P]ANTE RARE ED ENDI^AICHE
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Provincia ogliastra Assessorato'Ă ll'X*biente
Progetto INTERREG
I
IIA
SardIgna, Corsica, Toscana finaliizato alla reintroduzione dell'Avvoltoio Gipeto in Sardegrra
i§
§ditoriale
IL *R0&§?T0 GIP§§o
di Salvatore Scriva
Il progetto per la reintroduzione del Gipeto in Sardegna
§ditoriale
di Carlo Murgia
§A§.§§&§*r 29
Note sulla prevenzione
degli incendi forestali di Antonello Me[e
Uavoltoio barbato di Francesco Cetti
AMBI§NTE La prevenzione degli incendi
rAUNA
32
Lo sparviero sardo di Gianni Sirigu
boschivi in Europa
34
di Ervedo Giordano Incendi boschivi. Storia e statistiche di Umberto D'Autilia
1,1,
gli incendi: operai forestali
Come prevenire
il ruolo degli
t4
di Giuseppe Delogu
Riproduzione dei falcone pescatore nelle coste sarde di Sergio Secci
38
§ì-*&.A Piante endemiche della Sardegna
40
di Ninni Marras
Protocollo di Kyoto e foreste di Giovanni Monaci
18
Asfalto? No. grazie di Fiorenzo Caterini
22
RUBRICHE
La sardegna nuragica di Bruno Uda
DIRITTO AI,TBIENTATE Tecniche penaUstiche di tutela dell'ambiente di Massimiliano Tronci
Flora di Sardegna
46
I
47
Putedri del santo
di Roberto Balia 25
Canis gherradoris
48
di Salvatore Scriva Uambiente nel diritto internazionale
27
di Tiziana Mori Collaboratori
Roberto Balia, Fiorenzo Caterini, Umberto DAutilia, Giuseppe Delogu, Ervedo Giordano, Ninni Marras, Antonello Mele, Giovanni Monaci, Tiziana Mori,
Carlo
Murgia, Francesco Murgia, Sergio Secci, Gianni Sirigu, Massimiliano Tronci, Bruno Uda, Klaus Robin, Jurg Pau[ Mut[er, Thomas PachLatko
Le idee espresse negli articoLi riflettono ìlopinione degli autori non si riferiscono necessariamente ad orientamenti ufficiali.
Manoscritti, foto e disegni, saranno restituiti su espressa richiesta degli autori.
Tutti i diritti di proprietà lettenda ed artistica sono dservati. Si informa che i dati utilizzati al fine della spedizione di questa Rivista, contenuti in elenchi conoscibili da chiunque, sono tnttati a questo soto fine in conformità a quanto previsto dal D.lgs n. 196 del 30/06/2003. Per esercitare i diritti (aggiornamento, cancetlazione ecc.)
Redazione per "11 progetto Gipeto
in
Sardegna": Paolo
e
Postale 50
-
di cui all]ari. 13 scrivere a: ASS.F0R.
Casella
09124 Caqtiari.
Fasce, Presidente FCBV; Anna Maria Fenai, Coordinatrice
didattica; Umberto Graziano, responsabile ASS.F0R. per it progetto Gipeto; Cario Murgia, Coordinatore scientifico
0rgano ufficiaLe per la Sardegna delLa F.C.B.V.
"Progetto Gipeto in Sardegna"; Hany Salamon, naturalista
Foundation for the consewation of the bearded vulture
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Le
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2.000,00
€
350,00
1.800,00
Natura in Sardegna collabora con la rivista bimestra-
le "Linea ecologica
-
Economia Montana"
I{atura in §ardegna n'26 - 2005
re, sia per un riconoscimento alla storia del mondo pastorale che ci ha saputo tramandare un modello di costruzione unico per sempticità e naturalezza. Il periodico d'informazione ambientale "Notiziario Forestale", pubblicato datlASS.F0R. anche per sensibilizzare Iopinione pubblica sarda sulle problematiche che gli operatori della Vigilanza Ambientale incontrano nel tutelare il patrimonio naturalistico, è diventato nel corso degli anni un nuovo strumento per approfondire le "Campagne
preoccupazione per Ie emergenze ambientali che affliggono it mondo e, nel nostro piccolo, la terra di Sardegna, ci impone continue riftessioni. Tutti vorremo sapere, conoscere e discutere le scelte più opportune per iI governo del territorio in cui viviamo.
a
"Natura in Sardegna" è una rivista che
tratta argomenti importanti quali: Ie cause che minacciano il nostro ambiente naturale, il dissesto idrogeologico, l'inquinamento, gli incendi, la flora e la fauna. Questi argomenti diventano momento e strumento d'incontro osservando uno dei principi che ha ispirato la nostra
rivista, sin dalle prime pubbticazioni nel 1995, e cioè quello di far conoscere, vedere e far capire ai nostri lettori la bellezza della natura sarda attraverso suggestive immagini e semplici testi che ne riepilogano il loro contenuto. Vedere per amare, amare per rispettare,
rispettare per difendere.
Vi invitiamo pertanto a scriverci ed esprimere le vostre opinioni in modo da
un nuovo modo di "fare" informazione dove aI parere degli produrre
"esperti" si affianca quello della gente comune, degli appassionati naturalisti amanti della Sardegna e degli studenti.
Per incentivare questa collaborazione il primo
lASS.F0R. propone due concorsi:
tegato alla reahzzazione di un libro contro gli incendi e il secondo finalizzato al
progetto per la reintroduzione del Gipeto in Sardegna (troverete alllnterno ampie spiegazioni sulle due iniziative).
Nel corso di questi anni vi abbiamo proposto, insieme alla rivista, dei libri monografici su flora e fauna. Continue-
Ambientali" detla nostra associazione. Ricordiamo ad esempio quella per la zione e fruizione turistica ricreativa. Oggi, finalmente, si parla di "Parco del Molentargius": sarà questa loccasione
per valorizzare quel patrimonio?
riamo di si, ma discutiamone insieme, affinché queste nuove strutture "Parchi", delegate a governare una parte della nostra terra, non siano da considerarsi imposizioni di altri, ma strutture volute e decise da noi collettività, in serena armonia.
Abbiamo poi pubblicato le foto di sptendide orchidee endemiche della Sardegna, fiori unici al mondo che dalla Germania all'0landa esperti naturalisti vengono a fotografare. II nostro intento è quello di ricordare che Ia Sardegna. è [unica regione d'Italia che non ha ancora legiferato in materia di tutela della propria flora (funghi compresi). Quest'anno riproponiamo tale argomen-
to, pubblicando le foto di alcune piante endemiche, sperando che questo possa invogliare i nostri legislatori a rivedere le proposte di legge che giacciono in Consiglio Regionale sepolte da
remo anche in futuro su questa linea di
altre urgenze.
approfondimento, mediante ta pubbli cazione di calendari tematici. In passato vi abbiamo proposto, a tito-
Abbiamo illustrato
lo desempio, la fauna delle zone umide, con fintento di far vedere e capire quale
importante patrimonio faunistico è ospitato nei nostri stagni, at fine di valorizzarle più proficuamente, tutelarle e farle diventare momento di attra-
Natura im §ardegna n'26 - 2005
Spe-
i
pochi monumenti
naturati regolarmente tutelati per legge. La nostra speranza è che anche altre opere della natura e delluomo come gli "archi naturali" e i "pinnettos", un giorno, diventino elementi del patrimonio naturalistico da tutelare, sia per il
rispetto alla nostra storia geologica, che ci ha regalato stupende architettu-
reintroduzione del Gipeto in Sardegna. Un progetto iniziato con la pubblicazione delle ricerche sulla nostra rivi-
sta, da parte
delf ispettore Forestale
Umberto Graziano e della biologa AIessia Atzeni, sulla scomparsa di questo meraviglioso voiatile. Per la realizzazione di questo importante progetto
puntiamo non solo noi ma anche la Fondazione Internazionale del Gipeto e
altre istituzioni. In particolare va dato
merito allAssessore allambiente della Provincia di Nuoro, Rocco Celentano, che ha chiamato a raccolta i soggetti che nel progetto devono lavorare per awiare la campagna dtnformazione e
di
costruzione
di condizioni
utili,
affinché tra qualche anno una coppia di gipeti possa ritornare a volare sui cieli della Sardegna. A dieci anni dalla sua nascita il periodico trimestrale dellASS.F0R. "Notiziario Forestale" si rinnova per cercare di offrirvi uno strumento in più, puntual-
mente presente, nel dibattito sutla
tutela dellambiente
in Sardegna. Il
nostro obiettivo è anche quello di ricordare, al legislatore e a voi lettori, che
per tutelare questa natura serve un Corpo Forestale potenziato in uomini, mezzi, competenze e specializzazioni. Ciò che è più importante è costruire un
di
collaborazione tra Istituzione CFVA e opinione pubblica, affinché possiamo tutti prevenire ed evitare di affrontare eventuali nuove emergenze ambientali nella nostra terra.
rapporto
I
mese
di
maggio
preallarmi durante
è stagione di ta quale gli
addetti ai lavori elaborano la strategia della prevenzione e totta contro gli incendi. sulla base degli elementi che la legge 353 det 2000 assembla nel termine "previsione": individuazione delle aree e
dei periodi a rischio dincendio e degti indici di pericolosità. Apparteniamo alla generazione che ha vissuto le prime esperienze fatte di piccote iniziative a partire dagli anni'60, quando lAssessorato degli Enti Locali della Regione Sarda intesseva rapporti diretti con i Comuni per I'approntamento di squadre di inter-
vento costituite da "volontari", la cui memoria desta una certa malinconia. Corpo forestale dello Stato, in Sarde-
Il
gna, allora stava a guardare e parteci-
ffimffim ffiffiffi&re ffiffi#wffiffimremffiffi #mffiffi€ €reffiffiffi#ffi ffmffiffiffieffiffi'# pava solo in quaiità di passacarte e di portaordini, anello di congiunzione fra un indaffarato funzionario assessoriale e le basi operative dislocate nelte tontane periferie. Gli incendi venivano appiccati anche allora regolarmente, per colpa e dolo, speciatmente durante i mesi di luglio ed agosto con code settembrine il cui esito dipendeva dalle aleatorie precipitazioni
preautunnali. Le possibilità di spegni-
mento erano legate essenzialmente alle
variabili intensità del regime dei venti, e Ie giornate di vento teso condizionavano Ia velocità degli incendi e te rela-
tive superfici percorse dal fuoco. Nel 1965 tAssessorato degti Enti Locali ha affidato al Corpo forestale dello Stato l'organizzazione e ta fase operativa della lotta, così da assurgere dal rango di semplice coadiuvante a que[o
di attore principale. Ci si è immersi
§aturx à:r §ardeg:la n"Z6 -
?0S5
nello studio delle problematiche, ricche di molteplici aspetti, senza trascurare l'analisi degli "usi e consuetudini"
locali che prevedevano ìlimpiego del fuoco come pratica agronomica di eliminazione dei residui organici della vegetazione pregressa e come strumento di conquista di aree pascolative
Ia semplificazione di più sistemi arborei ed arbustivi complessi attraverso
della vegetazione naturale
sarda
(boschi e macchie). stata affrontata una lunga stagione di convegni, seminari, tavole rotonde nelUlsola, in Italia e al[estero allo scopo di apprendere, ma anche di porgere ad È
attri, i risultati delle rispettive esperienze. Solamente dopo 10 anni, nel
1.975, il Servizio antincendi ha assunto un assetto definitivo passando dagli
originari 38 "distretti antincendi" ai 95 del decennio successivo. Fra le iniziative impostate in quegli anni dagli Ispet-
torati di Nuoro e Tempio Pausania ricordiamo le prime prove di impiego dell'eIicottero leggero Agusta Bell 47
/
J e di
quelto di media potenza LAMA S 315-8 della francese Aerospaziale. In contemporanea con iniziative similari
detla regione Lombardia, iniziava
in
Sardegna llera dell'impiego del mezzo aereo ad ala rotante. È stato costruito un sistema di prevenzione e di lotta progressivamente effi-
anche
ciente che, da un anno all'altro, si è arricchito di soluzioni scaturite dalle trascorse esperienze, comprese quelle
negative. Nei 1.0 anni a cavallo fra i due secoli, sulla base di una solida struttura operativa, ed anche in virtù
dei contenuti innovativi della legge 353/2000, sono state disciplinate Ie funzioni ed i compiti dei diversi livelli dell'organizzazione e potenziati gli strumenti tecnici della complessa "macchina da guerra".
Sulla realtà dei giorni nostri cogliamo qualche spunto da un "servizio" apparso nella Nuova Sardegna del 31 maggio 2005, per fare alcune considerazioni. La
prossima estate saranno schierati in campo 13 mila uomini e L6 mezzi aerei.
lrtratura
in
§ardegma
n'26 - 2005
un'armata. Analizzando la composizione organica, si rileva che le 1063 "guardie det Corpo forestale" si accompagnaÈ
no a
41,1,5
"impiegati e funzionari del-
il
attiva a causa della carenza di mezzi ido-
nei e di specifica professionalità. I votontari, non megto specificati,.quando dotati di mezzi operativi adeguati
riferimento è agli operai dei cantieri forestati, perché le operazioni contro gli incendi non si conducono inquadrando "impie-
potrebbero essere inquadrati nel sistema di lotta sotto la guida det personale forestale. Ilorganico più numeroso è quello
gati e funzionari"), 1400 "volontari", 5000 "barracelli" e 1700 "vigili del
sistemazione idraulico-forestale e nelle ex foreste demaniali. Il cordone ombelicale che univa questi nuclei periferici al Corpo forestale si è spezzato con il conseguente indebolimento del tessuto connettivo che una volta rappresentava to spirito di corpo degli appartenenti alla grande famiglia degLi operatori delLarea forestale. I rapporti sono "burocratici".
I'Ente Foreste" (certamente
fuoco". È nostra impressione che possa essere impresa ardua, e non priva di rischi, it cercare di creare una coesione fra entità cosi eterogenee per struttura, disciplina e formazione professionale anche con uno zoccolo duro costituito dal Corpo forestale e dai Vigili del fuoco. Le squadre dei Barracelli potrebbero essere impiegate nella "prevenzione attiva", per il controllo del territorio di rispettiva competenza e conoscenza nelle ore e nelle aree notoriamente a rischio d'incendio; si ritiene funzionalmente debole il loro impiego nella lotta
distribuito nelle centinaia di cantieri di
LAssessore detla Difesa dellAmbiente dichiara che 1o sforzo è teso al consolidamento del settore della prevenzione facendo affidamento anche sui 237 posti di osservazione ed allarme (te vedette) e sulla possibilità di fruire in tempo reale
il
Corpo Forestale
di
Vigilanza
Ambientale della Sardegna è stato il pdmo, fin dal7994, ad aver istituito i Nuclei Investigativi Antincendio; nel
resto del territorio nazionale
sono
operativi solo dal 2000.
si può assicurare una efficienza funzionale net 95 % degli episodi che si carattedzzano per una superficie media per incendio di circa 8 ettari; nel restante 5 % degli episodi, cosiddetti rilevanti, nei
quali gioca un ruolo preponderante l'intensità e durata del vento, è stata registrata una superficie media di oltre 300 ettari.
È stato notato, da parte
di
qualche
osservatore del fenomeno, che negli
à#,n' È€É,'
-l y #f*x
dffi .
'd'.-J
'l
-',-
degli incendi che, da episodi di origine agro-pastoraie legati alla coltivazione ed aila gestione delle terre, specialmente nei paesi con climi caldo-aridi, troverebbero motivazioni
.'
Una fase dei ritievi eseguiti dagli operatori dei Nuclei Investigativi Antincendio
di dati meteorologici per llanalisi
del
regime dei venti. È noto che il regime termico è una costante e quello pluviometrico di nessun apporto utile. La prevenzione è stata un "chiodo
fisso" da quando abbiamo osservato che i migliori risultati si conseguono nell'intervenire all'inizio dell'incendio, cosa non sempre possibile per la dislocazione dei focolai nell'area forestale. Nell'incendio forestale agiscono, come elementi non modificabili, i fattori predisponenti di natura meteoro-
logica e fisiografica, e Ie cause determinanti di origine antropica: t'accensione del fuoco (casuale, dolosa). Poi-
ché i fattori predisponenti sono immodificabili, si può operare solamente per limitare le cause determinanti non naturali. Nella strategia della difesa dall'incendio forestale è prevista la "prevenzione attiva" come controllo costante del territorio, con particolare riguardo per le aree più
ultimi trent'anni, ad una progressiva evoluzione strutturale e funzionate della organizzazione del servizio antincendi, è corrisposto un incremento del numero degli incendi pur con un progressivamente lieve calo della superficie media che, com'è noto, individua il livello di efficienza dell'apparato di prevenzione e lotta. Il fenomeno è stato interpretato come l'effetto del satto di qualità
vulnerabiti per l'esistenza di fattori di rischio (aree boscate e con diversi tipi
di macchia, zone montane e costiere di riievanza naturalistica, paesaggistica e turistica, aree destinate ad attività pastorali condotte in condizioni
in una sorta di "industria del fuoco". Se questa ipotesi trovasse un fondamento, occorrerebbe riflettere sulla natura delle cause determinanti che esulano dalle forme tradizionali di uso del fuoco. Gti incendi con motivazioni di natura economica e specu-
di semiseLvatichezza). Se è vero che Ia Iotta all'incendio forestale è anche un problema di polizia, e non solamente tecnico, occorre che per tre mesi il personale disponibite per la vigilanza
lativa andrebbero analizzati in
in questa attività,
problema esiste perché è difficile trovare motivazioni "ordinarie e consuetudinarie" per episodi che si sono caratterizzati per modalità, scelte di tempi, luoghi, condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli. Sarebbe vanificato anche l'impiego coadiuvante, essenziale, oneroso della flotta aerea come quella predisposta, di 16 unità diverse per tipologia, caratteristiche, potenza ed
venga concentrato
dislocando le pattuglie in itinerari sensibili ed evitando sovrapposizioni attraverso
gente. È
un coordinamento intelliun compito della pubblica
amministrazione da affidare ai propri organi tecnici e di polizia: Corpo forestale, Vigili urbani, Guardie campestri, Compagnie barracellari, con la collaborazione più convinta, durante i mesi estivi, dei Corpi di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato ed altri). Attuando questa forma di prevenzione
maniera adeguata perché nella stra-
tegia della difesa occorrerebbe adottare preventive misure atte ad interrompere questa logica perversa. Il
efficienza. Buon lavoro!
Ilatura in Sardegna
n'26
2005
incendi deve tenere conto delle tendenze a medio termine dello sviiuppo demografico
e
socio-economico, ma
non puÙ trascurare il fatto che l'Europa è caratterizzata da condizioni ambientali estremamente difformi che interagiscono con il fenomeno degli incendi boschivi e sulle attività di difesa II confronto tra alcuni Paesi dell'area finnoscandinava - quali Norvegia, Svezia, Finlandia - con quelli della regione mediterranea quali Portogallo, Spagna, Francia meridionale, Italia - è particolarmente signifi cativo. In Norvegia, il fenomeno degli incendi boschivi ha un impatto trascurabile sutle foreste che si estendono su 8.8
-
Retazione presentata al convegno "Conoscere
e difendere
i
boschi" tenuto all'Abbazia di
Vallombrosa
il
9 e 10 giugno 2005
milioni di ettari, Ia metà dei quali in montagna.
Il
grande sviluppo delle coste frastagliate e la presenza dei fiordi fanno sÌ che il clima, caratterizzato da notevoli precipitazioni, presenti elevata oceanicità anche nelle zone interne; Ialter-
narsi delle vallate, delle torbiere
e
delle depressioni rappresentano ostacoli naturali per gli incendi e rendono possibile la presenza di aree rifugio per
la vegetazione. Tuttavia, nei secoli passati, il fuoco è stato ampiamente impiegato come mezzo strategico dai Paesi della Lega Anseatica per ostacotare
ta presenza dei prodotti forestali norvegesi nel
egti ultimi 50 anni, con f incremento della popolazione europea, passata da 568 a 795
milioni di abitanti, Ia pressio-
ne sull'ambiente è andata crescendo, con un aumento det 40olo. Uincremento demografico non è stato uniforme e l'Europa occidentale ha contribuito per 1128olo, quella orientale per il72olo. Le proiezioni per il 2020 indicano che la densità della popolazione rimarrà piuttosto stabite nell'Europa occidentale, con circa 110 abitanti per chilometro quadrato, raggiungerà 100 abi-
tanti in quetla orientale, mentre
si
verificherà un leggero declino dall'attuale livello di 12 abitanti nella Federazione Russa. La tendenza comune a
gioni è
il
tutte le
subre-
costante aumento della popolazione urbanizzata, che passerà dal 60 all'80%. e Ia riduzione di quella rurale, che risulterà inferiore a quetla del 1950. Se questo quadro troverà conferma, nei prossimi decenni si accentuerà la difficoltà nel reperimento della forza lavoro per il settore agricolo forestate nei Paesi occidentali, accompagnata da una crescente richiesta da parte degli abitanti delle città di aree boscate perturbane e di valoizzazione delle fu nzioni ambientali e paesaggistiche delle foreste. La strategia della prevenzione degli
Natura im §ardegma n"26 - 2005
\
commercio internazionale e per dare spazio alla pastorizia, come dimostrano le estese superfici a Catluna lungo
le coste. Attualmente it numero degli incendi
è
molto contenuto grazie all'impegno diretto delle popolazioni, e la causa
Nel periodo tra iI 1950 ed iI 1970 gli incendi boschivi hanno interessato 10.000 ettari all'anno per ridurre l'accumulo superficiale della lettiera che ostacola la rinnovazione.
prevalente è costituita dalla caduta dei
Attualmente, l'impiego del fuoco prescritto - nei limiti imposti dalla certificazione per la gestione sostenibite
futmini.
FSC
Nell'ultimo decennio
la
superficie media percorsa annualmente dal fuoco è stata di 600 ha e il numero degli incendi di 500 per una ampiezza intorno all'ettaro, salvo che nelle rare anna-
te eccezionali. In Svezia la maggior parte delle foreste
- che occupano 27 milioni di ha nelle
- riguarda il 5olo delljarea che cade aI taglio ogni anno.
siva riduzione dei residui boschivi da 60-90 mc ad ha, nelle foreste naturali,
a 2 mc ad ha in quelle gestite, con notevole abbassamento degli indici di rischio; attualmente la superficie percorsa risulta in media di 600-700 ha all'anno, oltre a 2.000 ha interessati dal fuoco prescritto. Da questo sintetico esame appare evidente che nella regione finnoscandinava il fenomeno degli incendi è stato
La causa principale degli incendi è imputabile ai fulmini, quando ai periodi di alta pressione fanno seguito temporali con scarse o nulle precipitazioni.
superficie di circa 60 milioni di ha di bosco, pari alta metà di quelli europei
In Finlandia le foreste occupano iIT0olo del territorio, pari a 22 milioni di ha e
Il
praticamente trascurabile negli ultimi
quaranta anni,
pur riferito ad una
(esclusa la Federazione Russa).
positivo percorso compiuto da Nor-
La prevenzione degli incendi boschivi in europa - è formata da conifere, mentre soltanto poche
sono costituite prevalentemente da
centinaia di migliaia di ha di latifoglie faggio, querce, aceri - sono localizzate nelle zone temperate.
La distribuzione delle precipitazioni
zone boreali e semiboreali
-
Il clima è più freddo di quello della Norvegia per la presenza di montagne che sbarrano linfluenza dellAtlantico ed il territorio è attraversato da numerosi fiumi e laghi che contribuiscono a ridurre
il
pericolo degli incendi. il fuoco ha notevol-
Nei secoli passati
mente influito sull'evoluzione dei soprassuoli forestali, a causa di eventi catastrofici che si sono verificati ad intervalli di 50-60 anni nel Nord e di 20 nel Sud del Paese.
Soltanto dalla fine delI800 ha avuto
inizio il sistematico controllo degl.i incendi, mentre dalla metà del secolo scorso il cambiamento sostanziale nelle tecniche agricole ha limitato fortemente iI ricorso aI fuoco per migliorare le condizioni del pascolo in foresta
e per rendere disponibili le terre per l'agricottura.
conifere.
i
valori massimi durante l'estate, le basse temperature delle zone semi boreali, la grande diffusione delle zone lacustri con oltre 180.000 laghi at centro del Paese, rappresentano una valida salvaguardia per la difche segnano
fusione dei fuoco.
Tuttavia, nel XIX secolo,
gli
incendi
percorrevano ogni anno - per esigenze 50-70 dell'agricoltura e del pascolo mila ha di boschi, con una superficie media di 130 ha per evento.
-
Dagli inizi del '900, si è verificato un sensibile cambiamento nell'impiego del
vegia, Svezia e Finlandia, è stato favorito dalle condizioni ambientali, dalla
modesta densità degli abitanti, compresa tra 74 e 27 per chilometro quadrato, dal coinvolgimento diretto delle popolazioni responsabili del teriitorio, ma anche dalltmpiego di moderne tec-
niche di monitoraggio e di difesa. In particolare, sono stati perfezionati ed unificati gli indici di rischio, modificando quelti americani e canadesi, ed i sistemi satellitari per la localizzazione dei fuImini, che sono tra le più frequenti cause d'incendio (il 35% dei casi).
Lo scenario è molto diverso nella
stato limitato prevalentemente per favorire la rinnovazio-
regione mediterranea dove, negli ultimi venti anni, <<Ie estati di fuoco»> sono diventate più frequenti. Tati situazioni
ne naturale e che ha riguardato, fino al
si
1960, circa 40.000 ha all'anno.
7990-94, nel 2001-2003, con un progressivo aumento degli eventi. Negti uttimi dieci anni il numero degli
fuoco che
è
Nell'ultimo decennio, l'introduzione della gestione sostenibile delle foreste, diffusione della meccanizzazione delle utitzzazioni e l'impiego del fuoco prescritto, hanno portato alla progres-
la
sono verificate
nel 1980-83, nel
incendi ha continuato
a
crescere, anche se si è verificata ta positiva ridu-
zione della superficie percorsa, Natura
in
Sardegna n"26
-
2005
che
risulta comunque quasi 100 volte superiore a quella della Finnoscandia. Llandamento delle precipitazioni stagionali caratterizza in maniera molto più sensibile, rispetto alle regioni del
il
verificarsi del fenomeno, che non è più limitato ai mesi estivi, quando le piogge sono scarse, ma si esten-
Nord,
de
a quelli
autunnali ed invernali, quali la siccità si presenta
ambientali molto varie che vanno dalle
quella non boscata, mentre si è mante-
zone oceaniche del nord a quelle continentali semiaride del centro, a
nuta la tendenza alf incremento nel
quetle alpine che richiedono specifiche
attività di prevenzione. Nell'ultimo
decennio, la superficie totale percorsa dagti incendi è diminuita, in media, a
ha all'anno. Al contrario aumentato il numero degli eventi. 60.000
è
durante i ormai con ricorrente frequenza. In sintesi, nella regione mediterranea vengono percorsi mediamente dal fuoco ogni anno circa 600.000 ha di superfici boscate, con una frequenza annua di 50.000 incendi, che contribuiscono pesantemente all'emissione di C02 nellatmosfera.
in cui predomina la vegetazione di tipo mediterraneo, presenta un regime dei venti che soffiano impetuosi durante i mesi di agosto e di settembre estendendo gli incendi su superfici molto vaste nel volgere di poche ore. Cosi è accaduto nel 1990, quando in due giorni andarono distrutti 29.000 ha di pinete e di
Le caratteristiche morfologiche del territorio, la composizione e distribuzione delle aree boscate, l'elevata densità della popolazione - che sfiora in Italia 200 abitanti per chilometro quadrato e 110 in Francia ed in Portogallo -, l'abbandono delle aree di montagna, la diffusa urbanizzazione, creano condizioni di rischio partico-
A partire dagli anni 90, è stato compiuto un notevole sforzo per presidiare il territorio e per assicurare fincolumità delle popolazioni e dei turisti; attualmente la superficie annuale percorsa è stata in media di 10.000 ha. Ultalia, con ormai 10 milioni di ha di
larmente elevate.
In Portogallo, che dispone di 3,6 milioni di ha di bosco, il 57olo dei quali in montagna, gli incendi si manifestano
La Francia meridionale,
aree rurali.
Nel decennio 1980-90, in tre anni, la superficie percorsa dagli incendi ha superato 200.000 ha, mentre iI decennio successivo ha fatto registrare quattro annate con oltre 100.000 ha ed una
come
con 200.000. Un'incidenza cosi elevata
quella del 2001, si possono trasforma-
è quasi sempre dipendente da annate particolarmente siccitose e da tem-
re, a causa del permanere dei venti, in catastrofi. A titolo d'esempio, nel solo mese di settembre, sono andati perduti 43.000 ha.
In Spagna - ridotta la secolare conflittualità tra pastorizia e foresta in seguito allo sviluppo economico - il pericoIo maggiore è rappresentato dalla pressione turistica e dall'espansione edilizia lungo te coste e le aree rurali. La vegetazione forestale, che si esten-
de su 14 milioni di ha, dei quali 5 milioni in montagna, si adatta a condizioni morfologiche, climatiche ed lilatura in Sardegna n'26 - 2005
le
condizioni
ambientali impongono esigenze
e
modalità di prevenzione diversificate. Le difficoltà per promuovere un'azione
foreste, ha condiviso con il Portogallo e la Spagna f impiego del fuoco come mezzo di diffusione per l'agricoltura ed it pascolo, come dimostra la costante presenza degli incendi nelle
con particolare frequenza nelle regioni
che nelle annate eccezionali,
in
appare evidente che
macchie.
settentrionali e centrali ed ogni anno vengono percorsi in media 40.000 ha ed altrettanti di superfici erborate. Di solito si tratta di una miriade di piccoIi episodi, circa 20.000 alìianno, ma
numero degli eventi. Da questo breve esame della diffusione degli incendi nella subregione settenquella mediterranea trionale ed
comune europea, soprattutto
di
in
occa-
perature eccezionali anche per iI clima mediterraneo durante i mesi di agosto e di settembre. IJimpegno per il monitoraggio. per la prevenzione e la difesa è stato considerevole grazie al coordinamento tra iI Corpo Forestale dello Stato, le Regioni, Ie Province, Comuni, la Protezione civile, Vigili del Fuoco, le organiz-
eventi catastrofici, hanno richiesto un lungo periodo di trattative intergovernative. Lorenza Colletti ha fornito, di recente, un quadro
zazioni
deva, tra I'altro, raccomandazioni e direttive contro gli incendi boschivi. Sono stati necessari attri dieci anni per giungere, nel 2002, alla direttiva che
i
i
di volontariato, ed i risultati
sono stati positivi poichÈ la superficie boscata percorsa dal fuoco è diminuita intorno a 30-40.000 ha ed altrettanto
sione
significativo del cammino percorso dal Consiglio d'Europa dal 1986, iter che doveva portare dopo quattro anni alla formulazione del concetto di gestione sostenibile delle foreste, che compren-
prevede
pagne
il
di
cofinanziamento delle camprevenzione, dei corsi di
- la protezione dagli incendi, che prevede misure di prevenzione conosciti-
tecnici e per le
va, comprendenti campagne rivolte alle popolazioni per aumentarne la
addestramento per
i
popolazioni, il potenziamento delle infrastrutture e dei mezzi di difesa. Net 2003. quale conseguenza de1 programma quadro del Consiglio dEuropa (Decisione n 1,600/2002 EC), iI monitoraggio degti ecosistemi forestali diventa il punto centrale delte attività del Fore-
consapevotezza e Ia responsabilità, riguardanti anche l'addestramento speciatistico degti addetti;
la mobilitazione delle forze disponibili in caso d'incendio nei vari Paesi sono affidate al Centro di monitoraggio e di informazione della Comunità (MIC) che dispone delle informazioni sul rischio giornaliero d'incendio e sulla localizza-
misure di protezione sul terreno, mediante la r ealizzazione di parafuo co,
zione delle arre bruciate fornito dal Centro di Ispra.
punti d'acqua ecc.;
Un'altra importante iniziativa dellUnione riguarda il Fondo europeo di solidarietà, dotato di circa 3 milioni di Euro, che a partire dal 2002 è stato esteso oltre aIIe alluvioni anche agli incendi forestali, ed a cui hanno potuto accedere iI Portogallo e la Spagna colpiti llanno successivo da gravi emergenze.
-
sviluppo delle ricerche e degli studi
da parte degti Stati membri e della Commissione.
Purtroppo, i finanziamenti per il periodo 2003-2006 per iI Forest Focus sono
risultati piuttosto modesti, circa
60
milioni di Euro, di cui soto 9 destinati
La molteplicità degli organismi coin-
alla prevenzione degli incendi.
volti nella prevenzione degli incendi ha convinto lo stesso Consiglio ad
attività per le infrastrutture e per il restauro delle superfici dopo il passaggio del fuoco
Va perÙ osservato che Ie
possono beneficiare anche del cofinan-
ziamento dei programmi di sviluppo rurale (Regulation ECC n.1,257/90), e per il periodo 2003-2004 allltalia è
stato attribuito
il
21% dei finanzia-
menti.
Nel 2004 la Commissione Europea ha accettato Ia richiesta per la formazione di un gruppo informale di esperti degli Stati membri e delle organizzazioni non govemative per la messa a punto di una nuova classificazione dei rischi da incendio e per delineare le misure più idonee alla protezione dei boschi 2006. Questo gruppo è stato dopo
il
molto attivo e si è riunito ripetutamen-
st
Focus per
dalf
la protezione delle foreste
inquinamento atmosferico
ma
anche dagli incendi; nel 2004, ai cinque Paesi che avevano aderito al programma difesa (Francia, Germania, Grecia,
di Italia, Portogallo,
Spagna),
se
ne aggiungono altri cinque (Cipro, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria). I punti principaìi sottoscritti riguardano:
te a Saragoza, a Ispra ed a Bruxetles. Ilimponente sviluppo turistico netle aree rurali in questi ultimi anni ha aumentato notevolmente il livello di rischio ed il Consiglio d'Europa, di fronte al ripetersi di situazioni catastrofiche, ha attivato nel quadro della protezione civile per il periodo 20042006 un programma comune di azione a supporto delle iniziative eccezionali per la prevenzione, la preparazione e la
- la formazione di una banca dati
Le richieste, il coordinamento,
comune per il monitoraggio e Ia raccolta delle informazioni, che fa capo al
partecipazione delle popolazioni e della mutua collaborazione tra i servizi di protezione civile e di protezione
Centro di Ispra;
ambientale.
awiare una politica finanziaria di più stretto coordinamento, che dovrebbe portare nel 2007 alla confluenza delle numerose iniziative settoriali previste nei programmi Life, Natura, Ambiente e Forest Focus. Da questo breve panorama si possono rilevare due aspetti significativi e cioè che, grazie all'impegno dei Paesi membri durante il 2004, gli strumenti e le strutture per la prevenzione hanno consentito a livello europeo di migtiorare l'efficienza della raccolta delle informazioni per approfondire la cono-
scenza det fenomeno degli incendi boschivi e delle sue conseguenze sull'ambiente, al fine di adottare misure adeguate per contrastarlo. » evidente che i risultati saranno tanto più rapidi quanto più i Paesi saranno in grado di rafforzare e di perfezionare iI coordinamento tra gli uomini ed i mezzi di cui dispongono, tenendo in conto
che ta posta
in
gioco sta assumendo
sempre più valenza planetaria anche in
vista dei cambiamenti climatici. Tuttavia, non si puÙ attendere che la soluzione dei problemi della prevenzione possa venire affidata soltanto alte decisioni comunitarie.
Nel nostro Paese, la sensibilizzazione dei cittadini, che sempre più numerosi traggono beneficio nel tempo libero dai
Natuxa
in
Sardegna n"26
- 2005
flussi turistici.
seconò>,
Llaumento nella frequenza degli incendi nellultimo decennio rende urgente proporre nuove forme di sensibilizzazione,
passando da quella generica a quella mirata a particolari categorie di potenziali fruitori del territorio. In particolare, appare opportuno intensificare gli sforzi nei periodi di maggiore pericolosità, da luglio a settembre, su quella
vasta parte della popolazione che si reca
10
in
vacanza utilizzando
i
mezzi di
§atura in §ardeEna n"26 -
2005
evidente che Iobiettivo è quello di
aumentare Ia sensibilità al rispetto del territorio e quindi iI messaggio è necessariamente diverso da quello riguardante gli incendi per cause dolose, dove sono prevalenti le conseguenze della repressione.
Non c'è da farsi troppe illusioni che la
senza correre iI rischio di interminabili code sulle autostrade. A fianco dei grandi scali, i più significativi sono quelli regionali come da esem-
Considerazioni analoghe possono essere fatte per le compagnie di navigazione che imbarcano milioni di passeggeri in
determinazione di chi ha deciso di ricorrere al fuoco, per motivi di rivalsa o di protesta, possa venire scalfita da preoccupazioni di rispetto per llambiente che lo circonda. In questo caso, Uunica via da seguire è quella intrapresa dal Corpo forestale dello Stato, che consiste nello sviluppare Ie conoscenze sulla tipologia e sutlevoluzione degti incendi, in modo da acquisire la certezza delle cause e giungere alf individuazione del colpevole. Si assiste, infatti, ad un preoccupan-
pochi porti turistici per le isole e le
te
coste del mediterraneo. Nelle aree di attraversamento obbligato non dowebbe essere troppo oneroso diffondere, durante i periodi critici, gti awertimenti per far comprendere quanto possa essere dannosa la disattenzione o la leggerezza di comportamento nelle aree boscate. Non è detto che la risposta del pubblico sia positiva, ma non vi è dubbio che ta presentazione delle conseguenze di un una località boscata incendio riconoscibile, prossima allarea di destinazione, puU suscitare maggiore attenzione di un generico messaggio di salvaguardia ambientale. In questa ottica, un ruolo fondamentate potrebbe venire svolto dalle Regioni che sono titolari del trasporto, su rotaia e su gomma, utilizzando le stazioni
terza età aI fenomeno e te cause meriterebbero di venire approfondite. Ampliare il senso di responsabilità individuale per operare a difesa degli incendi boschivi non è compito facile, nÈ di breve durata. Per questo è necessario puntare su ini-
ormai quasi tutte attrezzate di accogtienti terminali in cui convergono
delle popolazioni e la vigitanza di tutte le forze che operano sul. territorio.
durante il periodo estivo, o Bari che ha raddoppiato il traffico con 1,5 milioni nel 2004 e punta su 2 milioni nel prossimo anno.
responsabiti del territorio sia venuto meno, anzi va riconosciuta Ia costante attenzione del Corpo Forestale delto Stato, dei Servizi Forestali regionali, della Protezione civile, dei gruppi di volontariato, detLe associazioni ambientaliste nell'attuare i programmi di monitoraggio e di formazione, soprattutto per i giovani che frequentano le scuoie di ogni ordine e grado.
»»
pubblico che vuole compiere le vacanze
pio Olbia con 340 movimenti al giorno
Questo non significa che fimpegno dei
percorsi dove appare più
necessario trasmettere le esigenze della prevenzione.
che consentono risparmi del 50% nei fine settimana, sta trovando un vasto
segnato
i
individuare
pochi centri ad alta frequentazione.
La novità delle tariffe «last
ha
Ai servizi forestali regionali non mancherà certo Ia possibilità offerta dai piano di trasporto che dispone di una rete capillare anche attraverso le zone più a rischio del territorio, e di saper
di poter concentrare le informazioni in Basta pensare allaereoporto della MaIpensa dove dal luglio al 17 agosto transitano 23 milioni di passeggeri, con oltre 25.000 movimenti dei quali 4.350 rappresentati da voli charter.
numero di incendi che anche la stagione 2004.
periodo estivo imponenti
durante
IJapporto delle società aeroportuali e marittime che prowedono a canalizzare milioni di passeggeri verso la Sardegna, l'Elba, ta Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Liguria - regioni a notevole rischio d'incendi - potrebbe presentare il vantaggio
boschi, rappresenta un aspetto significativo per cercare di ridurre il crescente
il
trasporto aereo, marittimo e ferroviario.
in
contributo della popolazione della
ziative che abbiano un effetto moltiplicativo, come è il caso del setto-re dei
trasporti: I'0sservatorio Foreste e Ambiente è cosciente di questa difficoltà e proseguirà Ie sue attività di divulgazione, nella certezza che Ie anae Ie proposte risulteranno di grande
lisi
utilità pratica per la
campagna antin-
cendio 2005 che, secondo i climatologi, si annuncia particolarmente calda ed i
cui effetti negativi sugli incendi potranno venire limitati soltanto mediante un maggiore coinvolgimento
KmffiffiH%#€ fumffiffifu€w.ffi. ffiffimw,ffim
ffi roffimffi€m&'ffimfum
Ad un miglioramento del sistema di lotta ha corrisposto una particolare resistenza e ricorrenza del fenomeno.
I
due aspetti si contrappongono e determinano, come risultato. una leg-
Intervento tenuto al convegno "Conoscere e difendere i boschi" tenuto all'Abbazia di Vatlombrosa il 9 e 10 giugno 2005
[i
incendi boschivi, anche se sempre presenti nella nostra realtà territoriale, sono diventati un fenomeno grave e preoccupante dalllnizio degli anni '70, assumendo negli ultimi 30 anni dimensioni, in termini di superfici percorse e numero di eventi, estremamente elevate nonostante siano state attivate e potenziate nel tempo le strutture preposte al contenimento con llmpiego di mezzi e tecnologie più moderne. Llaumento e la diffusione degti incendi è legato sostanzialmente oltrechè al dilatarsi di favorevoti condizioni climatiche atle profonde modifiche awenute netl'uso antropico del territorio. Infatti, ai periodi di siccità prolungata
naturalmente predisponenti si sono sovrapposti Uabbandono detle aree rurali, la crescita delle popolazioni delle aree urbanizzate, l'adozione di politiche
forestali estremamente conservative. La loro azione, comportando laumento
delle aree marginali, la perdita dei presidi territoriali, I'espansione delle aree d'interfaccia, I'accumulo di combustibile, ha favorito i fenomeni di degrado ambientale, tra cui gti incendi risultano preminenti. Paradossalmente, più si moltiplicano
gli sforzi organizzativi più il bosco brucia; tale affermazione sembra una profonda,incongruenza, ma corrisponde alla realtà dei
fatti.
gera tendenza
aI
contenimento del
problema del fuoco che mostra, nel contempo, un eccezionale dinamismo soprattutto in alcuni ambiti. ilarchivio completo relativo agli incendi boschivi è disponibile dal 1970 ad oggi, per un periodo comptessivo di 35 anni. In meno di quaranta anni sono andati
subiti dal Nord può arrivare fino al 40% del totale. Queste aride statistiche i cui picchi sono registrati in giornate che determinano forti movimenti di emotività ripresi dai mass-media sono poi puntualmente dimenticate al cessare dellemergenza.
Anche se i danni provocati dagli incendi sono ormai conoscenze acquisite,
che coinvolgono sia vite umane sia i beni andati in fumo, non bisogna trascurare le principali conseguenze del fuoco nei boschi:
distrutti o danneggiati quasi 1.800.000
-la perdita di biodiversità vegetale
ettari di bosco a causa di circa 300.000
animale;
e
incendi.
Nellultimo decennio la media annua supera gli 11.000 incendi/anno. con 50.000 ettari di superficie boscata devastati.
I
dati annuali sutle superfici percorse dal fuoco e sul numero di eventi risentono di particolari condizioni che hanno di volta in volta favorito o sfavorito Ia diffusione; ciò è confermato dai dati 2004, tra i più confortanti delI'ultimo quinquennio, che però non invitano ad "abbassare Ia guardia" essendo i[ fenomeno cosi complesso e dipendente da eventi climatici estremi. 0ltre il 70% dei boschi italiani è ubicato in aree in cui è elevato il rischio di
e solamente il 30% per la quota e per il clima, si può considerare quasi al sicuro; il 90% degli incendi colpisce i boschi compresi in una quota tra il livello del mare ed i 1000 metri. Gli ambienti mediterranei sono quelli incendi
maggiormente aggrediti, anche se ormai gli incendi non sono più una esclusiva del Sud come dimostrano le fiamme che nel periodo inverno-primavera colpiscono Ie regioni alpine. In particolari stagioni, con forti siccità
invernali,
Ia
percentuale
dei
danni Natura
in
§ardeEna n"26
- 2005
11
-l'rrreversrbrle clanno provocato al.L'am-
cleflrurne e rattorzarne [a dlmensrone:
biente e agli ecosistemi;
-circa
-la devastazione del paesaggio;
-la progressiva alterazione fisico-chimica dei suoli ed il conseguente dissesto idrogeologico; -iI processo di isterilimento del terreno che potrà innescare fenomeni di desertificazione, temuti e prospettati dal mondo scientifico nel prossimo futuro;
-iI contributo
negato alleffetto serra con cospicue immissioni di C02 nelllat-
mosfera (azione doppiamente negativa perché gli incendi, oltre all'aumento di C02, provocano contemporaneamente la riduzione di piante arboree e arbustive che fisiotogicamente sono attive nel circuito della fissazione naturale del carbonio).
Queste prime semplici considerazioni esprimono ampiamente le gravi responsabilità degti incendi nei confronti delle e dei disastri ambientali, ma è possibile tentare di tradurre numericamente alcuni effetti per
alterazioni climatiche
72
§atxra in §arctrcqr:a n"26 -
?0C5
il
25% del territorio delle aree meridionali è a rischio di desertificazione; -gli incendi boschivi impediscono che almeno 200.000 tonneltate di C02 in un anno vengano sottratte dall'atmosfera;
-và a fuoco, sempre in un anno, una biomassa equivalente a circa 2.000.000
di tonneilate di petrolio. Da quanto detto emerge chiaramente la necessità di agire anticipando ljazione devastatrice del fuoco operando al fine di migliorare [efficacia della prevenzione.
Uattività di prevenzione consiste nel porre in essere "azioni mirate a ridurre le cause e iI potenziale innesco d'incen-
dio nonché interventi finalizzati aIIa mitigazione dei danni conseguenti" (L.353/2000). Uazione del Corpo Forestale deilo Stato in tal senso è indirizzata allo sviluppo
di un'attenta
campagna
di
sensibitiz-
zazione, ispirata alla molteplicità
ed
a[[a o]versrta or attrvrta cne vengono svolte nelle aree a rischio di incendio boschivo. at puntuale controlio del territorio e soprattutto all'approfondimento conoscitivo delle cause nella prosecuzione del percorso iniziato con lllndagine conoscitiva svolta su incarico del Governo nel 2002. Uattività di sensibilizzazione viene
di un ampio programma di comunicazione istituzionale finalizzato all'informazione sulle tematiche ambientali, all'educazione al rispetto della natura, alla diffusione della cultura della legalità in materia ambientate. A tal fine nellultimo anno si è proweduto, in collaborazione con la RAI, a fornire informazioni di pubblica utilità sulla sicurezza alimentare, sulla difesa delle specie animali e vegetali a rischio di estinzione, suile escursioni in sicurezza e sulla prevenzione degli incendi attraverso la pagina 734 di Televideo e gli spazi quotidiani su Isoradio. curata nell'ambito
Nel mese di giugno è stata awiata attraverso spot televisivi, annunci stampa e affissioni, Ia campagna Antincendi Boschivi.
è stata richiamata mediante l'immagine di un albero con un estintore fissato al tronco e lo slogan La natura non può difendersi da sola. Aiutiamola a difenderla dal fuoco, seguita dalìiinvito a segnalare eventuali focolai al numero di emerIattenzione dei cittadini
genza ambientale 1515.
Inoltre, attraverso brochure e folder, distribuiti presso i 1.300 uffici periferici del Corpo, sono state diffuse le norme fondamentali di comportamento da adottare in caso di incendio o per evitare di generare incendi in modo
involontario.
Un secondo livello di informazione è stato realizzato tramite il portale www.corpoforestale.it e la newstetter, pubblicata sul sito.
Il foglio digitale, nato per intensificare e rendere più agevole sia la comunica-
zione interna, che quetla esterna, infor-
ma gli iscritti, con tre aggiornamenti settimanali, riguardo le attività, appuntamenti, iniziative e operazioni del Corpo Forestale sul territorio nazionale. Grande attenzione viene rivolta alla popolazione scolastica nella convinzione che sia fondamentale, ai fini pre-
ventivi, educare le giovani generazioni al rispetto e alta tutela dell'ambiente. I bambini sono i destinatari, non solo della sezione a loro dedicata sul sito web istituzionale, dove Forestatino, un cartoon nato da[a penna di Luca Riva,
li
guida attraverso le tematiche ambientali, ma anche di specifici progetti educativi quali "Bosco a scuola", "Horti Culturati" e "Leggi il bosco". Iattività di prevenzione e repressione dei reati connessi agli incendi viene strutturata in funzione di fattori territoriali e sociali, con un approccio operativo definito a livello provinciate e mirato alle specifiche situazioni. La complessità del fenomeno per la mot-
teplicità delle motivazioni degli incendiari, spesso legate a situazioni di precario utilizzo del territorio e di sofferenza economica e sociale dei contesti rura-
li e montani, richiede la formazione e la speciatizzazione del personale.
A tal fine il Corpo si è dotato di una specifica struttura, articolata nei seguenti dispositivi:
-
N.I.C.A.F. Nucleo Investigativo
Centrale Ambientale e Forestale
-
N.I.A.B. Nucleo Investigativo
Antincendi Boschivi - N.I.P.A.F. Nucleo Investigativo di
Polizia Ambientale
e
Forestale, in
ambito provinciale.
In
contemporanea è stato awiato, in ottemperanza a quanto stabitito dalla legge quadro, un processo volto a[[a-
dozione
di
nuove metodologie indi-
spensabiti per consentire un attento e costante monitoraggio della situazione
e un'adeguata contrapposizione awaIendosi della collaborazione degti enti di ricerca e delle università. Tra esse meritano attenzione le sperimentazioni in atto finalizzate alla immediata rilevazione delte superfici
percorse ed alla corretta determinazione delle cause d'incendio.
La georefenzazione degli eventi e la perimetrazione delle aree percorse dat fuoco costituiscono infatti utiti strumenti per la comprensione del fenomeno nei diversi ambiti territoriati e socio economici e per le attività di prevenzione e repressione a tutti i tivelti. Iiattività volta all'individuazione delle cause assume estrema rileyanza per la rendere ancora più efficace la prevenzione; essa viene condotta applicando il Metodo delle evidenze fisiche, che attraverso uno scrupoloso procedimento consente la ricostruzione dellevento e l'individuazione del punto d'inizio delf incendio.
Uevoluzione dellincendio viene ricostruita attraverso la ricerca e l'anatisi degli indicatori dei segni che il passaggio det fuoco ha prodotto sulla vegetazione e sull'ambiente fisico.
La loro corretta interpretazione permette di localizzare i punti d'inizio del fuoco, obiettivo fondamentale del processo investigativo, poiché attraverso essi si rilevano preziose informazioni sulle cause. IJapprofondimento conoscitivo che può derivare dalt'appticazione di tale metodologia rende perseguibili vari obietti-
vi: la
differenziazione territoriale
e
subterritoriale del fenomeno in funzione delle cause, la caratterizzazione delle cause e detle modalità d'innesco, l'analisi motivazionale del fenomeno, l'attuazione di azioni di sorveglianza e di repressione sempre più rispondenti alla "tipicità" territoriale del fenome-
no, la valutazione dellefficacia delle norme e della loro appticabitità. La gravità del problema non permette
di
omettere alcuno sforzo ai
suo contenimento,
il
fini
det
Corpo Forestale dello Stato ne è assolutamente consapevote ed ha pertanto awiato un processo di rinnovamento strutturale, di qualificazione professionale e di spe-
cializzazione tecnica, per garantire la
tutela dellambiente e dell'incolumità pubblica che, per essere realmente efficace, deve essere incentrata sulla prevenzione.
Natura
in §ardegna n'26 - 2005
13
Come prevenire
gli incendi:
il ruolo degti operai forestali Intervento tenuto aI convegno "Conoscere e difendere i boschi" tenuto all'Abbazia di Vallombrosa il 9 e 10 giugno 2005
a
el ringraziare la Fondazione VaIlombrosa e Ia Consulta Nazionale Foresta Legno di avermi invitato partecipare a queste giornate, cosi
dense di interventi e contributi nelle materie forestali in senso lato, desidero
preliminarmente chiarire che avevo preparato un intewento non esattamente incentrato sulla tematica relati-
va agti "operai forestali" ed al
loro ruolo, dato che da tempo il quesito fondamentale all'ordine del giorno della nostra esperienza regionale è rivolto non tanto al potenziamento delle tecniche di spegnimento ma soprattutto al creare le premesse perché gli incendi, come meglio dirò più avanti, si riduca-
no decisamente di numero. E per farlo, desidero partire da una premessa di ordine storico, riportando Ia nostra attenzione ai secoti dellAlto Medioevo (IX-XI secolo), proprio negli anni in cui i Vallombrosani, il cui Abate Padre Lorenzo Russo oggi ci ospita, si insediavano in Sardegna por-
tando luci e occasioni di apertura culturale di non poco rilievo. Bene: in quegli anni si consolidavano, e venivano esplicitamente trasformati
14
tr{atuxa
in §ardegna n'26 - 2005
in
scritti e organici, talvolta d'avanguardia
codices rurales
avanzati
e
rispetto alle norme vigenti nell'ItaLia "continentale", le cosiddette "Cartas de Logu" il cui significato equivalente odierno è, né più né meno, di Costituzione delto Stato: stiamo parlando di quell'originale sistema "statuale" (superiorem non recognoscens) che furono i Giudicati (di Arborea, di GalIura, di Caralis, di Torres) nati dopo iI progressivo abbandono delt'isola da parte dei Bizantini (VIII secolo d.C.), aI quale abbandono i sardi risposero producendo forme autonome di organizzazione della vita delle campagne e
delle città non meno importanti di quelle delle più famose città marinare di Genova, Pisa, Barcellona, con le quali intessevano forti rapporti di
Sono appena passati esattamente sei-
cento anni (1403-2003) da quando moriva Ia giudicessa Eleonora dArborèa, ultima grande epigona delle vicende storiche giudicali.
La sua fama è legata, tra l'altro, alla versione finale della Carta de Logu di
cui è pervenuto un manoscritto spagnolo del 1500 circa, in cui la materia degli incendi, elaborata peraltro anche
negli anni precedenti da suo padre Mariano IV, è organicamente trattata come materia penale rilevante reati del tempo.
tra i
Era previsto t'obbligo di realizzare idonee fasce parafuoco (doha) entro il giorno di san Pietro (24 giugno) e iI
riferimento specifico ed affatto origina-
divieto di bruciare prima della giornata di Santa Maria (8 di settembre); chiunque in tale periodo di divieto avesse appiccato fuochi era severamente punito; Ioriginalità della norma prevedeva, nel caso di mancata individuazione del colpevole, il ricorso ala responsabitità co[ettiva del villaggio dove Iincendio o Uaccensione non lecita si verificava: ciascun abitante del vitlaggio, il "curatore" (sindaco) e i giurati della villa
le agli incendi (0rdinamentos de fogu).
erano corresponsabili della sanzione.
alleanze commerciati e militari. de Logu" in questa sede importa non tanto per llaffascinante (e poco conosciuta nei libd di
Il richiamo alle "Cartas
scuola) vicenda di autogoverno che quegli anni impropriamente definiti "bui" produssero, ma soprattutto per il
E ben vero che tale richiamo alla responsabilità collettiva non ha impedito, nel corso dei secoli, iI reiterarsi degli incendi come gravi fatti ai danni del patrimonio collettivo (si tegga, ad esempio: Tra cronaca e storia le vicende del patrimonio boschivo della Sardegna,
Enea Beccu, Carlo Delfino Editore, 2000); tuttavia è documentato che quelle regole di controllo e di deterren-
za durarono anche sotto gli ordinamenti degli Aragona e dei Castiglia fino al 1700 circa, sotto forma di Prammatiche, e che tale stabilità giuridica abbia in qualche modo consolidato il principio della partecipazione comune alla prevenzione ed all'estinzione degli incendi una volta insorti, dietro l'avvertimento lanciato attraverso le campane del villaggio. A solo titolo di esempio, si citano le Suppliche detla Villa di Tempio nel Parlamento sardo del 1.687, convocato dal Re Carlo II e presieduto dal Duca di Monteleone, dove il Sindaco detta Città di Tempio chiedeva: ".... che essendo sconveniente per la Gallura il punto dell'8 settembre segnato dalle Prammatiche per mettere i fuochi, si potessero
anticipare
di due mesi ffinchà
Ie
bestie non fossero impedite dalle trop-
pe macchie a trovare
il
pascolo".
Il
Viceré faceva rispondere senza indugio "Che si osservi la Reale Prammatica". Come dire: le regole di prudenza con-
suete non possono essere derogate (dal Dizionario Geografico-Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M.
il
Re
di Sardegna, di Goffredo
Torino, 1833-1856, Maspero,
Casalis, Cassone,
Marzorati)
Uintroduzione svolta non paia troppo fuori dal tema, e si rifletta sul fatto
che l'argomento della partecipazione collettiva alla prevenzione del fenomeno ed atla riduzione del numero complessivo degli incendi costituisce, oggi più di ieri, la strategia fondamentale su cui incentrare l'attenzione. Nel passato più recente, e direi fino ad oggi, il problema degli incendi boschi-
vi è stato affrontato in termini
emer-
genziali, con un continuo ricorso atl'incremento delle forze in campo e alla tecnologia: tutto ciò, se è necessario in alcune fasi del processo è spesso diven-
tato atibi di deresponsabitizzazione.
A partire dal 7974 la Regione Sardegna, attraverso il Corpo Forestale (diventato poi nel 1985 C. F. e di Vigi-
lanza Ambientale) ha sperimentato modelli e tecniche di spegnimento degli incendi, diventando punto di riferimento nazionale. Gli anni '80/'90 hanno visto un'evoluzione "tecnologica" (elicotteri, sistemi di "monitoraggio elettronico") ed un incremento delte forze in campo (oggi si contano fino a 13.000 persone coinvolte in forme diverse nella struttura di prevenzione e spegnimento), ma il numero complessivo degti incendi
(circa 2800-3000 ogni estate) non accenna a diminuire. È diminuita invece negli ultimi anni la superficie media boscata bruciata per
incendio, il cui valore si attesta intorno ai 6,0 ha (in questo mi permetto di dissentire dai dati riportati nella pubblicazione del CFS presentati in questo convegno, che presentano la situazione della Sardegna in termini di estrema precarietà, indicando in 16,2 ha la superficie media): testimonianza di
una migliorata capacità di reazione della struttura che, tuttavia, non può coprire lluniverso degli eventi. Per questo il CzuA da anni si interroga sulle strategie ed a questo proposito ha organizzato e svolto nel maggio 2004 un convegno a Cagliari dal titolo "Incendi boschivi e rurali in Sardegna: dalìjanalisi delte cause aIIe proposte di intervento"; un grande sforzo è stato fatto per portare un contributo alla conoscenza di un fenomeno che non può essere sempre e semplicemente definito criminale ma che troppo spesso è legato a fattori di colpa e sottovalutazione dei pericoti del fuoco nelllespletamento di normali attività agricole, metalmeccaniche, di trasporto. di manutenzione etc. II CFVA dal 1994 ha attivato, primo in
Italia, Nuclei Investigativi contro gli incendi boschivi e specifici protocolti di indagine che rapidamente sono diventati modello operativo in tutte le Procure dellisola ed esempio anche per
altre regioni ed altre forze di polizia con cui
il
CFVA
collabora.
Anche
in questo
Natura
in §ardegna n"26 - 20C5
senso l'esperienza regionale aiuta a formulare le premesse per la risposta alla domanda che è stata posta. 15
Dal 1"994 ad oggi sono state redatte
a
cura delle 80 Stazioni CFVA e dei Nuclei
Investigativi oltre 7500 comunicazioni di reato, che hanno contribuito a definire almeno 16 tipologie di cause colpose e almeno 19 tipologie di cause dolose: anche da questo punto di vista non si condivide l'informazione foririta dal CFS sul[ammontare del 100% di cause d'incendio indefinite in Sardegna; al contrario, la determinazione e il forte radicamento nel territorio regionale del personale det CFVA consente di superare luoghi comuni e false interpretazioni sul fenomeno degli incendi (terrorismo etc.) che, soprattutto in estate, imperversano sui media. I risultati delle conoscenze in merito portano a dire che: - Non si può inseguire l'aumento degli
incendi con l'aumento delle forze in campo e delle tecnologie; la sogtia organizzativa raggiunta costituisce iI massimo da non superare se non si vuoLe alimentare un peruerso ciclo di ulteriori aumenti di incendi in funzioassumere o di nuove tecnologie da adottare; - Occorre attivare azioni preventive per ridurre o impedire llinsorgenza degli incendi: ogni evento infatti può rapi-
ne del personale da
damente degenerare e non
essere
tenuto sotto controllo da una pur sofisticata struttura antincendi; i dati statistici dimostrano che oltre it 90 % degli incendi viene tenuto sotto controllo da una struttura che ha in 12'il tempo medio di intervento su ogni evento e in 8-10 ha la superficie media
totale bruciata; ma lo 0,6% di casi determina incendi con dimensione superiore ai 200 ha, e circa l'80% del totale dei danni in giornate caratterizzate da venti eccezionali e temperature elevatissime.
Gli incendi non sono una materia da delegare agli "esperti" (salvo le doverose esigenze di alta professionalità nelle operazioni) ma da condividere come problema sociale (la "responsabilità collettiva") con tutte Ie pieghe del
mondo civile:
è per questo che nel
corso delf inverno/primavera si realiz-
16
§atura im §ardegna n"26 - 2005
zano incontri e si definiscono accordi con iI mondo del volontariato (ancora poco sviluppato), iI mondo dei cosiddetti "barracelti" (una sorta di polizia rurale privata autoctona, nata per prevenire il furto di bestiame in campagna e oggi disponibile ad una presenza di prevenzione: si tratta di circa 5000 uomini in Sardegna), gli EE.LL. per tutti gti obblighi di messa in sicurezza delle pertinenze stradali, luogo chiave di insorgenza del fuoco, fENEL, I'ANAS, le ferrovie, i gestori dei villag-
gi e campeggi turistici etc. Non rimane a questo punto che trattare il tema specifico: "Il ruolo degli operai forestati nella prevenzione". Abbiamo sentito i numeri e le problematiche esposte dai colleghi delle altre Regioni e necessariamente debbo rappresentare la realtà della mia Regione: in Sardegna dal gennaio 2001 è operativo I'Ente Foreste della Regione Sardegna che, nato con la L.R. 24/7999, costituisce più grande datore di lavoro
il
pubblico dell'isola: circa 7.000 operai ed impiegati che gestiscono 220.000 ettari di foreste demaniali, terreni pubblici in gestione trentennate e terreni privati sottoposti ad occupazione temporanea che fino al 2000 erano gestiti dal CFVA. Nel Piano di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi approvato dalta G.R. con deliberazione giugno u.s. personale dell'E.F.R.S. impegnato nelta campagna
dell'l
I
iI
AIB è pari a n. 41-1.5 unità: si tratta sopratutto di conduttori ed addetti di autobotte, operatori di lotta, vedette,
oltre che funzionari che collaborano nelle Sale 0perative provinciali
(COP).
La struttura così dimensionata è nata
in
modo diffuso per coprire t'intero territorio regionale in modo da riuscire a ridurre il tempo di intewento su ogni incendio in un arco cronologico non superiore a 15' (in realtà il risultato è attestato su un tempo inferiore), ma
in
particolare modo
sui territori
\
Fondare Ia prevenzione degli incendi sull'elemento "esclusivo" o "prevalente" degli operai forestali, per concludere, non pare, a chi scrive, cosa utile: Ia lotta attiva richiede certamente una forte professionalità e non f improwisazione volontaristica; in questo senso costituire nuclei di operai forestali sempre più specializzati è cosa buona e giusta per la fase dell'awistamento e dello spegnimento, anche se nei prossimi anni maggiore attenzione dovrà essere dedicata atle magnifiche profes-
sionalità anche nell'awistamento
e
spegnimento dimostrate dai pochi (in
Sardegna) gruppi di volontariato antincendi e dalle Compagnie Barraccellari (diffuse nel nuorese e nel centro-nord Sardegna). Ma per la prevenzione ritengo che altre siano le strade da seguire: e devono essere strade di ricostruzione della responsabilità collettiva, a partire dal singolo cittadino che deve adottare comportamenti virtuosi nell'evitare, prima che nascano, gli incendi; ancora di più, i comporta-
menti preventivi delle
di
pubbliche amministrazioni, che dovranno redigere appositi piani comunali antincendio in cui dettagliare e realizzare tutte le opere di difesa passiva preventiva (fasce antincendio, raccolta di rifiuti
comando, assegnata per legge al Corpo
di una complicazione nel passaggio degli ordini di attacco al fuoco; in qualche modo - ed in alcuni casi è anche stato acclarato, anche se si tratta di patologie - finsorgenza di incendi è talvolta tegata a probtematiche di conflitto interno ai cantieri (Iicenziamenti/non assunzioni; passaggi di qualifica; ordini di servizio non accettati etc.). Ma Ielemento più drammatico è connesso alla "deresponsabilizzazione" della società civile sugli incendi: "non vado a spegnere perché ci sono già quelli che sono pagati per farlo"; cosi come spesso le stesse squadre di lotta si ritirano in buon ordine dal fronte detlo spegnimento all'arrivo del Canadair (per "prometeica vergogna" come è stata definita dat filosofo Placido Cherchi al Convegno di Cagliari) rinun-
vicenda det mancato decollo del Catasto dei terreni percorsi dal fuoco, che i Comuni solo in minima parte stanno adottando: il ruolo del CFVA in questo senso è necessario per la capacità e t'autorevolezza che in questi anni è stata messa in campo nella realizzazio-
forestale e di V.A. e che durante 1'emergenza di tutto necessitano fuorché
ciando ad un'efficace conclusione della operazione.
incendiati in ausilio ai comuni.
boschivi
maggiore importanza (le
foreste demaniali, nazionale,
i
Ie aree a
parco compendi ad alta presenza
turistica etc.). Si tratta
ti,
in genere di operatori
compresi
esper-
gli stagionali che
negli
anni hanno realizzato buone sinergie con Ia struttura del CFVA; e tuttavia, pur considerando Ie personali capacità che io stesso nel corso degli anni ho potuto apprezzare e verificare sul campo, si sono determinate delle forti rigidità che non aiutano a migliorare Yorganizzazione: parlo in particolare di atcuni istituti contrattuali (integrativi) che paradossalmente potrebbero essere portatori di interessi alla persistenza del fuoco anziché alla sua rapida estinzione; istituti che complicano
anziché semplificare
ta linea
di
infiammabili, soprattutto dalle strade etc.); ancora, in ogni attività economica (agricola, turistica, artigiana, etc.) dovranno essere sempre più rese obbligatorie modatità intrinsecamente
autoprotette dagli incendi;
in
Sarde-
gna. rispetto a questo tema, è in carico al Consiglio Regionale una legge di
recepimento della L. 353/00 e di un suo adattamento alla situazione regionale; tra gli altri problemi da risolvere anche con questo strumento è l'annosa
ne digitale delle carte dei terreni
ldatura
in §ardegna :l'26 - 2005
77
sufficienti per perseguire a lungo ter-
paese a ridurre le emissioni di gas serra
mine I'obiettivo stabilito nella Convenzione Quadro, di impedire interferenze
del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 entro il periodo compreso fra il 2008 e iL201,2. La Legge 1,20/2002 prevede tra Ualtro che il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con gli altri ministeri competenti, presenti un piano d'azione nazionale per la riduzione dei gas serra e Iaumento del loro assorbimento per raggiungere al minor costo Iobiettivo preposto. AII'ItaIia è stato attribuito, con riferimento al 1990, un livello di emissioni nette pari a 521 Mt C02. IJobiettivo di
antropiche pericolose per
il
sistema
climatico. Pertanto si rispose adottando il "Mandato di Berlino", aprendo un giro di consultazioni per rafforzare gli impegni presi da parte delle Parti dellAllegato I. A seguito di ciò si giunse, nel 1997, all'importante Conferenza di Kyoto (COP 3) in cui i paesi industrializzati si impegnarono a ridurre le emissioni di gas serra per il periodo 2008-2012 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990.
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Stati, con I'adozione
della
Convenzione Quadro deLle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici nel 1992, riconobbero il ruolo delle attività antropiche come causa princi-
TaIi impegni sono giuridicamente vincolanti per i Paesi aderenti aI Protocol1o di Kyoto. Il Protocotlo di Kyoto sarebbe entrato in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 Parti
della Convenzione lo avessero ratifica-
pale dell'aumento dei gas responsabili delleffetto serra nell'atmosfera. Con ciò si stabilì [a necessità di awiare
to, e tra questi i paesi svituppati le cui emissioni totali di anidride carbonica rappresentano almeno it 55% detla quantità totale emessa nel 1990. Con Ia ratifica det Protocollo di Kyoto
società, attualmente imperniata nello sfruttamento delle risorse naturali, ed in particolare nell'utilizzo delle fonti
da parte della Russia in occasione del COP 10, tenutosi dat 6 al 17 dicembre
un'inversione di tendenza in quelle che sono le modalità di sviluppo detla
energetiche fossili (petrolio, carbonio, gas naturale ecc.) principali responsabili dell'aumento negli ultimi 150 anni del tasso di concentrazione di gas serra (GHG), per la massima parte C02.
In particolare si
riconobbero, come maggiori responsabili di tale situazione, i paesi più svituppati (Parti incluse
aIIAIIegato I), produttori da soli del 75olo delle emissioni mondiali. Per tale motivo si decise di mantenere le emissioni dell'anno 2000 al livelto del 1990. Con la prima Conferenza delle Parti
di Berlino, fu
chiaro che gli impegni assunti non sarebbero stati (C0P1)
18
Natura
si è attestato pertanto a
#€ ffipmtrm ffi ffwffiffis€ffi
(prima parte)
Ii
riduzione
in §ardegna n"25 - 2005
2004 a Buenos Aires, si è superato, con
il
61.,6'1"
delle emissioni prodotte, llo-
biettivo preposto (fissato at 55%) ed il Protocollo di Kyoto è entrato ufficialmente in vigore nel marzo 2005. Ladesione delt'Italia at protocollo di Kyoto si è concretizzata di fatto con Ia promulgazione della Legge 1 giugno 2002, n.120 di recepimento detla Decisione del Consiglio del 25 aprile 2002, n. 2002/358,/CE, riguardante la ratifica a nome della Comunità Europea del
Protocollo di Kyoto, allegato alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Con ciò si è determinato ìlimpegno del
quello di emettere al massimo 487 Mt C02 nel periodo 2008-201.2, calcolato come media annuale del periodo. Il "gap" da colmare come riduzioni assomma pertanto a 34 Mt. Con la Delibera CIPE 723/2002 è stato
però accertato che, invece di ridursi, nel 2000 le emissioni sono aumentate a 546,8 Mt, e Ia previsione di emissione per il 2010 è pari a 579,8 Mt. Pertanto it valore di riduzione reale cui è necessario puntare per raggiungere
Io-
biettivo prefissato, che rimane fermo a 487 Mt di emissioni massime annue, è pari in realtà a 93 Mt anzichè le 34 previste.
Il
Protocollo
di Kyoto (art. 2 par. a)
prevede che le strategie per ridurre il livello di emissione di gas serra possa-
no
comprendere diverse modalità settori di intervento:
I)
e
Miglioramento dell'efficacia energe-
tica in settori rilevanti dell'economia nazionale;
D
Protezione
e
miglioramento dei
meccanismi di rimozione e di raccolta dei gas ad effetto serra, non inctusi nel ProtocoLlo di Montreal, tenuto conto degli impegni assunti in virtù degli accordi internazionali ambientali; pro-
mozione
di
metodi sostenibili di
gestione forestale, di imboschimento e di rimboschimento; IiI) Promozione di forme sostenibili di
agricoltura, alla luce delì"e considerazioni relative ai cambiamenti climatici; IV) Ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utitizzazione di forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e l'isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative compatibili con I'ambiente V) Riduzione progressiva, o eliminazio-
ne graduale, delle imperfezioni mercato, degli incentivi fiscali,
del delle
esenzioni tributarie e di sussidi, che siano contrari all'obiettivo della Convenzione, in tutti i settori responsabili
di emissioni di gas ad effetto serra, ed applicazione di strumenti di mercato; VI) Incoraggiamento di riforme appropriate nei settori pertinenti, al fine di promuovere politiche
e
misure
che
limitino o riducano le emissioni dei gas ad effetto serra non inclusi nel Protocollo di Montreal; VII) Adozione di misure volte a timitare ef o ridurre le emissioni di gas ad effetto serra non inclusi nel Protocollo di Montreal nel settore dei trasporti;
Limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano attraverso il suo recupero ed utilizzazione nel settore della gestione dei rifiuti, come pure nella produzione, il trasporto e la distribuzione di energia.
In
pratica
il
raggiungimento della
diminuzione di gas serra si può attuaprincipalmente attraverso due
re
modalità: riduzione delle emissioni, soprattutto originate da combustibile fossile, ed aumento della capacità di assorbimento nei sistemi ambientali. Con la Settima Conferenza delle Parti alla Convenzione 0uadro sui Cambia-
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t9
menti Climatici (C0P7), tenutasi a Marrakesh dal 29 ottobre al 9 novembre 2001, è stato riconosciuto tra t'altro: iI ricorso illimitato ai tre meccanismi di flessibilità istituiti dal Protocollo di Kyoto, per integrare Ie azioni nazionali con la reabzzazione di azioni comuni tra paesi dellAllegato I (Joint Implementation- JI), o mediante la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo non facenti parte dettAllegato I (Clean Deve-
lopment Mechanism-CDM), oppure attraverso
il
commercio internazionale
dei permessi di emissione
(Emissions
Trading - ET); quest'ultimo meccanismo è attuabile dal Paese facente parte del-
I
soltanto a conseguimento dell'obiettivo di riduzione; il ruolo delle attività di gestione forestaIAllegato
le, di gestione dei suoti agricoli e pascoli e di rivegetazione al fine det raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto, purchè tali attività risultino addizionali, siano indotte dallattività umana e abbiano avuto inizio dopo il 1990; in particolare è stato posto un
limite per ogni paese alUadozione dello strumento della gestione forestale, pari al'l.5olo dell'incremento netto dello stock di carbonio delle foreste gestite. Per ITtalia è stato fissato in misura pari a 0,18 Mt di carbonio per anno (equivalente a
20
Natura in §ardegna n"26 - 2005
0,66 Mt di C02), vatore contestato dalle autorità italiane come nettamente inferiore rispetto al reale patrimonio forestale nazionale e allentità delle foreste
gestite (in particolare il Governo è intenzionato a far riconoscere come "gestite" le foreste sottoposte a regolamentazione delle PMPF). Ciò ha avuto come risultato di ottenere una deroga temporale per procedere alla redazione di un Inventario Forestale aggiornato, UINFC, che dovrà documentare inequivocabilmente entro il 2006 la reale potenziaìità delle foreste italiane; - iI ruolo, senza alcuna limitazione, del-
l'assorbimento
di
carbonio ottenuto
mediante interventi nazionali di afforestazione e di riforestazione svolti a par-
tire dal 1990, anno base del Protocollo di
Kyoto, per
iI
raggiungimento degli
obiettivi fissati; - il ruolo delle attività di afforestazione e riforestazione nellambito del meccanismo di Ji; - iI ruolo delle attività di afforestazio-
ne e
riforestazione nell'ambito del tali attività risuttino addizionali ed abbiano avuto inizio CDM, purché
dopo it 2000. Su tali attività si applica iI limite delt'l% del valore delle emissioni del 1990, che per IItaIia corri-
spondeacirca5MtC02.
Il
19 dicembre 2002 il CIPE ha approvato Ia revisione delle "Linee-guida" del 19 novembre 1998 (riguardante le
«Linee guida per le politiche e [e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra», che definiscono i criteri, i tempi e Ie azioni per il consegui-
mento dell'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra fissato dal Proto-
collo di Kyoto e dalle decisioni dell'Unione Europea) e il relativo Piano di Azione Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra (PAN), trasmessi al CIPE dal MATT. La nuova delibera e iI relativo Piano di Azione tengono conto degli etementi e delte decisioni negoziali assunte dalla Settima Conferenza sul Clima di Marrakech (C0P7). Tali elementi riguardano ta possibitità
di "contabilizzare", come riduzione delle emissioni, il carbonio assorbito dalle nuove piantagioni forestali
e
dalte attività agroforestali e di utilizzare in maniera sostanziale i meccanismi flessibili (Clean Development Mechani-
sm, Joint Implementation, Emissions Trading), previsti dal Protocollo di Kyoto). II PAN individua i programmi e le misure da attuare per rispettare t'obiettivo di riduzione delle emissioni dei gas serra attribuito all'Italia secondo iI quale, nel periodo 2008-201.2, le
emissioni dovranno essere ridotte del 6,5%, rispetto al 1990. In particolare, per le misure inerenti la riduzione indiretta delle emissioni
il
ste nel mondo, l'ecosistema con la maggior concentrazione di carbonio stoccato per ettaro. Con lattuale tasso di distruzione, da tale fonte, si ha
PAN prevede
un'emissione di carbonio in atmosfera di circa 2 miliardi di tonneltate annue.
interventi di afforestazione e riforesta-
Uart. 3.3 det Protocollo di Kyoto rico-
zione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e dei pascoli, di rivegetazione. A tali misure, basate sulla capacità delle piante di assorbire C02 dall'atmosfera e di fissarla per periodi più o meno lunghi negli ecosistemi agricoli e forestati, è riconosciuto un potenziale di fissazione di 1.0,2 Mt di C02 equivalenti (in grado quindi di compensare emissioni di gas-serra per una stessa quantità). Per tali interventi è stato previsto 1o stanziamento di circa 527 Meuro.
nosce
attraverso
cità
potenziamento detle capa-
d'assorbimento,
il
inoltre stata prevista la realizzazione dellTnventario Forestale Nazionale e
È
dei Serbatoi di Carbonio (INFC), al.o scopo di poter stimare iI potenziate nazionale di fissazione di carbonio derivante dalla gestione forestale, e del Registro Nazionale dei Serbatoi di Car-
bonio, al fine di certificare i flussi di carbonio nel periodo 2008-201.2 derivanti da attività di afforestazione, riforestazione, deforestazione, gestione forestate, gestione di suoli agricoli, pascoli e rivegetazione. Con Ia nona Conferenza delle Parti di
toi di assorbimento del carbonio dall'atmosfera.
un'area pilota sperimentate per stimare
si per
conseguire la riduzione delle emissioni. Da tale anno si fa riferimento per stimare le variazioni delle superfici forestali utili per essere riconosciute al fine det conseguimento dell'obiettivo di riduzione. Si fa riferimento alle
attività di incremento o
decremento
delle foreste attraverso azioni di affo-
restazione o riforestazione, e delta superficie forestate gestita utile per
attribuire crediti di carbonio. Su tale articolo è stato molto difficile raggiun-
di Bari è stata
attivata
stale.
La delibera CIPE 723/2002 ha stimato assorbimento pari a 1OMton dalle attività di incremento
la possibilità di
forestale e di gestione, secondo quanto
previsto dagli art. 3.3 e 3.4 del Protocollo di Kyoto. Tale misura è da ritenersi sovrastimata. Gli impianti realizzati con il REG. CEE 2080/92 contribuiscono alle attività di afforestazione previsti. La Sardegna,
gere degli accordi nelle Conferenze delle Parti che si sono succedute negli
Marche.
anni, fino alla Conferenza di Marrakech (C0P7) in cui si è raggiunto il con-
(continua nel prossimo numero)
senso decisivo. Le modalità di forest management
per
utili
il
riconoscimento dei crediti di carbonio hanno trovato esplicitazione nel "Good Practice Guidance for Land Use,
Land-Use Change
and
Forestry"
rapporto vengono prescritti metodi di stima delte emissioni e di stoccaggio
quantità di carbonio stoccate dai diversi tipi di sinl« (pozzo di assorbimento di
det carbonio nei sistemi ambientali. le foreste gli schemi si riferiscono al C stoccato nelte diverse parti delle piante in relazione alle specie forestali ed in relazione all'età det soprassuolo. Il teccio risulta essere la specie più Per
efficiente, mentre quella meno adegua-
gio temporanea del carbonio e non restituito in atmosfera, i carbon sinks.
ta aIIo scopo è il pino radiato. Viene inoltre previsto: di conteggiare il C nei prodotti foresta-
trJapplicazione del Protocollo di Kyoto in Itatia ed il ruolo delLe foreste
i metodi di stima det C nel suolo; la definizione di foresta, in base
Attuatmente è stata stimata la presenza di quattro miliardi di ettari di fore-
specificità nazionali; ['identificazione, la localizzazione e la
svolgendo così una funzione di stoccag-
provincia
con circa 10.000 ettari di impianti collaudati, è la seconda Regione d'Italia per estensione delLa misura dopo le
i riferimenti tecnici mediante quali possono essere attribuite le
tale e quale, senza essere combusto,
In
lart. 3.4, definisce la base di riferi- lo stock di C in un contesto agroforemento annuo nel 1990 su cui attestar-
approvati
zia, che per una serie di anni resterà
C;
il
Reporting periodico di monitoraggio det risultati conseguiti.
Milano del 2003, C0P9, sono stati
carbonio), di foresta, di cottura agraria, di pascolo, od anche di prodotti derivati, come iI legname destinato allediti-
anche attraverso l'ausilio di metodologie di Remote Sensing; la stima delle variazioni degli stock di
come serba-
il ruolo detle foreste
(LULUCF) documento di riferimento sottoscritto nel C0P9 det 2003. In tale
i
quantificazione nello spazio delle foreste con documenti georeferenziati,
ti non destinati atla combustione; alle
I{atura in §ardegna n"26 -
2005
27
Quanti chilometri abbiamo macinato lungo strade polverose e sassose, sotto la pioggia e iI caldo feroce, domandandoci se quel tracciato fosse funzionale in caso di una emergenza o di un evento incendiario, se insomma ci consentisse iI controllo del territorio. Eppure questo nostro luogo di lavoro, che nessuno meglio di noi conosce, questa maglia intrecciata che copre tutta l'isola, è un grande teso' ro in grado di raccontare, affinando sensibilitò. e attenzione, la storia antica del nostro passato.
Asfalto? No, grazie uando nel neolitico si diffusero le prime strutture agricole, gli
unici tracciati esistenti
erano
quetli degli sparuti gruppi di cacciato-
ri e raccoglitori paleolitici che dalle
Cristina, Nuraghe Losa, Sant'Antine.
loro capanne giungevano ai luoghi di caccia e di raccolta. Cunicoli nell'intrico vegetale e passaggi nelle pianure paludose che non si distinguevano da quelli delte fiere che all'epoca abitavano ltsola. Cominciò allora dissodamento e il prosciugamento dei campi
Non a caso che
il
con qualche sentiero che favoriva il baratto delle derrate agricole in eccesso. Era un sistema viario frazionato ove non esisteva ancora una concezione unitaria dell'isola madre, come iniziò ad essere con l'awento prepotente della civiltà nuragica. Allora sorsero i collegamenti che unirono la Sardegna
in un sistema viario: strade che servivano al movimento del bestiame ma anche a comunicare notizie e a serrare
le fila in caso di invasione. Si trattava di scambi commerciali di un certo peso, perché la Sardegna si apriva, anche se con diffidenza, aI mare, e 1'economia pastorale delle montagne prendeva a differenziarsi da quella agricola delle coste e delle pianure; il tutto in un generale fermento che alimentava traffici, movimenti di persone e cose, scambi commerciali e culturali interni ed esterni. Ancora oggi è possibile, grazie ad una attenta lettura della cartografia disponibite nelle tavole dell'IGM, individuare tracciati che collegavano due o più
22
Natura in §ardegna n'25 - 2005
monumenti di epoca nuragica e coevi a quella civiltà. La stessa Carlo Felice, strada di epoca romana, tocca atcuni dei più importanti siti nuragici: .Santa
i
romani, certamente,
per collegare Caralis con Turris Lybissonis, utilizzarono il precedente tracciato nuragico. I romani, ancor più dei fenici che si limitarono a scambi e traffici marittimi, ancor più dei cartaginesi che erano interessati al granaio del campidano e alle miniere del Sulcis, stesero una
fitta rete di
strade, un
dominus di accampamenti e postazioni militari. Ecco riaffiorare, ancora oggi, nelle campagne del Logudoro, del Sut-
cis lglesiente, de[a Planargia e del Meilogu, tratti di percorsi lastricati, pietre miliari e numerosi ponti (alcuni in rovina, altri ben conservati). Come in un sowapporsi di lucidi, ancora oggi riemergono dunque le strade della nostra storia, fondendosi tra loro. Da nuraghe a nuraghe, da una rovina romana a un luogo di culto che tale è rimasto dalla notte più fonda dei tempi sino ad oggi, cimiteri, chiese, santuari, luoghi dove si rincorre da lungo tempo la memoria popolare, ripercorriamo tragitti immemorabiti. Cosi riconosciamo a stento, come spa-
gnola, la strada che dal villaggio porta al santuario del Seicento, in quanto
possibite prosecuzione spirituale di una tomba dei giganti, di un pozzo sacro nuragico, magari sovrapposta alle rovine di una chiesa romanica di
epoca giudicale. Le strade della transumanza, che ancora raccordano gti altopiani estivi con i tiepidi pascoli inver-
nali dei Campidani e delle
Baronie, sono una tale costante nella storia, da
essere disseminate
di tracce e
segni
monumentali di tutte le epoche. Oggi la Sardegna vive un periodo della sua storia di profonde, e traumatiche, trasformazioni. Come in gran parte del mondo occidentale, anche
l'industria subisce
i
in
Sardegna
colpi
di una
profonda crisi, dovuta principalmente a nuove realtà che si affacciano sul mercato con costi di produzione più bassi. Il comparto agropastorale, che per ragioni di mercato internazionale beneficerà sempre meno di aiuti e con-
tributi, vive allo stesso modo una situazione difficile. IJEuropa ci chiede capacità di competere piuttosto che di assorbire contributi a fondo perduto, e questo mentre la Regione si indebita, con politiche di spesa sbagliate e scor-
rette, politiche di non investimento, che non hanno portato sviluppo e non hanno risolto nessun problema strutturale dell'economia. Con la crisi mondiale delf industria e le
difficoltà del comparto agricolo e si guarda oggi aI turismo
di un
elemento caratterizzante (un
nuraghe, un panorama, un bosco) ad un altro. Invece iI viaggio, il percorso,
nel turismo naturalistico, è il motivo stesso del viaggio, dove l'esperienza è costituita dal mezzo di locomozione (a piedi, in mountain bike, a cavatlo, in
fuoristrada) e dalla suggestiva alternanza di immagini e sensazioni in
movimento: il penetrare nel fitto di una lecceta, la vista in lontananza di un branco di mufloni aI galoppo, il volteggio in cielo di un raro rapace, t'apparire improwiso dell'orizzonte marino. Ecco quindi che le nostre strade storiche e a fondo naturale, le stesse che
ieri servivano il nuraghe, riutiliz-
zate dagli antichi romani per estendere il proprio dominio, Ie strade utitizzate dal pastore per la transumanza e dal pellegrino per raggiungere iI santuario (e utiti al forestale di oggi per tutelare e proteggere il territorio),
sono attualmente uno straordinario strumento di sviluppo turistico della regione, un vero e proprio patrimonio che aumenterà di valore anche per la sua rarefazione, minacciata dalìiinvadenza scriteriata dell'asfalto. Asfalto che troppo spesso non segue le
logiche dell'effettiva utilità, dell'effettivo servizio alla azienda agricola, o alla urbanizzazione di fatto. Troppo spesso la crosta bituminosa segue
logiche a volte incomprensibili, a volte legate a politiche di spesa selvaggia (I'importante è non perdere il finanziamento, quale sia l'utitizzo dei fondi è secondario) o elettorali particolari che non considerano il bene col-
lettivo.
In
Sardegna è sorta recentemente un'associazione,'ASFALT0? N0 GRAZIE!", costituita da personalità della cultura sarda, dello sport e delluniversità, con una significativa presenza di appartenenti al Corpo Forestale, aven-
te lo scopo di tutelare e vatorizzare il patrimonio sardo costituito dalle strade storiche e a fondo naturale. In particolar modo gli aderenti al Corpo Forestale non faranno mancare, grazie alla professionalità e alìiattaccamento alla propria terra che li contraddistingue, suggerimenti e interventi di servizio in caso di rischio ambientale o illegatità paese. Tutte Ie segnalazioni del caso possono essere comunicate ai seguenti indi:rizzi: asfaltonograzie@tiscali.it e fi orcater@tiscali.it).
pastorale,
come un settore che avrà un crescente
ruolo di traino per l'economia. il turismo naturalistico e culturale ha indici di crescita eccezionali. E la Sardegna si sa, è terra di turismo, di natura e di cultura. Anche per il turismo scontiamo scelte politiche discutibiti, fondate su un generalizzato incentivo dell'offerta con il risultato di dequalificare il bene turistico più importante che abbiamo, t'ambiente. Nello stesso tempo si trascurano le Specialmente
peculiarità che
ci
rendono
unici
e
appetibili a quel mercato in crescita: la cultura appunto, la storia, Ie tradizio-
ni, ìlarcheologia. Questo tipo di turismo significa soprattutto itinerari e percorsi. Il limite culturale, infatti, è quetto di concepire il viaggio, Iitinerario, come un momento morto della fruizione turistica, un passaggio neutrale da una visione estatica
§atura in §ardegma n'26 -
2005
23
Tutti gti anni, soprattutto durante la stagione estiva, si ripete il dramma degli incendi. Centinaia, migliaia di ettari di vegetazione vanno letteralmente in fumo a causa di roghi più o meno dolosi. Con l'introduzione del numero verde 1515 it rapporto tra istituzioni preposte alla salvaguardia del patrimonio ecologico e cittadini si è fatto sempre più stretto. Ma non basta. Occorre radicare nella mentalità comune l'opinione che iincendio non è solo un danno arrecato alla natu-
bandiscono un concorso tetterario che vedrà protagonisti tutti coloro che hanno a cuore il problema del[ambiente. I partecipanti dowanno elaborare brevi racconti incentrati sulla tematica degli incendi. Le composizioni saranno valutate da un'apposita giuria che premierà i testi migliori. Successivamente saranno scelti alcuni brani da inserire in un libro volto a promuovere ia campagna antincendi. La finalità del concorso è quella di dare parola ai non addetti ai tavori e carpire, attraverso
ra, ma un vero e proprio disastro che si ripercuote non solo nell'immediata devastazione causata dal passaggio delle fiamme, ma anche sul futuro dell'ecosistema che erediteranno i nostri figti e nipoti.
migliorare le future campagne contro il fuoco, le tecniche investigative, la comprensione delle cause del disagio che muove la mano dei piromane.
gli scritti, elementi utili ed indizi che permettano di
Per questo la ASS.F0R. e la rivista Natura in Sardegna,
REGOLAMENTO
1) 2)
Il
concorso è aperto a tutti, senza alcun Per partecipare al concorso occorre:
limite di età.
a) inviare un racconto incentrato sulla tematica degli incendi
3) 4) 5)
6) 7)
s) e) 10) 11)
b) essere abbonati alla rivista Natura in Sardegna. Labbonamento annuo alla rivista .Matura in Sardegna (12 numeri), dal costo di € 30, dovrà essere sottoscritto tramite versamento sul CCP 21970090, intestato atta ASS.FOR, c.p. 50, Caqliari Centro. 11 testo inviato non dovrà superare le sei pagine. Non si accettano manoscritti. È prevista una sezione per gli studenti delie scuoie elementari, medie e medie superiori con una categoria di premi loro riservata. GIi atunni che intendono partecipare dovranno semplicemente esibire la copia deta ricewta di abbonamento sottoscritta dalla propria scuola o istituto. I racconti dovranno essere inviati alla ASS.FOR. Concorso Letterario Un fiume di parole per spegnere gli incendi, c.p. 50, 09 1 24 Cagliari. oppure atl'indirizzo e-mail assfor.it@tiscalit.it Per essere accettati gli elaborati dovranno essere completati dail'autore con le proprie generaLità anagrafiche e andrà allegata copia delLa ricevuta di abbonamento alla rivista Natura in Sardegna. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 30 aprile 2006, data ultima per l'accettazione del materiale inviato. I testi recapitati successivamente non verranno presi in considerazione. Tutti i lavori saranno sottopostì aL giudizio di una Giuria qualificata e nominata dall'ente promotore del concorso. Il giudizio della Giuria sarà inappellabile. La Giuria si riunirà Àntro it 6 maggio 2006 e sceglierà i 30 testi che confluiranno nel libro sugli incendi. Venti di questi testi saranno prescelti tra quelli p.ru.nrti dalla categoria scolastica. Il giorno 1 giugno 2006, durante la manifestazione organizzata daila ASS.F0R, sarà data comunicazione dei vincitori.
Premi
€ 1.000 e 15 copie
del volume Un fiume di parole per spegnere gli incendi. 2o classificato: € 500 e 10 copie del volume. Dal 3o al 10o classificato: pubblicazione del proprio lavoro sul volume e 5 copie dello stesso. 1o classificato:
Categoria scolastica classificato delle scuole elementari: buono acquisto ai c sOO e 15 copie del volume Un fiume di parole per spegnere gli incendi. In questa categoria verranno prescelti altri quattro racconti da inserire nel Libro. 1o classificato delle scuole medie: buono acquisto di € 600 e 15 copie dei volume. In questa categoria verranno scelti altri quattro racconti da inserire nel libro. 1o ctassificato delle scuole superiori: buono acquisto di € 750 e 15 copie del volume. In questa categoria verranno scelti altri nove racconti da inserire nel libro. 1
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Wmffiffi.ffimfuw ffiffiffiffi&§ru€€mfum Mffi %w&mffim #mffi&-mffifu€ffiffiffm (prima parte)
egli uttimi decenni gli ordinamenti di tutti i paesi europei hanno accentuato Uattenzione verso i problemi di tutela dell'ambiente. Ciò è awenuto grazie all'intervento delllJnione Europea che ha svolto in questo settore una funzione di sensibilizzazione e dorientamento delle politiche nazionali, verso obiettivi comuni di tuteia, quali i problemi posti dalllhabitat in cui vive [uomo. Ilapproccio della Comunità europea alle tematiche ambientali è cresciuto parallelamente alla crescita stessa della comunità; si è avuta un'evoluzione che ha influenzato la visione dell'ambiente fortemente legata alf idea principale del
ffi
Natura
in
§ardeqma
n'26 - 2005
25
miglioramento delle condizioni di vita delluomo, come esposto nella prima versione del Trattato istitutivo delle Comunità Europee, in un pieno ed indipendente riconoscimento del bene ambientale in quanto tale. Purtroppo, nessuna norma del Trattato fornisce una definizione d'ambiente e, per questo motivo, atcuni autori 1o indi-
viduano come settore nel senso di "ambito di riferimento unitario", mentre altri ritengono che tale nozione debba essere rinvenuta sulla base degli
obiettivi dell'azione ambientale, in
l'art.174 (ex art. 130 R) del Trattato. Mentre untmpostazione metagiuridica costruisce l'ambiente come rapporto di
relazione tra I'uomo ed una pluralità
d'elementi esterni, naturali
(i
c.d.
componenti della natura, cioè, i terreacque, la vegetazione, ...) od
ni, le
artificiali (le forme d'intervento il foro romano), sulla
umano, ad es.,
base d'indirizzi estetici, storico-filosofici, potitici ed economici, invece, tra i giuristi vi è un consenso unanime net considerare l'ambiente un bene fondamentale comune, da proteggere contro
tutto ciò
aggressioni che possono superare age-
che venga ritenuto essenziale al raggiungimento degli obiettivi previsti nel-
volmente le frontiere nazionali. In ambito nazionale, è stata partico-
modo da considerare ambiente
26
Natura
i* Sardegna
n'20 - 2*lr
larmente significativa la sfera dett'intervento penale, il quale impiega frequentemente incriminazioni costruite
intorno al requisito dell'inosservanza di precetti amministrativi, al cui rispetto è subordinato lo svolgimento delt'attività punitiva pericolosa per l'ambiente.
Le riflessioni che seguiranno saranno pertanto incentrate su due aspetti: il primo, riguardante la compatibilità dei reati ambientali con il principio di
offensività; il secondo relativo ai diversi tipi di modelli delittuosi. (continua nel prossimo numero)
(prima parte)
el diritto internazionale la protezione dell'ambiente naturale ha sempre avuto grande importanza essendosi già presentata, intorno ai primi anni del 1900, l'esigenza di proteggere alcune specie animali; ciò indusse alcuni Stati a stabilire delle creare,
(caso della Fonderia Trai/Smelter del 7941. fta Usa e Canada), che venne segnato l'inizio della tutela internazionale dellambiente. A tal proposito fu introdotto il concet-
Dunque, inizialmente, la tutela ambien-
to di "inquinamento transfrontaliero", comprendente i casi in cui una sostan-
regole per
ffimffi fu€ffiffiffffi
tale sorse per salvaguardare certi aspetti dell'habitat naturale, ma fu con la protezione delle acque "frontaliere" (tra i fiumi Danubio e Reno) e con la protezione dellatmosfera dalllnquinamento
tali
di
comportamento
ea
specie, zone protette.
ffi ffi ffi
#€m€ffim'€re&mffiffi ffiffi,ffiffiffimffim za dannosa per l'ambiente attraversa una frontiera, nel senso che iI fenomeno ha origine in uno Stato ma produce conseguenze dannose anche nell'ambiente terrestre, atmosferico e marino
di un altro o di altri Stati o in
spazi
non sottoposti a sovranità nazionale. La prevenzione e la risoluzione dei problemi connessi a questo fenomeno
awenuta attraverso
la
è
cooperazione
internazionale tra gli Stati interessati, che ha trovato fondamento nelle norme che regolano i rapporti internazionali di buon vicinato. Alla base dei rapporti di buon vicinato,
si colloca il principio di astensione, il quale afferma che "ogni Stato è tenuto ad astenersi dall'esplicare o consentire sul proprio territorio attività capa-
ci di
ripercuotersi dannosamente sul
territorio altrui". Con la dichiarazione di Stoccolma del 16 giugno del1.972 e ta Carta mondiale della natura del 28 ottobre 1.982, il sud-
detto principio ha assunto una portata
più vasta, dato che si ritiene che
esso
debba essere rispettato specialmente quando te attività svolte sotto il con-
trollo degli Stati possano arrecare danni oltre il confine statale (vedi il caso verificatosi nel 1986, con Uincidente di àernobyt in Unione Sovietica), danneggiando cosi spazi considerati patrimonio dell'umanità (clima, alto
§atura im §ardegna n'26 -
2005
27
mare,
luna e corpi celesti,
spazio
cosmico).
Oltre all'obbligo di non facere o di astensione, assume rilevanza anche
I'obbligo di facere, quale il dovere di prevenzione, consistente nell'adozio-
ne, da parte degli Stati, di quatsiasi misura risulti, appunto, utile a prevenire che determinate attività provochino effetti dannosi. Questo obbtigo è stato previsto in diversi accordi bilaterali e multilaterali, 1a maggior parte dei quati, relativi alla protezione delle acque del Mediterraneo. In essi, è stabilito che qualora sia già causato un danno nei confronti di un altro Stato o di soggetti a questo
sottoposti, compete allo Stato inquinante l'obbligo di cessare o ridurre le
attività che hanno provocato il danno. IJinadempimento dei suddetti obblighi comporta per gli Stati I'ulteriore obbligo di risarcire danni cagionati agli altri Stati. Presupposti necessari per la nascita di tale obbligo sono: Ia presen-
i
za di un danno rilevante e considerevole ed uno Stato responsabile dell'ilIecito internazionate. Nel giugno del 1992 è stata definita a Rio de Janeiro, nell'ambito delta Con-
ferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, la Convenzione
limiti di emissione di
quadro delle Nazioni Unite sut cambia-
superare certi
mento climatico, la quale stabilisce alcuni principi ed impegni generali. I principi più importanti cui essa fa riferimento sono: equità intergenerazionale (in base alta quale il sistema climatico deve essere protetto a beneficio delle generazioni presenti e future); responsabilità comuni ma differenziate (per cui gti Stati sviluppati
ad effetto serra: fintento è di attuare, entro il 2018, una riduzione delle emis-
dovranno assumersi la responsabilità principale nel combattere i mutamenti
climatici); sviluppo sostenibile (in base al quale le misure per prevenire
i
cambiamenti climatici debbono essere appropriate alle specifiche condizioni economiche di ciascuno Stato). Tra gli impegni, si può ricordare quel-
lo
riguardante
Ia
predisposizione
e
I'aggiornamento di inventari nazionali delle emissioni di gas ad effetto serra. Recentemente, la terza Conferenza delle parti tenuta a Kyoto, ha elaborato un protocollo alla Convenzione in cui vengono precisate le misure di controtlo e riduzione delle emissioni relative a sei gas responsabili det cambiamento climatico.
Il
suddetto Protocollo, adottato I'11
dicembre del
1.997 , ha imposto ai paesi industrializzati e ai paesi con economie in via di transizione llobbligo di non
gas
sioni complessive di questi gas, di almeno il 5% rispetto ai livelli det 1990. Dopo lladozione del Protocollo di Kyoto,
vi sono state cinque sessioni della Conferenza degli Stati membri al termine delle quali le parti hanno adottato un insieme di ventidue decisioni che hanno costituito gli accordi di Marrakech.
Gli elementi più importanti che scaturirono da questi accordi sono i seguen-
ti:
fornire aiuti e finanziamenti ai in via di svituppo in materia di
paesi
clima; decidere eventuali permessi di emissione di sostanze inquinanti; stabilire meccanismi di controllo degli obbtighi previsti negli accordi; emanare una dichiarazione sullo sviluppo durevole. Tra iI 2 e il 4 settembre 2002, a Johan-
nesburg si è tenuto un vertice riguardante 1o sviluppo sostenibite del pianeta. In tale occasione i partecipanti si sono prefissi di raggiungere diversi risuttati tra cui figurano: sradicamento della povertà; protezione e gestione adeguata dell'ambiente; arresto della perdita delle biodiversità entro il 2010. (Continua nel prossimo numero)
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Nuoro, presso la Bibtioteca S.$ Satta, Giovedi L3 ottobre si è ,*,4" ;*, tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del Progetto, Interreg IIIA Sardegna-Corsica-Toscana. finaliz-
&
zato alla reintroduzione dellAwoltoio Gipeto (Gipaetus barbatus) in Sardegna. Le azioni propedeutiche alla reintrodu-
zione del Gipeto in Sardegna sono state esposte, nel corso di una conferenza stampa, dal gruppo promotore
t
f,!v
delL'iniziativa.
'
'
:l:1
LlAssessorato al Governo del Territorio,
Ambiente, Urbanistica
e
Protezione
Civite detta Provincia di Nuoro, lAmmi-
nistrazione Comunale
di
0rgosolo,
1'ASS.F0R. Associazione dei Forestali Sardi, l'Ente Foreste Regione Sardegna, il Gruppo 0rnitologico Sardo e iL Comitato pro fauna Sarda, hanno dato ii via
ail'ufficializzazione, con la presentazione alla stampa, delle azioni programmate per I'awio del progetto Gipeto. Sull'argomento, oltre allAssessore allAmbiente Rocco Celentano, al Sindaco di Orgosolo Francesco Meloni, at Coordinatore scientifico del "Progetto Gipeto Sardegna" Carlo Murgia, aL Presidente deLlASS.F0R. Salvatore Scri-
va, sono intervenuti anche il Dr. Chasper Buchli responsabile della Fonda-
qr.
";ifl
zione Svizzera Pro Gipeto, il Dr. Andrea Pirovano co-responsabile del Progetto Life Natura Gipeto del Parco Nazionale
dello Stelvio, e
il
Dr. Arturo 0sio del
Comitato Pro Fauna Sarda. Noto in passato come Awoltoio degli agnelli, il Gipeto in sardo è chiamato
I§etur* àn §xr*cgxa
n"l0 - t0e5
29
Gurturju ossarju. Questo grande rapace si caratterizza per una dieta alimentare basata principatmente sulle ossa di animali. Presente in Sardegna fino agti inizi degli anni'80, con un'ultima nidificazione accertata net Supramonte di 0rgosoto negli anni 1.968-69, è oggi estinto. Viceversa in Corsica, alìiinterno del Parco regionale, sono tuttora presenti dieci coppie che purtroppo, negli ultimi anni, hanno avuto un tasso di natalità molto basso. Anche per questo motivo si è ritenuto importante procedere aI progetto di reintroduzione in Sardegna, in modo da creare le basi per Ia salvaguardia di questo grande rapace creando una continuità territoriale tra le due aree insulari e
consentire la soprawivenza di questa popolazione residuale, unica nell'area del Mediterraneo occidentale. Analogamente a quanto si sta attuando ormai da 25 anni nell'arco alpino
con un progetto internazionale che coinvolge la Francia, la Svizzera, l'ItaIia e lAustria, I'intervento prevede una prima fase di sensibilizzazione rivolta alle comunità locali, della durata di due anni, cui seguirà una seconda fase dedicata alia reintroduzione in natura dei giovani gipeti. ilarea della reintroduzione è stata indi-
viduata nelle province di Nuoro ed Ogliastra, mentre Ia campagna di sensibilizzazione (cacciatori, agricoltori, scuole) interesserà tutto it territorio regionale.
Tra le azioni proputsive più forti per [elaborazione del progetto si ricorda quelta svolta dallAssociazione ForestaIi Sardi che nel corso di questi anni ha elaborato diverse iniziative come la mostra "Diorami del Supramonte: dalla roccia al Gipeto" e varie pubblicazioni sul periodico ambientale della Sardegna Notiziario Forestale. Partner dell'i-
niziativa sono
il
Parco Regionale della
Corsica e quello dello Stelvio.
Il progetto
Gipeto Scopo delfiniziativa è quello di ricostituire una stabile popolazione di Gipeto
nelle aree montane della provincia di
30
Natura in §ardegna n'26 - 2005
Nuoro. Tale progetto quadriennale dovrà necessariamente costituire f ini-
infatti in coppie isolate che possiedono un areale ben definito, all'interno
zio di un più ampio progetto che dovrà:
del quale non è ammesso nessun altro
a)
individuo conspecifico.
garantire una durata pluriennale
con un massimo che dovrà essere stabi-
A
tito in base ai risultati ottenuti dopo i primi quattro anni del presente progetto. Llesperienza della reintroduzione netle Alpi (vedi introduzione) dimostra llimportanza e la necessità di operare
compromesso la capacità di sussistenza
questi aspetti legati all'ecologia della specie si sono aggiunti fattori esterni che hanno irrimediabilmente
su un tungo periodo;
di questa popolazione insulare. Alla fine del XIX secolo era segnalato sicuramente come nidificante nella
b) costituire
presupposti per poter
Sardegna sud-occidentale (Igtesiente),
favorire negli anni a venire il reinsedia-
sud-orientale (Sarrabus), centrate
i
mento naturale in altri territori delf isola dove un tempo Ia specie era presente (Limbara, Sarrabus, Iglesiente); c) dare vita ad una metapopolazione in connessione con quella presente nella vicina Corsica. Nell'isola francese infatti sono attualmente presenti 10 coppie costituite da individui adulti ma con un tasso riproduttivo molto basso (0,19 giovani/coppia/anno). Il presente progetto INTERREG potrà pertanto iniziare a creare le condizioni perché si possa generare nel prossimo futuro un flusso naturale di awoltoio barbuto tra le due isole. Il previsto programma di educazione e sensibilizzazione, che costituisce una componente determinante nell'intera operazione, riguarderà tutto il territorio regionale ed andrà a far parte del più ampio progetto di programmazione
in fatto di educazione ambientale, che vede nelle province i nodi strategici deputati a gestire Ieducazione ambientale nel territorio (Rete INFEA).
(Gennargentu-Supramonte)
e setten-
trionale (Limbara, Monte Albo); numerose le catture e gli awistamenti ripor-
tati nei testi da Salvatori (1865), GiglioLi (1886), Brooke (1873), Klein-
schmidt (1903). Successivamente l'areale riproduttivo è andato ulteriormente restringendosi fino ad arrivare alla metà del XX secolo in cui il Gipeto si riproduceva sicuramente nel Sarrabus e nel massiccio centrale del Gennargentu-Supramonte. Lultimo tentativo di nidificazione accertata nel supramonte di 0rgosolo nel 1.967 / 68. Di sicuro interesse è la documentazio-
ne fotografica prodotta dal fotografo naturalista Domenico Ruju che ritrae f inconfondibile sagoma del Gipeto in
una fotografia reatizzata il 26/3/7977 sul monte Corrasi di 0liena (Nu) e pubblicata nel libro Caro Grifone (1981). Si tratta verosimilmente dell'ultima prova documentata della presenza della specie in Sardegna. Foto Ancora Ruju nel libro "I1 Supramonte" riporta testimonianze risalenti agÌi
1. Analisi storica
anni'50 di un pastore di Baunei
Localizzata nei principali massicci montuosi dell'isola, questa specie era sicuramente non particolarmente frequente, come si deduce leggendo i vecchi autori (Cetti, Cara, Salvatori, Mar-
ricorda numerosi esemplari nella sua zona. Sempre nel Supramonte, riporta di catture fatte con tagliole su commissione per conto di collezionisti stranieri. In tale pubblicazione viene
cialis, La Marmora). Una tale consisten-
riportata anche Ia foto di un Gipeto adulto catturato a Padru (Sassari) nel
za appare del resto comprensibile essendo un awoltoio legato alle grandi pareti rocciose, quindi con Ielemento habitat che agisce già da fattore limitante ed avendo inoltre una biologia riproduttiva sostanzialmente diversa dagli altri vulturidi (coloniali): nidifica
che
1.955-56. Successive osservazioni awenute negli anni '90 nel Nord Sardegna, sono da
attribuire ad individui provenienti dalla vicina Corsica, distante in linea d'aria pochi chilometri.
2. Cause di declino
Le cause di declino sono da ascriversi sostanzialmente a quelle che hanno causato
la
drastica rarefazione dellAv-
voltoio grifone e l'estinzione dellAwot-
toio monaco nell'isola. Per quanto ultimo anello della catena alimentare anche
tra gli uccelli necrofagi, di fatto con una dieta alimentare costituita in gran parte da ossa (intere) e da zampe di ungulati, anche il Gipeto ha risentito negli anni '40 dette campagne di pesticidi contro le cavatlette e della successiva (anni'50) Iotta antimatarica combattuta con il DDT. A ciò bisogna aggiungere Y:utiltzzo da parte degii allevatori della stricnina per la lotta alle volpi ed ai cani rinselvatichiti. Ma sicuramente alla sua scomparsa ha contribuito in maniera determinante un attro importante elemento sicuramente più marcato che per gli altri awoltoi: gli abbattimenti finalizzati al collezionismo.
Per cifre anche consistenti i Gipeti venivano abbattuti ed impagtiati su commissione. A riguardo numerosi sono i casi e le segnalazioni; del resto una parziale indagine ha permesso di risalire a 28 esemplari provenienti dalla Sardegna detenuti a vario titoto presso le Università, i Musei Naturalistici e le collezioni private nell'isola, oltre quelli presenti nei principali musei ed università italiane. Naturalmente non si tratta che delta cima di un iceberg. DaIIa cronologia di questi dati si può notare come te ultime catture siano awenute principalmente nel centro Sardegna (Nuoro). It Gipeto è un animale longevo che può
riprodursi dai 6-7 anni fino ai 30; è una specie che può sopportare un basso tasso di riproduzione ed una forte mortatità dei giovani; ma affinchè la popolazione rimanga integra è necessario che agli adulti sia garantito un tasso di vita elevato. Ecco che così si spiega Iestinzione in Sardegna, dove gti adulti sono stati decimati ne1L'uttimo secolo dal collezionismo e, in minor misura, da bocconi awelenati;
per gli esemplari superstiti è stato
impossibile, vista la strategia evolutiva detla specie, ricostituire una popolazione stabile.
Disponibilità atimentare Pur essendo consapevoli che questa specie necessita di un areale particoIarmente vasto e di fatto tutti i princi-
pali
massicci dell'isola,
una volta
rimesso in natura, potranno essere fre-
quentati, si è ritenuto di calcolare la carrying capacity solo dell'area montana e collinare della provincia di Nuoro ed 0gliastra comprendente
i
massicci
del Gennargentu-Supramonte e del Monte AIbo. Sulla base detle stime effettuate. per quanto soggette a numerosissime ed incontrollabili variabili, si può ragionevolmente dedurre che la componen-
interessata dalf intervento (Supramon-
te,
Barbagie, 0gliastra, Baronie) e quindi allargando allintero territorio
regionale. È infatti indispensabile informare f in-
tera popolazione sulla reintroduzione e periodicamente sullo stato di attuazione del progetto. Con programmi mirati verranno raggiunte in particolare tutte le categorie di persone appartenenti al mondo rurale e della montagna (allevatori, agricoltori, cacciatori, climbers, escursionisti).
Una attività specifica di educazione verrà condotta netle scuole. Saranno
te
utilizzati, previo adattamento alla realtà locale, i modelli pedagogici già ampiamente testati dagli esperti di educazione che hanno lavorato nei Pirenei Spagnoli e Francesi. Verrà quindi sfruttato il sistema dei centri di
dellAwoltoio gipeto sia più che sufficiente per consentire il rinsediamento stabile detle tre-cinque coppie presenti agli inizi degli anni '50 nei massicci
educazione già posto in essere dalla Provincia di Nuoro. Uobiettivo generale del programma di educazione ambientale dovrà vedere il Gipeto come mezzo per far conoscere
alimentare presente nei territori presi in esame per la reintroduzione
e
Monte
ed awicinare i giovani agli ambienti montani, quindi alle attività tradizionati, alla fauna, alla flora ed alle pro-
3. Progetto di educazione e sensibiliz-
btematiche gestionati legate allluso del suolo. Nascerà pertanto un progetto di sensibilizzazione e di promozione per
Gennargentu-Supramonte Albo.
zazione
Uno dei principali requisiti per il successo del progetto sarà dato dalla capacità di sensibilizzazione ed infor-
mazione delle popolazioni nell'area
la gestione concertata della biodiversità dell'area montana de1la Provincia di Nuoro. §atura in §ardegna n'26 -
2005
31
ffimwm&&m€w fumwfum&* per attri risguardi: nel barbato le ale chiuse pigliano quasi tre quarti di
tutta
la lunghezza
detLuccello e giungono fino atla estremità della coda, benchè questa oltrepassi di sette pollici la estremità de'piedi, ed in un barbato, che non aveva se non quaranta pollici di lunghezza, trovai i coltelli lunghi
il
quasi pollici ventinove; barbato adunque ha ale vastissime, e in questo s'assomiglia esso alle aquile, le quati benchè minori di corpo degU avoltoi, hanno nondimeno volo maggiore; nè alle aquile s'assomiglia in questo punto iI moderno percnottero, di cui si scrive, che ha le ale corte. È ancora propio
Tratto da GIi uccelli di Sardegna di Francesco Cetti, Sassari 1776
delle aquile a differenza degli avoltoi, che llartiglio loro maggiore sia quel del
pollice, mentre negli avoltoi llartiglio maggiore è quello del dito esteriore, o almeno esso è uguale a quel del pollice;
su questo punto non trovo nulla di siste
in quarto luogo lAvoltoio
Barbato, cot qual nome ottimamente il chiama Linneo, perché in realtà esso porta la barba, ed una barba sì visibile che si fa osservare prima d'ogni altra cosa. Essa pende nera dall'angolo, ove concorrono Ie due ossa della
mascelta inferiore, composta non di piume, ma di crini lunghi fino a un pollice e otto linee. Crini e setole simili a quei della barba vestono lateralmente una parte della mascella inferiore e cuoprono nella mascella di sopra tutto quel tratto, che rimane tra la fronte e la porzione det rostro adunca, di maniera,
che non si vede nè incerato, nè nari dell'uccello. Le setole principiando sopra gli occhi e unendosi a quelle della fronte verificano esattamente la descrizione di Linneo, frons, oculorumque regio atra. Gli antichi Greci diedero al loro percnottero nome di gypaetos, che viene a dire quanto avoltoio-aquila; ma se ad alcun avoltoio si deve dare il nome di gypaetos indicante la sua prossimità coll'aquila, a niuno conviene più
ii
32
l'latura in SardeEna n'26 - 2005
giustamente, che al nostro barbato, di maniera, che se i[ percnottero nominato da Aristotile è veramente quell'uccel-
Io, che intendono
i
moderni,
assai
malamente si diè it nome di gypaetos al percnottero, almeno in paragone dellla-
voltoio barbato. La ignudità del capo, del collo e delle gambe, sono altrettanquali percnottero moderno si allontana dall'aquila, poichè l'aquila è ottimamente e foltamente impiumata per Ia testa e tutto il collo, ed è ben calzata di piume giù per tutta la gamba infino al piede; or tali tratti di allontanamento non si trovano nel barbato; esso è ben coperto e ben calzato; nel comignolo della testa vi sono piume
ti tratti, per i
iI
corte bensì, ma però ben coprenti; da
indi ingiù per tutto i[ collo vi è un arruffamento di folte piume acute; lunghe e folte piume sono pur radicate per tutto il fusolo della gamba; sicché per ragion d'impiumamento assai più vicino
alllaquila è il barbato, che non il moderno percnottero. Ma il barbato è più del percnottero vicino all'aquila ancora
spiegato toccante il percnottero, ma il barbaro in questo pure imita Ie aquile, essendo I'artigtio suo massimo il pollicare. Di maniera che iI barbato daiL'aquila quasi non si allontana se non per
ragion dell'animo,
e delllappetito de'
carnami, e nel corpo parrebbe del tutto una aquila, se nol tradissero il rostro e
gli artigli; il rostro è pienamente da avoltoio correndo dalla fronte diritto
per più d'un pollice e mezzo, e lar[iglio suo pollicare, benchè sia il massimo di tutti i suoi artigli, è nondimeno picco-
Io a
proporzione, non giungendo ad uguagliare llunghion della aquila minima, comunque questa sia forse la metà minore di esso barbato. Sono quindi entrato sospetto non avessero i moderni preso abbaglio, e datoci forse per lo percnottero d'Aristotile tutfaltro uccello da quello, che Aristotile intese; e dubitai non fosse il vero percnottero
in
Iavoltojo barbaro. Qui
il
barbato esiste in bastevole quan-
tità; più volte ne ho avuto da diversissime parti dell'isola, e dopo Iavoltor nero con più frequenza ho veduto il barbato.
Grandemente deve esso essere sottoposto a variare nel colore, poichè salvo le
penne maggiori delle ale e della coda, che sempre trovai nere, salvo ancora le
e delle gambe, Ie quali sempre trovai rossigne: in tal barbato ho vedute le piume minopiume del petto, del ventre,
ri, che fanno guarnizione alle maggiori dellale e quelle che cuoprono il dorso, di color castagno con tacche bianche; tal altro ebbe piume color di paglia intorno aI collo framischiate ad altre che erano metà nere, metà rosse; ne ho veduto ancora de bellamente vergati, inquanto le piume minori delle ale e del dorso essendo nere, erano dimezzare per lo lungo da una striscia qual bianca, qual
do esso non fosse d'una spezie stessa coll'avoltor per antonomasia, ciò che per altro non sembra vero, stando alle descrizioni, le quali dell'avoltoio per antonomasia si danno. Si cacciano gli avoltoi in Sardegna per il medesimo fine, e al medesimo modo, che si fa in Cipri secondo Ia relazione di Dappero. La penna matta è ciò che interessa in questo uccello. Tutte quattro le spezie da me annoverate ne sono ricche. Consiste essa penna matta in bioccoli, ognun de' quali contiene un cortissimo picciuolo, a cui è appiccata una moltitudine di vere piumette sot-
titi e molli, le quali
sono molli per ragione, che it loro fusticello medesimo
i
gialliccia con una più targa macchia
è floscio, e
nella punta. Uavoltoio barbato descritto da Gesnero con nome di avoltoio atxeo, vultur aureus, fu macchiato in questa ultima foggia; dico Yavoltoio barbato descritto da Gesnero sotto il nome di aureo, poiché il di lui aureo non è altro che iI nostro barbato; ciò si fa evidente considerando tutto insieme e ciò
sona attaccati, svolazzano liberi senza coesione fra loro. Ogni parte del corpo degli avoltoi ne è
il
che Gesnero ne dice con parole, e ciò che ne rappresenta colla figura incisa; le
parole ne esprimono perfettamente la grandezza, e it colore; e Ia figura comun-
que mal disegnata, ne rappresenta Ia barba, e la calzatura. Su questo punto Linneo è stato oculato giudicando iden-
tico Uaureo di Gesnero col barbato; ma sbagliò, per quanto parmi,
it chiarissimo
Buffon, dando per un avottoio l'aureo di Gesnero, e '1 Grifone.
stesso
0r dacchè ancora Gesnero conobbe il barbaro, e l'ebbe dalle alpi rezie diviene vie più giusto il porre fra gli avoltoi dimoranti in Europa eziandio il barbaro, at che per altro basterebbe la sua esistenza in Sardegna. Il numero pertanto degli avoltoi grandi d'Europa non
è
compiuto presso Buffone; L'autor chiarissimo quattro soli ne pone, il
il to, e l'avoltor per antonomasia. Convien crescere questa lista dell'avoltor barbato; e convien forse crescerla percnottero,
grifone, l'avoltor cresta-
ancora dell'avoltor bianco, se esso non è identico col percnottero, e converrà di più crescerla dell'avoltor nero, quan-
fiIetti, che al fusticello
piena a piè delle altre piume, di maniera, che ancora nella interiore faccia delle ale tutte quelle ossa, che ne reggono le penne, ne sono piene. Questa qualità di avere pien di peluria ancora I'interiore delle ale, è stata riguardata
come una propietà degti avoltoi ad esclusione di tutti gli altri rapaci; frattanto in quasi tutti i rapaci da me osservati, aquile, astori, sparvieri ec. ho trovato [opposto, e gli ho trovati con indubitata e notabile peluria al braccio, al carpio, al metacarpio, o in qualunque attra maniera si vogtiano chiamare Ie ossa dell'ale; di modo che dubitai di avere forse mal inteso gli autori; le loro parole mi sembrano nondimeno troppo chiare. Vulturi prae caeteris rapacibus peculiare est, ut interiorem alae partem, et quae corpori incumbit, leni vellere totam intectam habeat, cum reliquae illud alarum cavum plumulis nudum obtineant. Sono queste le parote di Aldrovandi.
il più elegante, e nobile che si possa citare, dice Io stesso in altro idioma. 0n les reconnoÌtra (gti avoltoi ) .... a fespece de duvetfin, qui tapisse l'interieur de leurs ailes, et qui ne se trouve pas dans les autres oiseaux de proie. Ciò che in materia di penna matta è veramente singolare
Un altro naturalista
neil'avoltoio,
si è
l'abbondanza, la
spessezza, Ia lunghezza, per cui essa fa
quasi la figura di principale abbigliamento e difesa dell'animale, e si presenta per se stessa visibile e scoperta in molti luoghi attraverso alle altre piume. Tutte quattro le spezie, come dissi, ne sono ricche, ma all'avoltoio bianco si deve la preferenza; la calugine del grifone tira al bianco succido, quella del nero nereggia, e quella del barbato gialleggia; ma quella del bianco è candidissima, e inoltre i suoi bioccoli sono più folti, e più lunghi, avendone strappati de' lunghi fino a tre polUci; e in sul punto della lunghezza, e foltezza de' bioccoti f inferiore a tutti parmi il barbato.
In
grazia
appostano
di questa ricca peluria si gli avoltoi per fare petti
delta loro pelle in soccorso degli stomacuzzi mal digerenti, come appunto pra-
ticano i Cipriotti. Potrebbe ancora farsene uso di lusso foderandone robe, ove per awentura, principalmente 1'avoltor bianco, farebbe scorno al vajo, e allarmellino; e a tal uso le vidde già impiegate Bellonio nelle pelliccerie del Cairo.
i pastori
sono quelli, che fanno Ia principal caccia degli avoltoi, e tali di loro usano mantenere fosse per ciò appostatamente, Ià dentro gittano Ia vacca, o iI caval morto, e gli avoltoi prontamente vi sono sopra. I1 pastore lascia loro fare Ia scorpacciata, infinchè li crede ben pieni; allora arriva, e ancora a colpi di pertica gli ammazza dentro la
fossa medesima impediti e dal propio peso e dal luogo. Talora cacciatore sale in cima del monte, e vi arrostisce
il
un cane; conviene che il vento spiri gli avoltoi stanno; Iodor dell'arrosto va a ritrovarli, e potentemente gli tira infin dalla distanza, per quanto ho udito, di sedici in venti miglia, cosa più credibile, che verso dove
non da miglia 500, come già disse altri. Piace a' cacciatori medesimamente la carne degli avoltoi, che certo suol esse-
re ben coperta di sugna. Avoltoi da nido non è facile avere, le più erte e scoscese rupi sono la sede de'Ioro
Natura
nidi.
in §ardegna n'26 - 2005
33
Lo sparviero sardo (ACCTPTTER NISUS WoLTERSToRFFI, KLEINSCHIDT, 1,901,)
o Sparviero presente in Sardegna si differenzia dalla sottospecie
nominale Nisus Nisus per la taglia più piccola e per una colorazio-
ne del piumaggio più scura.
Lo
Sparviero, come lAstore, appartiene alla classe degli uccelli, ordine accipitriformi, famiglia degli Accipitridi, genere Accipiter. Entrambi sono abilis-
simi cacciatori ma si differenziano tra loro per le dimensioni, maggiori nell'astore; hanno una struttura morfologica adatta a vivere negli ambienti boschivi, in quanto sono dotati di coda molto
lunga
e ali
larghe
e
relativamente
corte che permettono ioro di muoversi con abilità e notevole velocità durante l'inseguimento delle prede alìlinterno del bosco. Lo Sparviero è un rapace indissolubilmente legato alle aree boschive, anche se la sua presenza nei boschi sardi è sempre più minacciata dagli intensi e numerosi incendi che nel periodo estivo divampano nella nostra isola e che,
come tutti noi sappiamo, arrecano gravi danni aLl'ecosistema. Nulla può
fare lo sparviero per evitare gli incendi, se non sfruttare l'unica arma a suo
vantaggio che madre natura gli ha dato, "Ie ali"; noi invece tanto possiamo per evitarli e combatterli.
34
Natura
in Sardeg*a n"2,;
20C!
IL
PIRATA DEL BOSCO
Ho osservato e fotografato 1o Sparviero soprattutto nei territori del SulcisIglesiente, del Sarrabus- Gerrei e del Gennargentu. Chi ha avuto l'occasione, o chiamiamola pure fortuna, di osservare questo rapace elusivo, sempre attento, a cui nulla sfugge allinterno del suo territorio, non esagera di certo nel definirlo
§§aàu,ra
in §ardegna n"26 - 2005
35
"pirata del bosco". Non si può non rimanere sbalorditi nel vedere con quale velocità ed abilità sfreccia tra le rami del bosco più fitto, soprattutto se ci si trova netle vicinanze del sito di nidificazione. Nonostante
fronde ed
i
l'aspetto gracile, rivela grande forza
e
spiccata aggressività quando passa all'azione; lo sanno bene Ie sue potenziali prede, le cui dimensioni raggiungono talvolta il doppio del suo peso corporeo. Infatti mi è capitato di trovare, in prossimità del nido. resti e spiumate di Colombaccio, il cui peso supera abbondantemente quello dello Sparviero che si aggira intorno ai 200 grammi. Quando le prede entrano nel suo raggio d'azione non hanno più scampo; per cercare di sfuggire a questo abile predatore assumono spesso una posizione di immobilità assoluta che tuttavia non sempre è sufficiente. 0ltre alla velocità nelfinseguimento delle prede, lo Sparviero rivela di possedere altre abilità e tecniche di caccia che ne mettono in evidenza la spiccata astuzia. Spesso, infatti, una votta indi-
36
§atura in §ardeg:la n"3§ - 2*S5
viduata la preda, si awicina silenziosamente di ramo in ramo, utilizzando come copertura cespugli e grossi tronchi; è capace di stare in agguato per ore in attesa che Ia malcapitata preda esca allo scoperto. Lo sparviero è un rapace prevalentemente ornitofago, anche se raramente mi è capitato di trovare in prossimità del nido piccoli rettili e roditori. Le prede che solitamente fanno parte del suo spettro alimentare sono uccelli di piccola e media taglia come Cinciarelle, Fringuelli. Frosoni e Merli. Essendo un rapace molto schivo e diffidente, è molto difficile scorgerlo nel bosco, eccetto nel periodo di nidificazione (primavera inoltrata), owiamente se si ha la fortuna di passare nelle immediate vicinanze del nido; solo in questo frangente
lo Sparviero rinuncia alla sua riservatezza uscendo allo scoperto e mostrandosi particolarmente vocifero. Nel periodo invernale, invece, la sua presenza viene tradita dall'abitudine di spiumare le prede in grosse ceppaie o tronchi, lasciando dunque segni della sua presenza. Alfinterno del suo territorio questo rapace dispone di diversi nidi che, come ho potuto talvolta constatare, vengono utilizzati a rotazione negli anni; durante finverno lui stesso costruisce il suo nido nelle biforcazioni degli alberi prescelti, utilizzando ramoscelli secchi abilmente intrecciati tra loro.
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*+ ;ei giorni 24-25-26-27 ottobre 2005 :iril era presente a San Teodoro, accomI * pagnati dal Comandante della Stazione Forestale e di V. A. di Siniscola, Ispettore Forestale Teresa Loi e dagli fusistenti Forestali Sandra Piras, Luigi Decortes, Giovanni Mele, Salvatore Ledda, Piero Mereu e Gino Ruju, una delegazione di tecnici ed amministratori del Parco Naturale Regionale di Corsica per la costruzione di nidi aventi Io scopo di facilitare la riproduzione in loco del falcone pescatore. Lo stupendo rapace dal petto bianco, un tempo assai comune lungo la costa che va da Golfo Aranci a San Teodoro, ma non più nidificante dagli anni sessanta. ancor oggi è presente in pochi esemplari nel periodo
38
§*txra im §ardegna n'16 - 2ù*r
ottobre-gennaio. Negli stessi giorni infatti in cui tante persone erano intente a proporgli un comodo nido, una coppia
volteggiava alta sugli operatori, quasi a voleme seguire i lavori. Nell'area restano le sue tracce però in tanti toponimi. La spiaggia di UAcula, antistante il porliccio1o di funtAldia, è cosÌ chiamata per la presenza di una grossa e vecchia pianta di sabina, sulla quale il falcone per decenni aveva
il
suo nido. La delegazione corsa era
composta da Jean Marie Dominici, diret-
tore della Riserva di Scandula, da Paulu
Antoni Susini, responsabile del
Parco
Naturale Regionale di Corsica per gli affari europei, dai tecnici Joseph Alberini e Jean Baptiste Germini, entrambi della Riserrra di Scandula che fa parte del Parco anzidetto. Sono state quattro giornate di intenso lavoro durante le quali gli addetti hanno operato anche per 10 ore al giomo. I nidi sono stati posati per 1o più sopra gti scogli granitici alfinterno della Laguna di San Teodoro, e qualcuno su uno dei tanti isolotti prossimi alla costa teodorina. La scelta dei siti, preceduta da un sopralluogo da parte dei tecnici nel periodo estivo, è stata effettuata sulla base delle abitudini di vita e pesca del falcone. I1 grande volatore, pesa un paio di kg ma ha unapertura alare di mt 1.,75, si nutre escltsivamente di pesci che cattura in mare ed
in condizioni di visibiìità perfetta con picchiate fulminee. Col mare agitato, non potendo determinare con certezza le dimensioni deUa preda che, se troppo grossa e pesante, 1o trascinerebbe in mare
composto da Gian Piero Meloni, Giuseppe Taras, Marco Doddo, Giacomo Mannoni e Salvatore Brandanu. I1 gruppo lcimar, in qualità di promotore del progetto predisposto a suo tempo e, per alcuni
a morte certa, preferisce
aspetti di soggetto attuatore dello stes-
pescare negli stagni o nei fiumi dattacqua
so, anche per incarico dellAmministra-
ìimpida. Infatti una volta catturato il pesce, non gli è più consentito di aprire gli artigli. Per ta costruzione dei nidi sono state utilizzate due tecniche diverse a
zione comunale, si è occupato della logi-
portandolo
seconda del sito. Talvolta sono stati usati paletti e staffe metalliche di feno zincato a caldo, sulle quali sono stati posati rami di erica, inizialmente robusti e poi sempre più fini, ancorati tutti con robusto fil di feno zincato. Ne risulta una costruzione robusta e pesante che deve durare nel
tempo, con la parte superiore leggermente concava per contenere un abbondante
strato
di poseidonia
oceanica. Legger-
mente diversa la tecnica usata per l'ancoraggio del nido su unalta scogliera. I tecnici corsi sono arrivati a San Teodoro con due camioncini di fascine di rami di erica annerita, tutti delle stesse dimensioni, tagliati in qualche area corsa attraversata da incendio, perché in tal modo sono più resistenti nel tempo. 0ltre ai tecnici corsi, hanno cotlaborato alle operazioni varie persone, impegnate in ruoli diversi. In primo luogo i componenti det gruppo operativo delllcimar
stica. delt'organizzazione, della parte documentaria
e
fotografica. ilAmmini-
strazione comunale, oltre ad aver assicurato la disponibilità di due operai, ha seguito i lavori con il consigliere delegato allambiente Maurizio Sanna. Costante Ia presenza e la collaborazione di una pattuglia del Corpo Forestale e di Vigilanza ambientale, Comando di Siniscola.
Uomini e mezzi per gli spostamenti in
Laguna sono stati assicurati dalla Società Stagno di San Teodoro SpA, mentre per gli spostamenti a mare il Consorzio di Gestione deIlAMP di Tavolara Capo Codacavallo, presente il Direttore Augusto Navone, ha assicurato un mezzo idoneo. Il lavoro svolto rappresenta comunque solo la prima parle del progetto balbuzard. I tecnici corsi infatti torneranno ai primi di febbraio 2006 per la posa di una sagoma nelle vicinanze di ciascun nido. La sagoma in pvc riproduce perfettamente il falcone pescatore per attrarlo ed indurlo ad impossessarsi del nido, sagoma che non può essere posizionata fin da ora perché verrebbe rovinata dai gabbiani. Una volta accertata la presa di
di uno o più nidi, ha inizio la fase due che consiste nel controllo costante e a distanza da parte di un gruppo di lavoro incaricato, gruppo di
possesso
lavoro che prowederà successivamente all'inanellamento dei giovani fuIchi con ricetrasmittenti dotate di batterie solari
i flussi migratori. Un lavoro complesso ed interessante quindi, di
per seguirne
vatenza scientifica internazionale, coordinato da operatori estremamente qualificati quali Jean Marie Dominici e Jean Ctaude Thibault, che studiano
il
àlcone
ormai da 25 anni e che sono riusciti a farlo riprodurre prima in Corsica, dove esistono ormai una trentina di coppie
nidificanti e, dalla primavera
2005, anche nel Parco della Maremma Toscana.
ltatura in Sardegna n"26 - 2t)05 39
Aquilegia nugorensis Arrigoni & Nardi (Ranunculaceae)
dal volume Piante endemiche della Sardegna, testo e foto di Ninni Marras. Sestu, 2000
Pianta erbacea perenne alta 30-80 cm con fusti eretti e ramificati. Foglie basaLi riunite in rosetta e lungamente picciolate, con picciolo breve le cauline. Fiori normalmente di colore azzurro chiaro con caratteristico sprone imbutiforme e frutto costituito da folLicoli eretti. La fioritura awiene da maggio a giugno. Ă&#x2C6; la piĂš diffusa tra Ie specie esclusive della Sardegna; il suo areale sembrava limi-
tato ad aicune localitĂ del Monte Tonneri (Seui) e deL Gennargentu ma, specie per
40
.i','-r.rt:t.r.r:,r
ottobre-gennaio. Negli stessi giorni infatti in cui tante persone erano intente a proporgli un comodo nido, una coppia votteggiava alta sugt operatori, quasi a voleme seguire i lavori. Nel[area restano le sue tracce però in tanti toponimi. La spiaggia di IAcula, antistante il porticcio1o di PuntAldia, è cosÌ chiamata per la presenza di una grossa e vecchia pianta di sabina, sulla quale iI falcone per decenni aveva il suo nido. La delegazione corsa era composta da Jean Marie Dominici, direttore della Riserva di Scandula, da Paulu
Antoni Susini, responsabile del
Parco
Naturale Regionale di Corsica per gli affari europei, dai tecnici Joseph Alberini e Jean Baptiste Germini, entrambi della Riserva di Scandula che fa parte del Parco anzidetto. Sono state quattro giornate di intenso lavoro durante le quali gli addetti hanno operato anche per 10 ore aI giorno. I nidi sono stati posati per 1o più sopra gli scogli granitici all'intemo della Laguna di San Teodoro, e qualcuno su uno dei tanti isototti prossimi alla costa teodorina. La scelta dei siti, preceduta da un sopralluogo da parte dei tecnici nel periodo estivo, è stata effettuata sulla base delle abitudini di vita e pesca del faicone. IL grande volatore, pesa un paio di kg ma ha unapertura alare di mt 1.,75, si nutre esctusivamente di pesci che cattura in mare ed
in condizioni di visibilità perfetta con picchiate fulminee. Col mare agitato, non potendo determinare con certezza le dimensioni della preda che, se troppo grossa e pesante, lo trascinerebbe in mare
composto da Gian Piero Meloni, Giuseppe Taras, Marco Doddo, Giacomo Mannoni e Salvatore Brandanu. II gruppo lcimar, in qualità di promotore dei progetto predisposto a suo tempo e, per alcuni
a morte certa, preferisce
aspetti di soggetto attuatore dello stesso, anche per incarico dellAmministra-
portandolo
pescare negli stagni o nei fiumi dall'acqua
timpida. infatti una volta catturato il pesce, non gli è più consentito di aprire
zione comunale, si è occupato della
gti artigti. Per Ia costruzione dei nidi sono
e fotografica. LjAmministrazione comunale, oltre ad aver assicurato la disponibilità di due operai, ha seguito i lavori con il consigliere delegato alUambiente Maurizio Sanna. Costante la presenza e la collaborazione di una pattugtia del Corpo Forestale e di Vigilanza ambientale, Comando di Siniscota.
state utilizzate due tecniche diverse a seconda del sito. Talvolta sono stati uati paletti e staffe metalliche di feno zincato a caldo, sulle quali sono stati posati rami di erica, inizialmente robusti e poi sempre più fini, ancorati tutti con robusto fil di feno zincato. Ne risulta una costruzione robusta e pesante che deve durare nel tempo, con la parte superiore leggermente concava per contenere un abbondante strato di poseidonia oceanica. Legger-
mente diversa Ia tecnica usata per llancoraggio del nido su unalta scogLiera. I tecnici corsi sono arrivati a San Teodoro con due camioncini di fascine di rami di erica annerita, tutti delle stesse dimensioni, tagliati in qualche area corsa attraversata da incendio, perché in tal modo sono più resistenti nel tempo. Oltre ai tecnici corsi, hanno collaborato alle operazioni varie persone, impegnate in ruoli diversi. In primo luogo i componenti del gruppo operativo dellicimar
logi stica, dell'organizzazione, della parte documentaria
Uomini e mezzi per gli spostamenti in
Laguna sono stati assicurati dalla Società Stagno di San Teodoro SpA, men-
tre per gli spostamenti a mare il Consorzio di Gestione dell'AMP di Tavolara Capo Codacavallo, presente il Direttore Augusto Navone, ha assicurato un mezzo idoneo. Il lavoro svolto rappresenta comunque solo la prima parte del progetto balbuzard. I tecnici corsi infatti torneranno ai primi di febbraio 2006 per la posa di una sagoma nelle vicinanze di ciascun nido. La sagoma in pvc riproduce perfettamente il falcone pescatore per attrarlo ed indurlo ad impossessarsi del nido, sagoma che non può essere posizioriata fin da ora perché venebbe rovinata dai gabbiani. Una volta accertata Ia presa di
di uno o più nidi, ha inizio la fase due che consiste nel control"lo costante e a distanza da parte di un gruppo di lavoro incaricato, gruppo di possesso
lavoro che prowederà successivamente alltnanellamento dei giovani falchi con ricetrasmittenti dotate di batterie solari
i flussi migratori. Un lavoro complesso ed interessante quindi, di valenza scientifica internazionale, coordinato da operatori estremamente qualificati quati Jean Marie Dominici e Jean Claude Thibault, che studiano iI falcone ormai da 25 anni e che sono riusciti a per seguirne
farlo riprodurre prima
in
Corsica, dove di coppie nidificanti e, dalla primavera 2005, anche nel Parco della Maremma Toscana.
esistono ormai una trentina
Natura in §ardegna n"26 - 2A05 39
quest'ultima località, osservazioni più recenti hanno ampliato il dato sulla distribuzione rilevando la presenza di numerose stazioni sia sul versante di Arzana che su quello di Villagrande. Accanto a questa entità esistono altre due specie esclusive della nostra Isola che differiscono minimamente dalla specie descritta: Aquilegia barbaricina Arrigoni & Nardi con fiori normalmente biancastri che fiorisce da maggio a giugno ed è stata finora rinvenuta soltanto in prossimità di alcuni torrenti sul Monte Spada a Fonni; Aquilegia nuragica Arrigoni & Nardi, con fiori normalmente azzurri o rosei che fiorisce da maggio a giugno ed è stata reperita unicamente in prossimità della Gola di Gorropu.
I,[atura
in §ardegna n"26 - 2C05
47
§{mestra *m§{'Xtxa Genista aetnensis (Rafin.) DC. (Leguminosae)
Alberello alto fino a7-9 m e che, spesso, si presenta nella forma arbustiva con rami giovani striati con corteccia verde; rami maturi con corteccia bruno aran-
ciata. Fogtie lineari-oblunghe
con
tomento biancastro. Fiori giatli, odorosi, riuniti in racemi. Frutto costituito da un legume rossastro contenente 2-5 semi. Fiorisce da giugno ad agosto.
Questa specie cresce spontanea solo
sul versante orientale dellEtna e in Sardegna (Berchidda, Tatana, Villagrande, Buddusò, Dorgali, Urzulei, complesso dei Sette Fratetli e del Gut-
turu Mannu).
Esistono in Sardegna numerose altre specie endemiche afferenti al genere
Genista L.: Genista arbusensis Valsecchi,
arbusto assai ramoso di 50-100 cm, esclusivo delta Sardegna con foglie lanceolate, rami
striati con
pelosità
scarsa, fiori gialli e frutto costituito da un legume villoso di 15-20 mm. Presenta un areale circoscritto alla fascia costiera del settore sud-orientate e fiorisce in maggio; Genista cadasonensisYalsecchi, arbusto assai ramificato, spino-
so, con rami eretti leggermente striati.
fiori
gialli disposti sui rami giovani e legume di 1, 5-2 cm, oblungo e villoso. Ha un areale
Foglie obovato-spatolate,
limitato alle coste centro-orientali delUlsola e fiorisce in febbraio-matzo; Genista corsica (Loiset.) DC.
in Lam. & DC., arbu-
sto spinoso di 20-80 cm che frequentemente si presenta nella forma pulvinata con fusti contorti, angolosi e striati. Spine ricurve ed acute, foglie obovate, fiori gialli isolati e legume oblungo, glabro, di 1-2 cm. In Sardegna è diffusa dal livello del mare sino alle quote più alte e fiorisce da febbraio ad aprile; Genista ephedroides DC., arbusto ramoso di 30150 cm con fusti sottili e striati. Foglie
inferiori trifogliolate e semplici, ovato tanceolate Ie superiori, fiori gialli in racemi lassi e legume ovale, rostrato
42
Natura
i:l
§ardegma n"26
e
- 2005
quest'ultima località, osservazioni più
il
dato sulla presenza di distribuzione rilevando la numerose stazioni sia sul versante di Arzana che su quello di Villagrande. Accanto a questa entità esistono altre due specie esclusive della nostra Isola che differiscono minimamente dalla specie descritta: Aquilegia barbaricina Arrigoni & Nardi con fiori normalmente biancastri che fiorisce da maggio a giugno ed è stata finora rinvenuta soltanto in prossimità di alcuni torrenti sul Monte Spada a Fonni; Aquilegia nuragica Arrigoni & Nardi, con fiori normalrecenti hanno ampliato
mente azzurri o rosei che fiorisce da maggio a giugno ed è stata reperita unicamente in prossimità della Gola di Gorropu.
§Iatura im §ardegma n'25 -
2005 4l
pubescente. Presenta un'areale comprendente Ie coste occidentali e settentrionali, fiorisce in aprile maggio; Genista morisii Colta, piccolo arbusto di 3050 cm, spinoso e assai ramificato con
foglie trifogliate. Fiori gialli terminali
o
nelle ascelle e legume oblungo e villoso. Areale ristretto alla Sardegna sud occidentale, fiorisce in maggio; Genista sardoa Valsecchi, arbusto ramoso di 30-200 cm con rami rigidi e striati. Foglie trifogliolate, fiori gialli in racemi terminali e legume ovoide, acuminato, peloso, lungo 6-7 mm. Areale ristretto alla Nurra e allllglesiente, fiorisce da luglio ad ago-
sto; Genista sulcitana Valsecchi, arbusto
di 40-60 cm con rami intricati, leggermente striati e pubescenti. Foglie trifogliolate, fiori solitari o costituenti infiorescenze e legume oblungo, pubescente
lungo 10-12 mm. Areale ristretto alle zone montane della Sardegna meridionale, fiorisce in maggio giugno; Genista toluensis Valsecchi, piccolo arbusto spinoso di 20-30 cm. Rami eretti corti e
striati, foglie alterne e trifogliolate e fiori gialti solitari o geminati e legume oblungo di circa 1 cm. Areale ristretto al Monte Albo e ai Monte Tolui, fiorisce in maggio.
}ยงatura
ix
ยงardcgna n"26 -
?t)05
43
I nuraghi,
da sempre it simbolo più rappresentativo della Sardegna. hanno avuto una loro evoluzione secolare. I primi in ordine cronologico sono i proto-
nuraghi costruiti secondo diverse tipotogie. All'inizio si trattava di una base formata da un muro in pietra di forma più o meno circolare, riempito di terra, che
gli lttiti. Spesso il nuraghe, atl'interno, veniva foderato di sughero per renderlo più confortevole. IJingresso del nuraghe può essere di taglio ogivale o rettangolare, in quest'ultimo caso, sopra Iarchitrave, si trova una finestrella che serve per non fare gravare iI peso dei massi sullo stesso, ma scaricarlo ai lati. Iden-
formava una piattaforma sulla quale
tica tipologia di finestrelle di scarico si
costruire una o più capanne, a loro volta circondate da una pahzzata. Col tempo si adottarono altre soluzioni architettoniche ed in questo muro si aprì una
trovano anche a Micene. In base aI tipo di nuraghe è stata ipotizzata una suddi-
di tipo feudale, i re abitavano nei nuraghi con più
visione del territorio cioè
torri e i "nobili" di rango inferiore, in quetLi più semplici, con funzioni di controllo dei confini del territorio e lungo le
vie di comunicazione. Questo governo monarchico dovette durare fino agli inizi della prima età del Ferro, 900 a.C., quando i nuraghi vennero ristrutturati e trasformati in templi. Come mai questo
senza decorazioni, testimoniano la men-
porta che conduceva ad un corridoio con una scala che portava al livetto superiore, quello delle capanne di cui sopra. Poi gli ingressi diventarono due, soluzione presto abbandonata probabilmente perché, in caso di attacco, i nemici avrebbero avuto due possibitità per entrare e, di conseguenza, gli occupanti avrebbero dovuto dividere Ie proprie forze per sbarrare i due ingressi. In seguito, dopo llentrata vennero ricavati alcuni vani, fino ad arrivare al nuraghe vero e proprio. I
talità gueniera di queste popolazioni. La
nuraghi avevano Iaspetto
forma delle spade è detta Argarica, dalla località di El Argar, Spagna, dove ne sono state rinvenute uguati. Questo fa presuppone che i sardi di allora si fossero spinti in quella zona, considerando il fatto che in Spagna, Corsica e nelle Baleari si trovano torri simili a quelle nuragiche e che Minorca veniva chiamata Nure. Lo
medievali, come testimoniano con certezza dei modelli in pietra - alcuni usati come incensiere - e qualche bronzetto che li raffigurava. Come i castelli per i feudatari, i nuraghi erano la residenza del capo tribù e della sua famiglia, mentre il popolo viveva neLle capanne del villaggio circostante. La tecnica costruttiva era a tholos, cioè gti anelli di pietra della torre si restringevano verso l'alto, formando, alltnterno, una cupola ogivale. Potevano essere circondati da mura difese da più toni. Sulla sommità di queste prendevano posto gli arcieri ed i frombolieri, famosi quelli Bàlari che utiltzzavano proiettili di piombo. I nuraghi
a storia della civiltà nuragica Ia si
può fare partire dalla cultura di SantTroxi, 1650 a.C., dal nome della località
in agro di
Decimoputzu.
Materiali di questa cultura sono stati rinvenuti in tombe dei giganti. Non si usa più il vaso tripode, sostituito da fornelLi
bollitoi. Nelle domus de janas di Decimoputzu sono stati rinvenuti 250 schee
letri con
spade
spade ed
lunghe 33, 66 e 77 cm. Le
iI tipo di ceramica, grigia e
sviluppo vero
e
proprio detla civiltà
nuragica si ebbe a partire dal 1600/1550 a.C. In questo periodo, nel Mediterraneo, accadono eventi storici molto importanti: dall'Egitto vengono scacciati gli invasori Hiksos ed inizia una nuova fase della
grande civiltà egizia; si sviluppano anche la civiltà micenea e quela protoappenninica. È quindi un periodo di scambi, come
è
dimostrato dallunità
metrica Lineare nuragica (circa 5,5 metri)
uguale
a quetla utilizzata nellTgeo,
Creta ed
44
a
in alcune aree dellAnatoLia.
Natura in §ardegna n'26 -
2005
erano costruiti con
di
un muro
castelLi
esterno,
uno interno e, fra loro, un riempimento di malta formato da argilla e pietre piccole. E una tecnica architettonica che si ritrova anche nellTgeo ed in 0riente, fra
cambiamento? Le fonti greche ci spiegano il perché. Secondo queste, la classe
dominante nuragica era costituita dagli Jolei, partiti dalla città di Tespi, vicino ad Atene. Governarono a lungo prima di essere
esiliati nei dintorni di Cuma, in
te cause delIesilio sono da ricercare nel cattivo modo di gestire il potere, visto che in Campania. Probabilmente
questo periodo nascono Ie capanne con
un sedile che segue il perimetro interno del muro, dove si sedevano
i personaggi
più importanti det villaggio per a'legiferare".
Un'altra costruzione caratteristica del periodo nuragico è la tomba dei giganti. E formata da un corpo rettangolare absidato, nel quale veniva messo iI defunto col suo corredo funebre, e da un emiciclo frontale costituito da due ati che formano una mezzaluna, Uesedra. Iinsieme, visto dalìialto, schematizza la testa del toro, simboto di forza maschile. Lo spazio compreso fra le "corna" del toro, serviva per le cerimonie sacre, infatti, in un secondo tempo, viene costruita una panchina in pietra addossata alle ali delUemicicio, per il pubblico. Spesso si trovano, a fianco alle tombe dei giganti,
uno o più menhir. Le più significative costruzioni
sacre
i pozzi sacri,
che si sviluppano nel Bronzo Recente ed il cui uso prosegue
sono
fino allTtà del Ferro. La scala
scende
fino al livello dell'acqua, in un ambiente
III,
circolare ogivale, come se fosse un nuraghe sotterraneo. Ma quale fu, per gli antichi storici e geo-
prima la flotta egiziana si presentò compatta contro quella nemica. All'awicinarsi di questa, le navi egizie aprirono 1o schieramento circondando quelle dei Popoti del Mare, sottoponendole ad una pioggia di frecce. Le navi superstiti pensarono dunque di attaccare it detta del
grafi, Io sviluppo della civiltà sarda prima delliarrivo dei cartaginesi e dei romani?
I cartaginesi ci raccontano
che
i
primi colonizzatori detla Sardegna partirono dalla Libia, guidati da un eroe di Inoltre
i
il
nome allisoÌa. Libi erano navigatori, e questo
nome Sardo che diede spiegherebbe
la
venendo sconfitti con lastuzia:
Nilo, sbarcando le loro truppe. Ma gli egiziani, che avevano preso tutte le precauzioni possibili, avevano nascosto
i
massiccia esportazione
famosi arcieri della Nubia, capaci di col-
di ossidiana. Diodoro Siculo attribuisce
pire un uccello in volo a cento metri di
la grandiosità dei monumenti nuragici
distanza, fra
alla inventiva di Dedalo. Un gruppo di uomini brachimorfi (cioè col cranio
tiro degli
corto e largo) proveniente dalla Spagna, aI seguito del condottiero Norax, partito da Tartessos, avrebbe fondato la città di Nora e, forse, stimolato la nascita della
civiltà nuragica. E ancora, i greci Iolei partiti da Tespi, avrebbero fondato 01bia, quelli di Atene invece Ia città di Agryle (Caqliari). Ancora i Greci ci dicono che i compagni di Enea sbarcarono in Sardegna dopo la guerra di Troia. Numerose sono poi le fonti che fanno discendere i Sardi da Ercole, per via più o meno diretta. Testimonianze storiografiche più precise ci parlano dei Sardi come pirati ben organizzati che, insieme agli
altri cosiddetti "Popoli del mare" combatterono contro gli Egiziani di Ramsete
i canneti del fiume. Sotto iI
altissimi negri nubiani, si
infransero i sogni dei Popoli del Mare: i soprawissuti vennero fatti prigionieri e le loro navi bruciate. Questo è ciò che sappiamo, fra archeologia, storia e leggende, di tale periodo storico; non sappiamo quasi niente, purtroppo, degli anni di guerriglia contro i cartaginesi ed i romani, che in Barbagia, area che accolse le popolazioni delle pianure che non vollero piegarsi agli invasori, dovettero protrarsi fino aI 200 d.C. E adesso, permettetemi di togliermi un sassolino dalla scarpa .... lJltimamente si sta parlando della possibilità di identificare Ia Sardegna con Atlantide. Prima di fare le deduzioni del caso, anal.rzziamo alcuni fatti. In primo luogo Atlantide è citata per la prima volta da Platone
in due suoi scritti, Timeo e Krizia, ove afferma che ne aveva appreso Iesisten-
za da un suo parente. Costui, durante discussione con dei sacerdoti egiziani, stava sminuendo la loro civiltà rispetto a quella greca. Uno dei sacerdoti si infervorò cosÌ tanto che rivelò essere quella egizia una civiltà discendente da un'altra molto evoluta e antica, Atlantide, situata oltre Ie colonne d'Ercole. Venne prontamente rimproverato dagli altri sacerdoti presenti per aver svelato, in preda all'ira, un segreto celato da millenni. Ora non voglio scendere nei
dettagli riguardanti
tutti gti studi che
vertono sulf identificazione della Sardegna con Atlantide, ma faccio solo due considerazioni: innanzitutto la civittà egizia inizia con l'unione dell'Egitto del nord e quello del sud intorno al 3000 a.C. e, di conseguenza, precedentemen-
te a
quella nuragica, come dimostra iI fatto che la prima piramide
anche
i primi nuraghi al 1600 a.C.; ma anche senza volere
tronca risale at 2800 a.C.,
prendere in considerazione la cronologia, se gli egizi fossero stati i discendenti dei Sardi-Atlantidei, invece delle piramidi avrebbero costruito i nuraghi.
0 no?
Il
prossimo articolo parlerà dei feniciopunici in Sardegna
l§atura
in §ardegna n"26 - 2005
45
Flora di Sardegna Sardegna risulta essere cosi di notevole aiuto non soto per il grande numero di giovani che si accingono ad affrontare la prova del concorso per Agenti Forestali, persone che desiden-
che, pur vivendo in ambito rurale, hanno dimenticato nomi degli alberi e degli arbusti che quotidianamente ammirano.
no riconoscere e poter individuare gli elementi della natura che I circondano. Pensiamo così agli amanti delle escursioni, ai
Questo libro potete ordinarlo direXamente consultando il sito www-assfor.it
ma per
I volume "Flora di Sardegna, piante arboree e arbustive", pubblicato
dalla Zonza Editori, nasce da una felice intuizione di Giovanni Diana, comandante della stazione forestale di Bolotana e grande appassionato di temi
inerenti la natura e il territorio. Grazie alla vasta conoscenza acquisita sul campo, Iautore fornisce nel suo lavoro utili e dettagtiate notizie sugli alberi e gli arbusti che si possono incontrare nelthrea regionale. Scritto in modo semplice e comprensibile, nel libro sono catalogate le differenti piante che ricoprono iI suolo sardo. La suddivisione è operata secondo due gruppi, angiosperme e gimnosperme, alfinterno dei quali sono pre-
senti una sessantina
di schede di
approfondimento. 0gni scheda, correlata da foto esplicative, fornisce il nome della pianta presa in esame (indicando quello volgare, scientifico e sardo), la provenienza regionale e llaspetto esteriore, la
le dimensioni il tipo di corteccia e di fogìie, i
diffusione sul territorio, medie,
fiori che essa produce, gli eventuali frut-
ti. Nella parte terminale della trattazione un indice dei nomi aiuta ad individuare le varie piante fornendo, in rapida successione, Ia denominazione volgare,
il
nome scientifico, Ia fumiglia di appartenenza. 11 merito del libro di Giovanni Diana consiste nel fornire un panorama
dettagliato della materia, trattandolo secondo criteri scienfitici ma al contem-
po comprensibili anche per coloro che non sono esperti del settore. Ftora di
46
§atura in §ardegna n"26 -
2005
professori e ai loro studenti che si accingono a gite fuori porta, ma anche a coloro
tutte quelle
i
Linguetta di cintura in bronzo Museo Nazionale
di Cagliai
I putedri del santo "
(...)
I
loro corpi sono appunto, quali
Leone Africano descisse i cavalli selvaggi dArabia e Numidia; cioè piccoli, con chioma irta, e breve, coloi non costanti,
i
re* piccoli cavalli galoppano in branco $ sotto le querce delta selva di Canai,
&nelllsota di
Sant'Antioco, sud-ovest
della Sardegna. Hanno fiutato llodore degli umani e sono stati spaventati dai cani che i cacciatori hanno portato: dowanno catturare alcuni puledri che, legati e marchiati, saranno caricati su un caro trainato da buoi. I cavalLi hanno il mantello baio o nero dal riflesso verde, a causa dei microscopici muschi che crescono tra i loro peLi; hanno gli occhi a mandorla e, gli stalloni, criniera e coda lunghissime. Sono poco più grandi di un asinello sardo da mola.
Vivono perennemente sotto la protezione del bosco fitto e di Antioco, medico nordafricano martirizzato dai romani perché di religione cattolica, patrono della Sardegna, il loro padrone. Ogni tanto g[ uomini del Sulcis e deltTglesiente si recano nella Cattedrale del santo e fanno un'offerta per poter cacciare un animale. Sembra una storia d'altri tempi, di quelle da raccontare ai bambini prima detla buonanotte. Invece è una realtà dimenticata. Una storia vera e per cerli versi triste perché di quei piccoli animali nelta Cattedrale di SanfAntioco oggi non y'è quasi traccia. Francesco Cetti, nel 7774 (I quadrupedi delllsola di Sardegna), descrive con dovizia di particolari cavalli selvatici della più grande delle isole sarde: altezza di tre piedi, carattere indomito tanto che sovente gli animali preferivano suicidarsi piuttosto che essere soggiogati datl'uomo che, a volte, disperato uccideva dopo aver invano tentato di ammansirìi:
comunque i più sono bai. (...) sono di natura si perversa, che non v'è modo di addomesticarli, ed alla fine si muojono
vi, dove non davano fastidio a nessuno. Uno di questi luoghi è la Giara, Ialtopiano attualmente famoso proprio per i cavalLini
disperati,
sehratici. Grazie alla presenza di questo esteso territorio iI focoso cavallo sardo si è conser-
o
disperato
iI
padrone gli
ammazza. Erasmo Stella racconta lo stesso de' cavalli selvatici di Prussia (. ..) " In quel tempo, in Sardegna i cavalli selva-
tici erano presenti anche nella Nurra e a Bultei, ma i più numerosi e conosciuti erano quelli delllsota sulcitana. Alberto Della Marmora, capitoto sesto del primo volume delViaggio in Sardegna: " (...) Si è parlato dei cavalli selvaggi di
SantAntioco: ma questa specie, che esisteva ancora 64 anni
fa,
ora è del tutto scom-
parsa. Un mio prozio, viceré di Sardegna dal 177i al 1775, icevetteinregalo uno di questi cavq.lli selvaggi, catturato a Canai, nell'isola di SantAntioco. Era molto piccolo ma snello, aveva il pelo lungo, di colore rosso, era bizzoso, anzi indomabile" Moi di malinconia poco tempo dopo. Credo che sia
stato lfultimo cavallo selvaggio catturato nellTsola. (. ..) " I caval[ selvatici sardi vagarrano per le campagne finché, con lTditto delle Chiudende,
vato in relativa pvrezza nonostante 11mmissione, negìi anni sessanta e settanta del secolo scorso, di cavalli di taglia grande (Anglo-Arabi-Sardi), panebbe al fine di incrementarne ta stazza in quanto ta pregiata carne di cavatlo detla Giara, dal gusto un po'selvatico, veniva liberamente venduta in alcune macellerie cagliaritane. I puledri del Santo sono menzionati in un inedito documento spagnolo, conosciuto come Process de miracles, det XW secolo: " (.. .) Item q(ue) ed dita Isla hi ha games de moltes Jume(n)tes va(n)qs de la iglesia de St Antiogo j lo dia de la festa se prene(n) vaques potros se paga(n) a obra et alias. (...) " Una linguetta di cintura in bronzo delle dimensioni di cm. 10,4 x 5 fu rinvenuta a SantAntioco vicino alta chiesa del Santo; databile al VIi secolo d.C. faceva parte della collezione Spano e fu donata al Museo Nazionale di Cagliari dove ancora è esposta; vi è raffigurato un cavaliere con il cavallo. Lo Spano interpretò la scena come lEntrata di Cristo a Gerusalemme. Un altro importante documento èYArciere
i
j
/
j
saettante in piedi sul dorso del cavallo (dimensioni: altezza cm.7,2 e lunghezza cm.5,6), un bronzetto nuragico rinvenuto in tocalità Salìu di uno sconosciuto Comune del Sutcis - S'acqua salia è una località
i
I
ne fu decretata Ia decimazione in quanto venne perentoriamente vietato lallevamento allo stato brado; gli animaì-i sopravissuti si rifugiarono nei luoghi più imper-
Arciere saettante in piedi sul dorso del cavallo, peiodo nuragico non meglio determinato loc. Saliu, Sulcis
costiera di San Giovanni Suergiu, Sa funtana de s'acqua sa/ia è unaltra località vicina a Is pruinis in Comune di SantAntioco, mentre invece Gutturu saà'u risulta al confine tra i Comuni di SantAnna Arresi e Teulada - che rappresenterebbe l'uni-
Natura
in
Sardegna n"26
- 2005
47
ca raffigurazione del
cavalo ufficiatmente
ritrovata in Sardegna. Giovanni Lilliu ritiene che non sia certo i protosardi non conoscessero il cavallo ma che sicuramente a partire dal VII secolo a.C. essi disponessero di cavalli avuti dai Fenici o dai Cartaginesi; forse possiamo così spiegare Ia presenza dei
§ffis
che
ffitrBffitrffiffiffiffifl§§
cavalli selvatici a SantAntioco, l'antica Solki, e Ia tradizione estesasi alfintera provincia fenicia e cartaginese sulcitana. Quindi, quella del Sulcis è una tradizione cavallara (non in senso spregiativo) antica che non ha niente da invidiare a quella di altre regioni dell'isola, come U0rista-
nese, che
il
senso comune dei media
attuatmente identifica appunto con
il
cavallo per via di alcune manifestazioni equestri che vi si svolgono (Ia Sartigtia, lArdia, Sa carrela e'nanti). Anche nei piccoli paesi sutcitani, durante carnevale o in occasione detta festa
il
patronate, cosÌ come nella stessa Cagliari
e
in molti altri centri detla Sardegna, si correva il palio. A Santadi, sino agli anni trenta del secoto
scorso,
la
giostra equestre
prevedeva prove di abi[tà e pariglie sul percorso ricavato attorno alla piazza principale.
Alcuni decenni fa sembrava che la tradizione equestre stesse scomparendo dal sud della Sardegna; oggi essa rimane ben salda tra coloro che hanno fatto del caval1o non una moda un po'retrò ma una vera e propria passione. E questa passione per i[ cavatlo, unita a quetla per le tradizioni e alla sardità culturale, dowebbe supportare la realizzazione ritorno dei piccoli cavalli di un sogno: selvaggi net Sulcis.
il
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ryf I libro, f,anis gherradais di'Roberto
§
naua, PIM Editrice, nasce da una
J*ricerca lunga e paziente e contiene docu$enti letterali;r e,, fotognfiei.: ai quali,si aggiungono :intercssànti fsnti inedite. IJopera narra una storia sconosciuta agli stessi sardi. una storia affaseinante e aI contempo awjncentq: quella degii Antichi canl di
§ardegna.
Anfmali, pre{Osi,:
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a.'C. e'fuancesi r1g1 ",
,1793), "furonorin,' ;s€guito
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arruolati,,
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tiano reome cani, da: , queria ,aglt , ', inizi detXX secolo :' e, impregati, in Libia, per contm-
rte insurrezioni fomeniate
stare
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,
dall'irnpero otto.,, IIlAIlOr .: ': .
,
':
Le particolari,doti:
Bibliografia: Francesco Cetti, I quadrupedi di Sardegna, GIA Editrice; Alberto Della Marmora, Viaggio in Sardegna, ristampa arastatica dellTditrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro, 1995; Letizia Pani Ermini - Mariangela Mannone, Museo Archeologico Nazionale d[ Cogliai, Catalogo dei mateiali oistiani e altomedioevali,IstrttLo PoLigrafico e Zecca delLo Stato, Libreria dello Stato; Filippo Piti, S. Antioco e il suo culto, Edizioni "Santuario S.
Antioco", 1981; Giorranni Lilliu, fl cavallo nella protostoia sarda, Rendicon-
ti
serie D(, Atti dellAccademia Nazionale dei Lhcei, 1993; Giovanni LilUu, Scalture della Sardegna nuragica, Edizioni. La Z,altela, L966; Christian Zervos. fi ca
Ia civiltà della Sardegna, Libreria ScientiIntemazionale, 1982.
48
l{atura in §ardegna n"26 -
2U05
4i, quesLi eani '', ì,': feri:cià, sprczzo , 6*1. , pericolo. col4ggior.e. foiza, 'l: udito è , o[ tto,, , finissirni :, permi.,lr sero loloi di',darer, un òttirno'c'ontri. buto.rnei ruoli in: ,
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