe da aggiustare: ero affascinato da quell'oggetto."
Originario di Mandas, Scanu presta ora servizio nel Corpo Forestale a Gergei. Anno dopo anno il suo interesse per le pipe è cresciuto, sino a diventare una vera e propria passione.
"Ho iniziato quando avevo solo quindici anni. La continua pratica e la lettura di libri spe-
cializzatr sull'argomento mi hanno aiutato a migliorare la mia tecnica. La particolarità delle mie pipe -continua Scanu- è il materiale: ho fatto tentativi con vari legni, ma dopo aver provato la radica
sarda mi sono accorto che era il legno che dava i risultati migliori. Non per niente è considerata la migliore radica al mondo". Questa buona reputazione è testimoniata dal fatto che le antiche segherie sarde fossero di proprietà degli inglesi, che trovavano nell'lsola un legno di qualità incomparabile. Adesso vanno a cercare questo
in Algeria
e
Il lavoro di Antonio Scanu
è
prezioso legno Grecia.
olTne: "ll mestiere di artigiano è difficile, soprattLltto in questi ultimi tempi. Per portarlo avanti serve una grande passione, come la mia. " Giulia Annnon
Giocco di ericcr eirbòrecr La foresta di Montarbu forni-
va un'altra materia' prima all'industria: il ciocco di erica arborea, destinato alla produaone di pipe.
H*,,*)
.
Negli anni 193611938 un'im-
portante attività
estrattiva, condotta dalla Ditta Efisio Piga di Seui, interessò la zona di "Su 'acu de Piras". Il signor Piga vinse I'appalto pubblico per l'estrazione del ciocco con un rtalzo di lire 0,10 sulla base d'asta di lire 1,5 a quintale, più di 200 lire di
uno delle più belle foreste dello Sordegno ( Ogni uomo ho un ltoco tutio suo, dove riondore olmeno con il pensiero', Pillonco). Linquodromento geogro{ico, il territorio, ìl climo e i suoli di Montorbu sono minuziosomenle riportoti, con floro e {ouno, ossieme ollo citozione dei prin-
spese.
La ricerca e 1o sradicamento
cipoli risultoti di recenti esperienze scìenti{iche svolte nello foresto. Tro
dei ciocchi aweniva manualmente con uso di picconi e badili. I pezzi estratti venivano
pesati
queste vengono ricordote in porticolore quelle dì Arrìgonì. Doi doti presentoii emerge che lo vege'lozione forestole di Montorbu risulto
dall'Amministratore
Forestale, presente a Montarbu con un Comando Stazione. Alla fine di ogni mese, la Ditta Piga versava f importo do'uuto all'Amministrazione Forestale di Cagliari. Tutto il materiale
veniva trasportato a Seui per essere ripulito, selezionato ed infine tagliato nelle segherie. Effettuate queste operazioni, il prodotto veniva inviato in Continente per la definitiva lavorazione. Tiatto da: "Ilbosco incantato" di Marcello Cannas Ed. Domus de Janas
costituito MARCETLO CANNAS (2003). il bosco inconfofo. Seui. Guido ollo
Foreslo Dernoniole di Montorbu. Domus de Jonos, Selorgius, 200 pogine. E'
con gronde piocere e soddisfozio-
ne che riferisco, sul nostro Noiiziorio,
di queslo
interessonle
Iibro
di
Morcello Connos. Questo gronde lovoro di ricerco sul compo e di onolisi, supporloto onche do fonli orchivistiche e bibliogro{iche occurote, descrive Montorbu di Seui,
do popolomenti disetonei
vetustì cr dominonzo
di leccio, in diver-
lrolti sosliluili do cedui in ovviomenio od olto {usio, do popolomenti di conifere mediterroneo-monlone e misti di si
conifere-lotifoglie, nonche' dcr mocchie più o meno evolute e do gorighe montone. Questo risultoto è stoto ottenuio onche grozie olle opere di rimboschimento e miglioromento boschivo con-
doile doll'Amminislrozione
Foreslole
soprollullo dol 1950 in poi.
Nel libro sono indicote onche leggi, regolomenti e vincoli di protezione che le diverse Autoritò competenti honno
creoto
e
imposto
o
Montorbu dollo
re G
primo demoniolizzozione (19261 ad ossi: R.D.1.3267 /1923, L.431 /1985 (oggi D.L.vo 490/1999), Direttivo CE
(oSSi recepito dol D.P.R.357 /1997), D.PR. 30 marzo 1998' istituiivo dell'Ente Pqrco
92/43
Nozionole del Gennorgenlu. Le vicende sloriche di MonÌorbu sono offrontote onche ofiroverso lesome
dell uso e deì 'riferimenti selvicoliuro-
li . Negll ultimi due secoli lo comunitò locole, con gronde rispetto e porsimonio, operovo utilizzozioni trodizionoli roppresentote esclusivomente dol prelievo di legno e legnome per scopi
iomiliori. Quesio fino oi giorni nostri, con olterni periodi di oculoto geslione e di devostozione.
Molio importonle o tole proposito è il riferimento ogli incendi, che luttoro roppreseniono lo minoccio pìù grove per lo foresto e che giò in possoto risultovono un vero e proprio flogello. ll problemo è sloto ocuito, con I'ovvento deli'ero industriole, do prelievi stroordinori ovvenuti per produrre tonnino e corbone. Nonostonie cìò Montorbu, coston.temente e tenocemenle prote.fto, continuerò o essere onche in {uturo un meroviglìoso potrimonio noiurole o disposizione di tutti i Sordì e non solo. Dol libro Ìrospore il legome instourotosi, dopo onni di lovoro, tro I uomo, il Forestole (figlio di Forestole) e lo {oresto: è unespressione profondo e vero dì omore incondizionoto per lo proprio ierro. Ricco di splendide foto e dì un'ottimo
cor-iogrofio eloboroto ol GlS, il libro risultcr di focile letturo onche per un pubblico non espedo. Michele Puxeddu
-:i.e.'i
*
}r§,l.,'il
ASSoClAZlollE
paesino dell'oristanese, che conta 148 abitanti, una trentina di giovani.provenienti dai centri vicini. E un modo per
"l sARDl"
Nel segno dell'identitò La Sardegna,la sua identità e gli interessi dei Sardi in primo piano: questi sono i principi alla base dell'associazione culturale I Sardi. Nata nel 2000 da un gruppo di giovani e meno, professionisti, studenti e intellettuali, oggi conta circa 5000 iscritti nell'lsola, attraverso il meccanismo dei soci diretti e delle affiliate. organizzazioni L'associazione si awale di proprie risorse e di tanta buona volontà per portare avanti numerose iniziative.
e approfondimenti problemi della realtà sarda e sulla cooperazione internazionale, redazione di testate giornalistiche, volontariato e adozioni a distanza, sono solo alcuni esempi delle attività svolte. Ancora: I'associazione, che ha Incontri
su
come presidente onorario il professor Govanni Lilliu, accademico dei Lincei, organizza filr
...|'tod'rfiB
viru./i.z. Prirle'ii
atnrmaf,{..
dare loro I'occasione di sviluppare quella che per tanti è una passione e puntare alla valorizzazione di uno fra i centri più dell'interno suggestivi dell'lsola, affacciato sul lago Omodeo. A Soddì, grazie all'intervento di un comune sensibile, i Sardi stanno dando vita a una scuola di organetto, strumento musicale che da almeno due secoli accompagna le feste di piazza sarde. Nel sociale, I'associazione è presente con attività di volontariato e adozione a distanza di bambini argentini, in collaborazione con "Le cinque parole". Grazie all'impegno e alla sensibilità dei soci, si è potuta dare una piccola speranza a oltre 500 bambini e alle loro famiglie, altrimenti in difficoltà per i più elementari bisogni. Tfa i servizi offerti è presente, da poche settimane, anche il Siis, sportello informazioni per gli immigrati in Sardegna.
corsi di alfabetizzazione alla comunicazione in tutta la Sardegna.
www.isardi.net è l'indirrzzo della testata giornalistica delI'associazione. Registrata solo di recente, è tra le testate online più seguite in Sardegna, con oltre 10 mila contatti giornalieri. Politica, attualità, cultura e spettacolo sono alcuni degli argomenti trattati sul sito, ma si parla anche di giustizia, lavoro e finanza etica. Non mancano le cronache in arrivo dai piccoli comuni della Sardegna, che rappresentano il vero motore di quel che resta dell'identità dell'lsola. Lo sviluppo locale è una delle tematiche che sta maggiormente a cuore a I Sardi e al suo presidente Claudio Cugusi. Tla le iniziative nate a questo proposito, il "Progetto Soddì": il corso di alfabetizzazione alla comunicazione ha riunito nel
?
Brura rera! a Chi siffio
. ll.re
domenfua 14 Dicembre 2003 o'e 2l:22 a Associa[ r Links r Scrivici a Il nosao archivio
tr§re".r'I Dcmoraici di sin&ra ritsovao d rruo dell'wita de[a coalirjorc ci valoi dclla Cwffiiffi 'Srdcgna Ubaa' ma rc8li sttmi minil il hÀdcr dcl Padlo sxb flaàone, Ciiacomo §ma decid? di abbardanm d a/Ileao- di cmlroshitaa c F(o*cgukc pr la sua erada h so§t*dior proprio pmhè, dicc, qutivaloi smo stati calpcstai...(di §m?mc&)
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Lrediiore del Cdfsitd:,,','t'"'' Corsivo: L'oditore,del t ll"a sltùàzione dellar oitrtri.èttaliortE§fégolàre"
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L'iniziativa, senza scopo di lucro e totalmente gratuito, riunisce uno staff di awocati volontari che mettono il loro lavoro a disposizione degli immigrati per qualunque tipo di problema legale o di inserimento.
Tante sono le associazioni vicine a I Sardi. Tra queste I'Ass.For, Associazione del
romi secondori sono più o meno eretii
come lole vo protetto e lutelqto.
nello porte superiore dello chiomo,
Nome scienfifico: Cerotonio siliquo
mentre sono inclinoti o penduli nello porte periferico. Trottosi di uno pionio sempre verde, con uno chiomo visloso, che si presento come uno denso mosso
Nomi comuni: Cornocchio, siliquo dolce, boccelli greci, zompo di ognello, olbero per i {igli. Nomi sordi: Korrubo, Silibbo, Silimbo,
verde scurq e lucciconte ol sole, così do
Thilimbo.
conferire o questo olbero un ospetto quonto moi suggeslivo. ll diometro
Fomiglio: Leguminose.
dello chiomo
è
veromenle notevole
i l0 metri.
ll
sislemo rodicole è molto sviluppolo,
sì
poiché esso spesso supero
Corpo Forestale, che, oltre alla conosciuta attività di salvaguardia dell'ambiente, pubblica ogni tre mesi questo notiziario, dove è presente la collaborazione anche dell'associazione.
do formore uno mqsso imponente di rodici, che si spingono onche negli stroti più profondi del terreno. Le rodici penetrono nelle fessure delle rocce per
ottingere ocquo ed elementi nutritivi e creore così un volido oncoroggio per lo pionto contro i venti. L'olbero del corrubo è porte inlegronte
del territorio sordo, in porticolore è porticolormente diffuso nello zono meridionole dell'isolo. Sin doi tempi remoii ho influenzoto lo vilo quotidiono e ho loscioto trocce indelebili nello storio del nostro territorio:è stoto ulilizzolo
come semplice foroggio, o bosso costo, per gli onimoli do somo, nei dolci, e nei preporoti olimentori che si focevono e, oncoro si fonno, con le sili-
CARRUBO (Cerotonio siliquo)
ll corrubo, il cui nome derivo doll'orobo Khqrrub (o chornub), è uno pionto molto longevo, potendo superore più secoli, di gronde toglio, poiché riesce o
i
l0-'l 2 m., onche se lo suo oltezzo medio è di 5-6 m. ll tronco, roggiungere
che si presenio con uno corteccio ruvido, è più o meno sconoloto, con grosse muscoloture, che fonno del corrubo
un olbero molto robusto e
grosso.
I
possenti tronchi, spesso divisi fin dollo bose, sono copoci di romificorsi in uno chiomo ompio, sempre verde e rigoglioso, con le prime grosse bronche
che si dispongono orizzoniolmente per uno lunghezzo fino o 6 metri. Toli bronche sono coperte doi coni gemmori. I
que e negli infusi che i noslri ontenoti utilizzovqno per curore moloitie di ogni genere. Gli esperimenti effettuoti sul corrubo e sui prodoiti do esso derivoti honno evidenzioio le olte potenziolilò di questo prodotto. Do ciò derivo l'lnteresse che recentemente si è risveglioto ottorno ol corrubo che è slolo rivolutoto sio in termini economici che in termini di orboricolturo, infoiti, lo colturo di questo prezioso olbero ol giorno d'oggi
è prolicoto con più criterio.
Le silique
del corrubo sono utilizzote nell'industrio formoceutico come componenti degli ontibiotici e oncoro più in generole lo corrubo e i suoi semi sono utilizzoti in svorioti compi: olimentore, fitocosmesi, zootecnio e fiioteropico. Ciò dimostro quonte sostonze imporionli siono presenti dentro uno singolo corrubo. ll corrubo è uno noslro reoltò territoriqle e
L.
Poiomento: Pionto o porlomenlo orboreo (tolvolto orbustivo), olto fino o l5 metri, con fusto tozzo ed irregolore, chiomo denso ed esponso. Corfeccio: ln elò giovonile liscio e grigio, poi bruno, ruvido e screpoloio. Foglie: Persistenti, composie e poripen-
note in coppie di 3-5 {oglioline
di
formo ovole, coriqcee. Fiori: Unisessuoli sullo stesso pionto o su pionte diverse, oppure fiori bisessuo-
li e mqschili sullo stesso pionlo, infiorescenze riunite in corti rocemi (groppoli),che crescono sui romi degli onni precedenti ed onche sul tronco, fiorituro do ogosto o dicembre. Fruffi: Legume ollungoto e piotto, corioceo, pendulo e di colore bruno rosslccio con numerosi semi ovoli, molurozione fro I'eslole e l'outunno successivo. Hobrnt: Predilige i climi coldi e moriltimi. Specie eliofilo e xerofilo, vegeto
prevolenlemenie nelle zone costiere spingendosi fino oi 400-500 mt. s.l.m.
ln Sordegno è porticolormenle diffuso nelle zone meridionoli. Porti usote: Tute le porti lronne le rodici.
Conservazione: Lo corteccio oll'inizio dello primovero, le foglie e i {rutti un poio di mesi più ovonti. Proprietò: Le foglie sono osiringenti, i frutti sono lossotivi e diureiici se sono freschi, ontiorroici ed espettoronli se secchi. Ho inohre proprietò ricosliluen-
ti e riminerolizzonli. Uso: Decotti, infusl e sciroppi ulilizzon-
do i frufii freschi. Utile soproilufio lo forino, derivoto dollo mocinozione delle silique, slemperoio in ocquo tiepido.
Loredana Demurtas
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