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Francesca Trivulzio e lo zampone di Mirandola

1550 Mirandola

Del porcellino si mangia tutto e del maiale non vi è nulla da buttare. Fin dal IV secolo, come testimoniano le diverse versioni del Testamentum Porcelli, molte parti del maiale hanno anche per usi non alimentari e la pelle ad esempio è destinata ai mondatori e mugnai per far recipienti da acconciar i grani e le cotiche servono agli scultori per far colla di stucco e a coloro che fabbricano il sapone. Nel maiale adulto assente o limitato sembra essere un uso alimentare della pelle, dura e coriacea e, dopo essere stata essiccata e conciata, è anche destinata per esempio a costruire leggeri scudi guerreschi. Gli scudi e altre protezioni con pelle di maiale non sono però più usate quando nelle battaglie entrano le armi da fuoco e soprattutto il cannone, come durante l’assedio di Mirandola (19 dicembre 1510 – 20 gennaio 1511) e testimonia una palla di cannone ancora oggi infissa in un muro della città. Si dice inoltre che proprio a Mirandola la pelle del maiale, in particolare quella della zampa, non solo sia mangiata, ma entri nella gastronomia come zampone, con un successo che negli ultimi decenni sta continuamente aumentando. Questa novità merita un approfondimento che cerco di ottenere intervistano la nobildonna italiana Francesca Trivulzio che dopo la morte del marito Ludovico I Pico governa Mirandola quando questa fortezza è assediata dalle truppe di Papa Giulio II e che dopo questo assedio continua a reggerne le sorti attraverso il dominio della vicina Concordia.

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Gentilissima Dama la ringrazio della gentilezza che mi concede d’intervistarla su un avvenimento di trenta anni fa, durante l’assedio che la sua Mirandola subisce dalle truppe guidare da Papa Giulio II, quando si dice si sia inventato lo zampone che oggi sta avendo una grande popolarità e successo. Come avvenne questa invenzione?

Lei mi chiede di andare indietro di circa trenta anni, in un periodo dif-ficile della mia vita. Mio marito Ludovico I Pico (1472 – 1509) è morto da poco più di un anno quando il mio stato di Mirandola, indipendente da quattrocento anni e parte della Lega di Cambrai, è assalito dalle forze militari di Papa Giulio II. Questo Papa, al secolo Giuliano Della Rovere 1443 – 1513) chiamato anche Papa Terribile o Guerriero, è uomo più di guerra che di chiesa e che, come ho poi letto nei Diarii di Marino Sanuto (1466 – 1536), alla partenza della spedizione contro di me dice “Vederò, si averò sì grossi li coglioni, come ha il re di Franza.” Mentre i comandanti delle mie truppe si apprestano a un quasi certo assedio, con i miei consiglieri mi occupo dell’alimentazione degli assediati. L’acqua è assicurata dai numerosi e profondi pozzi. Per il cibo è ammassato qualsiasi tipo di provviste e soprattutto, dato il periodo, ordino di catturare ogni maiale domestico o selvatico presente nelle case e soprattutto nei boschi della zona, macellare gli animali e trasformarli in salumi e in questa circostanza sono preparati quelli che saranno poi detti zamponi e cioè grandi zampe.

Quindi Lei mi conferma il racconto che lo zampone è stato inventato durante l’assedio di Mirandola del 1510 – 1511.

Parlare di invenzione è forse troppo semplicistico. Non si può escluder, anzi è probabile che in tante altre occasioni e in precedenti tempi indefiniti si sia usata la pelle di maiale per costruire involucri nei quali conservare carni e visceri dell’animale stesso, come si faceva usando lo stomaco del quale l’antico romano Apicio riporta la ricetta della ventricula. Quello che avviene è che quando a Mirandola, in vista di un assedio, si lavorano i maiali e non avendo più a disposizione budella per fare salamelle o luganighe, si usa anche la pelle delle zampe mantenendo il piedino e riempiendole con resti di tagli di carne e grasso e pelle tritata. L’assedio dura solo una quarantina di giorni e mentre i vincitori saccheggiano e mangiano prosciutti e altre carni conservate non sono interessati a quelli che potremmo definire protozamponi di emergenza bellica, che intanto sono divenuti duri e secchi. Da qui parte la vera invenzione dello zampone.

Dama gentilissima, mi faccia capire meglio. Finito l’assedio cosa capita agli insaccati di zampe di maiale sopravvissute al saccheggio?

Per mangiare questi proto-zamponi del tempo di guerra il popolo non ha altra possibilità che cuocerli a lungo, non per la durata di recita di uno, due o più pater noster o di un Miserere, ma di una o due Messe Cantate. In questo modo non solo la pelle della zampa, ma anche quella tritata contenuta nell’insaccato si ammorbidisce e diviene una squisitezza gelatinosa. La vera invenzione dello zampone si compie qui, quando ci si accorge anche che è anche meglio usare la pelle dell’arto anteriore di maiali di grande taglia e da qui il termine non di zampa ma di zampone. Inoltre non si utilizzano più carni e grasso suino di scarto ma di prima qualità e oltre al sale i più ricchi usano anche il pepe. Sono appunto questi zamponi che mi sono offerti quando, passata la bufera e morto il Papa Guerriero, riprendo possesso di Mirandola, zamponi che cadono nelle mani dei miei provetti cuochi che da cibo popolare li trasformano in piatti d’alta cucina signorile.

Zampone nell’alta cucina, come avviene?

Questo Cinquecento è pervaso di grandi fermenti, anche in cucina. Si dice che siano state scoperte Nuove Indie con nuovi alimenti ma soprattutto vi sono libri di cucina, come quello che sembra voglia scrivere Bartolomeo Scappi (1500 – 1577) partendo dal famoso ricettario del Maestro Martino (1430 circa – fine XV secolo). Nell’alta cucina si usano salse di frutta con la senapa e il costoso zucchero è presente in una salsa con l’uovo detta zambajon perché attribuita se non gradita al capitano di ventura Giovan Paolo Baglioni (1470 – 1520). I nuovi gusti associati di salatopiccante e di salato-dolce sono sperimentati dai miei cuochi anche lo zampone, con grande successo e gradimento mio e dei miei numerosi ospiti, segnando un piccolo, ma importante passaggio a nuova, alta cucina italiana.

Gentilissima Dama, sono curioso anch’io di gustare lo zampone con una salsa di frutta senapata detta anche mostarda o con un dolce zambajon e la ringrazio della cortesia che mi ha fatto con questa breve intervista.

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